Notizie dal B16F

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Paparatzifan
00giovedì 14 febbraio 2013 22:55
Dal blog di Lella...

In omaggio al Papa della mitezza

(di Rossella Meneghini)

Penso che Benedetto XVI non sia altro che la continuazione meno mediatica, ma più intimamente religiosa di G.P. II costretto, proprio dalla sua esposizione mediatica, a vivere la sua intima religiosità e decadenza fisica, sotto i riflettori. Un G.P. II che ha potuto rimanere pubblicamente sulla Croce perché sotto la stessa c’era il suo Giovanni, c’ era sua Madre, c’erano le pie donne, che l’allora Cardinale Ratzinger riuniva in sé stesso. Non solo, ma essendo uomo di grande cultura, dalla quale ha tratto la vera Sapienza e la vera Saggezza, é sempre stato mite e umile di cuore. Quando, come Benedetto XVI, in quel non troppo lontano 19 aprile 2005, si é trovato ai piedi del Calvario, era già desolatamente solo, schiacciato dal peso del carisma, che aveva contribuito ad affermare, del suo predecessore. E a rendere più gravoso il peso, si deve caricare, come ogni successore di Pietro, della Croce di dover traghettare una Chiesa che in più, già sapeva, era ormai diventata il Sinedrio del terzo millennio. Un Sinedrio che, come duemila anni fa, per le sue beghe interne, non gli ha risparmiato flagelli, spine, calci, sassi e lanci di oggetti vari, zittendo così il kerigma che con umile caparbietà e sicura convinzione, ha proclamato. Sospinto da questa canea, arrivato sul Golgota di tutte le miserie umane, si é disteso sulla Croce del Sinedrio romano e si é lasciato crocifiggere come l’ultimo degli schiavi. Uno schiavo però, che ha agito da uomo libero, nella libertà del respiro di Dio. Sente che la forza fisica, giorno dopo giorno sta scemando e che la debolezza che ne deriva, invade ogni fibra della sua anima già affranta, ma sempre serena. E serenamente sceglie di essere Padre fino in fondo, rimanendo su quella Croce in modo diverso: in silenzio e in solitudine. Un silenzio e una solitudine, rotti solo dalla preghiera di tutto il suo essere proteso nell’imitazione del suo Cristo. Ma da quella silenziosa e solitaria crocifissione non risuonerà il grande grido: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” E’ già risuonato nel suo cuore di figlio, divenuto Padre lungo il doloroso Calvario. Dalle sue labbra é uscito solo un lamento e a quel lamento, il Cielo é rimasto muto e dalla Terra sono emerse laceranti grida: un groviglio di benedizioni, poche, e di contumelie, troppe, contro la mitezza piegata e piagata, ma non spezzata, che si trascinava sotto la Croce, E trascinandosi chiedeva perdono per quelli che, purtroppo, sapevano quello che facevano. Ora quella silenziosa e solitaria sofferenza, scelta liberamente e liberamente abbandonata nelle braccia amorose del suo Dio, sarà il perenne Offertorio affinché Dio usi misericordia al suo popolo e alla sua Chiesa. Santo Padre, Padre in eterno, lascia che le umili preghiere di tutti quei figli che ti amano, avvolgano la tua solitudine e come dolce musica, siano balsamo e carezza al tuo grande e mite cuore.

14 febbraio 2013 16:04


Paparatzifan
00giovedì 14 febbraio 2013 23:00
Dal blog di Lella...

CARD. HERRANZ, SOLO A LUI IL RAPPORTO SU VATILEAKS

"E' una questione di cui abbiamo riferito al Papa esclusivamente. Certo si è parlato anche di questa ipotesi dietro alle dimissioni del Papa, ma io credo che bisogna rispettare la coscienza delle persone". Così il cardinale Julian Herranz, membro della commissione sul Vatileaks, ha commentato a Radio24, le notizie diffuse da Panorama, secondo cui il pontefice decise di dimettersi il 17 dicembre dopo aver ricevuto la seconda parte del rapporto. "La coscienza delle persone - ha chiarito Herranz - è il posto sacro di ogni uomo, sono decisioni che si prendono nel profondo della coscienza e come tali vanno rispettate". Quanto alla denuncia del papa sul volto della chiesa deturpato, Herranz. ha commentato: "Certo le divisioni ci sono e ci sono sempre state, così come le violente contrapposizioni di linee ideologiche, non sono cose nuove, però hanno un peso si". Per Herranz, infine, il nuovo pontefice dovrà porsi nel solco dei predecessori, far conoscere e amare Cristo, evangelizzare. "Le caratteristiche della persona, come l'appartenenza geografica, la conoscenza delle lingue, l'età, saranno valutate, ma non saranno decisive nella scelta dei cardinali". (Ansa)


Paparatzifan
00giovedì 14 febbraio 2013 23:03
Dal blog di Lella...

'Vicino con preghiera ma nascosto al mondo'

Commozione, lacrime e standing ovation per Benedetto XVI al suo ingresso nell'aula Paolo VI all'incontro con i sacerdoti romani

ROMA - Un grande applauso dei sacerdoti della diocesi ha accolto Benedetto XVI al suo ingresso nell'Aula Paolo VI per l'incontro col clero romano, l'ultimo del pontificato. "Grazie a voi, grazie per il vostro affetto, per il grandissimo amore per il Papa". Così Benedetto XVI si è rivolto ai sacerdoti di Roma che lo applaudivano nell'Aula Paolo VI. Molti sacerdoti romani nell'Aula Paolo VI mostrano visi commossi, anche rigati dalle lacrime, mentre il cardinale vicario Agostino Vallini pronuncia l'indirizzo di saluto al Papa, nell'ultimo incontro di Benedetto XVI col clero della diocesi.

PONTEFICE: "Anche se mi ritiro adesso sono sempre vicino in preghiera a tutti voi e voi sarete vicini a me anche se rimango nascosto per il mondo"."Speriamo che il Signore ci aiuti: io, ritirato con la mia preghiera, sarò sempre con voi. E andiamo avanti con il Signore nella certezza che vince il Signore". Con questa frase, Benedetto XVI ha concluso il suo discorso al clero romano.

A C.GANDOLFO E MONASTERO ACCOMPAGNATO DA GEORG
Padre santo - ha detto nel suo saluto il card. Vallini, anch'egli con voce rotta dalla commozione -, nel corso di questi anni lei ci ha sempre chiesto di accompagnarla con la preghiera e in questi giorni difficili la richiesta è diventata più pressante". A nome dei sacerdoti di Roma, ha aggiunto il vicario, "che al Papa vogliono davvero bene che ci impegniamo a pregare ancora di più per lei"Benedetto XVI, sia nel suo soggiorno a Castel Gandolfo che nel passaggio poi al monastero in vaticano, sarà accompagnato sia da mons. Georg Gaenswein, che rimane prefetto della Casa Pontificia, sia dalle 'memores' che si occupano della sua vita quotidiana. Lo ha riferito padre Federico Lombardi.

P.LOMBARDI, SICUREZZA SARA' COMPITO AUTORITA' VATICANO La sicurezza di Joseph Ratzinger a partire dalla sede vacante continuerà ad essere assicurata dalle autorità di sicurezza vaticane. Lo ha detto padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede.

NO SIGILLI A CASTEL GANDOLFO Il fatto che i sigilli non saranno apposti a Castel Gandolfo, come accadrà invece per l'appartamento pontificio in Vaticano una volta uscito il papa, é dovuto al fatto che nella residenza estiva "non vengono conservati documenti di particolare rilevanza". Lo ha dichiarato Padre Lombardi nel corso della conferenza stampa di questa mattina.

CONCLAVE 15-20 GIORNI DOPO SEDE VACANTE La Costituzione vaticana prevede che il conclave si tenga 15-20 giorni dalla data della sede vacante. Lo ha confermato Padre Lombardi nel corso della conferenza stampa di questa mattina.

CARD.VALLINI,CLERO ROMANO LE RIMARRA' LEGATO PER SEMPRE "Al suo dolce e forte esempio di vita rimarremo legati per sempre". Così il cardinale vicario Agostino Vallini si è rivolto al Papa all' inizio dell'incontro con il clero romano. "Non le nascondiamo - ha aggiunto - che nel nostro animo si mescolano insieme molti sentimenti: tristezza e rispetto, ammirazione e rimpianto, affetto e fierezza. In tutto ciò adoriamo la volontà di Dio ed accogliamo dalla sua amata persona l'insegnamento di come si ama e si serve Cristo e la Chiesa. "La tradizione che vede il clero di Roma riunirsi intorno al suo vescovo all'inizio della Quaresima è stata sempre considerata un dono grande per il nostro cammino spirituale e per i frutti pastorali del nostro ministero", ha detto il card. Vallini introducendo l'incontro, dedicato ai ricordi di Ratzinger sul Concilio Vaticano II. "Ma l'incontro di oggi - come è facile comprendere - assume un significato ed un valore del tutto particolari per quanto ella, vicario di Cristo, vorrà consegnarci e invitarci a custodire come 'perla preziosa' per noi e per la Chiesa", ha aggiunto il vicario di Roma.

CARD. MONTEZEMOLO, SERVE UN PAPA GIOVANE PER AGGIORNARE CHIESA E AFFRONTARE TANTI PROBLEMI APERTI - Con le inaspettate e dirompenti dimissioni di Benedetto XVI il tempo dell'aggiornamento per la Chiesa cattolica ora non è più eludibile, un impegno per cui serve un "papa giovane". E' questa la prospettiva che si va delineando dopo l'atto "di grande fede e di grande coraggio", secondo il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, arciprete emerito della basilica di San Paolo Fuori Le Mura ed ecclesiastico di lungo corso nella curia romana, che assicura la "collaborazione di tutto il collegio dei cardinali" in questo momento "intenso e particolare" per la vita della Chiesa per assicurare "la continuità". "Come cardinali - spiega Montezemolo che era presente lunedì scorso al concistoro durante il quale Benedetto XVI ha fatto il suo annuncio-shock - stiamo vivendo un momento molto particolare, intenso e sentiamo una forte ammirazione verso un Papa che ha avuto grande coraggio e anche, direi, grande fede. Il suo gesto - continua - dimostra la grandezza della persona e se la reazione della Chiesa è stata inizialmente di grande emozione a questa è immediatamente seguita un'ammirazione profonda a cui ora farà seguito la collaborazione di tutti noi per dare, con l'aiuto dello spirito santo, continuità alla Chiesa". "E' difficile - osserva poi l'anziano porporato che con i suoi 88 anni non parteciperà al prossimo conclave - dire quali siano ora le prospettive per la Chiesa. Certamente ci sono tanti problemi aperti, Papa Benedetto che li conosceva molto bene ha messo tante cose in movimento, il nuovo papa vedrà anche secondo i suoi criteri. Sicuramente - sottolinea - ci sono tante cose da cambiare, da riformare e da migliorar, i problemi aperti sono senza dubbio soprattutto nel senso di un aggiornamento della Chiesa nel suo interno e nelle sue strutture, problemi che hanno a che vedere con la necessità che la Chiesa sia più inserita nel tempo attuale". Alla messa delle ceneri il Papa ha usato parole forti spiegando che le divisioni deturpano il volto della Chiesa. "Non c'é dubbio - commenta Montezemolo - però io non vedo come alcuni vedono il fatto che il Papa rinunci al pontificato per questo eccesso di problematica a cui non si sente di fare fronte, questo non lo credo. Il Papa in diversi momenti ha detto lui stesso che le forze fisiche non gli erano sufficienti, io sono più vecchio di lui e sento a mia volta questo indebolimento ma certo sento anche tanti problemi aperti, gravi che rendono più difficile tutta una attuazione di quello che è il potere papale". "Non penso - osserva ancora il porporato - che la comunità dei fedeli si possa sentire disorientata dal gesto di Benedetto XVI, penso che per un momento si possa sentire più riflessiva". Per quanto riguarda il prossimo Papa, infine, il cardinale Montezemolo spiega che il criterio della provenienza geografica conta poco. Quello che ci vuole, auspica, "é un Pontefice giovane". "Sì, per forza - sottolinea - , ci vogliono vigoria e gioventu’ per affrontare i vari compiti".

© Copyright Ansa


Paparatzifan
00giovedì 14 febbraio 2013 23:05
Dal blog di Lella...

PAPA: I SACERDOTI DIOCESI DI ROMA IN PROCESSIONE VERSO BASILICA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 14 feb.

I sacerdoti della diocesi di Roma - che alle 11,30 incontreranno il Papa dimissionario nell'Aula Nervi - si sono radunati attorno all'obelisco della Basilica di San Pietro e poi, in processione, sono entrati nella Basilica Vaticana dove reciteranno il Credo.

© Copyright (AGI)

PAPA: SI APPOGGIA A BASTONE A INCONTRO CON I PRETI DI ROMA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 14 feb.

Benedetto XVI e' stato accolto con applausi e commozione dai preti di Roma, radunati nei primi settori dell'Aula Nervi. Il Papa ha fatto ingresso nell'aula aiutandosi con il bastone. Lo accompagnava il segretario e prefetto della casa Pontificia Georg Gaenswein. "Grazie per questo affetto, per l'amore grandissimo per il Papa", ha detto prima di sedersi accanto al vicario di Roma, Agostino Vallini.

© Copyright (AGI)

PAPA: MI RITIRO IN PREGHIERA, PER IL MONDO RIMANGO NASCOSTO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 14 feb.

"Ho sentito fisicamente la vostra presenza. Anche se mi ritiro in preghiera so che voi sarete vicini a me, anche se per il mondo rimango nascosto". Lo ha detto il Papa ai preti di Roma.
"Speriamo che il Signore ci aiuti. Io ritirato nella preghiera saro' sempre con voi, insieme andiamo avanti nella certezza che vince il Signore". Con queste parole il Pontefice dimissionario si e' congedato oggi dal clero di Roma, dopo aver parlato per circa un'ora a braccio sul tema del Concilio Vaticano II. Non pochi dei sacerdoti presenti hanno pianto alle parole conclusive del Papa.

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00giovedì 14 febbraio 2013 23:15
Dal blog di Lella...

PAPA: RAMMARICO PER MANCATA RIFORMA CURIA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 14 feb. - Dopo la messa celebrata ieri in San Pietro, ricevendo il saluto di alcuni cardinali, Benedetto XVI ha confidato loro il suo rammarico per non aver riformato la Curia sulla scia della riforma di Paolo VI. In merito ha fatto riferimento a conferenze precedenti alla sua elezione, tenute anche in sedi istituzionali in Italia. (AGI)


Paparatzifan
00giovedì 14 febbraio 2013 23:25
Da "Zenit.org"...

Roma, 14 Febbraio 2013 (Zenit.org)

In tutte le chiese di Roma, la preghiera dei fedeli per il Santo Padre

L'iniziativa promossa dal Cardinale vicario e dal Consiglio episcopale vuole rispondere al desiderio del popolo di Dio di testimoniare vicinanza al proprio Vescovo

Domenica 17 febbraio in tutte le chiese della diocesi di Roma sarà pronunciata una preghiera dei fedeli per Papa Benedetto XVI. «L’iniziativa - spiega il direttore dell’Ufficio liturgico del Vicariato di Roma, padre Giuseppe Midili - è stata promossa dal cardinale vicario Agostino Vallini e dal Consiglio episcopale diocesano per rispondere al desiderio di tanti fedeli di testimoniare al proprio Vescovo vicinanza, affetto e comunione nella preghiera. La Chiesa diocesana, nel consueto appuntamento con l'Eucaristia domenicale, vuole così ringraziare il Signore Gesù per il dono della persona del Papa, per i suoi insegnamenti e per il suo esempio di fede profonda e vuole unirsi ai sentimenti di fiducia nel Signore e di affidamento, espressi dallo stesso Benedetto XVI in questi giorni».


Di seguito il testo dell’intenzione che sarà inserita nella preghiera dei fedeli di domenica prossima:

Per il nostro Vescovo, il Papa Benedetto,

perché, specialmente in quest’ora,

sperimenti la forza della grazia di Dio

e l’affetto filiale di tutti i credenti, preghiamo

Paparatzifan
00giovedì 14 febbraio 2013 23:36
Dal blog di Lella...

PAPA: ECUMENISMO E DIALOGO NATI PER REAZIONE A ORRORI NAZISMO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 14 feb.

"L'Ecumenismo e' nato dopo le passioni sofferte dai cristiani nel tempo del nazismo, per cercare di nuovo quell'Unita'".
E il dialogo interreligioso, nasca dalla Nostra Aetate, il documento del Concilio che voleva parlare degli Ebrei.
"Dopo gli avvenimenti tristi di questa epoca nazista, si doveva dire una parola, perche' anche se e' chiaro che la Chiesa non era responsabile, erano stati i cristiani a fare questo".
Lo ha affermato oggi Benedetto XVI nel suo ultimo incontro con il clero di Roma. A cascata, ha spiegato, arrivarono poi le aperture verso l'Islam e le altre religioni.
"Si capisce - ha spiegato Papa Ratzinger ai 'suoi' preti - che i vescovi arabi non volevano che l'iniziativa del Concilio sembrasse un'esaltazione dello Stato d'Israele: un'indicazione (del ruolo dell'Ebraismo nella storia della Salvezza, ndr) era necessaria, dicevano, ma se parlate su questo parlate anche di Islam, che e' l'altra grande sfida, e noi non lo abbiamo tanto capito, ma oggi sappiamo come era necessario". Poi "abbiamo pensato che c'erano anche altre religioni, soprattutto in Asia, e cosi' la Dichiarazione pensata solo sul popolo di Dio antico, e' diventata un testo per il dilaogo con tutti, anticipando quello che 30 anni fa si e' mostrato con tutta sua intensita'", ha continuato il Pontefice con evidente allusione all'iniziativa di Giovanni Paolo II di convocare ad Assisi tutti i leader delle religioni del mondo il 27 ottobre 1986, evento da lui stesso celebrato nella citta' umbra nel 2011, con un'iniziativa aperta questa volta anche agli atei.

© Copyright (AGI)

PAPA: RINNOVARE LA CHIESA, MA NON NEL SENSO DI GRUPPO SEPARATO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 14 feb.

"Noi siamo chiesa, ma non nel senso di un gruppo separato". Giocando sull'espressione che da' il nome alla sigla piu' nota del dissenso cattolico, Benedetto XVI ha spiegato a un migliaio di preti di Roma come il rinnovamento della Chiesa, che lui stesso ha auspicato anche oggi, debba avvenire attraverso una riscoperta del Concilio Vaticano II. Anche in quel momento, ha ricordato, il tema della collegialita' dei vescovi in rapporto al popolo di Dio "appariva a molti come una lotta di potere, e forse qualcuno ha pensato al suo potere. Ma non era questo: era essere un'unica Chiesa che cammina insieme".
Al Concilio, ha sottolineato, questa tematica, "e' stata al centro di discussioni molto accanite, direi un po' esagerate". In realta', "serviva per esprimere che i vescovi insieme sono un 'corpo', continuazione del 'corpo' dei 12 Apostoli, e solo uno e' il successore di Pietro, mentre gli altri lo sono di tutti gli apostoli insieme". Mentre il concetto di popolo di Dio, "elemento di continuita' con l'Antico Testamento", era fino ad allora "un po' nascosto", "Ancora piu' conflittuale - ha rivelato - era il problema della Rivelazione: gli esegeti cattolici si sentivano in situazione di negativita' nei confronti dei protestanti che facevano le grandi scoperte. Si sentivano - cioe' - un po' handicappati per essere sottomessi al Magistero. E' stata - ha assicurato Ratzinger, che da giovane teologo fu perito al Concilio - una battaglia pluridimensionale nella quale fu decisivo Paolo VI, che con tutta la delicatezza e il rispetto propose 14 formule per ribadire che la fede e' basta sulla Parola e sulla Tradizione in quanto la certezza della Chiesa sulla fede non nasce solo da un libro isolato ma ha bisogno del soggetto Chiesa. Potevamo scegliere tra 14 formule, ma una dovevamo sceglierla", ha ricordato il Papa che lascia citando poi un episodio divertente che ha strappato risate ai presenti: aveva scritto lui, giovane teologo tedesco, un intervento piuttosto audace pronunciato dal cardinale Frings di Colonia, e quando Giovanni XXIII lo chiamo' (in realta' per complimentarsi in quanto "erano le parole giuste") il porporato salutando il suo collaboratore probabile colpevole della presunta arrabbiatura del Papa buono, scherzo': "forse quando torno non saro' piu' cardinale, e' l'ultima volta che porto addosso questa roba".

© Copyright (AGI)

PAPA: VALLINI, "HA SERVITO DIO, NON SI E' MAI TIRATO INDIETRO"

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 14 feb.

"Ho servito il Signore, non mi sono mai tirato indietro da cio' che poteva essere utile al fine di predicare a voi e di istruirvi". Queste parole di San Paolo, che prendeva congedo in lacrime dagli Efesini, sono state evocate oggi dal cardinale vicario Agostino Vallini nel saluto rivolto al Papa dimissionario prima del suo ultimo incontro con il clero di Roma.
"Si' Padre Santo - ha detto il cardinale Vallini con evidente commozione - non le nascondiamo che nel nostro animo si mescolano affetto e fierezza, ammirazione e rimpianto. Lei ci ha insegnato molte cose importanti con la testimonianza di una vita donata a Gesu' e alla Chiesa, con la sua passione per la verita' e l'annuncio del Vangelo e con una visione alta della vita sacerdotale, che sovrasta le visioni minuscole che talvolta si insinuano anche tra noi".

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00giovedì 14 febbraio 2013 23:47
Dal blog di Lella...

Un’enorme pressione sui cardinali

Stefano Menichini

Lunedì Joseph Ratzinger li ha messi tutti davanti a una situazione unica, impensabile, difficilissima.
La notizia di ieri è che non sembra aver intenzione di aiutarli a renderla più leggera. Al contrario.
Per i cardinali del conclave, e soprattutto per gli uomini della curia romana, la sfida è drammatica. Non solo colui che loro pensavano di aver eletto a vita al Sacro Soglio ha deciso di lasciare la sede vacante.
Molto peggio: colui che rimarrà anche in futuro una presenza viva nel cuore della Chiesa non attenua minimamente la gravità del momento e mette allo scoperto davanti al mondo i mali dell’istituzione.
Il corpo della comunità ecclesiale attraversato da divisioni e rivalità. Il volto deturpato. L’egoismo di chi è bravo a denunciare gli scandali altrui ma non è disposto a mettere in discussione se stesso. Il dovere di servire la Chiesa e non di servirsi di essa.
Ieri, nella solennità di San Pietro e davanti a una folla ammutolita prima, e osannante poi, Benedetto non ha risparmiato nulla ai suoi ex pari. Certo, riprendendo temi e parole già usate nel passato con altrettanta durezza. Ma facendo capire che ora la sua stanchezza fisica è la ragione delle dimissioni ma evidentemente anche la conseguenza di una situazione estrema, di uno stato di conflitto che il Papa non è riuscito né a risolvere né a placare.
Sono soprattutto i media anglosassoni in questi giorni a proporre la crisi vaticana come l’apoteosi di un aspro scontro interno, mettendo una parte almeno della Curia nello scomodo ruolo di chi avrebbe «remato contro» la crociata di trasparenza e moralizzazione voluta da Ratzinger.
Che sia davvero così o no, sta di fatto che l’umore del popolo di San Pietro sta entrando in sintonia con questa interpretazione. Lo si capisce dagli applausi (che prima il Papa non avrebbe accettato e ai quali ieri ha sorriso), dalla tensione palpabile.
Ratzinger vittima dei Sacri Palazzi: una rappresentazione da incubo, alla vigilia del conclave. Sarà romanzesca, sarà estranea alle logiche che poi effettivamente presiedono alla scelta di un pontefice, sta di fatto che questa narrazione è destinata a imporre sui cardinali una pressione fortissima e sconosciuta prima d’ora. Non è una fiction, è la realtà, la storia che si fa sotto i nostri occhi con una velocità alla quale non riusciamo ad abituarci.

© Copyright Europa, 14 febbraio 2013

Paparatzifan
00venerdì 15 febbraio 2013 14:30
Da "Linkiesta.it"...

Joseph Ratzinger, il conservatore che ha rivoluzionato la Chiesa

Iacopo Scaramuzzi - 14 febbraio 2013

C’è qualcosa di osceno – canonicamente, storicamente, teologicamente osceno – nelle parole con le quali il cardinale Stanislaw Dziwisz, segretario personale di Giovanni Paolo II, ha accolto, a caldo, la notizia delle dimissioni di papa Benedetto XVI. “Non si scende dalla croce”, ha dichiarato ad una radio il porporato polacco, con chiaro riferimento al fatto che Giovanni Paolo II, pur malato, lui no che non si era dimesso, perché un pontefice romano – è l’idea sottintesa – non si dimette, mai. Dziwisz poi ha rettificato. Ma, intanto, il sasso era lanciato nello stagno, e le onde – di fango – si infrangevano sul palazzo apostolico che per quasi un trentennio lo aveva ospitato.

E invece il vescovo di Roma può dimettersi, eccome. Il codice di diritto canonico stabilisce, al comma due del canone 332, che “nel caso che il romano pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata”, come ha fatto Benedetto XVI leggendo, lunedì scorso, un testo autografo in latino firmato “die 10 mensis februarii MMXIII” ai cardinali riuniti in concistoro ordinario pubblico per la canonizzazione di alcuni beati. “Non si richiede invece – precisa il diritto canonico – che qualcuno la accetti”.

Papi, inoltre, si sono già dimessi nel corso della storia, dal citatissimo Celestino V ai meno citati Gregorio XII, Benedetto XIII e Giovanni XXIII che, regnanti contemporaneamente e residenti, rispettivamente, a Roma, Avignone e Pisa, furono costretti a lasciare il passo a Martino V, regolarmente eletto al concistoro che si svolse a inizio del Quattrocento a Costanza. Tanto più ha diritto a dimettersi un pontefice di un evo contemporaneo nel quale l’età media avanza e i compiti di governo si complicano. Tanto più può farlo un papa che, nel pieno delle sue facoltà e della sua autorevolezza, dichiara, come ha fatto il 264esimo successore di Pietro Benedetto XVI, nel libro-intervista Luce del mondo con il giornalista tedesco Peter Seewald, che “quando un Papa giunge alla chiara consapevolezza di non essere più in grado fisicamente, mentalmente e spiritualmente di svolgere l’incarico affidatogli, allora ha il diritto e in talune circostanze anche il dovere di dimettersi”.

Un pontefice romano, infine, è scelto non già dai cardinali, ma dallo Spirito santo che ispira gli elettori riuniti in Conclave. E il potere affidato dallo Spirito santo non è delegabile come il potere costituzionalmente delegato dagli elettori di una democrazia ai loro rappresentanti. Se aberrazione teologica si è verificata, in questi anni, è quella di chi – pare sia accaduto sotto Giovanni Paolo II – in nome e per conto di un pontefice, ha amministrato abusivamente quel potere, gestendo carriere, esercitando influenza, decidendo nomine che il papa, forse, ha avallato appena. Del resto, si narra che, con l’avanzare dell’età e lo scemare delle energie, il preposito generale dei gesuiti Peter Hans Kolvenbach, consuetudinariamente in carica fino al momento della morte, tentò più volte – sulla scia del predecessore Pedro Arrupe, che quella consuetudine aveva interrotto ritirandosi a vita privata – di rassegnare le dimissioni nelle mani di Giovanni Paolo II. Ma qualcuno gli oppose un irremovibile rifiuto. Se il “papa nero”, come è soprannominato il superiore della Compagnia di Gesù, si fosse dimesso – fu il ragionamento – qualcuno avrebbe chiesto le dimissioni dell'anziano papa bianco. Quel qualcuno non era Karol Wojtyla, ma Stanislaw Dziwisz, evidentemente più affezionato alla indimissionabilità del pontefice di quanto fosse il pontefice stesso.

Il vicario di Cristo, dunque, può scendere dalla croce. Anche perché non sta in croce. In croce ci sta Cristo. Quanto al suo vicario – come ha spiegato Benedetto XVI nell’ultima messa pubblica in occasione del mercoledì delle ceneri – ha l’alternativa “tra potere umano e amore della croce”. Ratzinger ha scelto il secondo, snobbando il primo.

Una scelta che ha inviperito vasti settori delle gerarchie ecclesiastiche, alle quali il cardinale Dziwisz ha dato voce, e solo in parte. A gettare molti alti prelati nello sconforto non è tanto il fatto che dalle 20 e un minuto del 28 febbraio 2013 Benedetto XVI non sarà più papa. Troppi incidenti, troppi malcontenti, troppi nemici ha avuto Joseph Ratzinger in questi anni per credere ad un genuino rammarico per il suo “gran rifiuto”. Il punto è un altro. Dimettendosi, Benedetto XVI – sul cui Pontificato, luci ed ombre, gli storici potranno esprimere giudizi più completi di quelli che fioccano in questi giorni – ha colpito al cuore una certa idea del papato e della Chiesa. Ha destabilizzato l’istituzione, ha desacralizzato il ruolo, ha abbattuto, in un colpo solo, la Chiesa trionfante e politica dell’era Wojtyla. “Siamo tentati di considerare come trionfalismo la gioia di essere chiamati da Dio”, ha detto Benedetto XVI nella visita al Seminario romano maggiore avvenuta solo pochi giorni prima l’annuncio delle sue dimissioni. “Sarebbe tale se pensassimo che Dio mi ha voluto per le mie qualità, invece mi ha voluto per il suo amore”. Parole impolitiche, parole evangeliche, parole attraenti. So di cardinali infuriati per la decisione del papa di dimettersi. Conosco non credenti che, dopo quelle dimissioni, vogliono andare a messa. Sta forse in questo iato il senso della rivoluzione compiuta dal conservatore Joseph Ratzinger.


Paparatzifan
00venerdì 15 febbraio 2013 14:59
Da "Formiche.net"...

Perché ha rinunciato e perché ora scudiscia. Papa Ratzinger visto da Messori

14 - 02 - 2013

Fabrizio Anselmo

I veri motivi della rinuncia di Benedetto XVI, le ripercussioni in Vaticano e le differenze con Giovanni Paolo II. Intervista di Formiche.net allo scrittore Vittorio Messori che dice: "La Chiesa è duplice, è bifronte, essendo al contempo un mistero e una istituzione umana. Non scopriamo certo oggi che la Curia romana è un nido di vipere". Vittorio Messori, classe 1941, è uno dei più importanti giornalisti e scrittori cattolici italiani. Ha avuto il privilegio, unico al mondo, di scrivere un saggio (“Varcare la soglia della speranza”) con Giovanni Paolo II, tradotto in ben 53 lingue. Legato da profonda amicizia con Papa Benedetto XVI, Messori è stato anche autore del libro-intervista “Rapporto sulla fede”, scritto con l’allora cardinale Joseph Ratzinger. Un Papa che dopo quasi otto anni di pontificato ha deciso di rinunciare al proprio ministero. Come verrà ricordato, dunque, questo pontificato? Chi è veramente Benedetto XVI? Ma, soprattutto, perché ha lasciato anzitempo? Formiche.net lo ha chiesto a Vittorio Messori.

Benedetto XVI ha deciso di rinunciare alla cattedra di Pietro. Come interpreta questo gesto? E’ il “gran rifiuto” di dantesca memoria o, come dice Ferruccio de Bortoli sul Corriere della Sera, un gesto che imprime “una svolta di grande modernità alla Chiesa”?

Quando gioca la nazionale di calcio, ci sono sessanta milioni di commissari tecnici. Ora, invece, viste le circostanze, sono tutti vaticanisti. Sento in giro, in queste ore, tante banalità e vedo tanta disinformazione provenire, in particolare, da chi pensa di avere la spiegazione in tasca per ogni azione del Papa. Posto che, tra l’altro, ho sempre riso dei dietrologi, l’unica vera ragione della rinuncia di Papa Benedetto XVI è l’implacabile anagrafe. Il Papa ha quasi 86 anni, è vecchio e quindi è malato per definizione. Il Pontefice non è, come sento dire, un uomo solo. E’, semplicemente, il gesto di una persona realista che dice ed ammette: “Non ce la faccio più”.

Dovrà però ammettere che le tensioni all’interno della Curia non lo avranno certo aiutato nell’esercizio della sua azione pastorale. Il Papa stesso, ieri, nel corso della celebrazione per le ceneri ha dichiarato che “le divisioni deturpano la Chiesa. Bisogna superare la rivalità”.

Escludo in maniera totale che, dietro la decisione di Benedetto XVI, vi sia un complotto contro il Papa. Così come da un lato c’è parecchia gente che non gli vuole bene, dall’altro lato c’è tanta gente che nutre un affetto sincero e profondo nei suoi confronti. E’ comunque inutile fare i moralisti: la Chiesa è duplice, è bifronte essendo, al contempo, un mistero ed una istituzione umana. Non scopriamo certo oggi che la Curia romana è un nido di vipere.

Papa Benedetto XVI viene spesso descritto come un uomo mite, schivo, più avvezzo a “stare chino sui libri” che a discutere gli affari di Stato. C’è chi, poi, lo ha spesso descritto come un “panzer kardinal” o come un “pastore tedesco”. E’ questa la persona che lei ha conosciuto quando scrisse con lui il libro-intervista “Rapporto sulla fede”?

Intorno al cardinale Ratzinger, e poi a Benedetto XVI, sono sempre circolate delle leggende determinate dai pregiudizi. Per l’ideologo, infatti, contano gli schemi, non i fatti. E certo il fatto di essere a capo dell’ex Sant’Uffizio, di essere tedesco e di essere stato arruolato nella gioventù hitleriana non lo hanno aiutato. C’erano tutti gli ingredienti per considerarlo come il legittimo erede di Torquemada.

E invece ?

Basta guardare a cosa ha fatto nel periodo in cui è stato alla guida della Congregazione per dottrina della fede. Sa quale è stato il gesto più duro da lui compiuto? Convocare in Vaticano il padre della teologia della liberazione, offrirgli un caffè ed invitarlo a tacere per almeno un anno. Lei definirebbe questa persone come il “grande persecutore”? Benedetto XVI è sicuramente un uomo mite e schivo ma ha un grande dono che io vorrei la Chiesa annoverasse tra le virtù cardinali, quello dello humour. Una volta mi invitò a pranzo e mi disse: “Dottor Messori, lei ora mi racconta le barzellette che circolano su di me nelle varie sacrestie”. Io gliele raccontai e lui rise a lungo. Benedetto XVI è semplicemente un uomo che ha accettato di essere sottratto alla sua vocazione, ovvero quella dello studio, dell’università, per amore della Chiesa. E di questo, certo, un po’ ha sofferto.

Lei ha conosciuto anche Giovanni Paolo II, con il quale ha scritto il libro “Varcare la soglia della speranza”.Quanto ha pesato sulla decisione di Benedetto XVI il ricordo dell’agonia di Giovanni Paolo II? L’ex segretario di Papa Wojtyla, il cardinale Dziwsz, ha commentato a caldo: “Non si scende dalla croce”.

Ogni uomo, ogni Papa è diverso dall’altro. Ognuno ha la possibilità di interpretare il vangelo entro coordinate intoccabili. Giovanni Paolo II era certamente un uomo segnato profondamente dal misticismo slavo. Io stesso lo vidi pregare nella sua cappella privata sdraiandosi sul pavimento con le braccia a forma di croce. Wojtyla ha fatto la scelta di trasformare in insegnamento evangelico la sua sofferenza e ha voluto testimoniare la croce. Benedetto XVI è diverso. E’ il classico intellettuale mitteleuropeo. Ciò che per lui conta è la razionalità e vista la sua forma-mentis ha fatto un ragionamento di buon senso, riconoscendo a se stesso di non avere più le forze per andare avanti. Il gesto di Papa Ratzinger, però, deve essere letto in una prospettiva religiosa dato che la Chiesa non è una multinazionale e il Papa non è un amministratore delegato. Benedetto XVI, infatti, non ha scelto il disimpegno, ma ha deciso di dedicarsi alla Chiesa attraverso la preghiera. “Il cuore della Chiesa è dove si prega” ama ripetere il Papa.

La decisione di rinunciare al ministero petrino da parte di Benedetto XVI arriva lo stesso giorno della prima apparizione della Vergine di Lourdes. Solo una coincidenza?

No, non è certo un caso. Benedetto XVI è particolarmente devoto a Lourdes. Uno dei suoi pochi viaggi internazionali fu proprio a Lourdes. Ricordo come il programma prevedesse solo tre discorsi ufficiali, ma alla fine i discorsi furono ben quindici. Sottolineo, però, come l’11 febbraio sia, per volontà di Giovanni Paolo II, la giornata mondiale del malato. Benedetto XVI, in quanto vecchio, si sente malato. E’ un segno di solidarietà nei confronti di chi soffre, di chi è anziano e sta male.

Quale posto avrà questo pontificato nella storia della Chiesa? Rimarrà solo il ricordo del mancato accordo coi lefebvriani, della pedofilia, degli scandali finanziari e di Vatileaks?

E’ sicuramente un po’ presto per fare dei bilanci. Per poter parlare di “posto nella storia” bisognerebbe aspettare almeno due secoli. Certo è che si è trattato di un papato che ha ricentrato su Roma il magistero. Papa Giovanni Paolo II aveva scelto di inaugurare un papato ambulante, itinerante dato che si considerava come il “Vescovo del mondo”. Nel pontificato di Papa Wojtyla è la Curia che prevale, è a lei che viene affidato il governo della Chiesa. Benedetto XVI è, invece, un Papa che ha cercato di amministrare la Chiesa, che ha fatto nomine e spostamenti nel segno del ritorno del centro. E lo ha fatto in silenzio, rimanendo dietro alla scrivania.

Un’ultima domanda. Quale posto avrà la decisione di Benedetto XVI di rinunciare al pontificato sulle elezioni politiche italiane? Sarà valido il motto “Libera Chiesa in libero Stato”?

Siamo seri! Mi rifiuto di scorgere un collegamento tra la decisione di Benedetto XVI e la squallida campagna elettorale italiana. Alcuni guru dell’ultima ora sembrano sostenere che Benedetto XVI abbia rinunciato all’incarico al fine di ricompattare in un unico partito i cattolici italiani. Sa osa penso di questo? Che sono miserie da Bar Sport.

Paparatzifan
00venerdì 15 febbraio 2013 15:17
Da "Riscossa cristiana"...

PERCHÉ IL PAPA HA DATO LE DIMISSIONI

di P. Giovanni Cavalcoli, OP

Gli studiosi di storia della Chiesa hanno notato come dai tempi dell’immediato postconcilio, ossia del pontificato di Paolo VI, il papato abbia cominciato a indebolire la sua autorità nei confronti dell’episcopato e ciò con tutta probabilità a causa di alcuni difetti insiti nelle direttive pastorali del Concilio, concernenti il rapporto del Papa con in vescovi. Mi riferisco soprattutto alla figura di vescovo che emerge dai decreti conciliari sull’argomento, alla dottrina della collegialità episcopale e della Chiesa locale, dalla quale sono sorte poi le conferenze episcopali nazionali e l’istituto del sinodo mondiale dei vescovi.

Le direttive del Concilio in merito contengono certamente alcuni elementi validi, come per esempio la responsabilizzazione del vescovo e degli episcopati nazionali come deputati a una creatività pastorale che tenga conto delle situazioni concrete del loro gregge, senza quindi limitarsi ad essere dei semplici interpreti e trasmettitori delle direttive provenienti da Roma, e come dotati di una santa libertà e capacità di iniziativa nei confronti di Roma stessa nel suggerire proposte e addirittura modifiche nella condotta pastorale della Sede Apostolica, nonché nel correggere abusi ed errori per conto proprio senza aspettare l’imbeccata da Roma.

Senonchè però nei medesimi documenti sull’argomento viene delineato un modello di vescovo che, se da una parte brilla per la sua caritatevole vicinanza al gregge, misericordioso e comprensivo, aperto al dialogo con tutti, credenti e non credenti, dall’altra risulta deplorevolmente assente l’altro tradizionale ed essenziale aspetto del ministero episcopale di collaborazione con la Sede Romana nella vigilanza (episkopos = sorvegliante) nei confronti delle idee false che possono diffondersi nel popolo di Dio in materia di fede e di buoni costumi, e quindi riguardo la suo sacro dovere di correggere gli erranti sia in materia di fede che di morale.

In tal modo, a causa di questa mancata vigilanza o ingenuità o negligenza o eccessiva indulgenza che dir si voglia, come chiunque non schiavo di pregiudizi oggi può constatare, da cinquant’anni a questa parte ha cominciato a sorgere con uno spaventoso crescendo una crisi di fede o ribellione o disobbedienza a Roma nell’ambito della fede a tutti i livelli e in tutti gli ambienti della compagine ecclesiale: fedeli, sacerdoti, religiosi, teologi e moralisti, non esclusi membri dello stesso episcopato e del collegio cardinalizio, senza che Roma sia stata in grado di opporre una valida difesa e di correggere efficacemente i devianti, i quali viceversa, vedendo il successo ottenuto e l’assenza di ostacoli opposti dall’autorità, sono diventati sempre più arroganti e prepotenti, acquistandosi nella Chiesa con l’inganno, l’adulazione e l’astuzia, molti posti di potere, persino negli stessi ambienti romani, da dove adesso hanno la possibilità di contrastare maggiormente il Magistero del Papa e soffocare quelle poche voci rimaste fedeli al detto Magistero, sostenendo o tollerando invece eretici e ribelli sempre più spavaldi e sicuri di se stessi.

Mi riferisco soprattutto a quel nefasto neomodernismo, subito denunciato ma ahimè invano da spiriti acuti come il Maritain, il Siri, il Fabro, il Parente, il Piolanti, il von Hildebrand, il Perini, l’Ottaviani, il Lakebrink, i teologi domenicani Enrico Rossetti, Guido Casali, Alberto Galli, Tomas Tyn ed altri, neomodernismo che, latente nei lavori stessi del Concilio ma lì ovviamente represso, ha fatto capolino con temeraria audacia sin dall’immediato postconcilio ed approfittando appunto del mancato intervento dei vescovi, alcuni dei quali conniventi a tanto scempio, col pretesto ingannevole di realizzare quel Concilio che essi invece falsificavano, si è talmente rafforzato da metter oggi il Sommo Pontefice nelle tristissime e drammatiche condizioni, quasi inaudite, di non sentirsi più in grado di governare la Chiesa. Da qui le dimissioni.

Noi potremmo dire a tutta prima: debolezza personale? Che avrebbe fatto un Papa Wojtyla? E gli altri Papi come hanno fatto a resistere? Ma il fatto è che la situazione sta precipitando per eventi gravissimi ed inauditi accaduti proprio in questi ultimi anni e tempi recentissimi: basti pensare allo scandalo della pedofilia coperto da vescovi, alcuni dei quali addirittura implicati, l’inaudito e sacrilego tradimento perpetrato all’interno della stessa Segreteria di Stato dove i mandanti sono riusciti per ora a celarsi dietro il povero Paolo Gabriele, la resistenza episcopale scandalosa al decreto pontificio di liberalizzazione della Messa Tridentina, il recente colpevole silenzio in occasione della blasfemo spettacolo di Romeo Castellucci, senza contare il diffondersi impunito di atti sacrileghi e vilipendi contro la religione, la pure recente penosa controversia sui “castighi divini”, nella quale fu ingiustamente accusato l’illustre storico Roberto De Mattei, che non aveva fatto altro che ricordare la dottrina tradizionale della Chiesa, la generale disobbedienza episcopale che tollera dappertutto teologi, liturgisti ed insegnanti disobbedienti al Magistero della Chiesa in materia di fede e di morale, vescovi e cardinali favorevoli al pensiero ereticale di Karl Rahner, la lunga sconsiderata ed ingannevole attività ecumenica del card. Kasper, interventi recentissimi di Cardinali come Martini o Ravasi del tutto dissonanti non dico dalla linea della S.Sede, ma dalla stessa dottrina della fede, insieme con attacchi vergognosi contro degnissimi prelati come Mons. Crepaldi o Mons. Negri.

Il Santo Padre - si è detto - ha fatto un gesto di umiltà. E’ verissimo. Ha fatto anche un gesto di coraggio. E’ vero anche questo, nel senso che, compiendo questo gesto, certamente ha preveduto che sarebbe stato accusato di mancanza di coraggio e di “fuggire davanti ai lupi”, per ricordare una sua famosa frase, e ciononostante lo ha compiuto lo stesso. Altri hanno parlato di “libertà spirituale”. E’ vero anche questo. Infatti il compiere ponderatamente e coscientemente un gesto di tale portata e così insolito, è certamente segno di uno spirito sanamente indipendente che si fa guidare solo da Dio. Ed è stato anche un distacco da se stessi per il bene della Chiesa.

Ma secondo me tutti questi pareri non colgono il motivo di fondo che si può delineare in questi termini: una mossa strategica di prudentissima e coraggiosissima sapienza pastorale. In che senso? Col programma, - così io ritengo - una volta che Ratzinger avrà la possibilità di tornare a fare il semplice teologo, di mettere a frutto le sue straordinarie doti intellettuali, la sua lunga esperienza di pastore, la sua profonda conoscenza della situazione attuale e passata della Chiesa, con i suoi aspetti positivi, le sue speranze e i suoi mali morali e dottrinali, da correggere e da togliere.

Il gesto di Papa Ratzinger ci fa ulteriormente capire, se ancora ce ne fosse bisogno, il cambiamento che col Concilio Vaticano II si è verificato nella condotta del papato: se fino a Pio XII abbiamo avuto un papato potente ed impositivo, nella secolare tradizione che partita dal medioevo era stata confermata dalla riforma tridentina, col Vaticano II inizia, di fatto, non perché voluta dal Concilio, una nuova figura di Papa, che potremmo denominare “Papa crocifisso e abbandonato”, sull’esempio di Cristo in croce, per usare un’espressione indovinata dei Focolarini, che essi usano per la comune vita cristiana. Non esiste più l’esercito pontificio; ci sono solo le guardie svizzere. Ma che ci fa il Papa con esse?

D’altra parte, per il Papa, in linea di principio, è sufficiente imitare la testimonianza di Nostro Signore: che prenda un aspetto o ne prenda un altro, è cosa secondaria. Se fino a Pio XII abbiamo l’imitazione di Gesù che dà ordini, disciplina ed è obbedito, a iniziare da Paolo VI appare il Gesù in croce, inascoltato ed abbandonato da tutti, anche se con a fianco la Madonna e S.Giovanni. Del resto, se ci facciamo caso, Gesù stesso nel corso della sua vita terrena, ha bensì insegnato, ma non ha mai avuto a disposizione, anzi li ha rifiutati, dei seguaci che potessero far rispettare se occorreva con la forza i suoi comandi e i suoi precetti. Non ha mai dimesso dalla sua carica qualche scriba o qualche dottore della legge.

Ciò vuol dire in linea di principio che il munus del Papa è duplice: l’insegnamento - munus dottrinale - e una forza a sua disposizione, - munus pastorale - che dovrebbero essere la Curia romana e l’episcopato, incaricati di farlo rispettare. Ora invece, a partire da Paolo VI con impressionante progresso sino ad oggi, questa forza è quasi del tutto venuta a mancare. Che cosa resta al Papa? La voce di Cristo, quasi vox clamantis in deserto, che può certo consigliare, esortare, scongiurare, ma può anche, come ha fatto Cristo, comandare e minacciare, s’intende sempre per il bene della Chiesa. Questo è quindi quel “bene della Chiesa”, al quale secondo me il Papa si riferisce nella sua dichiarazione di dimissioni.

La Chiesa si trova oggi in una situazione angosciosa che mai finora le era capitata. Essa, come già ebbe a dire Paolo VI , che parlò di un processo di “autodemolizione”, si sta distruggendo dall’interno. Tanti termini del linguaggio cattolico sono rimasti, ma con un significato anticattolico. Lo stesso termine “cattolico” non si capisce più che cosa significhi. Ma i modernisti, che Chiesa vogliono? E’ in fondo molto semplice: vogliono trasformare la Chiesa in un’associazione semplicemente umana sulla quale poter comandare secondo le loro idee modernistiche.

Il papato in questi cinquant’anni, si è indebolito non per viltà degli stessi pontefici, e neppure per motivi di immoralità, come successe al papato rinascimentale. Invece nel papato moderno abbiamo, come è ben noto, anche dei santi. Si è invece indebolito per causa di forza maggiore, per motivi oggettivi indipendenti dalle forze dei singoli Pontefici, a causa dell’isolamento nel quale sono stati messi da alcuni dei loro stessi collaboratori, finti amici ma in realtà nemici.

Pensiamo per esempio soltanto all’Ordine Domenicano e ai Gesuiti, istituiti per essere il braccio destro del Papa ed ora - cosa che non toglie assolutamente le loro preziose forze sane - ridotti a conservare in sé veleni di morte: i seguaci di Schillebeeckx tra i Domenicano e i rahneriani tra i Gesuiti.

Il modello del Papa di oggi sta diventano quello del profeta e del martire, simili ai Papi sotto l’Impero Romano, con la differenza che se a quei tempi il nemico era esterno, oggi purtroppo i nemici li abbiamo in casa. Quando lavoravo in Segreteria di Stato, negli anni ’80, in ufficio sentii esprimere un orribile sospetto circa la morte improvvisa, inaspettata ed inspiegata di quel sant’uomo di Papa Luciani. E del resto il Beato Giovanni Paolo II non ha forse subìto un attentato alla sua vita? E non ci ricordiamo che ciò accadde già a Paolo VI?

Penso che il nuovo Papa sarà pieno di energia e al contempo pronto a soffrire e ad accettare di non essere obbedito, ma alzerà la voce con tono terribile, sull’esempio di Cristo che minaccia farisei e dottori della legge. Occorre infatti, a mio avviso, che il papato riacquisti il suo prestigio e la sua autorevolezza dottrinale, anche se non dispone delle forze necessarie per far applicare gli insegnamenti dottrinali e morali.

Quanto a Ratzinger sono convinto che il suo gesto di abilissima “ritirata strategica”, gli consentirà di mettere a frutto le sue straordinarie doti di cultura e di saggezza per aiutare il nuovo Papa e la Chiesa a risorgere e a camminare sulle vie del Signore.

Ratzinger era sostanzialmente un intellettuale, come lo era Paolo VI. Ora difficilmente un intellettuale messo in funzioni di governo, possiede il polso necessario per fare stare al loro posto gli indisciplinati e correggere i disobbedienti. D’altra parte si può essere santi lo stesso, come lo dimostra il caso famoso di S. Celestino V.

Possiamo invece pensare che Ratzinger condurrà una lotta efficace sul piano delle idee dove ha dimostrato una potenza straordinaria ed un intuito folgorante, come del resto è la qualità dei grande teologi tedeschi, i quali possono essere grandi nel male, ma quando sono fedeli a Pietro sono senza dubbio grandi nel bene. Sono certo che Joseph Ratzinger, che già da Papa ci ha dato ricchi insegnamenti, nel suo posto più modesto al servizio di Pietro, potrà continuare a darci un aiuto importantissimo sul cammino della vera fede e della pacificazione della Chiesa.

Bologna, 14 febbraio 2013


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Paparatzifan
00venerdì 15 febbraio 2013 15:19
Dal blog di Lella...

PAPA: ANCORA NON COMPLETA LETTURA CONCILIO, MOLTO RESTA DA FARE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 14 feb.

"C'e' molto da fare per arrivare a una lettura nello spirito del Concilio, essa ancora non e' completa e' c'e' molto da fare".
Lo ha affermato Benedetto XVI nel suo ultimo incontro con i preti di Roma. Nell'Aula Nervi, il Papa sta parlando a braccio da 45 minuti.

© Copyright (AGI)

PAPA: I MEDIA VISSERO UN LORO CONCILIO, DIVERSO E DANNOSO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 14 feb.

Cinquanta anni fa, mentre i padri conciliari erano chiusi nella Basilica di San Pietro, era in atto a Roma anche "un Concilio dei media, un Concilio quasi per se'. E tramite i media e' arrivato al popolo non quello dei padri, che era il Concilio della fede che cerca la parola di Dio, ma quello dei giornalisti che non si e' realizzato nella fede ma nelle categorie dei media fuori della fede, con al centro l'ermeneutica politica".
Lo ha detto il Papa nell'incontro con il clero di Roma, rilevando che da questo fraintendimento sono venute "tante calamita': miserie, seminari e conventi chiusi". "Il Concilio virtuale - ha spiegato - era piu' forte di quello reale".
I media, ha spiegato il Pontefice dimissionario, guardavano al Concilio come "a una lotta di potere tra diverse posizioni della Chiesa. E hanno preso posizione con quello che era piu' vicino al loro mondo, chiedendo una delocalizzazione del potere, che passava dal Papa alla sovranita' popolare. Per loro era questa la parte da promulgare e aiutare, una tendenza che si fondava storicamente. La sacralita', dicevano, e' pagana, Cristo e' morto fuori dalle porte del Sacro, va esaltata la profanita' del culto come partecipazione comune. Concetti - ha osservato Benedetto XVI - nati in una visione del Concilio fuori dalla sua propria chiave della Fede, basati sulla Scrittura come su un Libro storico da trattare storicamente e nient'altro". Per Papa Ratzinger, nell'Anno della Fede, si puo' pero' realizzare una vera riforma della Chiesa: il Concilio virtuale si perde e si rompe, quello della Fede appare come la vera forza". Dobbiamo, ha esortato rivolto ai preti di Roma, "lavorare per questo nell'anno della Fede".

© Copyright (AGI)

PAPA: HANNO TRASFORMATO LA DOMENICA NEL FINE SETTIMANA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 14 feb.

"Oggi la domenica e' stata trasformata in fine settimana, ma e' invece il primo giorno". Lo ha sottolineato il Papa nell'incontro con i preti di Roma.
"La domenica - ha spiegato - celebriamo l'inizio della Creazione e con la Risurrezuine di Gesu' l'inizio della Ricreazione. E' dunque festa della Creazione e dell' incontro con il Risorto".

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00venerdì 15 febbraio 2013 15:25
Da "Il Tempo.it"...

15/02/2013 06:03

Gaenswein non lascerà solo Ratzinger

Monsignor Georg Gaenswein, storico segretario di Benedetto XVI, resterà insieme a Joseph Ratzinger anche dopo la sua rinuncia al Soglio pontificio. Lo ha confermato ieri il portavoce vaticano padre Lombardi. Non ci sarà dunque alcuna separazione per un binomio «storico». L’ipotesi era circolata alla luce dell’incarico che lo stesso Papa gli aveva affidato, quello di Prefetto della Casa pontificia, in occasione della sua consacrazione arcivescovile, nomina arrivata a dicembre dello scorso anno. Invece mons. Gaenswein continuerà a vivere con Ratzinger, prima a Castelgandolfo poi nel monastero in Vaticano, anche se non avrà alcun incarico particolare proprio perché, se sarà confermato, continuerà a ricoprire il ruolo di prefetto e dunque sarà uno stretto collaboratore del futuro Pontefice. La Prefettura, infatti, organizza le udienze solenni che il Papa concede a capi di Stato e di Governo e agli ambasciatori ma anche le udienze - private, speciali e generali - e le visite delle persone ammesse alla presenza del Sommo Pontefice. Dispone pure quanto si riferisce alle cerimonie pontificie e agli esercizi spirituali del Santo Padre, del Collegio Cardinalizio e della Curia e prepara tutti gli spostamenti del Papa a Roma e in Italia.
Anche le quattro «memores domini», le consacrate laiche che accudiscono Benedetto XVI, continueranno a svolgere le loro mansioni nelle nuove residenze di Ratzinger. Dunque l’intera famiglia pontificia che serve il Papa nel Palazzo Apostolico lo seguirà anche dopo il 28 febbraio.
Padre Lombardi ha anche invitato alla prudenza in relazione ad un’altra notizia battuta dalle agenzie, ovvero la nomina dell’esperto di alta finanza di origine belga Bernard De Corte alla presidenza dello Ior: «Non mi risulta» ha detto. Poi, ad una domanda sulla riunione del consiglio dei cardinali e di quello di sovrintendenza della banca vaticana, prevista per lunedì, ha annunciato che in realtà si terrà entro il fine settimana (probabilmente già oggi) e dovrebbe ufficializzare il nuovo presidente.

An. Ac


Paparatzifan
00venerdì 15 febbraio 2013 15:28
Dal blog di Lella...

Padre Lombardi: continueremo a chiamarlo Benedetto XVI

“Una testimonianza unica del Concilio Vaticano II”. Così padre Federico Lombardi, ieri, nel suo quarto briefing con i giornalisti dopo la rinuncia del Papa. Parlando degli spostamenti di Benedetto XVI dopo il 28 febbraio, ha spiegato che sarà accompagnato dal “nucleo fondamentale della Casa Pontificia”. Massimiliano Menichetti:

E’ l’ampiezza e la storicità che ha portato oggi il Papa in Aula Paolo VI, parlando del Concilio Vaticano II, vissuto in prima persona, che padre Lombardi, incontrando i giornalisti, ha subito messo in evidenza; poi ha parlato del clima di distensione, “del sorriso” di Benedetto XVI e degli applausi, ieri, in San Pietro, nel Mercoledì delle Ceneri, nell'ultima grande celebrazione presieduta dal Papa:

“La padronanza, la lucidità e la serenità del suo discorso ci ha colpito molto, così come anche a me, ieri sera, mi aveva colpito il suo sorriso, mentre usciva dalla celebrazione. Credo che lo abbiano notato tutti. Il sorriso con cui il Papa ha concluso la celebrazione, dopo quello straordinario applauso… Anche questo in un tempo in cui ci si dice di non applaudire in Chiesa, invece, c’è stato ed è sembrato un applauso che non sarebbe finito più!”.

Parlando degli spostamenti dopo il 28 febbraio, padre Lombardi, ha spiegato che saranno mons. Georg Gaenswein, che rimane prefetto della Casa Pontificia, e le “Memores”, che già ora si occupano della vita quotidiana del Papa, a seguirlo prima a Castel Gandolfo, poi in Vaticano.

Ha quindi precisato che “i cardinali che arriveranno in Vaticano” staranno dal primo marzo, non prima, presso la Casa Santa Marta. Ha confermato che il conclave inizierà tra il 15 e il 20 marzo, “la data esatta sarà comunicata durante la sede vacante” e che sia il cardinale Walter Kasper sia il cardinale Severino Poletto vi parteciperanno, poiché entrambi compiranno ottant’anni proprio a marzo. Il limite previsto, per il voto, è per chi ha già compiuto questa età il primo giorno della sede vacante.

Sollecitato dai giornalisti su come rivolgersi al Papa in futuro, padre Lombardi, ha spiegato che “non c’è ancora chiarezza”se sarà “Vescovo emerito di Roma” e sulla questione del nome “Benedetto XVI” ha chiarito:

“Penso di poter ribadire che Benedetto XVI è un titolo a cui non può rinunciare: è il suo nome come Papa, che ha portato per tutta la Chiesa e per tutto il mondo ufficialmente per otto anni. Quindi certamente noi continueremo a poter dire che è Benedetto XVI. Questo non cambia e non può evidentemente cambiare!"

Ancora una volta poi è tornato a ribadire che la rinuncia del Pontefice è legata a motivi d’invecchiamento e che né la caduta durante il viaggio in Messico, non smentita e diffusa a mezzo stampa, né altre motivazioni hanno influito sulla decisione. Non confermate poi le indiscrezioni relative al nome del nuovo presidente dello Ior, indicato da vari media nel prof. De Corte.

© Copyright Radio Vaticana


Paparatzifan
00venerdì 15 febbraio 2013 15:32
Dal blog di Lella...

Il Papa dà l'addio

E si prepara a rendersi invisibile

Paolo Rodari

«Anche se mi ritiro adesso sono sempre vicino in preghiera a tutti voi e voi sarete vicini a me anche se rimango nascosto per il mondo». Sono queste le parole più significative pronunciate ieri da Benedetto XVI davanti ai preti della diocesi di Roma riuniti nell'Aula Paolo VI in Vaticano. Accolto da un lunghissimo applauso il Papa ha fatto il suo ingresso appoggiato ad un bastone, accompagnato dal segretario e prefetto della casa Pontificia Georg Gaenswein.
«Grazie per questo affetto, per l'amore grandissimo per il Papa», ha detto prima di sedersi accanto al vicario di Roma, Agostino Vallini. Che lo ha a sua volta salutato, con la voce rotta dall'emozione: «A nome dei sacerdoti di Roma - ha detto il vicario - che al Papa vogliono davvero bene, ci impegniamo a pregare ancora di più per lei».
La coabitazione fra i due Pontefici, Benedetto XVI che torna a essere semplice vescovo e che va ad abitare entro i giardini vaticani, e il futuro Papa, era ed è ancora oggi il principale problema «tecnico» che i suoi collaboratori devono risolvere nei prossimi mesi.
Ma le parole del Papa di ieri in qualche modo incanalano il tutto su lidi più tranquilli: il Papa non parlerà con nessuno, vivrà ritirato, in silenzio e preghiera, non interferirà in nulla con il lavoro del suo successore. A conti fatti, il modello è uno: quello dell'arcivescovo emerito di Bologna Giacomo Biffi che da quando è andato in pensione per lasciare il proprio posto al cardinale Carlo Caffarra, vive in stato monacale fuori dal mondo. Vivace conquistatore di prime pagine dei giornali per la sua fede frizzante quando era a capo della diocesi bolognese - «Mangiare i tortellini con la prospettiva e la certezza del paradiso, rende migliori anche i tortellini», sostenne Biffi - da quando è andato in pensione si è ritirato a pregare, concedendo al pubblico soltanto un diario di memorie e poco più.
Ratzinger, in sostanza, si è fidato più di lui che del suo predecessore Giovanni Paolo II che una volta disse che nella Chiesa «non c'è posto per un papa emerito". Così, invece, disse nel 1996 il cardinale Franz Koenig: "Il Papa sa, e l'ha detto, che l'elezione di un nuovo Pontefice mentre il vecchio è ancora in vita rappresenterebbe un problema. Un Papa in pensione, un altro in Vaticano: la gente si domanderebbe chi dei due conta».
Eppure Benedetto XVI saprà come fare. Proverbiale il suo riserbo già quando era cardinale. Tutte le mattine camminava da piazza della Città Leonina verso il palazzo dell'Ex Sant'Uffizio. Attraversava San Pietro ricambiando i saluti dei fedeli ma senza quasi mai sostare a dialogare con qualcuno. Nel suo appartamento si ritirava la sera non troppo tardi per studiare e pregare.
Ora, davanti a lui, il ritorno a una vita monacale che tanto aveva desiderato fare proprio se non fosse stato eletto Papa il 19 aprile del 2005. Ieri padre Federico Lombardi ha tenuto a precisare che tuttavia quello del Prefetto della Casa Pontificia «non è un ruolo di governo» o che abbia a fare con «il contenuto delle decisioni di governo» della Chiesa. Ma è piuttosto «un incarico pratico» sulle udienze e gli incontri papali. Quindi, ha concluso, «non ci sarà un problema per la relazione profonda" del Prefetto con il precedente Pontefice.
Al fianco del Papa rimarrà il suo segretario personale, monsignor Georg Gaenswein, seppure conserverà anche l'incarico di Prefetto della Casa Pontificia che lo metterà a strettissimo contatto con il successore di Ratzinger. Con i due anche le quattro Memores che l'hanno servito nell'appartamento papale in questi anni.

© Copyright Il Giornale, 15 febbraio 2013


Paparatzifan
00venerdì 15 febbraio 2013 15:43
Da "Il foglio quotidiano"...

13 febbraio 2013 - ore 09:35

Davanti al gran gesto di Benedetto XVI / 1

“Ho visto un uomo libero”. L’addio e la mistica del papato

Le sfumature personali e spirituali delle dimissioni analizzate dal teologo Schindler, collaboratore di Ratzinger a Communio


New York. David Schindler è rimasto sorpreso come il resto del mondo alla notizia dell’abdicazione di Benedetto XVI dal trono di Pietro. Ma, a differenza di tanti, l’iniziale turbamento del teologo americano aveva una particolare sfumatura personale, perché Schindler è intimo dell’uomo e della sua teologia. Si è formato nel circolo di De Lubac, di Von Balthasar e di Ratzinger, ha iniziato a lavorare alla rivista teologica internazionale Communio nel 1974 e dai primi anni Ottanta è il direttore dell’edizione anglo-americana. Ora è decano emerito e professore di Teologia fondamentale all’Istituto Giovanni Paolo II di Washington. Al Foglio racconta che quando ha letto la breve dichiarazione con cui Benedetto XVI ha annunciato la sua discesa dal soglio pontificio ha “visto un uomo completamente libero. Libero non nel senso ridotto e negativo con cui si intende comunemente il termine: la vera libertà non è la liberazione da un fardello troppo pesante per essere portato, ma il compimento della propria natura. In quelle parole c’è tutto il peso della meditazione, della preghiera e si intravede tutta la profondità di questo grande uomo. Chi conosce Benedetto XVI sa quale peso dà alle parole. Ovviamente tutti leggono fra le righe, cercano le ‘vere’ motivazioni in chissà quale cospirazione, ma è tutto lì, nelle sue parole. Dice che ha ‘ripetutamente esaminato la coscienza davanti a Dio’ ed è pervenuto alla ‘certezza’. ‘Ripetutamente’ e ‘certezza’ non sono parole scelte a caso, ma vengono da una profonda intimità con Dio”.

Molti commentatori, elogiando o deprecando il gesto, hanno parlato di una concessione della chiesa alla modernità: una chiesa in cui il Pontefice si dimette si assimila alle pratiche mondane, si riduce a istituzione fra le istituzioni. Schindler rovescia questa lettura, che non tiene conto della natura della chiesa: “E’ stato un gesto di grande coraggio e libertà ispirato all’amore per la chiesa. Il mondo oblitera, perché non la capisce, la dimensione mistica della chiesa e del papato. La chiesa non è un consiglio d’amministrazione, è un corpo mistico e insieme un’istituzione storica. I due aspetti sono legati alla radice, non si possono mai disgiungere. La scelta di Benedetto XVI va letta nell’orizzonte misterioso del suo personale rapporto con Dio. Questa prospettiva distrugge radicalmente le idee sciocche che il Papa abbia in qualche modo rifiutato di salire sulla croce o che la chiesa abbia fatto un passo verso la secolarizzazione: purtroppo sono in pochi a capire e accettare il modo in cui la chiesa definisce se stessa, e riportano tutti gli eventi che la riguardano alle categorie inadeguate di cui dispongono”.
Secondo Schindler Benedetto XVI ha voluto mandare un messaggio a tutta la chiesa, un messaggio che guarda alla sua condizione presente sullo sfondo del suo compito eterno: “Il riferimento alla preghiera e alla sofferenza è fortissimo – spiega – perché riunisce le due dimensioni fondamentali, quella della cultura e del rapporto con Dio. Collego la sofferenza alla crisi culturale del nostro tempo che il Papa ha affrontato con forza in tutta la sua riflessione teologica e nel papato; la preghiera è invece il riferimento alla dimensione eterna. Dico che è un messaggio nel senso che un gesto del genere impone a tutti, anche ai non credenti, di chiedersi: perché l’ha fatto? D’accordo, la vecchiaia e l’infermità sono motivazioni oggettive, e riconoscerle è proprio di una persona umile e realista come Ratzinger. Ma non si ritira in una villa con piscina. Continua a pregare e soffrire nel silenzio – e quante volte ha richiamato al valore del silenzio in questi anni. Credo che stia dicendo una cosa profondissima che getta un seme nuovo nel mondo: l’uomo deve ritrovare una dimensione più profonda e per farlo deve orientarsi al suo vero bene, il rapporto con Dio. Mi sembra assurdo e fuori luogo collegare direttamente i segreti di Fatima, per non parlare delle profezie di Malachia, all’abdicazione, ma trovo che la scelta del giorno della Vergine di Lourdes sia un segno di profonda connessione con il contenuto di tante apparizioni mariane, cioè la necessità della preghiera sullo sfondo di una grave crisi culturale”.

Nell’introduzione a una raccolta in inglese degli scritti di Ratzinger su Communio, Schindler ha scritto che “raramente scrive di qualsiasi affare della chiesa senza manifestare le sue implicazioni per l’uomo e per la cultura, e viceversa. Questo collegamento indissolubile è uno dei fattori distintivi della sua teologia”. E nell’abbandono del trono di Pietro, Benedetto XVI riafferma in forma rivoluzionaria questo legame indissolubile, invitando gli uomini a scavare nelle cose mondane per accedere a una profondità ulteriore. Un gesto di forza che paolinamente si manifesta nell’apparente debolezza. “E’ così che agisce la Provvidenza. Il nostro compito è di osservare realmente quello che il Papa ha detto e di custodire questo gesto nei cuori affinché porti frutto. Il resto mi sembra una stupida diminuzione”.

di Mattia Ferraresi – @mattiaferraresi© - FOGLIO QUOTIDIANO

Paparatzifan
00venerdì 15 febbraio 2013 16:07
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PAPA: LE SUE LACRIME PER GLI ABUSI SESSUALI E LA CONGIURA DEL SILENZIO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 14 feb.

"Possano la nostra tristezza e le nostre lacrime, il nostro sforzo sincero di raddrizzare gli errori del passato, e il nostro fermo proposito di correzione, portare abbondanti frutti di grazia".
Nell'ultima riga della sua Lettera sugli abusi sessuali in Irlanda, pubblicata il 20 marzo 2010, Benedetto XVI utilizza il plurale delle dichiarazioni solenni, unendo il suo dolore sincero a quello delle vittime di tanto scempio: in altri Paesi, ricorda, "mi sono soffermato con loro, ho ascoltato le loro vicende, ho preso atto della loro sofferenza, ho pregato con e per loro, cosi' come - assicura Ratzinger in risposta a una precisa richiesta delle associazioni irlandesi degli abusati - sono disponibile a farlo in futuro".
Ma soprattutto con quel plurale Ratzinger esprime "apertamente", e senza cercare alibi per se' e per l'intera Gerarchia Cattolica, "la vergogna e il rimorso che tutti proviamo".
"Tutti noi stiamo soffrendo come conseguenza dei peccati di nostri confratelli che hanno tradito una consegna sacra o non hanno affrontato in modo giusto e responsabile le accuse di abuso", spiega il Papa, oggi dimissionario, qualificando nello stesso modo - ed e' uno dei grandi elementi di novita' di questo straordinario documento - i crimini dei preti pedofili e la colpevole passivita' dei vescovi.
"Seri errori furono commessi nel trattare le accuse", ammise dunque il Pontefice tedesco, che confessava di aver provato in prima persona anch'egli "lo sgomento e il senso di tradimento che molti hanno sperimentato al venire a conoscenza di questi atti peccaminosi e criminali e del modo in cui le autorita' della Chiesa in Irlanda li hanno affrontati".
A seguito di una Visita Apostolica in alcune diocesi dell'Irlanda, come pure in seminari e congregazioni religiose", il Pontefice ha poi sostituito una decina di presuli irlandesi (sono 77 quelli rimossi in 8 anni di Pontificato in tutto il mondo) e estromesso dalla gestione pastorale ed amministrativa il primate, cardinale Sean Brady mandando un coadiutore con pieni poteri ad affiancarlo.
Una linea di aquiescenza si era affermata in modo sistematico dopo il Concilio Vaticano II. E se Giovanni XXIII e Paolo VI ignorarono il dramma che si sviluppava, quando il 16 ottobre 1978 venne eletto Karol Wojtyla, che arrivava da una realta' dove la Chiesa era stata osteggiata dal regime comunista con ogni mezzo, comprese accuse calunniose di pedofilia, il problema fu ancora sottovalutato, come testimonia una lettera del cardinale Dario Castrillon Hoyos, allora prefetto per il clero, che nel 2001 scrisse a un vescovo francese congratulandosi con lui per la mancata segnalazione di un prete pedofilo alla polizia.
L'unico in Curia a difendere le vittime e cercare di rendere loro giustiza era l'allora cardinale Ratzinger che da papa ha poi completato il quadro normativo avviato con Giovanni Paolo II, consentendo un salto di qualita' nella lotta alla pedofilia che sta dando i suoi frutti, come tutti i dati recenti riconoscono. Nessuna legge statale persegue i rapporti sessuali con i minorenni - anche maggiori di 16 anni - con la stessa severita', nessuna fa decorrere i termini di prescrizione - 10 anni, cioe' il doppio che in Italia - al raggiungimento del 18esimo anno della vittima.
Ci sono certo delle zone d'ombra nella gestione dei casi prima del 2001, ma esse riguardano in primis la responsabilita' dei vescovi locali - quelli che rifiutavano il ruolo di guide e maestri preferendo la condivisione e l'amicizia - che cercavano di non istruire i processi magari convincendo i sacerdoti pedofili a chiedere la riduzione allo stato laicale per potersi sposare, come accaduto nel caso Kiesle. O coprivano i pedofili perche' rei anch'essi degli stessi crimini, come l'ex arcivescovo benedettino Weakland. Quanto ai due casi nei quali Ratzinger fu fermato dal Papa polacco, Maciel e Groer, il Pontefice ora dimissionario ebbe maggiore percezione delle tremende e impensabili realta' che riguardavano il fondatore di un importante ordine religioso e il cardinale di Vienna rispetto al predecessore. Su Groer, tra l'altro, alla fine Wojtyla si convinse, tanto che prima gli affianco' Schoenborn e poi lo confino' in un monastero in Germania. Analogo trattamento Ratzinger - che invece pote' punire Maciel solo dopo l'elezione del 19 aprile 2005 - ha riservato al cardinale di Los Angeles, Roger Mahoney (accusato di aver coperto 129 casi), che ha prima affiancato e poi sostituito arrivando infine ad autorizzare il successore, monsignor Jose' Gomez a sollevarlo da tutti gli incarichi e dalle celebrazioni pubbliche. Ma ora i cardinali Mahoney e Brady parteciperanno al Conclave e Joseph Ratzinger se ne stara', come ha promesso, "nascosto dal mondo, in preghiera".

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Paparatzifan
00venerdì 15 febbraio 2013 16:28
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PAPA: COME TEDESCO HA CONDANNATO CON FORZA I CRIMINI DEL NAZISMO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 14 feb.

"Papa Giovanni Paolo II era qui come figlio del popolo polacco. Io sono oggi qui come figlio del popolo tedesco, e proprio per questo devo e posso dire come lui: 'Non potevo non venire qui. Dovevo venire'". Sono le parole di Benedetto XVI nella visita del 28 maggio 2006 al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, "luogo di orrore, di accumulo di crimini contro Dio e contro l'uomo che non ha confronti nella storia". Parole emblematiche, pronunciate con sofferenza perche' "e' particolarmente difficile e opprimente per un cristiano, per un Papa che proviene dalla Germania" trovarsi, disse," in un luogo come questo, dove vengono meno le parole, in fondo può restare soltanto uno sbigottito silenzio, un silenzio che e' un interiore grido verso Dio: ‘Perché, Signore, hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo?’".
"Il grido delle vittime della Shoah - che per il Papa sono state sei milioni - echeggia ancora nei nostri cuori, e' un grido che si leva contro ogni atto di ingiustizia e di violenza: e' il grido di Abele che sale verso l'Onnipotente", ha detto nella commovente visita allo Yad Vashem di Gerusalemme, l'11 maggio 2009, quando per indicare quanto disumanizzante fosse la follia del nazismo ha esclamato: "per quanto ci si sforzi, non si può mai portare via il nome ad un altro essere umano". E due mesi prima, nel discorso all'aeroporto di Luanda, al termine della sua prima visita in Africa, aveva confidato: "provengo da un Paese dove la pace e la fraternità sono care ai cuori di tutti i suoi abitanti, in particolare di quanti, come me, hanno conosciuto la guerra e la divisione tra fratelli appartenenti alla stessa Nazione a causa di ideologie devastanti e disumane, le quali, sotto la falsa apparenza di sogni e illusioni, facevano pesare sopra gli uomini il giogo dell'oppressione".
Se Papa Wojtyla aveva interpretato la sua ascesa al Pontificato anche come una chiamata per i polacchi a riscoprire la loro dignità offuscata dalla dittatura comunista, il Pontefice tedesco si e' sentito chiamato a sradicare i germi ancora vivi del nazismo, di qui l'accostamento fatto nell’agosto 2009 a Castelgandolfo tra i lager hitleriani e le conseguenze del nichilismo nella società di oggi: "i lager nazisti, come ogni campo di sterminio, possono essere considerati simboli estremi del male, dell'inferno che si apre sulla terra quando l'uomo dimentica Dio e a Lui si sostituisce, usurpandogli il diritto di decidere che cosa e' bene e che cosa e' male, di dare la vita e la morte", ha detto infatti Benedetto XVI ricordando i due martiri di Auschwitz canonizzati dal predecessore: Edith Stein e Massimiliano Kolbe, per denunciare che "purtroppo questo triste fenomeno non e' circoscritto ai lager. Essi sono piuttosto la punta culminante di una realtà ampia e diffusa, spesso dai confini sfuggenti".
Nello stesso discorso, il Pontefice ha esortato a "riflettere sulle profonde divergenze che esistono tra l'umanesimo ateo e l'umanesimo cristiano; un'antitesi che attraversa tutta quanta la storia, ma che alla fine del secondo millennio, con il nichilismo contemporaneo, e' giunta ad un punto cruciale, come grandi letterati e pensatori hanno percepito, e come gli avvenimenti hanno ampiamente dimostrato".
"Da una parte - ha rilevato il Pontefice - ci sono filosofie e ideologie, ma sempre più anche modi di pensare e di agire, che esaltano la libertà quale unico principio dell'uomo, in alternativa a Dio, e in tal modo trasformano l'uomo in un dio, che fa dell'arbitrarietà il proprio sistema di comportamento. Ma per Papa Ratzinger, anche oggi "la 'dittatura del relativismo’ minaccia di oscurare l'immutabile verità sulla natura dell'uomo, il suo destino e il suo bene ultimo". Servono "voci chiare, che propongano il nostro diritto a vivere non in una giungla di libertà auto-distruttive ed arbitrarie", ha ricordato a circa 100 mila fedeli radunati nel Bellahouston Park di Glasgow, nel viaggio del settembre 2010. "Vi sono oggi alcuni - ha denunciato nella sua omelia - che cercano di escludere il credo religioso dalla sfera pubblica, di privatizzarlo o addirittura di presentarlo come una minaccia all'uguaglianza e alla libertà". Per il Papa teologo, "al contrario, la religione e' in verità una garanzia di autentica libertà e rispetto, che ci porta a guardare ogni persona come un fratello od una sorella". "Per questo motivo - ha spiegato - faccio appello in particolare a voi, fedeli laici, affinche', in conformità con la vostra vocazione e missione battesimale, non solo possiate essere esempio pubblico di fede, ma sappiate anche farvi avvocati nella sfera pubblica della promozione della sapienza e della visione del mondo che derivano dalla fede".
L'esortazione rivolta ai responsabili della società e' dunque a lavorare "per il vero benessere dei cittadini, offrendo loro guida e protezione di fronte alle loro debolezze e fragilità". "Non abbiate paura - ha chiesto Ratzinger ai cattolici della Scozia - di dedicarvi a questo servizio in favore dei vostri fratelli e sorelle, e del futuro della vostra amata nazione. Desidero incoraggiare i professionisti, i politici e gli educatori cattolici scozzesi a non perdere mai di vista - ha scandito - la loro chiamata ad usare i propri talenti e la propria esperienza a servizio della fede, confrontandosi con la cultura scozzese contemporanea ad ogni livello".

© Copyright AGI


Paparatzifan
00sabato 16 febbraio 2013 00:31
Da "Quotidiano,net"...

Il Pontefice picconatore

di Pier Francesco De Robertis

BANALIZZANDO si potrebbe dire che Benedetto XVI vuole togliersi qualche sassolino dalle scarpe, o che una volta liberato dal peso del Pontificato intenda «scuotere», cossighianamente picconare, la Chiesa. Ma Ratzinger è intellettuale raffinato e non meriterebbe una banalizzazione del genere.
Un fatto è certo: da lunedì scorso il Papa ha tirato una bordata dietro l’altra, ha sparato alzo zero contro i difetti della Chiesa e i rischi di divisioni, contro gli individualismi e il carrierismo di certi personaggi interni alla Gerarchia. Con un linguaggio franco, diretto, che non lascia spazio a dubbi. Un linguaggio facile da comprendere, davvero poco professorale, e che per questo aumenta il suo peso specifico. L’audience aumenta.
E come nel 2005 quando denunciò i peccati della «barca di Pietro», siamo di fronte a un programma, che, per il Papa, la Chiesa deve seguire di qui a poco. Quando inizierà il conclave.

RATZINGER sa che eleggere un papa con il predecessore ancora in vita è cosa diversa dal farlo con il papa «uscente» già sepolto nelle Grotte vaticane, e indica la strada. Senza paura, con nettezza.
Anche se potrebbe, Benedetto XVI non intende perdersi in giochetti di palazzo, dire o far dire ’vorrei tizio o vorrei caio’, ma con la perentorietà dei suoi ultimi interventi, addita una direzione da seguire. Portando così alle estreme conseguenze un ammodernamento della Chiesa che in queste dimensioni mai prima di lui un papa aveva fatto. Lui, il cardinale indicato da tutti come il principe dei conservatori.
Sa che questi sono i suoi ultimi discorsi, sa che tutto il mondo non ha orecchi che per le sue parole, molto più che negli anni scorsi, e quindi in qualche modo inchioda i futuri elettori alle proprie responsabilità. Sa di essere il primo papa della storia a poter lasciare un testamento spirituale in grado di incidere sull’attualità della Chiesa, e sente come suo dovere non risparmiarsi. È un intellettuale e non un diplomatico. Più che altro è un pastore, e quando arriva il lupo della divisione, dell’egoismo, dell’opportunismo, il pastore inizia a gridare.

di Pier Francesco De Robertis


Paparatzifan
00sabato 16 febbraio 2013 00:38
Dal blog di Lella...

Il Papa ai vescovi liguri: la figura di Pietro non tramonta

Benedetto XVI ha incontrato stamani i vescovi della Conferenza episcopale della Liguria, in vista “ad Limina”, guidati dal cardinale arcivescovo di Genova e presidente della Cei Angelo Bagnasco. Con lui c’era anche il vescovo di Ventimiglia-San Remo, mons. Alberto Maria Careggio. Sergio Centofanti lo ha intervistato:

“L’incontro è stato molto emozionante. Eravamo tutti particolarmente in attesa di poter vedere il Santo Padre, il quale ci ha accolto con la stessa amabilità delle altre volte. È stato attentissimo ai problemi delle nostre diocesi, interessandosi proprio nei dettagli. Per questo motivo, questo incontro è stato molto carico sia di emozione che di attenzione da parte del Santo Padre. Noi l’abbiamo trovato molto tranquillo, molto sereno. Ci ha ovviamente invitato a pregare per lui. Non solo, ha affermato che la figura di Pietro non tramonta, e quindi ci ha esortato ad essere tanto uniti alla Chiesa e di saper pregare, perché la promessa di Gesù a Pietro è una promessa che non viene meno”.

© Copyright Radio Vaticana


Paparatzifan
00sabato 16 febbraio 2013 00:45
Dal blog di Lella...

I gesti del Papa come un'enciclica

''Ha sempre cercato di distogliere lo sguardo della gente da lui, dalla sua persona, per condurlo e indirizzarlo verso il Signore''. Ai vescovi liguri l'incoraggiamento dopo un ascolto attento

Luigi Crimella

Quello che era stato definito da alcuni il “Papa teologo”, quasi a voler sottolineare una distanza “dal mondo e tanto più dalla vita concreta della gente”, è invece - nelle parole del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, arcivescovo di Genova e presidente dei vescovi liguri - “un Pontefice entrato nel cuore, nell’anima della gente”. Intervista a tutto campo sui sentimenti, sulla sorpresa, lo sconcerto, ma anche sulla grande “serenità” che il Papa, per primo, sta dimostrando in queste ore e in questi giorni.

Cosa ha detto oggi Benedetto XVI ai vescovi liguri, da lei guidati come presidente della Conferenza episcopale regionale, nella “visita ad limina”? Che racconto avete fatto delle vostre comunità?

“Il Santo Padre anzitutto ci ha ascoltato, prima di parlare, invitando ogni vescovo a rappresentare lo stato della sua diocesi, in sintesi, ma con puntualità. Ha ascoltato con molta attenzione, ha posto anche domande specifiche, in modo da potersi informare meglio possibile. Alla fine ci ha parlato, incoraggiandoci a continuare nella guida delle nostre Chiese, esortandoci a sostenere i sacerdoti e le comunità cristiane; sempre più cogliendo, insieme alle difficoltà e ai problemi della pastorale odierna, anche e innanzitutto il ‘bene’. Perché questo è giusto rispetto a Dio, perché Dio opera sempre e ci precede nel cuore degli uomini, nel cuore della gente. Allora innanzitutto dobbiamo cogliere la presenza di Dio nel mondo, certo senza nasconderci difficoltà, problemi e sfide, ma sempre a partire da questo”.

Cosa riporterete al popolo cristiano della Liguria di questo colloquio?

“Diremo le emozioni, i sentimenti che questa ultima ‘visita ad limina’ al Santo Padre ci ha suscitato. Sostanzialmente due cose: primo, una grande commozione. Eravamo veramente commossi di fronte a questa figura diventata così esile, così mite, così dolce. E, quindi, il secondo aspetto, fatto di rincrescimento, certamente; però tutto dentro un orizzonte di grande serenità. Il Papa si è presentato a noi estremamente sereno e la sua parola ci ha rasserenato e infuso fiducia. Abbiamo percepito profondamente che questa parola nasceva e nasce da un cuore che è sereno perché centrato su Dio”.

Eminenza, molto si è detto e scritto, in tutto il mondo, di questa decisione inaspettata del Papa. Che lezione traiamo oggi, a distanza di quasi una settimana dal suo annuncio?

“È come se il Papa in un certo senso - siamo nell’Anno della fede - sottraendo la sua persona allo sguardo del mondo e della comunità cristiana, invitasse i credenti a puntare lo sguardo di più verso il Signore. Il Santo Padre ha sempre avuto questa attenzione. Lo si è percepito, se lo si guardava con attenzione e con affetto, nelle sue parole e anche nei suoi gesti. Ha sempre cercato di distogliere lo sguardo della gente da lui, dalla sua persona, per condurlo e indirizzarlo verso il Signore. In fondo, possiamo leggere questo suo tratto anche come un ulteriore ammaestramento, una ulteriore catechesi sulla fede. Potremmo dire una nuova ‘enciclica’”.

Il Papa, nel dare al mondo il suo annuncio, ha parlato di età che avanza inesorabile. Eppure ieri, nel suo incontro con il clero romano, è apparso ai più in grande spolvero intellettuale. L’età dei “pastori” è davvero destinata a divenire una questione dirimente da qui in avanti?

“Per quanto riguarda la vivacità spirituale e intellettuale del Santo Padre non c’è da meravigliarsi assolutamente, perché la sua parola e il suo magistero sono sempre stati di una estrema lucidità e di grandissima profondità. Quindi non mi meraviglia affatto che anche in questo incontro con il clero romano abbia espresso proprio tutta la sua intelligenza, il suo cuore, la sua fede fatta di verità e di amore. Non c’è da meravigliarsi per questo. Sono le forze fisiche che vengono meno. È questo l’elemento che lui ha denunciato nella sua comunicazione ai cardinali e al mondo; tanto da portarlo ad assumere una decisione storica. Per quanto riguarda l’età dei pastori, credo che qui non ci sia una risposta adesso da parte mia, perché - se vorranno - saranno i cardinali che affronteranno, quando sarà il momento, questa questione. Al presente, mi pare una domanda che riguarda il futuro”.

Il popolo di Dio che è in Italia come ha vissuto questo evento?

“Grandissima sorpresa, un senso di sconcerto, un grande dolore. Queste sono le reazioni immediate di tutti a cominciare da noi cardinali, dei preti, religiosi, di tutti i fedeli. Questo è stato il primo impatto, inevitabile, più che comprensibile, bello direi, perché dà la misura di quanto il Papa Benedetto XVI sia entrato nel cuore, nell’anima della gente. Il Papa ‘teologo’, così si era subito detto all’inizio del suo Pontificato, come fosse sinonimo di una persona distante dal mondo e tanto più dalla vita concreta della gente. Invece no, perché ben presto, col passare dei mesi, Benedetto XVI si è rivelato sempre più anche il Papa ‘pastore’, come è naturale, un vero maestro e pastore della Chiesa universale. Questo rincrescimento, insieme alla sorpresa, al rammarico e allo sconcerto, direi che sono proprio il segno di quanto Benedetto XVI sia entrato nel cuore della gente. Certamente dei credenti, della comunità cattolica, dei cristiani, ma penso anche del mondo”.

© Copyright Sir


Paparatzifan
00sabato 16 febbraio 2013 00:48
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La saggezza non invecchia mai

di Shimon Peres*

Sono dispiaciuto per la decisione del Papa di rinunciare al pontificato. Si tratta di una decisione originale, perché egli è un uomo originale e coraggioso. Lo considero un leader spirituale straordinario e unico.
Ritengo che il contributo di Benedetto XVI abbia avuto un impatto importante. È un uomo dal pensiero profondo. Il corpo può invecchiare, ma la saggezza non invecchia mai.
Il suo impegno per la pace e l'umanità è autentico. Ha la sincerità del vero credente, la saggezza di chi comprende i cambiamenti della storia e la consapevolezza che, nonostante le differenze, non dobbiamo diventare estranei o nemici.
Nell'ambito delle relazioni tra la Chiesa cattolica e il popolo ebraico ha compiuto numerosi gesti. Ha affermato che il popolo ebraico non è responsabile della morte di Gesù; ha ribadito che gli ebrei sono «i nostri fratelli maggiori» e ha detto che Dio non ha mai abbandonato il popolo ebraico. Ha visitato Israele e il Tempio maggiore a Roma per esprimere la sua amicizia e la sua solidarietà. In Israele lo ho accompagnato personalmente. Ed è stato amichevole in un modo eccezionale e davvero colmo di affetto. Ha pregato per la pace in Medio Oriente, proprio come facciamo io e altri.
Non può essere considerato come il leader amministrativo del Vaticano, ma come la guida spirituale, dotata di profondità, conoscenza e saggezza. Lo considero un amico. Gli auguro ogni bene e rimarrò in contatto con lui.
A Gerusalemme pregheremo affinché possa riacquistare la forza fisica e offrire la propria saggezza, profondità e amicizia a tutti i popoli, a tutte le religioni.
Lo ricorderemo con rispetto e stima per quanto ha fatto.

*Presidente di Israele

(©L'Osservatore Romano 16 febbraio 2013)


Paparatzifan
00sabato 16 febbraio 2013 14:51
Dal blog di Lella...

L'ultima intervista di Benedetto XVI: "Io anziano, basta ciò che ho fatto"

Per il suo biografo Seewald non è stato il caso Vatileaks a indurre il Pontefice a dimettersi

Papa Benedetto XVI esce un'intervista di dieci settimane fa al suo biografo Peter Seewald. Ad anticiparla, il magazine tedesco Focus

CITTA’ DEL VATICANO, 16 febbraio 2013

Dopo l'ultima nomina del suo Pontificato - quella del presidente dello Ior, il tedesco Von Freyberg - di Papa Benedetto XVI esce il contenuto di un'intervista rilasciata dieci settimane fa al suo biografo Peter Seewald. Ad anticiparla, il magazine tedesco Focus.
Non è stato il caso Vatileaks a indurre Benedetto XVI a rassegnare le dimissioni: afferma Peter Seewald, che sta scrivendo una nuova biografia del Papa e ha avuto con lui numerosi colloqui, l’ultimo dei quali è avvenuto dieci settimane fa in Vaticano.
In una conversazione di un’ora e mezza svoltasi nello scorso mese di agosto a Castelgandolfo, Papa Ratzinger dichiarò al giornalista di non essere rimasto sconvolto dalle rivelazioni di Vatileaks. “Non sono caduto in una specie di disperazione o di dolore indicibile, la cosa mi è semplicemente incomprensibile”, affermò il Papa.
VATILIKEAS - "Né spaesato né’ stanco, dopo Vatilikeas", dice d'essersi sentito il Papa. Alla domanda su cosa ci fosse da aspettarsi dal suo pontificato invece il Papa rispose: "Da me? Non molto. Io sono un uomo anziano le mie forze diminuiscono. Credo che possa anche bastare quel che ho fatto".
In Vatilieaks era importate che venisse "garantita la indipendenza della giustizia, che un monarca non dicesse, adesso prendo io le cose in mano’’, continua il Papa al suo biografo che con il Papa ha fatto il libro-intervista ‘’Luce del mondo’’.
IL MAGGIORDOMO - "Non potrei dire, che io sia caduto in qualche sorta di disperazione o dolore universale. Mi è semplicemente incomprensibile. Anche se vedo la persona, non posso capire, che cosa ci si possa aspettare. Non riesco a penetrare in questa psicologia", ha detto il Papa circa di Paolo Gabriele.

qn.quotidiano.net/cronaca/2013/02/16/846345-papa-benedetto-xvi-intervista-focus-anziano-vatileaks-maggiordo...


Paparatzifan
00sabato 16 febbraio 2013 14:54
Dal "Corriere.it"...

LE CONVERSAZIONI DEL PONTEFICE CON IL BIOGRAFO PETER SEEWALD

Il Papa sul maggiordomo di Vatileaks - «La sua psicologia mi è incomprensibile»
Benedetto XVI confessò: le mie forze diminuiscono


«Non potrei dire che io sia caduto in qualche sorta di disperazione o dolore universale. Mi è semplicemente incomprensibile. Anche se vedo la persona, non posso capire che cosa ci si possa aspettare. Non riesco a penetrare in questa psicologia». Lo ha detto Benedetto XVI a proposito di Paolo Gabriele - il maggiordomo accusato di aver sottratto e divulgato le carte dalla scrivania della segreteria papale - in una conversazione di circa dieci settimane fa con il suo biografo Peter Seewald, pubblicata adesso sul magazine tedesco Focus. Il Pontefice dice anche di non essere stato «né spaesato né stanco» dopo Vatileaks. E aggiunge che era importate venisse «garantita l'indipendenza della giustizia, che un monarca non dicesse, adesso prendo io le cose in mano».

«SONO ANZIANO» - Alla domanda su cosa ci fosse da aspettarsi dal suo pontificato invece il Papa rispose «Da me? Non molto. Io sono un uomo anziano le mie forze diminuiscono. Credo che possa anche bastare quel che ho fatto». Seewald rivela di non aver mai visto prima il Papa così stremato e abbattuto, al punto che solo raccogliendo le sue ultime forze riuscì a terminare il terzo volume su Gesù. «Questo è il mio ultimo libro», confessò in un'occasione Benedetto XVI.

Redazione Online
16 febbraio 2013 | 13:09


Paparatzifan
00sabato 16 febbraio 2013 15:00
Da "Incrocinews.it"...

DOCUMENTO

«Benedetto XVI, una limpida testimonianza di fede»

Lettera dell'Arcivescovo ai fedeli ambrosiani, che dovrà essere letta all’inizio delle celebrazioni eucaristiche della prima domenica di Quaresima. In allegato intenzioni per la preghiera dei fedeli e le prime indicazioni liturgiche per il periodo di sede vacante

Intenzioni di preghiera per la prima Domenica di Quaresima
Prime indicazioni per il periodo di sede papale vacante
«Una decisione presa da un uomo di Dio»

15.02.2013

L’Arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, ha scritto una lettera a tutti i fedeli della Chiesa ambrosiana in seguito «all’inaspettato e umile gesto di rinuncia al Pontificato da parte di Benedetto XVI». Ecco il testo integrale, che l’Arcivescovo chiede che venga letto all’inizio di tutte le Celebrazioni Eucaristiche della Prima domenica di Quaresima.

Milano, 17 febbraio 2013
I Domenica di Quaresima
Carissime sorelle, carissimi fratelli in Cristo Gesù nostro Signore,
di fronte all’inaspettato ed umile gesto di rinuncia al Pontificato da parte di Benedetto XVI non sono importanti i sentimenti che, sul momento, hanno occupato il nostro cuore. Conta la limpidezza del gesto di fede e di testimonianza del nostro caro Papa. Esso si è subito imposto, a noi e a tutto il mondo.
È impossibile non rievocare con speciale gratitudine il dono della Visita di Benedetto XVI alla nostra Diocesi in occasione del VII Incontro Mondiale delle Famiglie. In quei giorni siamo stati veramente confermati nella fede dal Successore di Pietro: la sua presenza tra noi è stata il segno visibile della vicinanza di Dio al Suo popolo.
Anche attraverso questa Sua decisione, presa in coscienza davanti a Dio, in totale libertà e motivata unicamente dal bene della Chiesa, Benedetto XVI continua a confermare la nostra fede. Nell’Udienza generale del 13 febbraio scorso, Egli ha ribadito che «la Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura».
La testimonianza del Papa ci ha mostrato che cosa sia una vita piena, capace di stare di fronte a Gesù, destino dell’uomo.
A ciascuno personalmente e a tutti noi insieme tocca ora la responsabilità di accompagnare il Collegio dei Cardinali nell’accogliere l’iniziativa dello Spirito Santo per la scelta del nuovo Papa.
Siamo all’inizio della Santa Quaresima: dedichiamoci con più energia alla preghiera personale, familiare e comunitaria. Vigiliamo sull’uso del nostro tempo, dando spazio a gesti di penitenza e di carità che dispongano il nostro cuore alla grazia redentrice di Cristo. Raccomando in modo particolare la recita quotidiana del Santo Rosario, la confessione e, nella misura del possibile, la partecipazione ad un gesto liturgico infrasettimanale.
«Pietro ed Ambrogio, una sola fede»: è questa la fonte della nostra fiducia.

Con affetto vi benedico.

Angelo cardinale Scola
Arcivescovo di Milano


Paparatzifan
00sabato 16 febbraio 2013 15:02
Dal blog di Lella...

PAPA: LOMBARDI, MIRABILE SAGGEZZA IN QUESTO ATTO DI GOVERNO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 16 feb.

"Un grande atto di governo della Chiesa" compiuto con "mirabile saggezza umana e cristiana" .
Cosi' padre Federico Lombardo definisce in una nota le dimissioni del Papa, motivate, spiega, "non tanto, come qualcuno pensa", dal fatto che a 85 anni "non sentisse piu' le forze per guidare la Curia romana, quanto perche' affrontare oggi i grandi problemi della Chiesa e del mondo, di cui il Papa e' piu' che consapevole, richiede forte vigore e un orizzonte di tempo di governo proporzionato a imprese pastorali di ampio respiro e non piccola durata".
Per padre Lombardi, l'uomo Joseph Ratzinger "vive davanti a Dio nella fede in liberta' di spirito, conosce le sue responsabilita' e le sue forze, e indica con la sua rinuncia una prospettiva di rinnovato impegno e di speranza".
"In questi giorni - sottoline - ha detto di sentire quasi fisicamente l'intensita' della preghiera e dell'affetto che lo accompagna". E, assicura il gesuita a nome dei cattolici del mondo, "sentiremo a nostra volta l'intensita' unica della sua preghiera e del suo affetto per il Successore e per noi". "Probabilmente - prevede Lombardi - questo rapporto spirituale sara' ancora piu' profondo e piu' forte di prima. Comunione intensa in una liberta' assoluta". "Benedetto - conclude - non ci abbandona nel tempo della difficolta', con fiducia invita la Chiesa ad affidarsi allo Spirito e ad un nuovo Successore di Pietro".

© Copyright (AGI)

PAPA: LOMBARDI, CHI LO CONOSCE BENE NON SI E' STUPITO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 16 feb.

La rinuncia del Papa "e' una decisione che ha stupito piu' chi non lo conosceva, che chi lo conosceva bene e lo seguiva con attenzione. Aveva parlato chiaramente di questa eventualita' in tempi non sospetti, nel libro-intervista 'Luce del mondo'".
Lo afferma il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, che tuttavia rileva - nella consueta nota del sabato - come la dichiarazione fatta da Benedetto XVI lunedi' scorso abbia scosso il mondo, tanto era inaspettata ed inusuale per i piu', dentro e fuori la Chiesa e il Vaticano". "Tutti - ammette Lombardi - ne siamo stati profondamente toccati e stiamo ancora cercando di mettere a fuoco la sua portata e il suo significato".
Nella sua nota, padre Lombardi elenca una serie di "indizi" che letti ora possono far pensare alla rinuncia come prevedibile: "il Papa - spiega - aveva un modo sempre discreto e prudente di parlare degli impegni futuri del suo Pontificato; era assolutamente chiaro che stava svolgendo una missione ricevuta piuttosto che esercitare un potere posseduto". "Davvero - osserva - non era stata falsa umilta' quella con cui si era qualificato all'esatto inizio del pontificato come 'un umile lavoratore nella vigna del Signore', sempre attento ad impiegare con saggezza le sue forze fisiche non esuberanti, per poter svolgere al meglio il compito immenso affidatogli, in modo per lui inaspettato, in un'eta' gia' piuttosto avanzata".

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00sabato 16 febbraio 2013 15:07
Dal blog di Lella...

Ratzinger si dimise da cardinale ma Wojtyla lo convinse a restare

Nel 1995 lo scontro con la Curia sugli scandali sessuali

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

Joseph Ratzinger si era già dimesso: nel 1995, da cardinale.
Quand’era prefetto dell’ex Sant’Uffizio, si scontrò duramente con ministri della Santa Sede e stretti collaboratori di Giovanni Paolo II. Ratzinger voleva subito sanzionare il cardinale Hans Hermann Groer, arcivescovo di Vienna accusato di molestie sessuali, mentre la Curia faceva quadrato a sua difesa.
Di fronte alle resistenze dei maggiorenti d’Oltretevere, il futuro Benedetto XVI rinunciò all’incarico e decise di lasciare il Vaticano per tornare agli studi teologici e dedicarsi esclusivamente alla preghiera e allo studio. Fu Karol Wojtyla a dissuaderlo «in extremis» dall’abbandono e a convincerlo a proseguire nella sua missione cardinalizia alla Congregazione per la dottrina della fede. Diciotto anni dopo la storia si è ripetuta. Stavolta Ratzinger è sul soglio di Pietro, ma le resistenze curiali alla sua azione riformatrice si sono riproposte con la stessa logica corporativa.
Ad ostacolare la «purificazione» anti-abusi sono stati, infatti, settori degli episcopati nazionali e del Sacro Collegio, come nella vicenda dell’arcivescovo emerito di Los Angeles, Roger Mahony, reo di aver coperto i preti pedofili della sua diocesi. La linea papale di «tolleranza zero» inciampò quattro mesi fa anche nell’allontanamento imprevisto del pm anti-pedofilia Charles Scicluna, trasferito a fare il vescovo a Malta in seguito a scontri con conferenze episcopali e porporati contrari alla rimozione dei presuli accusati di aver insabbiato abusi. La lotta alla pedofilia nel clero è stato il principale fronte dell’infinito scontro tra Ratzinger e il Sacro Collegio. Una linea di acquiescenza si era affermata dopo il Concilio. Roncalli e Montini ignorarono il dramma che si sviluppava. Con Wojtyla, che arrivava da una realtà dove la Chiesa era stata osteggiata dal regime comunista con ogni mezzo (comprese accuse calunniose di pedofilia) il problema fu ancora sottovalutato.
L’unico in Curia a difendere le vittime e cercare di rendere loro giustizia era Ratzinger che divenuto Papa ha cambiato il quadro normativo. Nessuna legge statale persegue i rapporti sessuali con i minorenni con la stessa severità, nessuna fa decorrere i termini di prescrizione (10 anni, cioè il doppio che in Italia) al raggiungimento del 18° anno della vittima. Prima i vescovi cercavano di non istruire i processi magari convincendo i sacerdoti pedofili a chiedere la riduzione allo stato laicale per potersi sposare, come accaduto nel caso Kiesle. O coprivano i pedofili perché rei anch’essi degli stessi crimini, come l’ex arcivescovo benedettino Weakland. Quanto ai due casi nei quali Ratzinger fu fermato da Wojtyla (Maciel e Groer), Ratzinger ebbe maggiore percezione delle tremende e impensabili realtà che riguardavano il fondatore di un importante ordine religioso e il cardinale di Vienna rispetto al predecessore. Su Groer, alla fine Wojtyla si convinse, tanto che prima gli affiancò Schoenborn e poi lo confinò in un monastero in Germania. Analogo trattamento Ratzinger (che poté punire Maciel solo dopo l’elezione) ha riservato al cardinale Mahoney (accusato di aver coperto 129 casi), che ha prima affiancato e poi sostituito arrivando infine ad autorizzare il successore, José Gomez, a sollevarlo da tutti gli incarichi e dalle celebrazioni pubbliche. Ora i porporati Mahoney e il primate irlandese Brady parteciperanno al conclave e Ratzinger se ne starà «nascosto dal mondo, in preghiera». Ma nella Cappella Sistina entrerà anche il ratzingeriano Schoenborn, che a Vienna «purificò« la diocesi dagli scandali sessuali del predecessore. Mahoney non può celebrare pubblicamente la messa ma parteciperà all’elezione del Pontefice.

© Copyright La Stampa, 16 febbraio 2013


Paparatzifan
00sabato 16 febbraio 2013 15:11
Dal blog di Lella...

Padre Lombardi: il Papa non ha esercitato un potere ma svolto una missione

Per chi lo conosceva bene era chiaro che stava "volgendo una missione ricevuta piuttosto che esercitare un potere posseduto". Nel suo editoriale per la Radio Vaticana, il direttore generale padre Federico Lombardi torna con queste parole sulla rinuncia di Benedetto XVI al ministero petrino. Con il Papa, scrive padre Lombardi, resterà "una comunione intensa in una libertà assoluta":

La dichiarazione della rinuncia al Pontificato da parte di Benedetto XVI lunedì scorso ha scosso il mondo, tanto era inaspettata ed inusuale per i più, dentro e fuori la Chiesa e il Vaticano. Tutti ne siamo stati profondamente toccati e stiamo ancora cercando di mettere a fuoco la sua portata e il suo significato.

Ma, per essere sinceri, è una decisione che ha stupito più chi non lo conosceva, che chi lo conosceva bene e lo seguiva con attenzione. Aveva parlato chiaramente di questa eventualità in tempi non sospetti, nel libro-intervista “Luce del mondo”; aveva un modo sempre discreto e prudente di parlare degli impegni futuri del suo pontificato; era assolutamente chiaro che stava svolgendo una missione ricevuta piuttosto che esercitare un potere posseduto. Davvero non era stata falsa umiltà quella con cui si era qualificato all’esatto inizio del pontificato come “un umile lavoratore nella vigna del Signore”, sempre attento ad impiegare con saggezza le sue forze fisiche non esuberanti, per poter svolgere al meglio il compito immenso affidatogli, in modo per lui inaspettato, in un’età già piuttosto avanzata.

Mirabile saggezza umana e cristiana di chi vive davanti a Dio nella fede in libertà di spirito, conosce le sue responsabilità e le sue forze, e indica con la sua rinuncia una prospettiva di rinnovato impegno e di speranza. Un grande atto di governo della Chiesa, non tanto, come qualcuno pensa, perché Papa Benedetto non sentisse più le forze per guidare la Curia romana, quanto perché affrontare oggi i grandi problemi della Chiesa e del mondo, di cui egli è più che consapevole, richiede forte vigore e un orizzonte di tempo di governo proporzionato a imprese pastorali di ampio respiro e non piccola durata.

Benedetto non ci abbandona nel tempo della difficoltà, con fiducia invita la Chiesa ad affidarsi allo Spirito e ad un nuovo Successore di Pietro. In questi giorni ha detto di sentire quasi fisicamente l’intensità della preghiera e dell’affetto che lo accompagna. Noi sentiremo a nostra volta l’intensità unica della sua preghiera e del suo affetto per il Successore e per noi. Probabilmente questo rapporto spirituale sarà ancora più profondo e più forte di prima. Comunione intensa in una libertà assoluta.

© Copyright Radio Vaticana


Paparatzifan
00sabato 16 febbraio 2013 15:15
Da "Vatican Insider"...

14/02/2013

Papaboys maratona di preghiera per ringraziare Benedetto XVI

60 ore di adorazione e silenzio. Si partirà dalla Parrocchia Trinitaria di Roma per espandersi in tutto il mondo

REDAZIONE
ROMA


Dalle 18,30 di domani fino all'Angelus di domenica 17 febbraio, i Papaboys resteranno in preghiera «per le intenzioni del Pontefice». Si tratterà, spiega una nota, di «una Veglia di preghiera ininterrotta di 60 ore, per il Pontefice Benedetto XVI».

«L'iniziativa spirituale è proposta dalla Parrocchia Santa Maria delle Grazie alle Fornaci (a 100 metri da piazza San Pietro, in prossimità della Stazione Roma San Pietro, organizzata dalla Parrocchia Trinitaria in collaborazione con i gruppi di Adorazione Eucaristica e con l'Associazione Nazionale dei Papaboys.

Unamaratona per stare vicini nello Spirit´ al Sommo Pontefice e pregare secondo le Sue intenzioni, in questi giorni nei quali il Santo Padre ha chiesto di continuare la preghiera per Lui e per la Chiesa tutta. «Non c'è modo migliore per stare al fianco del Santo Padre che non attraverso la preghiera», spiegano i `Papaboys´, l'Associazione di ragazzi nata sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II che è cresciuta, nei numeri e nella fede, insieme a Benedetto XVI".

«60 ore di preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre - sottolinea una nota - per ringraziare Dio del dono di questo Pontificato che sta chiudendosi, per intercedere per il prossimo Pontefice, nella speranza che sia un Papa poliglotta, come i predecessori, e che sappia parlare ai giovani di tutta la terra, speranza della Chiesa e del mondo».


Paparatzifan
00sabato 16 febbraio 2013 15:24
Da "Vatican Insider"...

16/02/2013

I nodi irrisolti in attesa del Conclave

Riformare la Curia, l'eredità più pesante per il nuovo Pontefice

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

Nei colloqui tra i cardinali all'ombra delle mura vaticane, in questi giorni, più che sull'identikit del nuovo Papa ci si interroga sul futuro dei cantieri lasciati aperti da Benedetto XVI. I nodi irrisolti del pontificato. La discussione sulle priorità per la Chiesa cattolica del futuro sarà infatti decisiva per la scelta del successore.

Papa Ratzinger si è concentrato sull'annuncio della fede cristiana nel mondo e ha creato un «ministero» vaticano per la «promozione della nuova evangelizzazione». La rinuncia papale lascia però incompleta la risposta alla crisi di fede, soprattutto dal punto di vista positivo e propositivo. Come comunicare il vangelo nella società post-cristiana, abbandonando quel linguaggio autoreferenziale che va per la maggiore in tanti documenti ecclesiali? Il Papa ha dato un esempio di comunicazione efficace, non sempre è stato raccolto.

Un altro nodo irrisolto riguarda la liturgia. Da cardinale, Ratzinger aveva auspicato una «riforma della riforma» liturgica conciliare, che recuperasse la sacralità del rito. In questo tentativo va inquadrata anche la decisione di liberalizzare, nel 2007, la messa in latino secondo il rito in vigore prima del Concilio: uno dei provvedimenti papali più contestati all'interno della Chiesa. Il Pontefice tedesco, come dimostra il libro fresco di stampa scritto da Gianni Valente, «Ratzinger al Vaticano II» (San Paolo), non rientra affatto nel cliché conservatore: ha vissuto in prima persona e auspicato le riforme conciliari, delle quali non si è mai pentito.

La liberalizzazione della vecchia messa doveva servire, nella sua idea, per avvicinare il tradizionalismo a una corretta interpretazione delle riforme conciliari, per mitigare certi abusi e la possibile «degenerazione della messa in show». Ma la «riforma della riforma» non c'è stata. Il Papa ha cercato di dare l'esempio: nelle messe da lui celebrate hanno fatto capolino paramenti antichi e barocchi, la comunione in ginocchio, un uso maggiore del latino e del canto gregoriano, ma anche il trono papale messo in soffitta da molti decenni. Certe esteriorità della corte hanno finito col far passare un'immagine distorta invece che richiamare all'essenziale della liturgia come incontro con il mistero.
Anche il dossier sui lefebvriani, iniziativa su cui il Papa aveva puntato per arrivare a sanare lo scisma del 1988, rimane senza soluzione. Per anni il Papa ha teso la mano, ha risposto positivamente alle richieste della Fraternità San Pio X, togliendo le scomuniche e aprendo dialoghi dottrinali. Nonostante le concessioni, le risposte positive non sono arrivate.

Da teologo, Ratzinger aveva riflettuto in modo particolare sul legame unico che lega i cristiani all'ebraismo. Nonostante ciò, alcuni incidenti di percorso, dovuti al malfunzionamento della macchina curiale, hanno creato tensioni proprio con il mondo ebraico: dalla scomunica tolta al vescovo Williamson, negazionista sulle camere a gas, fino alle polemiche per la preghiera del Venerdì Santo presente nell'antica liturgia liberalizzata.

È ancora in via di tessitura, dopo le polemiche di Ratisbona, il rapporto con il mondo islamico, in attesa dei nuovi equilibri della Primavera araba: i viaggi in Turchia, Giordania, Israele e Libano sono stati dei successi, e le nomine dei nuovi responsabili delle Chiese cattoliche d'Oriente, dall'Iraq all'Egitto, faceva ben sperare nonostante le difficoltà. Apertissimo rimane il cantiere riguardante i rapporti con la Cina: in questi anni si sono susseguiti passi positivi ma anche strappi dolorosi.

All'inizio del pontificato molti si aspettavano che Benedetto XVI riformasse la Curia romana. Che la semplificasse, per renderla più funzionale, ridimensionando in parte il ruolo centrale della Segreteria di Stato, per ridare più forza ai singoli dicasteri in una dimensione più collegiale. I progetti sono rimasti sulla carta, dopo alcuni iniziali tentativi di accorpamento. Gli incarichi episcopali all'interno della Curia si sono moltiplicati e vatileaks ha fatto emergere una realtà di tensioni, scontri e cordate. Il Papa che pure è riuscito a combattere come nessun altro la piaga alla pedofilia nella Chiesa, non ha potuto a completare l'opera di riforma interna del Vaticano e non ha avuto sempre attorno a sé collaboratori in grado di tradurre le sue indicazioni i atti di governo.

Rimane poi irrisolto il nodo del dissenso, rappresentato dai gruppi di sacerdoti che invitano apertamente alla disobbedienza, auspicano la fine del celibato dei preti e chiedono il sacerdozio per le donne. Infine, nella società secolarizzata, resta aperto anche il cantiere che riguarda le risposte da dare alla crisi del matrimonio e al crescente numero di divorziati risposati. Appena tre settimane fa Benedetto XVI aveva invitato a studiare la possibilità di dichiarare nullo un matrimonio per mancanza di fede. Toccherà al successore anche questo dossier.


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