Notizie dal B16F

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Paparatzifan
00mercoledì 13 febbraio 2013 08:19
Dal blog di Lella...

PAPA: LOMBARDI, DECISIONE PRESA NEL TEMPO A PARTIRE DA CUBA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 11 feb.

"E’ vero che la decisione e’ stata presa dopo il viaggio in Messico e a Cuba, ma quanto ha scritto l’Osservatore Romano deve essere compreso come un momento di riflessione, in quanto il Papa si e’ reso conto della difficolta’ di altri viaggi cosi’ impegnativi, con l’eta’ che avanzava.
Padre Federico Lombardi ha risposto cosi’ ai giornalisti che gli chiedevano circa i tempi della decione di
Benedetto XVI di rinunciare al Pontificato. I suoi pensieri durante quel viaggio, "peraltro riuscitissimo, rappresentano - ha detto Lombardi - un elemento da inserire in un cammino: non c’e’ stato un momento particolare, ed e’ corretto riprendere quello che il Papa aveva detto al giornalista Peter Seewald nel libro ’Luce del mondo’".
In merito ai tempi della decisione del Pontefice, padre Lombardi ha ripetuto che da qualche settimana erano in corso in Vaticano i lavori per ristrutturare il piccolo convento di clausura che ospitera’ l’ex Papa, dopo che le suore lo avevano lasciato libero in novembre.
"L’adattamento era a questo scopo, anche se noi non lo sapevamo", ha assicurato Lombardi negando tuttavia che era stata decisa una data per il trasferimento.
Padre Lombardi ha anche spiegato che il Papa ha stabilito di non essere piu’ in carica a partire dalle ore 20 del 28 febbraio perche’ "con le 20 della sera la sua normale giornata operativa si conclude. Non c’e’ insomma - ha chiarito - nessun motivo giuridico o operativo". Quella sera, pero’, Benedetto XVI potrebbe aver gia’ lasciato l’Appartamemto del Palazzo Apostolico per trasferirsi nella residenza estiva: "da Castelgandolfo - ha ricordato - il Papa ha sempre continuato a guidare la Chiesa".

© Copyright (AGI)

PAPA: LOMBARDI, PROBLEMI GOVERNANCE E POLEMICHE NON C'ENTRANO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 12 feb.

Il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, non crede che problemi di governance possono aver spinto il Papa a prendere la sua decisione.
"Benedetto XVI - ha spiegato Lombardi ai giornalisti - manda un messaggio a tutti noi, un messaggio di umilta’, coraggio, saggezza nel valutare la propria situazione davanti a Dio e le proprie responsabilita’ sulle quali ognuno deve meditare". Secondo il gesuita, "collocarsi onestanmente davanti a Dio e riflettere bene sulle proprie capacita’ e’ qualcosa di molto saggio e importante e il Papa lo ha fatto con grandissimo realismo".
Il Papa conosce bene - ha sottolineato ombardi - problemi e difficolta’ della Curia ma si potrebbe parlare piu’ giustamente dei problemi della Chiesa nel mondo di oggi, delle sfide. Puo’ esserci problemi di adeguatezza degli strumenti di governo, ma e’ tema che non riguarda solo Curia, lo abbiamo tutti. Restringere o particolareggiare una problematica che si presenta invece in termini ampli profondi, spirituali sembra fuorviante rispetto al significato storico di questa iniziativa".
Lombardi ha anche escluso che sul tema dei gay vi sia una divisione politica nel cuore della Chiesa.
"Le polemiche sulle dicharazioni del presidentye del Pontificio Consiglio per la Famiglia, monsignor Vincenzo Pagia non hanno nulla a che vedere con la problematica della rinuncia", ha giurato Lombardi.
"Cio’ che ha detto Paglia contro l’omofobia - ha spiegato - del resto e’ corente con la posizione della Chiesa, e non e’ certo stato oggetto di preoccupazione per il Santo Padre, nella sostanza tra le sue parole e quelle dell’arcivescovo non c’e’ differenza e comunque non esiste nessuna tensione su questo".

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00mercoledì 13 febbraio 2013 08:22
Dal blog di Lella...

PAPA: LOMBARDI, NON SO COME LO CHIAMEREMO MA PRESENZA DISCRETA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 12 feb.

"E’ ancora presto per sapere quale titolo avra’ Benedetto XVI dopo il 28 febbraio, data nella quale diventera’ operativa la sua rinuncia al Pontificato, posso pero’ assicurarvi che la sua sara’ una presenza discreta, non interferira’ in nessun modo con l’azione del suo successore". Lo ha detto padre Federico Lombardi nel briefing di oggi. "Certamente sara’ il vescovo emerito di Roma, ma come lo chiameremo non so ancora dirlo, mi sembra difficile che chi e’ stato Papa potra’ essere di nuovo il cardinale Ratzinger", ha aggiunto il direttore della Sala Stampa della Santa Sede.
"Non posso dirvi nemmeno che fine fara’ l’anello del Pescatore che viene spezzato alla morte del Papa", ha aggiunto Lombardi precisando che "adesso le persone competenti si stanno riprendendo in mano la Costituzione Apostolica e le norme per adattarle alla situazione". "Posso supporre pero’ - ha ipotizzato - che se l’anello e’ per sigillare forse andra’ spezzato ugualmente".
"Dovremo chiarire - ha spiegato padre Lombardi - anche altre questioni procedurali, cosi’ come il colore dell’abito che indossera’ il Santo Padre dopo la rinuncia".
Resta chiaro comunque che non fara’ parte del Collegio Cardinalizio: "il Papa - ha detto in proposito Lombardi - non e’ un cardinale. Come Papa e’ il capo del Collegio, e dopo la rinuncia non e’ previsto che partecipi al Conclave, che e’ l’atto fondamentale che in un certo senso determina l’esistenza stessa del Collegio Cardinalizio".
"In Vaticano - ha poi aggiunto il portavoce della Santa Sede - ci sara’ certo qualcuno che vivra’ con lui per aiutarlo nelle faccende quotidiane". Comunque non abitera’ con le claustrali: "il monastero - infatti - e’ piccolo, un edificio di poche stanze che era stato allargato con la costruzione di una Cappella per consentire alle suore invitate da Giovanni Paolo II di pregare.
E ora - ha concluso Lombardi - non possiamo mettere insieme la residenza del Papa e quella delle monache. In ogni caso, le religiose venivano per un periodo temporaneo e si alternavano le varie congregazioni, l’ultimo gruppo era andato via in autunno".

© Copyright (AGI)

PAPA: LOMBARDI, CONCLAVE CONVOCATO IN BASE A NORME VIGENTI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 12 feb.

Non esiste ancora una data di convocazione del Conclave". Lo ha precisato il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, sottolineando che la Costituzione Apostolica "Universi Dominici gregis", citata in
un’intervista del cerimoniere pontificio, monsignor Guido Marini, prevede 15-20 giorni dopo l’inizio della sede vacante cioe’ dopo il 28 di febbraio. "Monsignor Marini - ha risposto Lombardi ai giornalisti - se dice questa informazione sicuramente ha ragione, ed infatti corrisponde alla tradizione.
Nell’ultima occasione il Papa mori’ il 2 aprile e il successore fu eletto il 19: 17 giorni dopo e cio’ corrisponde a cosa ha detto Marini, anche questa volta possiamo attenderci lo stesso orientamento".

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00mercoledì 13 febbraio 2013 08:40
Da "Vatican Insider"...

12/02/2013

Il significato di un gesto

Il Papa non «scende dalla croce», si riconosce fragile e così relativizza anche il papato romano

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

Le parole dell'ex segretario di Papa Wojtyla, il cardinale Stanislaw Dziwisz, sul fatto che Giovanni Paolo II «non è sceso dalla croce», sono apparse, al di là delle intenzioni di chi le ha pronunciate, come un giudizio negativo sulla clamorosa scelta di Benedetto XVI. Il Papa infatti si è liberamente dimesso - anzi, ha annunciato che lo farà formalmente alle otto di sera del 28 febbraio - perché sente venir meno le forze. Ma non ha, all'apparenza, malattie particolari. Né si può dire che si stiano affievolendo le sue capacità intellettuali, come dimostra la lectio divina che ha tenuti a braccio ai seminaristi romani qualche giorno fa. Perché dunque il Papa «scende dalla croce»? È forse un modo per fuggire alle sue responsabilità?


Nell'omelia d'inizio del pontificato, nell'aprile 2005, Benedetto XVI aveva chiesto ai fedeli di pregare: «Pregate, perché non fugga davanti ai lupi». E di «lupi», in questi quasi quattro anni di pontificato, se ne sono presentati tanti. Il Papa li ha affrontati con mitezza. Poi ha scelto di lasciare il pontificato in un momento di calma, dopo la conclusione dei vatileaks, dopo aver consegnato alla Chiesa regole più ferree contro gli abusi sessuali sui minori commessi dai chierici.


La «croce» del pontificato era diventata troppo pesante da portare? Certamente sì, altrimenti l'anziano teologo bavarese non sarebbe arrivato a una decisione così clamorosa, un precedente nella storia della Chiesa, dato che nessuna delle rarissime dimissioni avvenute nei due millenni precedenti è paragonabile alla sua. Ma proprio in questo gesto possiamo scorgere l'ultimo grande insegnamento di Papa Ratzinger. Del Papa che nel primo discorso ai cardinali nella Sistina dopo l'elezione aveva detto che il Pontefice deve far risplendere «la luce di Cristo, non la propria». Tutto in questi anni travagliati di pontificato è stato da lui compiuto per far comprendere alla Chiesa che la guida vera della Chiesa stessa non è il Papa né il suo protagonismo né il suo eroismo, nella sua solitaria figura issata in un pinnacolo ed esposta all'occhio impietoso delle telecamere. La guida della Chiesa è Gesù, del quale il Papa è «soltanto» il vicario.


Nell'ammissione della sua fragilità fisica e psicologica, nel gesto umile e libero di lasciare il pontificato, è contenuto dunque ancora una volta questo insegnamento. Che in qualche modo «relativizza» anche il pontificato romano. Il Papa è tale perché è vescovo di Roma. I vescovi a 75 anni devono rassegnare le dimissioni, e abituarsi all'idea di essere «emeriti». Con il Papa non accadeva e non bisogna certo nascondersi che un Papa emerito e per di più inquilino del Vaticano rappresenta una figura ingombrante per qualsiasi suo successore. Eppure, nonostante queste difficoltà, nella richiesta di perdono per i suoi difetti e nell'ammissione dell'impossibilità di procedere oltre nel suo ministero, si scorge un esempio di grande realismo cristiano. I «ministri» in servizio della Chiesa sono tutti uomini fragili. Da colui che siede sul trono di Pietro fino all'ultimo dei sacerdoti.


Paparatzifan
00mercoledì 13 febbraio 2013 08:53
Dal "Corriere.it"...

UN PORPORATO: IL SUO SUCCESSORE DOVRÀ RIPRENDERE IN MANO LA SITUAZIONE

La Chiesa teme la «ferita» al ruolo del Pontefice
Il problema della coabitazione di «due Papi»


di Massimo Franco

«E adesso bisogna fermare il contagio...». Il monsignore, uno degli uomini più in vista della Curia, ripercorre le ultime ore vissute dal Vaticano come se avesse subito un lutto non ancora elaborato. E ripete, quasi fra sé: «Queste dimissioni di Benedetto XVI sono un vulnus : una ferita istituzionale, giuridica, di immagine. Sono un disastro». Così, dietro le dichiarazioni di solidarietà e di comprensione nei confronti di Josef Ratzinger, di circostanza o sincere, affiora la paura. È l'orrore del vuoto. Di più: della scomparsa dalla scena di un Pontefice che per anni è stato usato come scudo e schermo da molti di quelli che dovevano proteggerlo e ora temono i contraccolpi della fine di una idea sacrale del papato.

Sono gli stessi che adesso avvertono l'incognita di un successore chiamato a «fare pulizia» in modo radicale; e a ridisegnare i confini e l'identità del Vaticano proprio cominciando a smantellare le incrostazioni più vistose. Le dimissioni vissute come «contagio», dunque. E commentate nelle stanze del potere ecclesiastico come un possibile «virus» che potrebbe mandare in tilt il sistema. «Se passa l'idea dell'efficienza fisica come metro di giudizio per restare o andare via, rischiamo effetti devastanti. C'è solo da sperare che arrivi un nuovo Pontefice in grado di riprendere in mano la situazione, fissare dei confini netti, romani , impedendo una deriva». Lo sconcerto che si legge sulla faccia e nelle parole centellinate dei cardinali più influenti raccontano un potere che vacilla; e un altro che, dopo avere atteso per otto anni la rivincita, comincia a pregustarla.

Eppure, negli schieramenti che si fronteggiano ancora in ordine sparso, non ci sono strategie precise. Si avverte solo il sentore, anzi la convinzione che presto le cose cambieranno radicalmente, e che una intera nomenklatura ecclesiastica sarà messa da parte e rimpiazzata in nome di nuove logiche tutte da scrivere. Ma sono gli effetti di sistema che fanno più paura: e non solo ai tradizionalisti. Un Papa «dimissionabile» è più debole, esposto a pressioni che possono diventare schiaccianti. Il sospetto che la scelta di rottura compiuta da Ratzinger arrivi dopo un lungo rosario di pressioni larvate, continue, pesanti, delle quali i «corvi» vaticani, le convulsioni dello Ior, la «banca del Papa», e il processo al maggiordomo Paolo Gabriele sono stati soltanto una componente, non può essere rimosso. L'interrogativo è che cosa può accadere in futuro, avendo alle spalle il precedente di un Pontefice che si è dimesso. Da questo punto di vista, l'epilogo degli anni ratzingeriani dà un po' i brividi, al di là del coro sulle sue doti di «uomo di fede». La voglia di proiettare immediatamente l'attenzione sul Conclave tradisce la fretta di archiviare una cesura condannata a pesare invece su ognuna delle scelte dei successori.

Il massimo teorico dell'«inattualità virtuosa» della Chiesa che si fa da parte perché ritiene di non avere più forza a sufficienza evoca un peso intollerabile, e replicabile a comando da chi in futuro volesse destabilizzare un papato. Sembra quasi una bestemmia, ma la carica pontificale, con la sua aura di divinità, appare «relativizzata» di colpo, ricondotta ad una dimensione drammaticamente mondana. È come se la secolarizzazione nella versione carrierista avesse sconfitto il «Papa timido» e distaccato dalle cose del mondo; e le nomine controverse decise in questi anni da Josef Ratzinger si ritorcessero contro il capo della Chiesa cattolica. Rispetto a questa realtà, c'è da chiedersi che cosa potrà fare il «successore di Pietro» e di Benedetto XVI per ricostruire la figura papale.

Il vecchio paradigma è franato; il prossimo andrà ricostruito non da zero, ma certamente da un trauma difficile da elaborare e da superare. E questo in una fase in cui la Chiesa cattolica si ripropone di «rievangelizzare» l'Europa, diventata ormai da anni terra di missione; di ricristianizzare l'Occidente contro la doppia influenza del «relativismo morale» e dell'«invasione islamica». Così, nel Papa che si ritrae con un gesto fuori dal comune, schiacciato dall'impossibilità di riformare le sue istituzioni, qualcuno intravede una metafora ulteriore: una tentazione a ritrarsi che travalica i confini vaticani e coinvolge simbolicamente l'Europa e l'Occidente.

Le dimissioni di Benedetto XVI, il «Papa tedesco», finiscono così per apparire quelle di un continente e di una civiltà entrati in crisi profonda; e incapaci di leggere i segni di una realtà che li anticipa, li spiazza, e ne mostra tutti i limiti di analisi e di visione: a livello religioso e civile. I detrattori vedono in tutto questo una fuga dalle responsabilità; gli ammiratori, un gesto eroico, oltre che un bagno di umiltà e di fiducia nel futuro. La sensazione è che per ricostruire, il successore dovrà in primo luogo destrutturare, se non distruggere. In quell'espressione, «fare pulizia», si avverte un'eco minacciosa per quanti nella Roma pontificia hanno sfruttato la debolezza di Ratzinger come «Papa di governo». La minaccia è già stata memorizzata, per preparare la resistenza.

I distinguo appena accennati e le divergenze di interpretazione fra L'Osservatore romano e la sala stampa vaticana sul momento in cui Benedetto XVI avrebbe deciso di lasciare, sono piccoli scricchiolii che preannunciano movimenti ben più traumatici. Scrivere, come ha fatto il quotidiano della Santa Sede, che Benedetto XVI aveva deciso l'abbandono da mesi, significherebbe allontanare i sospetti di dimissioni provocate da qualcosa accaduto di recente, molto di recente, nella cerchia dei collaboratori più stretti. E l'approccio e il ruolo in vista del Conclave dell'attuale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e del predecessore Angelo Sodano, già viene osservato per decifrare le mosse di schieramenti ritenuti avversari. E sullo sfondo rimangono le inchieste giudiziarie che lambiscono istituzioni finanziarie vaticane come lo Ior.

Di fronte a tanta incertezza, l'uscita di scena del Pontefice, annunciata per il 28 febbraio, è un elemento di complicazione, non di chiarimento. «Non possono esserci due Papi in Vaticano: anche se uno di loro è formalmente un ex», si avverte. La considerazione arriva a bassa voce, come un riflesso istintivo e incontenibile. Mostra indirettamente l'enormità di quanto è accaduto due giorni fa. E addita il problema che la Santa Sede si troverà ad affrontare nelle prossime settimane: la convivenza dentro le Sacre Mura fra il successore di Benedetto XVI e lui, il primo Pontefice dimissionario dopo molti secoli. Il simbolismo è troppo potente e ingombrante per pensare che Ratzinger possa diventare invisibile, rinchiudendosi nell'ex convento delle suore di clausura, incastonato in un angolo dei Giardini Vaticani.

Eppure dovrà diventare invisibile: il suo futuro è l'oblìo. La presenza del vecchio e del nuovo Pontefice suscita un tale imbarazzo che qualcuno, come monsignor Rino Fisichella, non esclude novità; e cioè che l'abitazione definitiva di colui che fino al 28 febbraio sarà Benedetto XVI, alla fine sia individuata non dentro ma fuori dai cosiddetti Sacri Palazzi. Il Vaticano, però, è l'unico luogo dove forse si può evitare che venga fotografato un altro uomo «vestito di bianco», gli incontri non graditi, o controllare che anche una sola parola sfugga di bocca a un «ex» Pontefice: sebbene il Papa resterà tale anche dopo le dimissioni. «Ma il popolo cattolico», si spiega, «non può accettare di vederne due». Il paradosso di Josef Ratzinger sarà dunque quello di studiare e meditare, isolandosi in un eremo nel cuore di Roma proprio accanto a quel potere vaticano che ha cercato di scrollarsi di dosso nel modo più clamoroso.

D'ora in poi, seguire i suoi passi significherà cogliere gli ultimi gesti pubblici di una persona speciale che sa di entrare in una zona buia dalla quale non gli sarà permesso di riemergere. Al di là di tutto, la sensazione è che molti, ai vertici della Chiesa cattolica, abbiano una gran voglia di voltare pagina; e che lo sconcerto causato dal gesto di Ratzinger e l'affetto e la stima profonda nei suoi confronti siano bilanciati dal sollievo per essere arrivati all'epilogo di una situazione ritenuta ormai insostenibile. Probabilmente, qualcuno non valuta con sufficiente lucidità che Benedetto XVI non era il problema, ma la spia dei problemi del Vaticano; e che usarlo come capro espiatorio non cancellerà tutte le altre questioni rimaste aperte non soltanto per sue responsabilità. I sedici giorni di interregno che separano dal 28 febbraio, in realtà, segneranno uno spartiacque di secoli. E dimostreranno presto quanto abbia perso vigore non il Papa, ma alcune vecchie logiche. Almeno, Josef Ratzinger ha avuto il coraggio di vederle e rifiutarle.

13 febbraio 2013 | 7:53


Paparatzifan
00mercoledì 13 febbraio 2013 08:59
Dal "Corriere.it"...

UNA DIVERSA VISIONE DEL SACRO

Il seme fertile di una rinuncia

Con il passare delle ore appare sempre più evidente che il gesto con cui Benedetto XVI ha posto fine al suo pontificato, lungi dall'essere un gesto di «rinuncia», è stato in realtà l'opposto: un gesto di governo di grande portata e insieme un atto di alto magistero spirituale. Un gesto che ha qualcosa di quella risolutezza del pensiero, pronta a divenire decisione concreta nella prassi, di cui negli ultimi due secoli hanno dato tante prove le vicende della Germania di cui Ratzinger è un figlio.

Le dimissioni papali vogliono dire con la forza delle cose un'oggettiva desacralizzazione della sua carica. Il contenuto teologico di questa (l'essere cioè egli il vicario di Cristo) rimarrà pure inalterato, ma sono i suoi modi di designazione e il suo esercizio, la sua «aura», che vengono riportati a una dimensione assolutamente comune. Se infatti è possibile che il Papa si dimetta - rovesciando così una prassi secolare del vertice supremo - allora anche altre novità sono possibili. Anche altre prassi secolari possono egualmente essere rovesciate ai livelli inferiori. Con il gesto di Benedetto XVI è dunque il modo d'essere della struttura centrale del governo della Chiesa che viene in realtà messo in discussione: sottoposto al riscontro dei fatti, alla dura prova del tempo e della pochezza umana. E i fatti di quella struttura, come si sa, hanno offerto ultimamente uno spettacolo penoso di cattivi costumi, di calunnie, di giochi di potere, di ambizioni senza freno, di latrocini. Colpa delle regole fin qui in vigore nella Curia e non solo lì: ma quelle regole possono e devono cambiare, dice il gesto del Papa. Come per l'appunto egli ha fatto con una regola (e quale regola!) che lo riguardava. Può ancora, per esempio, la sua stessa elezione essere riservata a un pugno di anziani oligarchi maschi per entrare nel cui novero non si bada a nulla? Può ancora il potere delle Congregazioni essere tutto concentrato nelle loro mani? È ammissibile che esista tuttora un bubbone come lo Ior, la banca vaticana?

Le dimissioni di Benedetto XVI interrogano esplicitamente la Chiesa su queste e molte altre questioni di fondo. Con un sottinteso non detto che però non è difficile intuire: o voi o io. In questo senso esse rappresentano un gesto di governo di assoluta risolutezza: l'unico probabilmente che gli consentiva il suo isolamento politico e la fragilità del consenso interno. Un gesto estremo, il più clamoroso, compiuto senza esitare.

Tuttavia, si dice, le dimissioni sono pur sempre un tirarsi indietro, una rinuncia. Certamente. Ma una rinuncia che in questo caso suona come un invito a ridefinire la gerarchia delle cose, a stabilire priorità più autentiche, a distinguere ciò che conta da ciò che non conta. E dunque a cambiare rispetto a ciò che siamo. Un invito che va ben oltre i confini della cattolicità. Di fronte al travolgente mutamento dell'epoca che incalza da ogni dove, il capo della più antica e veneranda istituzione dell'Occidente, dà una lezione spirituale di segno fortissimo mutando esso per primo attraverso la rinuncia. Le nostre società, noi stessi - esso sembra dirci - non possiamo essere più ciò che fino ad oggi siamo stati. I segni dei tempi ci impongono di trovare altre regole, di immaginare altri scopi, altri ideali per il nostro stare insieme. Dal tratto più intimo, più sobrio, più vero. È di un tale rinnovamento che abbiamo bisogno. Ma la premessa necessaria non è proprio, secondo l'esempio del Papa, dichiarare consapevolmente il proprio tempo finito?

Ernesto Galli della Loggia
13 febbraio 2013 | 7:42


Paparatzifan
00mercoledì 13 febbraio 2013 09:11
Dal blog di Lella...

PAPA: VESCOVI EUROPEI, CONTINUARE SULLA LINEA DI RATZINGER

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 12 feb.

La volonta' di "continuare a servire la Chiesa con lo stesso entusiasmo e la stessa fede" insegnata da Benedetto XVI e' espressa in un messaggio indirizzato al Papa, dalla presidenza del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee.
Il cardinale presidente, l'arcivescovo di Esztergom-Budapest, Peter Erdo, e i suoi due vice, il cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, e l'arcivescovo di Przemysl
dei Latini, Jozef Michalik, rendono grazie al Signore per il dono di 8 anni di Pontificato di Joseph Ratzinger, "per il suo ricco magistero, per i suoi messaggi, la cura con cui ha sempre accompagnato i vescovi europei e la sua testimonianza personale di fede e fiducia nel Signore, nella quale ha espresso un cosi' grande amore per tutta la Chiesa".
Nel testo quello di Benedetto XVI e' definito un "servizio fedele e coraggioso" ed e' assicurata una "vicinanza spirituale" al Papa dimissionario.
Da parte sua, inoltre, il cardinale arcivescovo di Monco e Frisinga, cardinale Reinhard Marx, presidente della Commissione degli Episcopati della Comunita' Europea, ricorda in una nota l'importanza e la chiarezza della riflessione teologica del Papa, "che ha sempre cercato di coniugare fede e ragione, la Chiesa e la politica" e che "ha permeato i piu' importanti discorsi teologici e filosofici alla Westminster Hall a Londra, davanti al Bundestag tedesco o a Washington". Benedetto XVI, ricorda il suo successore nella sede bavarese, "era preoccupato in maniera particolare per il rischio che l'Europa corre di dimenticare le proprie radici cristiane e di perdere cosi' la propria anima".
"Siamo pieni di riconoscenza al Santo Padre - confida il cardinale di Monaco - per la sua azione piena di benedizioni alla guida della Chiesa Cattolica, ricordando i numerosi e preziosi incontri con lui durante il suo Pontificato. Vogliamo continuare a lasciarci ispirare dalla significativa teologia del Papa Benedetto XVI per il futuro della Chiesa". "Noi, vescovi della Comece - assicura Marx - siamo uniti a lui nella preghiera. Resteremo in comunione spirituale con lui anche dopo il suo ritiro".
"Sentimenti di particolare gratitudine" vengono espressi anche dai vescovi tedeschi. Il presidente dell'Episcopato, l'arcivescovo di Friburgo, monsignor Robert Zollitsch, sottolinea invece, sull'Osservatore Romano, che il Papa ha dato "a tutto il mondo un esempio luminoso di autentico senso di responsabilita' e di amore vivo per la Chiesa". Noi vescovi tedeschi, rileva, "ringraziamo il Santo Padre per il servizio reso sul soglio petrino e siamo pieni di grande rispetto e ammirazione per la sua decisione'. Per monsignor Zollitsch, la Chiesa tedesca e' "profondamente riconoscente a Papa Benedetto per le sue opere e per il suo instancabile impegno. Il Papa tedesco consegnera' ora il remo della Chiesa a qualcun altro. Ci manchera' ma - assicura il presule - ci restera' molto di lui, poiché egli ha forgiato la teologia e la Chiesa in modo durevole, come costruttore di ponti, come pastore del suo gregge, come studioso e docente".

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PAPA: CAPO DEI GESUITI, LO RINGRAZIAMO PER SUO AMORE ALLA CHIESA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 12 feb.

"Abbiamo accolto questo annuncio del Santo Padre con rispetto e ammirazione per la sua liberta' spirituale, la sua umilta', e il suo profondo amore per la Chiesa". Padre Adolfo Nicolas, preposito generale della Compagnia di Gesu', interpreta cosi' i sentimenti di "gratitudine" verso Benedetto XVI di tutti i membri dell’ordine, "per l’attenzione che ha dimostrato nei confronti della Compagnia, in particolare in occasione della 35a Congregazione generale del 2008 quando, proprio come ieri ha fatto Benedetto XVI, l'allora padre generale ha rassegnato le dimissioni".
La Compagnia di Gesu', infatti, e' l'unico ordine religioso cattolico il cui superiore generale e' nominato a vita come il Pontefice e solo in due casi nella sua storia secolare (e' nata nel 1540) i Prepositi generali si sono dimessi.
La prima volta nel 1981, quando , colpito da un ictus, padre Pedro Arrupe, superiore dal 1965, ha rassegnato le dimissioni, come previsto dalla Costituzioni in caso di malattia invalidante e la rinuncia e' stata pero' accolta solo due anni piu' tardi, dopo un breve periodo gestito dal delegato papale Paolo Dezza. Al posto di padre Arrupe e' stato poi nominato il gesuita olandese Peter-Hans Kolvenbach che nel 2006 ha poi manifestato a papa Benedetto XVI l'intenzione di abbandonare la carica al raggiungimento degli ottant'anni di eta'. "Il Pontefice - ricoda oggi una nota della Compagnia - ha concesso l'autorizzazione a presentare le dimissioni alla Congregazione generale. Il 14 gennaio 2008 la 35a Congregazione generale ha accettato la richiesta. Padre Kolvenbach ha lasciato l'incarico mantenendo pero' il titolo di preposito emerito".
A lui e' succeduto lo spagnolo padre Adolfo Nicolas che oggi ricorda in una lettera ai suoi confratelli di tutto il mondo "l'esperienza consolante di incontro con Benedetto XVI durante la 35esima Congregazione Generale, cinque anni fa, "quando il Santo Padre ha espresso la sua fiducia e la sua vicinanza alla Compagnia di Gesu', esortandone i membri a "raggiungere i luoghi geografici e spirituali dove altri non arrivano o hanno difficolta' ad arrivare". "Siamo profondamente grati - conclude padre Nicolas - per la fiducia e l'ispirazione che Papa Benedetto ci ha dato negli anni del Suo pontificato. Nello spirito del quarto voto che unisce la Compagnia in modo particolare al Romano Pontefice, preghiamo per il Papa Benedetto XVI e ci impegniamo nella missione che Egli ha affidato alla Compagnia".

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Paparatzifan
00mercoledì 13 febbraio 2013 19:20
Da "Vatican Insider"...

13/02/2013

Il Papa: giorni non facili ma la vostra preghiera mi sostiene

" In piena libertà, lascio per il bene della chiesa" ha detto Benedetto XVI. che chiede orazioni per il suo successore. Sabato riceverà in udienza privata il premier Monti il 23 Napolitano. Il 28 febbraio alle 17 si trasferirà a Castelgandolfo

ALESSANDRO SPECIALE
CITTÀ DEL VATICANO

È stato un papa Benedetto XVI visibilmente emozionato quello che questa mattina si è mostrato per la prima volta in pubblico dopo l'annuncio a sorpresa delle sue dimissioni. Il pontefice ha tenuto come da programma l'udienza generale nell'Aula Paolo VI in Vaticano, davanti a circa 3.500 fedeli, mentre altre centinaia di persone affollavano piazza San Pietro.

Papa Ratzinger ha confessato di star vivendo “giorni non facili” ma di aver sentito “quasi fisicamente” la forza della preghiera dei fedeli che lo hanno sostenuto in questi giorni. E il pontefice ha voluto utilizzare l'occasione dell'udienza per spiegare al mondo i motivi del suo gesto senza precedenti.

“Come sapete – ha detto prima della catechesi dedicato alla Quaresima che inizia oggi – ho deciso di rinunciare al ministero che il Signore mi ha affidato il 19 aprile 2005”. Si è trattato di un atto compiuto “in piena libertà” e “per il bene della Chiesa”, dopo aver “pregato a lungo ed aver esaminato davanti a Dio la mia coscienza, ben consapevole della gravità di tale atto, ma altrettanto consapevole di non essere più in grado di svolgere il ministero petrino con quella forza che esso richiede”.

Benedetto XVI ha ripetuto quello il motivo di fondo che ha reso possibile la sua scelta: la certezza che la Chiesa non è degli uomini ma di Cristo, che “non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura”. Ringraziando i fedeli “per l’amore e la preghiera con cui” l'hanno accompagnato in questi giorni, il papa ha chiesto di continuare a pregare non solo per lui ma “per la Chiesa” e “per il futuro Papa”.

Nella sua catechesi, papa Ratzinger – che questa sera celebrerà l'inizio della Quaresima con una messa e l'imposizione delle ceneri in San pietro – si è soffermato poi sulle tentazioni di Gesù. Il deserto dove Gesù si ritira e dove il diavolo viene a tentarlo “è il luogo del silenzio, della povertà, dove l’uomo è privato degli appoggi materiali e si trova di fronte alle domande fondamentali dell’esistenza”, dove “è spinto ad andare all’essenziale e proprio per questo gli è più facile incontrare Dio”. “Il deserto – ha aggiunto con parole che non possono non far pensare al travaglio attraversato prima della sua clamorosa decisione – è anche il luogo della morte, perché dove non c’è acqua non c’è neppure vita, ed è il luogo della solitudine, in cui l’uomo sente più intensa la tentazione”.

Per Benedetto XVI, le tentazioni di Gesù devono portare ogni uomo a “rispondere ad una domanda fondamentale: che cosa conta davvero nella nostra vita”. Il nocciolo delle tre tentazioni del diavolo è lo stesso: la proposta diabolica di “strumentalizzare Dio, di usarlo per i propri interessi, per la propria gloria e il proprio successo. E dunque, in sostanza, di mettere se stessi al posto di Dio, rimuovendolo dalla propria esistenza e facendolo sembrare superfluo”.

Al giorno di oggi, per il papa, i cristiani devono “superare la tentazione di sottomettere Dio a sé e ai propri interessi”, malgrado le “prove” che la società impone al cristiano. Infatti, ha ricordato Benedetto XVI, “non è facile essere fedeli al matrimonio cristiano, praticare la misericordia nella vita quotidiana” opporsi “pubblicamente a scelte che molti considerano ovvie”, come l'aborto, l'eutanasia o la selezione degli embrioni. Per questo, “la tentazione di metter da parte la propria fede è sempre presente e la conversione diventa una risposta a Dio che deve essere confermata più volte nella vita”.

Per illustrare il tema della “conversione”, a cui il periodo di Quaresima chiama ogni cristiano, papa Ratzinger ha citato l'esempio di tre non credenti che hanno trovato Dio pur venendo da esperienze da Dio lontanissime: il monaco russo ortodosso Pavel Florenskij, cresciuto in un ambiente agnostico tanto da “provare vera e propria ostilità verso gli insegnamenti religiosi impartiti a scuola”; l'ebrea olandese Etty Hillesum, morta ad Auschwitz, che trovò Dio “guardando in profondità dentro se stessa” nel pieno della “grande tragedia del Novecento, la Shoah”; e l'americana Dorothy Day, che potrebbe a breve diventare santa, che scoprì la fede dopo esser “caduta nella tentazione di risolvere tutto con la politica, aderendo alla proposta marxista”.


Paparatzifan
00mercoledì 13 febbraio 2013 19:35
Dal blog di Lella...

PAPA: OSSERVATORE, RINUNCIA CAMBIERA' MOLTE COSE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 12 feb.

Il Papa, prendendo la decisione di dimettersi, "ha avuto a cuore il futuro della fede cristiana sulla terra e per questo ha creduto necessario fare un passo che cambiera' molte cose".
Lo scrive l'Osservatore Romano in un editoriale a firma del vicedirettore Carlo Di Cicco che ricorda come "la rinuncia di Benedetto XVI avviene nell'Anno della fede e nel cinquantesimo anniversario dell'inizio del concilio Vaticano II". Per il giornale vaticano "non e' una casuale coincidenza, ma un segno dei tempi, che il Pontefice ha letto per il bene della Chiesa".
"Joseph Ratzinger, da giovane teologo ha dato molto alla riuscita del concilio contribuendo a elaborare importanti testi della storica assise", continua l'articolo. E "in seguito si e' adoperato in ogni modo per ricomporre i conflitti accesi intorno all'interpretazione dell'evento conciliare, prospettando da Papa la via della riforma della Chiesa", rileva ancora il giornale vaticano sottolinenando infine che "il Concilio non ha inteso cambiare la fede cristiana ma ripensarla in un linguaggio aggiornato e comprensibile nel mondo di oggi".
"Papa Benedetto - si legge ancora nell'editoriale - lo ha fatto con tolleranza, semplicita' e coerenza ricorrendo perfino alle tecniche di comunicazione piu' innovative pur di annunciare Gesu' Cristo a tutti si pensi al Cortile dei gentili e in particolare alle nuove generazioni". Infine, l'Osservatore smentisce ancora che la rinuncia arrivi a causa di difficolta' nella Chiesa.
"I momenti difficili - conclude - non sono mancati nei suoi otto anni di pontificato", ma il Papa "li ha affrontati e superati con pieno affidamento a Dio e avviando a soluzione questioni annose ricevute in eredita'".

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00mercoledì 13 febbraio 2013 19:37
Dal blog di Lella...

Padre Lombardi presenta il calendario degli ultimi impegni di Benedetto XVI

Nel suo terzo briefing dopo la notizia della rinuncia del Papa, il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi ha reso noto il calendario degli ultimi impegni di questo Pontificato. Innanzitutto padre Lombardi ha voluto descrivere il clima toccante dell’udienza generale, l’accoglienza calorosa ricevuta da Benedetto XVI che – ha affermato – sente molto il conforto della preghiera dei fedeli. Se qualcuno si può sentire disorientato da questa situazione – ha proseguito – le parole del Papa invitano a viverla con fede e serenità nella certezza che la Chiesa è di Cristo.

Per quanto riguarda il calendario, padre Lombardi ha ricordato la celebrazione di oggi pomeriggio in San Pietro, ultima grande celebrazione con Benedetto XVI: in questa occasione ci sarà anche un indirizzo del cardinale Bertone.

Domani ci sarà l’incontro con il clero di Roma.
Venerdì 15 febbraio, l’udienza al presidente della Romania, l’incontro con i vescovi liguri in visita ad limina e con la Fondazione pro Petri Sede.
Sabato 16 febbraio, l’udienza al presidente del Guatemala, ai vescovi lombardi e nel pomeriggio alle 18 l’udienza privata a Mario Monti.
Domenica 17, alle 12 l’Angelus. Alle 18.00 iniziano gli esercizi spirituali guidati dal cardinale Ravasi. Durante la settimana prossima saranno dunque sospese tutte le attività, compresa l’udienza generale del mercoledì. Sabato 23 febbraio, in mattinata, la conclusione degli esercizi con le parole del Papa. Alle 11.30 Benedetto XVI incontrerà il presidente Giorgio Napolitano.
Domenica 24, alle 12.00, l’ultimo Angelus del pontificato con i fedeli radunati in Piazza San Pietro.
Lunedì 25 febbraio incontrerà alcuni cardinali in udienze singole. Annullato l’incontro con i vescovi delle Marche.
Mercoledì 27 febbraio l’ultima udienza generale si svolgerà in Piazza San Pietro. E’ prevista la presenza di molti fedeli.
Giovedì 28 febbraio alle 11.00 i cardinali saluteranno il Papa nella Sala Clementina. Alle 17.00 il Papa si trasferirà in elicottero a Castel Gandolfo. Alle 20.00 inizia la sede vacante. Annullate le prediche di Quaresima e tutti gli impegni successivi.

Il Conclave - ha detto padre Lombardi - comincerà, secondo le norme vigenti, dopo 15 o 20 giorni dall'inizio della sede vacante.

© Copyright Radio Vaticana


Paparatzifan
00mercoledì 13 febbraio 2013 19:43
Dal blog di Lella...

Papa: P. Lombardi, ancora non sappiamo quale sara' suo titolo dopo dimissioni

Citta' del Vaticano, 13 feb. (Adnkronos) - ''Noi assolutamente non sappiamo qual e' il titolo esatto con il quale dovremo rivolgerci a Benedetto XVI dopo la rinuncia. E' una questione che ha risvolti giuridici sulla quale si sta riflettendo ed e' coinvolto anche il Papa. Non abbiamo ancora pronta la risposta a questa domanda''. E' quanto ha detto stamane il direttore della Sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi nel corso di un briefing con la stampa.


Paparatzifan
00mercoledì 13 febbraio 2013 19:54
Da "La Stampa.it"...

EDITORIALI

13/02/2013

Una società che non lascia invecchiare

MARIO CALABRESI

Le dimissioni di Benedetto XVI, guardate ad un giorno di distanza e superato lo stupore per il gesto, ci raccontano anche una storia emblematica del tempo in cui viviamo: la difficoltà di essere anziani nella società della tecnologia e dell’informazione.

Una società che richiede come presupposti fondamentali la velocità, la capacità di adattarsi e di reagire in tempo reale. Uno scenario dominante di fronte al quale il Papa ammette la sua debolezza con una consapevolezza disarmante e con parole chiarissime: «Nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo è necessario anche il vigore sia del corpo sia dell’animo.
Vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale…».

Un gesto quasi di resa di fronte al mondo che cambia a un ritmo che un uomo nato nel 1927 non avrebbe mai immaginato. Non cambia solo nei modi e nei tempi della comunicazione ma richiede di commentare tutto e subito. Eppure quest’uomo prossimo agli 86 anni, mentre già pensava di lasciare il pontificato, aveva tentato di inseguire quella contemporaneità frastornante, sbarcando perfino su twitter. Piegandosi alla necessità di comunicare con messaggi brevi e sincopati di soli 140 caratteri. Aveva cercato, non senza fatica e dopo dolorose e laceranti incomprensioni, di aderire all’agenda globale con i tempi dettati dai media che trasmettono 24 ore su 24. Un’agenda che ogni giorno sposta i confini dell’etica e delle convenzioni sociali. Una rincorsa spasmodica e innaturale per un uomo che aveva formato la sua vita sullo studio, sulla riflessione, sulla meditazione silenziosa. Sembra di scorgere nelle sue parole e nella sua scelta un cortocircuito tra i suoi studi approfonditi sulla vita di Gesù e quel dover ribattere colpo su colpo a cui è difficile sottrarsi. Quel propagarsi di scandali, polemiche, fughe di notizie su scala planetaria a cui sembra suggerirci può tenere testa solo chi è più giovane: «Sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte…».
Ma non è sempre stato così. Senza bisogno di tornare indietro di un secolo e mezzo, quando Pio IX – era il 1854 – fece un viaggio di un mese nelle Legazioni pontificie arrivando fino in Emilia senza fare un solo discorso ma limitandosi a impartire benedizioni, basterebbe pensare al ritmo del Vaticano di Paolo VI. Per trovare una risposta del Papa era necessario attendere l’Angelus della domenica o l’udienza del mercoledì. Poi, con papa Wojtyla, sono esplosi i viaggi e il ritmo ha moltiplicato le occasioni e i discorsi.

Ma è questo un treno lanciato che non ha altra possibilità che accelerare? Si osserva che la Chiesa vive nel mondo e non può che adattarsi al mondo se vuole incidere ed essere ascoltata. Eppure nel sapersi anche sottrarre, nel celarsi, nel rifiutare di cantare sempre nel coro, perfino nell’assenza si nasconde una grande forza. Immaginate i politici di oggi, costretti a dichiarare trenta volte al giorno, pesate la loro credibilità e la loro durata e paragonatele a quelle di Alcide De Gasperi, Aldo Moro o Enrico Berlinguer le cui interviste, in un anno non in un giorno, si potevano contare sulle dita di una mano.

Si potrebbe replicare che i tempi della Chiesa millenaria (e della politica lenta) erano possibili quando le informazioni non passavano attraverso i muri, quando i telefonini non erano un’estensione del nostro corpo, quando i maggiordomi non facevano fotocopie, fax e mail e quando le Mura vaticane trattenevano discorsi e segreti. Ma quei tempi e quella capacità di visione le avevano garantito una centralità lunga venti secoli.

Ma allora, in questo arrendersi all’età, nel riconoscere invece quasi una centralità determinante alla giovinezza, alle energie e alla velocità che spazio e che valore hanno ancora il sapere meditato, la saggezza e l’esperienza? Benedetto XVI che sceglie di tornare ad essere Joseph Ratzinger ci ha dato la sua risposta ma questa domanda resta centrale e irrisolta, anche perché la risposta plasmerà la nostra società, deciderà se si può accettare di vivere nella frammentazione, alleggeriti della memoria e dei progetti di lungo respiro.

Non si risolve naturalmente solo in questa domanda e nella sua risposta la travagliata decisione del Papa, che è necessariamente figlia di una complessità di problemi su cui si scriveranno libri per un tempo infinito. Ma l’età è il passaggio nodale della dichiarazione resa nella lingua più antica, quasi a sottolineare la volontà di sottrarsi alla dittatura della contemporaneità.

C’è in Ratzinger, l’uomo che oggi tutti paragonano nel suo passo indietro al Wojtyla del calvario coraggioso, della croce portata fino alla fine, anche la consapevolezza dei danni che può seminare la mancanza di energie. Benedetto XVI sa che il prezzo del calvario del suo predecessore fu anche un’assenza di governo della Chiesa, lo sa perché ne ha ereditato tutti i problemi irrisolti, insieme alle lotte intestine. Li ha affrontati con coraggio, a partire dalla pedofilia, ma forse anche questa consapevolezza lo ha spinto a ricordarci che ci vuole forza per governare, lo ha indotto a fare un passo indietro, ora, per non lasciare un altro percorso in salita al suo successore. E’ forse questo il gesto più rivoluzionario che ha fatto.


Paparatzifan
00mercoledì 13 febbraio 2013 20:18
Da "La bussola quotidiana"...

Messori: l'eredità di Benedetto XVI è la fede

di Riccardo Cascioli
12-02-2013

«Benedetto XVI ha una grande devozione per Maria e una particolare predilezione per Lourdes, per la chiarezza cristallina di quella apparizione. Non può dunque essere un caso che abbia scelto l’11 febbraio come giorno per annunciare la sua rinuncia al papato». Vittorio Messori, lo scrittore italiano più tradotto nel mondo, a Lourdes e alle apparizioni della Madonna a Bernadette ha dedicato molti anni di studi approfonditi, che hanno trovato una prima sintesi in “Bernadette non ci ha ingannati”, un libro uscito di recente per la Mondadori. E conosce molto bene Joseph Ratzinger, papa Benedetto XVI, un’amicizia nata in occasione del libro-intervista all’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Le circostanze che hanno accompagnato l’uscita di quel libro, “Rapporto sulla Fede”, nel 1985, hanno certamente contribuito a saldare un rapporto: «Eravamo ancora in piena contestazione ecclesiale – ricorda Messori - e allora non era affatto facile nella Chiesa dirsi “Ratzingeriano”: su di lui girava una leggenda nera, era definito l’«oscuro» prefetto del Sant’Uffizio, il persecutore, il panzerkardinal e via dicendo. Io dovetti addirittura nascondermi, sparire per oltre un mese, mi ritirai in montagna perché i preti del dialogo, i preti ecumenici, quelli della tolleranza volevano farmi letteralmente la pelle: lettere anonime, telefonate notturne. La mia colpa era non solo avere dato voce al nazikardinal, ma addirittura avergli dato ragione». Così la frequentazione si fece assidua, «spesso ci capitava di andare in trattoria assieme», e tante volte hanno parlato di Lourdes con cui condividevano una curiosa circostanza: Messori e Ratzinger sono infatti entrambi nati il 16 aprile, il giorno del dies natalis di Bernadette.

Dunque, Messori, la scelta dell’11 febbraio non è affatto casuale.
Direi proprio di no. Il perché abbia scelto questa data è la prima domanda che mi sono posto, e mi è sembrato si sia rifatto al suo «amato e venerato predecessore», come ha sempre chiamato Giovanni Paolo II: l’11 febbraio dai tempi di Leone XIII è entrato nel calendario universale della Chiesa come festa della Nostra Signora di Lourdes, e dato il legame che questo santuario ha con il male fisico, Giovanni Paolo II l’ha dichiarata Giornata mondiale del malato. Benedetto XVI intendeva parlare dunque della sua malattia.

Malattia? Il portavoce vaticano padre Lombardi ha escluso che motivo della rinuncia sia una malattia.
“Senectus ipsa est morbus”, dicevano i latini: la vecchiaia stessa è una malattia. A 86 anni, anche se formalmente non sei malato, c’è un’infermità legata all’età. Il papa si sente malato perché molto anziano, allora io credo che lui abbia scelto proprio quel giorno per riconoscersi malato tra i malati. E anche per fare un omaggio e una sorta di invocazione alla Madonna: non soltanto la Madonna di Lourdes ma la Madonna in quanto tale.

Il Papa ha parlato diverse volte anche di Fatima, ma con Lourdes forse sente un rapporto particolare.
Di Lourdes abbiamo parlato spesso in 25 anni, e sicuramente ha approfittato dell’occasione dei 150 anni delle apparizioni per recarsi lì in visita (settembre 2008, n.d.r.). Per dare un’idea di cosa suscitasse in lui Lourdes, basti pensare che in quel giorno e mezzo che è stato lì erano previsti 3 suoi grandi discorsi. Ebbene, in realtà il Papa ha parlato ben 15 volte, quasi sempre a braccio e molto spesso si è commosso. E sempre richiamando una grande devozione a Maria, e alla figura di Bernadette. A parlare di Fatima in qualche modo vi è stato trascinato da circostanze quali l’attentato al Papa, però ho l’impressione che istintivamente la sua preferenza vada alla chiarezza cristallina di Lourdes piuttosto che al nodo molto complesso che è Fatima. Considera Fatima fin troppo complessa, ama la chiarezza cristallina di Lourdes: lì non ci sono segreti, tutto è chiaro.

Molti commentatori hanno interpretato la rinuncia di Ratzinger come una sorta di resa davanti alle difficoltà.
Ci sono delle apparenti rese che in realtà sono un segno di forza, di umiltà. La libertà cattolica è molto più grande di quanto non si pensi. Ci sono temperamenti diversi, storie diverse, carismi diversi e vanno tutti quanti rispettati perché fanno parte della sacrosanta libertà del credente. In Giovanni Paolo II prevaleva il lato mistico, era un mistico orientale. Mentre in Ratzinger prevale la razionalità dell’occidentale, dell’uomo moderno. Per cui ci sono due possibili scelte: quella mistica, quella di papa Wojtyla, che tiene duro e resiste fino alla fine; oppure la scelta della ragione, come Ratzinger: riconoscere che non si hanno più le energie fisiche e che la Chiesa ha invece bisogno di una guida con grandi energie. Per cui per il bene della Chiesa è meglio che lasci. Entrambe le scelte sono evangeliche.

Papa Ratzinger ha sempre colpito per la sua grande umiltà.
E infatti la scelta di Ratzinger è segnata da una grande umiltà, una virtù che in lui è sempre stata evidente. Mi ricordo ancora un episodio di quel lontano 1985 che mi aveva particolarmente impressionato: dopo 3 giorni interi di colloquio in vista di “Rapporto sulla Fede”, prima di congedarci io gli dissi: “Eminenza, con tutto quello che lei mi ha raccontato della situazione nella Chiesa (ripeto, erano anni ancora di contestazione) mi permetta una domanda: ma lei la notte riesce a dormire bene?” Lui, con quella faccia da eterno ragazzo, e con gli occhi sgranati mi risponde: “Io dormo benissimo, perché sono consapevole che la Chiesa non è nostra, è di Cristo, noi siamo solo servi inutili: io alla sera faccio l’esame di coscienza, se constato che durante la giornata ho fatto con buona volontà tutto quello che potevo, io dormo tranquillo”. Ecco, Ratzinger ha assolutamente chiaro che noi non siamo chiamati a salvare la Chiesa, ma a servirla, e se non ce la fai più la servi in un altro modo, ti metti in ginocchio e preghi. La salvezza è una questione di Cristo.
Allora queste dimissioni mi sono sembrate in questa linea, nel senso di non prendersi troppo sul serio. Fai fino in fondo il tuo dovere e quando ti rendi conto che non riesci più, che le forze non ti assistono più, allora ti ricordi che la Chiesa non è tua e passi la mano e vai a fare il lavoro per la Chiesa che nella prospettiva di fede è il maggiore, il più prezioso: il lavoro del pregare e il lavoro dell’offrire a Cristo la tua sofferenza. La vedo come un atto di grande umiltà, di consapevolezza che tocca a Cristo salvare la Chiesa, non siamo noi poveri uomini a salvarla, anche se sei Papa.

Sabato scorso parlando ai seminaristi del Seminario romano ha detto che anche quando pensi che la Chiesa stia per finire, in realtà si rinnova sempre. Quale rinnovamento ha portato il pontificato di Benedetto XVI?
Si dimentica spesso che lui all’inizio del pontificato disse: il mio programma è di non avere programmi. Nel senso di rimettersi agli eventi che la Provvidenza gli metteva davanti. Il grande disegno strategico, in fondo, consisteva in questo, semplicemente confermare le pecorelle nella fede.
In questo ho sempre sentito una grande sintonia con lui, è sempre stato un Papa convinto della necessità di rilanciare l’apologetica, di ritrovare le ragioni della fede. Anche lui era convinto, come me, che tanti cosiddetti gravi problemi della Chiesa in realtà sono secondari: i problemi dell’istituzione, i problemi ecclesiali, l’amministrazione, gli stessi problemi morali e liturgici, sono certo molto importanti; ma attorno ad essi c’è una rissa clericale che però – lo ha detto lui stesso nel documento di indizione dell’Anno della Fede - dà per scontata la fede, cosa che in effetti non è. Cosa ci mettiamo a fare rissa tra di noi su come organizzare meglio i dicasteri vaticani, e anche sui principi non negoziabili, che cosa ci mettiamo a fare risse e magari organizzare difese se non crediamo più che il Vangelo è vero? Se non crediamo più nella divinità di Gesù Cristo tutto il resto diventa un parlare a vuoto. E infatti non a caso, l’ultimo suo grande atto è stato indire l’Anno della Fede: ma della fede intesa nel senso apologetico, cercare di dimostrare che il cristiano non è un cretino, tentare di dimostrare che noi non crediamo nelle favole, cercare di dimostrare quali sono le ragioni per credere. Le sue grandi linee strategiche sono consistite solo in questo: riconfermare le ragioni per scommettere sulla verità del Vangelo. Tutto il resto va affrontato giorno per giorno. E questo l’ha fatto, l’ha fatto al meglio.

Allora è giusto dire che l’Anno della Fede è la sua vera eredità.
Sì, l’Anno della Fede è la sua eredità, questa è l’eredità che dobbiamo prendere sul serio. Nella Chiesa, nella prospettiva del futuro, l’apologetica deve avere un ruolo centrale, perché se non è vera la base tutto il resto è assurdo. Benedetto XVI ci lascia la consapevolezza che dobbiamo riscoprire le ragioni per credere.

Se parliamo di eredità pensiamo subito a chi potrà raccoglierla. Non per unirci al totopapa che impazza ovunque, ma certo nasce la domanda su chi condivide questa priorità.
Non dobbiamo rubare allo Spirito Santo il suo mestiere. Le previsioni dei cosiddetti esperti, quando si tratta di Conclave, sono fatte per essere smentite. Di solito non ci azzeccano mai. L’impressione è che lo Spirito Santo si diverta a prenderci in giro: i grandi tromboni, i grandi esperti, i grandi vaticanisti danno per sicuro questo o quello e poi è eletto un altro. Ricordo il 1978, lavoravo alla Stampa, ero in redazione quando hanno eletto papa Luciani: all’annuncio grande panico, perché i grandi vaticanisti che avevamo ci avevano detto di tenere pronte certe biografie, perché il Papa sarebbe certamente uscito da quel mazzo di papabili, e invece niente: quando è stato eletto Luciani ci siamo accorti che l’archivio della Stampa non aveva neanche una sua foto. La stessa storia si è ripetuta due mesi dopo con Wojtyla: tutti avevano previsto quello e quell’altro, e invece all’annuncio ancora panico: di lui non sapevamo neanche come si scriveva.

Pensando a questi anni di pontificato, certo lascia pensare il fatto che non sia stato “fortunato” nella scelta dei collaboratori, che lo hanno messo spesso in grandi difficoltà.
Ratzinger per un quarto di secolo è stato prefetto alla Congregazione per la Dottrina della Fede, però ha sempre vissuto appartato, ho sempre avuto l’impressione che fosse un po’ isolato rispetto alla Curia. Lui aveva un legame fortissimo con Wojtyla, funzionava in tandem con lui: non c’è alcuna decisione teologica che Wojtyla abbia preso in cui non abbia prima sentito il parere di Ratzinger. Ma ho sempre avuto l’impressione che fosse, anche per sua scelta, estraneo alla Curia, ai suoi giri, ai suoi giochi, ai suoi schieramenti. E credo che una volta eletto Papa con sua sorpresa in fondo non avesse sufficiente conoscenza dei meccanismi, delle persone. Poi alcune scelte erano in qualche modo obbligate, ma sicuramente non era abbastanza al corrente di come stessero le cose.

Si dice che la Curia non l’abbia mai amato.
Certamente la Curia non l’ha mai amato. Wojtyla aveva scelto di fare un pontificato itinerante e in questo modo ha lasciato che la Curia andasse avanti da sola; così la Curia ha preso il sopravvento, per cui tutto sommato quei vecchi volponi dei dicasteri con Wojtyla si trovavano bene, il papa era distante, non si occupava degli affari quotidiani. Ratzinger invece ha viaggiato poco, voleva sapere, voleva mettere il naso; siccome sapeva poco della Curia, ha cominciato a informarsi e ha cominciato a fare, pur con la sua delicatezza, spostamenti, arretramenti, avanzamenti. E questo non è stato gradito, per cui anche da Papa ha continuato a essere piuttosto isolato.


Paparatzifan
00mercoledì 13 febbraio 2013 20:21
Da "Vatican Insider"...

13/02/2013

Mancata riforma di Curia e Cei le ultime angosce del Papa

Il cardinal Bertone e il segretario Georg informati venti giorni fa

MARCO TOSATTI
CITTÀ DEL VATICANO

Il giorno dopo, dal riserbo ermetico dell’appartamento papale comincia a filtrare qualche elemento che aiuta a capire la decisione straordinaria di Benedetto XVI, e i meccanismi che l’hanno portato a quella che una persona a lui vicina non esita a definire «una decisione traumatica» per la Chiesa. Il pensiero della possibilità di dimettersi era nella mente del Papa, come possibilità da vario tempo; ma questa riflessione si è concretizzata in maniera definitiva, secondo chi lo conosce, intorno all’Epifania. Il detonatore è stata la presa di coscienza di un progressivo, ma continuo affievolirsi delle sue forze. Già dall’estate scorsa, ci fanno notare, il ritmo delle udienze è stato molto diluito. Nelle visite ad limina sono stati tagliati i colloqui con i singoli vescovi, per non affaticare Benedetto XVI. E anche se è stato presente durante il Sinodo dei vescovi dell’autunno, spesso sembrava spossato.

La decisione è maturata senza consultare nessuno. I primi a esserne informati sono stati – una ventina di giorni fa, secondo le nostre informazioni – il cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e il segretario particolare, monsignor Georg Gaenswein. Successivamente è stato messo a parte del segreto il cerimoniere del Papa, monsignor Guido Marini; e infine tre giorni fa l’ex segretario di Stato, e decano del sacro Collegio, il cardinale Angelo Sodano.

Dei problemi fisici del Papa si è parlato; il cuore, la pressione in certi momenti quasi fuori controllo, l’anca e il ginocchio, il timore che potesse ripetersi l’ictus che lo ha colpito un’estate dell’inizio degli anni ’90 a Bressanone, mentre era in vacanza al seminario diocesano con suo fratello Georg. Ma chi lo conosce parla anche della sua caratteristica, che lo ha accompagnato tutta la vita,e cioè la tendenza a somatizzare problemi e difficoltà della Chiesa. E anche del suo desiderio di vedere attuate alcune riforme che però non è riuscito a porre in cantiere.

C’è chi pensa che si sia sentito un po’ soffocato, e non abbastanza sostenuto e garantito in particolare per quello che riguardava il governo della Chiesa. Conosce la fedeltà del segretario di Stato Bertone; ma si è sentito sempre più esposto proprio in quello che era il suo (del Papa) lato debole, e cioè il governo. Benedetto XVI era ben consapevole che la prima riforma necessaria sarebbe stata quella della Curia romana, dove l’impianto di Paolo VI comincia a mostrare tutto il peso degli anni. Ma non è stato in grado di organizzarla, e questo è un rimpianto. Così come non ha avuto l’energia, e gli strumenti “politici” necessari per dare attuazione alla riforma delle Conferenze episcopali, che hanno assunto ormai un potere tale da mettere spesso in dubbio il ruolo di Roma. Quando era cardinale ha parlato diffusamente di questo problema; ma da Papa non è riuscito ad affrontarlo, e si è sentito come prigioniero di meccanismi che non riusciva a modificare.


Ha realizzato molto come Magistero; e anche sulla liturgia. Ma gli è stato messo addosso – e l’ha vissuto con disagio – una parte del mantello di Giovanni Paolo II, con comportamenti e impegni che non gli erano congeniali, che l’hanno stancato fisicamente e psicologicamente. E infine c’è stata la Commissione su Vatileaks. Su questo punto non ci sono dei riscontri puntuali, ma persone a lui vicine sono convinte che Benedetto XVI sia rimasto profondamente ferito, psicologicamente, anche con un effetto di prostrazione dal quadro che la Commissione dei tre cardinali gli ha presentato sullo stato della Curia romana. Aggravato dall’emergere di problemi continui di gestione, che evidenziavano una crisi di capacità di governo. Dal San Raffaele allo Ior, fino alla questione, di questi giorni dell’Idi. Un crescendo che l’ha convinto della necessità di affidare la Chiesa a mani meno logore e stanche delle sue.


Paparatzifan
00mercoledì 13 febbraio 2013 20:24
Dal blog di Lella...

PAPA: DON GEORG DA' FORFAIT A PRESENTAZIONE LIBRO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 12 feb. - La presentazione del volume "Benedetto XVI – Il Papa visto da personaggi famosi", a cura di monsignor Georg Gaenswein, prevista per giovedi' 14 febbraio presso l'Universita' Cattolica del Sacro Cuore, non avra' luogo. Lo comunica la Libreria Editrice Vaticana. La cancellazione dell'evento conferma che la decisione della rinuncia di Benedetto XVI - del quale don Georg e' lo storico segretario personale - e' stata assunta dal Papa negli ultimi giorni, benche' evidentemente maturata nel tempo. Monsignor Gaenswein e' stato nominato recentemente dal Papa arcivescovo e prefetto della Casa Pontificia, incarico che potrebbe continuare a svolgere con il nuovo Pontefice. (AGI)


Paparatzifan
00mercoledì 13 febbraio 2013 20:25
Dal blog di Lella...

PAPA: GRANDE APPLAUSO LO ACCOGLIE IN AULA NERVI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 13 feb.

Un grande applauso ha accolto l'ingresso del Papa in Aula Nervi, che per l'Udienza Generale di oggi e' gremita da 8 mila fedeli (mentre ne erano attesi 3500). Si tratta della prima occasione pubblica dopo il clamoroso annuncio delle dimissioni, fatto a sorpresa lunedi' scorso durante l'allocuzione pronunciata in latino al Concistoro convocato per la canonizzazione dei martiri di Otranto. Tra la folla sventolano bandiere polacche, croate, spagnole e cilene.

© Copyright (AGI)

PAPA: PREGATE PER ME E PER IL FUTURO PONTEFICE


(AGI) - CdV, 13 feb.

"Ho sentito quasi fisicamente, in questi giorni per me non facili, la forza della vostra preghiera.
Continuate a pregare per me, per la Chiesa e per il futuro Papa. Il Signore ci guidera'". Con queste parole Benedetto XVI si e' rivolto ai fedeli che gremivano l'Aula Nervi in occasione della sua penultima Udienza Generale. "Cari fratelli e sorelle - ha detto loro - come sapete ho deciso di rinunciare al ministero che il Signore mi ha affidato il 19 aprile 2005. Ho fatto questa scelta in piena liberta' e per il bene della Chiesa, dopo aver pregato a lungo ed aver esaminato davanti a Dio la mia coscienza, ben consapevole della gravita' di tale atto, ma altrettanto consapevole di non essere piu' in grado di svolgere il Ministero Petrino con quella forza che esso richiede".
"Non c'e' un precetto per il quale chi e' Papa deve morire Papa. Si ha il dirtto di lasciare questo compito", ha poi commentato il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, che nel suo brifing ha definito il gesto del Papa "una indicazione morale preziosissima per tutti". Il gesuita ha confermato gli impegni assunti da Benedetto XVI prima delle dimissioni, compresi i due angelus domenicali e l'Udienza Generale del 27 febbraio, vigilia dell'abdicazione, che vedra' un'ampia presenza di fedeli romani, e le visite ad Limina delle Conferenze Episcopali della Liguria e della Lombardia, presiedute rispettivamente da Angelo Bagnasco e Angelo Scola, cioe' i cardinali italiani considerati "papabili". Ma ha aggiuno all'agenda gia' nota le udienze private di congedo con il premier italiano Mario Monti, sabato prossimo, e con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che incontrera' Papa Ratzinger sabato 23 febbraio.
Tra le notizie comunicate ai giornalisti, Lombardi ha confermato che prima del nuovo Papa si avra' un nuovo presdiente dello Ior, in quanto la procedura era gia' in corso, e ha chiarito che l'ex Papa non sara' piu' infallibile: "come la teologia insegna - ha detto - ci sono situazioni, peraltro rare, in cui si puo' parlare di infallibilita' del Papa, ma essa e' connessa al Ministero Petrino, cioe' a questo particolare servizio alla Chiesa, non alla persona che ha rinunciato al Pontificato". Infine, il portavoce ha ripetuto che la data del Conclave la fisseranno i cardinali nelle Congregazioni Generali che cominciano "con l'inizio della sede vacante, cioe' dal primo marzo" ed "hanno la funzione di avviare una conversazione-scambio tra i cardinali sulla situazione della Chiesa in modo da maturare criteri informazioni utili in vista dell'elezione del nuovo Papa".

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PAPA: GRAZIE PER IL DONO DI QUESTI CANTI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 13 feb.

"Grazie per questo dono di alcuni canti particolarmente cari a me". Benedetto XVI ha ringraziato con queste parole i fedeli italiani che al termine dell'Udienza Generale hanno intonato nell'Aula Nervi alcune litanie mariane. Mentre poi il Papa salutava i presuli presenti, una decina tra i quali il vescovo dell'Azione Cattolica Domenico Sigalini. Per primo a dare la mano al Pontefice e' statol cardinale Bernard Law, rimosso per aver insabbiato casi di abusi sessuali della diocesi di Boston, oggi retta dal cardinale Sean O'Malley, considerato papabile proprio in quanto campione della lotta alla pedofilia.

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Paparatzifan
00mercoledì 13 febbraio 2013 21:03
Dal blog di Lella...

PAPA: MOLTI PRONTI A STRACCIARSI LE VESTI, POCHI A CAMBIARE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 13 feb.

"Anche ai nostri giorni, molti sono pronti a 'stracciarsi le vesti' di fronte a scandali e ingiustizie, naturalmente commessi da altri, ma pochi sembrano disponibili ad agire sul proprio 'cuore', sulla propria coscienza e sulle proprie intenzioni, lasciando che il Signore trasformi, rinnovi e converta". E' una forte denuncia a caratterizzare l'ultima omelia di Benedetto XVI in una celebrazione pubblica.
"Gesu' - ha spiegato il Papa dimissionario citando il discorso della Montagna - sottolinea come sia la qualita' e la verita' del rapporto con Dio cio' che qualifica l'autenticita' di ogni gesto religioso. Per questo denuncia l'ipocrisia religiosa, il comportamento che vuole apparire, gli atteggiamenti che cercano l'applauso e l'approvazione. Il vero discepolo non serve se stesso o il pubblico, ma il suo Signore, nella semplicita' e nella generosita'". Per il Papa che si appresta a lasciare la testimonianza dei cristiani "sara' sempre piu' incisiva quanto meno cercheremo - ha detto - la nostra gloria e saremo consapevoli che la ricompensa del giusto e' Dio stesso, l'essere uniti a Lui, quaggiu', nel cammino della fede, e, al termine della vita, nella pace e nella luce dell'incontro faccia a faccia con Lui per sempre". In particolare ha poi ricordato "le tre pratiche fondamentali previste dalla Legge mosaica: l'elemosina, la preghiera e il digiuno". "Sono anche indicazioni tradizionali nel cammino quaresimale per rispondere all'invito di ritornare a Dio con tutto il cuore".
"Cari fratelli e sorelle - ha infine esortato Benedetto XVI - iniziamo fiduciosi e gioiosi l'itinerario quaresimale. Risuoni forte in noi l'invito alla conversione, a ritornare a Dio con tutto il cuore", accogliendo la sua grazia che ci fa uomini nuovi, con quella sorprendente novita' che e' partecipazione alla vita stessa di Gesu'". "Nessuno di noi - ha implorato chidendo la sua ultima omelia il Papa -sia sordo a questo appello, che ci viene rivolto anche nell'austero rito, cosi' semplice e insieme cosi' suggestivo, dell'imposizione delle ceneri, che tra poco compiremo". "Ci accompagni in questo tempo - ha poi concluso - la Vergine Maria, Madre della Chiesa e modello di ogni autentico discepolo del Signore".

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PAPA: IL VOLTO DELLA CHIESA A VOLTE DETURPATO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 13 feb.

Nell'omelia delle celebrazione del Mercoledi' delle Ceneri, il Papa dimissionario ha rilevato con amarezza come "il volto della Chiesa venga, a volte, deturpato". Il Papa dimissionario si e' soffermato molto sul tema dell'unita' della Chiesa, prendendo spunto dall'invito biblico: "Radunate il popolo, indite un'assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo". "La dimensione comunitaria - ha spiegato - e' un elemento essenziale nella fede e nella vita cristiana. Cristo e' venuto per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Il 'Noi' della Chiesa e' la comunita' in cui Gesu' ci riunisce insieme: la fede e' necessariamente ecclesiale. E questo e' importante ricordarlo e viverlo in questo Tempo della Quaresima: ognuno sia consapevole che il cammino penitenziale non lo affronta da solo, ma insieme con tanti fratelli e sorelle, nella Chiesa".
"Perche' si dovrebbe dire fra i popoli: 'Dov'e' il loro Dio?'", si e' chiesto il Papa 85enne. "Questa preghiera - ha ricordato agli 8 mila fedeli presenti alla sua ultima celebrazione pubblica - ci fa riflettere sull'importanza della testimonianza di fede e di vita cristiana di ciascuno di noi e delle nostre comunita' per manifestare il volto della Chiesa e come questo volto venga, a volte, deturpato". "Penso in particolare - ha confidato - alle colpe contro l'unita' della Chiesa, alle divisioni nel corpo ecclesiale". "Vivere la Quaresima in una piu' intensa ed evidente comunione ecclesiale, superando individualismi e rivalita', e' - ha concluso il Pontefice - un segno umile e prezioso per coloro che sono lontani dalla fede o indifferenti".

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PAPA: CHIESA VIVE UN MOMENTO PARTICOLARE, S.PIETRO INTERCEDA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 13 feb.

"Mentre mi accingo a concludere il Ministero Petrino chiedo un particolare ricordo nella preghiera". Con queste parole, nella sua ultima celebrazione pubblica, Benedetto XVI ha voluto invocare pubblicamente sostegno spirituale per la su ascelta e l'intercessione dell'Apostolo Pietro "per il cammino della Chiesa in questo particolare momento". Lo ha fatto all'inizio dell'omelia della celebrazione del Mercoledi' delle Ceneri, spostata per l'occasione dall'Aventino alla Basilica Vaticana e da lui definita "un'occasione propizia per ringraziare tutti, specialmente i fedeli della Diocesi di Roma".
"Iniziamo oggi - ha detto il Papa dimissionario - un nuovo cammino quaresimale, un cammino che si snoda per quaranta giorni e ci conduce alla gioia della Pasqua del Signore, alla vittoria della Vita sulla morte". "Seguendo l'antichissima tradizione romana delle stationes quaresimali, ci siamo radunati per la Celebrazione dell'Eucaristia", ha sottolineato ricordando che "tale tradizione prevede che la prima statio abbia luogo nella Basilica di Santa Sabina sul colle Aventino". Ed anche se "le circostanze hanno suggerito di radunarsi nella Basilica Vaticana", ugualmente "le Letture che sono state proclamate ci offrono spunti che, con la grazia di Dio, siamo chiamati a far diventare atteggiamenti e comportamenti concreti in questa Quaresima".

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00giovedì 14 febbraio 2013 11:25
Dal blog di Lella...

PAPA: BERTONE, AMORE PROFONDO LO HA SPINTO A QUESTO GESTO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 13 feb.

"Tutti noi abbiamo compreso che e' proprio l'amore profondo che Vostra Santita' ha per Dio e per la Chiesa che L'ha spinta a questo atto". Lo ha detto il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, nell'indirizzo di saluto al Papa dimissionario, pronunciato al termine della celebrazione in San Pietro. Secondo Bertone, con la rinuncia, Papa Ratzinger ha rivelato "quella purezza d'animo, quella fede robusta ed esigente, quella forza dell'umilta' e della mitezza, assieme ad un grande coraggio, che hanno contraddistinto ogni passo della Sua vita e del Suo ministero, e che possono venire solamente dallo stare con Dio, dallo stare alla luce della parola di Dio, dal salire continuamente la montagna dell'incontro con Lui per poi ridiscendere nella Citta' degli uomini".
Bertone ha sottolineato, nel suo breve discorso, "i sentimenti di grande commozione e di profondo rispetto" con i quali "non solo la Chiesa, ma tutto il mondo, hanno appreso la notizia della decisione di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore dell'Apostolo Pietro". "Non saremmo sinceri, Santita' - ha poi aggiunto - se non Le dicessimo che questa sera c'e' un velo di tristezza sul nostro cuore". Secondo Bertone, in questi 8 anni, il Magistero di Benedetto XVI "e' stato una finestra aperta sulla Chiesa e sul mondo, che ha fatto filtrare i raggi della verita' e dell'amore di Dio, per dare luce e calore al nostro cammino, anche e soprattutto nei momenti in cui le nubi si addensano nel cielo". Citando poi le parole pronunciate da Ratzinger pochi giorni fa con i Seminaristi della diocesi di Roma, quando il Papa ha detto "che essendo cristiani sappiamo che il futuro e' nostro, il futuro e' di Dio, e che l'albero della Chiesa cresce sempre di nuovo" e che "la Chiesa si rinnova sempre, rinasce sempre", il segretario di Stato ha osservato che Benedetto XVI ha insegnato a "servire la Chiesa nella ferma consapevolezza che non e' nostra, ma di Dio, che non siamo noi a costruirla, ma e' Lui", sentendosi dunque "servi inutili". In questa ottica, per il cardinale salesiano, "e' un grande insegnamento quello che il Pontefice, anche con questa sofferta decisione, dona non solo a noi, pastori della Chiesa, ma all'intero Popolo di Dio". "Questa sera - ha poi concluso Bertone - vogliamo ringraziare il Signore per il cammino che tutta la Chiesa ha fatto sotto la guida di Vostra Santita' e vogliamo dirLe dal piu' intimo del nostro cuore, con grande affetto, commozione e ammirazione: grazie per averci dato il luminoso esempio di semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore, un lavoratore, pero', che ha saputo in ogni momento realizzare cio' che e' piu' importante: portare Dio agli uomini e portare gli uomini".

(AGI)

PAPA: IN SAN PIETRO INTERROMPE APPLAUSI, "RITORNIAMO A PREGARE"

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 13 feb.

"Grazie, ritorniamo alla preghiera". Con queste parole Benedetto XVI ha interrotto l'applauso fragoroso che era esploso nella Basilica di San Pietro al termine della celebrazione del Mercoledi' delle Ceneri. L'applauso e' poi ripreso dopo la benedizione.

(AGI)


Paparatzifan
00giovedì 14 febbraio 2013 11:30
Da "La Stampa.it"...

Cardinali e vescovi-teologi decisi a non abdicare nel nome di Benedetto XVI

di Mauro Pianta e Luca Rolandi

in “La Stampa” del 13 febbraio 2013

Uno di loro potrebbe salire addirittura al soglio pontificio, altri potrebbero essere destinati a diocesi importanti, altri ancora occupare posti chiave in Curia. Difficile, in ogni caso, immaginarli sul viale del tramonto dopo l’uscita di scena di Benedetto XVI. Sono i cosiddetti ratzingeriani, la pattuglia di cardinali e vescovi fedelissimi di Joseph. Ma, al di là delle etichette, che cosa significa davvero dirsi ratzingeriani? Risposta dei teologi: annunciare il cristianesimo come avvenimento e non come ideologia, sottolineare lo stretto legame tra fede e ragione, l’attenzione alla liturgia e un’interpretazione del Concilio Vaticano II che privilegia la continuità rispetto alla rottura con il passato.

Gli interpreti più fedeli del Ratzinger-pensiero sono soprattutto tre: Angelo Scola, 72 anni, arcivescovo di Milano, formatosi in Cl. Marc Ouellet, 67 anni, canadese, teologo, carismatico prefetto della Congregazione dei vescovi. E poi l’austriaco Christoph Schoenborn, 68 anni, arcivescovo di Vienna, identità forte e spiccata capacità di dialogo. Loro, i tre cardinali di stretta osservanza ratzingeriana, sono stati allievi del futuro papa. Ispiratisi alla scuola teologica di Urs Von Balthasar e Henri De Lubac, si sono fatti le ossa nella rivista “Communio”.

Nel Conclave tra i cardinali vicini a Ratzinger ma che non hanno con lui un legame particolarmente stretto, ci sono l’ungherese Péter Erdo, l’italiano Gianfranco Ravasi, e i brasiliani João Braz de Aviz, e Odilo Pedro Scherer. Il rappresentante dell’area ratzingeriana più conservatrice è invece il cardinale Mauro Piacenza.

Chi inizierà una nuova fase nella sua vita ecclesiastica è sicuramente colui che ormai viene considerato un ex ratzingeriano di ferro, il cardinale Tarcisio Bertone. Già collaboratore di fiducia del professore e poi del «kardinal panzer» alla Congregazione per la dottrina della fede, Bertone, nel 2006, è divenuto Segretario di Stato. In questo ruolo, dopo gli esordi promettenti, ha visto
addensarsi sulla sua azione di governo nubi e contraddizioni che, anche in considerazione dell’età, determineranno una sua uscita di scena dal proscenio della Curia romana.
Destino sicuramente più radioso, invece, quello del segretario del pontefice dimissionario, Georg Gänswein, che dopo la consacrazione episcopale del 7 dicembre 2012 e la nomina a prefetto della Casa Pontificia, potrebbe restare a Roma per un breve periodo prima di una destinazione episcopale nella sua Germania.

Fuori dal Conclave, il presidente della Congregazione della Dottrina della Fede, Gerhard Ludwig Mueller. Allievo di Benedetto XVI non ha raccolto un consenso unanime, ma, in un ruolo così strategico, è difficile immaginare per lui un rapido avvicendamento.

Anche monsignor Rino Fisichella si gioca la riconferma alla presidenza del nevralgico Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Insomma, Ratzinger ha abdicato. I ratzingeriani, no.


Paparatzifan
00giovedì 14 febbraio 2013 15:24
Dal blog di Lella...

Affetto ed emozione tra i tanti pellegrini presenti all'udienza generale

Commozione, serenità e tanto affetto: sono i sentimenti provati dai tanti pellegrini che oggi hanno preso parte all’’udienza generale in Aula Paolo VI, penultima di Benedetto XVI. Benedetta Capelli ha raccolto le voci di alcuni dei presenti:

R. - E’ emozionante sì, perché sappiamo che è stata l’ultima volta che lo abbiamo visto qui, nella Sala Nervi. Quindi, siamo molto, molto dispiaciuti.

R. - E’ la prima volta che vedo un Papa, quindi mi dispiace che in questo caso sia pure l’ultima. Ci dispiace veramente tanto.

R. - Questo Papa mi piace molto quando parla, perché entra profondamente nello spirito evangelico, quello di Cristo. Questo mi piace. Ecco perché sono venuta. Il Signore benedica tutte le cose che il Santo Padre vuole fare e la Vergine lo protegga.

R. - E’ stato molto commovente. Umanamente mi dispiace che se ne vada, però penso sia giusto, ha fatto la scelta giusta.

R. - A me sono rimaste impresse due cose: all’inizio, quando ha detto che chi crede non è mai solo, e poi che nulla si anteponga a Cristo. Voglio dire questo: sono molto grata al Signore perché ce lo ha donato. E’ stato per me una guida grandissima, una guida spirituale. Io l’ho sempre seguito. Sempre, sempre, sempre. Gli sono stata sempre fedele. E adesso lo accompagno con la preghiera…

R. - E’ un uomo di grandissimo discernimento. Ha preso questa decisione e noi abbiamo fiducia nello Spirito Santo, che tutto andrà bene per la Chiesa.

R. - E’ un Papa grande e noi gli siamo grati. Siamo, infatti, venuti proprio per dirgli “grazie”. E a lui mi vorrei rivolgere per dirgli: “Dio benedica ancora lungamente la tua vita”.

R. - Ho un grande rispetto ed amore per lui e voglio pregare molto per lui.

R. - E’ troppo bello. Tutto quello che sta facendo, secondo me, è una grande prova di coraggio per farci vedere che dobbiamo ritornare all’umiltà di Cristo. E’ stato bellissimo. Questo Papa sarà ricordato per sempre per questa prova di umiltà che ha dato. Che tutti noi possiamo imparare qualcosa da lui. Mi emoziona veramente.

R. - Io mi sono convertita nel tempo in cui lui era Papa. All’inizio non l’avevo compreso… E’ un teologo straordinario e ha veramente trasformato la mia fede.

R. - Sono stato contento di vederlo per l’ultima volta. Sono venuto con un gruppo di belgi. Siamo 53 persone, giunte apposta qui per vedere per l’ultima volta il Papa che se ne va. Speriamo che stia bene in salute.

R. - Commossi! Siamo commossi!

R. - E’ stato molto emozionante. E’ stata un’emozione nuova.

R. - A me dispiace che tra un po’ non sarà più il Papa.

R. - Ciao Papa! Ciao!

© Copyright Radio Vaticana


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Paparatzifan
00giovedì 14 febbraio 2013 15:35
Da "La Stampa.it"...

14/02/2013 - I DOLORI DEL PAPA

Cadde, si ferì alla testa e decise: lascio

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

La decisione della rinuncia al pontificato è stata presa da Benedetto XVI dopo il viaggio in Messico e a Cuba. Quando il Papa si procurò una ferita alla testa e i suoi collaboratori lo medicarono senza rivelare nulla.

La notizia è stata confermata lunedì scorso dal direttore de «L’Osservatore Romano», Gian Maria Vian - uno di coloro che allora accompagnarono il Pontefice in Centroamerica - nel suo editoriale. Quel viaggio fu l’ultima trasferta papale al di là dell’oceano.

Proprio durante quel pellegrinaggio, rivela ora alla «Stampa» uno dei prelati del seguito, accadde un incidente, fortunatamente senza conseguenze. Il Papa si procurò la ferita alla testa e nulla fu rivelato ai giornalisti.

«All’inizio di quel viaggio internazionale così importante, il Papa ci confidò che lo stava affrontando con “spirito penitenziale”. La mattina del 25 marzo, nell’ultima giornata trascorsa a León - racconta il prelato - mentre ci trovavamo nella casa delle religiose cappuccine, Benedetto XVI quando si è alzato aveva i capelli sporchi di sangue. I suoi collaboratori gli hanno chiesto che cosa fosse successo. Il Papa ha detto di non essere caduto, ma di essere andato a sbattere contro il lavandino, qualche ora prima. Si era alzato per andare in bagno, e come capita talvolta quando ci si risveglia nel cuore della notte in un ambiente che non è il nostro abituale, non aveva trovato immediatamente l’interruttore della luce e così si era mosso al buio».

Qualcosa di simile, anche se con conseguenze più gravi e visibili, era accaduto a Introd, in Val d’Aosta nella notte tra il 16 e il 17 luglio 2009, quando Benedetto XVI cadde nella sua camera da letto fratturandosi il polso.
«Anche il cuscino era sporco di sangue - continua il nostro interlocutore - e qualche goccia aveva macchiato pure la moquette. Tutto venne fatto rapidamente sparire, anche la moquette fu ripulita dal sangue. Ma non si trattava di una ferita profonda né preoccupante. La zona interessata rimaneva sotto lo zucchetto bianco ed era comunque ben mascherata dai folti capelli del Pontefice». «Non c’erano cerotti visibili - aggiunge il prelato - come invece accadde a Giovanni Paolo II, lo ricordo ancora molto bene, durante il viaggio in Polonia nel giugno 1999».

Nelle ore successive, tra un bagno di folla e l’altro, Benedetto XVI non si è mai lamentato di nulla. «Non ha avuto problemi a indossare la mitria che gli abbiamo posto sul capo durante la messa celebrata nel Campo Guanajato Bicentenario - spiega il prelato -. Tutto è andato bene e soltanto la sera, tornati alla residenza delle religiose, è stata fatta una medicazione più accurata».

Quell’episodio, considerato allora poco rilevante, viene oggi riletto dal prelato dell’entourage papale in modo diverso, alla luce della rivelazione pubblicata dal direttore dell’«Osservatore Romano». «Quel giorno - racconta - dopo cena, mi riferirono lo scambio di battute avvenuto tra il Pontefice e il suo medico personale. Mentre medicava il capo del Papa, il dottor Patrizio Polisca aveva commentato: “Lo vede, Santo Padre, perché sono molto critico verso questi viaggi?”. Benedetto XVI, con quel filo di ironia che chi lo frequenta conosce bene, aveva risposto: “Anch’io sono critico...”».

«Il Papa - tiene subito a precisare il prelato - ci teneva all’abbraccio con il popolo messicano, con le folle di fedeli di quel grande Paese che per primo aveva accolto il suo predecessore all’inizio del pontificato. Ma sapeva anche di non avere più la forza fisica per sopportare queste lunghe trasferte, il cambio di fuso orario, il carico di impegni pubblici».

Quanto avrà pesato questo incidente nella decisione della rinuncia, alla quale il Papa aveva mostrato di pensare già da tempo? È difficile dirlo. Il fratello di Benedetto XVI, Georg Ratzinger ha dichiarato lunedì scorso: «Il medico personale aveva espressamente detto al Papa che ormai avrebbe dovuto evitare voli transatlantici o simili spostamenti a lungo raggio. Non ne era più in grado».

Sta di fatto che proprio quel viaggio, l’ultimo Oltreoceano, ha segnato nella mente di Ratzinger come un punto di non ritorno. «Il Papa in quella occasione ha portato a termine con successo tutti i suoi impegni - ha ricordato padre Federico Lombardi, portavoce vaticano, confermando la notizia messa in pagina da “L’Osservatore Romano” - Però si è reso conto, a causa del venir meno delle forze fisiche, che in futuro non avrebbe potuto sopportare il peso di altre trasferte così lunghe». Forse quell’incidente notturno nella casa delle religiose capuccine, con la possibilità di conseguenze più gravi, di un ricovero lontano da Roma, ha contribuito a far maturare una decisione che nove mesi dopo avrebbe portato allo storico annuncio di lunedì scorso.


Paparatzifan
00giovedì 14 febbraio 2013 15:45
Da "La bussola quotidiana"...

Un uomo mai stato così grande

di Antonello Iapicca
11-02-2013


Poche battute di un'agenzia e tutto diventa, di colpo, infinitamente piccolo: gli schiamazzi della politica-cabaret, il dito medio di un allenatore, Sanremo e lo spread. Tutto ciò per cui il mondo si dimena cercando spazio da invadere e occupare è divenuto, in un attimo, impercettibile, al cospetto di un uomo che mai è stato così grande. L’amore autentico, infatti, quando arde nel cuore, brucia tutto quello che ne è sprovvisto.

L’amore rende giustizia alla verità e smaschera la menzogna, con la forza dirompente che oggi si è abbattuta sul mondo esplodendo fulminea da poche, semplici, parole: "Per il bene della chiesa". Oggi un uomo ha consegnato se stesso per amore dell’umanità. Oggi i nostri occhi hanno contemplato il Getsemani e il Golgota nel bel mezzo del Vaticano, e il Signore offrirsi di nuovo per ogni uomo di questa perduta generazione. Oggi Pietro, il dolce Cristo in terra, ci ha presi per mano, uno ad uno, e, pur lasciandoci sgomenti, ci ha detto la parola più forte, la più profondamente umana perché limpidamente divina: la parola della Croce, stoltezza e scandalo per l’orgoglio mondano, sapienza potente per l’umiltà di chi cerca e spera la salvezza.

Nelle sue dimissioni, infatti, sono registrate le dimissioni da padre e da madre, da figli e da figlie, da uomini e da donne, da persone uniche e irripetibili, di tutti coloro che la menzogna del demonio sta inghiottendo senza pietà in ogni angolo del mondo. Le nostre dimissioni dinanzi alle urgenti responsabilità dell’amore, quelle che nascondiamo e, orgogliosamente, non riusciamo a rassegnare, sono tutte li, sulla soglia del paradiso. Le ha consegnate il nostro Papa, nelle sue «dimissioni vicarie», con le quali di nuovo Cristo ha bussato oggi alla porta del Padre per consegnargli i limiti della forze umane, e, con essi, le debolezze, le cadute, il groviglio di dolore e morte di questa generazione, perché tutti possano essere di nuovo «assunti» alla dignità e alla santità per le quali sono stati creati. Amore per la chiesa, infatti, significa amore per ogni uomo, l’unico autentico, gratuito, disinteressato. Amore per il bene di ciascuno, senza distinzione. E non vi è che un bene, assoluto, definitivo, eterno: Cristo. È Lui il bene della Chiesa, per il quale il Papa si è dimesso. Altro non sappiamo, altro non ci interessa. Per Cristo, e perché Egli possa essere annunziato e così giungere ad ogni uomo, Benedetto XVI ha deciso di lasciare il pontificato.

"Che cos'è un uomo perché te ne curi, un figlio dell’uomo perché te ne dia pensiero?" recita il salmo 8. Che poi soggiunge: "eppure lo hai fatto poco meno degli angeli, di onore e di gloria lo hai coronato, tutto hai messo sotto ai suoi piedi". Che cos'è un Papa? Che cosa siamo ciascuno di noi, che cerchiamo disperatamente di divenire i papi delle nostre famiglie, dei nostri uffici, dei nostri bar? Nulla, siamo "nulla più il peccato" diceva Santa Teresa d'Avila. E nessuno, neanche un Papa, sfugge a questa verità.

"Eppure" Benedetto XVI, proprio oggi è apparso, nella sua esile figura e nelle poche parole pronunciate, coronato di gloria e di onore; tutto, finanche il pontificato, vediamo oggi messo sotto i suoi piedi. È caduto sotto il peso della Croce, come Gesù, e ci ha dischiuso il cammino della libertà. Un uomo, infatti, è tanto più grande quanto più accoglie con amore la propria piccolezza e la consegna a Cristo. Oggi il Papa lo ha fatto, per amore nostro, spingendoci a guardare più in alto di lui, e di ciascuno di noi. Lo abbiamo riscoperto oggi contemplando il grave e difficile passo compiuto da Benedetto XVI, e non ci è sembrato mai così chiaro: nulla è più originalmente cristiano che «lasciare» tutto a Dio nella certezza che Lui fa bene ogni cosa; ora lo sappiamo, la potenza dell’amore si manifesta pienamente nella debolezza, soprattutto in quella di chi, umilmente, rassegna le dimissioni consegnando se stesso, la Chiesa e ogni uomo, all’unico Maestro, il Buon Pastore che ha dato la sua vita per le sue pecore.


Paparatzifan
00giovedì 14 febbraio 2013 15:49
Dal blog di Lella...

PAPA: DOMANDIAMOCI COSA CONTA DAVVERO NELLA NOSTRA VITA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 13 feb.

"Riflettere sulle tentazioni a cui e' sottoposto Gesu' nel deserto e' un invito per ciascuno di noi a rispondere ad una domanda fondamentale: che cosa conta davvero nella nostra vita?".
Lo ha sottolineato Papa Ratzinger nella catechesi all'Udienza Generale, aperta con una sua breve dicharazione sulla rinuncia al Pontificato annunciata lunedi' scorso ai cardinali.

© Copyright (AGI)

PAPA: NON SI PUO' PIU' ESSERE CRISTIANI SOLO PER NOSTRA CULTURA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 13 feb.

"Oggi non si puo' piu' essere cristiani come semplice conseguenza del fatto di vivere in una societa' che ha radici cristiane". Lo ha affermato Bendetto XVI nella catechesi all'Udienza Generale. "Anche chi nasce da una famiglia cristiana ed e' educato religiosamente deve ogni giorno - ha spiegato - rinnovare la scelta di essere cristiano, cioe' dare a Dio il primo posto, di fronte alle tentazioni che una cultura secolarizzata gli propone di continuo, di fronte al giudizio critico di molti contemporanei". Secondo il Pontefice dimissionario, "la tentazione di metter da parte la propria fede e' sempre presente e la conversione diventa una risposta a Dio che deve essere confermata piu' volte nella vita".

© Copyright (AGI)


PAPA: CONTROCORRENTE SU MATRIMONIO, ABORTO, EUTANASIA E EMBRIONI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 13 feb.

"Le prove a cui la societa' attuale sottopone il cristiano sono tante, e toccano la vita personale e sociale".
Lo ha sottolineato Benedetto XVI nella catechesi all'Udienza Generale di oggi, penultima del pontificato. "Non e' facile - ha elencato - essere fedeli al matrimonio cristiano, praticare la misericordia nella vita quotidiana, lasciare spazio alla preghiera e al silenzio interiore; non e' facile opporsi pubblicamente a scelte che molti considerano ovvie, quali l'aborto in caso di gravidanza indesiderata, l'eutanasia in caso di malattie gravi, o la selezione degli embrioni per prevenire malattie ereditarie".

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00giovedì 14 febbraio 2013 15:57
Dal blog di Lella...

“Il successore dovrà completare la purificazione della Chiesa”

Il sudafricano Fox Napier è tra i favoriti: sarà un conclave molto lungo

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

«Non credo che sarà un conclave rapido come quello del 2005. Chiunque verrà eletto, ha la strada indicata e cioè dovrà completare la purificazione della Chiesa avviata da Benedetto XVI. Nella Cappella Sistina, il senso dell’universalità prevale sulle logiche regionalistiche e sui blocchi geografici di appartenenza».

Il 71enne sudafricano Wilfried Fox Napier, porporato francescano, è in cima a tutte le lista dei papabili e i bookmaker inglesi scommettono che il «Papa nero» sarà lui (o il curiale ghanese Peter Turkson). Arcivescovo di Durban dal ’92, cardinale dal 2001, è stato nominato da Joseph Ratzinger presidente del Sinodo sull’Africa e membro di quattro dicasteri vaticani.

«Da questa profonda crisi possiamo uscirne con una forte rinascita spirituale, come avvenne ai tempi in cui San Francesco attuò la sua riforma morale». Appena sente l’ipotesi di una sua elezione ride e stempera la tensione con una battuta: «Comincerei come Benedetto ha terminato. Con la rinuncia». Poi il tono torna serio: «È già gravosa la responsabilità di partecipare al conclave, sull’esito non ha senso esprimersi. Sarà ciò che Dio vuole».

Come ha accolto la notizia-choc del Pontefice dimissionario?

«Non mi sarei mai aspettato di vivere una situazione del genere. L’ultimo periodo è stato difficile, turbolento. Mi ha sconvolto la decisione del Santo Padre di abbandonare prima di Pasqua e dell’Incontro mondiale della gioventù. È un gesto al contempo umile e alto, di eccezionale portata. È uno scenario che sfuggiva ad ogni possibile congettura. Non era previsto da nessuno e una scelta così forte e limpida testimonia come il bene della Chiesa costituisca l’unica preoccupazione di Joseph Ratzinger. Il sentimento della responsabilità lo ha sempre guidato nel suo servizio».

Perché ha lasciato, secondo lei?

«Benedetto XVI ha sempre dato contorni nitidi alla sua azione. Quando non è sentito più in grado di svolgere compiutamente la sua missione, ha scelto di lasciare nell’interesse della Chiesa, Corpo di Cristo. Va rispettato nella sua decisione e ringraziato per l’eroico coraggio con cui si è interamente dedicato alla nuova evangelizzazione. «Si è creata una situazione inedita, fuori da ogni parametro conosciuto. L’orientamento lo fornisce proprio l’impostazione ratzingeriana del pontificato: lasciare che Dio si esprima nelle nostre vite. E, secondo l’ispirazione del Concilio Vaticano II, disporsi ad accogliere i segni dei tempi».

C’è da attendersi il primo Papa extra-europeo della storia?

«Ciascuno porta in conclave la propria cultura, la specifica modalità dei popoli di vivere la fede in Cristo, la peculiare sensibilità del singolo gregge affidato a ogni pastore. Ma personalmente non valuto le candidature a seconda delle provenienza geografica. In un’elezione pontificia contano la qualità della persona e i suoi requisiti di potenziale leadership della Chiesa universale. È su un piano pastorale che si differenziano i profili, non sulla base della nazionalità».

Qual è l’identikit del futuro Papa?

«Non importa se sia europeo, sudamericano o asiatico. La caratteristica determinante è che abbia la saggezza e le energie per affrontare le sfide che attendono la Chiesa in ogni angolo del pianeta. Da africano, durante il viaggio apostolico in Benin, rimasi commosso nel sentire l’europeo Benedetto XVI definire l’Africa il polmone spirituale dell’umanità. Poi certo è un dato di fatto che il baricentro si sia spostato verso Sud, dove vive la maggioranza dei cattolici. Nei Paesi emergenti vi è un grande potenziale per la spiritualità. In Africa, America Latina, Asia non aspettiamo più che la salvezza arrivi dal Nord del mondo».

Gli scandali di Curia hanno indebolito il papato come istituzione?

«Nella sua millenaria storia la Chiesa ha affrontato periodi di devastanti lacerazioni ma ha sempre saputo riscattarsi e trarne slancio per la conversione e la correzione degli errori. La crisi è anche un momento di crescita, di cambiamento per il meglio. E’ stato così all’epoca di San Francesco e sarà così anche questa volta. Il successore di Benedetto XVI dovrà interrogarsi su cosa davvero serva al bene degli uomini. Le istituzioni ecclesiastiche devono essere un supporto all’azione evangelizzatrice, non un freno. Troppe volte si fornisce all’esterno un’immagine di contrapposizioni e carrierismi piuttosto che di servizio ai fedeli. Sul modello di Benedetto XVI, è il momento giusto per fare le scelte giuste»

Teme una crisi di fede?

«Le coscienze di molta gente è scossa dagli avvenimenti. Dio ci assista. Nessuno però ignora la dimensione spirituale della storica decisione assunta dal Pontefice. Dobbiamo accogliere il suo messaggio, continuare sul sentiero tracciato. La priorità è mettere Dio al centro della vita privata e pubblica come ci ha insegnato Benedetto. La gente e i giovani in particolare attendono dalla chiesa parole di verità. Un buon esempio è Youcat, il catechismo per ragazzi. Sulla sessualità e l’etica c’è una forte richiesta di senso. Serve dialogo nella verità. Ascolto e testimonianza».

A Roma parteciperà a incontri?

«All’ultimo conclave ho avuto contatti soprattutto con cardinali provenienti dai Paesi di lingua inglese. È stata un’esperienza indimenticabile, di armonia e condivisione. Stavolta credo che la fumata bianca non avverrà così rapidamente...
Ricevere il testimone da Benedetto XVI non sarà facile per nessuno. Chiunque verrà eletto dovrà predicare il Vangelo con la stessa coerenza, credibilità, sacrificio personale Sarà chiamato a conoscere l’umanità in un ruolo di guida come vicario di Cristo».

© Copyright La Stampa, 14 febbraio 2013

Paparatzifan
00giovedì 14 febbraio 2013 16:14

SAN PIETRO E DINTORNI

Marco Tosatti


14/02/2013

L'Era Wojtyla finisce adesso


Voglio condividere con voi una sensazione, che è venuta crescendo in questi giorni. E cioè che il 28 febbraio prossimo, alle ore 20, finisca non solo il pontificato di Benedetto XVI, al secolo Joseph Ratzinger, ma anche quello di Giovanni Paolo II. E ho l’impressione che l’uscita dall’epoca wojtyliana avverrà in maniera definitiva solo quando, verso la metà di marzo, dalla loggia della basilica di San Pietro i fedeli sentiranno le parole: “Nuntio vobis gaudium magnum…” con il nome del successore; di Benedetto, ma soprattutto di Giovanni Paolo II.

Credo che Joseph Ratzinger abbia mostrato un grande coraggio, quando nell’aprile di otto anni fa accettò di diventare Papa. Non era qualche cosa che desiderava, o voleva; da tempo questo uomo, il cui carisma principale certamente non è il governo, desiderava andare in pensione, ritirarsi a vivere con il fratello, studiare, e scrivere. L’hanno scelto; ha subito la decisione, non è scappato. Ma soprattutto ha dimostrato il suo coraggio nell’accettare di vivere un’eredità immensa, e pesante. Una parte del mantello di Giovanni Paolo II gli è stata messa indosso, suo malgrado: i viaggi, le piazze, gli incontri di folla, un presenzialismo mediatico che il pontefice polacco, estroverso, atletico, innamorato della vita e del mondo viveva come una seconda pelle. Un carico che lo ha stancato fisicamente e psicologicamente.

Un’altra parte dell’eredità se l’è trovata e ha dovuto gestirla: scandali, questioni irrisolte, lasciate tali da un pontefice che di governo si è sempre occupato poco (“Quando farà un viaggio in Curia” era la battuta che circolava in Vaticano su Giovanni Paolo II); che si è sempre fidato molto dei collaboratori; e che non sempre è stato ripagato in maniera adeguata alla sua fiducia. Benedetto XVI ha lavorato, in silenzio, per rimediare a una situazione che aveva stigmatizzato; ricordiamo la denuncia della “sporcizia nella Chiesa”. Ha allontanato, prima della scadenza naturale, decine di vescovi che non si erano mostrati all’altezza; ha studiato in profondità ogni dossier (le “ponenze”) che gli veniva presentato per la nomina di un nuovo vescovo; ha cercato di spingere verso la trasparenza un mondo per storia a tradizione poco amante della luce.

Ha cercato di convincere la Chiesa e il mondo che lui, Benedetto, era solo se stesso, con i suoi pregi e i suoi limiti; solo “lui”, non era un altro; ma dietro le spalle sempre aleggiava l’ombra gigantesca del suo predecessore, la sua memoria mediatica impressa nelle menti e nel cuore di oltre un miliardo di fedeli. Forse il suo lavoro più grande e difficile, completato e perfezionato dalla Grande Rinuncia che Giovanni Paolo II non ha mai voluto fare, è stato proprio questo: traghettare la Chiesa dall’era wojtyliana in un futuro diverso. E’ stato, forse il Papa volutamente meno appariscente dai tempi di Pio XII. E grazie al suo regno discreto, e alla sua ammissione di debolezza, ha liberato il prossimo pontefice dall’obbligo di essere un Superuomo.


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Paparatzifan
00giovedì 14 febbraio 2013 22:20
Da "La Stampa.it"...

14/02/2013 - REPORTAGE

“Grazie Santità” - L’emozione dei fedeli più forte della paura

Religiosi e semplici fedeli si sono messi in fila ieri pomeriggio per partecipare all’ultima celebrazione eucaristica di Papa Benedetto XVI a San Pietro

Applausi e cori all’udienza generale nell’Aula Paolo VI

MICHELE BRAMBILLA
CITTÀ DEL VATICANO

Sono le nove del mattino di un giorno unico nella storia: tra poco ci sarà il primo incontro con i fedeli di un Papa dimissionario. La gente fa la fila in piazza San Pietro; l’aula Paolo VI, dove si terrà la consueta udienza del mercoledì, si sta riempiendo. Si coglie qualcosa di difficile da tradurre in parole. Mando un sms a un amico: «È strano. C’è un clima di festa. È un altro mondo».

Poche parole per descrivere lo stupore del cronista immerso in una dimensione che sembra non avere una spiegazione umana. Il Papa - cosa inaudita - ha lasciato; la Chiesa è senza guida; il gregge è senza pastore; girano voci e sospetti terribili su scandali, complotti, ricatti. Qualsiasi Paese, se il proprio governo fosse caduto in una simile tempesta, sarebbe angosciato; qualsiasi partito politico penserebbe di essere arrivato alla fine. Invece qui si vedono solo volti sorridenti, si sentono canti, si vedono sventolare bandiere. Non sembra incoscienza: tutti sanno quello che è successo. E tutti sanno che quello che è successo è grave: lo dirà, tra un po’, il Papa stesso. Ma c’è come una serenità di fondo, una certezza superiore, una percezione che la realtà è, ultimamente, per il bene. Rimando l’sms di prima a un altro amico, questa volta un prete, per esprimere lo sbigottimento. Mi risponde così: «Questa è davvero la Chiesa».

È come se stando qua fosse messa a nudo, impietosamente, tutta la nostra incapacità di capire una realtà che non appartiene alle categorie della politica, dell’economia, della sociologia. Noi - intendendo «noi dei media» - pensiamo che tutto sia determinato, nel bene e nel male, dalle azioni degli uomini. Che ne sarebbe di un’istituzione politica scossa dallo scandalo della pedofilia, dal corvo, da Vatileaks? Ma il popolo che sta arrivando qui, questa mattina, da tutto il mondo, per ascoltare la catechesi di un Papa dimissionario, non crede che l’uomo sia il solo artefice del proprio destino. «Le opere buone non bastano a salvare la Chiesa, e il peccato non basta a farla affondare. C’è qualcosa che sta sopra di noi», mi dice una suora.

E i dubbi di fede? Lo sconcerto per un Papa che lascia sotto il peso della vecchiaia e delle divisioni? Non ci avevano detto che era assistito dallo Spirito Santo? Guardando le facce delle migliaia di persone che stanno aspettando l’apparire di un quasi ex Papa non pare proprio di cogliere i segni di simili tormenti. Anzi par quasi di avere in anticipo la serafica visione del sorriso con cui più tardi, in sala stampa, padre Lombardi risponderà sul tema: «Ma perché mai dovrebbero esserci dubbi di fede? Non è scritto da nessuna parte, né nel Vangelo né nel Credo, che un Papa debba morire Papa».

Gli universitari di Cl di Roma srotolano uno striscione: «Nihil amori Christi praeponere. Grazie Santità». Una donna slovacca gira per la sala tenendo alto un quadro della Madonna. Un’improvvisata banda si mette a suonare: sono austriaci, o forse tirolesi. Quante lingue diverse si parlano qui dentro, in questo momento? Dieci, venti, trenta? È però sorprendente come tutti sembrano intendersi in una sorta di Pentecoste. Alle 10.10 danno lettura dei gruppi presenti, si scopre un mondo del tutto ignorato dal mondo: le «Ancelle del Sacro Cuore», quelli de «La Señora de los milagros», i «Servi di» eccetera eccetera. Ogni tanto scoppia un applauso. C’è uno che grida «Viva il Papa». E poi i cori: «Benedetto-Benedetto». Sta arrivando? No, è solo l’impazienza.

Ma eccolo. Sono le 10.40. Cammina un po’ curvo, la voce pare tremante quando dà la benedizione in latino. Si siede. Leggono il Vangelo di Luca: Gesù nel deserto tentato da satana per quaranta giorni. Ma perché questo grande Papa si è dimesso? Alle 10.48 pronuncia quel «Cari fratelli e sorelle» cui ci aveva abituati, e che ci mancherà. «Come sapete...», prova ad attaccare così, ma è subito interrotto da un lunghissimo applauso. «... ho deciso di rinunciare al ministero che la Chiesa mi ha affidato il 19 aprile 2005», e aggiunge di essere «ben consapevole della gravità di questo atto». Che cosa starà provando adesso quest’uomo di 86 anni, gravato da una tale responsabilità? «Mi sostiene e mi illumina la certezza che la Chiesa è di Cristo, il quale non farà mai mancare la sua guida e la sua cura». È una cosa che ha sempre pensato. Quasi trent’anni fa, a Vittorio Messori che gli chiedeva se non era preoccupato per la crisi che già allora attanagliava la cristianità, il cardinal Ratzinger sorrise come oggi non sa e non può sorridere, ma rispose con lo stesso concetto: «E perché dovrei preoccuparmi? La Chiesa la salva Cristo».

Gli uomini le donne e i bambini che sono qui ad ascoltare la sua penultima catechesi del mercoledì non hanno i suoi studi ma la medesima certezza: è la fede dei semplici. «Ho sentito quasi fisicamente, in questi giorni per me non facili, la forza della vostra preghiera. Continuate a pregare per il mio successore...». Poi comincia il commento al Vangelo. Il deserto. Le tentazioni. La conversione. «La domanda fondamentale è: che cosa conta veramente nella mia vita?». Adesso sembra sereno. Lo abbracciano con un grande, interminabile applauso. Anche questo è strano: in quell’esile e vecchio uomo vestito di bianco che sembra incarnare una sconfitta, c’è chi scorge una speranza, il segno che la vita ha un senso. L’ultima parola che lui pronuncia, alle 11 e 4 minuti, è: «Grazie».


Paparatzifan
00giovedì 14 febbraio 2013 22:23
Dal blog di Lella...

PAPA: L'ALTERNATIVA E' TRA POTERE UMANO E AMORE DELLA CROCE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 13 feb.

"L'alternativa tra la chiusura nel nostro egoismo e l'apertura all'amore di Dio e degli altri, potremmo dire che corrisponde all'alternativa delle tentazioni di Gesu': alternativa, cioe', tra potere umano e amore della Croce". Benedetto XVI ha commentato cosi' l'episodio delle tentazioni subite da Gesu' nel deserto, parlanod agli ottomila fedeli presenti alla sua penultima Udienza Generale. "Convertirsi - ha spiegato - significa non chiudersi nella ricerca del proprio successo, del proprio prestigio, della propria posizione".

© Copyright (AGI)

PAPA: ANCHE OGGI DIO NON SI STANCA DI BUSSARE A PORTA DELL'UOMO =


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 13 feb.

"Il Signore non si stanca di bussare alla porta dell'uomo in contesti sociali e culturali che sembrano inghiottiti dalla secolarizzazione". Lo ha affermato Benedetto XVI all'Udienza Generale di oggi, ricordando che alle "grandi conversioni come quella di San Paolo sulla via di Damasco, o di Sant'Agostino", si aggiungono quelle "della nostra epoca di eclissi del senso del sacro, la grazia di Dio e' al lavoro e opera meraviglie nella vita di tante persone". Il Papa ha fatto tre esempi: il russo ortodosso Pavel Florenskij,Etty Hillesum, una giovane olandese di origine ebraica che morira' ad Auschwitz e la statunitense Dorothy Day che "nella sua autobiografia, confessa apertamente di essere caduta nella tentazione di risolvere tutto con la politica, aderendo alla proposta marxista.
"Il cammino verso la fede in un ambiente cosi' secolarizzato - ha commentato il Papa - era particolarmente difficile, ma la Grazia agisce lo stesso: Dio l'ha condotta ad una consapevole adesione alla Chiesa, in una vita dedicata ai diseredati".
"Nella nostra epoca - ha poi aggiunto - non sono poche le conversioni intese come il ritorno di chi, dopo un'educazione cristiana magari superficiale, si e' allontanato per anni dalla fede". "Convertirsi - ha quindi sottolineato Benedetto XVI nella sua penultima Udienza Generale - e' un invito che ascolteremo molte volte in Quaresima, significa seguire Gesu' in modo che il suo Vangelo sia guida concreta della vita; significa lasciare che Dio ci trasformi, smettere di pensare che siamo noi gli unici costruttori della nostra esistenza; significa riconoscere che siamo creature, che dipendiamo da Dio, dal suo amore, e soltanto perdendo la nostra vita in Lui possiamo guadagnarla". "Questo - ha concluso - esige di operare le nostre scelte alla luce della Parola di Dio".
Nella sua catechesi, Benedetto XVI ha quindi individuato "il nocciolo delle tre tentazioni che subisce Gesu'" nella "proposta di strumentalizzare Dio, di usarlo per i propri interessi, per la propria gloria e il proprio successo". "E dunque, in sostanza, di mettere se stessi al posto di Dio, rimuovendolo dalla propria esistenza e facendolo sembrare superfluo", ha scandito. "Ognuno - ha osservato - dovrebbe chiedersi allora: che posto ha Dio nella mia vita? E' Lui il Signore o sono io?".
Per Joseph Ratzinger, "superare la tentazione di sottomettere Dio a se' e ai propri interessi o di metterlo in un angolo e convertirsi al giusto ordine di priorita', dare a Dio il primo posto, e' un cammino che ogni cristiano deve percorrere".
"Gesu' va nel deserto - ha ricordato il Papa - e la' subisce la tentazione di lasciare la via indicata da Dio Padre per seguire altre strade piu' facili e mondane".
"Il deserto, dove Gesu' si ritira -ha poi spiegato - e' il luogo del silenzio, della poverta', dove l'uomo e' privato degli appoggi materiali e si trova di fronte alle domande fondamentali dell'esistenza, e' spinto ad andare all'essenziale e proprio per questo gli e' piu' facile incontrare Dio. Ma il deserto e' anche il luogo della morte, perche' dove non c'e' acqua non c'e' neppure vita, ed e' il luogo della solitudine, in cui l'uomo sente piu' intensa la tentazione".
Quindi il Papa ha brevemente riassunto il racconto evangelico. "Nella prima tentazione - ha sintetizzato - il diavolo propone a Gesu' di cambiare una pietra in pane per spegnere la fame. Gesu' ribatte che l'uomo vive anche di pane, ma non di solo pane: senza una risposta alla fame di verita', alla fame di Dio, l'uomo non si puo' salvare".
"Nella seconda - sono state ancora le parole dell'85ene Joseph Ratzinger - il diavolo propone a Gesu' la via del potere: lo conduce in alto e gli offre il dominio del mondo; ma non e' questa la strada di Dio: Gesu' ha ben chiaro che non e' il potere mondano che salva il mondo, ma il potere della croce, dell'umilta', dell'amore".
"Nella terza - ha concluso il Pontefice dimissionario - il diavolo propone a Gesu' di gettarsi dal pinnacolo del Tempio di Gerusalemme e farsi salvare da Dio mediante i suoi angeli, di compiere cioe' qualcosa di sensazionale per mettere alla prova Dio stesso; ma la risposta e' che Dio non e' un oggetto a cui imporre le nostre condizioni: e' il Signore di tutto".

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00giovedì 14 febbraio 2013 22:24
Dal blog di Lella...

PAPA: L'ALTERNATIVA E' TRA POTERE UMANO E AMORE DELLA CROCE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 13 feb.

"L'alternativa tra la chiusura nel nostro egoismo e l'apertura all'amore di Dio e degli altri, potremmo dire che corrisponde all'alternativa delle tentazioni di Gesu': alternativa, cioe', tra potere umano e amore della Croce". Benedetto XVI ha commentato cosi' l'episodio delle tentazioni subite da Gesu' nel deserto, parlanod agli ottomila fedeli presenti alla sua penultima Udienza Generale. "Convertirsi - ha spiegato - significa non chiudersi nella ricerca del proprio successo, del proprio prestigio, della propria posizione".

© Copyright (AGI)

PAPA: ANCHE OGGI DIO NON SI STANCA DI BUSSARE A PORTA DELL'UOMO =


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 13 feb.

"Il Signore non si stanca di bussare alla porta dell'uomo in contesti sociali e culturali che sembrano inghiottiti dalla secolarizzazione". Lo ha affermato Benedetto XVI all'Udienza Generale di oggi, ricordando che alle "grandi conversioni come quella di San Paolo sulla via di Damasco, o di Sant'Agostino", si aggiungono quelle "della nostra epoca di eclissi del senso del sacro, la grazia di Dio e' al lavoro e opera meraviglie nella vita di tante persone". Il Papa ha fatto tre esempi: il russo ortodosso Pavel Florenskij,Etty Hillesum, una giovane olandese di origine ebraica che morira' ad Auschwitz e la statunitense Dorothy Day che "nella sua autobiografia, confessa apertamente di essere caduta nella tentazione di risolvere tutto con la politica, aderendo alla proposta marxista.
"Il cammino verso la fede in un ambiente cosi' secolarizzato - ha commentato il Papa - era particolarmente difficile, ma la Grazia agisce lo stesso: Dio l'ha condotta ad una consapevole adesione alla Chiesa, in una vita dedicata ai diseredati".
"Nella nostra epoca - ha poi aggiunto - non sono poche le conversioni intese come il ritorno di chi, dopo un'educazione cristiana magari superficiale, si e' allontanato per anni dalla fede". "Convertirsi - ha quindi sottolineato Benedetto XVI nella sua penultima Udienza Generale - e' un invito che ascolteremo molte volte in Quaresima, significa seguire Gesu' in modo che il suo Vangelo sia guida concreta della vita; significa lasciare che Dio ci trasformi, smettere di pensare che siamo noi gli unici costruttori della nostra esistenza; significa riconoscere che siamo creature, che dipendiamo da Dio, dal suo amore, e soltanto perdendo la nostra vita in Lui possiamo guadagnarla". "Questo - ha concluso - esige di operare le nostre scelte alla luce della Parola di Dio".
Nella sua catechesi, Benedetto XVI ha quindi individuato "il nocciolo delle tre tentazioni che subisce Gesu'" nella "proposta di strumentalizzare Dio, di usarlo per i propri interessi, per la propria gloria e il proprio successo". "E dunque, in sostanza, di mettere se stessi al posto di Dio, rimuovendolo dalla propria esistenza e facendolo sembrare superfluo", ha scandito. "Ognuno - ha osservato - dovrebbe chiedersi allora: che posto ha Dio nella mia vita? E' Lui il Signore o sono io?".
Per Joseph Ratzinger, "superare la tentazione di sottomettere Dio a se' e ai propri interessi o di metterlo in un angolo e convertirsi al giusto ordine di priorita', dare a Dio il primo posto, e' un cammino che ogni cristiano deve percorrere".
"Gesu' va nel deserto - ha ricordato il Papa - e la' subisce la tentazione di lasciare la via indicata da Dio Padre per seguire altre strade piu' facili e mondane".
"Il deserto, dove Gesu' si ritira -ha poi spiegato - e' il luogo del silenzio, della poverta', dove l'uomo e' privato degli appoggi materiali e si trova di fronte alle domande fondamentali dell'esistenza, e' spinto ad andare all'essenziale e proprio per questo gli e' piu' facile incontrare Dio. Ma il deserto e' anche il luogo della morte, perche' dove non c'e' acqua non c'e' neppure vita, ed e' il luogo della solitudine, in cui l'uomo sente piu' intensa la tentazione".
Quindi il Papa ha brevemente riassunto il racconto evangelico. "Nella prima tentazione - ha sintetizzato - il diavolo propone a Gesu' di cambiare una pietra in pane per spegnere la fame. Gesu' ribatte che l'uomo vive anche di pane, ma non di solo pane: senza una risposta alla fame di verita', alla fame di Dio, l'uomo non si puo' salvare".
"Nella seconda - sono state ancora le parole dell'85ene Joseph Ratzinger - il diavolo propone a Gesu' la via del potere: lo conduce in alto e gli offre il dominio del mondo; ma non e' questa la strada di Dio: Gesu' ha ben chiaro che non e' il potere mondano che salva il mondo, ma il potere della croce, dell'umilta', dell'amore".
"Nella terza - ha concluso il Pontefice dimissionario - il diavolo propone a Gesu' di gettarsi dal pinnacolo del Tempio di Gerusalemme e farsi salvare da Dio mediante i suoi angeli, di compiere cioe' qualcosa di sensazionale per mettere alla prova Dio stesso; ma la risposta e' che Dio non e' un oggetto a cui imporre le nostre condizioni: e' il Signore di tutto".

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00giovedì 14 febbraio 2013 22:28
Dal "Corriere.it"...

DOPO LE DIMISSIONI

«Vicino a voi, anche se nascosto al mondo»

Il Papa incontra i parroci di Roma: «Continuerò a pregare per voi». Ovazioni, commozione e lunghissimo applauso

ROMA - «Sono grato della vostra preghiera. Anche se mi ritiro continuerò a pregare per voi e continuerò ad esservi vicino. E sono sicuro che voi lo sarete, anche se per il mondo rimango nascosto». Così Benedetto XVI si è rivolto giovedì mattina ai parroci di Roma arrivati nella basilica di San Pietro prima e nell'Aula Paolo VI poi. Quello di giovedì è stato l'ultimo incontro di Papa Ratzinger con i sacerdoti della Capitale. «Speriamo che il Signore ci aiuti: io, ritirato con la mia preghiera, sarò sempre con voi. E andiamo avanti con il Signore nella certezza che vince il Signore». Con questa frase, Benedetto XVI ha concluso il suo discorso pronunciato a braccio e durato circa un'ora al clero romano. E un lunghissimo e commosso applauso lo ha salutato.

«VIVA IL PAPA!» - Al suo arrivo alla Sala Nervi, il Papa è stato accolto dal cardinale vicario di Roma Agostino Vallini, che ha scambiato con lui alcune parole di saluto e lo ha accompagnato fino all'ingresso dell'Aula. I sacerdoti l'hanno quindi salutato con una standing ovation, mentre un canto liturgico risuonava nell'aula. Molti di loro commossi e con il volto rigato dalle lacrime. Al termine, il grido collettivo «Viva il Papa!».

IL SALUTO DI VALLINI - «Padre santo - ha detto nel suo saluto il card. Vallini, anch'egli con voce rotta dalla commozione -, nel corso di questi anni lei ci ha sempre chiesto di accompagnarla con la preghiera e in questi giorni difficili la richiesta è diventata più pressante». A nome dei sacerdoti di Roma, ha aggiunto il vicario, «che al Papa vogliono davvero bene che ci impegniamo a pregare ancora di più per lei». E ha aggiunto: «Al suo dolce e forte esempio di vita rimarremo legati per sempre». «Non le nascondiamo che nel nostro animo si mescolano insieme molti sentimenti: tristezza e rispetto, ammirazione e rimpianto, affetto e fierezza. In tutto ciò adoriamo la volontà di Dio ed accogliamo dalla sua amata persona l'insegnamento di come si ama e si serve Cristo e la Chiesa».

LA «LEZIONE» - Ai sacerdoti romani, Benedetto XVI ha tenuto una lunga lezione sulla storia del Concilio Vaticano II e ha parlato della speranza e delle grandi attese suscitate nella Chiesa. Il Papa ha ricostruito in maniera dettagliata il Concilio, dalla genesi dei dibattiti e alle discussioni conciliari. «Lavorare perchè il vero Concilio, con la forza dello Spirito Santo, agisca e sia rinnovata la Chiesa». Così ha concluso il Papa. «Speriamo che questo Concilio vinca», ha auspicato il Papa, che nella parte finale del suo discorso si è soffermato sul confronto tra quello che è stato il Concilio Vaticano II «reale» e il «Concilio virtuale» che è stato raccontato dai media: «Il Concilio dei media, accessibile a tutti, ha creato tante calamità e miserie». «Il Concilio virtuale - ha aggiunto - è stato più forte di quello reale» che rappresentava «il vero rinnovamento della fede».

GALILEI - «Il rapporto della Chiesa con la modernità era iniziato nel modo sbagliato con il caso Galilei, speravamo di correggere questo inizio» e di costruire un rapporto diverso con la modernità. All'epoca, ha detto Ratzinger, «si sentiva piuttosto che la Chiesa era una realtà del passato e non una realtà portatrice del futuro noi speravamo invece che la Chiesa avesse più forza per il domani». «Ora dopo 50 anni» appare «con tutta la sua forza spirituale». Papa Benedetto esorta i pastori: «Lavoriamo perché si realizzi il Concilio Vaticano II e si rinnovi la Chiesa».
IL FUTURO - Del suo futuro Benedetto XVI non ha però parlato. È stato poco dopo padre Federico Lombardi, portavoce vaticano, in conferenza stampa a dire che sia a Castelgandolfo, sia nel monastero di clausura in Vaticano, Ratzinger sarà «accompagnato da monsignor Georg Gaenswein (suo segretario, ndr) e dalle "memores", cioè dalle laiche consacrate che lo assistono nell'appartamento pontificio». Lombardi ha spiegato che monsignor Georg resta vicino al Papa e rimane comunque Prefetto della Casa pontificia: «Il nucleo fondamentale della famiglia pontificia accompagna il Papa in questa fase». La sicurezza di Joseph Ratzinger continuerà ad essere assicurata dalle autorità di sicurezza vaticane.

Redazione Roma Online
14 febbraio 2013 | 21:11


Paparatzifan
00giovedì 14 febbraio 2013 22:32
Da "La bussola quotidiana"...

Le dimissioni e la riduzione modernista

di Stefano Fontana
14-02-2013

Nel frastuono di queste ore, dopo che il sistema comunicativo mondiale si è messo a centrifugare la notizia delle “dimissioni” di Benedetto XVI, credo ci sia la necessità di contrastare fin da subito – ma credo che la lotta durerà a lungo – l’interpretazione modernista di questo atto. Ne abbiamo avuto insigni esempi fin dai primi minuti e basta leggere i giornali di martedì 12 febbraio, ossia quelli della prima ora, per rendersi conto delle energie e delle truppe che questa interpretazione modernista intende mettere in campo.

Naturalmente, anche questa volta, l’interpretazione modernista più pericolosa è quella che nasce dentro la Chiesa, piuttosto che quella proveniente dal mondo laico. L’idea modernista è che con questo atto qualcosa è cambiato nella natura della Chiesa e nella natura del papato. Se il papato diventa una “carica a tempo”, se le forze fisiche e umane sono un criterio per misurare un Papa, se il Pontefice si comporta come una persona “normale” (Gian Enrico Rusconi su La Stampa) è evidente, afferma l’interpretazione modernista, che “cambia radicalmente lo status del pontificato romano” (Ezio Mauro su Repubblica). Ratzinger avrebbe quindi “desacralizzato” e “laicizzato” la funzione pontificale.

La modernità ha fatto della “debolezza” la propria caratteristica e nel Papa che considera tutta la propria debolezza l’uomo ha prevalso sul Pontefice. E’ così che l’interpretazione modernista legge i riferimenti alla “umanità” del gesto di Benedetto XVI. Quante volte abbiamo letto e sentito in queste ore nelle interviste televisive fatte all’uomo della strada un diffuso compiacimento perché il Papa ha riconosciuto di essere un uomo come tutti noi. Torna il grande tema della Chiesa che si fa mondo, della religione che si fa umanesimo: una delle più classiche vulgate della interpretazione conciliarista del Vaticano II.

Anche il Papa si fa compagno di viaggio e scende dal soglio. E infatti non sono pochi i tentativi di collegare la scelta di Ratzinger con l’interpretazione modernista del Concilio. Il Papa che fino a ieri era colpevole di aver tradito il Concilio ora viene esaltato come il realizzatore pieno del Vaticano II. Compresa la questione della collegialità episcopale: perfino questo è stato tirato fuori.
Domenico Rosati, per esempio, su L’Unità sostiene che c’è stato come un abbassamento del papato al livello dell’episcopato e le dimissioni di Ratzinger hanno fatto sentire in tutta la sua forza l’esigenza di un Sinodo permanente che si accosti al Papa nel governo della Chiesa.

Raniero La Valle, che non poteva mancare, ha detto che il gesto di Benedetto XVI “ha rimesso il Papa all’interno del collegio dei Vescovi, all’interno della Chiesa”. E’ perfino tornata in pista l’idea di un Vaticano III o, quantomeno, di Concili tematici come aveva proposto il cardinale Martini. Non solo la collegialità, ma anche l’ecumenismo è stato tirato in ballo.

Questo depotenziamento del primato di Pietro - è stato detto – non può che aiutare nei rapporti con i fratelli separati e riavvicina la Chiesa cattolica alle “Chiese sorelle”. Il cavallo di battaglia del modernismo è però, come si sa, lo storicismo, ossia il culto del nuovo. Le parole “rivoluzionario” e “inaudito” hanno avuto un gran mercato in queste ore.
Le dimissioni del Papa sono state apprezzate dalla corrente modernista prima di tutto per questo, perché sarebbero un fatto nuovo e inaudito, una novità capace di inaugurare un volto nuovo di Chiesa, un evento, insomma, che solo per il fatto di accadere diventa testo a se stesso. Sarebbe un nuovo incipit, da cui non si potrà più tornare indietro e che avrebbe influito già sull’imminente prossimo conclave, imponendo la scelta di un Papa giovane.

L’interpretazione modernista dilagante in queste ore è sbagliata. E’ sbagliata in due sensi: prima di tutto perché contraddetta da tutto Ratzinger, dal suo pensiero come teologo e dal suo insegnamento come Pontefice, secondariamente perché è contraddetta dalla dottrina della Chiesa. La natura della Chiesa e del Papato non sono cambiati e nessuna tesi conciliarista può insidiare il primato di Pietro finché Pietro è Pietro, anche se costui decide in coscienza e davanti a Dio, come previsto dal Codice di diritto canonico, di rinunciare al suo potere di giurisdizione.

La “desacralizzazione” del papato può essere frutto di una interpretazione modernista della scelta di Benedetto XVI, ma non di quella scelta. Non è vero che la modernità ha scelto la debolezza e l’umiltà, come avrebbe fatto il Papa in questo frangente. La modernità ha scelto l’onnipotenza e la libertà assoluta, cose molto diverse dal primato di Dio ribadito da Benedetto XVI.

La collegialità episcopale, secondo i lavori teologici di Ratzinger e il suo insegnamento da Pontefice, vanno intesi in senso verticale e non orizzontale e quindi hanno bisogno del Papa al di sopra di tale collegialità, come condizione per la stessa. Sarebbe proprio curioso che questo teologo-Papa volesse dare ora a questa sua scelta un significato opposto a quanto ha insegnato fino al giorno prima.

La novità delle dimissioni è senz’altro una novità, dato che non era quasi mai accaduto prima. Ma bisogna chiedersi se questa novità intacca la Tradizione della Chiesa. La risposta è no. Le dimissioni non cancellano otto anni di pontificato, in continuità con i pontificati precedenti, i cui insegnamenti e le cui indicazioni costituiscono la base per il nuovo Pontefice di prossimo arrivo. Il pericolo che Benedetto XVI sia visto solo come il “Papa della dimissioni” c’è e il modernismo ci si spenderà.

Ma i suoi insegnamenti rimarranno come una stella nel firmamento, come ha detto il cardinale Sodano. Credo che prossimamente si scatenerà una potente lotta tra questa tesi modernista delle dimissioni di Benedetto XVI e l’interpretazione fatta alla luce della Dottrina e della Tradizione della Chiesa.
Sono convinto che egli l’abbia previsto e che nel suo cuore di Pontefice ne abbia valutato il peso. A questa sua decisione mi inchino.
Nello stesso tempo ritengo importante non farsi sommergere dalla retorica del “gesto coraggioso” e di impegnarci a difendere, per quanto sta in noi, Benedetto XVI e i suoi insegnamenti dalla interpretazione modernista.


Paparatzifan
00giovedì 14 febbraio 2013 22:39
Da "Vatican Insider"...

14/02/2013

Il giallo del Papa emerito

"La vera incognita sarà il profilo giuridico di Joseph Ratzinger dopo le dimissioni" afferma a Vatican Insider il professor Francesco Clementi

GIACOMO GALEAZZI
CITTÀ DEL VATICANO


Il costituzionalista Francesco Clementi. Docente di diritto pubblico comparato all’università di Perugia, esperto di questioni relativi al mondo ecclesiastico e firma della rivista «Il Mulino», ha dedicato alla Santa Sede numerosi saggi.

Professore, la situazione di "sede vacante" come incide sugli assetti di potere in Curia?

"L'operatività delle dimissioni, a partire dalle ore successive alle 20 del 28 febbraio, apre di fatto istantaneamente la fase della Sede apostolica vacante. Questa si caratterizza per le dimissioni automatiche di tutte le cariche, eccezion fatta per coloro che sono competenti per il disbrigo degli affari ordinari o di quelli indilazionabili e per la preparazione di quanto è necessario all'elezione del nuovo Pontefice?, ossia il cardinale Camerlengo di Santa Romana Chiesa e il Penitenziere Maggiore e coloro che rappresentano dal punto di vista ecclesiale ovviamente la Diocesi di Roma e la Città del Vaticano, cioè il Cardinale Vicario Generale per la diocesi di Roma, il Cardinale Arciprete della Basilica Vaticana e il Vicario Generale per la Città del Vaticano. In questo senso, insomma, dal 28 febbraio la Curia sostanzialmente si ferma e tutto viene congelato in attesa dell'esito del nuovo Conclave".

Quale profilo giuridico avrà Joseph Ratzinger dopo le dimissioni?

"E'una dilemma molto interessante, proprio perché, dopo sette secoli, le dimissioni di un Romano Pontefice si pongono sul quel crinale di frontiera nel quale il diritto sfiora i principi ultimi di una plurimillenaria religione, le ragioni della sua storia e le prospettive del suo futuro. Dunque, invidio chi nutre certezze granitiche su questo punto. Di sicuro però si può dire una cosa, ossia che si potrà applicare l'istituto giuridico dell'emeritato, che è ben noto nel diritto canonico. Tuttavia, se si muove da un ragionamento logico le dimissioni da una carica elettiva tale è comunque la figura del Pontefice- determinano la perdita del titolo (oltre che lo status), sicché Benedetto XVI, se fino al 28 febbraio sarà un Papa dimissionario, dal 1 marzo potrà essere considerato a buon diritto quel che è da tanti anni, ossia un vescovo della Chiesa cattolica, al quale naturalmente non potrà non essere attribuito l'emeritato".

Non può esserci un Papa emerito?

"Ritengo che sia del tutto errata quella condizione giuridica, che sto sentendo in questi giorni da parte di alcuni, di Pontefice emerito, perché, se dal punto di vista giuridico è dichiarato decaduto in ragione di un nuovo Conclave, posto in essere peraltro sulla base di dimissioni volontarie, non c?è ragione religiosa -che pure arrivo a capire- che possa ritenere corretto però il mantenimento dello status, oltre che del titolo".Mi rendo conto che separare la funzione giuridica da quella spirituale è un esercizio difficile, e tuttavia sono le stesse libere e volontarie dimissioni del Pontefice attualmente in carica che imponongo questa lettura, a mio avviso"

I cardinali europei sono maggioranza in conclave. Quanti voti servono per eleggere il Pontefice?

"La procedura del Conclave, dettagliata dalla costituzione apostolica Universi Dominici Gregis del 1996, per la prima volta in questo caso vedrà la messa in opera della riforma del sistema di votazione voluto dallo stesso Benedetto XVI con il motu proprio "De Aliquibus Mutationibus in Normis de Electione Romani Pontificis" del 26 giugno 2007. Si prevede quindi che l'elezione, per esser valida, debba avvenire sempre a maggioranza dei 2/3 dei cardinali elettori; al punto tale che, anche di fronte ad un ballottaggio tra i due più votati, che è obbligatorio dopo le prime 21 votazioni e che esclude dalla votazione i due cardinali in corsa, il vincolo dell'elezione a 2/3 è previsto lo stesso. Questo è un fatto voluto espressamente da Benedetto XVI per garantire all'eletto la più larga rappresentatività. Sarà quindi molto interessante capire gli effetti che questo vincolo produrrà all'interno delle geometrie interne ai vari schieramenti nel Conclave".


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