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Paparatzifan
00giovedì 28 febbraio 2013 13:26
Lettera di membri del clero e fedeli cinesi al Papa: "Non la dimenticheremo"

Santo Padre, non la dimenticheremo: è quanto scrivono alcuni membri del clero e dei fedeli cinesi in una lettera indirizzata a Benedetto XVI per la fine del suo pontificato. Una lettera apprezzata dal Papa. Di seguito pubblichiamo il testo:

Caro Santo Padre,

Come sapete, da molto tempo noi, clero e fedeli in Cina, nutriamo un particolare affetto verso la Vostra persona. Vi vogliamo bene e offriamo ogni giorno per Voi le nostre preghiere e Messe. Tuttavia, la sera dell’ 11 febbraio, ci è giunta la sconvolgente e triste notizia: a causa dell’età avanzata e della debolezza fisica, Vostra Santità ha deciso di rinunciare, alla fine di questo mese, al suo ministero.

Anche se molti di noi non hanno avuto la possibilità di visitarvi personalmente e Voi non avete avuto alcuna possibilità di visitare la terra di Cina in Estremo Oriente, la Vostra rinuncia ci ha fatto pensare all’affetto e all’amore mostrato da Sua Santità al Popolo cinese e ai Cattolici cinesi. “In questo mondo, tutti i cristiani stanno soffrendo per Cristo, ma solo i cattolici in Cina soffrono, nello stesso tempo, per Sua Santità, il nostro il Papa, Vescovo di Roma”: sono le parole di un ex Delegato Apostolico in Cina, mentre Vi presentava la Chiesa in Cina, alcuni mesi dopo la Vostra elezione al Soglio Pontificio. Poi, Sua Santità sembrava entrata in un lungo, profondo silenzio.

Tuttavia, sappiamo che Vostra Santità ha dedicato una particolare attenzione alla Cina e riservato un posto speciale nel Suo cuore alla Chiesa cattolica in Cina. Ha cercato di promuovere il dialogo e alleviare la croce che portiamo mostrando preoccupazione e benedicendo la Cina e il popolo cinese. Durante gli otto anni del Vostro Pontificato, Vi siete sempre preoccupato per il clero e i fedeli cinesi con profondi sentimenti di amicizia verso il popolo cinese.

Non dimenticheremo che, alla Festa annuale di primavera, non solo avete salutato i popoli di tutte le Nazioni che celebrano il Capodanno Lunare, ma avete anche inviato speciali benedizioni per le centinaia di milioni di nostri connazionali cinesi.

Non dimenticheremo mai che, mentre la staffetta della torcia della 28.ma edizione dei Giochi Olimpici di Pechino era ostacolata da una forte opposizione, Voi avete generosamente e giustamente fatto i migliori auguri alla Cina e al Popolo cinese che si stavano preparando a quei Giochi.

Non dimenticheremo che quando gravi tempeste di neve hanno colpito il Sud della Cina; quando nel 2008 un terremoto scosse Wenchuan nel Sichuan; quando avvenne il terremoto a Yushu, nel Qinghai e frane e inondazioni devastarono Zhouqu nel Gansu, nel 2010, Vostra Santità non solo espresse dolore e pianse la morte dei nostri connazionali, ma rivolse anche un appello alla Chiesa universale perché pregasse per le vittime, per il personale dei vari Governi e le persone di buon cuore impegnate in prima linea nei soccorsi nelle zone sinistrate. Inoltre rivolgeste un appello agli altri Paesi a tendere una mano di amicizia a sostegno delle zone sinistrate in Cina e pregaste perché il Signore aiutasse la Cina e il popolo cinese in quei tempi difficili. Vostra Santità ha poi offerto per quattro volte generose donazioni attraverso le “Jinde Charities” tramite “Cor Unum”.

Non dimenticheremo poi le Vostre benedizioni e i Vostri complimenti per la pubblicazione dei Messali in cinese semplificato. Né dimenticheremo che Vostra Santità ha espresso pubblicamente sentite congratulazioni ai nuovi leader del nostro Paese e ha impartito una generosa benedizione al popolo cinese nel recente Messaggio di Natale dello scorso 25 dicembre.

Non dimenticheremo mai la lunga, storica, lettera al clero e ai fedeli cinesi e la preghiera che ha scritto per la Cina poco dopo essere salito al Soglio pontificio. Non dimenticheremo mai che, negli ultimi otto anni, ci sono stati solo auguri, saluti amichevoli e grandi speranze espresse nei messaggi da Voi inviati alla Cina. Nonostante i conflitti e le difficoltà, nonostante la tristezza e le delusioni che possiamo avervi arrecato, avete sempre abbracciato la Cina e la Chiesa cattolica in Cina con amore paterno e rispettato e mostrato compassione e sollecitudine per il popolo cinese e i cattolici. Ci ricorderemo sempre di questo con affetto nei nostri cuori.

Negli ultimi otto anni, quando ha dovuto affrontare situazioni internazionali complesse e incerte, Vostra Santità ha fatto ogni sforzo per salvaguardare la dignità umana, perseguire la verità, difendere i valori della fede e promuovere attivamente la nuova evangelizzazione. Il 28 febbraio, Vostra Santità lascerà la Cattedra di Pietro con serenità. L'atteggiamento libero e aperto che avete mostrato di fronte al potere, l'onore e lo status, e la Vostra risposta forte, perseverante e umana di fronte alle varie sfide, hanno conquistato il rispetto di tutti. Questo non solo ha commosso il mondo, ma rende anche difficile a noi – clero e cattolici cinesi - dirvi addio.

Perdoni le nostre debolezze e limiti! Santità, ci auguriamo che nella Vostra futura vita ritirata continuerete a prendervi cura del piccolo gregge in Cina e che rimarrete in contatto con il popolo cinese nella preghiera. Anche noi pregheremo per Voi e per il Vostro successore! Grazie, caro Santo Padre! Noi, clero e fedeli cinesi, non vi dimenticheremo mai. Vi ameremo per sempre!

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Paparatzifan
00giovedì 28 febbraio 2013 13:28
Il Papa saluta i cardinali: la Chiesa è una realtà vivente, il suo cuore è Cristo

Il Papa sta incontrando nella Sala Clementina, in Vaticano, i cardinali presenti a Roma, per il saluto di congedo.

Benedetto XVI "con grande gioia" ha rivolto a ciascuno dei porporati il suo "più cordiale saluto". Ha ringraziato il cardinale Sodano per le sue parole di saluto. Poi, prendendo come spunto l’esperienza dei discepoli di Emmaus, ha detto che anche per lui "è stata una gioia camminare" con i cardinali in questi anni, "nella luce della presenza del Signore Risorto". E come ha detto ieri, davanti alle migliaia di fedeli che riempivano Piazza San Pietro, la vicinanza dei porporati, il loro consiglio, gli sono stati "di grande aiuto" nel suo ministero. "In questo otto anni - ha osservato - abbiamo vissuto con fede momenti bellissimi di luce radiosa nel cammino della Chiesa, assieme a momenti in cui qualche nube si è addensata nel cielo. Abbiamo cercato di servire Cristo e la sua Chiesa con amore profondo e totale, che è l’anima del nostro ministero. Abbiamo donato speranza, quella che ci viene da Cristo e che solo può illuminare il cammino. Insieme possiamo ringraziare il Signore che ci ha fatto crescere nella comunione; insieme pregarLo di aiutarvi a crescere ancora in questa unità profonda, cosicché il Collegio dei cardinali sia come un’orchestra, dove le diversità, espressione della Chiesa universale, concorrano sempre alla superiore e concorde armonia".

"Vorrei lasciarvi un pensiero semplice, che mi sta molto a cuore - ha poi aggiunto - : un pensiero sulla Chiesa, sul suo mistero, che costituisce per tutti noi - possiamo dire - la ragione e la passione della vita". In questo si è ispirato ad una espressione di Romano Guardini, scritta proprio nell’anno in cui i Padri del Concilio Vaticano II approvavano la Costituzione Lumen Gentium, "nel suo ultimo libro con una dedica personale anche per me. Perciò - ha confessato - le parole di questo libro mi sono particolarmente care". Dice Guardini: “La Chiesa non è una istituzione escogitata e costruita a tavolino, ma una realtà vivente. Essa vive lungo il corso del tempo, in divenire, come ogni essere vivente, trasformandosi. Eppure nella sua natura rimane sempre la stessa. Il suo cuore è Cristo”. E ha ricordato l'esperienza di ieri in Piazza San Pietro: "vedere che la Chiesa è un corpo vivo, animato dallo Spirito Santo Santo e vive realmente dalla forza di Dio. Essa è nel mondo, ma non è del mondo: è di Dio, di Cristo, dello Spirito. Lo abbiamo visto ieri". Per questo - ha aggiunto - è vera ed eloquente anche l’altra famosa espressione di Guardini: “La Chiesa si risveglia nelle anime”. "La Chiesa vive, cresce e si risveglia nelle anime, che - come la Vergine Maria - accolgono la Parola di Dio e la concepiscono per opera dello Spirito Santo. Offrono a Dio la propria carne e proprio nella loro povertà e umiltà diventano capaci di generare Cristo oggi nel mondo. Attraverso la Chiesa il Mistero dell’Incarnazione rimane presente per sempre. Cristo continua a camminare attraverso i tempi e tutti i luoghi".

"Rimaniamo uniti, cari fratelli, in questo mistero! - ha esclamato il Papa - Nella preghiera, specialmente nell’Eucaristia quotidiana e così serviamo la Chiesa e l’intera umanità. Questa è la nostra gioia che nessuno ci può togliere".

"Prima di salutarvi personalmente - ha concluso Benedetto XVI - desidero dirvi che continuerò ad esservi vicino con la preghiera, specialmente nei prossimi giorni, affinché siate pienamente docili all’azione dello Spirito Santo nell’elezione del nuovo Papa. Che il Signore vi mostri quello che è voluto da Lui. Tra di voi, tra il Collegio Cardinalizio, c’è anche il futuro Papa, al quale già oggi prometto la mia incondizionata reverenza ed obbedienza. Per tutto questo con affetto e riconoscenza, vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica".


Da parte sua, il cardinale decano Angelo Sodano ha rivolto a Benedetto XVI questo indirizzo di saluto:


Santità,

Con grande trepidazione i Padri Cardinali presenti a Roma si stringono oggi intorno a Lei, per manifestarLe ancora una volta il loro profondo affetto e per esprimerLe la loro viva gratitudine per la Sua testimonianza di abnegato servizio apostolico, per il bene della Chiesa di Cristo e dell'umanità intera.

Sabato scorso, al termine degli Esercizi Spirituali in Vaticano, Ella ha voluto ringraziare i cardinali e i Suoi Collaboratori della Curia Romana, ricorrendo a queste commoventi parole: "Miei amici, vorrei ringraziare tutti voi non solo per questa settimana, ma per questi otto anni, durante i quali avete portato con me, con grande competenza, affetto, amore e fede, il peso del ministero petrino". Analoghe e commoventi parole ha rivolto ieri in Piazza San Pietro al popolo presente come ai Suoi Collaboratori.

Amato e venerato Successore di Pietro, siamo noi che dobbiamo ringraziare Lei per l'esempio che ci ha dato in questi otto anni di Pontificato. Il 19 aprile del 2005 Ella veniva ad inserirsi nella lunga catena di Successori dell'Apostolo Pietro ed oggi, 28 febbraio del 2013, Ella si accinge a lasciarci, in attesa che il timone della barca di Pietro passi ad altre mani. Si continuerà così quella successione apostolica, che il Signore ha promesso alla sua Santa Chiesa, fino a quando si udirà sulla terra la voce dell'Angelo dell'Apocalisse che proclamerà: "Tempus non erit amplius ... consummabitur mysterium Dei" (Ap 10, 6-7) "il tempo ormai non c'è più: è compiuto il mistero di Dio! ". Terminerà allora la storia della Chiesa, insieme alla storia del mondo, con l'avvento di cieli nuovi e terra nuova.

Padre Santo, con profondo amore noi abbiamo sempre cercato di accompagnarLa nel Suo cammino, rivivendo l'esperienza dei discepoli di Emmaus, i quali, dopo aver camminato con Gesù per un buon tratto di strada, si dissero l'un l'altro: "Non era forse ardente il nostro cuore, quando ci parlava lungo il cammino?" (Lc 24,32).

Sì, Padre Santo, sappia che ardeva anche il nostro cuore quando camminavamo con Lei in questi ultimi anni. Oggi vogliamo ancora una volta esprimerLe tutta la nostra gratitudine.
In coro Le ripetiamo un'espressione tipica della Sua cara terra natale: "Vergelt's Gott", che Dio La ricompensi!

Radio Vaticana
Paparatzifan
00giovedì 28 febbraio 2013 13:36
I 7 anni, 10 mesi e 9 giorni di Papa Ratzinger

E' il primo pontefice da secoli che rinuncia al Soglio di Pietro, ma non sarà ricordato solo per questo

di Giovanna Chirri

E' il primo Papa da secoli che rinuncia al pontificato, ma non sarà ricordato solo per questo. Anche se è troppo presto per tracciare bilanci del "regno" di Benedetto XVI, i sette anni, 10 mesi e 9 giorni in cui ha seduto sul Soglio di Pietro non si connotano per le "dimissioni", un gesto che, peraltro, potrebbe portare a medio termine a sviluppi di rilievo nella storia della Chiesa. Joseph Ratzinger è un teologo che, diventato Papa, ha assunto con determinazione il compito di riformatore, ma che non ha mai perso di vista l'obiettivo vero del suo "regno": riportare la fede in Cristo al centro della vita della Chiesa e dell'uomo secolarizzato.

Da riformatore ha innovato profondamente la legge della Chiesa per quanto riguarda la trasparenza finanziaria e la lotta agli abusi del clero; in questo ultimo campo portando a compimento l'azione intrapresa da almeno dieci anni, come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, a partire dalla centralizzazione dei dossier in Congregazione, per impedire insabbiamenti da parte delle chiese locali. La rinuncia al pontificato è giunta in un momento di relativa tranquillità per la Chiesa, dopo mesi burrascosi, e proprio dopo che erano superati l'acme sia di Vatileaks che degli scandali della pedofilia in alcuni Paesi europei, particolarmente l'Irlanda. Benedetto XVI non è fuggito davanti al pericolo, come aveva promesso al suo biografo Peter Seewald che nel 2010 gli chiedeva lumi sulla possibilità che un papa lasciasse il pontificato. Lascia comunque qualche dossier in sospeso al suo successore, in particolare quello sui lefebvriani, e chissà se il prossimo papa vorrà riaprirlo, e quello di Vatileaks, su cui la commissione dei tre cardinali è impegnata a consegnare la relazione soltanto al nuovo pontefice. In questi anni il figlio di un poliziotto bavarese diventato guida di un miliardo di cattolici nel mondo ha incontrato milioni di persone; ha compiuto 24 viaggi internazionali prima sulle orme di Wojtyla e poi costruendo la propria visione della geografia universale della Chiesa. Ha scritto tre encicliche per dire che l'amore e la speranza non sono qualcosa, ma qualcuno, cioé Cristo, e per rinnovare la dottrina sociale di fronte a una crisi finanziaria globale. Ha pubblicato il libro Gesù di Nazaret per mostrare che la fede non è un elenco di proibizioni ma un rapporto di amicizia col Dio fatto uomo. Ha creato 84 nuovi cardinali in rappresentanza di tutti i continenti, per manifestare l'attenzione della Chiesa per tutta l'umanità, e nell'ultimo concistoro, lo scorso novembre, non ha dato la berretta a nessun europeo. Ha invocato pace e giustizia per il mondo, anche dalla tribuna dell'Onu durante il trionfale viaggio negli Stati Uniti del 2008, ha levato la voce in difesa dell'Africa, ha scritto una lettera ai cattolici cinesi, guardando sia ai cattolici del grande paese asiatico che al tema universale della libertà religiosa.

E' entrato nelle sinagoghe di Colonia e New York e nella moschea blu di Istanbul. Con il viaggio in Turchia alla fine del 2006 ha ricucito i rapporti con il mondo islamico, raffreddatisi dopo la "lectio magistralis" a Ratisbona, del settembre precedente, con la infelice citazione da Manuele Paleologo contro Maometto. Con il "motu proprio" "Summorum pontificum" del 7 luglio 2007 ha liberalizzato la messa in latino sperando di sottrarre i tradizionalisti ai lefebvriani, ma finendo per scontentare i cattolici, sia "progressisti" che "conservatori", che gli ebrei, questi ultimi per le parole latine della preghiera per gli ebrei del venerdì santo. Ha affrontato con grande determinazione il riemergere dello scandalo dei preti pedofili in Europa e in Irlanda, nel 2009-2011, imprimendo una svolta nella coscienza e nella legge della Chiesa nei confronti di questi crimini. Uguale determinazione nel cercare la verità sulla fuga di documenti riservati dal Vaticano e dalla sua stessa scrivania, che ha funestato la prima parte del 2012. Domani si conclude un papato in continuità dottrinale con quello del polacco Wojtyla, secondo la volontà dei cardinali che il 19 aprile 2005 elessero l'arcivescovo bavarese. Un papato che ha permesso a Ratzinger di sfatare l'immagine negativa di un'opinione pubblica che, in Vaticano ma anche in Germania, lo descriveva come il "panzerkardinal', radicalmente conservatore, rigido, freddo e scostante. Chi lo conosceva personalmente sapeva che tale immagine era completamente falsa, perché il teologo divenuto papa era uomo sorridente, cordiale nelle relazioni personali e capace di attento ascolto di qualsiasi interlocutore. Forzando la propria timidezza innata Benedetto XVI ha imparato a rapportarsi anche ai gruppi e alle folle in modo efficacissimo.

Il fine intellettuale bavarese non è mai caduto nella tentazione di imitare l'ingombrante predecessore. Il primo anno di regno Benedetto XVI - nome scelto in ricordo del fondatore del monachesimo occidentale e del papa che condannò la prima guerra mondiale come 'inutile strage' - lo ha passato a tagliare il cordone ombelicale con papa Wojtyla: soprattutto con il primo viaggio internazionale a Colonia dove Wojtyla aveva convocato i ragazzi per la Giornata mondiale della gioventù, e con quello in Polonia, patria di Giovanni Paolo II. Per comprendere il pontificato di Benedetto XVI resta sicuramente centrale il suo primo discorso alla curia riunita per gli auguri natalizi, il 22 dicembre del 2005. Partendo dalle celebrazioni per i quaranta anni della conclusione del Concilio Vaticano II, Benedetto XVI ha contrapposto la "ermeneutica della discontinuità e della rottura" alla "ermeneutica della riforma". Le due interpretazioni del Concilio, ha detto, si sono trovate a confronto e hanno litigato fra loro, l'una ha causato confusione, l'altra, silenziosamente ma sempre più visibilmente, ha portato frutti". La prima "non di rado si è potuta avvalere della simpatia dei mass media e anche di parte della teologia moderna" ma "rischia di far finire in una rottura tra Chiesa preconciliare e Chiesa conciliare".

E il Concilio, con la celebrazione del 50.mo anniversario e la proclamazione di un Anno della fede centrato sulla nuova evangelizzazione, ha connotato l'ultimo anno di regno di Benedetto XVI. Eletto il 19 aprile 2005, al termine di un rapido conclave, con solo quattro votazioni, il giorno successivo nell'omelia della messa con i cardinali elettori papa Ratzinger espone, in latino, una sorta di 'manifesto' del pontificato, centrandolo su impegno per ecumenismo, collegialità, dialogo con il mondo e con i giovani. Tra i primi atti del pontificato, il 13 maggio, l'annuncio della apertura immediata della causa di beatificazione di Wojtyla, senza attendere i cinque anni dalla morte, e la nomina del suo successore come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede dell'americano William Levada. Il 29 maggio, primo viaggio apostolico del pontificato, a Bari, per il congresso eucaristico nazionale. Il 9 giugno incontra i leader dell'ebraismo mondiale e afferma "mai più shoah ed antisemitismo, continuerò il dialogo". Il 24 giugno é al Quirinale, in visita di Stato alla nazione di cui è primate, e chiede che l'Italia non rinneghi la propria eredità cristiana. La prima estate del pontificato registra alcuni incontri "difficili": il 26 agosto con la scrittrice Oriana Fallaci, il 29 agosto con i lefebrviani scismatici e il 23 settembre con il teologo ribelle Hans Kung. Il 2006 si apre con la pubblicazione, il 25 gennaio, della prima enciclica, la 'Deus Caritas est' , sui temi dell'amore e della giustizia. Il documento, che si articola in due parti, una più teologica e una più concreta, dà l'impressione di una struttura un po' disarmonica. La prima sezione è di mano interamente papale, di gran respiro teologico.

La seconda ha un approccio più pratico e riprende una intenzione di papa Wojtyla, forse addirittura dei suoi appunti o un suo schema. Nelle prime pagine Ratzinger spiega di aver scelto l'amore come tema della sua prima enciclica perché viviamo in un mondo in cui Dio vuole dire spesso "vendetta o persino con il dovere dell'odio e della violenza". Nella sezione sulla carità sociale Benedetto XVI ha parole molto dure verso quegli Stati che non agiscono secondo giustizia e li paragona a "una banda di ladri". Il 14 febbraio successivo il Papa conferma il card. Ruini alla presidenza della Cei, dove il porporato emiliano siede da 15 anni. Il Papa tedesco sarà sempre in sintonia con i vescovi italiani e con la Cei, anche dopo l'avvicendarsi alla presidenza, nel marzo 2007, dell'arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco. Nel suo intervento al convegno ecclesiale nazionale di Verona, nell'autunno del 2006, traccerà le linee della presenza cattolica nella società italiana, in totale sintonia con l'episcopato. Non cesserà poi, nei viaggi in Italia, di invitare i cattolici a formare una nuova generazione di persone impegnate nella società e nella politica, al servizio del bene comune. La sempre annunciata riforma della curia romana non si farà mai in modo radicale: la rinuncia al pontificato vorrà dire qualcosa anche contro gigantismi e personalismi sempre in agguato nelle burocrazie? Papa Ratzinger in curia ha uomini che conosce personalmente e di cui si fida in posti chiave, come, nel giugno 2006, Tarcisio Bertone alla segreteria di Stato. Il 2007 si ricorda in particolare per il motu proprio "Summorum pontificum" del 9 luglio che liberalizza la messa in latino e per la lettera ai cattolici cinesi del 30 giugno, in cui il Papa tende una mano al governo di Pechino, pur mettendo nero su bianco le difficoltà della Chiesa in Cina e in genere del popolo cinese. E il 30 novembre esce la seconda enciclica del pontificato, la Spe salvi (Nella speranza siamo stati salvatì, uno dei testi più belli e profondi del pontificato ratzingeriano.

Anche il 2008 sarà per i Papa pieno di gesti di attenzione verso la Cina, dall'ospitare in Vaticano un concerto della Orchestra filarmonica di Pechino e cinquecento cinesi, ai reiterati appelli a sostegno del Paese colpito dal terremoto. Con la Giornata mondiale di preghiera per la Cina, indetta per il 24 maggio proprio nella Lettera del 2007, e in diverse altre occasioni Benedetto XVI continuerà a chiedere libertà religiosa per i cinesi. Il 2009 si ricorda per il riequilibrio nel suo magistero, della materia teologica - prevalente fino a quel momento - con quella sociale, grazie al viaggio in Africa (marzo) e all'enciclica Caritas in veritate (luglio). In Camerun e Angola Benedetto XVI ha parole profetiche per il riscatto del grande continente malato e per le responsabilità dell'Occidente nei confronti di questo. Il viaggio "passa" a livello mediatico solo per la polemica sul preservativo, ma in realtà Benedetto XVI ha detto per l'Africa, anche nel successivo viaggio in Benin, a novembre 2011, le parole più incisive di qualsiasi altro leader mondiale. Nella enciclica riafferma con forza la destinazione universale dei beni della terra e critica con precisione le cause della crisi finanziaria mondiale. Il 2009 è anche l'anno del viaggio in Terra Santa, ricchissimo di spunti per il rapporto con ebraismo e islam e di risvolti politico diplomatici nei rapporti con Israele e con l'Autorità nazionale palestinese. Il 2010, anno per certi versi orribile, si ricorda per l'incontro a Malta con alcune vittime di preti pedofili in cui il Papa si commuove insieme a queste, e si conclude con la "Luce del mondo", libro-intervista in cui Benedetto XVI parla a ruota libera di sé e del pontificato, senza censurare le domande né rivedere le risposte. Il 2011 vede la pubblicazione della seconda parte del Gesù di Nazareth, una sempre più determinata azione contro la pedofilia e la beatificazione di Giovanni Paolo II, primo caso in epoca moderna di un papa che beatifichi il suo predecessore. Con la beatificazione Benedetto XVI ha ulteriormente assunto su di sé lo stesso sforzo del papa polacco di recuperare la Chiesa al mondo globalizzato, e al mondo l'interesse per Dio.

Ha compiuto un ulteriore passo per colmare un vuoto che ai cattolici poteva appariva incolmabile, facendo di Karol Wojtyla non una figura del passato, ma un modello di vita, non una star, ma un santo. La beatificazione di Wojtyla si inserisce nella convinzione di Ratzinger che il mondo globale aspetti proposte di qualità che parlino all'intelligenza, ma che siano traducibili in esperienze di vita, una convinzione che spiega tutto il pontificato ratzingeriano. Il 2012, l'anno di Vatilieaks, ha portato anche la terza parte del Gesù di Nazaret sui vangeli dell'infanzia, il cinquantenario del Concilio, l'inizio dell'Anno della fede e il sinodo, anche questo sulla nuova evangelizzazione. Eletto a 78 anni e consapevole di non avere troppe energie da spendere, Benedetto XVI non ha comunque rinunciato al pontificato itinerante affermato da Wojtyla, e si è concentrato su non molti viaggi internazionali, anche qui perfezionando il proprio approccio alle folle e il proprio proporsi alla opinione pubblica mondiale, sia cattolica che non. Alla "politica internazionale" di Ratzinger inoltre hanno contribuito non solo i viaggi, ma anche numerosi interventi rivolti al Corpo diplomatico o alle istituzioni, in cui è risaltata l'importanza attribuita dal Papa alla questione ecologica e ambientale. Sembra che sia stato il viaggio a Cuba del marzo 2012, un successo che gli è però costato un immenso dispendio di forze, e il timore di non farcela a sopportare la trasferta a Rio, il prossimo luglio, per la Giornata mondiale della gioventù, a spingerlo a rinunciare al pontificato, con il venir meno negli ultimi mesi delle forze fisiche dell'anima.

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Paparatzifan
00giovedì 28 febbraio 2013 13:41
CASTEL GANDOLFO

La sua ''seconda casa''

Il rapporto speciale di Benedetto XVI con questa terra alla cui ''gente buona'' rivolgerà le sue ''ultime parole''

Marcello Semeraro - vescovo di Albano

L’udienza del 27 febbraio è stata l’“ultima del pontificato” - come annota la Sala stampa vaticana – di Benedetto XVI. Un’udienza, per questo, davvero unica. Mai avvenuto che in un intervento pubblico sia il Papa sia i fedeli fossero insieme consapevoli che quella era l’“ultima volta”! Il 15 agosto 1977, nell’omelia a Castel Gandolfo, Paolo VI disse: “Chissà se avrò io ancora, vecchio ormai come sono, il bene di celebrare con voi questa festa. Vedo approssimarsi le soglie dell’aldilà…”. Fu una personale intuizione, poi avveratasi. Tutti, però, l’anno dopo, ricordando quella frase ancora ai primi d’agosto - così mi dicono - erano pronti a dire che il Papa s’era sbagliato. Oggi, però, ancora a Castel Gandolfo, sappiamo bene che le parole di Benedetto XVI questa sera saranno davvero le sue ultime del Pontificato.
Il discorso romano di ieri è stato, per un verso, una confidenza, cuore a cuore, del Papa sulla sua scelta “di rinunciare all’esercizio attivo del ministero”. Parole subito commentate col richiamo a san Benedetto, il quale “ci ha mostrato la via per una vita, che, attiva o passiva, appartiene totalmente all’opera di Dio”. È stato, però, anche, uno sguardo sulla Chiesa. Benedetto XVI ne ha parlato come un corpo che cresce a motivo della carità che l’alimenta; come un “corpo vivo, una comunione di fratelli e sorelle nel Corpo di Gesù Cristo, che ci unisce tutti”; come una barca, che proprio perché è del Signore ed è guidata da lui, non può essere affondata. Per due volte, soprattutto, il Papa ha detto: “Vedo la Chiesa viva, vediamo come la Chiesa è viva oggi!”. Risentendole, queste espressioni, mi son detto: è un messaggio che il Papa ci lancia dall’insieme degli otto anni del suo Pontificato. All’inizio del suo ministero petrino, il 24 aprile 2005, Benedetto XVI lo ripeté più volte: “La Chiesa è viva e noi lo vediamo: noi sperimentiamo la gioia che il Risorto ha promesso ai suoi. La Chiesa è viva - essa è viva, perché Cristo è vivo, perché egli è veramente risorto”. Nella coincidenza delle affermazioni è come un cerchio che si chiude.
Le parole che Benedetto XVI ci rivolgerà questa sera a Castel Gandolfo non saranno rivolte alla Chiesa di Roma - “la mia diocesi” - e neppure - almeno per alcuni aspetti - a tutta la Chiesa e al mondo intero, come ha detto nell’udienza di mercoledì: “Ogni giorno ho portato ciascuno di voi nella preghiera, con il cuore di padre... il cuore di un Papa si allarga al mondo intero”. Questa sera, prima di ritirarsi “nel servizio della preghiera” e di restare così “nel recinto di san Pietro”, il Papa parlerà a una comunità cristiana che è stata in qualche modo la sua “seconda casa”. Egli, ogni anno di più, ha gradito risiedervi. “Qui trovo tutto: montagna, lago e vedo persino il mare e gente buona. Per questo sono felice di essere qui”, disse il 7 luglio 2011. Per non dimenticarle, Castel Gandolfo ha inciso quelle parole sulla pietra. Con la cittadina castellana il Papa ha condiviso momenti di preghiera - come annualmente nella solennità dell’Assunta - e di festa. Anche alla Chiesa di Albano si è mostrato affezionato. Penso alle due ore d’incontro con il clero diocesano. Ripeté pure in quella circostanza: “La Chiesa è viva!”. Penso al rito solenne di dedicazione del nuovo altare della cattedrale di Albano, il 21 settembre 2008, con l’inaugurazione della cattedra episcopale. Poi tante altre volte ancora. A questa Chiesa di Albano papa Benedetto XVI ha voluto riservare le sue davvero “ultime parole”. Anche per questo atto d’amore gli diciamo: “Che tu sia benedetto!”.

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Paparatzifan
00giovedì 28 febbraio 2013 15:17
PAPA/ Il teologo Cottier: attenti alla trappola della "modernità" di Benedetto

mercoledì 13 febbraio 2013

«Che cosa ho provato? Commozione e tristezza: commozione per il grande dono ricevuto, tristezza perché il nostro padre ci lascia. Ma è una tristezza che in Dio è piena di speranza». Dopo la rinuncia di Benedetto XVI che ha stupito la Chiesa e il mondo, parla il cardinale Georges Cottier, domenicano, teologo emerito della Casa Pontificia, per anni uno dei più stretti collaboratori di Joseph Ratzinger. Cottier spiega a ilsussidiario.net come e perché con il suo gesto Benedetto XVI ha dato alla Chiesa un’altra delle sue lezioni magisteriali formidabili. E conoscendolo, non è affatto detto che sia l’ultima.

Eminenza, nel commentare la notizia della rinuncia di Benedetto XVI, si è parlato di grande coraggio, di grande umiltà, ma anche di «modernità» del papa. È un giudizio corretto?

Sì, ma solo se lo capiamo bene. Nel suo insegnamento Benedetto XVI ha riservato grande attenzione alla modernità: sulla secolarizzazione ha detto e scritto molto, lo stesso ha fatto sulla crisi spirituale dell’Europa. Ma sono convinto che i giornali intendessero riferirsi alla modernità dell’atto che il papa ha compiuto. Una ipotesi, come sappiamo, già attentamente considerata nel suo libro-intervista con Peter Seewald («Luce del mondo», 2010, ndr) e duquey già facente parte del suo modo di considerare il mandato petrino. Essere successore di Pietro per Benedetto XVI suppone la capacità integra di esercitare questo ministero.

Non si tratta secondo lei di una svolta radicale, piena di implicazioni importanti, in senso nettamente «moderno» appunto?

Guardi, io vedo due cose. La prima è quella che tutti possiamo constatare, e cioè che oggi si vive più a lungo: è, banalmente, un fatto statistico. Oggi la scienza e la medicina rendono possibili frontiere prima impensate. Fino a venti-trent’anni fa si moriva a 70 anni o poco più, oggi non è raro arrivare alla mia età (91 anni, ndr). Il vigore e la lucidità però possono non esserci più, e questo Benedetto XVI lo sa benissimo. La seconda cosa è conseguenza della prima: con il suo gesto il papa ha aperto la porta alla volontà dei suoi successori di permettere l’esercizio della vocazione di successore di Pietro nella pienezza delle facoltà fisiche e spirituali.

Andandosene, dunque, Benedetto XVI inaugura uno «stile» di pontificato?

Credo che in avvenire avremo spesso la figura di un papa nominato giovane che vive molto più a lungo, fino a 85-90 anni, ma che non per questo deve accettare il ministero petrino fino alla fine. Rimane naturalmente saldo il principio che colui che decide è il papa, non altri.
Proprio per questo, modernità potrebbe anche avere una diversa accezione: la bontà del gesto di Benedetto rispetto all’uso invalso fino ad ora.

No, perché quello che si è fatto fino adesso attiene alla storia, e non lo si può strumentalizzare mettendo in opposizione un presunto progresso, cominciato lunedì scorso, e un passato conservatore. Il fatto, ripeto, è che con il progresso scientifico e tecnico si vive di più, almeno − per ora − nei paesi occidentali. La Chiesa ne tiene conto, e non potrebbe essere diversamente, proprio perché la Chiesa stessa è Cristo che opera nella storia.

Si è riconosciuta a Benedetto XVI una grande umiltà. Il papa ha rinunciato al potere?

No, anche questo schema è falso. Nella Chiesa chi comanda è un servitore, e Benedetto XVI lo è stato fin dall’inizio, da quando definì se stesso «un umile lavoratore nella vigna del Signore», cioè un umile servitore del gregge di Cristo. Quella non fu una frase di prammatica, ma l’espressione della sua spiritualità e della sua personalità profonda. L’autorità che viene da Cristo è un servizio; l’umiltà di Benedetto è stata quella di comprendere che per servire Cristo era venuto il momento di rinunciare.

Non dev’essere stato facile.

Certamente no. Con grande nobiltà, ha agito da uomo semplice, non da politico. Prima ha raggiunto la certezza in cuor suo, davanti a Dio. Ha maturato la decisione per molto tempo, custodendola nel suo cuore; ha pregato, fino alla piena convinzione di non avere più la salute necessaria per adempiere pienamente il suo servizio. Che oggi, diversamente dal passato, è pesantissimo. Anche qui sta la vera modernità: oggi la massa di pellegrini che viene al Pontefice è enorme, il contatto con la folla è molto più impegnativo rispetto a cinquant’anni fa, gli impegni si susseguono senza sosta, sono estenuanti. Tutto questo una volta nel papato non c’era.

Può un uomo, con la sua ragione e la sua libertà, rinunciare come ha fatto Benedetto XVI ad un mandato che per la Chiesa viene dall’alto, cioè da Dio stesso?

Ma lo Spirito santo è dato a delle persone mortali. Se egli fosse stato, e il diritto canonico non a caso contempla questa eventualità, incapace di intendere, ipso facto la Chiesa avrebbe saputo di dover eleggere un nuovo papa. Benedetto XVI, in piena coscienza, ha obbedito a Cristo. Il suo non è stato l’atto di una persona in preda allo sconforto; al contrario, è stato un atto dettato dalla virtù di prudenza.

Cosa ci ha voluto dire il papa con la sua rinuncia?

Che non abbiamo possesso del mandato ricevuto da Cristo. Quello di Benedetto XVI è stato un grande dono: ha vissuto fino in fondo, nella sua carne, con la sua azione, la parola biblica ed evangelica di servitore. È stato un dono, inimmaginabile, a tutta la Chiesa, a tutti i vescovi e a noi cardinali prima di tutto. Un dono che ci educa, facendoci riflettere, chiamandoci ad un esame di coscienza: cosa fai, tu, di quello che hai ricevuto come responsabilità? Ti comporti come proprietario o servitore? Non possiamo non rispondere a questa domanda.

Si parla di un’ultima enciclica sulla fede.

L’ho sentito anch’io, ma non ne so nulla.

Che cosa ha provato al momento dell’annuncio?

Sono stato invaso dalla commozione e insieme ho provato una grande tristezza: commozione per il grande dono ricevuto, tristezza perché il nostro padre ci lascia. Ma è una tristezza che in Dio è piena di speranza.

(Federico Ferraù)

Il sussidiario.net
Paparatzifan
00giovedì 28 febbraio 2013 15:24
L’ultimo messaggio ai fedeli è anche una lezione per i cardinali in Conclave. Nessun bilancio ma indicazioni al successore: lontano dai giochi di potere

Andrea Tornielli
Citta' del Vaticano

«Vedo la Chiesa viva! La Chiesa non è mia, non è nostra, ma è del Signore, che non la lascia affondare; è Lui che la conduce...». L'ultima udienza pubblica di Benedetto XVI, il primo papa della storia a rinunciare per motivi di vecchiaia, è un testamento spirituale e una lezione per coloro che dovranno eleggere il suo successore. Con serenità e determinazione Joseph Ratzinger, sempre più minuto e fragile, conclude i suoi quasi otto anni di regno mostrando, nonostante tutto, il volto gioioso e positivo di una Chiesa di popolo. Non traccia bilanci, ma indica con l'esempio al suo successore che cosa sia e che cosa debba fare il papa, attraverso una catechesi semplice. Distante anni luce dai giochi del potere clericale, dalle cordate, dalle strategie di politica ecclesiale studiate a tavolino, dagli scandali, dai messaggi autoreferenziali, dall'immagine di una Chiesa barocca e ripiegata a contemplare se stessa. Un messaggio che la folla di pellegrini, venuta a salutare il Papa per l'ultima volta, comprende benissimo e ascolta commossa.


Nella lezione di Benedetto XVI c'è innanzitutto gratitudine per le «notizie» che negli anni ha ricevuto da ogni parte del mondo sulla fede e sulla carità che «circola nel corpo della Chiesa». Il Papa, che ancora una volta appare assolutamente sereno e pacificato dopo la decisione presa, descrivendo il suo non facile pontificato annota: «È stato un tratto di cammino della Chiesa che ha avuto momenti di gioia e di luce, ma anche momenti non facili».


Accenno esplicito agli incidenti di percorso, agli scandali e agli attacchi che hanno accompagnato questi otto anni. Per raccontarli, Ratzinger ricorda il passo evangelico che descrive la barca degli apostoli in balia della tempesta: «Mi sono sentito come san Pietro con gli apostoli nella barca sul lago di Galilea... vi sono stati momenti in cui le acque erano agitate ed il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa, e il Signore sembrava dormire. Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare...».


Torna alla memoria un'altra immagine di barca, protagonista dell'ultima omelia di Ratzinger cardinale, durante la messa d'inizio del conclave del 2005. Allora parlò della «piccola barca» del pensiero di molti cristiani, squassata da una serie negativa di «ismi», dall'ateismo all'agnosticismo. Ora, nel momento della rinuncia, il Papa non segue i «profeti di sventura». Non fa alcun accenno pessimistico. Invita invece tutti «ad affidarci come bambini nelle braccia di Dio, certi che quelle braccia ci sostengono sempre e sono ciò che ci permette di camminare ogni giorno, anche nella fatica». Poi aggiunge: «Vorrei che ognuno si sentisse amato da quel Dio che ci ha mostrato il suo amore senza confini. Vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano». Uno sguardo positivo e di misericordia, dunque.


Nel discorso Benedetto XVI inserisce anche i ringraziamenti per i cardinali, per il suo Segretario di Stato, per i collaboratori. Non vuole avallare la lettura di quanti ritengono che le innegabili tensioni curiali siano all'origine della sua rinuncia. Quindi racconta delle lettere ricevute tante «persone semplici» che «non mi scrivono come si scrive ad esempio ad un principe o ad un grande che non si conosce», ma «come fratelli e sorelle o come figli e figlie». Qui si può «toccare con mano che cosa sia Chiesa – non un’organizzazione, un’associazione per fini religiosi o umanitari, ma un corpo vivo, una comunione di fratelli e sorelle».


Nelle parole dedicate alla rinuncia, Benedetto XVI ribadisce di aver «chiesto a Dio con insistenza», di fronte al venir meno delle forze, di essere illuminato, per prendere «la decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa». Spiega di aver compiuto questo passo «nella piena consapevolezza della sua gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d’animo». Quella serenità che peraltro traspare dal suo volto in queste ultime apparizioni pubbliche. «Amare la Chiesa - spiega - significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi».

Infine, Ratzinger ricorda che chi diventa papa non ha più alcuna privacy, «appartiene sempre e totalmente a tutti». La rinuncia non significa «ritornare nel privato», tornare a fare quello che si faceva prima di diventare papa. Significa rimanere «nel servizio della preghiera», rimanere «nel recinto di san Pietro». «Non abbandono la croce», conclude, rispondendo a quanti - come il cardinale di Cracovia Stanislaw Dziwisz - hanno commentato il suo gesto paragonandolo al diverso atteggiamento di Giovanni Paolo II, rimasto sul Soglio fino alla fine. «Resto in modo nuovo presso il Signore crocifisso».

Vatican Insider
Paparatzifan
00giovedì 28 febbraio 2013 16:13
APA: SCATTA LA SEDE VACANTE, CHIESA AFFIDATA A BERTONE E SODANO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 28 feb.

Siamo quasi all'ora X, indicata dallo stesso Joseph Ratzinger al momento dell'annuncio: le 20 del 28 febbraio, cioe' di stasera. In quel preciso istante le Guardie Svizzere si ritireranno dal portone del Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo e segnaleranno cosi' che la Sede Apostolica sara' vacante, cioe' la cattedra di Pietro restera' vuota fino all'elezione del nuovo Papa. Gli organi di governo della Chiesa per questa fase sono la Camera Apostolica (il camerlengo, il suo vice e gli uditori) che ha piuttosto il ruolo di "custodire" i beni (spirituali e materiali) della Chiesa e il Collegio cardinalizio riunito nelle Congregazioni Generali, che sotto la presidenza del cardinale decano (che e' Angelo Sodano) provvede agli affari correnti della Chiesa, pero' non ha nessun nessun potere o giurisdizione sulle questioni spettanti al Papa.
Partecipano alle riunioni anche gli ultraottantenni, e gli incontri rappresentano anche un'occasione per i porporati di conoscersi di persona e verificare i diversi orientamenti, sara' decisa la data di inizio del Conclave. Durante la "sede vacante" decadono dal loro incarico il segretario di Stato, i prefetti, i presidenti e i membri di tutti i dicasteri curiali, mentre restano nel loro ruolo il penitenziere maggiore (il cardinale Manuel Monteiro de Castro), il cardinal vicario per la diocesi di Roma (Agostino Vallini), il cardinale arciprete di San Pietro (Angelo Comastri) e l'elemosiniere (monsignor Guido Pozzo). Restano in carica anche il camerlengo (attualmente e' il cardinale Tarcisio Bertone) cosi' come il sostituto della Segreteria di Stato (monsignor Angelo Giovanni Becciu), il segretario per i Rapporti con gli Stati (monsignor Dominique Mamberti) e i segretari dei Dicasteri vaticani. Non decadono neppure i nunzi e i delegati apostolici.
Tocchera' dunque ai due ex segretari di Stato, Bertone che decade oggi e Sodano che fu riconfermato da Benedetto XVI appena eletto e poi sostituito con il salesiano, che per gli otto anni del Pontificato sono stati sempre in aperto conflitto, gestire il periodo che va da oggi all'elezione del nuovo Papa. Sodano celebrera' anche la messa "Pro eligendo Pontifice" (nel 2005 era stato l'allora decano cardinale Joseph Ratzinger): e' riuscito per questo a far modificare la "Universi Dominici Gregis", ma non entrera' poi in Conclave avendo 85 anni. Nelle operazioni di voto sara' sostituito dal cardinale Giovanni Battista Re, prefetto emerito della Congregazione dei Vescovi. Entrera' invece nel Conclave il 78enne Tarcisio Bertone, che avra' un ruolo importante, in quanto camerlengo. La parola significa "addetto alle camere", e questa funzione risale al XII secolo, quando al camerarius spettava l'amministrazione delle finanze della Curia e dei beni temporali della Santa Sede. In caso di decesso del Pontefice, spetta al camerlengo constatarne la morte secondo un preciso rituale: si avvicina alle spoglie del Papa morto chiamandolo per tre volte col suo nome di battesimo. Non ricevendo risposta, pronunzia la frase "Vere Papa mortuus est", il Papa e' considerato ufficialmente morto. Nel caso attuale le cose andranno diversamente: Benedetto XVI-Joseph Ratzinger questa sera lascera' il Vaticano e andra' a Castel Gandolfo, si affaccera' dalla finestra, benedira' le persone radunate per salutarlo e dopo quel momento, diventato ormai "Papa emerito" rimarra' nascosto al mondo. "Anche se mi ritiro adesso in preghiera sono sempre vicino a tutti voi e sono sicuro che anche tutti voi sarete vicini a me, anche se per il mondo rimarro' nascosto". Durante la Sede Vacante lo stemma del camerlengo, pur rimanendo con i trenta fiocchi rossi che spettano ai cardinali, e' sormontato dal gonfalone papale, attraversato dalle chiavi pontificie, sopra il consueto cappello cardinalizio.

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PAPA: SODANO, "GRAZIE, AMATO E VENERATO SUCCESSORE DI PIETRO"


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 28 feb.

"Con grande trepidazione i Padri Cardinali presenti a Roma si stringono oggi intorno a Lei, per manifestarLe ancora una volta il loro profondo affetto e per esprimerLe la loro viva gratitudine per la Sua testimonianza di abnegato servizio apostolico, per il bene della Chiesa di Cristo e dell'umanita' intera". Con queste parole il decano del Collegio Cardinalizio ed ex segretario di Stato, Angelo Sodano, si e' rivolto al Papa dimissionario nell'ultimo incontro che ha avuto luogo nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico.
Sodano ha citato nel suo breve saluto il ringraziamento che sabato scorso, al termine degli Esercizi Spirituali, Benedetto XVI aveva rivolto a cardinali e vescovi della Curia chiamandoli "miei amici" e ricordando la collaborazione da loro offerta "con grande competenza, affetto, amore e fede" che gli avrebbe alleviato, "il peso del ministero petrino". A queste parole Sodano ha aggiunto: "Amato e venerato Successore di Pietro, siamo noi che dobbiamo ringraziare Lei per l'esempio che ci ha dato in questi otto anni di Pontificato". "Oggi vogliamo ancora una volta esprimerLe tutta la nostra gratitudine. In coro - ha concluso Sodano - le ripetiamo un'espressione tipica della Sua cara terra natale: 'Vergelt's Gott', che 'Dio La ricompensi!".

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PAPA: SODANO, CONTINUERA' LA SUCCESSIONE APOSTOLICA


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 28 feb.

"Santita', Ella si accinge a lasciarci, in attesa che il timone della barca di Pietro passi ad altre mani". IL decano del Sacro Collegio, Angelo Sodano ha concluso cosi' il suo breve discorso di saluto al Papa. "Si continuera' cosi' - ha detto il porporato 85 enne - quella successione apostolica, che il Signore ha promesso alla sua Santa Chiesa, fino a quando si udira' sulla terra la voce dell'Angelo dell'Apocalisse che proclamera': 'il tempo ormai non c'e' piu': e' compiuto il mistero di Dio!'".
"Terminera' cosi' - sono state le parole di Sodano - la storia della Chiesa, insieme alla storia del mondo, con l'avvento di cieli nuovi e terra nuova. Padre Santo, con profondo amore noi abbiamo cercato di accompagnarLa nel Suo cammino, rivivendo l'esperienza dei discepoli di Emmaus, i quali, dopo aver camminato con Gesu' per un buon tratto di strada, si dissero l'un l'altro: 'Non era forse ardente il nostro cuore, quando ci parlava lungo il cammino?'. Si', Padre Santo, sappia che ardeva anche il nostro cuore quando camminavamo con Lei" .
Nel suo saluto, il cardinale Sodano ha evocato "la lunga catena di Successori dell'Apostolo Pietro" .

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Paparatzifan
00giovedì 28 febbraio 2013 16:21
L'attesa e l'affetto dei fedeli di Castel Gandolfo per Benedetto XVI

Sarà la piazza di Castel Gandolfo lo sfondo dell’ultimo atto pubblico di Benedetto XVI come Papa con il saluto dalla loggia centrale del Palazzo Apostolico rivolto ai fedeli presenti. “E’ in preghiera che vogliamo farci trovare, ci saranno canti e meditazioni” così al microfono della nostra inviata a Castel Gandolfo, Gabriella Ceraso, il vicario della diocesi di Albano, mons. Franco Marando:

R. - Lo spirito è quello di dare un saluto veramente affettuoso nel momento in cui Benedetto XVI concluderà il suo impegno di vescovo di Roma, Successore di San Pietro. Egli “sale al monte” - così come ha detto - e in maniera discreta, ma molto affettuosa, vogliamo essere vicini a Lui per salutarlo, ma anche per dirgli grazie per tutta l’attenzione che in tutti questi anni di Pontificato ha voluto manifestare concretamente verso la nostra diocesi. Allora, invitiamo tutti fedeli della diocesi a ritrovarsi insieme in piazza a Castel Gandolfo. Chi vuole, da Albano, potrà fare un percorso a piedi, impegnandosi in una sorta di piccolo pellegrinaggio. Poi, alle ore 17 è previsto il Santo Rosario, le meditazioni sono proprio tratte dai discorsi del Papa.

D. - È Maria, come ha ribadito sempre tante volte anche in questi ultimi giorni, il punto di riferimento…

R. - Maria non è solo il punto di riferimento e vera costante del Magistero del Papa ma lo è stata anche nel momento stesso in cui ha annunciato la sua volontà di rinunciare al suo mandato. Lui stesso ha detto: “Affidiamo la Chiesa tutta a Maria”. In questo si intravede il desiderio di fare la volontà del Signore. Non si tratta quindi di allontanarsi da un impegno, ma di continuare a servire la Chiesa in una forma differente.

D. - Secondo lei, è anche un momento forte della nostra Quaresima?

R. - Sicuramente. Io credo che quello che ha compiuto il Papa sia un serio discernimento della volontà del Signore e la Quaresima ci chiama veramente a scrollarci di dosso quella polvere che si addensa sulle pareti della nostra anima per recuperare quella che, nella stessa Liturgia, viene chiamata “la primavera dello Spirito”.

Tra le migliaia di persone che attenderanno questo pomeriggio il Papa nella Piazza di Castel Gandolfo ci saranno anche tanti ragazzi, e per chi non potrà essere presente, l’appuntamento è sul web. Il sito della Diocesi ha pensato, infatti, di pubblicare una preghiera da pronunciare insieme quando l’elicottero papale atterrerà sul comune dei Castelli romani. Ma quanto i giovani amano Benedetto XVI e come hanno reagito alla sua decisione? La nostra inviata a Catel Gandolfo, Gabriella Ceraso, lo ha chiesto al responsabile della Pastorale giovanile di Albano don Antonio Scigliuzzo:

R. - All’inizio, i nostri giovani sono stati un po’ disorientati. Si attendevano di poter celebrare la Giornata mondiale dei Giovani con “il nostro Papa”. Lo chiamiamo con affetto “il nostro Papa” perché, in questi anni, nel loro cuore i giovani si sono affezionati a Benedetto XVI. I messaggi che a loro ha lasciato li hanno davvero coinvolti, in modo particolare, li ha coinvolti poi quest’ultima sfida che ha rivolto ai giovani di tutto il mondo: annunciare il Vangelo e annunciarlo a tutti quei ragazzi che si sentono ancora lontani.

D. - Lei ha parlato della Giornata mondiale della Gioventù. Quanti ragazzi ci sono stati, e che cosa custodiscono? Cosa li ha segnati di più di questo Pontificato e dell’esperienza con Benedetto XVI?

R. - Nella Giornata mondiale di Madrid, abbiamo portato circa 300 giovani. È stato molto bello poter condividere con loro questo desiderio di poter incontrare il Papa, soprattutto in quella notte tempestosa. La cosa che hanno apprezzato di più del Santo Padre è il fatto che sia rimasto con loro. I giovani cercano un punto di riferimento forte. Di Papa Benedetto XVI ricorderanno sicuramente l’affetto e la gioia di annunciare la fede.

D. - In questi ultimi giorni Benedetto XVI sta insistendo tanto su questa scelta di Dio che dà pace al di là del male che c’è nel mondo, anche questa è una sfida! Pensa che loro l’abbiano sentita, l’abbiano fatta propria?

R. - In questo periodo, per i giovani, la vita non è molto facile soprattutto per le tante difficoltà che ci sono dal punto di vista del lavoro, della famiglia, sono tante le difficoltà che incontrano per inserirsi nella società, per far sentire la loro voce. Queste sono le cose che più li disorientano, rendendoli veramente vulnerabili di fronte ai tanti messaggi contrari al cammino di fede. Queste cose, delle quali sono più o meno consapevoli, certamente li stimolano a diversi interrogativi soprattutto di fronte ad un Papa che lascia il proprio Ministero per vivere una vita di preghiera. Quale tipo di vita ci chiede oggi il Papa? È questa la loro domanda! La preghiera è un punto fondamentale. I giovani hanno il desiderio di mettere ordine nella propria vita, talvolta di trovare dei punti di riferimento saldi che li rendano più consapevoli e considerano questa scelta di preghiera una scelta “rivoluzionaria”.

D. - La loro presenza è assicurata a Castel Gandolfo. Come vi state organizzando?

R. - Nell’orario in cui il Santo Padre arriverà a Castel Gandolfo, la maggior parte dei ragazzi starà lavorando. Per cui, attraverso il nostro sito internet, abbiamo pensato di vivere insieme un momento. Nel sito lasceremo un messaggio di preghiera in modo che essi possano pregare ovunque si trovino nel momento in cui il Papa lascerà Roma per venire a Castel Gandolfo. Con il resto della diocesi invece ci ritroveremo proprio a Castel Gandolfo, pregheremo insieme il Santo Rosario e vivremo un momento di preghiera e di veglia con il Papa.

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Paparatzifan
00giovedì 28 febbraio 2013 16:25
LA VESTE BIANCA DI BENEDETTO XVI

di GIUSEPPE RUSCONI

dal sito “ www.rossoporpora.org “, 27 febbraio 2013

Indosserà una veste talare bianca (senza mantellina) e sarà chiamato “Sua Santità Benedetto XVI Papa emerito o Romano Pontefice emerito”. Lo ha comunicato ieri nella conferenza-stampa ormai quotidiana padre Federico Lombardi, ponendo così il punto finale a una questione solo apparentemente marginale, ma in realtà di profondo impatto simbolico. Infatti, se Joseph Ratzinger si fosse fatto chiamare “vescovo emerito di Roma”, non avrebbe più potuto indossare una veste bianca: rispondendo alla nostra domanda in materia il portavoce della Santa Sede ha definito tale tesi “lecita”. L’indossare una veste bianca lascia anche intendere che papa Ratzinger farà una vita molto ritirata sia a Castelgandolfo che dentro il Monastero Mater Ecclesiae: susciterebbe infatti tanti interrogativi il vedere in pubblico due vesti bianche insieme.
L’anello “del Pescatore” non sarà più al dito del Papa emerito così come il sigillo: ambedue saranno consegnati, per essere resi inutilizzabili, al camerlengo cardinale Bertone quando quest’ultimo lo richiederà. Padre Lombardi ha poi confermato che il cardinale decano Angelo Sodano convocherà venerdì primo marzo tutti i cardinali (elettori e non elettori) per la prima Congregazione generale, prevista probabilmente per lunedì 4 marzo. Molti porporati saranno in ogni caso già a Roma, sia per l’ultima udienza generale di mercoledì che per il saluto di giovedì mattina. Diventa così possibile che già nella prima Congregazione generale (a meno che non si sviluppa un’ampia e controversa discussione sull’argomento) si possa decidere la data di inizio del Conclave, che potrà essere anticipata (forse intorno al 10 marzo) grazie alla modifica – resa nota due giorni fa - apportata dal Papa all’articolo 37 della Costituzione ‘Universi dominici gregis’. I cardinali elettori (ridotti a 115 con l’esclusione odierna per raggiunti limiti d’età del cardinale ucraino Husar, con la rinuncia per malattia del cardinale indonesiano Darmaatmadja e con l’autoesclusione per ragioni personali del confratello scozzese O’ Brien), dovranno alloggiare dalla vigilia del Conclave presso la Domus Sanctae Marthae (le camere saranno assegnate per sorteggio durante il pre-conclave). Si è poi appreso che i documenti personali seguiranno papa Ratzinger a Castel Gandolfo e che il servizio alla sua persona da parte delle Guardie Svizzere terminerà con la chiusura del portone del Palazzo pontificio alle 20.00 di giovedì 28 febbraio.
A proposito di dignità cardinalizia e voto in Conclave, ritorniamo sulle parole di lunedì dell’arcivescovo Celata, che ha precisato come il Papa possa spogliare un porporato ritenuto indegno della dignità cardinalizia: in questo caso tale porporato non potrebbe più partecipare al Conclave. Se però la dignità cardinalizia non viene tolta, tutti i porporati – anche se ‘discussi’ -hanno il diritto di sedere in Conclave, a meno che autonomamente non sentano l’opportunità di rinunciarvi. Come è stato il caso lunedì del cardinale Keith O’ Brien. In questi ultimi giorni, infine, papa Ratzinger ha voluto (e sottolineaiamo ‘voluto’) prendere diverse decisioni importanti. Dopo la nomina del sottosegretario per i Rapporti con gli Stati Ettore Balestrero (strettissimo collaboratore del cardinal Bertone) a nunzio in Colombia, è venuto il pensionamento anticipato dell’arcivescovo di Edimburgo, cardinale O’ Brien e, ieri, la nomina del vescovo di Macerata Claudio Giuliodori ad assistente generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore: per l’ex-portavoce della Cei e pupillo del cardinale Ruini un incarico rilevante, la cui importanza è accresciuta anche dalla situazione di estrema confusione regnante nel Belpaese quale esito delle politiche di domenica e lunedì.
Paparatzifan
00giovedì 28 febbraio 2013 22:02
Piegate le ginocchia e alzate lo sguardo

(Lorenzo Bertocchi – La Voce di Romagna)

Benedetto XVI, davanti a una folla di fedeli, ha tenuto la sua ultima udienza del mercoledì, da domani alle ore 20 la sede petrina sarà vacante.
Dal punto di vista umano noi siamo ancora sgomenti per la scelta, certamente inusuale, di abdicare dal ministero a lui assegnato il 19 aprile 2005, anzi a volte abbiamo faticato a comprenderne il significato. Con lo sguardo piegato sulle cose di quaggiù è difficile accettare che un Papa rinunzi al ruolo di Vicario di Cristo, in fondo c'è la preoccupazione che anche il ruolo del papato possa venire svuotato agli occhi di un mondo che, oggi come ieri, fa di tutto per contrastare la barca di Pietro.
Il Papa, invece, spiazza tutti e ci invita ad alzare lo sguardo alle cose di lassù, verso quel Cielo che troppi vorrebbero vuoto e altri se lo fabbricano a propria immagine e somiglianza. Rischio, quest'ultimo, che corriamo tutti. Benedetto XVI ci richiama al fatto che “la Chiesa non è mia, non è nostra, ma è Sua. E il Signore non la lascia affondare”, dandoci una lezione di fede con cui tutti, laici e consacrati, preti e monsignori, siamo chiamati a confrontarci.
Le ultime parole della sua ultima udienza del mercoledì ci ricordano che non dobbiamo perdere mai questa visione di fede, “che è l'unica visione della Chiesa e del mondo”, cioè solo tenendo alto lo sguardo alle cose di lassù sapremo valutare correttamente le cose del mondo.
Il Papa non scende dalla croce, ma “resta in modo nuovo presso il Signore Crocifisso”. Parole urticanti per il mondo di oggi che ha perso quasi completamente il senso del sacro e la dimensione spirituale. Benedetto XVI ci dice dell'importanza di una vita di preghiera ricordando come proprio San Benedetto da Norcia, di cui porta il nome, ha mostrato la via per una vita, che, attiva o passiva, appartiene totalmente all'opera di Dio.
Questo primato di Dio è il più grande insegnamento che ci viene consegnato. A volte siamo tentati di risolvere i mali e i problemi del mondo con le sole nostre forze, vediamo guerre, aborti, violenze, divorzi, persecuzioni, pensiamo alla crisi economica, alla crisi della Chiesa, e vorremmo risolvere tutto noi. Gesù disse: “Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta”, ma avviando gli apostoli alla missione disse anche: “io sarò con voi fino alla fine del mondo”. E' questa certezza che si respira nelle parole del Santo Padre, una certezza che noi tutti dobbiamo recuperare se vogliamo sperare di poter contribuire al bene della Chiesa.
Proprio per portare avanti il bene della Chiesa e non se stessi il Papa ha trovato il coraggio di compiere un passo indietro, pur consapevole “della gravità e novità” di questa scelta. Quanti di noi hanno questa libertà? Quanti di noi riescono ancora ad alzare gli occhi al Cielo? Un monito anche ai Cardinali che stanno per avviarsi al Conclave.
Se amiamo il mondo oltre misura perdiamo tutto, se amiamo Dio oltre misura guadagniamo tutto: “Dio ci ama, ma attende che anche noi lo amiamo!”
Tutto dipende da dove abbiamo la nostra patria, se la mettiamo solo in terra, allora non avremo che terra, se la mettiamo in Cielo, allora anche la “terra” comincerà ad apparirci come grande segno del divino. La bellezza salverà il mondo, scriveva Dostoevskij, invece, sembra che la bruttezza sia diventata la regina del mondo, lo vediamo nell'arte, nella musica, nella moda, in teatro, nei rapporti tra le persone, nella politica, persino in certe liturgie e in certe prediche insipide.
Forse sta arrivando la fine del mondo, o forse no. Non sta a noi lambiccare con le cose ultime, a noi - ci ricorda il Papa – spetta la responsabilità di tenere i cuori rivolti verso l'alto. Ci chiede di pregare per lui e di pregare per i Cardinali che dovranno scegliere il suo successore. Lo faremo. Il Papa ci insegna a piegare di nuovo le ginocchia: Sursum Corda!

© Copyright La Voce di Romagna, 28 febbraio 2013
Paparatzifan
00giovedì 28 febbraio 2013 22:06
Il comandante delle Guardie Svizzere: il Papa un esempio per ognuno di noi

Dalle 21 di questa sera, come annunciato, la Guardia Svizzera pontificia cesserà dal suo servizio di protezione della persona del Papa. Ma un incarico che finisce per motivi statutari non cancella certamente gli anni di vicinanza durante i quali, dai vertici alla base del Corpo militare vaticano, tutti hanno imparato a stimare Benedetto XVI, per la sua testimonianza di fede e per il tratto gentile dei modi. Ne parla il comandante della Guardie Svizzere, Daniel Rudolf Anrig, intervistato dal Mario Galgano della redazione tedesca della Radio Vaticana:

D. – Nel corso del Pontificato di Benedetto XVI, lei è stato a fianco del Pontefice per poco più di quattro anni: quale è stata la sua esperienza?

R. – Benedikt XVI. ist sicher für uns Katholiken…

Per noi cattolici, ma credo per tutti i cristiani, Benedetto XVI è un esempio da seguire nella ricerca della verità. Le sue omelie, i suoi discorsi, sono stati sempre caratterizzati dalla sua sensibilità e dalla sequela della Parola di Dio.

D. – La Guardia Svizzera è composta essenzialmente da giovani: come descrivere questo rapporto, tra il Papa e i giovani della Guardia Svizzera?

R. – Die päpstliche Schweizergarde hat das Privileg…

La Guardia Svizzera pontificia ha il privilegio di reclutare in Svizzera persone aperte innanzitutto al servizio militare, ma poi anche al messaggio della Chiesa. Si è sempre percepita la cordialità del Santo Padre quando incontrava le Guardie svizzere, sia durante il loro servizio ma anche al momento del loro congedo.

D. – Come ha vissuto nelle ultime settimane e negli ultimi giorni il Pontefice? Ha percepito qualche cambiamento nella persona di Benedetto XVI?

R. – Benedikt XVI. ist ganz klar ein Mann der Bescheidenheit…

Indubbiamente, Benedetto XVI è un uomo umile, un uomo esemplare per noi tutti. Abbiamo sentito come la simpatia che il popolo, i pellegrini gli hanno dimostrato lo abbiano molto commosso. Standogli vicino, l’abbiamo potuto percepire chiaramente.

D. – Cosa gli augura per il futuro?

R. – Ich denke, ich spreche im Namen aller Gardisten…

Credo di poter parlare a nome di tutte le Guardie Svizzere: che lo accompagnano con la preghiera e che il Signore lo benedica per il tempo che seguire la rinuncia alla Sede apostolica.

© Copyright Radio Vaticana
Paparatzifan
00venerdì 1 marzo 2013 06:25
"Sono un semplice pellegrino che inizia l'ultima tappa del suo pellegrinaggio sulla terra"

"Grazie, cari amici, sono felice di essere con voi, circondato dalla bellezza del Creato e dalla vostra simpatia che mi fa molto bene. Grazie per la vostra amicizia, il vostro affetto!". Queste le prime parole rivolte da Benedetto XVI ai fedeli riuniti davanti il Palazzo apostolico di Castel Gandolfo. "Voi sapete che questo mio giorno è diverso da quelli precedenti: sarò Sommo Pontefice della Chiesa cattolica, fino alle otto di sera, poi non più". "Sono semplicemente un pellegrino - ha proseguito - che inizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio su questa terra. Ma vorrei ancora con il mio cuore, con il mio amore, con la mia preghiera, con la mia riflessione, con tutte le mie forze interiori, lavorare per il bene comune e il bene della Chiesa e dell’umanità. E mi sento molto appoggiato dalla vostra simpatia. Andiamo avanti con il Signore per il bene della Chiesa e del mondo. Grazie!". Quindi, il Santo Padre ha impartito la sua benedizione apostolica ai presenti.

Il Papa era giunto alle 17.23 a Castel Gandolfo, all'eliporto delle Ville pontificie, accolto dal suono delle campane della diocesi laziale di Albano: Benedetto XVI aveva lasciato il Vaticano in elicottero alle 17.07, sempre al suono delle campane e volteggiando sopra Piazza San Pietro per salutare i tanti i fedeli qui radunati per rivolgergli l'ultimo commosso saluto di Roma e gridando il loro grazie al Papa. Grande la commozione tra la gente. L'elicottero ha sorvolato il Colosseo e San Giovanni in Laterano: bellissime le immagini trasmesse dal Centro Televisivo Vaticano.

Poco prima delle 17.00, nel cortile di San Damaso, Benedetto XVI era stato salutato dai superiori della Segreteria di Stato, guidati dal cardinale Bertone, dai cardinali Vallini e Comastri e dal picchetto della Guardia Svizzera. Passando davanti alla Grotta di Lourdes nei Giardini Vaticani, si è poi recato in auto all'Eliporto dove è stato accolto dal cardinale decano Angelo Sodano e dal cardinale Lajolo. Di qui la partenza in elicottero.

A Castel Gandolfo, il Papa è stato accolto dal cardinale Bertello, mons. Sciacca, dal vescovo di Albano mons. Semeraro, dal direttore delle Ville pontificie Petrillo, dal sindaco e dal parroco di Castel Gandolfo. Anche qui tanti i fedeli che hanno voluto accoglierlo per testimoniare affetto e gratitudine. Benedetto XVI resterà nella residenza di Castel Gandolfo circa due mesi, per poi rientrare in Vaticano come Papa emerito e risiedere nel Monastero "Mater Ecclesiae", una volta restaurato, già residenza delle Suore Visitandine di clausura. Alle 20.00 termina il suo pontificato e ha inizio la sede vacante.

A Castel Gandolfo, continuano a rimanere nella piazza principale i tanti fedeli che hanno salutato Benedetto XVI. Ce ne parla la nostra inviata Gabriella Ceraso:

Sono 400 anni che i Papi vengono a Castel Gandolfo, ma ciò che questa tranquilla cittadina vive oggi non ha precedenti. E i volti dei tanti che riempiono la piazza lo esprimono chiaramente: sono parrocchie intere, famiglie, religiosi, rappresentanti di Movimenti e Associazioni, ragazzi arrivati anche in pellegrinaggio. Sentiamo le loro voci:

R. – Sono venuta perché volevo stare più vicina al Papa.

D. – Cosa dire al Papa?

R. – Grazie per la sua fede, per il suo insegnamento.

R. – Siamo di tutti i Paesi: Perù, Argentina, Costa d’Avori, Filippine, Brasile … e vogliamo manifestare a Benedetto XVI la nostra vicinanza nella preghiera e dirgli che continueremo ad attingere al suo magistero. Li ci ha illuminati, in questi otto anni: lo abbiamo sentito come un padre. Come un catechista che ci ha preso per mano e in questi anni ci ha guidati.

R. – Gli vogliamo dire che gli vogliamo tanto bene, e gli chiediamo che preghi per noi.

R. – Siamo qui per dare sostegno al Papa.

R. – Soprattutto, ci sentiamo privilegiati di poter vivere questo momento storico, con lo stesso atteggiamento che ha avuto lui: quello di ritrovare il rapporto con Dio, cioè l’essenzialità.

R. – Ci insegna a mettere al primo posto Dio ma anche l’umiltà verso gli altri.

D. – Questo periodo che si aprirà da oggi in poi è un periodo di attesa. C’è del vuoto, in voi, o c’è la speranza?

R. – La speranza c’è perché noi crediamo in Dio.

R. – Non possiamo temere nulla. Sono felice di essere qua.

“La tua umiltà ti ha reso grande. Conta sulla nostra preghiera”, si legge sugli striscioni. “Grazie” è la parola più ricorrente.

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Paparatzifan
00venerdì 1 marzo 2013 06:32
In modo nuovo

Una straordinaria e commovente udienza generale e l’incontro con i cardinali sono stati gli ultimi grandi momenti pubblici del pontificato di Benedetto XVI. Un pontificato che, per la prima volta nella storia, si conclude quietamente, senza il dramma della morte del vescovo di Roma, senza i rivolgimenti che hanno portato alle rinunce papali del passato, così lontane nel tempo e così diverse da non potere essere considerate reali precedenti. Ora, in un «modo nuovo» il Romano Pontefice resta accanto al Signore in croce, mai abbandonato nel corso di una vita lunga e straordinariamente fruttuosa. Che si apre, da oggi più di prima, allo spazio riservato alla preghiera e alla meditazione.
Sì, Benedetto resta nella Chiesa, vicino al successore di Pietro che sarà scelto dai cardinali. Un gruppo di uomini, certo, ma che in modo misterioso è vivificato dal soffio dello Spirito ed è motivato da un senso di responsabilità unico, che il collegio ha dimostrato di sapere onorare, come la storia dimostra, soprattutto dalla fine del Settecento. Per questo Joseph Ratzinger è in qualche modo tornato alla sua elezione, incontrando nell’ultimo giorno del pontificato quel collegio — mai così numeroso prima di allora — che il 19 aprile 2005 l’ha votato in poche ore, anche se lui non aveva in alcun modo cercato il papato. «La Chiesa non muore mai» scriveva nel medioevo il teologo Egidio Romano, teorizzando che «durante la vacanza della sede la potestà papale rimane» nei cardinali riuniti per eleggere il Pontefice.
Del conclave di otto anni fa Benedetto XVI ha parlato anche in una piazza San Pietro stracolma e illuminata da un sole tardoinvernale: «Signore, perché mi chiedi questo e che cosa mi chiedi» era la domanda che si agitava in quel momento nel suo cuore e che trovò una prima risposta sulle labbra del Papa stesso, quando disse durante la messa inaugurale del pontificato che il suo programma era quello di ascoltare ogni giorno, insieme alla Chiesa, la volontà del Signore. E per otto anni Cristo ha guidato il Pontefice, come ha ripetuto, aggiungendo di non essersi mai sentito solo «nel portare la gioia e il peso» di un ruolo unico al mondo. E questo perché «il Papa appartiene a tutti e tantissime persone si sentono molto vicine a lui».
Vicinanza che, anche visibilmente, Benedetto XVI ha sperimentato dall’11 febbraio, quando ha annunciato la sua rinuncia in piena libertà e pubblicamente, ma che ogni giorno ha avvertito negli otto anni di un pontificato che la storia riconoscerà nella sua grandezza. Una grandezza non ricercata ma che si è imposta, e non soltanto in una dimensione spirituale. A Peter Seewald il Pontefice, eletto a un’età molto avanzata, ha detto che nei secoli a grandi Papi si sono alternati piccoli Papi, specificando con semplicità e senza alcuna affettazione di sentirsi un piccolo Papa, strumento nelle mani di Dio. Ma proprio per questo non solo i cattolici, né soltanto i cristiani, né unicamente i credenti, ma in gran numero donne e uomini di tutto il mondo hanno capito sempre di più di avere di fronte un Papa tra i più grandi, un grande uomo del nostro tempo.
E proprio la rinuncia, atto grave e nuovo che alcuni non capiscono, ha mostrato a tutti il coraggio mite ma fermissimo e la serenità gioiosa di quest’uomo: mai una volta, infatti, Benedetto XVI è indietreggiato davanti ai lupi e mai si è fatto sopraffare dal turbamento di fronte a sporcizia e scandali, che ha invece contrastato con determinazione. Sostenuto da tanti collaboratori, come ha più volte ripetuto, ma soprattutto dalla preghiera che per lui saliva nella Chiesa, come per l’apostolo Pietro. E forse la serenità gioiosa — che viene dalla fiducia in Dio e traspare così visibilmente dal suo volto — è il lascito più duraturo di questo Papa, che conclude nella pace e in modo nuovo un pontificato indimenticabile.

g.m.v.

(©L'Osservatore Romano 1° marzo 2013)
Paparatzifan
00venerdì 1 marzo 2013 06:37
PAPA: NON SONO PIU' IL PONTEFICE, OBBEDIRO' AL SUCCESSORE

Salvatore Izzo

(AGI) - Castel Gandolfo, 28 feb.

"Voi sapete che oggi la mia presenza non e' come le altre volte. Non sono piu', anzi lo sono solo fino alle 8 della sera, il Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica. Sono ora semplicemente un pellegrino che inizia la sua ultima tappa in questa Terra, vorrei ancora lavorare con tutte le mie forze, con il mio cuore e la mia preghiera, per il bene della Chiesa e del Mondo, andiamo avanti insieme, la vostra simpatia mi fa molto bene, vi sono grato per la vostra amicizia". Con queste parole il Papa si e' rivolto alla folla che lo attendeva nella piazza di Castelgandolfo ed ha accolto con commozione il saluto dell'85enne teologo che dopo essere stato custode dell'ortodossia cattolica e poi tenerissimo Papa ha scelto di rititrarsi in una sorta di "clausura", e che stasera per l'ultima volta si e' affacciato dal Palazzo Barberini.
Molto commosso era lo stesso Joseph Ratzinger, che un paio di volte si e' corretto mentre parlava, e piangeva senza nasconderlo monsignor Georg Gaenswein, lo storico segretario, da oggi solo prefetto della casa Pontificia, arrivato con lui in elicottero dal Vaticano. Ma e' stato in mattinata, prima della partenza definitiva dal Palazzo Apostolico, che Benedetto XVI ha compiuto un gesto che il portavoce Federico Lombardi ha definito "del tutto originale e di grande significato". "Al nuovo Papa prometto fin d'ora la mia incondizionate riverenza e obbedienza", ha detto rivolgendo il suo ultimo discorso ai cardinali riuniti nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico. "Desidero dirvi - ha assicurato ai porporati - che continuero' ad esservi vicino con la preghiera, specialmente nei prossimi giorni, affinche' siate pienamente docili all'azione dello Spirito Santo nell'elezione del nuovo Papa. Che il Signore - ha invocato - vi mostri quello che e' voluto da Lui".
"Rimaniamo uniti cari fratelli, in questo mistero! Nella preghiera, specialmente nell'Eucaristia quotidiana e cosi' serviamo la Chiesa e l'intera umanita'. Questa e' la nostra gioia che nessuno ci puo' togliere", ha poi esortato Ratzinger dopo aver brevemente ricordato di aver vissuto in questi otto anni "momenti bellissimi di luce radiosa nel cammino della Chiesa, assieme a momenti in cui qualche nube si e' addensata nel cielo. Abbiamo cercato di servire Cristo e la sua Chiesa con amore profondo e totale, che e' l'anima del nostro ministero. Abbiamo donato speranza, quella che ci viene da Cristo e che solo puo' illuminare il cammino. Insieme possiamo ringraziare il Signore che ci ha fatto crescere nella comunione; insieme pregarLo di aiutarvi a crescere ancora in questa unita' profonda, cosicche' il Collegio dei cardinali sia come un'orchestra, dove le diversita', espressione della Chiesa universale, concorrano sempre alla superiore e concorde armonia".
"Vorrei lasciarvi un pensiero semplice, che mi sta molto a cuore un pensiero sulla Chiesa, sul suo mistero, che costituisce per tutti noi, possiamo dire, la ragione e la passione della vita", ha quindi concluso affermando che "la Chiesa fiorisce nelle anime", secondo una espressione di Romano Guardini, scritta "nel suo ultimo libro con una dedica personale anche per me". "Benedetto XVI lascia, con un gesto di straordinario significato storico e umano, il soglio pontificio, ma non Roma. Non si allontana dall'Italia. E noi continueremo a sentirlo vicino, e ad essergli vicini con animo bene augurante", ha commentao il Capo dello Stato Giorgio
Napolitano, in un intervento scritto dall'Osservatore Romano. Alle 20, con l'inizio della Sede Vacante la Chiesa resta affidata ai cardinali riuniti in Congregazione Generale, con il decano Angelo Sodano e il camerlengo (cioe' il custode) Tarcisio Bertone. Quest'ultimo ha apposto i sigilli all'Appartamento Pontificio mentre a Castelgandolfo la Guardia Svizzera terminava il suo servizio. I cardinali presenti a Roma sono ad ora 144 (60 vi abitano abitualmente, ma tra questi molti sono ultraottantenni) e non sono ancora partite le lettere di convocazione per la prima Congregazione Generale, che dovrebbe tenersi lunedi'
mattina alle 9,30.

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Paparatzifan
00venerdì 1 marzo 2013 06:43
Joseph Ratzinger non e' piu' Papa

Benedetto XVI non è più Papa. Alle 20.00 di giovedi' sera ha avuto termine il suo Pontificato, secondo la storica rinuncia comunicata meno di tre settimane fa, ed è iniziata la "sede vacante". E nel giorno che segna un'epoca, e fa da spartiacque nella storia della Chiesa, Ratzinger rende atto di sottomissione al suo successore, promettendogli "incondizionata riverenza e obbedienza", e si definisce ormai "semplicemente un pellegrino che inizia l'ultima tappa del suo pellegrinaggio in questa terra". Le ultime ore da Pontefice, in una giornata che resterà negli annali, hanno visto Benedetto XVI sereno e sorridente, con un atteggiamento quasi da normale quotidianità, mentre intorno a lui si susseguivano manifestazioni di affetto e commozione. Nella Sala Clementina ai 144 cardinali presenti a Roma, dopo il saluto del cardinale decano Angelo Sodano, ha comunque detto parole venute dal cuore, sì, ma che allo stesso tempo indicano la strada per il dopo-Ratzinger. "Continuerò ad esservi vicino con la preghiera, specialmente nei prossimi giorni, affinché siate pienamente docili all'azione dello Spirito Santo nell'elezione del nuovo Papa. Che il Signore vi mostri quello che è voluto da Lui", ha detto. "E tra voi, tra il Collegio dei cardinali - ha proseguito -, c'é anche il futuro Papa, al quale già oggi prometto la mia incondizionata riverenza ed obbedienza". Un'affermazione, questa, che sancisce, dinanzi al Sacro Collegio, come il nuovo Pontefice non dovrà sentirsi limitato né condizionato dalla presenza in vita di un "Papa emerito", come lo stesso Ratzinger ha chiesto di essere chiamato.

"La vostra vicinanza, il vostro consiglio, mi sono stati di grande aiuto nel mio ministero", ha detto ancora il Papa dimissionario. "In questi otto anni abbiamo vissuto con fede momenti bellissimi di luce radiosa nel cammino della Chiesa assieme a momenti in cui qualche nube si è addensata nel cielo - ha aggiunto -. Abbiamo cercato di servire Cristo e la sua Chiesa con amore profondo e totale che è l'anima del nostro ministero. Abbiamo donato speranza, quella che ci viene da Cristo e che solo può illuminare il cammino". E con ricordo anche dell'abbraccio della folla di ieri in Piazza San Pietro ha voluto sottolineare come la Chiesa non sia "un'istituzione escogitata e costruita a tavolino, ma una realtà vivente". Essa, ha spiegato, "vive lungo il corso del tempo in divenire, come ogni essere vivente, trasformandosi, eppure nella sua natura rimane sempre la stessa". Ad uno ad uno Ratzinger ha stretto la mano a tutti i cardinali presenti, con cui ha scambiato parole di saluto. Momenti di grande commozione ci sono poi stati al'atto del congedo dal Vaticano, mentre il Papa, accompagnato da un mons. Gaenswein in lacrime, ha salutato i cardinali vicari Vallini e Comastri, il segretario di Stato Bertone, quindi gli altri presuli e il personale Vaticano prima di salire sull'elicottero che lo ha portato a Castel Gandolfo. E' dalla loggia del Palazzo sui Colli Albani, dove risiederà per due mesi prima di trasferirsi nell'ex monastero di clausura nei Giardini Vaticani, che Benedetto XVI ha pronunciato le sue ultime parole pubbliche da Papa. "Cari amici, sono felice di essere con voi, circondato dalla bellezza del Creato e dalla vostra simpatia che mi fa molto bene. Grazie per la vostra amicizia, il vostro affetto", ha detto ai fedeli che lo applaudivano dalla piazza. "Voi sapete che questo giorno mio è diverso da quelli precedenti: sono Sommo Pontefice della Chiesa cattolica fino alle otto di sera, poi non più. Sono semplicemente un pellegrino che inizia l'ultima tappa del suo pellegrinaggio su questa terra", ha detto ancora, per poi aggiungere: "ma vorrei ancora con il mio cuore, con il mio amore, con la mia preghiera, con la mia riflessione, con tutte le mie forze interiori, lavorare per il bene comune e il bene della Chiesa e dell'umanità".

Non è mancato, nella giornata di fine pontificato, l'ultimo messaggio via Twitter: "Grazie per il vostro amore e il vostro sostegno. Possiate sperimentare sempre la gioia di mettere Cristo al centro della vostra vita", ha scritto Ratzinger ai tre milioni di fedeli-follower sparsi nel mondo. Il resto sono attestati di omaggio al Papa uscente da ogni angolo del pianeta. "Io e il presidente Obama vogliamo augurare ogni bene a Benedetto XVI e ringraziarlo per la sua leadership e tutto quello che ha fatto", ha detto il segretario di Stato Usa John Kerry a Palazzo Chigi incontrando il premier Mario Monti. Alle otto di sera, a conclusione dell'era-Ratzinger, tra le grida "Viva il Papa" è stato chiuso il portone di Castel Gandolfo e la guardia svizzera è smontata dal servizio, sostituita dalla Gendarmeria vaticana. Il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, in veste di Camerlengo, ha invece sigillato l'appartamento nel quale il Papa ha vissuto per quasi otto anni. E' stato apposto un sigillo fatto con un nastro adesivo robusto e con sopra il timbro della "sede vacante". Sigillato anche l'ascensore che conduce all'appartamento papale. E' l'inizio della "sede vacante". Domattina partiranno le lettere del cardinale decano Angelo Sodano per chiamare i porporati, lunedì 4 marzo, alle Congregazioni generali pre-Conclave. Già in programma domani consultazioni informali dei cardinali nell'Aula del Sinodo. Sempre più probabile che il Conclave per eleggere il nuovo Papa si apra, nella segretezza della Sistina, l'11 marzo.

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00venerdì 1 marzo 2013 11:16
Benedetto lascia le chiavi della Chiesa non la missione papale né la sua croce

Luigi Accattoli

Tra lo sgomento dei fedeli e la sorpresa del mondo, Benedetto XVI esce dalla storia ma resta nella sfera del Papato e realizza nei fatti una vera riforma della figura papale indicando ai successori una nuova possibilità di impersonarla oltre ogni debolezza, nascosti al mondo e vigili nell'intercessione, a silenziosa garanzia di una continuità che è sempre l'assillo principale di ogni «vescovo di Roma».
Nei diciassette giorni che ci separano dall'atto della rinuncia compiuto l'11 febbraio abbiamo assistito al dipanarsi di un paradosso: quello di un Papa che lascia e con ciò modifica l'immagine papale più di quanto non abbiano fatto tutti i suoi predecessori dell'epoca moderna sommati insieme.
Non ha soltanto stabilito il precedente della rinuncia per età e salute, già di suo così incisivo da costituire il primo motivo per cui gli altri pontefici restavano al loro posto anche quand'erano infermi, ma ha creato — con le disposizioni sul proprio futuro — la figura fino a oggi inedita del «Papa emerito», che non porta più le Chiavi del governo della Chiesa ma resta «nel recinto di San Pietro» e accompagna «nel servizio della preghiera» il ministero del successore.
Con la discrezione e l'antiretorica che gli sono tipiche, il Papa teologo in queste singolari giornate di sospensione della vicenda bimillenaria del Pontificato Romano ha guidato la sua Chiesa all'accettazione di una totale novità: quella del passaggio dalla rinuncia al Papato come evento occasionale — già praticata nel
Medioevo — alla rinuncia come ordinaria previsione offerta a ogni Papa del futuro e da ognuno praticabile, secondo modalità che in questi giorni sono state via via indicate fino a configurare una forma compiuta di uscita dal governo papale che sia a un tempo permanenza, con diversa funzione, nella missione papale. Ora che il fatto è compiuto, con la Guardia Svizzera che è «smontata» alle 20di ieri sera davanti alla Villa di Castel Gandolfo, unico segno al mondo della cessazione del potere delle Chiavi affidato all'uomo Joseph Ratzinger, appaiono chiari i tre elementi della particolare via alla «rinuncia» percorsa da Papa Benedetto e destinata a porsi come normativa per ogni successore che si trovi nella necessità di seguirne l'esempio: egli vestirà di bianco, restando simbolicamente fedele all'immagine papale di cui è stato portatore; manterrà il nome di Benedetto XVI con l'appellativo di «Sua Santità» e avrà la qualifica formale di «Papa emerito», che vuol dire sì «emerito» ma comunque Papa; continuerà a vivere in Vaticano, perché anche nell'unità di luogo con il successore sia segnalata la continuità di una missione che — ha detto l'altro ieri — è «per sempre». La novità di questa via alla rinuncia rispetto ai casi del Medioevo è lampante. Quando Celestino V il 13 dicembre 1294 abdicò davanti ai cardinali, depose la veste papale e riprese il grigio abito da eremita e il nome Pietro da Morrone. Quando fu Gregorio XII ad abdicare, nel 1415, riprese l'abito e il titolo di cardinale. Benedetto, invece, per sua decisione, non smette l'abito bianco e non torna cardinale. Il perché di queste novità è da cercare nella straordinaria importanza — simbolica e pratica — che ha oggi la figura del Papa, maggiore di quanta ne avesse nel Medioevo.
Il rafforzamento del primato di giurisdizione seguito al Concilio di Trento e la proclamazione dell'infallibilità venuta dal Vaticano I fanno oggi più impegnativo il «ministero petrino», ma lo condiziona anche — e di più — il rafforzamento simbolico e devozionale venuto alla figura papale dal nuovo rapporto con le moltitudini favorito dai media e dai viaggi. Troppo a lungo era stato affermato che «il Papa non può dimettersi» perché oggi si potesse avere un'«abdicazione» paragonabile a quelle del Medioevo. «Non c'è posto nella Chiesa per un Papa emerito», aveva affermato il Papa polacco aggiungendo parole quasi bibliche sull'impossibilità di scendere dalla Croce. Ed ecco il Papa tedesco che crea dal nulla la figura del Papa emerito e si ritira in un monastero vaticano, come a dare convincente assicurazione che in tal modo non abbandona né la missione papale, né la Croce che la caratterizza.

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Paparatzifan
00venerdì 1 marzo 2013 11:22
Il Papa lascia ma è passato incolume tra mille agguati

di Alessandra Nucci

È da quando fu eletto, nell'aprile 2005, che i commentatori prevedono per Joseph Ratzinger un rigetto da parte delle masse che accorrevano al richiamo di Karol Woytjla. Invece, a consuntivo, si constata che l'uomo deriso come «pastore tedesco», «rottweiler», intellettuale troppo distante per piacere alle folle, sulla gente comune ha sempre avuto l'effetto opposto: con i suoi modi quieti e non pretenziosi ha toccato le corde dei semplici e degli umili. Dall'inizio del suo Pontificato, il papa tedesco ha camminato, impassibile e incolume, in mezzo a imboscate di ogni genere, piantate sul suo cammino da un'élite laicista che ha imperversato sui media, gonfiando possibili problematiche, stuzzicando presunte rivalità, rinvangando scandali di tempi lontani e incoraggiando cause legali, per danni che metterebbero in ginocchio i miliardari.
Nei primi anni del Pontificato, dall'incontro laicale della Chiesa in Italia, a Verona, che i media avevano anticipato come foriero di grandi divisioni dentro alla Chiesa, alle polemiche per il discorso di Regensburg, che è scaturito in dialoghi con l'islam ai massimi livelli, Papa Ratzinger aveva costantemente trasformato i guai in vittorie. Una delle prime è stata quella sul suo stesso fisico: affetto da pressione alta, i viaggi in aereo gli erano stato caldamente sconsigliati. Ciononostante ha compiuto 24 viaggi pastorali all'estero, senza contare gli spostamenti in Italia.
I viaggi in America, Australia, Francia, Regno Unito, Germania, erano stati tutti preceduti da mesi di gravi sfide e perfino da provocazioni, con gli attivisti dell'ateismo che arrivano perfino a reclamarne l'arresto. Eppure ogni tappa, ogni controversia, si era sempre conclusa con l'acclamazione della gente, delle autorità e, miracolo davvero, dei media. Memorabile il commiato della ribelle Inghilterra per bocca di David Cameron: «Siete venuto a parlare a 6 milioni di cattolici, ma siete stato ascoltato da una nazione di 60 milioni».
Perfino lo scandalo della pedofilia nel clero ha avuto un risultato contrario alle attese quando si è saputo che non era stato altri che il Cardinal Ratzinger, da Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, a insistere che si facesse rigorosamente pulizia all'epoca in cui gli abusi erano venuti alla luce. Paradossalmente, questo fatto, probabilmente, non si sarebbe nemmeno saputo se una parte della stampa non avesse insistito a voler dare la colpa al Pontefice in persona.
Dallo sgambetto della Sapienza, ateneo fondato da un Papa, ma pronto a dare il microfono a brigatisti pentiti e non al pontefice romano, al boomerang dell'intervista di Lucia Annunziata al gesuita Thomas J. Reese, trasformata da potenziale attacco a Ratzinger in un efficacissimo spot per la Chiesa cattolica, il Papato ha continuato a reggere.
Delle battaglie che hanno veramente segnato l'anziano Pontefice, quelle interne condotte frontalmente per fare pulizia e ripristinare il rigore nella Chiesa, sulla stampa, prima del Vatileaks, gennaio 2012, erano giunti soltanto degli echi , e questo nonostante che i protagonisti, laici e non, facessero di tutto per farsi notare. Ma dalle tombe violate di due vescovi, ad opera della polizia di Bruxelles, al maggiordomo dedito a trafugare lettere dalla stessa camera da letto del papa, a questo pontificato non si è fatto mancare nulla. Vi ha fatto riferimento non di rado Ratzinger stesso, in termini drammatici, come quando a Fatima usò l'aggettivo “terrificante” per descrivere le sofferenze della Chiesa che vengono proprio “dal peccato esistente nella Chiesa”.
In questi giorni epocali di fine pontificato sui giornali si legge di dimissioni e esautoramenti di cardinali: sono gli ultimi segni della battaglia silenziosa condotta dal papa tedesco, che, nelle parole di un nunzio apostolico, in questi anni ha rimosso in media «due o tre vescovi» al mese, per motivi di incompetenza o disciplina. Battaglia da cui, si capisce dalle ultime decisioni, si ritira umilmente, ma tutt'altro che domo.

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Paparatzifan
00venerdì 1 marzo 2013 11:28
Un amico bavarese: "Benedetto XVI, un credente senza limiti né condizioni"

Mi ha sempre colpito la sua fede, limpida come quella di un bambino nonostante la sua intelligenza teologica. Mons. Thomas Frauenlob, officiale della Congregazione per l’Educazione Cattolica, è un amico bavarese di Benedetto XVI di vecchia data. Al microfono di Fabio Colagrande, parla dei tratti della personalità del Papa e dell'eredità spirituale che lascia alla Chiesa:

R. – Sicuramente, si deve constatare una vera semplicità e umiltà del comportamento e delle pretese. Il ritmo fra lavoro, tempo libero, anche per la vita comunitaria, una passeggiata e la preghiera mi hanno fatto grande impressione. La sua fede è la fede di un vero credente, dovrei dire addirittura di un uomo che crede come un bambino, nel senso positivo della parola. Questa combinazione della fede, molto semplice e profonda, e la sua intellettualità, filosofica e teologica, si completano.

D. – Quali parole della sua catechesi, all’ultima udienza generale, l’hanno colpita di più?

R. – La sua fiducia nella guida e protezione del Signore per la sua Chiesa. Siamo come comunità ecclesiale davanti a una sfida enorme, ma abbiamo nello stesso tempo questa sicurezza della presenza del Signore, come gli apostoli nella barca: il Signore è presente anche quando dorme. Un altro aspetto che mi piace molto è che Benedetto XVI continuerà nel suo ministero petrino, lui ha detto per sempre, però ora sarà nascosto. Il suo servizio per la Chiesa consiste nella preghiera per la Chiesa e per tutto il mondo.

D. – Qual è, secondo lei, l’eredità più importante che ha lasciato alla Chiesa cattolica, con il suo magistero, Benedetto XVI?

R. – Ci sono diversi aspetti, ma il suo esempio di un credente senza limiti e condizioni, di una vita umile e sempre orientata a servire gli altri, di un teologo che analizza precisamente la realtà e interpreta i risultati, secondo la prospettiva di Dio. Il suo magistero così profondo, intelligente e luminoso, è un frutto preziosissimo e un’eredità sia per la Chiesa, per il mondo che per ognuno di noi.

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Paparatzifan
00venerdì 1 marzo 2013 11:33
I gesti e le parole

di Giovanna Chirri

CITTA' DEL VATICANO

L'11 febbraio la rinuncia al pontificato, una azione rivoluzionaria per la Chiesa. Oggi l'originale atto di ''riverenza e obbedienza'' al prossimo papa ancora da eleggere. Benedetto XVI, che dal primo giorno e' stato certamente un papa piu' delle parole che dei gesti, e come tale e' stato interpretato e seguito, lascia la scena con gesti che colpiscono, e perfettamente in linea con il suo stile e con le priorita' della sua vita.
Rivolgo un pensiero ''al nuovo Papa al quale gia' oggi prometto la mia incondizionata riverenza e obbedienza'', ha detto prendendo congedo dai cardinali nella Sala Clementina, e prima di stringere pazientemente la mano ai 144 presenti a Roma.
Nessuno lo obbligava a questa pubblica sottomissione a un successore che ancora non si sa chi sia. Ma certo in questo modo ha confermato le proprie intenzioni di non interferire in alcun modo con il nuovo pontefice, e come un qualsiasi membro della Chiesa ha riconosciuto l'autorita' del nuovo papa.
Questa liberta', che fa parte del modo di essere del papa ormai emerito, a volte di stride in tempi in cui l'essere conta meno dell'apparire. Oltre a gesti significativi, di questi giorni si ricorderanno anche alcune parole che Joseph Ratzinger ha voluto proporre ai cardinali, riuniti con lui per l'ultima volta. In particolare ''un pensiero semplice che mi sta molto a cuore, un pensiero sulla chiesa e sul suo mistero''. Un pensiero che, ha sottolineato, e' stato formulato da Romano Guardini nell'anno in cui i padri durante il Vaticano II approvavano la Lumen Gentium, cioe' la costituzione sulla Chiesa. ''Parole che mi sono particolarmente care'', ha confidato, e conservo il libro con la ''dedica personale di Guardini'': ''la chiesa - ecco il pensiero - non e' una istituzione escogitata'' da qualcuno o ''costruita a tavolino, ma e' una una relata' vivente'' che vive, anche ''trasformandosi, eppure nella sua natura rimane sempre la stessa e la sua natura e' Cristo''.
Questa, ha affermato Benedetto XVI a proposito della sua ultima udienza generale, e' stata anche la nostra esperienza di ieri in piazza: ''vedere che che la chiesa e' un corpo vivo'', ''e' nel mondo ma non e' del mondo''. Ancora pensando a Guardini, ha aggiunto Benedetto XVI, ricordiamo che ''la chiesa si risveglia nelle anime, la chiesa vive, cresce'' ed e' ''opera dello Spirito santo''.
Una sintesi della ecclesiologia del papa emerito, da cui forse il successore potra' trarre vantaggio.
Il pensiero semplice riporta alla mente le tante parole ''semplici'' che in quasi otto anni di pontificato Benedetto XVI ha proposto durante i suoi viaggi, negli incontri accademici, nelle udienze generali. Il ricordo va al primo viaggio a Bari, il 29 maggio 2005, quando noi cronisti ci dicemmo che la ''cifra'' del pontificato concedeva poco a cerimoniale e spettacolarizzazioni, indicava un ''regno'' da interpretare piu' che da guardare in tv, piu' di parole che di gesti. L'ultimo atto del pontificato e' una smentita?

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Paparatzifan
00venerdì 1 marzo 2013 12:15
Papa: card. Vallini, mi ha detto: dica a tutti che amo Roma

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 1 mar

'''Dica a tutti che io amo Roma' mi ha detto Benedetto XVI vis a vis, salutandomi per l'ultima volta da Papa. In fondo Sua Santita' e' a Roma dall'81 e quindi si sente un po' romano''.
Questo e' uno dei ricordi personali del card. Agostino Vallini, vicario per il Papa della Diocersi di Roma, dell'ultima giornata di pontificato di Joseph Ratzinger, raccontato a 'Prima di Tutto', su Rai radio 1. Una dichiarazione d'amore per la sua citta' d'adozione coronata dal panoramico viaggio in elicottero che Benedetto XVI ha fatto verso Castel Gandolfo. ''Questa giornata e' stata la conclusione di un itinerario spirituale iniziato l'11 febbraio con l'annuncio delle dimissioni - ha detto ancora il cardinal Vallini - in tutti questi giorni tutti coloro che hanno espresso il proprio pensiero sulla fine del pontificato mi sono parsi disponibili a capire qualcosa che va oltre il sensibile, anche persone non credenti, che hanno ammirato la liberta' di spirito e il coraggio del Papa''.

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Paparatzifan
00venerdì 1 marzo 2013 15:07
Benedetto XVI" (R.V.)

Mons. Semeraro: "Grande serenità di spirito in Benedetto XVI"

Una giornata unica dunque, quella di ieri, per Castel Gandolfo e per tutta la Chiesa, che “ci insegna anche a leggere in modo nuovo l’attuale tempo di Quaresima”. Cosi il vescovo di Albano, mons. Marcello Semeraro, che racconta al microfono di Gabriella Ceraso le emozioni provate nel suo ultimo incontro, ieri, con Benedetto XVI:

R. – Il Papa stesso ha detto che è un incontro diverso. Ne ha parlato, però, con estrema semplicità. Questo mi ha confermato nell’impressione, che ho avuto anche questa sera, accogliendolo, di una grande serenità di spirito. E grande serenità di spirito dice, allora, profondità di decisione e anche alta spiritualità. E’ ovvio, infatti, che così come la chiamata e l’accettazione dell’elezione fatta ha comportato in lui grandi cambiamenti di vita, anche questa scelta comporterà per lui una riformulazione dei suoi stili di vita. L’altra cosa che mi ha molto commosso è il fatto che egli abbia usato l’immagine del pellegrinaggio. Il magistero del Concilio è passato anche nel linguaggio liturgico: noi, nella Messa, parliamo di un “popolo pellegrino sulla terra”. Mi è parso che, dicendo questa frase, il Papa abbia voluto ancora una volta esprimerci la sua vicinanza, cioè: “Io cammino insieme con voi: non sto in finestra a guardare che cosa fate, ma cammino insieme con voi”.

D. – Che luce dà alla Quaresima che stiamo vivendo questa esperienza del Papa e, ovviamente, le sue parole di questi giorni?

R. – La Quaresima ha un valore fondamentale, di camminare con gioia incontro alla Pasqua. E il fatto che cada nel tempo della Quaresima, anche questo evento ci dice che insieme con il Papa noi continueremo a camminare incontro al Signore risorto.

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Paparatzifan
00venerdì 1 marzo 2013 15:22
Papa: p. Lombardi, passata notte serena. Ha con se' tanti libri

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 1 mar

''Notte serena'' per Benedetto XVI che sta vivendo in maniera ''molto distesa'' il suo periodo a Castel Gandolfo dopo aver lasciato il pontificato.
Stamane il suo segretario, mons. Georg Gaenswein ha avuto una conversazione telefonica con il portavoce Vaticano, padre Federico Lombardi. ''Il papa sta vivendo questi momenti - ha riferito - in un clima di serenita' e di pace. La serata di ieri e' trascorsa con la cena e la visione di alcuni telegiornali che ha apprezzato per la partecipazione e la buona presentazione fatta della giornata di ieri dai vari organi di stampa''.
Il papa emerito ha, quindi fatto una passeggiata serale all'interno del Palazzo apostolico nel Salone degli Svizzeri che ha una bella vista sul lago. Poi si e' ritirato per la preghiera ed il riposo''.
Stamane, invece, ha riferito padre Lombardi, ha celebrato messa alle 7 del mattino, poi ha fatto colazione. La mattinata e' passata tra la recita delle lodi e alcune letture. Tra queste, i tanti messaggi giunti da tutto il mondo''.
Il pomeriggio, invece, proseguira' dopo il pranzo, con una passeggiata nei giardini interni alla Villa Pontificia.
Il papa emerito ha portato con se' tanti libri di teologia, spiritualita' e storia. Uno di essi, ha riferito padre Lombardi, e' un volume di teologia di Hans Urs von Balthasar: ''Estetica teologica'' che Joseph Ratzinger apprezza particolarmente.

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Paparatzifan
00venerdì 1 marzo 2013 15:33
La prima giornata da "non Papa" di Ratzinger

Notte tranquilla a Castel Gandolfo per Benedetto XVI dopo l'addio al soglio pontificio

Dopo il termine, ieri alle 20, del suo pontificato, oggi la giornata per il Papa emerito è iniziata alle 7 con la messa, alla quale sono seguiti la recita del breviario, le lodi, l'ufficio delle letture, la colazione. "La giornata di oggi - ha riferito il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi - passerà tra preghiera e riflessione". Quindi Ratzinger "vedrà i messaggi che ha ricevuto".
La prima notte da Papa emerito è stata tranquilla per Ratzinger. "Ho fatto una bella telefonata con don Georg, era molto disteso, mi ha detto di aver dormito benissimo sia lui, sia il Santo Padre", ha riferito padre Lombardi. Benedetto XVI ha portato con sé a Castel Gandolfo "diversi libri di teologia, spiritualità, storia, tra i quali 'L'estetica teologica' di von Balthasar, e alcune registrazioni musicali".
Padre Lombardi ha poi parlato delle condizioni di salute di Benedetto XVI: "E' una persona anziana ma in buona salute". "Negli ultimi tempi lo abbiamo visto un po' più anziano, affaticato, chino, ogni tanto con il bastone ma più per una sua sicurezza che per appoggiarsi", ha aggiunto Lombardi.
La curiosità - L'account @Pontifex, sospeso con l'inizio della sede vacante, ha superato i 3 milioni di follower proprio alla vigilia della sua chiusura. Poco prima delle 20.00 di ieri, fa sapere la Radio vaticana, nelle nove lingue dell'account, Benedetto XVI ha superato la cifra record di 3 milioni di follower. La volata finale è stata tirata da tre lingue, inglese, spagnolo e italiano.

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Paparatzifan
00venerdì 1 marzo 2013 18:08

27/02/2013

BXVI: la zampata dell'orso

Decine e decine di vescovi rimossi durante il suo regno. Credo che questo sia il riconoscimento più sobrio e giusto da dare a papa Ratzinger, alla vigilia del suo “nascondimento” al mondo, e all’ingresso a una vita marcata dalla preghiera: che di unghie e di denti ne ha saputo mostrare come forse nessuno dei suoi predecessori, per pulire la Chiesa.
marco tosatti

Quando Benedetto XVI fu eletto, nel Conclave del 2005, scelse di mettere nel suo stemma l’orso di San Corbiniano. Narrano che l’orso divorò il mulo del santo, che gli impose di prendere su di sé il fardello del mulo, e di seguirlo. Benedetto XVI ha preso su di sé il fardello della Chiesa di Giovanni Paolo II (e dei predecessori). “Un orso dal sorriso di velluto, un po’ timido; ma che saprà ricordarsi, se ce n’è bisogno, che gli orsi hanno anche unghie e denti”, scrivevo. E credo che questo sia il riconoscimento più sobrio e giusto da dare a papa Ratzinger, alla vigilia del suo “nascondimento” al mondo, e all’ingresso a una vita marcata dalla preghiera: che di unghie e di denti ne ha saputo mostrare come forse nessuno dei suoi predecessori, per pulire la Chiesa. L’ultimo episodio è di qualche giorno fa: ha convinto un arcivescovo e cardinale a ritirarsi dal suo ruolo, e a non venire in Conclave, per ragioni di morale. Secondo il mio conto, il caso di Keith O’Brien sarebbe quasi l’ottantesimo del genere durante il regno di Benedetto. Ma la cifra potrebbe essere più alta, nell’opinione del nunzio in Kyrgisistan e Tajikistan, mons, Miguel Maury Buendia. “Ha compiuto una pulizia dell’episcopato – ha dichiarato a EWTN News -. Ha rimosso due o tre vescovi al mese in tutto il mondo perché la loro diocesi era un pasticcio, o la loro disciplina un disastro. I nunzi del posto andavano dal vescovo e gli dicevano: ‘Il Santo Padre le chiede per il bene della Chiesa di dare le dimissioni. Quasi tutti i vescovi, quando il nunzio arrivava, riconoscevano il disastro e accettavano di rinunciare. Ci sono stati due o tre casi in cui hanno detto no, e così il Papa semplicemente li ha rimossi. E questo è un messaggio anche ai vescovi: fate lo stesso nella vostra diocesi”. E qualche zampata – forse troppo poche, secondo qualcuno – è arrivata anche in Curia, come testimonia il caso Viganò, attuale nunzio negli Stati Uniti, che Benedetto XVI non ha voluto fare cardinale. Non a caso Benedetto XVI ha speso quasi ogni giorno ore e ore studiando le “ponenze”, cioè i dossier che da tutto il mondo giungono per la creazione dei nuovi vescovi, per essere sicuro di mettere la persona giusta a capo delle diocesi. E spesso ne ha rimandate indietro, chiedendo altri candidati. Insomma, ha fatto tutto quello che poteva per lasciare al successore una Chiesa più forte e più pulita di quella che aveva ricevuto. Un’opera che è la prima eredità di chi raccoglierà il suo fardello da Papa.

Da La Stampa
Paparatzifan
00venerdì 1 marzo 2013 20:04
Ctv, sequenze memorabili di fine Pontificato. Mons. Viganò: a parlare era il viso del Papa

A trasferire direttamente dalla cronaca alla storia e alla memoria la giornata di ieri hanno certamente contribuito le splendide immagini con le quali il Centro Televisivo Vaticano ha documentato il congedo di Benedetto XVI dal Vaticano, fino al suo arrivo a Castel Gandolfo e all’inizio della Sede vacante. Una serie di sequenze indimenticabili, realizzate con l'obiettivo principale di “far parlare” il volto del Papa, come spiega il direttore del Ctv, mons. Dario Viganò, intervistato da Alessandro De Carolis:

R. – Abbiamo seguito il criterio che nasce un po’ anche dalla responsabilità di consegnare al mondo intero un tratto di storia della Chiesa. Il criterio è stato quello di costruire un racconto che tenesse in evidenza il fatto straordinario di una scelta che è diventata immediatamente un evento. Questo però senza mai cercare la spettacolarizzazione o l’eccessiva patinatura. Abbiamo cercato di costruire un racconto che fosse capace di restituire alcune immagini anche di vicinanza del Papa, come la scelta di prendere il Papa nel momento in cui stava uscendo dall’appartamento, così come accompagnarlo dentro casa a Castel Gandolfo: quasi una sorta di congedo da parte dello spettatore a Città del Vaticano e anche un accompagnamento nell’ordinario nel quotidiano del Papa a Castel Gandolfo. Dall’altra parte, abbiamo cercato di mettere in atto una regia che fosse una sorta di documentario. La scelta è stata un po’ documentaristica: il motivo per cui abbiamo piazzato le telecamere nel torrione San Giovanni, nei Giardini vaticani, abbiamo scelto di seguire il viaggio del Papa con un elicottero, è proprio quello di documentare un tratto di storia.

D. – Quante forze sono state impegnate nella diretta di ieri e come avete curato tecnicamente la regia?

R. - Ieri avevamo 19 telecamere, quattro regie mobili e poi la super-regia nella Città del Vaticano. Ieri, erano impegnate quasi 40 persone. Abbiamo potuto contare su un team che ha alcune caratteristiche particolari, certamente sono grandi professionisti, ma accanto a questo c’è un legame e un affetto profondo per la figura del Papa e una passione di lavorare per tutta la Chiesa.

D. - La regia era interamente curata dal Centro televisivo vaticano?

R. - Sì, tutte le immagini che sono state viste, a parte le personalizzazioni, sono sempre del Centro televisivo vaticano, che certo lavora in stretta collaborazione con la Radio Vaticana per l’audio. Questo garantisce che ci sia un rispetto degli ambienti vaticani, una uniformità e qualità delle immagini e soprattutto che non si ceda a questi sguardi, a volte veramente molto ricercati e anche un po’ curiosi, che tutto sommato non rendono neppure ragione della questione che c’è in gioco.

D. - Eppure, anche al semplice spettatore è sembrato di assistere ad una produzione di tipo cinematografico…

R. – Noi abbiamo puntato molto su una regia che facesse "parlare" i volti e la figura del Papa. Questo ha segnato molto, perché vuol dire avvicinare le persone a un uomo che, paradossalmente, proprio dal momento in cui ha detto che lasciava il ministero è entrato in maniera indelebile nel cuore di tutti, anche dei non credenti. Da qui, la scelta di stare molto sul corpo, sul viso, sulle mani, sullo sguardo… C’è un po’ di cinema nel senso che c’è il desiderio di restituire la verità di un uomo: il cinema forse non la restituisce, però racconta molto.

D. - Tante le immagini memorabili. Qual è la "sua" immagine, quella che porterà con sé di questo 28 febbraio 2013?

R. – Con un po’ di commozione – seguivo dal pullman-regia – quando l’elicottero del Papa ha sganciato la terra dell’eliporto alla città del Vaticano. Quel momento è un momento di non ritorno. Un’immagine non tra le più belle, dal punto di vista visivo, ma per me è quella più suggestiva, che mi ha segnato profondamente. E’ la prima volta che inizia una Sede Vacante in cui suonano le campane ed è accompagnata dalla gioia di sapere che c’è un uomo che, come egli stesso dice, per sempre servirà la Chiesa, ora come Mosè sul monte ritirato a pregare per la Chiesa di Gesù.

D. - Il suo esordio alla guida del Centro Televisivo Vaticano ha praticamente coinciso con questa fase eccezionale della vita della Chiesa. Che cosa significa dirigere l’ordinario di un servizio nella straordinarietà della transizione tra due Pontificati?

R. – Credo che quello che stiamo facendo è un servizio per le televisioni. Sentiamo che c’è una grande responsabilità nel fatto che sia solo il Centro Televisivo Vaticano – così come per voi della Radio Vaticana – che accede alla Santa Sede e al Papa e quindi ha la possibilità di dare un servizio di informazione alle televisioni, perché in questo modo noi stiamo dando la possibilità di una vicinanza a tutto il mondo. Noi, per esempio, addirittura inviamo una cassetta a una televisione in Tanzania gestita da due suore, una piccola televisione, con il plico diplomatico: questo per dire che tutti devono avere la possibilità di sentirsi uniti alla Sede di Pietro, poterne ascoltare la Parola e, al presente, anche cercare di capire che cosa succede concretamente in questi giorni di Sede vacante. Stiamo cercando di registrare le immagini in HD dei luoghi del Conclave, dei percorsi che faranno i cardinali, della Sistina, sempre attenti più al senso ecclesiale, piuttosto che la curiosità di un documentario sull’arte o su altre cose.

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Paparatzifan
00venerdì 1 marzo 2013 20:13
PAPA: LOMBARDI, DA EMERITO SI SENTE SERENO, PASSEGGIA E LEGGE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 1 mar.

Benedetto XVI ha trascorso serenamente le sue prime ore da "Papa Emerito".
Lo ha riferito ai giornalisti il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, che ha potuto parlare al telefono con monsignor Georg Gaenswein, lo storico segretario di Ratzinger, che lo ha accompagnato ieri alla residenza estiva di Castelgandolfo.
"Il Papa - ha detto Lombardi, ancora non abituato all'aggettivo Emerito entrato in vigore ieri - ha visto i telegiornali ed e' rimasto colpito positivamente dalla sensibilita' mostrata nei servizi che lo riguardavano, poi ha passeggiato come ogni sera, ma nei saloni del Palazzo e non uscendo nei giardini". "Monsignor Gaenswein - ha aggiunto Lombardi - mi ha confermato che anche in ultimi questi giorni in Vaticano il Papa alla sera suonava un po' il pianoforte e ascoltava musica, e ieri ha portato con se' a Castelgandolfo alcune registrazioni oltre a libri, tra cui uno di Von Baltashar".
Benedetto XVI e' una persona anziana ma in buona salute, usa il bastone solo per sentirsi piu' sicuro, ma non ci si appoggia, ne' ha bisogno di altri ausili per sostenersi", ha aggiunto poi padre Lombardi in risposta a domande dei giornalisti. Il Papa Emerito vive certamente con grande semplicita' la sua nuova condizione, non ha voluto, ad esempio, cerimonie di benvenuto con il personale delle Ville Pontificie, "salutera' ciascuno quando lo inconterra' nelle sue passeggiate", ha spiegato Lombardi precisando che inoltre Ratzinger, tolto l'Anello del Pescatore, consegnato al camerlengo perche' lo annulli ha scelto di indossare uno di quelli che aveva da cardinale non chiedendone uno nuovo. Sulla questione del "nome" da attribuire a un Pontefice che rinuncia, risolta definitivamente "dall'interessato", che ha scelto di chiamarsi "Papa Emerito" o "Pontefice Emerito" e non "Vescovo Emerito di Roma", e di mantenere l'appellativo "Sua Santita'" scartando l'ipotesi "Sua Beatitudine", che e' titolo riservato ai patriarchi orientali, padre Lombardi ha precisato che l'articolo della Civilta' Cattolica nel quale si da' conto del dibattito tra gli esperti propendendo per soluzioni diverse, e' stato scritto e approvato dalla Segreteria di Stato prima che Benedetto XVI decidesse in merito, e dunque e' superato.

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PAPA: VALLINI, MI HA CHIESTO RICORDARE A TUTTI SUO AMORE PER ROMA

Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 1 mar.

"Dica a tutti che io amo Roma mi ha detto Benedetto XVI vis a vis, salutandomi per l'ultima volta da Papa. In fondo Sua Santita' e' a Roma dall'81 e quindi si sente un po' romano". Il cardinal Agostino Vallini, vicario per il Papa della Diocesi di Roma ha raccontato al programma "Prima di Tutto", su Rai Radio Uno, l'ultima giornata da Papa di Joseph Ratzinger. "E' stata la conclusione di un itinerario spirituale iniziato l'11 febbraio con l'annuncio delle dimissioni", ha detto ancora il cardinal Vallini sottolineando l'impressione diffusa "qualcosa che va oltre il sensibile, anche persone non credenti, che hanno ammirato la liberta' di spirito e il coraggio del Papa".
"Credo che la Chiesa abbia bisogno di un Papa con forze piu' giovani, piu' vigorose", ha confidato Vallini, che partecipera' al Conclave. Alla domanda se sentiremo ancora parlare, almeno attraverso i suoi scritti, Benedetto XVI, il vicario ha risposto: "le modalita' della nuova vita scelta da Sua Santita' nessuno le conosce, ma io credo che non potremo privarci del suo grande magistero, che sara' sempre piu' un punto di riferimento".

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Paparatzifan
00venerdì 1 marzo 2013 20:32
Civiltà Cattolica propende per il titolo di «vescovo emerito di Roma». I canonisti discutono la scelta di Ratzinger

Andrea Tornielli
Città del Vaticano

«Papa emerito» o «Romano Pontefice emerito»: questi sono i titoli che Benedetto XVI ha scelto per se stessog dopo la fine del suo pontificato e l'inizio della sede vacante. Lo ha riferito nei giorni scorsi il portavoce vaticano padre Federico Lombardi, riportando la decisione del Pontefice comunicata dal suo segretario particolare, il vescovo Georg Gänswein. Mentre la «Civiltà Cattolica», in un articolo scritto dal canonista Gianfranco Ghirlanda, afferma invece che il titolo più adeguato sarebbe quello di «vescovo emerito di Roma». Altri canonisti preferivano invece la definizione di «già Papa», da aggiungere al nome Joseph Ratzinger, lasciando il nome papale di Benedetto XVI legato agli atti pontificali dei suoi quasi otto anni di regno.
Il numero di «Civiltà Cattolica» è stato chiuso in tipografia prima che Lombardi comunicasse la scelta di Ratzinger. Quello che è certo è che, al momento, non ci si rende ancora ben conto di ciò che potrebbe comportare l'inedita compresenza di un Papa e di un «Papa emerito». Benedetto XVI davanti ai cardinali ha sgomberato il campo ad ogni obiezione, anticipando la sua incondizionata reverenza e obbedienza al successore, chiunque esso sia. Rimane però un fatto: il Papa dimissionario non è più Papa e anche se continua a donare la sua intera vita alla Chiesa, nella preghiera d'intercessione, «nascosto al mondo».
«Colui che cessa dal ministero pontificio non a causa di morte, pur evidentemente rimanendo vescovo, non è più papa - ha significativamente scritto padre Ghirlanda - in quanto perde tutta la potestà primaziale, perché essa non gli era venuta dalla consacrazione episcopale, ma direttamente da Cristo tramite l’accettazione della legittima elezione». L'attribuzione del titolo di Papa, seppure emerito, appare dunque problematico secondo questa logica. La formula «già Papa» o «già Romano Pontefice» è ben diversa, perché segnala immediatamente che si cita una potestà definitivamente cessata e appartenente al passato. Mentre un «Papa emerito» potrebbe rischiare di risultare un secondo Papa.
L'impressione che se ne ricava è che su questo tema si abbia avuto poco tempo per riflettere in modo approfondito, non soltanto dal punto di vista canonistico, ma anche teologico. Non si tratta di mettere in discussione la rinuncia in sé, peraltro prevista nel Codice di Diritto canonico, quanto piuttosto di meditare con attenzione il quadro di riferimento in cui inserire la figura dell'ex Papa.

Da Vatican Insider
Paparatzifan
00venerdì 1 marzo 2013 20:48
L'addio raccontato dai media di tutto il mondo

Ecco come i media internazionali hanno raccontato lo “storico ed emozionante” passo indietro

redazione
roma

«L'umile coraggio» di Benedetto XVI in una giornata storica per la Chiesa. L' «emozionante» addio di Ratzinger ai fedeli rimbalza sulle prime pagine della stampa mondiale che dalla Gran Bretagna agli Usa, ripercorre passo dopo passo gli ultimi momenti del pontefice in Vaticano. Un Vaticano che - si sottolinea - ora dovra' affrontare la successione all'ombra di scandali e intrighi.

In Gran Bretagna «Il Vaticano si sveglia senza il Papa» è il titolo del DAILY TELEGRAPH mentre il GUARDIAN titola in prima «Il Papa porta un messaggio di addio» e in un editoriale evidenzia la «speranza» che il successore affronti e superi tre «scoraggianti» sfide: «un Vaticano ostruzionista, una cronica carenza di sacerdoti, una congregazione mondiale di fedeli che si restringe». In un altro articolo invece il foglio britannico torna sul tema abusi e scrive che «la Chiesa cattolica rischia di affrontare una spirale di reclami per risarcimento danni per aver tentato di evitare ogni responsabilità» in abusi commessi da sacerdoti in passato''. «Il papato di Benedetto termina con un semplice addio» titola infine THE IRISH TIMES che cita poi le parole dell'arcivescovo Diarmuid Martin: «un giorno triste per la Chiesa».

In Germania «Con le dimissioni di Benedetto comincia il periodo senza Papa», titola DIE WELT mentre la FRANKFURTER ALLGEMEINE ZEITUNG in articolo dal titolo Il sigillo spezzato si sofferma sui vari aspetti del Conclave. Conclave che per la SUDDEUTSCHE ZEITUNG è "un segreto strumento di potere", rimasto "immutato" da oltre sette secoli in un momento in cui, invece, la Chiesa "dovrebbe favorire una maggiore apertura".

Il successore di Benedetto dovrà possedere il gusto "dell'apertura e del dire la verita'' titola il francese LE NOUVEL OBSERVATEUR in un'analisi mentre sempre Oltralpe LE POINT titola «Comincia il processo della successione in Vaticano». LE FIGARO sceglie le parole del pontefice e titola «Io non sarò più Papa ma pellegrino» mentre LES ECHOS rimarca «Calcio di inizio alla successione di Benedetto XVI», definendo l'italiano Scola, il filippino Tangle e il canadese Ouellet come favoriti e rimarcando «l'inedita situazione» italiana, «con un Papa che si è dimesso, un capo di governo in sospeso e un capo di Stato in procinto di lasciare».

In Spagna EL MUNDO si sofferma sulla «tabella di marcia» per eleggere il successore mentre EL PAiS in un editoriale dal titolo «Una primavera vaticana?» sottolinea come la Chiesa necessiti di un pontefice «aperto alla modernità, che difenda la libertà e un gruppo di cardinali coraggiosi deve affrontare i settori più inflessibili della gerarchia ed esigere un papa con questo profilo».

Oltreoceano l'addio di Ratzinger rimbalza ampiamente sulla stampa statunitense. Il NEW YORK TIMES titola «Lascia Papa Benedetto XVI ma la discordia resta» e sottolinea come Ratzinger abbia lasciato «una gerarchia vaticana mentre affronta scandali e intrighi che gettano un'ombra sui cardinali ai quali è affidata l'elezioni del successore». In un altro articolo il foglio newyorchese racconta le ultime parole del cardinale Timothy Dolan al pontefice e titola «Sbalordito e ammutolito, Dolan offre il suo addio a Benedetto XVI». «Il Papa dice addio ai fedeli in una storica, emozionante partenza», titola il WALL STREET JOURNAL mentre il WASHINGTON POST in un'analisi titola «L'umile coraggio di Benedetto XVI». La CNN, infine, si sofferma sul dopo-Ratzinger e titola «I cardinali guardano al futuro dopo la partenza di Benedetto XVI».

Da Vatican Insider
Paparatzifan
00venerdì 1 marzo 2013 21:03

1/03/2013

L’addio ai fedeli: “Grazie del vostro amore, buonanotte”


"Grazie e buonanotte"
La giornata lunga e commossa di Benedetto XVI, dagli impegni ufficiali al commiato con poche parole dal balcone di Castel Gandolfo

andrea tornielli
città del vaticano

Ore 17.40 di una stupenda giornata di sole, primo timido preannuncio di primavera: a Castel Gandolfo il Papa volge lo sguardo per l’ultima volta alla folla dei pellegrini che lo invocano e lo applaudono. E dopo aver detto loro «Grazie a tutti, buona notte!», con passo incerto rientra nel palazzo, mentre la brezza che sale dal lago di Albano fa sbandierare il pesante drappo rosso con le insegne pontificie, che si avvolge su se stesso nascondendo lo stemma. Quasi un simbolo di quell’essere «nascosto al mondo», la nuova condizione di Joseph Ratzinger, Papa dal 19 aprile 2005 al 28 febbraio 2013. Ultime immagini di un Pontefice dimissionario, dalle 20.00 di ieri sera «emerito» e finalmente sollevato dal peso delle responsabilità di pastore della Chiesa. Non era mai accaduto in duemila anni che un successore di Pietro rinunciasse per vecchiaia. Non era mai accaduto che gli ultimi atti del suo pontificato fossero programmati con largo anticipo e venissero seguiti istante dopo istante dalle telecamere, trasmessi in mondovisione.


Ore 1105, Sala Clementina

Con qualche minuto di ritardo, Benedetto XVI ha raggiunto i cardinali che lo attendevano per l’ultimo saluto. Sono 144, molti dei quali elettori, chiamati a scegliere il successore. Ratzinger veste la mozzetta rossa di velluto ornata di ermellino e si siede sul trono. Ha il volto stanco, segnato. Appare fragile come non mai. Il cardinale Angelo Sodano, decano del collegio, ringrazia il Papa per l’esempio di questi otto anni di pontificato e parafrasando il Vangelo dei discepoli di Emmaus gli dice: «Sappia che ardeva anche il nostro cuore quando camminavamo con lei in questi ultimi otto anni». Non era previsto discorso del Papa, soltanto un saluto personale a ciascuno dei porporati. Invece Benedetto vuole lasciare un ultimo messaggio, vuole spiegare ancora una volta che cosa sia e che cosa non sia la Chiesa, vuole invitare alla concordia, vuole assicurare che da «Papa emerito» obbedirà incondizionatamente all’unico Pontefice, quello che con ogni probabilità lo sta ascoltando in quel momento, seduto in mezzo agli altri. «La Chiesa non è un’istituzione escogitata e costruita a tavolino…, ma una realtà vivente… Essa vive lungo il corso del tempo, in divenire, come ogni essere vivente, trasformandosi… Eppure nella sua natura rimane sempre la stessa, e il suo cuore è Cristo». E ancora: «La Chiesa vive, cresce e si risveglia nelle anime». Non esiste per se stessa, non deve essere ripiegata su se stessa, sui giochi di potere, divisa da cordate, ammalata di carrierismo. C’è ancora l’accenno a «qualche nube che si è addensata nel cielo» lungo gli otto anni di pontificato. C’è l’invito al collegio cardinalizio, affinché sia «come un’orchestra, dove le diversità – espressione della Chiesa universale – concorrano sempre alla superiore e concorde armonia».

Poi inizia il lungo baciamano dei cardinali. L’ultima grande fatica fisica di Ratzinger Papa. Per più di un’ora, interrompendosi soltanto due volte per sorseggiare dell’acqua che gli porge l’aiutante di camera Sandro Mariotti, resta in piedi. Saluta uno ad uno i porporati. C’è chi si inginocchia commosso, chi gli stringe la mano, chi gli sussurra qualche parola all’orecchio, come il «papabile» filippino Luis Antonio Tagle, provocando il sorriso del Papa.

Il cardinale austriaco Cristoph Schönborn regala al Pontefice un paio di libri, l’americano Sean O’Malley gli stringe la mano con forza e a lungo, l’argentino Jorge Mario Bergoglio e l’italiano Angelo Scola si trattengono qualche istante in più. Quando è il turno del «papabile» brasiliano Odilo Pedro Scherer il Papa ascolta in silenzio le sue parole. Al presidente della Cei Angelo Bagnasco batte affettuosamente il braccio. Tra i più emozionati, il «papabile» canadese Marc Ouellet: saluta brevemente e velocemente, sotto lo sguardo attendo di don Georg Gänswein, il segretario-arcivescovo che continua a guardare l’orologio preoccupato per il prolungarsi dei saluti.


Ore 13,00, palazzo apostolico

Benedetto XVI consuma il suo ultimo pasto nell’appartamento papale. A tavola con lui i due segretari e le quattro «memores Domini», le laiche consacrate di Comunione e Liberazione che lo seguiranno a Castel Gandolfo e quindi, fra un paio di mesi, nel monastero in Vaticano. C’è commozione, ma anche serenità. L’abitazione del Pontefice è ormai in disarmo. Sono stati scelti i documenti e le carte personali, non legate all’ufficio papale, che Ratzinger porterà con sé. Tutto il resto è destinato all’archivio segreto, nella sezione dedicata al pontificato di Benedetto XVI ormai concluso. Altri scatoloni e altre carte devono essere passate davanti agli occhi e tornare alla memoria della famiglia pontificia: quelle dello scandalo vatileaks, quelle sequestrate in casa del maggiordomo Paolo Gabriele, quelle trafugate e fotocopiate dall’aiutante di camera. Il tempo per il risposo pomeridiano è breve. L’ora della partenza arriva presto.

Ore 16,56, cortile di San Damaso

Con il bastone nero nella mano, a piccoli passi, il Papa esce dal palazzo apostolico per l’ultima volta. Lo attendono i superiori della Segreteria di Stato. Ci sono le guardie svizzere in alta uniforme, schierate al gran completo. Eravamo abituati a vedere queste partenze dal Quirinale, alla fine del settennato dei presidenti della Repubblica. Mai si erano viste di un Papa, che si accommiata dalla sua curia. C’è una piccola folla di cittadini vaticani, tenuti a distanza, che applaude e grida «Viva il Papa». Ratzinger saluta da lontano, sorride, poi s’infila nella berlina nera con le bandierine dello Stato pontificio. Don Georg siede al suo fianco sul sedile posteriore. L’autista che lo accompagna all’eliporto è in lacrime. Lì lo attendono il cardinale Sodano, e il cardinale Giovanni Lajolo, presidente emerito del Governatorato. Il Papa sale nell’elicottero dell’aeronautica militare italiana.


Ore 17,08, eliporto del Vaticano

Don Georg sistema la cintura di sicurezza al Papa, un istante dopo il decollo. Con Ratzinger, in volo, ci sono anche il secondo segretario, il maltese Alfred Xuereb; il medico personale Patrizio Polisca, il reggente della Casa Pontificia, monsignor Leonardo Sapienza. Il tragitto sui cieli di Roma è breve, immortalato istante dopo istante. Vengono alla memoria le immagini di un altro ultimo viaggio, quello che Giovanni Paolo II fece uscendo dal Gemelli, sotto l’occhio impietoso della telecamera che riprese ogni momento. Ma quello era un Pontefice malato, ormai al termine della sua vita, non il primo Papa dimissionario dopo sei secoli. L’elicottero si staglia dietro al Cupolone, sorvola il Tevere, passa sopra al Colosseo, il luogo della Via Crucis di ogni Venerdì Santo, un simbolo anche per il pontificato ratzingeriano perché proprio da quel luogo, nelle meditazioni della Via Crucis del marzo 2005, l’allora Prefetto della dottrina della fede parlò di quella «sporcizia nella Chiesa» contro la quale avrebbe molto combattuto senza riuscire sempre a debellarla.

Ore 17,24, Castel Gandolfo

L’elicottero tocca terra. Il Papa è salutato dal presidente del Governatorato Bertello e dal segretario, il vescovo Sciacca. Ci sono anche il vescovo di Albano, Marcello Semeraro, il sindaco e il parroco. Poi l’ultimo affaccio, l’ultimo saluto alla folla che lo applaude. «Grazie a voi! Cari amici, sono felice di essere con voi, circondato dalla bellezza del creato e dalla vostra simpatia che mi fa molto bene. Grazie per la vostra amicizia, il vostro affetto. Voi sapete che questo mio giorno è diverso da quelli precedenti; non sono più Sommo Pontefice della Chiesa cattolica: fino alle otto di sera lo sarò ancora, poi non più. Sono semplicemente un pellegrino che inizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio in questa terra. Ma vorrei ancora, con il mio cuore, con il mio amore, con la mia preghiera, con la mia riflessione, con tutte le mie forze interiori, lavorare per il bene della Chiesa e dell’umanità. E mi sento molto appoggiato dalla vostra simpatia». Al momento della benedizione, l’emozione tradisce il Papa,t che sbaglia la formula. Poi quel «grazie, buonanotte!». E l’ex Papa, anziano «pellegrino», volge le spalle al mondo per essere inghiottito dal silenzio.


Ore 20,00

Il Portone della villa di Castel Gandolfo si chiude. La bandiera papale bianca e gialla viene ammainata. Le guardie svizzere lasciano il palazzo. Da quelt momento, all’interno, non c’è più il Papa, ma soltanto Joseph Ratzinger «nascosto al mondo», il vecchio teologo bavarese che si è tolto dalle spalle il giogo del pontificato.

Da Vatican Insider
Paparatzifan
00venerdì 1 marzo 2013 21:09

PAPA: OUELLET IL PIU' EMOZIONATO, TAGLE E SCHOENBORN I PIU' CALDI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 28 feb.

Al termine del breve discorso di commiato del Papa, i cardinali presenti oggi nella Sala Clementina piu' di 140, sono sfilati uno ad uno davanti a Benedetto XVI-Joseph Ratzinger. Non ha tradito particolari predilezioni, l'anziano Pontefice dimissionario, mentre rispondeva alle frasi di saluto e gratitudine che i porporati gli bisbigliavano.
Solo con il cardinale Stanislao Dziwisz e' stato lui a parlare per primo, forse per sollevare lo storico segretario di Giovanni Paolo II dall'imbarazzo di qualche frase "dal sen fuggita", e poi prontamente smentita, sullo "scendere dalla Croce" di un Papa che rinuncia. A strappare piu' di un sorriso a Papa Benedetto e' stato invece il filippino Luis Antonio Tagle, quello che piangeva al Concistoro del 24 novembre scorso, nel ricevere la berretta, e che il Papa dovette consolare. Oggi - si sara' detto il cardinale Tagle, che i media danno tra i possibili papabili - le parti si sono invertite, debbo tirarlo su' io, e cosi' ha sussurrato a lungo all'orecchio del Pontefice dimissionario, strappandogli poi una bella risata. A farlo sorridere con un'espressione di gratitudine e' riuscito anche il cardinale austriaco Christopher Schoenborn, il suo allievo nella teologia e sostenitore nelal lotta alla pedofilia, che gli ha donato - unico ad avere questa attenzione - un piccolo volumetto, che evidentemente Ratzinger ha molto apprezzato.
Sorridente pero' il Papa lo e' stato con tutti, rispondendo con garbo e attenzione a ciascuno. Scola ad esempio e' stato a colloquio qualche istante di piu' degli altri. Al presidente della Cei, Angelo Bagnasco, che lo salutava, il Pontefice dimissionario ha risposto battendogli affettuosamente un braccio. I capi dicastero Sandri e Piacenza (considerati forse a torto rispettivamente gli eredi di Sodano e Bertone) sono stati trattenuti un po' meno, anche se nei pochi secondi hanno parlato in fretta, come se dovessero dire qualcosa d'importante al Papa. Quasi attoniti due papabili piu' accreditati d'Oltreoceano, il brasiliano Odilo Scherer e lo statunitense Sean O'Malley, campione con Schoenborn della lotta alla pedofilia e molto amato in America Latina per il grande lavoro fatto negli Usa in aiuto dei latinos. Il piu' emozionato di tutti pero' era certamente Marc Ouellet, il religioso sulpiziano canadese chiamato due anni fa a guidare la Congregazione dei vescovi. Molto ratzingeriano anche nei modi, ha salutato con garbo e senza dir nulla e' andato via quasi subito.

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