Documenti emanati dai dicasteri e da altri organismi della Curia Romana e della Santa Sede durante il pontificato di Benedetto XVI

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+PetaloNero+
00lunedì 22 giugno 2009 17:16
AVVISI DELL’UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE



CELEBRAZIONE DEI PRIMI VESPRI DELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO

Domenica 28 giugno 2009 il Santo Padre Benedetto XVI presiederà, alle ore 18, nella Basilica di San Paolo fuori le mura, la Celebrazione dei Primi Vespri della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo in occasione della chiusura dell’Anno Paolino.


CAPPELLA PAPALE PER LA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO

Lunedì 29 giugno 2009, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, il Santo Padre Benedetto XVI presiederà alle ore 9.30, nella Basilica Vaticana, la Concelebrazione dell’Eucaristia con alcuni Arcivescovi Metropoliti, ai quali imporrà il sacro Pallio preso dalla Confessione dell’Apostolo Pietro.
+PetaloNero+
00venerdì 26 giugno 2009 16:09
BRIEFING SULLO SVOLGIMENTO DELL’ANNO PAOLINO

Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo il briefing sul tema: "Considerazioni a chiusura dell’Anno Paolino".
Intervengono: l’Em.mo Card. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, Arciprete della Basilica Papale di S. Paolo fuori le Mura e l’Ing. Pier Carlo Visconti, Delegato per l’Amministrazione della Basilica.
Pubblichiamo di seguito l’intervento del Card. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo:


INTERVENTO DEL CARD. ANDREA CORDERO LANZA DI MONTEZEMOLO

Considerazioni al termine dell’Anno Paolino

Giungendo al termine dell’Anno Paolino, più che tracciare un bilancio, che esigerebbe un dettagliato resoconto di dati statistici, desidero volgere uno sguardo di carattere generale sull’Anno Paolino che sta per concludersi, sul suo significato, su vari aspetti del suo sviluppo e sui benefici che ha portato, potendo certamente affermare che il suo esito è stato nel complesso del tutto positivo, persino al di là delle migliori previsioni possibili.

1. Come è nato

Nel 2005, poco dopo la sua elezione al Pontificato, Papa Benedetto XVI ha voluto dare al complesso extraterritoriale di San Paolo un nuovo riordinamento ed una nuova vitalità, secondo un progetto che negli anni precedenti era stato studiato da una apposita Commissione che Giovanni Paolo II mi aveva incaricato di costituire e di presiedere, e le cui conclusioni erano state presentate al Papa ormai morente. Il nuovo Sommo Pontefice, Benedetto XVI, nel prendere conoscenza e nell’approvare il generale progetto di riordinamento, mi ha nominato primo Arciprete della Basilica di San Paolo fuori le Mura, dando così il via ad un ampio programma di riorganizzazione e riordinamento di tutto il complesso formato dalla Basilica, dall’Abbazia e da altri enti, e di attuazione di varie iniziative studiate in pieno accordo con l’Abate e con la Comunità Benedettina di San Paolo. Fra l’altro, ho allora proposto al Santo Padre di lanciare la celebrazione di un Anno particolarmente dedicato all’Apostolo delle Genti, di cui fra il 2006 ed il 2010 si sarebbe verificato – secondo gli esperti – il bimillenario della nascita di Saulo, avvenuta a Tarso di Cilicia, tra gli anni 6 e 10 del primo secolo. Benedetto XVI ha accolto immediatamente il suggerimento, anzi l’ho visto illuminarsi all’idea di invitare tutti i cristiani a celebrare non un Anno Santo, che è una cosa diversa, come mi ha subito precisato, ma un "anno tematico", assegnandogli due motivazioni fondamentali. La prima: far conoscere meglio e meditare il ricchissimo messaggio lasciatoci dell’Apostolo delle Genti nei suoi scritti, che spesso sono difficili ed assai poco conosciuti o male interpretati; e la seconda: sviluppare vari programmi in dimensione ecumenica, ovvero attuare sempre di più insieme con le comunità cristiane non cattoliche tutti quegli eventi di preghiera, di studio e di cultura che possiamo fare con loro, piuttosto che da soli. Da notare che la Basilica e l’Abbazia di San Paolo hanno già, più che le altre Basiliche Papali, il compito istituzionale di promuovere e portare avanti programmi di carattere ecumenico, come da molti anni stanno facendo. E’ nato così per la prima volta nella storia, l’Anno Paolino, con l’invito esteso a tutti i Vescovi cattolici del mondo ed alle comunità cristiane in generale, di dedicare a San Paolo un Anno speciale, tra la celebrazione liturgica dei Santi Pietro e Paolo del 29 giugno del 2008, e la stessa solennità del 2009.

L’invito a celebrare un Anno Paolino è stato accolto in generale con molto favore da parte di tutti nel mondo intero, ma nei primi mesi (per quanto sia stato annunziato con un anno di anticipo) è stata notata qualche freddezza nel programmare le celebrazioni e una certa lentezza nel promuovere gli eventi, che però poi si sono susseguiti con crescente intensità. Al grande ed innegabile successo di tutto l’Anno Paolino nel mondo ha contribuito certamente l’apporto dottrinale, da grande "dottore della Chiesa", di Benedetto XVI, non solo con le sue catechesi nel corso delle Udienze Generali del mercoledì (che sono state appena raccolte dalla Libreria Editrice Vaticana in un bel volume del quale sono stato onorato di scrivere la prefazione), ma anche con numerosi discorsi, interventi, citazioni, riferimenti in occasione di incontri ed eventi innumerevoli, avvenuti in circostanze diverse e con differenti connotazioni.

2. Come si è svolto

L’Anno Paolino ha avuto inizio con la celebrazione presieduta dal Papa Benedetto XVI nella Basilica di San Paolo, nel pomeriggio del 28 giugno 2008, per i Primi Vespri della Solennità di San Pietro e Paolo. Il Sommo Pontefice, avendo al suo fianco il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, ha acceso la Fiamma Paolina, nel quadriportico della Basilica, ed ha attraversato la Porta Paolina, (una delle porte principali della Basilica, specialmente dedicata a questo scopo ed ora abbellita con nuovi bassorilievi bronzei), per recarsi poi sulla tomba dell’Apostolo delle Genti a venerarne le spoglie, che da venti secoli si conservano sotto l’altare papale della Basilica. Questi gesti sono poi stati ripetuti da migliaia di pellegrini giunti da ogni parte del mondo. Numerosissimi sono stati i gruppi di fedeli venuti con i loro Vescovi da Chiese locali, molti da quelle italiane, ma anche da ogni parte del mondo; poi gruppi di religiosi e religiose di congregazioni e d’istituti di vita consacrata; numerosissimi membri di movimenti ecclesiali, di associazioni, di pie unioni, di università, di scuole e collegi, formando gruppi grandi e piccoli, e non sono mancati anche piccoli gruppi parrocchiali, molte semplici famiglie e singoli fedeli venuti anche da lontano. E non solo cattolici, ma anche ortodossi, protestanti, anglicani e cristiani di varie denominazioni, riuniti in associazioni ed istituzioni cristiane. E’ stato difficile, anzi impossibile contarli. Uno dei pellegrinaggi più numerosi è stato organizzato proprio la settimana scorsa, dalla diocesi italiana di Aversa, guidata dal loro Vescovo, con più di 6000 fedeli, venuti con oltre 100 tra pullman e mezzi di trasporto diversi. Ma la concentrazione più numerosa durante l’anno è stata quella avvenuta per i funerali di Chiara Lubich, che ha richiamato venti mila ‘focolarini’, dei quali solo poco più della metà ha potuto trovare posto in Basilica, mentre gli altri sono rimasti all’esterno, con maxi-schermi appositamente allestiti per seguire la celebrazione che avveniva all’interno. Mentre prima dell’Anno Paolino si soleva raccogliere ogni giorno al massimo qualche migliaio di fedeli, nella sola giornata del 1° maggio scorso, è stata registrata un’affluenza di oltre 18.000 pellegrini. In queste ultime settimane ne abbiamo certamente ben più di diecimila al giorno.

Fra i grandi eventi ecclesiali celebrati durante l’Anno Paolino, va ricordato l’apertura del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio, che il Papa ha voluto compiere nella Basilica di San Paolo nell’ottobre scorso, e che nei giorni successivi registrò l’intervento definito "storico" del Patriarca Ecumenico Bartolomeo nella Cappella Sistina. E va ricordata la Sinaxis celebrata da tutti i Patriarchi delle Chiese Ortodosse a Costantinopoli, segnata e seguita da un convegno espressamente Paolino, alla quale ho partecipato alla guida di una speciale delegazione pontificia. In Basilica poi durante l’anno si sono susseguite importanti visite di Patriarchi con ampie delegazioni di Chiese Orientali, cattoliche e non cattoliche. Hanno anche avuto una importante connotazione ecumenica altre iniziative promosse dall’Abbazia Benedettina di San Paolo: alcune di carattere liturgico (come ogni venerdì la celebrazione dei Vespri), altre di studio e di cultura (come il "Colloquio Paolino" giunto alla quarantesima edizione).

Nel mondo

Il moltiplicarsi delle iniziative di vario genere si è talmente infittito in questi ultimi mesi, da riuscire difficile annoverarle tutte, o anche solo elencare i diversi tipi di manifestazioni e di iniziative che si sono verificate. E questo non solo nel campo religioso, della preghiera, della liturgia, della penitenza, della catechesi e della pastorale, ma anche nel campo culturale, dello studio, delle pubblicazioni, e perfino della musica, del teatro, della produzione cinematografica, nonché mediante esposizioni di opere d’arte, ed eventi sportivi o di carattere vario. Tutto ciò è avvenuto non solo presso la Basilica di San Paolo fuori le Mura o presso l’ omonima Abbazia Benedettina, luoghi privilegiati presso la tomba dell’Apostolo, oppure nella Chiesa di Roma, ma anche e soprattutto nelle varie Chiese locali, in ogni continente dove la celebrazione del secondo millennio della nascita dell’Apostolo delle Genti è stata percepita e vissuta come un nuovo stimolo, come una motivazione più convinta verso l’Evangelizzazione. Tale esigenza è stata pure avvertita nelle Chiese ortodosse ed in molte altre Comunità Cristiane, da divenire comune impegno nel percorso di ricomposizione dell’unità dei cristiani.

In San Paolo fuori le Mura

Nella Basilica, in occasione dell’Anno Paolino, sono stati eseguiti numerosi ed importanti interventi, sia in preparazione dell’Anno Paolino, sia per la sua degna celebrazione. Delicati lavori hanno permesso di aprire un varco nell’antico muro di mattoni del V° secolo che sotto l’altare papale circonda la tomba di Paolo, per riuscire a permettere ai pellegrini la vista di un fianco del grande sarcofago di marmo, finora mai aperto, che raccoglie da venti secoli le spoglie dell’Apostolo delle Genti. Ciò ha permesso ai fedeli di poter scendere nell’ipogeo e pregare a pochi metri dalla tomba, vedendone il sarcofago. Inoltre, è stata predisposta e delimitata in una navata laterale, un’area penitenziale, riservata al Sacramento della Confessione, che è uno dei principali benefici spirituali messo a disposizione dei fedeli, cui sono legate particolari indulgenze. Un adeguato numero di Monaci Benedettini assicura sempre l’ascolto delle confessioni. Durante tutto l’anno, le quattro Cappelle che si aprono sul transetto, insieme con il Battistero, opportunamente restaurato ed adattato, si sono rese estremamente utili per accogliere limitati gruppi particolari, che hanno celebrato l’Eucaristia o hanno pregato e cantato nelle lingue e liturgie più diverse. Gruppi più numerosi di fedeli hanno utilizzato gli spazi del transetto e dell’abside (come i pellegrini dell’Ordine di Malta, o dell’Ordine del S.Sepolcro); mentre gruppi assai più grandi, internazionali, o nazionali, o diocesani, hanno occupato la navata centrale, o tutte le navate, usando l’altare papale.

Cinque grandi eventi di carattere culturale sono stati programmati in Basilica ed hanno richiamato un gran numero di fedeli. Gli eventi consistevano nella lettura di brani delle Lettere di San Paolo, fatta da un noto attore, seguita dal commento di un famoso esegeta (talvolta non cattolico) e da vive testimonianze di personalità del mondo della cultura, del giornalismo, dello spettacolo, dell’industria, del lavoro, dello sport, o di noti fondatori di istituzioni di carità e di assistenza, oppure di esponenti di particolari movimenti di spiritualità. Ne è risultata una interessante ed efficace testimonianza di vita vissuta, come risposta alla domanda "Paolo parla ancora alle genti di oggi?".

Non sono mancati grandi eventi musicali. Le richieste di eseguire musiche in Basilica sono state numerosissime. Evitando di trasformare la Basilica in sala da concerti, tuttavia qualche esecuzione di altissimo livello è stata programmata, con il patrocinio di fondazioni o istituzioni che ne hanno assunto le spese, spesso notevoli, giacché tutte le prestazioni che si fanno in chiesa debbono essere gratuite. Quando ho parlato di tali possibili programmi con il Santo Padre, per esplorare se non avesse nulla in contrario che fossero attuati in una sua Basilica, ma assicurandolo che si sarebbe trattato solo esecuzioni di famose orchestre, di cori e direttori ben noti, con musiche a carattere religioso, il Papa mi ha semplicemente detto "Mi invitate?". Tra l’altro è stata eseguita La creazione di Haydn, diretta da Lorin Maazel, la Sinfonia n° 6 di Bruckner da parte della Wiener Philarmoniker (con la presenza del Papa), un convegno di quasi cinquemila membri delle Scholae Cantorum d’Italia, con l’Oratorio Vita Mea di Donella. Proprio questa sera sarà eseguito in prima assoluta l’Oratorio Cadens revixit di Sergio Rendine, su libretto del poeta Roberto Mussapi, commissionato per la chiusura dell’Anno Paolino dalla stessa Basilica e dall’associazione romana del Festival di Pasqua.

Con l’occasione dell’Anno Paolino, sono stati dapprima compiuti numerosi lavori per migliorare tutti i servizi a disposizione dei pellegrini (i percorsi, i bagni, i luoghi di vendita di ricordi, i servizi di audioguide, l’assistenza sanitaria, il luogo di ristoro, ecc). Inoltre sono stati compiuti importanti lavori di restauro (per il baldacchino di Arnolfo di Cambio, che sovrasta l’altare papale, per il trono papale, per numerosi tratti di marmo di pavimenti e di rivestimenti). E’ stata totalmente rinnovata tutta l’illuminazione elettrica della Basilica, del quadriportico e del chiostro. Le zone poi del chiostro e del quadriportico, deteriorate per lunghe esposizioni alle intemperie, sono state completamente ripulite o restaurate. Inoltre, è stata trasformata in area espositiva, ed in museo con tecniche modernissime, tutta l’area dell’antica pinacoteca, ed è stato creato un nuovo atrio di sosta per i pellegrini. Proprio nei giorni scorsi, in vista della chiusura dell’Anno Paolino, sono stati collocati sulla Porta Paolina nuovi pregiati pannelli di bronzo, opera dello scultore Guido Veroi, che sostituiscono i provvisori pannelli in semplice disegno, che erano stati posti per l’apertura dell’Anno.

Con l’accordo delle Autorità del Governatorato della Città del Vaticano e con la approvazione del Santo Padre, è stato iniziato nell’Anno Paolino un programma edilizio, che durerà qualche anno, e comprenderà una nuova costruzione ed una ristrutturazioni di volumi già esistenti, su un’area a fianco della Basilica, che si estende in parte nel cosiddetto "Orto dei Monaci", che i Benedettini hanno cortesemente concesso. Il complesso comprenderà un’ampia area archeologica, organicamente attrezzata, e numerosi servizi che finora non hanno trovato ubicazione, con uffici ed abitazioni per il personale, apportando un notevole miglioramento a tutte le funzioni vitali della Basilica.

3. Continuazione dei benefici dell’Anno Paolino

L’Anno Paolino termina, ma i benefici spirituali che ha suscitato in tutto il mondo e le trasformazioni che ha prodotto devono continuare. Il grande fervore di iniziative pastorali, di catechesi, di promozioni culturali sono destinate a continuare, e ad avere un importante seguito sia a livello locale, sia in tutti i continenti. La Porta Paolina con i suoi nuovi pannelli bronzei continuerà a rimanere aperta, la fiamma paolina accesa dal Santo Padre all’inizio di questo anno tematico continuerà a rimanere accesa nel quadriportico, attorniata da fiammelle offerte quotidianamente dai fedeli, per ricordare a tutti i pellegrini che continueranno a venire da ogni parte del mondo la ricchezza e la profondità della Parola di Dio trasmessaci dall’Apostolo delle Genti, che occorre continuare a studiare e meditare. Un particolare programma culturale legato alla lettura, alla meditazione, allo studio della Parola di Dio contenuta nel messaggio di Paolo, con una speciale dimensione ecumenica, come già finora fatto, sarà ulteriormente sviluppato presso il complesso solidale della Basilica e dell’Abbazia, a cura dei Monaci Benedettini, che con tanto zelo da tredici secoli sono al servizio del Papa presso la Tomba di Paolo.

Il Santo Padre proprio in questi giorni, in occasione della chiusura dell’Anno Paolino, invia sette delegazioni pontificie, presiedute da un Cardinale, ai sette luoghi principali particolarmente legati all’Apostolo Paolo: in Terra Santa, a Damasco, a Tarso, a Cipro, ad Atene, a Malta ed in Libano, non solo per ringraziare Dio e solennizzare l’avvenimento, ma anche per invitare a continuare nella promozione e nello sviluppo di tutte quelle iniziative che l’Anno Paolino ha così efficacemente suscitato per il beneficio nella fede di tutti i cristiani e per continuare a procedere nel cammino irreversibile dell’unità dei cristiani.

Con la chiusura dell’Anno Paolino, e con l’inizio dell’Anno del Sacerdozio, appena inaugurato dal Santo Padre Benedetto XVI, va un forte invito a tutto il mondo cristiano di continuare ad accogliere il messaggio di Paolo, l’Apostolo delle Genti, che come nel suo tempo ha parlato ed ha scritto ai Corinzi, ai Galati, agli Efesini, ai Filippesi, ai Colossesi, ai Tessalonicesi, agli Ebrei ed ai Romani, così continui anche oggi a parlare a tutte le Genti, nei diversi continenti del mondo.
+PetaloNero+
00mercoledì 1 luglio 2009 01:48
Intervento della Santa Sede a New York sulla crisi finanziaria
Per i Paesi poveri un cammino di sviluppo sostenibile



CITTA' DEL VATICANO, martedì, 30 giugno 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l'intervento pronunciato il 26 giugno dall'Arcivescovo Celestino Migliore, Osservatore permanente della Santa Sede presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite a New York, alla Conferenza sulla crisi finanziaria ed economica mondiale e sul suo impatto sullo sviluppo.

* * *

Signor presidente,

La Santa Sede è lieta di questa opportunità per commentare le raccomandazioni che ora emergono dai dibattiti che si sono svolti sull'impatto della crisi finanziaria ed economica globale sui Paesi in via di sviluppo. Nel farlo, plaudiamo ancora una volta all'iniziativa adottata negli ultimi mesi dalle Nazioni Unite per coinvolgere tutti i suoi membri nel dibattito.

Non dobbiamo dimenticare che sono i poveri, sia nei Paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo, a soffrire maggiormente e a essere meno capaci di difendersi dall'impatto di questa crisi. La perdita di posti di lavoro nei primi e la carenza di accesso a un impiego, al cibo, all'assistenza sanitaria di base e alle strutture educative nei secondi, sono una triste realtà quotidiana. Al termine degli incontri del Comitato per lo Sviluppo tenutisi alla fine di aprile, la Banca Mondiale ha stimato che altri 55-90 milioni di persone si ritroveranno in una povertà estrema nel 2009, specialmente donne e bambini; allo stesso tempo, ci si aspetta che quest'anno il numero delle persone che soffrono cronicamente la fame superi il miliardo. Inoltre sono diminuite anche le prospettive di sconfiggere l'estrema povertà entro il 2015 attraverso gli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio.

Pertanto, per la Santa Sede vi è in primo luogo il forte impegno morale di affrontare queste disparità sociali ed economiche che si stanno accentuando e che minano la dignità fondamentale di tanti abitanti della terra. Allo stesso tempo le istituzioni della Chiesa in tutto il mondo hanno approfittato di questa congiuntura per promuovere nuove strutture di solidarietà e per auspicare e incoraggiare un nuovo orientamento dei sistemi finanziari ed economici nazionali e globali verso i principi della giustizia, della solidarietà e della sussidiarietà.

Data la vulnerabilità di tanti poveri del mondo, sosteniamo le proposte avanzate per tutelarli attraverso misure di stabilizzazione a breve termine, adottando al contempo misure a più lungo termine per assicurare flussi finanziari sostenibili e ridurre le possibilità che si verifichi una nuova crisi. Chiediamo anche con urgenza che l'agenda futura non sia eccessivamente ambiziosa. Le azioni a breve termine devono concentrarsi su mezzi in grado di dare un aiuto tangibile in tempi ragionevoli alle persone più bisognose. Le misure a più lungo termine — per la cui realizzazione spesso è necessario sviluppare un consenso politico più forte — dovrebbero incentrarsi su azioni a supporto della sostenibilità. Pertanto, noi appoggiamo l'equilibrio pratico che è stato suggerito tra l'esigenza a breve termine di un'azione efficace e le proposte più a lungo termine di rivedere la struttura del sistema economico globale.

In termini di azione specifica, accogliamo con piacere gli impegni assunti durante il vertice del g20 che si è tenuto a Londra lo scorso aprile per rendere disponibili più di mille miliardi di dollari come aiuti aggiuntivi. Purtroppo, però, solo una piccola parte di tali aiuti è stata destinata ai Paesi in via di sviluppo più poveri. Pertanto, è fondamentale destinare ancora un aiuto finanziario adeguato a questi Paesi, i cui bisogni finanziari devono essere attentamente monitorati. È anche importante che tali aiuti vengano dati a condizioni minime dalle Ifi (Istituzioni finanziarie internazionali).

Siamo consapevoli delle dimensioni umane e sociali di questa crisi globale. Alla luce di ciò, appoggiamo le misure volte a rafforzare la sicurezza alimentare, il sostegno alle spese sociali e, più in generale, una spesa pubblica che ponga al centro le persone. A tale riguardo, apprezziamo in modo particolare le proposte per le necessarie risorse aggiuntive da destinare al Vulnerability Financing Framework della Banca Mondiale.

La nuova crisi globale non deve servire da pretesto per dimenticare le questioni che da tempo preoccupano. Nella Conferenza di Doha abbiamo sottolineato l'importanza di riaffermare il principio di sviluppo finanziario sostenibile e di assicurare un cammino di sviluppo sostenibile per tutti i Paesi in via di sviluppo. In modo particolare, l'eliminazione dei sussidi per le esportazioni agricole è una misura che può recare notevoli benefici ai Paesi in via di sviluppo molto poveri. Questa prerogativa essenzialmente morale è diventata nel frattempo ancora più urgente poiché la crisi finanziaria globale si è aggravata. Pertanto ci uniamo agli Stati membri nel sollecitare una conclusione rapida della Conferenza di Doha dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, nel senso che vengano rispettati gli impegni assunti a favore dei Paesi meno sviluppati. Allo stesso modo, è importante che i Paesi sviluppati mantengano i loro impegni di assistenza ufficiale allo sviluppo (oda).

In merito alle misure volte a prevenire il ripetersi di questa crisi in futuro, appoggiamo regolamentazioni pratiche e attuabili per assicurare la trasparenza globale e il controllo a tutti i livelli del sistema finanziario. Sottolineamo che alla base dell'attuale crisi economica vi è un'ideologia che pone l'individuo e i desideri individuali al centro di tutte le decisioni economiche. La pratica dell'economia ha rispecchiato questo centro ideologico e ha cercato di cancellare i valori e la moralità dal dibattito economico invece di tentare d'integrare tali preoccupazioni nella realizzazione di un sistema finanziario più efficace e giusto.

Questa visione del mondo ha creato una società in cui i guadagni economici e personali a breve termine vengono realizzati a spese altrui e hanno l'effetto di produrre un individualismo che non riconosce i diritti e le responsabilità condivisi, necessari per creare una società che rispetti la dignità di tutte le persone.

Mentre la comunità delle Nazioni Unite si assume questa responsabilità collettiva di sostenere i Paesi in via di sviluppo più poveri in questo tempo di crisi finanziaria, riteniamo opportuno ricordare le riflessioni fatte da Papa Benedetto xvi all'inizio dell'anno, nel celebrare la Giornata mondiale della pace. Egli ha posto particolare enfasi sul bisogno fondamentale di un «forte senso di solidarietà globale» tra Paesi ricchi e Paesi poveri per affrontare in modo efficace la lotta contro la povertà. Il suo è stato essenzialmente un appello morale, fondato sul bene comune per tutti gli esseri umani.

Nel campo del commercio internazionale e della finanza sono in atto processi che consentono un'integrazione positiva dell'economia che conduce a un miglioramento generale delle condizioni. Allo stesso tempo, però, sono in corso processi nella direzione opposta che emarginano i popoli e possono portare a guerre e conflitti. Nonostante la grande crescita del commercio dopo la Seconda Guerra Mondiale, sono rimasti molti Paesi a basso reddito che sono ancora emarginati dal punto di vista del commercio. In tali Paesi, molti dei quali si trovano in Africa, è in gioco una questione fondamentale di equità globale. Anche nell'ambito della finanza la recente crisi mostra come l'attività finanziaria può essere incentrata su se stessa e avere una prospettiva a breve termine, senza alcuna considerazione a lungo termine del bene comune.

Per concludere, ribadiamo la nostra istanza di dare priorità ai Paesi più poveri in questo tempo di crisi e di adottare un approccio etico (I) in campo economico da parte di quanti operano nei mercati internazionali, (II), in ambito politico da parte di quanti svolgono una funzione pubblica e (III) di consentire una partecipazione che comprenda tutti i membri della società civile. Solo adottando un simile approccio sarà possibile realizzare una solidarietà globale autentica.

Grazie, signor presidente.

[Traduzione del testo in inglese a cura de “L'Osservatore Romano”]
+PetaloNero+
00giovedì 2 luglio 2009 17:04
BRIEFING DI PRESENTAZIONE DELLA NUOVA EDIZIONE DEI DOCUMENTI VATICANI DEL PROCESSO DI GALILEO GALILEI

Questa mattina. alle ore 11.30, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si tiene un briefing per presentare la nuova edizione dei documenti vaticani del Processo di Galileo Galilei, a cura di S.E. Mons. Sergio Pagano, Prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano.

Interviene: S.E. Mons. Sergio Pagano, Prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano.

Pubblichiamo di seguito il testo di presentazione della nuova edizione degli Atti del Processo di Galileo:


TESTO DI PRESENTAZIONE

I documenti vaticani del processo di Galileo Galilei (1611-1741). Nuova edizione accresciuta, rivista e annotata da Sergio Pagano, Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano 2009, pp. CCLVIII+332, 28 tavole a colori [collana: Collectanea Archivi Vaticani, 69], 60,00

* Nuova edizione rispetto a quella, curata sempre da Sergio Pagano, nel 1984.

* Aspetti innovativi della nuova edizione:

1) Maggiore fedeltà agli atti originali del processo: tutti i documenti sono stati riletti sugli originali dell'Archivio Vaticano, di quello della Congregazione per la Dottrina della Fede e della Biblioteca Vaticana.

2) Edizione completa dei vecchi atti e di scritti ritrovati dopo il 1984 (circa 20 documenti).

3) Edizione annotata sia criticamente (quanto al tenore dei testi), sia nelle annotazioni storiche o biografiche ai vari personaggi: questa è una assoluta novità rispetto a tutte le edizioni del Processo che sono fino apparse dal 1877.

4) Edizione preceduta da una ampia introduzione (208 pagine) in cui Sergio Pagano, sulla scorta della più recente e accreditata bibliografia galileiana, ripercorre le tappe che dal 1611 al 1633 condussero al celebre Processo a Galileo.

5) Edizione accuratissima in ogni aspetto: i documenti sono preceduti da importanti note critiche e testuali che ne illustrano la tipologia e la «tradizione» (originale, copia, sunto, nota d'ufficio, le diverse mani, ecc.).

6) L'edizione è corredata di un minuziosissimo indice dei nomi e delle cose notevoli, finora mai composto, molto utile per il rinvenimento di personaggi e questioni implicati nel Processo

7) Utili tavole del ms. del Processo con riferimenti a questioni dei documenti riprodotti e rinvio alla trattazione che se ne è fatta nell'Introduzione.

Il Curatore: Mons. Sergio Pagano, Vesc. titolare di Celene, Prefetto dell'Archivio Segreto Vaticano dal 1997 e Officiale del medesimo Archivio fin dal 1978 (note biografiche e bibliografiche in: www.vatican.va /Santa Sede / Archivio Segreto Vaticano (Il Personale).
+PetaloNero+
00sabato 4 luglio 2009 15:56
COMUNICATO DEL CONSIGLIO DI CARDINALI PER LO STUDIO DEI PROBLEMI ORGANIZZATIVI ED ECONOMICI DELLA SANTA SEDE SUL BILANCIO CONSUNTIVO CONSOLIDATO 2008 DELLA SANTA SEDE, DEL GOVERNATORATO DELLO STATO DELLA CITTÀ DEL VATICANO E OBOLO DI SAN PIETRO

Mercoledì 1, giovedì 2 e venerdì 3 luglio si è svolta in Vaticano la 43ª riunione del Consiglio di Cardinali per lo Studio dei Problemi Organizzativi ed Economici della Santa Sede, presieduta dal Segretario di Stato, Sua Eminenza Rev.ma il Cardinale Tarcisio Bertone, S.D.B.

Vi hanno partecipato gli Em.mi Cardinali: Joachim Meisner, Arcivescovo di Köln (Germania), Antonio María Rouco Varela, Arcivescovo di Madrid (Spagna), Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo di Milano (Italia), Wilfrid Fox Napier, Arcivescovo di Durban (Sud Africa), Anthony Olubunmi Okogie, Arcivescovo di Lagos (Nigeria), Juan Luis Cipriani Thorne, Arcivescovo di Lima (Perù), George Pell, Arcivescovo di Sydney (Australia), Marc Ouellet P.S.S., Arcivescovo di Québec (Canada), Jorge Liberato Urosa Savino, Arcivescovo di Caracas (Venezuela), Gaudencio B. Rosales, Arcivescovo di Manila (Filippine), Nicholas Cheong Jinsuk, Arcivescovo di Seoul (Corea), Odilo Pedro Scherer, Arcivescovo di São Paulo (Brasile), Agostino Vallini, Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma.

La Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede era rappresentata dal Presidente, S.E. Mons. Velasio De Paolis, C.S., dal Segretario, S.E. Mons. Vincenzo Di Mauro e dal Ragioniere Generale, Dott. Stefano Fralleoni. Nella prima giornata erano presenti anche i cinque Revisori Internazionali.

Il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e l'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica erano così rappresentati: Sua Em.za il Cardinale Giovanni Lajolo, Presidente della Commissione Cardinalizia per lo S.C.V; Sua Em.za il Cardinale Attilio Nicora e S.E. Mons. Domenico Calcagno, rispettivamente Presidente e Segretario dell'A.P.S.A.

Su invito del Cardinale Segretario di Stato sono stati ascoltati per la materia di loro competenza il Direttore Generale della Radio Vaticana P. Federico Lombardi, S.I., e il Dott. Alberto Gasbarri, Direttore Amministrativo.

I punti all'ordine del giorno sono stati i seguenti:

- Bilancio Consuntivo Consolidato della Santa Sede per l'esercizio 2008;

- Bilancio Consuntivo del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano per il 2008;

- Obolo di San Pietro e contributi in base al can. 1271 del C.I.C., ricevuti nel 2008.

La seduta si è aperta con l’esposizione dei Revisori Internazionali, i quali hanno espresso le loro valutazioni in merito ai bilanci e alla struttura organizzativa degli Uffici competenti. Ne è seguita un’ampia discussione.



S.E. Mons. Velasio De Paolis ha illustrato il Bilancio Consuntivo Consolidato 2008 della Santa Sede, che registra entrate per 253.953.869 e uscite per 254.865.383, con un disavanzo di esercizio di 911.514.

Va notato che, in conformità con i provvedimenti adottati in via eccezionale da Organismi Contabili Internazionali ed autorità monetarie di diversi Paesi, si sono applicati criteri di valutazione intesi ad evitare la contabilizzazione di potenziali minusvalenze dovute alla fase acuta della crisi economica globale nel settore finanziario, e le relative conseguenze nel risultato finale d’esercizio.

Le uscite sono da attribuirsi per la maggior parte alle spese ordinarie e straordinarie dei Dicasteri e Organismi della Santa Sede, i quali, con la loro specifica attività e competenza, partecipano alla cura pastorale del Sommo Pontefice nei confronti della Chiesa universale. In tale ambito, ampio spazio è stato dato ai mezzi di comunicazione, con particolare attenzione alla Radio Vaticana.

Nei suddetti Enti prestano il loro servizio complessivamente 2.732 persone, di cui 761 ecclesiastici, 334 religiosi (246 uomini e 88 donne), 1.637 laici (1.199 uomini e 438 donne).



L’Ecc.mo Presidente della Prefettura ha presentato poi il Bilancio Consuntivo 2008 del Governatorato che, com'è noto, provvede alla gestione del territorio, delle istituzioni e delle strutture, nonché all'esercizio di attività di supporto alla Santa Sede. Come altri Stati, anche il Vaticano ha subíto la crisi mondiale economico-finanziaria chiudendo con un disavanzo contenuto in 15.313.124. Si noti per altro che l’attività del Governatorato è indipendente da contributi provenienti dalla Santa Sede o da altre istituzioni sia ecclesiastiche che civili.

Nello S.C.V. prestano servizio 1.894 persone, di cui 31 religiosi, 28 religiose, 1.558 laici e 277 laiche.

Nel periodo in esame, il Governatorato, di concerto con la Santa Sede, ha avviato lo studio di una infrastruttura di comunicazione integrata che comprende i servizi di telefonia ed internet. È stato inoltre realizzato il primo impianto fotovoltaico sulla struttura dell’Aula Paolo VI. In continuità con l'impegno degli scorsi anni, ha provveduto alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio artistico, con particolare riguardo ai Musei Vaticani, ampliando anche le aree espositive e gli orari di visita.

Notevole è stato l’impegno economico e finanziario sostenuto per la tutela, valorizzazione e restauro del patrimonio artistico della Santa Sede (restauro della Cappella Paolina, interventi alle Basiliche Papali di San Paolo fuori le Mura e di Santa Maria Maggiore). Sono stati altresì rilevanti i costi sostenuti per la sicurezza all’interno dello Stato della Città del Vaticano e per i grandi lavori di ristrutturazione della Biblioteca Apostolica Vaticana.



Il Presidente della Prefettura degli Affari Economici ha illustrato inoltre la situazione del Fondo Pensioni, al quale al 31.12.2008 risultano iscritte 4.601 unità.

I Bilanci, come di consueto, sono stati sottoposti a verifica e certificazione.

Si è quindi passati alla presentazione dell'Obolo di San Pietro, costituito dall'insieme delle offerte che pervengono al Santo Padre dalle Chiese particolari, soprattutto in occasione della solennità dei Santi Pietro e Paolo, dagli Istituti di Vita Consacrata e Società di Vita Apostolica, da Fondazioni e da singoli fedeli. Nel 2008 1'Obolo è ammontato complessivamente a US$ 75.785.574. Rispetto all'anno precedente, pur a fronte di un incremento dei donativi presentati dalle Diocesi, dai Religiosi e dalle Fondazioni, si è avuta una lieve flessione, dovuta anche alla generale situazione economica. I maggiori contributi nel 2008 sono pervenuti dai cattolici degli Stati Uniti, dell’Italia e della Germania; significativo, in rapporto al numero dei cattolici, è stato il contributo di Corea e Giappone. A sostegno della struttura centrale della Chiesa, i Vescovi, per il vincolo dell'unità e della carità, hanno versato, secondo le possibilità delle loro Diocesi, in base al canone 1271 C.I.C., l'importo di 20.980.140. Il contributo più alto è stato presentato dalle Diocesi della Germania, seguite da quelle degli Stati Uniti. Com’è noto, tali contributi sono da distinguersi chiaramente da quelli stabiliti da accordi bilaterali, come per es. l'Otto per mille in Italia, che sono invece destinati alle rispettive Chiese particolari.

Nel corso dei lavori il Santo Padre ha fatto visita ai partecipanti ed ha ascoltato, con particolare interesse, le loro osservazioni e dopo aver dato alcune indicazioni di carattere pastorale ha ringraziato tutti per la collaborazione.

Al termine della riunione i Membri del Consiglio hanno espresso la loro gratitudine a quanti, in modo generoso e spesso anonimo, sostengono il ministero apostolico e caritativo del Santo Padre a servizio della Chiesa universale.
+PetaloNero+
00lunedì 6 luglio 2009 16:38
Messaggio pastorale per la Giornata Mondiale del Turismo 2009
A cura del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti



CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 6 luglio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio pastorale del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti per la XXX Giornata Mondiale del Turismo, del 27 settembre, sul tema Il turismo, celebrazione della diversità.

* * *

Il tema della Giornata Mondiale del Turismo, proposto dalla competente Organizzazione Mondiale, Il turismo, celebrazione della diversità, ci apre cammini di incontro con l’uomo nella sua diversità, nella sua ricchezza antropologica.

La diversità è un fatto, una realtà, ma, come ci ricorda Papa Benedetto XVI, è pure un dato positivo, un bene, e non una minaccia o un pericolo, al punto tale da volere egli che “le persone accettino non soltanto l'esistenza della cultura dell'altro, ma desiderino anche riceverne un arricchimento”[1].

L'esperienza della diversità è propria dell'esistenza umana, anche perché lo sviluppo di ciascuno procede per tappe diversificanti, che favoriscono la crescita e la maturazione personale. Si tratta di una scoperta progressiva che, nel confronto con chi e quanto ci circonda, ci distingue dal diverso da noi.

Nella valutazione positiva del diverso osserviamo un paradosso: se da un lato si constata, in questo tempo di globalizzazione, che le culture e le religioni si avvicinano sempre più, e che nel cuore di tutte le culture sboccia un autentico desiderio di pace, d’altro lato si verificano incomprensioni, ci sono pregiudizi e malintesi profondamente radicati, che elevano barriere e alimentano divisioni. È il timore in noi del diverso, dello sconosciuto.

Dobbiamo quindi impegnarci per trasformare la discriminazione, la xenofobia e l’intolleranza in comprensione e mutua accettazione, percorrendo le strade del rispetto, dell’educazione e del dialogo aperto, costruttivo e vincolante.

In questo sforzo la Chiesa ha un ruolo importante, partendo da quella profonda convinzione di Paolo VI nell’enciclica Ecclesiam suam che “la Chiesa deve entrare in dialogo con il mondo in cui essa vive. La Chiesa si fa parola, la Chiesa si fa messaggio, la Chiesa si fa conversazione”[2]. È dialogo costruttivo e sincero che, per essere autentico, “deve evitare cedimenti al relativismo e al sincretismo ed essere animato da sincero rispetto per gli altri e da generoso spirito di riconciliazione e di fraternità”[3].

In questa prospettiva, il turismo, in quanto pone a contatto con altri modi di vivere, altre religioni e forme di vedere il mondo e la sua storia[4], è pure un’occasione di dialogo e di ascolto, e costituisce un invito a non chiudersi nella propria cultura, ma ad aprirsi e confrontarsi con modi di pensare e vivere diversi[5]. Non deve sorprendere pertanto che settori estremisti e gruppi terroristici di indole fondamentalista indichino il turismo come un pericolo e un obiettivo da distruggere. La conoscenza reciproca aiuterà - lo speriamo ardentemente - a costruire una società più giusta, solidale e fraterna.

L’esperienza iniziale dell’uomo circa la diversità è oggi vissuta anche nel mondo virtuale, megalopoli cosmica offerta permanentemente a ciascuno. Grazie a questa prima forma di “turismo”, virtuale, cinematico, la diversità è osservata da vicino, facilitando la prossimità del lontano diverso. È questo “turismo” il primo a consacrare la diversità.

Ma è soprattutto il turismo inteso come spostamento fisico, che evidenzia la diversità naturale, ecologica, sociale, culturale, patrimoniale e religiosa, e ci fa scoprire anche il lavoro compiuto insieme, la cooperazione fra popoli, l'unità degli esseri umani nella magnifica e conturbante diversità delle sue realizzazioni.

Nella scoperta della diversità appaiono tuttavia paradossi e limiti: se il turismo si sviluppa in assenza di un'etica di responsabilità, parallelamente prende corpo il pericolo della uniformità e della bellezza come “fascinatio nugacitatis” (cfr. Sap 4,12). Accade così, per esempio, che gli autoctoni possono fare per i turisti spettacolo delle loro tradizioni offrendo la diversità come un prodotto commerciale, solo per lucro.

Tutto ciò esige uno sforzo, tanto da parte del visitatore che dell’autoctono accogliente, di assumere atteggiamenti di apertura, rispetto, vicinanza, fiducia in modo che nel desiderio di incontrare gli altri, rispettandoli nella loro diversità personale, culturale e religiosa, si aprano al dialogo e alla comprensione[6].

La diversità si fonda nel mistero di Dio. La Parola creatrice sta all’origine della ricchezza delle specie, con distacco di colui/colei che è “immagine e somiglianza” di Dio. Questa Parola biblica poetica è quella della diversità, fondatrice dell'identità di ogni creatura, essendo il Creatore il primo a contemplare la bellezza-bontà di tutto ciò che Egli ha fatto (cfr. Gen 1). E Dio è anche quella forza meravigliosa, principio di unità di tutte le diversità, che appaiono come “una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune” (1 Cor 12,7). Nel contemplare la diversità, l'uomo scopre le tracce del divino nelle orme dell'umano. E per il credente, l’insieme delle diversità apre cammini per avvicinarsi all’infinita grandezza di Dio. Come fenomeno possibile di consacrazione della diversità, per noi il turismo può essere cristiano, strada aperta alla sua confessione contemplativa.

Dio affida alla Chiesa il compito di forgiare in Cristo Gesù, grazie allo Spirito, una nuova creazione, ricapitolando in Lui (cfr. Ef 1,9-10) tutto il tesoro della diversità umana che il peccato ha trasformato in divisione e conflitti[7], affinché contribuisca “alla fondazione, nello Spirito della Pentecoste, di una nuova società nella quale le diverse lingue e culture non costituiranno più confini insuperabili, come dopo Babele, ma in cui, proprio in tale diversità, è possibile realizzare un nuovo modo di comunicazione e di comunione”[8].

Sono pensieri, questi, che possono incoraggiare nell'impegno quanti si occupano della pastorale specifica del turismo, specialmente verso chi soffre in qualche modo per tale fenomeno, che pur è segno del nostro tempo e porta con sé aspetti positivi che abbiamo sottolineati di nuovo in occasione della recente celebrazione dei 40 anni di pubblicazione del Direttorio Peregrinans in terra.

Il soffio divino vinca ogni xenofobia, discriminazione, razzismo, renda vicini coloro che sono lontani, nella contemplazione della unità/diversità di una famiglia umana benedetta da Dio. È lo Spirito che riunisce nell'unità e nella pace, nell'armonia e nel mutuo riconoscimento. In Lui vi è ordine e bontà nei sette giorni della creazione. Entri, Egli, anche nella travagliata storia umana, grazie pure al turismo.

Dal Vaticano, 24 giugno 2009

X Antonio Maria Vegliò

Presidente





X Agostino Marchetto

Arcivescovo Segretario

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[1] Benedetto XVI, Messaggio in occasione della giornata di studio sul tema “Culture e religioni in dialogo” organizzata dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e dal Pontificio Consiglio della Cultura, 3 dicembre 2008: L’Osservatore Romano, n. 287 (45.027), 9-10 dicembre 2008, p. 1. Nella stessa linea si esprimeva Giovanni Paolo II: “Estraniarsi dalla realtà della diversità o - peggio - tentare di estinguere quella diversità significa precludersi la possibilità di sondare le profondità del mistero della vita umana. La verità sull’uomo è l’immutabile criterio con cui tutte le culture vengono giudicate; ma ogni cultura ha qualcosa da insegnare circa l’una dimensione o l’altra di quella complessa verità. Pertanto la ‘differenza’, che alcuni trovano così minacciosa, può divenire, mediante un dialogo rispettoso, la fonte di una più profonda comprensione del mistero dell’esistenza umana” (Discorso all’Assemblea Generale dell’ONU nel 50º anniversario della sua fondazione, 5 ottobre 1995, n. 10: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII/2 -1995-, Libreria Editrice Vaticana, 1998, p. 738).

[2] Paolo VI, Lettera enciclica Ecclesiam suam, 6 agosto 1964, n. 67: AAS LVI (1964), p. 639.

[3] Benedetto XVI, Messaggio in occasione della giornata di studio sul tema “Culture e religioni in dialogo”, l.c.

[4] Cfr. Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Istruzione Erga migrantes caritas Christi (La carità di Cristo verso i migranti), 3 maggio 2004, n. 30: AAS XCVI (2004), p. 778.

[5] “Figlio della propria cultura, il viaggiatore, il turista, parte all’incontro/scontro con i figli di un’altra cultura e, se entra in dialogo con essa, accetta di lasciarsi interpellare dagli elementi atti ad arricchire il suo patrimonio intellettuale, spirituale e culturale. Può essere portato quindi a rimettere in questione un certo numero di comportamenti, di considerazioni a priori, anche di credenze che influiscono sulla sua vita di tutti i giorni” (Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Documento Finale della IV Riunione Europea sulla Pastorale del Turismo, 29-30 aprile 2009, n. 34).

[6] Cfr. Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale del Turismo, 16 luglio 2005: Insegnamenti di Benedetto XVI, I (2005), Libreria Editrice Vaticana, 2006, p. 339.

[7] Cfr. Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Istruzione Erga migrantes caritas Christi (La carità di Cristo verso i migranti), l.c., n. 102.

[8] Ibidem, n. 89.
+PetaloNero+
00venerdì 10 luglio 2009 17:04
MESSAGGIO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER I MIGRANTI E GLI ITINERANTI IN OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DEL TURISMO 2009


Pubblichiamo di seguito il Messaggio del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti in occasione della Giornata Mondiale del Turismo 2009, che quest’anno sarà celebrata il 27 settembre sul tema: "Il turismo, celebrazione della diversità":


Il tema della Giornata Mondiale del Turismo, proposto dalla competente Organizzazione Mondiale, Il turismo, celebrazione della diversità, ci apre cammini di incontro con l’uomo nella sua diversità, nella sua ricchezza antropologica.

La diversità è un fatto, una realtà, ma, come ci ricorda Papa Benedetto XVI, è pure un dato positivo, un bene, e non una minaccia o un pericolo, al punto tale da volere egli che “le persone accettino non soltanto l'esistenza della cultura dell'altro, ma desiderino anche riceverne un arricchimento”[1].

L'esperienza della diversità è propria dell'esistenza umana, anche perché lo sviluppo di ciascuno procede per tappe diversificanti, che favoriscono la crescitae la maturazione personale. Si tratta di una scoperta progressiva che, nel confronto con chi e quanto ci circonda, ci distingue dal diverso da noi.

Nella valutazione positiva del diverso osserviamo un paradosso: se da un lato si constata, in questo tempo di globalizzazione, che le culture e le religioni si avvicinano sempre più, e che nel cuore di tutte le culture sboccia un autentico desiderio di pace, d’altro lato si verificano incomprensioni, ci sono pregiudizi e malintesi profondamente radicati, che elevano barriere e alimentano divisioni. È il timore in noi del diverso, dello sconosciuto.

Dobbiamo quindi impegnarci per trasformare la discriminazione, la xenofobia e l’intolleranza in comprensione e mutua accettazione, percorrendo le strade del rispetto, dell’educazione e del dialogo aperto, costruttivo e vincolante.

In questo sforzo la Chiesa ha un ruolo importante, partendo da quella profonda convinzione di Paolo VI nell’enciclica Ecclesiam suam che “la Chiesa deve entrare in dialogo con il mondo in cui essa vive. La Chiesa si fa parola, la Chiesa si fa messaggio, la Chiesa si fa conversazione”[2]. È dialogo costruttivo e sincero che, per essere autentico, “deve evitare cedimenti al relativismo e al sincretismo ed essere animato da sincero rispetto per gli altri e da generoso spirito di riconciliazione e di fraternità”[3].

In questa prospettiva, il turismo, in quanto pone a contatto con altri modi di vivere, altre religioni e forme di vedere il mondo e la sua storia[4], è pure un’occasione di dialogo e di ascolto, e costituisce un invito a non chiudersi nella propria cultura, ma ad aprirsi e confrontarsi con modi di pensare e vivere diversi[5]. Non deve sorprendere pertanto che settori estremisti e gruppi terroristici di indole fondamentalista indichino il turismo come un pericolo e un obiettivo da distruggere. La conoscenza reciproca aiuterà - lo speriamo ardentemente - a costruire una società più giusta, solidale e fraterna.

L’esperienza iniziale dell’uomo circa la diversità è oggi vissuta anche nel mondo virtuale, megalopoli cosmica offerta permanentemente a ciascuno. Grazie a questa prima forma di “turismo”, virtuale, cinematico, la diversità è osservata da vicino, facilitando la prossimità del lontano diverso. È questo “turismo” il primo a consacrare la diversità.

Ma è soprattutto il turismo inteso come spostamento fisico, che evidenzia la diversità naturale, ecologica, sociale, culturale, patrimoniale e religiosa, e ci fa scoprire anche il lavoro compiuto insieme, la cooperazione fra popoli, l'unità degli esseri umani nella magnifica e conturbante diversità delle sue realizzazioni.

Nella scoperta della diversità appaiono tuttavia paradossi e limiti: se il turismo si sviluppa in assenza di un'etica di responsabilità, parallelamente prende corpo il pericolo della uniformità e della bellezza come “fascinatio nugacitatis” (cfr. Sap 4,12). Accade così, per esempio, che gli autoctoni possono fare per i turisti spettacolo delle loro tradizioni offrendo la diversità come un prodotto commerciale, solo per lucro.

Tutto ciò esige uno sforzo, tanto da parte del visitatore che dell’autoctono accogliente, di assumere atteggiamenti di apertura, rispetto, vicinanza, fiducia in modo che nel desiderio di incontrare gli altri, rispettandoli nella loro diversità personale, culturale e religiosa, si aprano al dialogo e alla comprensione[6].

La diversità si fonda nel mistero di Dio. La Parola creatrice sta all’origine della ricchezza delle specie, con distacco di colui/colei che è “immagine e somiglianza” di Dio. Questa Parola biblica poetica è quella della diversità, fondatrice dell'identità di ogni creatura, essendo il Creatore il primo a contemplare la bellezza-bontà di tutto ciò che Egli ha fatto (cfr. Gen 1). E Dio è anche quella forza meravigliosa, principio di unità di tutte le diversità, che appaiono come “una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune” (1 Cor 12,7). Nel contemplare la diversità, l'uomo scopre le tracce del divino nelle orme dell'umano. E per il credente, l’insieme delle diversità apre cammini per avvicinarsi all’infinita grandezza di Dio.Come fenomeno possibile di consacrazione della diversità, per noi il turismo può essere cristiano, strada aperta alla sua confessione contemplativa.

Dio affida alla Chiesa il compito di forgiare in Cristo Gesù, grazie allo Spirito, una nuova creazione, ricapitolando in Lui (cfr. Ef 1,9-10) tutto il tesoro della diversità umana che il peccato ha trasformato in divisione e conflitti[7], affinché contribuisca “alla fondazione, nello Spirito della Pentecoste, di una nuova società nella quale le diverse lingue e culture non costituiranno più confini insuperabili, come dopo Babele, ma in cui, proprio in tale diversità, è possibile realizzare un nuovo modo di comunicazione e di comunione”[8].

Sono pensieri, questi, che possono incoraggiare nell'impegno quanti si occupano della pastorale specifica del turismo, specialmente verso chi soffre in qualche modo per tale fenomeno, che pur è segno del nostro tempo e porta con sé aspetti positivi che abbiamo sottolineati di nuovo in occasione della recente celebrazione dei 40 anni di pubblicazione del Direttorio Peregrinans in terra.

Il soffio divino vinca ogni xenofobia, discriminazione, razzismo, renda vicini coloro che sono lontani, nella contemplazione della unità/diversità di una famiglia umana benedetta da Dio. È lo Spirito che riunisce nell'unità e nella pace, nell'armonia e nel mutuo riconoscimento. In Lui vi è ordine e bontà nei sette giorni della creazione. Entri, Egli, anche nella travagliata storia umana, grazie pure al turismo.

Dal Vaticano, 24 giugno 2009

X Antonio Maria Vegliò
Presidente

X Agostino Marchetto
Arcivescovo Segretario


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[1]Benedetto XVI, Messaggio in occasione della giornata di studio sul tema “Culture e religioni in dialogo” organizzata dalPontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso e dal Pontificio Consiglio della Cultura, 3 dicembre 2008: L’Osservatore Romano, n. 287 (45.027), 9-10 dicembre 2008, p. 1. Nella stessa linea si esprimeva Giovanni Paolo II: “Estraniarsi dalla realtà della diversità o - peggio - tentare di estinguere quella diversità significa precludersi la possibilità di sondare le profondità del mistero della vita umana. La verità sull’uomo è l’immutabile criterio con cui tutte le culture vengono giudicate; ma ogni cultura ha qualcosa da insegnare circa l’una dimensione o l’altra di quella complessa verità. Pertanto la ‘differenza’, che alcuni trovano così minacciosa, può divenire, mediante un dialogo rispettoso, la fonte di una più profonda comprensione del mistero dell’esistenza umana” (Discorso all’Assemblea Generale dell’ONU nel 50º anniversario della sua fondazione, 5 ottobre 1995, n. 10: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVIII/2 -1995-, Libreria Editrice Vaticana, 1998, p. 738).
[2] Paolo VI, Lettera enciclica Ecclesiam suam, 6 agosto 1964, n. 67: AAS LVI (1964), p. 639.
[3] Benedetto XVI, Messaggio in occasione della giornata di studio sul tema “Culture e religioni in dialogo”, l.c.
[4] Cfr.Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Istruzione Erga migrantes caritas Christi (La carità di Cristo verso i migranti), 3 maggio 2004, n. 30:AASXCVI (2004), p. 778.
[5] “Figlio della propria cultura, il viaggiatore, il turista, parte all’incontro/scontro con i figli di un’altra cultura e, se entra in dialogo con essa, accetta di lasciarsi interpellare dagli elementi atti ad arricchire il suo patrimonio intellettuale, spirituale e culturale. Può essere portato quindi a rimettere in questione un certo numero di comportamenti, di considerazioni a priori, anche di credenze che influiscono sulla sua vita di tutti i giorni”(Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Documento Finale della IV Riunione Europea sulla Pastorale del Turismo, 29-30 aprile 2009, n. 34).
[6] Cfr. Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale del Turismo, 16 luglio 2005:Insegnamenti di Benedetto XVI, I (2005), Libreria Editrice Vaticana, 2006, p. 339.
[7] Cfr.Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Istruzione Erga migrantes caritas Christi (La carità di Cristo verso i migranti), l.c., n. 102.
[8]Ibidem, n. 89.
+PetaloNero+
00venerdì 10 luglio 2009 17:05
JOINT COMMUNIQUE OF THE BILATERAL PERMANENT WORKING COMMISSION BETWEEN THE HOLY SEE AND THE STATE OF ISRAEL

The Bilateral Permanent Working Commission between the State of Israel and the Holy See has met today , July 9th 2009 at Israel's Ministry of Foreign Affairs, to continue the negotiations on the "Economic Agreement".

The talks took place in an atmosphere of great cordiality, and the Delegations believe that they have contributed to taking the talks forward towards the desired Agreement.

The next meetings of the Commission will take place on: August 26th, September 15-16, October 14-15, November 11-12.

As already announced, the next Plenary Commission will meet on December 10th 2009 in the Vatican.
+PetaloNero+
00sabato 11 luglio 2009 01:35
Chiarificazione della Congregazione per la Dottrina della Fede sull'aborto procurato
Dopo l'articolo dell'Arcivescovo Fisichella sulla "bambina brasiliana"



CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 10 luglio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo la chiarificazione della Congregazione per la Dottrina della Fede, riportata dal quotidiano della Santa Sede "L'Osservatore Romano" nella sua edizione dell'11 luglio, sull'articolo pubblicato dallo stesso quotidiano dall'Arcivescovo Rino Fisichella sulla bambina brasiliana sottoposta ad aborto dei due gemelli che aspettava.

* * *
Recentemente sono pervenute alla Santa Sede diverse lettere, anche da parte di alte personalità della vita politica ed ecclesiale, che hanno informato sulla confusione creatasi in vari Paesi, soprattutto in America Latina, a seguito della manipolazione e strumentalizzazione di un articolo di Sua Eccellenza Monsignor Rino Fisichella, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, sulla triste vicenda della «bambina brasiliana». In tale articolo, apparso su «L'Osservatore Romano» del 15 marzo 2009, si proponeva la dottrina della Chiesa, pur tenendo conto della situazione drammatica della suddetta bambina, che - come si poteva rilevare successivamente - era stata accompagnata con ogni delicatezza pastorale, in particolare dall'allora Arcivescovo di Olinda e Recife, Sua Eccellenza Monsignor José Cardoso Sobrinho. Al riguardo, la Congregazione per la Dottrina della Fede ribadisce che la dottrina della Chiesa sull'aborto provocato non è cambiata né può cambiare. Tale dottrina è stata esposta nei numeri 2270-2273 del Catechismo della Chiesa Cattolica in questi termini:

«La vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal momento del concepimento. Dal primo istante della sua esistenza, l'essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti della persona, tra i quali il diritto inviolabile di ogni essere innocente alla vita. "Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato" (Ger 1, 5). "Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle profondità della terra" (Sal 139, 15).

«Fin dal primo secolo la Chiesa ha dichiarato la malizia morale di ogni aborto provocato. Questo insegnamento non è mutato. Rimane invariabile. L'aborto diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo, è gravemente contrario alla legge morale: "Non uccidere il bimbo con l'aborto, e non sopprimerlo dopo la nascita" (Didaché, 2, 2). "Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita, missione che deve essere adempiuta in modo degno dell'uomo. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l'aborto come pure l'infanticidio sono abominevoli delitti" (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 51).

«La cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa sanziona con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana. "Chi procura l'aborto, se ne consegue l'effetto, incorre nella scomunica latae sententiae" (Cic, can. 1398), "per il fatto stesso d'aver commesso il delitto" (Cic, can. 1314) e alle condizioni previste dal diritto (cfr. Cic, cann. 1323-1324). La Chiesa non intende in tal modo restringere il campo della misericordia. Essa mette in evidenza la gravità del crimine commesso, il danno irreparabile causato all'innocente ucciso, ai suoi genitori e a tutta la società.

«Il diritto inalienabile alla vita di ogni individuo umano innocente rappresenta un elemento costitutivo della società civile e della sua legislazione: "I diritti inalienabili della persona dovranno essere riconosciuti e rispettati da parte della società civile e dell'autorità politica; tali diritti dell'uomo non dipendono né dai singoli individui, né dai genitori e neppure rappresentano una concessione della società e dello Stato: appartengono alla natura umana e sono inerenti alla persona in forza dell'atto creativo da cui ha preso origine. Tra questi diritti fondamentali bisogna, a questo proposito, ricordare: il diritto alla vita e all'integrità fisica di ogni essere umano dal concepimento alla morte... Nel momento in cui una legge positiva priva una categoria di esseri umani della protezione che la legislazione civile deve loro accordare, lo Stato viene a negare l'uguaglianza di tutti davanti alla legge. Quando lo Stato non pone la sua forza al servizio dei diritti di ciascun cittadino, e in particolare di chi è più debole, vengono minati i fondamenti stessi di uno Stato di diritto... Come conseguenza del rispetto e della protezione che vanno accordati al nascituro, a partire dal momento del suo concepimento, la legge dovrà prevedere appropriate sanzioni penali per ogni deliberata violazione dei suoi diritti" (Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Donum vitae, III)».

Nell'Enciclica Evangelium vitae Papa Giovanni Paolo II ha riaffermato tale dottrina con la sua autorità di Supremo Pastore della Chiesa: «Con l'autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori, in comunione con i Vescovi - che a varie riprese hanno condannato l'aborto e che nella consultazione precedentemente citata, pur dispersi per il mondo, hanno unanimemente consentito circa questa dottrina - dichiaro che l'aborto diretto, cioè voluto come fine o come mezzo, costituisce sempre un disordine morale grave, in quanto uccisione deliberata di un essere umano innocente. Tale dottrina è fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale» (n. 62).

Per quanto riguarda l'aborto procurato in alcune situazioni difficili e complesse, vale l'insegnamento chiaro e preciso di Papa Giovanni Paolo II: «È vero che molte volte la scelta abortiva riveste per la madre carattere drammatico e doloroso, in quanto la decisione di disfarsi del frutto del concepimento non viene presa per ragioni puramente egoistiche e di comodo, ma perché si vorrebbero salvaguardare alcuni importanti beni, quali la propria salute o un livello dignitoso di vita per gli altri membri della famiglia. Talvolta si temono per il nascituro condizioni di esistenza tali da far pensare che per lui sarebbe meglio non nascere. Tuttavia, queste e altre simili ragioni, per quanto gravi e drammatiche, non possono mai giustificare la soppressione deliberata di un essere umano innocente» (Enciclica Evangelium vitae, n. 58).

Quanto alla problematica di determinati trattamenti medici al fine di preservare la salute della madre occorre distinguere bene tra due fattispecie diverse: da una parte un intervento che direttamente provoca la morte del feto, chiamato talvolta in modo inappropriato aborto «terapeutico», che non può mai essere lecito in quanto è l'uccisione diretta di un essere umano innocente; dall'altra parte un intervento in sé non abortivo che può avere, come conseguenza collaterale, la morte del figlio: «Se, per esempio, la salvezza della vita della futura madre, indipendentemente dal suo stato di gravidanza, richiedesse urgentemente un atto chirurgico, o altra applicazione terapeutica, che avrebbe come conseguenza accessoria, in nessun modo voluta né intesa, ma inevitabile, la morte del feto, un tale atto non potrebbe più dirsi un diretto attentato alla vita innocente. In queste condizioni l'operazione può essere considerata lecita, come altri simili interventi medici, sempre che si tratti di un bene di alto valore, qual è la vita, e non sia possibile di rimandarla dopo la nascita del bambino, né di ricorrere ad altro efficace rimedio» (Pio XII, Discorso al «Fronte della Famiglia» e all'Associazione Famiglie numerose, 27 novembre 1951).

Quanto alla responsabilità degli operatori sanitari, occorre ricordare le parole di Papa Giovanni Paolo II: «La loro professione li vuole custodi e servitori della vita umana. Nel contesto culturale e sociale odierno, nel quale la scienza e l'arte medica rischiano di smarrire la loro nativa dimensione etica, essi possono essere talvolta fortemente tentati di trasformarsi in artefici di manipolazione della vita o addirittura in operatori di morte. Di fronte a tale tentazione la loro responsabilità è oggi enormemente accresciuta e trova la sua ispirazione più profonda e il suo sostegno più forte proprio nell'intrinseca e imprescindibile dimensione etica della professione sanitaria, come già riconosceva l'antico e sempre attuale giuramento di Ippocrate, secondo il quale ad ogni medico è chiesto di impegnarsi per il rispetto assoluto della vita umana e della sua sacralità» (Enciclica Evangelium vitae, n. 89).



+PetaloNero+
00martedì 14 luglio 2009 16:26
INTERVENTO DELLA SANTA SEDE ALL’ECOSOC 2009

Pubblichiamo di seguito l’intervento che l’Arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni Specializzate a Ginevra, ha pronunciato il 9 luglio scorso davanti al Segmento di Alto Livello del Consiglio Economico Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC):


INTERVENTO DI S.E. MONS. SILVANO M. TOMASI

Madame President,

1. The international community is struggling to find solutions to the financial and economic crisis that greed and lack of ethical responsibility have brought about. While analysts debate the causes of the crisis, the social consequences of new poverty, loss of jobs, malnutrition and stifled development, all impact the most vulnerable groups of people and therefore call for effective and prompt answers. The Delegation of the Holy See appreciates the fact that the focus of attention is directed in this High-Level Segment, in a most timely manner, on "Current global and national trends and their impact on social development, including public health." The global economic crisis continues unabated. It is exacerbated by the emergence of a previously unknown influenza virus, A-H1N1 already recognized at pandemic proportion with a future impact that cannot be projected with much certainty, and by the global food security crisis that endangers the lives of millions of people, particularly the world’s poorest, many of whom already suffer from acute and chronic malnutrition. These examples show once again the link between poverty and health and the disproportionate burden on developing countries and even on the poor in the developed ones. Faced with such urgent global challenges, the future is mortgaged in a way that young people risk to inherit a severely compromised economic system, a society without cohesion, and a planet damaged in its sustainability as a home for the whole human family.

2. The Holy See Delegation notes with deep concern predictions by the World Bank that during 2009, an additional 53 to 65 million people will be trapped in extreme poverty and that the number of people chronically hungry will exceed one billion, 800 million of whom live in rural areas where public health is weakest and where innovative health care initiatives are urgent. We can reasonably conclude that significant numbers of those extremely poor and hungry people will be more at risk of contracting both communicable and chronic, non-communicable diseases. Moreover, if they are faced with cutbacks in international aid or if there is an increased number of people seeking care, the already fragile public health systems in developing countries will not be able to respond adequately to the health needs of their most vulnerable citizens. In addressing this problem, even more than an expression of solidarity, it is a matter of justice to overcome the temptation to reduce public services for a short-term benefit against the long-term human cost. In the same line, aid for development should be maintained and even increased as a critical factor in renewing the economy and leading us out of the crisis.

Madame President,

3. Another key obstacle to achieving the internationally articulated goals in public health is to address the inequalities that exist both between countries and within countries, and between racial and ethnic groups. Tragically, women continue in many regions to receive poorer quality health care. This situation is well known to people and institutions working on the ground. The Catholic Church sponsors 5,378 hospitals, 18,088 health clinics, 15,448 homes for the elderly and disabled, and other health care programmes throughout the world, but especially in the most isolated and marginalized areas and among people who rarely enjoy access to health care provided under national, provincial or district level governmental health schemes. In this regard, special attention is given to Africa, where the Catholic Church has pledged to continue to stand alongside the poorest people in this continent in order to uphold the inherent dignity of all persons.

4. There is an increasing recognition that a plurality of actors, in the respect of the principle of subsidiarity, contribute to the implementation of the human right to primary health care. Among the civil society organizations assuring health care within various national systems, the programmes sponsored by the Catholic Church and other faith-based organizations stand out as key stakeholders. WHO officials have acknowledged that such organizations "provide a substantial portion of care in developing countries, often reaching vulnerable populations living under adverse conditions."1 However, despite their excellent and documented record in the field of HIV service delivery and primary health care, faith-based organizations do not receive an equitable share of the resources designated to support global, national and local health initiatives.

5. The mere quantitative tracking of aid flows and the multiplication of global health initiatives alone may not be sufficient to assure "Health for All". Access to primary health care and affordable life-saving drugs is vital to improving global health and fostering a shared globalized response to the basic needs of all. In an increasingly interdependent world, even sickness and viruses have no boundaries, and therefore, greater global cooperation becomes not only a practical necessity, but more importantly, an ethical imperative of solidarity. However, we must be guided by the best healthcare tradition that respects and promotes the right to life from conception until natural death for all regardless of race, disability, nationality, religion, sex and socio-economic status. Failure to place the promotion of life at the center of health care decisions results in a society in which an individual’s absolute right to basic health care and life would be limited by the ability to pay, by the perceived quality of life and other subjective decisions which sacrifice life and health in exchange for short-term social, economic and political advantage.

6. In conclusion, Madame President, the Holy See Delegation wishes to call attention to the need for more than financial solutions to the challenges posed by the economic crisis to global efforts aimed at assuring universal access to health care. In his new encyclical Pope Benedict XVI states:

Economic activity cannot solve all social problems through the simple application of commercial logic. This needs to be directed towards the pursuit of the common good, for which the political community in particular must also take responsibility.2

An ethical approach to development is needed which implies a new model of global development centered on the human person rather than profit, and inclusive of the needs and aspirations of the entire human family.

___________________________________________________

1 DeCock. Kevin (2007), "Faith-based organizations play a major role in HIV/AIDS care and treatment in sub-Saharan Africa", as quoted in press release by the World Health Organisation, 9 February 2007, Washington, D.C.

2 Benedict XVI, Encyclical letter Caritas in veritate, n. 36.
+PetaloNero+
00mercoledì 15 luglio 2009 00:59
Intervento della Santa Sede al Consiglio economico e sociale dell'Onu
Spezzare il legame tra povertà e mancanza di salute



ROMA, martedì, 14 luglio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'intervento pronunciato il 9 luglio dall'Arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Ufficio delle Nazioni Unite e Istituzioni Specializzate a Ginevra, in occasione dello svolgimento del segmento ad alto livello-2009 del Consiglio economico e sociale dell'Onu (Ecosoc).

* * *

Signora Presidente,

1. La comunità internazionale si sta impegnando per trovare soluzioni alla crisi economica generata dall'avidità e dalla mancanza di responsabilità etica. Mentre gli analisti discutono sulle cause della crisi, le conseguenze sociali della nuova povertà, della perdita di posti di lavoro, della malnutrizione e dello sviluppo soffocato colpiscono i gruppi di persone più vulnerabili e quindi esigono risposte efficaci e immediate. La Delegazione della Santa Sede apprezza il fatto che l'attenzione di questo Segmento ad Alto Livello sia incentrata, in modo molto tempestivo, sulle «Tendenze globali e nazionali attuali e il loro impatto sullo sviluppo sociale, inclusa la salute pubblica». La crisi economica globale prosegue inesorabile. È esacerbata dall'emergere di un virus influenzale finora sconosciuto, l'a-h1n1, al quale è già stata riconosciuta la dimensione di pandemia, con un impatto futuro difficile da prevedere con certezza, e dalla crisi globale della sicurezza alimentare che mette in pericolo la vita di milioni di persone, specialmente le più povere del mondo, molte delle quali già soffrono di malnutrizione acuta e cronica. Questi esempi dimostrano ancora una volta il nesso tra povertà e salute e il fardello sproporzionato che grava sui Paesi in via di sviluppo e perfino sui poveri nei Paesi sviluppati. Dinanzi a queste sfide globali urgenti, il futuro è ipotecato al punto che i giovani rischiano di ereditare un sistema economico gravemente compromesso, una società priva di coesione e un pianeta leso nella sua sostenibilità come casa per l'intera famiglia umana.

2. La Delegazione della Santa Sede prende atto con profonda preoccupazione delle previsioni della Banca Mondiale secondo cui nel 2009 altri 53-65 milioni di persone saranno colpite da povertà estrema e che le persone cronicamente affamate supereranno il miliardo, di cui 800 milioni vivono in aree rurali, dove la sanità pubblica è più debole e dove urgono iniziative di assistenza sanitaria innovative. Possiamo ragionevolmente concludere che un numero significativo di queste persone estremamente povere e affamate sia più esposto al rischio di contrarre malattie sia contagiose, sia croniche non contagiose. Inoltre, se devono affrontare dei tagli negli aiuti internazionali o se aumenta il numero delle persone che chiedono assistenza, i sistemi sanitari pubblici, già fragili nei Paesi in via di sviluppo, non saranno in grado di rispondere in maniera adeguata alle esigenze sanitarie dei loro cittadini più vulnerabili. Nel far fronte a questi problemi, vincere la tentazione di ridurre i servizi pubblici per un beneficio a breve termine dinanzi al costo umano a lungo termine, più che un'espressione di solidarietà, è una questione di giustizia. Similmente, l'aiuto allo sviluppo deve essere mantenuto e perfino aumentato come fattore fondamentale per rinnovare l'economia e farci superare la crisi.

Signora Presidente,

3. Un altro ostacolo fondamentale alla realizzazione degli obiettivi articolati a livello internazionale nell'ambito della salute pubblica sono le disuguaglianze esistenti tra Paesi e al loro interno, e tra gruppi razziali ed etnici. Dolorosamente in molte regioni le donne continuano a ricevere un'assistenza sanitaria di qualità inferiore. Questa situazione è ben nota alle persone e alle istituzioni che operano sul campo. La Chiesa cattolica sostiene 5.378 ospedali, 18.088 cliniche, 15.448 case per anziani e disabili e altri programmi di assistenza sanitaria in tutto il mondo, ma soprattutto nelle aree più isolate ed emarginate e tra le persone che raramente hanno accesso all'assistenza sanitaria fornita attraverso programmi sanitari governativi a livello nazionale, provinciale o distrettuale. A tale proposito, particolare attenzione è rivolta all'Africa, dove la Chiesa cattolica si è impegnata a continuare a stare accanto ai più poveri del continente per sostenere la dignità inerente a ogni persona.

4. Si riconosce sempre più che molti attori, nel rispetto del principio di sussidiarietà, contribuiscono all'attuazione del diritto umano all'assistenza sanitaria primaria. Tra le organizzazioni della società civile che assicurano l'assistenza sanitaria all'interno dei diversi sistemi nazionali, i programmi sostenuti dalla Chiesa cattolica e da altre organizzazioni confessionali risaltano quali partecipanti-chiave. I funzionari dell'Oms hanno riconosciuto che queste organizzazioni «forniscono una parte sostanziale dell'assistenza nei Paesi in via di sviluppo, spesso raggiungendo popolazioni vulnerabili che vivono in condizioni avverse» (1). Tuttavia, nonostante i risultati eccellenti e documentati nel campo dei servizi offerti per l'hiv e dell'assistenza sanitaria di base, le organizzazioni confessionali non ricevono una parte equa delle risorse destinate al sostegno delle iniziative sanitarie globali, nazionali e locali.

5. La mera ricerca quantitativa dei flussi degli aiuti e il moltiplicarsi delle iniziative sanitarie globali da sole possono non bastare ad assicurare la «Salute per Tutti». L'accesso all'assistenza sanitaria primaria e ai medicinali salvavita a prezzi accettabili è fondamentale per migliorare la salute globale e promuovere una risposta globalizzata comune ai bisogni fondamentali di tutti. In un mondo sempre più interdipendente, anche le malattie e i virus non hanno confini, e quindi una maggiore cooperazione globale diventa non solo una necessità pratica ma, cosa ancora più importante, un imperativo etico di solidarietà. Tuttavia, dobbiamo essere guidati dalla migliore tradizione di assistenza sanitaria che rispetta e promuove il diritto alla vita dal concepimento fino alla morte naturale per tutti, a prescindere dalla razza, dalla disabilità, dalla nazionalità, dalla religione, dal sesso e dallo status socio-economico. Se non si pone la promozione della vita al centro delle decisioni relative all'assistenza sanitaria, allora si avrà una società in cui il diritto assoluto dell'individuo all'assistenza sanitaria di base e alla vita viene limitato dalla capacità di pagare, dalla qualità di vita percepita e da altre decisioni soggettive che sacrificano la vita e la salute per vantaggi sociali, economici e politici a breve termine.

6. In conclusione, Signora Presidente, la Delegazione della Santa Sede desidera richiamare l'attenzione sulla necessità di soluzioni che vadano oltre l'aspetto finanziario, alle sfide poste dalla crisi economica agli sforzi globali volti ad assicurare l'accesso di tutti all'assistenza sanitaria. Nella sua nuova enciclica Papa Benedetto xvi afferma:

«L'attività economica non può risolvere tutti i problemi sociali mediante la semplice estensione della logica mercantile. Questa va finalizzata al perseguimento del bene comune, di cui deve farsi carico anche e soprattutto la comunità politica» (2).

Occorre un approccio etico allo sviluppo, che implichi un nuovo modello di sviluppo globale incentrato sulla persona umana piuttosto che sul profitto, e che tenga conto dei bisogni e delle aspirazioni dell'intera famiglia umana.

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Note:

(1) DeCock, Kevin (2007), «Le organizzazioni confessionali svolgono un ruolo importante nella cura e nel trattamento dell'Hiv/Aids nell'Africa subsahariana», così come citato nel comunicato stampa dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, 9 febbraio 2007, Washington, d.c.

(2) Benedetto xvi, Lettera enciclica Caritas in veritate, n. 36.





[Traduzione del testo in inglese a cura de “L'Osservatore Romano”]
+PetaloNero+
00venerdì 17 luglio 2009 17:36
COMUNICATO: RIUNIONE DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DELLA FONDAZIONE AUTONOMA POPULORUM PROGRESSIO (PADERBORN, GERMANIA, 27-31 LUGLIO 2009)

Dal 27 al 31 luglio si terrà nell’Arcidiocesi di Paderborn (Germania), presso l’Accademia cattolica Schwerte, l'annuale riunione del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Populorum Progressio per deliberare il finanziamento di progetti in favore delle comunità indigene, meticcie ed afroamericane contadine dell'America Latina e del Caribe. Membri del Consiglio sono: il Card. Juan Sandoval Iñiguez, Arcivescovo di Guadalajara e Presidente, Edmundo Luís Abastoflor Montero, Arcivescovo di La Paz, Alberto Taveira Corrêa, Arcivescovo di Palmas, Antonio Arregui Yarza, Arcivescovo di Guayaquil, José Luis Astigarraga Lizarralde, Vicario Apostolico di Yurimaguas, e Mons. Segundo Tejado Muñoz, Rappresentante del Pontificio Consiglio Cor Unum. Sarà presente alla riunione Mons. Giovanni Battista Gandolfo, nuovo Presidente del Comitato della Conferenza Episcopale Italiana per gli interventi caritativi a favore del Terzo Mondo, principale sostenitore della Fondazione.

Tradizionalmente, le riunioni si tengono a rotazione nei paesi latinoamericani di provenienza dei Membri del Consiglio di Amministrazione. Avendo ormai completato il giro, si è ritenuto, anche al fine di dare visibilità in Europa all’opera che la Fondazione svolge, di tenere la riunione in Germania, paese di provenienza del Presidente della Fondazione, il Cardinale Paul Josef Cordes. Il 27 luglio si terrà una conferenza stampa in cui si presenterà il lavoro della Fondazione. Il giorno seguente, i Membri parteciperanno ad una solenne Eucaristia che aprirà i festeggiamenti per il Patrono dell’Arcidiocesi di Paderborn, San Liborio. Seguiranno tre giorni di lavoro ed una visita nella città di Neheim, luogo di nascita di Padre Franz Stock, eroe della fede, che ha dato la vita, dopo la seconda guerra mondiale, per rinsaldare legami tra Francia e Germania.

La Fondazione, con l’aiuto e le offerte di benefattori di tutto il mondo, offre un finanziamento a progetti che si concentrano sulla formazione integrale della persona. La presenza di Presuli latinoamericani nel Consiglio garantisce da un lato la conoscenza concreta e capillare dei problemi e dall’altro l’applicazione del principio ecclesiale dello sviluppo integrale dell’uomo, che non mira soltanto a soddisfarne i bisogni materiali ma che guarda soprattutto alla sua dimensione spirituale, "Va tuttavia sottolineato come non sia sufficiente progredire solo da un punto di vista economico e tecnologico. Bisogna che lo sviluppo sia anzitutto vero e integrale." (Caritas in veritate n. 23).

Quest’anno sono stati presentati 231 progetti, dislocati in 20 Paesi. Essi riguardano diversi settori: produttivo (strumenti agricoli, produzione e commercializzazione), sanitario, formazione professionale, realizzazione di centri comunitari, educazione scolastica, avviamento di attività agricole, ecc.

Tra i Paesi che hanno presentato un maggior numero di progetti vi sono: Colombia (52), Brasile (45), Perù (32), Ecuador (17). Seguono Bolivia (12), El Salvador (12), Haiti (11), Messico (9), Guatemala (7), Argentina (6), Cile (6), Costa Rica (5), Nicaragua (3), Repubblica Dominicana (3), Venezuela (3), Cuba (2), Honduras (2), Paraguay (2), Panamà (1), Uruguay (1).


+PetaloNero+
00giovedì 23 luglio 2009 01:36
Intervento della Santa Sede al Consiglio Economico e Sociale dell'Onu


CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 22 luglio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l'intervento pronunciato il 20 luglio dall'Arcivescovo Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Ufficio delle Nazioni Unite ed Istituzioni Specializzate a Ginevra, al Segmento per gli Affari Umanitari del Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite.

* * *

Signora Presidente,

1. I disastri naturali e quelli causati dall'uomo colpiscono milioni di persone ogni anno e nessuna regione del mondo ne è esente. In particolare, i conflitti armati cronici hanno devastato le società in diverse parti del mondo, con innumerevoli vittime civili. La Santa Sede, pertanto, accoglie il presente dialogo umanitario come un'opportunità per evidenziare ancora una volta le continue sfide e l'esigenza di una risposta globalizzata efficace e coerente, guidata da direttive politiche come sono la solidarietà e la promozione della dignità di tutti. In tal modo, il diritto delle persone, delle loro famiglie e delle loro comunità all'assistenza umanitaria, e quello di quanti forniscono tale assistenza a raggiungere senza impedimenti queste persone bisognose di attenzioni sociali, fisiche e spirituali di base, acquisisce un solido fondamento e una motivazione all'azione. Sebbene, per esempio, nel 2008 si sia assistito a una diminuzione del numero dei rifugiati, oltre 10 milioni di uomini, donne e bambini vivono ancora in campi profughi e 26 milioni continuano a essere internamente sfollati a causa di conflitti passati e recenti, di mancanza di sicurezza e di persecuzione. I richiedenti asilo, i migranti irregolari, le persone sradicate che cercano di sopravvivere e le vittime dei disastri naturali e dei cambiamenti climatici sono confinati in centinaia di centri di detenzione e in campi improvvisati. Pur lontane dai riflettori dei media, queste situazioni insostenibili danno libero corso a un incommensurabile dolore fisico, mentale, emotivo e spirituale e portano alla lacerazione del tessuto sociale, e alla distruzione delle famiglie e delle comunità, compromettendo la riconciliazione e minacciando la vita di migliaia di civili innocenti.

2. La responsabilità principale di proteggere la vita dei civili spetta anzitutto alle autorità nazionali e alle parti coinvolte nel conflitto armato. Mentre la comunità internazionale cerca di prevenire lo scoppio di conflitti, è imprescindibile che tutte le parti riconoscano la propria responsabilità di proteggere la vita dei civili nelle aree sotto la loro giurisdizione o sotto il loro controllo, e adempiano e rispettino pienamente le norme e i principi del diritto umanitario internazionale, tra cui quelle riguardanti la protezione del personale umanitario e la possibilità di raggiungere senza impedimenti le persone bisognose. Inoltre, nelle aree colpite da disastri naturali, gli Stati devono adoperarsi per promuovere e permettere l'accesso a misure atte a salvare la vita, senza usarle per un controllo politico o per ottenere una garanzia politica d'impunità per violazione dei diritti umani. Il bene comune dovrebbe essere il principio guida e il diritto umanitario internazionale dovrebbe essere attuato in ogni circostanza e senza condizione alcuna.

3. Allo stesso tempo, la comunità internazionale rimane un attore fondamentale e indispensabile nell'assistere le autorità nazionali nel rispondere alle crisi e, laddove queste non sono in grado di farlo, è chiamata a fornire accesso agli attori regionali e internazionali che operano nelle emergenze e salvano le vite. Naturalmente, nel coordinare questa risposta internazionalizzata, la posizione delle Nazioni Unite conferisce loro un ruolo unico, con responsabilità uniche nel promuovere il coordinamento e la coerenza per un'azione efficace e una gestione responsabile delle risorse disponibili, preservando allo stesso tempo i principi umanitari fondamentali della neutralità, dell'imparzialità e dell'umanità. Inoltre, rispettando la sussidiarietà e l'abilità dei gruppi e degli individui locali, questo coordinamento può identificare meglio e mettere in atto una strategia umanitaria che raggiunga le persone più bisognose. Sono queste organizzazioni locali, spesso confessionali, presenti nel territorio già prima che si verifichi il disastro, che continueranno ad essere presenti anche molto dopo che la comunità internazionale avrà rivolto la sua attenzione ad altre crisi. La Delegazione della Santa Sede, pertanto, sottolinea il ruolo fondamentale della società civile nelle situazioni di emergenza e l'esigenza di adottare politiche in un modo che ne riconosca il contributo a lungo termine e abiliti la loro capacità di rispondere ai bisogni di tutti.

4. Nuove e vecchie sfide hanno minato la capacità e l'efficacia degli attori umanitari di rispondere e fornire assistenza a milioni di vittime. La crisi alimentare ha portato a una diminuzione della distribuzione di cibo nelle aree colpite da carestia, nei campi profughi e nei centri di detenzione; le crisi energetiche hanno aumentato in modo drastico il costo per portare aiuto nei luoghi distanti; e ora, la crisi economica globale rischia di ridurre i finanziamenti alla società pubblica e civile, alle agenzie e alle organizzazioni umanitarie. La Santa Sede constata con piacere che molti Stati continuano ad assumersi con generosità la responsabilità di fornire assistenza, nonostante la crisi economica. Il venire meno della solidarietà e l'incapacità di provvedere alle persone nelle crisi umanitarie in questo tempo difficile porteranno solo a un'instabilità sociale e politica che minerà la società e la sua capacità di riunirsi e di risolvere la crisi economica.

Signora Presidente,

5. La mia Delegazione, inoltre, invita le autorità nazionali e i gruppi coinvolti nei conflitti armati a rispettare le norme del diritto umanitario internazionale, specialmente le pertinenti Convenzioni di Ginevra e i suoi protocolli opzionali. Le continue violenze sessuali perpetrate contro donne e ragazze dentro e intorno ai campi profughi violano ogni principio del diritto internazionale e portano alla devastazione emotiva, fisica e mentale di queste donne, che non può essere giustificata in nessuna circostanza. Inoltre, occorre compiere sforzi maggiori per raggiungere e assistere i prigionieri di guerra e le altre persone che sperimentano diverse forme di detenzione. La privazione della libertà, del diritto al lavoro, al ricongiungimento familiare, all'educazione e allo sviluppo personale, tra altri diritti umani, non possono essere semplicemente ignorati nelle emergenze. I campi e i centri di detenzione devono essere soluzioni temporanee e luoghi in cui l'accesso sia aperto e la dignità delle persone rimanga una priorità. Con la cooperazione di tutti gli attori, la comunità umanitaria internazionale conserverà la libertà di agire conformemente ai suoi mandati e ai suoi principi, che non devono essere compromessi dall'ingerenza dei governi.

6. La Santa Sede continua a impegnarsi per far fronte ai bisogni di tutte le persone colpite dalle crisi umanitarie e causate dall'uomo, indipendentemente dall'etnia e dal credo religioso. Attraverso le sue numerose istituzioni, continua a essere profondamente coinvolta in una assistenza umanitaria imparziale e non vede l'ora di condividere le sue iniziative migliori e le sue idee con altri partecipanti. I principi guida d'assistenza nei disastri sia naturali sia causati dall'uomo devono essere attuati, ma prima di tutto dobbiamo mettere al centro di ogni nostro intervento la persona e i suoi bisogni materiali, psicologici e spirituali.

[Traduzione del testo in inglese a cura de “L'Osservatore Romano”]
+PetaloNero+
00venerdì 14 agosto 2009 15:25
Lettera del cardinale Hummes ai diaconi permanenti


Il cardinale Cláudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero, ha inviato lo scorso 10 agosto, nel giorno della Festa di San Lorenzo, una lettera ai diaconi permanenti. Sempre di più – si legge nel documento – la Chiesa scopre “l’inestimabile ricchezza” del diaconato. Nella lettera il cardinale ringrazia anche le spose e i figli dei diaconi per “l’appoggio e la multiforme collaborazione”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

La missione dei diaconi si fonda sulla Parola e sulla Carità: “conoscere la Rivelazione”, “aderire incondizionatamente a Gesù Cristo” è ciò che ci si aspetta da un diacono permanente. La meditazione – scrive il cardinale Cláudio Hummes – è una via oggi “sempre più percorsa e consigliata per capire, fare propria la Parola di Dio”. Allo stesso tempo - aggiunge – “la formazione intellettuale, teologica e pastorale è una sfida che dura tutta la vita”. L’altra riflessione riguarda il ministero della Carità: il diaconato - sottolinea il cardinale - ha le sue radici “nell’organizzazione ecclesiale della carità, nella Chiesa primitiva”. Il modello indicato dal cardinale Hummes è San Lorenzo, diacono e martire. Nel III secolo, periodo di grandi persecuzioni anticristiane, San Lorenzo indica nei poveri la ricchezza per la Chiesa. Assisteva con grande generosità i poveri e questo esempio – spiega il prefetto della Congregazione per il Clero – è “ancora attuale per i diaconi permanenti”. I diaconi – sottolinea il porporato – “si identificano in modo molto speciale con la carità”. “I poveri – scrive infine il cardinale Hummes - sono uno dei loro ambienti quotidiani e oggetto della loro sollecitudine instancabile”. “Non si capirebbe un diacono - conclude - che non si coinvolgesse in prima persona nella carità e nella solidarietà verso i poveri che oggi di nuovo si moltiplicano”.


Radio Vaticana
+PetaloNero+
00mercoledì 19 agosto 2009 00:04
Lettera ai Diaconi permanenti del Cardinale Hummes


CITTA' DEL VATICANO, martedì, 18 agosto 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo della Lettera ai Diaconi permanenti indirizzata dal Cardinale Cláudio Hummes, Prefetto della Congregazione per il Clero.

* * *

Cari Diaconi permanenti,

Sempre di più la Chiesa scopre l’inestimabile ricchezza del diaconato permanente. Quando i Vescovi vengono alla Congregazione per il Clero, in occasione delle visita ad limina”, il tema del diaconato, tra gli altri, viene di solito commentato e i Prelati sono generalmente assai contenti e pieni di speranza riguardo a voi, Diaconi permanenti. Ciò colma noi tutti di gioia. La Chiesa vi ringrazia e riconosce la vostra dedizione e il vostro qualificato lavoro ministeriale. Al contempo, vuole incoraggiarvi sulla strada della santificazione personale, della vita di preghiera e della spiritualità diaconale. A voi si può egualmente applicare ciò che il Papa ha detto ai Sacerdoti, per l’Anno Sacerdotale, ossia: bisogna “favorire questa tensione dei Sacerdoti verso la perfezione spirituale, dalla quale soprattutto dipende l’efficacia del loro ministero” (disc. del 16.3.09).

Oggi, nella festa di san Lorenzo, diacono e martire, vorrei invitarvi a due riflessioni. Una sul vostro ministero della Parola e l’altra sul vostro ministero della Carità.

Ricordiamo ancora con gratitudine il Sinodo sulla Parola di Dio, celebrato l’ottobre dell’anno scorso. Noi, ministri ordinati, abbiamo ricevuto dal Signore, attraverso la mediazione della Chiesa, l’incarico di predicare la Parola di Dio sino ai confini della terra, annunciando la persona di Gesù Cristo, morto e risorto, la Sua parola e il Suo Regno, ad ogni creatura. Questa Parola, come afferma il Messaggio finale del Sinodo, ha una Sua voce, la Rivelazione, un Suo volto, Gesù Cristo, e una Sua strada, la Missione. Conoscere la Rivelazione, aderire incondizionatamente a Gesù Cristo, come un discepolo affascinato ed innamorato, partire da Gesù e con Lui per la Missione, ecco ciò che ci si aspetta, decisamente e in un modo del tutto senza riserve, da un Diacono permanente. Dal buon discepolo nasce il buon missionario.

Il ministero della Parola, che, in modo speciale per i Diaconi, ha in santo Stefano, diacono e martire, un grande modello, richiede dai ministri ordinati un sforzo costante per studiarLa e farLa propria, nello stesso tempo in cui La si proclama agli altri. La meditazione, al modo della “lectio divina”, ossia, di lettura orante, è una via oggi sempre più percorsa e consigliata per capire, fare propria e vivere la Parola di Dio. Allo stesso tempo, la formazione intellettuale, teologica e pastorale è una sfida che dura tutta la vita. Un qualificato e aggiornato ministero della Parola dipende molto da questa formazione approfondita.

Siamo anche in attesa, in un futuro prossimo, del documento del Santo Padre sulle conclusioni del citato Sinodo. Esso dovrà essere accolto con apertura di cuore e con un impegno successivo di approfondimento.

La seconda riflessione riguarda il ministero della Carità, prendendo come grande modello san Lorenzo, diacono e martire. Il diaconato ha le sue radici nell’organizzazione ecclesiale della carità, nella Chiesa primitiva. A Roma, nel sec. III, periodo delle grandi persecuzioni dei cristiani, appare la figura straordinaria di san Lorenzo, arcidiacono del Papa san Sisto II e suo fiduciario nell’amministrazione dei beni della comunità. Di san Lorenzo dice il nostro amato Papa Benedetto XVI: “La sua sollecitudine per i poveri, il generoso servizio che rese alla Chiesa di Roma nel settore dell’assistenza e della carità, la fedeltà al Papa, da lui spinta al punto di volerlo seguire nella prova suprema del martirio e l’eroica testimonianza del sangue, resa solo pochi giorni dopo, sono fatti universalmente noti” (omelia nella Basilica di san Lorenzo, il 30.11.08). Di san Lorenzo è nota anche l’affermazione: “La ricchezza della Chiesa sono i poveri”. Ad essi egli assisteva con grande generosità. Ecco un esempio ancora attuale per i Diaconi permanenti. I poveri li dobbiamo amare in modo preferenziale, come Gesù Cristo. Essere solidali con loro. Cercare di costruire una società giusta, fraterna, pacifica. La recente lettera enciclica di Benedetto XVI, “Caritas in Veritate” (La carità nella verità), sia la nostra guida aggiornata. In tale enciclica il Santo Padre afferma come fondamentale principio: “La carità è la via maestra della dottrina sociale della Chiesa” (n.2). I Diaconi s’identificano in modo molto speciale con la carità. I poveri sono uno dei loro ambienti quotidiani e oggetto della loro sollecitudine instancabile. Non si capirebbe un Diacono che non si coinvolgesse in prima persona nella carità e nella solidarietà verso i poveri, che oggi di nuovo si moltiplicano.

Carissimi Diaconi permanenti, Dio vi benedica con tutto il suo amore e vi faccia felici nella vostra vocazione e missione! Alle spose e ai figli di coloro che, tra voi, sono sposati, saluto con rispetto e ammirazione. A loro la Chiesa ringrazia per l’appoggio e per la multiforme collaborazione che prestano ai rispettivi sposi e padri nel ministero diaconale. Inoltre, l’Anno Sacerdotale ci invita a manifestare il nostro apprezzamento ai carissimi preti e a pregare con loro e per loro!



Vaticano, 10 agosto 2009 (festa di san Lorenzo, diacono e martire).

Cardinale Cláudio Hummes

Arcivescovo Emerito di São Paulo

Prefetto della Congregazione per il Clero
Paparatzifan
00venerdì 21 agosto 2009 13:27
Dal blog di Lella...


COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE: DICHIARAZIONE DEL MEDICO PERSONALE DEL SANTO PADRE, DOTT. PATRIZIO POLISCA, CIRCA LA RIMOZIONE DEL TUTORE GESSATO , 21.08.2009

Città del Vaticano, 21 agosto 2009

Sua Santità Benedetto XVI, stamane, nell’ambulatorio medico del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, appositamente attrezzato, è stato sottoposto a rimozione dell’apparecchio gessato e dei mezzi di sintesi già applicati il 17 luglio scorso presso l’ospedale di Aosta in seguito alla frattura del polso destro.
È stata effettuata una radiografa di controllo che ha evidenziato la consolidazione della frattura.
Il risultato finale nel suo complesso può definirsi ottimale.
Il recupero funzionale, immediatamente iniziato, sarà completato mediante un adeguato programma riabilitativo.

Dott. Patrizio Polisca


GRANDE PAPAAAAA!!!!! BACETTI DA PARTE DI TUTTO IL FORUM!!!!!

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+PetaloNero+
00mercoledì 2 settembre 2009 00:45
Non c'è contrapposizione tra la Santa Sede e la CEI
Dichiarazione del direttore della Sala Stampa della Santa Sede



CITTA' DEL VATICANO, martedì, 1 settembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo la dichiarazione rilasciata questo martedì dal direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, S.I.

* * *

Confermo che il cardinale segretario di Stato ha parlato con il dottor Boffo manifestandogli la sua vicinanza e solidarietà.

È chiaro che vi è accordo tra la Santa Sede e la Chiesa in Italia, nel rispetto delle rispettive competenze, ed essendovi frequente contatto e profonda conoscenza e stima fra il cardinale segretario di Stato e il presidente della Conferenza episcopale. Pertanto i tentativi di contrapporre la Segreteria di Stato e la Conferenza episcopale non hanno consistenza.

Non vi è motivo di stupirsi peraltro se vi sono differenze di approccio fra i media vaticani e quelli del mondo cattolico italiano quanto ai temi e ai dibattiti in corso nella società e nella politica italiana, date le differenti finalità e attenzioni prioritarie di tali media, ed è ovvio che i media vaticani facciano riferimento alle posizioni degli episcopati dei diversi Paesi.

+PetaloNero+
00martedì 8 settembre 2009 16:01
AVVISO DELL’UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE


RITI DI BEATIFICAZIONE APPROVATI DAL SANTO PADRE


L’Ufficio della Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice comunica che nel prossimo periodo avranno luogo i seguenti riti di Beatificazione:

- Eustachio (Joseph) Kugler, religioso dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio ("Fate Bene Fratelli"):

Domenica 4 ottobre 2009, XXVII "per annum", alle ore 14, nella Cattedrale di Regensburg (Repubblica Federale di Germania);

- Ciriaco Maria Sancha y Hervás, Vescovo e Cardinale, Fondatore dell’Istituto delle Religiose di Carità del Cardinale Sancha:

Domenica 18 ottobre 2009, XXIX "per annum", alle ore 10, nella Cattedrale di Toledo (Spagna);

- Carlo Gnocchi, sacerdote, fondatore dell’Opera Pro Iuventute:

Domenica 25 ottobre 2009, I dopo la Dedicazione (del Rito Ambrosiano), alle ore 10, nella Piazza del Duomo di Milano (Italia);

- Zoltán Lajos Meszlényi, Vescovo e martire:

sabato 31 ottobre 2009, alle ore 10.30, nella Cattedrale di Esztergom (Ungheria);

- Maria Alfonsina Danil Ghattas (Maria Soultaneh), Confondatrice della Congregazione delle Suore Domenicane del Santissimo Rosario di Gerusalemme:

Domenica 22 novembre 2009, solennità di nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, alle ore 10.30, nella Basilica dell’Annunciazione di Nazareth (Israele).
+PetaloNero+
00mercoledì 9 settembre 2009 00:56
Lettera vaticana sull'insegnamento della religione nella scuola
Della Congregazione per l'Educazione Cattolica



CITTA' DEL VATICANO, martedì, 8 settembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la lettera circolare sull'insegnamento della religione nella scuola inviata dalla Congregazione vaticana per l'Educazione Cattolica ai Presidenti delle Conferenze episcopali e datata 5 maggio 2009.

* * *

Eminenza/Eccellenza Reverendissima,

la natura e il ruolo dell’insegnamento della religione nella scuola è divenuto oggetto di dibattito e in alcuni casi di nuove regolamentazioni civili, che tendono a sostituirlo con un insegnamento del fatto religioso di natura multiconfessionale o di etica e cultura religiosa, anche in contrasto con le scelte e l’indirizzo educativo che i genitori e la Chiesa intendono dare alla formazione delle nuove generazioni.

Pertanto, con la presente Lettera Circolare, indirizzata ai Presidenti delle Conferenze Episcopali, questa Congregazione per l’Educazione Cattolica, ritiene necessario richiamare alcuni principi, che sono approfonditi nell’insegnamento della Chiesa, a chiarificazione e norma circa il ruolo della scuola nella formazione cattolica delle nuove generazioni; la natura e l’identità della scuola cattolica; l’insegnamento della religione nella scuola; la libertà di scelta della scuola e dell’insegnamento religioso confessionale.

I. Il ruolo della scuola nella formazione cattolica delle nuove generazioni

1. L’educazione si presenta oggi come un compito complesso, sfidata da rapidi mutamenti sociali, economici e culturali. La sua missione specifica rimane la formazione integrale della persona umana. Ai fanciulli e ai giovani va garantita la possibilità di sviluppare armonicamente le proprie doti fisiche, morali, intellettuali e spirituali; ed essi vanno anche aiutati a perfezionare il senso di responsabilità, ad imparare il retto uso della libertà, e a partecipare attivamente alla vita sociale (cfr c. 795 Codice di Diritto Canonico [CIC]; c. 629 Codice dei Canoni delle Chiese Orientali [CCEO]). Un insegnamento che disconoscesse o emarginasse la dimensione morale e religiosa della persona costituirebbe un ostacolo per un’educazione completa, perché «i fanciulli e i giovani hanno il diritto di essere aiutati sia a valutare con retta coscienza e ad accettare con adesione personale i valori morali, sia a conoscere e ad amare Dio più perfettamente». Perciò, il Concilio Vaticano II ha chiesto e raccomandato «a quanti governano i popoli o presiedono all’educazione di preoccuparsi perché mai la gioventù venga privata di questo sacro diritto» (Dichiarazione Gravissimum educationis [GE ],1).

2. Una tale educazione richiede il contributo di molti soggetti educativi. I genitori, poiché hanno trasmesso la vita ai figli, sono i primi e principali educatori (cfr GE 3; Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Familiaris consortio [FC], 22 novembre 1981, 36; c. 793 CIC; c. 627 CCEO). Per tale ragione, spetta ai genitori cattolici, curare l’educazione cristiana dei loro figli (c. 226 CIC; c. 627 CCEO). In questo compito primario i genitori hanno bisogno dell’aiuto sussidiario della società civile e d’altre istituzioni, infatti: «la famiglia è la prima, ma non l’unica ed esclusiva comunità educante» (FC 40; cfr GE 3).

3. «Tra tutti gli strumenti educativi, un’importanza particolare riveste la scuola» (GE 5), che è «di precipuo aiuto ai genitori nell’adempiere la loro funzione educativa» (c. 796 §1 CIC), particolarmente per favorire la trasmissione della cultura e l’educazione al vivere insieme. In questi ambiti, in conformità anche alla legislazione internazionale e ai diritti dell’uomo, «deve essere assolutamente assicurato il diritto dei genitori alla scelta di un’educazione conforme alla loro fede religiosa» (FC 40). I genitori cattolici «affidino i figli a quelle scuole nelle quali si provvede all’educazione cattolica» (c. 798 CIC) e, quando ciò non è possibile, devono supplirne la mancanza (cfr ibidem).

4. Il Concilio Vaticano II ricorda «il grave dovere, che incombe sui genitori, di tutto predisporre o anche di esigere», perché i loro figli possano ricevere un’educazione morale e religiosa «e in armonia con la formazione profana progrediscano in quella cristiana. Perciò la Chiesa loda quelle autorità e società civili che, tenendo conto del pluralismo esistente nella società moderna e garantendo la giusta libertà religiosa, aiutano le famiglie perché l’educazione dei loro figli possa aver luogo in tutte le scuole secondo i principi morali e religiosi propri di quelle stesse famiglie» (GE 7).

In sintesi:

- L’educazione si presenta oggi come compito complesso, vasto ed urgente. La complessità odierna rischia di far perdere l’essenziale, cioè la formazione della persona umana nella sua integralità, in particolare per quanto riguarda la dimensione religiosa e spirituale.

- L’opera educativa pur compiuta da più soggetti ha nei genitori i primi responsabili dell’educazione.

- Tale responsabilità si esercita anche nel diritto di scegliere la scuola che garantisca una educazione conforme ai propri principi religiosi e morali.

II. Natura e identità della scuola cattolica: diritto ad un’educazione cattolica per le famiglie e per gli alunni. Sussidiarietà e collaborazione educativa

5. Nell’educazione e nella formazione un ruolo particolare riveste la scuola cattolica. Nel servizio educativo scolastico si sono distinte e continuano a dedicarsi lodevolmente molte comunità e congregazioni religiose, ma tutta la comunità cristiana e, in particolare, l’Ordinario diocesano hanno la responsabilità di «disporre ogni cosa, perché tutti i fedeli possano fruire dell’educazione cattolica» (c. 794 §2 CIC) e, più precisamente, per avere «scuole nelle quali venga trasmessa un’educazione impregnata di spirito cristiano» (c. 802 CIC; cfr c. 635 CCEO).

6. Una scuola cattolica si caratterizza dal vincolo istituzionale che mantiene con la gerarchia della Chiesa, la quale garantisce che l’insegnamento e l’educazione siano fondati sui principi della fede cattolica e impartiti da maestri di dottrina retta e vita onesta (cfr c. 803 CIC; cc. 632 e 639 CCEO). In questi centri educativi, aperti a tutti coloro i quali ne condividano e rispettino il progetto educativo, deve essere raggiunto un ambiente scolastico permeato dello spirito evangelico di libertà e carità, che favorisca uno sviluppo armonico della personalità di ciascuno. In quest’ambiente viene coordinato l’insieme della cultura umana con il messaggio della salvezza, di modo che la conoscenza del mondo, della vita, dell’uomo, che gli alunni via via acquistano, sia illuminata dal Vangelo (cfr GE 8; c. 634 §1 CCEO).

7. In questo modo, è assicurato il diritto delle famiglie e degli alunni ad un’educazione autenticamente cattolica e, allo stesso tempo, si attuano gli altri fini culturali e di formazione umana e accademica dei giovani, che sono propri di qualsiasi scuola (cfr c. 634 §3 CCEO; c. 806 §2 CIC).

8. Pur sapendo quanto ciò oggi sia problematico è auspicabile che, per la formazione della persona, esista una grande sintonia educativa fra scuola e famiglia, così da evitare tensioni o fratture nel progetto educativo. È quindi necessario che esista una stretta e attiva collaborazione fra genitori, insegnanti e dirigenti delle scuole, ed è opportuno incoraggiare gli strumenti di partecipazione dei genitori nella vita scolastica: associazioni, riunioni, ecc. (cfr. c. 796 §2 CIC; c. 639 CCEO).

9. La libertà dei genitori, delle associazioni e istituzioni intermedie e della stessa gerarchia della Chiesa di promuovere scuole d’identità cattolica costituiscono un esercizio del principio di sussidiarietà. Questo principio esclude «ogni forma di monopolio scolastico, che contraddice ai diritti naturali della persona umana e anche allo sviluppo e alla divulgazione della cultura, alla pacifica convivenza dei cittadini, nonché a quel pluralismo, quale oggi esiste in moltissime società» (GE 6).

In sintesi:

- La scuola cattolica è vero e proprio soggetto ecclesiale in ragione della sua azione scolastica, in cui si fondano in armonia la fede, la cultura e la vita.

- Essa è aperta a tutti coloro che ne vogliano condividere il progetto educativo ispirato dai principi cristiani.

- La scuola cattolica è espressione della comunità ecclesiale e la sua cattolicità è garantita dalle competenti autorità (Ordinario del luogo).

- Assicura la libertà di scelta dei genitori cattolici ed è espressione di pluralismo scolastico.

- Il principio di sussidiarietà regola la collaborazione tra la famiglia e le varie istituzioni deputate all’educazione.

III. L’insegnamento della religione nella scuola

a) Natura e finalità

10. L’insegnamento della religione nella scuola costituisce un’esigenza della concezione antropologica aperta alla dimensione trascendente dell’essere umano: è un aspetto del diritto all’educazione (cfr c. 799 CIC). Senza questa materia, gli alunni sarebbero privati di un elemento essenziale per la loro formazione e per il loro sviluppo personale, che li aiuta a raggiungere un’armonia vitale fra fede e cultura. La formazione morale e l’educazione religiosa favoriscono anche lo sviluppo della responsabilità personale e sociale e le altre virtù civiche, e costituiscono dunque un rilevante contributo al bene comune della società.

11. In questo settore, in una società pluralista, il diritto alla libertà religiosa esige sia l’assicurazione della presenza dell’insegnamento della religione nella scuola, sia la garanzia che tale insegnamento sia conforme alle convinzioni dei genitori. Il Concilio Vaticano II ricorda: «[Ai genitori] spetta pure il diritto di determinare la forma di educazione religiosa da impartirsi ai propri figli secondo la propria persuasione religiosa (...). I diritti dei genitori sono violati se i figli sono costretti a frequentare lezioni scolastiche che non corrispondono alla persuasione religiosa dei genitori o se viene imposta un’unica forma di educazione dalla quale sia completamente esclusa la formazione religiosa» (Dichiarazione Dignitatis humanae [DH] 5; cfr c. 799 CIC; Santa Sede, Carta dei diritti della famiglia, 24 novembre 1983, art. 5, c-d). Questa affermazione trova riscontro nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (art. 26) e in molte altre dichiarazioni e convenzioni della comunità internazionale.

12. La marginalizzazione dell’insegnamento della religione nella scuola equivale, almeno in pratica, ad assumere una posizione ideologica che può indurre all’errore o produrre un danno agli alunni. Inoltre, si potrebbe anche creare confusione o generare relativismo o indifferentismo religioso se l’insegnamento della religione fosse limitato ad un’esposizione delle diverse religioni, in un modo comparativo e “neutro”. A questo riguardo, Giovanni Paolo II spiegava: «La questione dell’educazione cattolica comprende (...) l’insegnamento religioso nell’ambito più generale della scuola, sia essa cattolica oppure statale. A tale insegnamento hanno diritto le famiglie dei credenti, le quali debbono avere la garanzia che la scuola pubblica – proprio perché aperta a tutti – non solo non ponga in pericolo la fede dei loro figli, ma anzi completi, con adeguato insegnamento religioso, la loro formazione integrale. Questo principio va inquadrato nel concetto della libertà religiosa e dello Stato veramente democratico che, in quanto tale, cioè nel rispetto della sua più profonda e vera natura, si pone al servizio dei cittadini, di tutti i cittadini, nel rispetto dei loro diritti e delle loro convinzioni religiose» (Discorso ai Cardinali e ai collaboratori della Curia Romana, 28 giugno1984).

13. Con questi presupposti, si comprende che l’insegnamento della religione cattolica ha una sua specificità riguardo alle altre materie scolastiche. In effetti, come spiega il Concilio Vaticano II: «il potere civile, il cui fine proprio è di attuare il bene comune temporale, deve certamente riconoscere la vita religiosa dei cittadini e favorirla; ma dobbiamo affermare che esce dai limiti della sua competenza se presumesse di dirigere o di impedire gli atti religiosi» (DH 3). Per questi motivi spetta alla Chiesa stabilire i contenuti autentici dell’insegnamento della religione cattolica nella scuola, che garantisce, di fronte ai genitori e agli stessi alunni l’autenticità dell’insegnamento che si trasmette come cattolico.

14. La Chiesa riconosce questo compito come suo ratione materiae e lo rivendica come di propria competenza, indipendentemente della natura della scuola (statale o non statale, cattolica o non cattolica) in cui è impartita. Perciò: «all’autorità della Chiesa è sottoposta l’istruzione e l’educazione religiosa cattolica che viene impartita in qualunque scuola (...); spetta alla Conferenza Episcopale emanare norme generali su questo campo d’azione, e spetta al Vescovo diocesano regolarlo e vigilare su di esso» (c. 804 §1 CIC; cfr, inoltre, c. 636 CCEO).

b) L’insegnamento della religione nella scuola cattolica

15. L’insegnamento della religione nelle scuole cattoliche identifica il loro progetto educativo, infatti, «il carattere proprio e la ragione profonda della scuola cattolica, per cui appunto i genitori cattolici dovrebbero preferirla, consistono precisamente nella qualità dell’insegnamento religioso integrato nell’educazione degli alunni» (Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Catechesi tradendae, 16 ottobre 1979, 69).

16. Anche nelle scuole cattoliche, va rispettata, come altrove, la libertà religiosa degli alunni non cattolici e dei loro genitori. Questo non impedisce, com’è chiaro, il diritto-dovere della Chiesa «di insegnare e di testimoniare pubblicamente la propria fede a voce e per iscritto», tenendo conto che «nel diffondere la fede religiosa e nell’introdurre usanze ci si deve sempre astenere da ogni genere d’azione che sembri una coercizione o una sollecitazione disonesta o scorretta» (DH 4).

c) Insegnamento della religione cattolica sotto il profilo culturale e rapporto con la catechesi

17. L’insegnamento scolastico della religione s’inquadra nella missione evangelizzatrice della Chiesa. È differente e complementare alla catechesi in parrocchia e ad altre attività, quale l’educazione cristiana familiare o le iniziative di formazione permanente dei fedeli. Oltre al diverso ambito in cui ognuna è impartita, sono differenti le finalità che si prefiggono: la catechesi si propone di promuovere l’adesione personale a Cristo e la maturazione della vita cristiana nei suoi diversi aspetti (cfr Congregazione per il Clero, Direttorio generale per la catechesi [DGC], 15 agosto1997, nn. 80-87); l’insegnamento scolastico della religione trasmette agli alunni le conoscenze sull’identità del cristianesimo e della vita cristiana. Inoltre, il Papa Benedetto XVI, parlando agli insegnanti di religione, ha indicato l’esigenza «di allargare gli spazi della nostra razionalità, riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene, coniugare tra loro la teologia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca autonomia, ma anche nella consapevolezza della loro intrinseca unità che le tiene insieme. La dimensione religiosa, infatti, è intrinseca al fatto culturale, concorre alla formazione globale della persona e permette di trasformare la conoscenza in sapienza di vita». A tal fine concorre l’insegnamento della religione cattolica, con il quale «la scuola e la società si arricchiscono di veri laboratori di cultura e di umanità, nei quali, decifrando l’apporto significativo del cristianesimo, si abilita la persona a scoprire il bene e a crescere nella responsabilità, a ricercare il confronto e a raffinare il senso critico, ad attingere dai doni del passato per meglio comprendere il presente e proiettarsi consapevolmente verso il futuro» (Discorso agli insegnanti di religione cattolica, 25 aprile 2009).

18. La specificità di quest’insegnamento non fa venir meno la sua natura propria di disciplina scolastica; al contrario, il mantenimento di quello status è una condizione d’efficacia: «è necessario, perciò, che l’insegnamento religioso scolastico appaia come disciplina scolastica, con la stessa esigenza di sistematicità e rigore che hanno le altre discipline. Deve presentare il messaggio e l’evento cristiano con la stessa serietà e profondità con cui le altre discipline presentano i loro saperi. Accanto a queste, tuttavia, esso non si colloca come cosa accessoria, ma in un necessario dialogo interdisciplinare» (DGC 73).

In sintesi:

- La libertà religiosa è il fondamento e la garanzia della presenza dell’insegnamento della religione nello spazio pubblico scolastico.

- Una concezione antropologica aperta alla dimensione trascendentale ne è la condizione culturale.

- Nella scuola cattolica l’insegnamento della religione è caratteristica irrinunciabile del progetto educativo.

- L’insegnamento della religione è differente e complementare alla catechesi, in quanto è insegnamento scolastico che non richiede l’adesione di fede, ma trasmette le conoscenze sull’identità del cristianesimo e della vita cristiana. Inoltre, esso arricchisce la Chiesa e l’umanità di laboratori di cultura e umanità.

IV. Libertà educativa, libertà religiosa ed educazione cattolica

19. In conclusione, il diritto all’educazione e la libertà religiosa dei genitori e degli alunni si esercitano concretamente attraverso:

a) la libertà di scelta della scuola. «I genitori, avendo il dovere e il diritto primario e irrinunciabile di educare i figli, debbono godere di una reale libertà nella scelta della scuola. Perciò i pubblici poteri, a cui incombe la tutela e la difesa della libertà dei cittadini, nel rispetto della giustizia distributiva debbono preoccuparsi che le sovvenzioni pubbliche siano erogate in maniera che i genitori possano scegliere le scuole per i propri figli in piena libertà, secondo la loro coscienza». (GE 6; cfr DH 5; c. 797 CIC; c. 627 §3 CCEO).

b) La libertà di ricevere, nei centri scolastici, un insegnamento religioso confessionale che integri la propria tradizione religiosa nella formazione culturale e accademica propria della scuola. «I fedeli facciano di tutto perché nella società civile le leggi, che ordinano la formazione dei giovani, contemplino nelle scuole stesse anche la loro educazione religiosa e morale, secondo la coscienza dei genitori» (c. 799 CIC; cfr GE 7, DH 5). Infatti, all’autorità della Chiesa è sottoposta l’istruzione e l’educazione religiosa cattolica che viene impartita in qualunque scuola (cfr c. 804 §1 CIC; c. 636 CCEO).

20. La Chiesa è consapevole che in molti luoghi, adesso come in epoche passate, la libertà religiosa non è pienamente effettiva, nelle leggi e nella pratica (cfr DH 13). In queste condizioni, la Chiesa fa il possibile per offrire ai fedeli la formazione di cui hanno bisogno (cfr GE 7; c. 798 CIC; c. 637 CCEO). Nello stesso tempo, d’accordo con la propria missione (cfr Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, 76), non smette di denunciare l’ingiustizia che si compie quando gli alunni cattolici e le loro famiglie vengono privati dei propri diritti educativi ed è ferita la loro libertà religiosa, ed esorta tutti i fedeli ad impegnarsi perché quei diritti siano effettivi (cfr c. 799 CIC).

Questa Congregazione per l’Educazione Cattolica è certa che i principi sopra richiamati possono contribuire a trovare una sempre più ampia consonanza tra il compito educativo, che è parte integrante della missione della Chiesa, e l’aspirazione delle Nazioni a sviluppare una società giusta e rispettosa della dignità di ogni uomo.

Da parte sua la Chiesa, esercitando la diakonia della verità in mezzo all’umanità, offre ad ogni generazione la rivelazione di Dio dalla quale si può imparare la verità ultima sulla vita e sul fine della storia. Questo compito non è facile in un mondo secolarizzato, abitato dalla frammentazione della conoscenza e dalla confusione morale, coinvolge tutta la comunità cristiana e costituisce una sfida per gli educatori. Ci sostiene, comunque, la certezza -come afferma Benedetto XVI- che « i nobili scopi […] dell’educazione, fondati sull’unità della verità e sul servizio alla persona e alla comunità, diventano uno speciale potente strumento di speranza» (Discorso agli educatori cattolici, 17 aprile 2008).

Mentre preghiamo l’Eminenza/Eccellenza Vostra di voler portare a conoscenza di quanti sono interessati al servizio e alla missione educativa della Chiesa i contenuti della presente Lettera Circolare, La ringraziamo della cortese attenzione ed in comunione di preghiere a Maria, Madre e Maestra degli educatori, ci valiamo volentieri della circostanza per porgere i sensi della nostra considerazione, confermandoci

dell’Eminenza/Eccellenza Vostra Reverendissima
dev.mi nel Signore



Zenon Card. GROCHOLEWSKI, Prefetto

+Jean-Louis BRUGUÈS, O.P., Segretario
+PetaloNero+
00venerdì 11 settembre 2009 16:41
COMUNICATO: CELEBRAZIONE DELLE GIORNATE EUROPEE DEL PATRIMONIO 2009

La Santa Sede parteciperà anche quest’anno alla celebrazione delle "Giornate Europee del Patrimonio", una manifestazione promossa dal Consiglio d’Europa, a cui attualmente aderiscono oltre 40 paesi di tale Continente.

La giornata verrà celebrata domenica 27 settembre 2009 sul tema: "Il Patrimonio europeo per il dialogo interculturale".

All’elaborazione del programma hanno collaborato la Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, i Musei Vaticani e la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.

Programma delle manifestazioni previste per domenica 27 settembre:

- Accesso gratuito ai Musei Vaticani per l’intera giornata

- Accesso gratuito a tutte le Catacombe di Roma normalmente aperte al pubblico

- Apertura della mostra fotografica sul tema: "Usi e testimonianze funerarie della Roma tardoantica: sepolture cristiane, pagane e giudaiche a confronto", presso la Catacomba di S. Callisto, Tricora Occidentale (Via Appia Antica, 110; orario dalle ore 10 alle ore 17; mercoledì chiuso; la mostra verrà inaugurata sabato 26 settembre 2009 e resterà aperta fino al 27 ottobre 2009).
+PetaloNero+
00venerdì 11 settembre 2009 16:41
MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO AI MUSULMANI PER LA FINE DEL RAMADAN

In occasione della fine del Ramadan (‘Id al-Fitr 1430 H. / 2009 A.D.) il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso formula ai Musulmani un messaggio augurale, dal tema: "Cristiani e Musulmani: insieme per vincere la povertà".

Questo il testo del Messaggio, a firma del Presidente Em.mo Card. Jean-Louis Tauran, e del Segretario del Pontificio Consiglio, l’Arcivescovo S.E. Mons. Pier Luigi Celata:

Cristiani e Musulmani:
insieme per vincere la povertà

Cari Amici Musulmani,

1. In occasione della conclusione del mese di Ramadan, desidero porgervi auguri di pace e di gioia e, tramite questo Messaggio, proporre una comune riflessione sul tema: Cristiani e Musulmani: insieme per vincere la povertà.

2. Dobbiamo senza dubbio rallegrarci che, nel corso degli anni, questo Messaggio del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso è divenuto non solo una consuetudine, ma un appuntamento atteso. In molti paesi, esso è un’occasione d’incontro amichevole tra numerosi Cristiani e Musulmani. Non è raro, anzi, che esso corrisponda ad una preoccupazione condivisa, propizia a scambi fiduciosi ed aperti. Tutti questi elementi non costituiscono già dei segni di amicizia tra noi per i quali rendere grazie a Dio?

3. Per venire al tema di quest’anno, la persona umana che versa in situazione di indigenza è indiscutibilmente al centro di precetti che, a titoli diversi, ci sono cari. L’attenzione, la compassione e l’aiuto che tutti, fratelli e sorelle in umanità, possiamo offrire a colui che è povero per ridargli il suo posto nella società degli uomini, è una prova vivente dell’Amore dell’Altissimo, poiché è l’uomo in quanto tale che Egli ci chiama ad amare e ad aiutare, senza distinzione di appartenenza.

Sappiamo tutti che la povertà umilia e genera sofferenze intollerabili; esse sono spesso all’origine di isolamento, di ira, addirittura di odio e di desiderio di vendetta. Ciò potrebbe spingere ad azioni di ostilità con tutti i mezzi disponibili, cercando di giustificarli anche con considerazioni di ordine religioso: impossessarsi, in nome di una pretesa "giustizia divina", della ricchezza dell’altro, ivi compresa la sua pace e sicurezza. È per questo che respingere i fenomeni di estremismo e di violenza esige necessariamente la lotta contro la povertà attraverso la promozione di uno sviluppo umano integrale, che il Papa Paolo VI definì come "il nuovo nome della pace" (Lettera Enciclica Populorum Progressio, 1975, n. 76).

Nella recente Lettera Enciclica Caritas in Veritate sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità, Sua Santità il Papa Benedetto XVI, tenendo conto del contesto attuale dell’impegno in favore dello sviluppo, mette in luce, tra l’altro, la necessità di una "nuova sintesi umanistica" (n. 21) che, salvaguardando l’apertura dell’uomo a Dio, lo ricollochi "al centro e al vertice di tutto quanto esiste sulla terra" (n. 57). Un autentico sviluppo, pertanto, non potrà non essere ordinato a "tutto l’uomo ed a tutti gli uomini" (Populorum Progressio, n. 42).

4. Nella sua omelia del 1< gennaio scorso, in occasione della Giornata Mondiale della Pace 2009, il Papa Benedetto XVI, distingueva tra due tipi di povertà: una povertà da combattere ed una povertà da abbracciare.

La povertà da combattere è sotto gli occhi di tutti: la fame, la mancanza di acqua potabile, la scarsità di cure mediche e di alloggi adeguati, la carenza di sistemi educativi e culturali, l’analfabetismo, senza peraltro tacere dell’esistenza di nuove forme di povertà "come ad esempio nelle società ricche e progredite, … fenomeni di emarginazione, di povertà relazionale, morale e spirituale" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2009, n. 2).

La povertà da scegliere è quella che invita a condurre uno stile di vita semplice ed essenziale, che evita lo spreco, rispetta l’ambiente e tutti i beni della Creazione.

Questa povertà è anche quella, almeno durante certi periodi dell’anno, della frugalità e del digiuno. La povertà scelta predispone ad uscire da noi stessi e dilata il cuore.

5. Come credenti, desiderare la concertazione per cercare insieme soluzioni giuste e durature al flagello della povertà significa anche riflettere sui gravi problemi del nostro tempo e, quando è possibile, impegnarsi insieme per trovare una risposta. É necessario, in questo, che il riferimento agli aspetti della povertà legati alla globalizzazione delle nostre società rivesta un senso spirituale e morale, poiché condividiamo la vocazione a costruire una sola famiglia umana nella quale tutti – individui, popoli e nazioni – regolano i loro comportamenti secondo i principi di fraternità e responsabilità.

6. Uno sguardo attento sul complesso fenomeno della povertà ci conduce a vederne fondamentalmente l’origine nella mancanza di rispetto della dignità innata della persona umana e ci chiama ad una solidarietà globale, per esempio attraverso l’adozione di un "codice etico comune" (Giovanni Paolo II, Discorso alla Pontifica Accademia delle Scienze Sociali, 27 aprile 2001, n. 4) – le cui norme non avrebbero solamente un carattere convenzionale, ma sarebbero radicate nella legge naturale iscritta dal Creatore nella coscienza di ogni essere umano (cf. Rm 2, 14-15).

7. Sembra che in diversi luoghi del mondo siamo passati dalla tolleranza all’incontro, a partire da un vissuto comune e da preoccupazioni condivise. Questo è già un importante traguardo che è stato raggiunto.

Mettendo a disposizione di tutti la ricchezza che scaturisce dalla preghiera, dal digiuno e dalla carità degli uni e degli altri, non è forse possibile che il dialogo mobiliti le forze vive di quanti sono in cammino verso Dio? Il povero ci interpella, ci sfida, ma soprattutto ci invita a collaborare per una nobile causa: quella di vincere la sua povertà!

Buon e felice ‘Id al-Fitr’ !

Jean-Louis Cardinale Tauran
Presidente

Arcivescovo Pier Luigi Celata
Segretario
+PetaloNero+
00martedì 15 settembre 2009 16:05
COMUNICATO STAMPA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO COR UNUM: ESERCIZI SPIRITUALI DEI RESPONSABILI DELLE ATTIVITÀ CARITATIVE DELLA CHIESA IN ASIA (6-11 SETTEMBRE 2009, TAIPEI)

From 6 – 11 September 2009, the Pontifical Council Cor Unum held Spiritual Exercises for presidents and directors of the Church’s ministry of charity from throughout Asia. There were some 450 participants, including 5 Cardinals and over 60 Bishops, from 29 nations and 260 dioceses. The meeting took place at Fu Jen Catholic University in Taipei, Taiwan, under the theme of Jesus’ words, "You did it to me …" (Mt 25,40). His Excellency President Ma Ying-jeou came to welcome the participants.

Pope Benedict XVI dedicated his first major teaching to the theme of charity through the Encyclical Deus Caritas est (2005). The Holy Father states that the essential requirement for those who serve in the Church’s charitable organizations is to "be persons moved by Christ’s love, persons whose hearts Christ has conquered with his love, awakening them with a love of neighbor" (n. 33). This gift of God is the hidden engine that animates charitable activity through the response of faith, enlightened by the Gospel, moving Christians to practice love of neighbor. For this reason, the Pope calls for a "formation of heart" (Deus Caritas est, n. 31a) for charity workers, both professional and volunteer, which the Taipei gathering wished to foster through prayer, attentive listening to the Word of God, receiving the sacrament of Reconciliation and celebrating the Holy Eucharist. The fraternal communion lived together by men and women dedicated to combat misery will contribute to experience the deep unity of the Lord’s disciples in this vast continent. The participants prayed in a special way for those struck recently by Typhoon Morakot in Taiwan. At the very start of the meeting – Sunday, 6 September – Cardinal Cordes, President of Cor Unum, traveled to the worst hit area of Kaohsiung in order to visit personally and bring the Lord’s consolation to those affected by the tragedy.

In a Message to the Conference transmitted by the Cardinal Secretary of State, the Holy Father expressed "his warm appreciation and gratitude for all those who commit themselves to the diakonia of charity, an essential activity of the life of the Church and a responsibility for the entire ecclesial community." His Holiness assured the participants in Taipei of his prayer and confidence that the Spiritual Exercises will strengthen in them "the virtue of heartfelt compassion for all who suffer.
+PetaloNero+
00giovedì 17 settembre 2009 16:24
COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE: UDIENZA AL PRIMO MINISTRO DI ROMANIA

Questa mattina, Sua Eminenza il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, accompagnato da Sua Eccellenza Mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati, ha ricevuto Sua Eccellenza il Sig. Emil Boc, Primo Ministro di Romania. Egli aveva incontrato il Santo Padre Benedetto XVI al termine dell’Udienza Generale del 16 settembre.

I cordiali colloqui hanno permesso un fruttuoso scambio di opinione sui temi di attualità internazionale e di soffermarsi, in particolare, su alcuni aspetti della cooperazione bilaterale tra Santa Sede e Romania. Non si è mancato di toccare anche questioni di rilievo per i rapporti tra la Chiesa Cattolica e lo Stato romeno. Al riguardo, l’Em.mo Segretario di Stato si è interessato, fra altro, della situazione della Cattedrale di San Giuseppe di Bucarest, nonché delle comunità cattoliche in Romania.
+PetaloNero+
00venerdì 18 settembre 2009 16:38
JOINT COMMUNIQUÉ OF THE BILATERAL PERMANENT WORKING COMMISSION BETWEEN THE HOLY SEE AND THE STATE OF ISRAEL (SEPTEMBER 16, 2009)


La Commissione di lavoro bilaterale permanente fra la Santa Sede e lo Stato di Israele si è incontrata ieri e oggi, 15-16 settembre, per continuare i negoziati sull’Accordo Economico.

Le Delegazioni hanno lavorato in modo costruttivo per conseguire gli obiettivi comuni.

Il prossimo incontro della Commissione si terrà il 28-29 ottobre 2009, invece che il 14-15, come annunciato precedentemente.








+PetaloNero+
00lunedì 21 settembre 2009 00:50
La Santa Sede alla 53ª conferenza generale dell'Aiea
Chiesti passi concreti verso il disarmo per rafforzare la non proliferazione



CITTA' DEL VATICANO, domenica, 20 settembre 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo l'intervento svolto dall'Arcivescovo Marcelo Sánchez Sorondo, capo della delegazione della Santa Sede, alla 53ª conferenza generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica svoltasi a Vienna dal 14 al 18 settembre.

* * *

Signora presidente,
signor direttore generale
e signori partecipanti,

Nella mia veste di cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, è un mio grande onore portare in questa autorevole assise il saluto del Santo Padre Benedetto XVI. Estendo le mie congratulazioni anche a lei, signora presidente, per la sua elezione a presidente della conferenza generale e le assicuro il sostegno della mia delegazione.

Congratulazioni altresì al Regno di Cambogia e alla Repubblica del Rwanda per essere divenuti membri dell'Agenzia. Le mie congratulazioni vanno anche all'ambasciatore Yukiya Amano per la sua elezione a direttore generale dell'Agenzia. Lavoreremo insieme a lei per promuovere l'uso pacifico della tecnologia nucleare.

Nella sua recente enciclica Caritas in veritate, Papa Benedetto XVI ha inteso porre in evidenza gli obiettivi da perseguire e i valori da promuovere e difendere instancabilmente, al fine di realizzare una convivenza umana veramente libera e solidale in grado di promuovere efficacemente un vero sviluppo umano integrale "di portata universale, nel dialogo tra i saperi e le operatività" (Caritas in veritate, n. 4).

"Il rischio del nostro tempo è che all'interdipendenza di fatto tra gli uomini e i popoli non corrisponda l'interazione etica delle coscienze e delle intelligenze, dalla quale possa emergere come risultato uno sviluppo veramente umano" (Caritas in veritate, n. 9). Tale rischio assume ancora più rilevanza di fronte alle numerose sfide che si stanno manifestando in seno al cosiddetto "rinascimento nucleare", che sta emergendo a livello mondiale: penso alle problematiche inerenti il disarmo e la non proliferazione delle armi nucleari, alla crescita della domanda di energia, al terrorismo, al mercato nero di materiale nucleare, che coinvolge anche attori non statali. Sfide che possono essere affrontate seriamente solo coltivando una cultura della pace fondata sul primato del diritto e sul rispetto della vita umana.

In questo ambito, l'Aiea può e deve contribuire a favorire la menzionata "interazione etica delle coscienze e delle intelligenze", essenziale per rispondere efficacemente alle citate sfide, a promuovere un vero sviluppo umano integrale e a soddisfare in tal modo lo stesso mandato dell'Aiea: "Sollecitare e accrescere il contributo dell'energia atomica alle cause della pace, della salute e della prosperità in tutto il mondo" (art. ii dello Statuto).

D'altronde, riprendendo le parola di Papa Benedetto XVI, "lo sviluppo umano integrale suppone la libertà responsabile della persona e dei popoli" (Caritas in veritate, n. 17). "La libertà umana è propriamente se stessa, solo quando risponde al fascino della tecnica con decisioni che siano frutto di responsabilità morale" (Caritas in veritate, n. 70). Di qui, l'urgenza di una formazione alla responsabilità etica nell'uso delle conoscenze scientifiche e tecniche che - anche e soprattutto nel campo nucleare - devono essere sempre applicate con senso di responsabilità e per il bene comune, nel pieno rispetto del diritto internazionale, a favore di un autentico sviluppo, rispettoso dell'ambiente e sempre attento alle popolazioni più svantaggiate.
Anche grazie al Technical Co-operation Programme, l'Aiea può e deve svolgere un importante ruolo nel favorire una più responsabile e appropriata applicazione delle conoscenze nucleari non solo nel campo dell'energia, ma anche nei campi della medicina, dell'agricoltura, dell'idrologia, della sicurezza alimentare, dell'accesso all'acqua potabile. Si tratta di attività che vanno inserite all'interno di un più esteso quadro etico di sviluppo, poiché hanno ripercussioni importanti non solo per le generazioni presenti ma anche per le generazioni future: i finanziamenti destinati a tali attività vanno visti come investimenti per il futuro dell'umanità.

Signora presidente,
"Lo sviluppo dei popoli dipende soprattutto dal riconoscimento di essere una sola famiglia, che collabora in vera comunione ed è costituita da soggetti che non vivono semplicemente l'uno accanto all'altro" (Caritas in veritate, n. 53).

Ciò chiama in causa la necessità di rinvigorire quell'approccio al multilateralismo permeato dal dialogo e dall'onesta e responsabile cooperazione da parte di tutti i membri della comunità internazionale. Ogni Stato è chiamato a perseguire lo sviluppo e il bene comune dei popoli e non il potere nazionale, sia esso economico o militare; il punto essenziale di riferimento resta, di fatto, la persona umana, con la sua dignità e i suoi diritti fondamentali. Tale approccio deve essere improntato sullo sviluppo e sull'attuazione di un nuovo paradigma di sicurezza collettiva nel quale ogni Paese riconosca i chiari limiti del fare affidamento alle armi nucleari per la propria sicurezza.

Nel difficile crocevia in cui l'umanità si trova, caratterizzato da una sempre più stretta interdipendenza a livello economico, politico, sociale e ambientale, ci si domanda: l'uso della forza rappresenta una soluzione sostenibile nel tempo? Esso infatti alimenta la diffidenza reciproca e fa riferimento a un distorto senso di priorità che impegna ingenti risorse in maniera poco lungimirante. Vanno respinte le tentazioni di affrontare nuove situazioni con vecchi sistemi. Bisogna ridefinire le priorità e le scale di valori in base alle quali mobilitare le risorse verso obiettivi di sviluppo morale, culturale ed economico, sulla base del fatto che sviluppo, solidarietà e giustizia non sono altro che il vero nome della pace, di una pace duratura nel tempo e nello spazio.

In questa direzione, le attività di sorveglianza e di monitoraggio dell'Aiea vanno intese non come un limite agli interessi legittimi degli Stati, ma come una garanzia per la sicurezza e il bene comune di tutti i popoli. Anche i programmi civili, penso alla questione dell'uso duale, richiedono un efficace monitoraggio internazionale, pur nel rispetto della libertà degli Stati.

Tuttavia, va sottolineato che le minacce alla sicurezza derivano, in profondità, da atteggiamenti e azioni ostili alla natura umana. Dunque è a livello umano che bisogna agire, a livello culturale ed etico: "Lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l'appello del bene comune. Sono necessarie sia la preparazione professionale sia la coerenza morale" (Caritas in veritate, n. 71). Se, nel breve periodo, vi è anzitutto bisogno di misure tecniche e legali per proteggere materiali e siti nucleari e per prevenire atti di terrorismo nucleare, sul lungo periodo sono invece necessarie misure di prevenzione che possano incidere sulle più profonde radici culturali e sociali dell'attività criminale e del terrorismo. Un ruolo speciale deve essere riservato a codici di condotta per le risorse umane che, nel settore nucleare, devono essere sempre consapevoli dei possibili effetti della loro attività. Ancora una volta, l'attività dell'Aiea in questo campo è preziosa e va rafforzata.

Signora presidente,
La caratteristica predominante che deve pervadere l'opera svolta dall'Aiea nelle tre aree del suo mandato, ossia tecnologia, sicurezza e verifica, dovrebbe essere sempre quella di unire e associare, non di dividere e opporre: lavorare insieme per l'incolumità e la sicurezza in campo nucleare; lavorare insieme per l'uso di una tecnologia nucleare pacifica e sicura, che rispetti l'ambiente e tenga sempre presente le popolazioni più svantaggiate; lavorare insieme per il disarmo e la non proliferazione nucleare.

L'odierna crescente espansione di programmi di energia nucleare per uso civile pone nuove potenziali sfide al regime di non proliferazione. Tuttavia, senza passi seri e concreti verso il disarmo, il pilastro della non proliferazione si indebolirà ulteriormente. Il disarmo e la non proliferazione di armi nucleari hanno un grande valore politico perché affermano la supremazia della fiducia rispetto alle armi e della diplomazia sulla forza. Non proliferazione e disarmo delle armi nucleari sono, come più volte affermato dalla Santa Sede, interdependent and mutually reinforcing e la loro attuazione trasparente e responsabile rappresenta uno dei principali strumenti non solo per la lotta al terrorismo nucleare, ma anche per la concreta realizzazione di una cultura della vita e della pace capace di promuovere in maniera efficace lo sviluppo umano integrale dei popoli.

Signora presidente,
La Santa Sede nota con soddisfazione alcuni segnali positivi della volontà di mettere di nuovo il disarmo nucleare al centro del dibattito internazionale su pace e sicurezza. Le varie iniziative prese e le posizioni assunte negli ultimi mesi sono passi incoraggianti che suscitano una rinnovata speranza nel fatto che sia raggiungibile l'obiettivo di un mondo privo di armi nucleari. Ciò lascia ben sperare anche per gli esiti della prossima conferenza di esame del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, dove la comunità internazionale è chiamata a porre in essere passi concreti, trasparenti e convincenti. La Santa Sede si augura che i negoziati sul Trattato per l'eliminazione di materiale fissile comincino al più presto e che vengano intrapresi tutti i passi per facilitare l'entrata in vigore del Trattato sull'interdizione globale degli esperimenti nucleari (Ctbt). È ben noto come la Santa Sede consideri il Ctbt uno strumento importante per raggiungere l'obiettivo di un mondo privo di armi nucleari, per non parlare della sua potenziale applicazione in ambito civile e scientifico mediante il suo sistema di monitoraggio internazionale.

Signora presidente,
Il mero benessere materiale non elimina i rischi e i conflitti legati alla povertà e alla miseria culturali e morali degli uomini e delle donne: "Non è sufficiente progredire solo da un punto di vista economico e tecnologico. Bisogna che lo sviluppo sia anzitutto vero e integrale" (Caritas in veritate, n. 23). Per questo motivo, le politiche nucleari devono essere considerate nella prospettiva dello "sviluppo integrale dell'essere umano" (Dichiarazione sul diritto allo sviluppo del 1986, p. 5), che implica non solo lo sviluppo materiale, ma, soprattutto, quello culturale e morale di ogni persona e di tutti i popoli. Siamo tutti coinvolti in questo progetto ambizioso e indispensabile, sia all'esterno che all'interno del settore nucleare, in campo pubblico così come in quello privato, a livello governativo e non governativo. In tal modo, un impegno comune alla sicurezza e alla pace potrà portare non solo a un'equa distribuzione delle risorse della terra, ma, soprattutto, all'edificazione di un "ordine sociale e internazionale in cui diritti e libertà" di tutte le persone umane possano pienamente realizzarsi (Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, art. 28).

In conclusione, signora presidente, vorrei esprimere sincera gratitudine al dottor Mohamed ElBaradei per il suo lavoro instancabile, professionale e imparziale nel dirigere l'Aiea durante questi anni. La Santa Sede è convinta che lo sviluppo sia un altro nome per la pace. Il lavoro del dottor ElBaradei è stato in favore dello sviluppo e della pace. Ammiriamo i suoi sforzi e siamo grati per il suo lavoro.


(©L'Osservatore Romano - 20 settembre 2009)
+PetaloNero+
00martedì 22 settembre 2009 16:44
COMUNICATO DEL PONTIFICIO COMITATO PER I CONGRESSI EUCARISTICI INTERNAZIONALI: A DUBLINO NEL GIUGNO 2012 IL 50° CONGRESSO

Il Santo Padre Benedetto XVI ha approvato il tema e la data per la celebrazione del prossimo Congresso Eucaristico Internazionale - il cinquantesimo della serie - che si terrà a Dublino (Irlanda) nel 2012. La celebrazione del Congresso avrà luogo dal 10 al 17 giugno sul tema: "The Eucharist: Communion with Christ and with one another. L’Eucaristia: Comunione con Cristo e tra di noi".

La formulazione di questo tema nasce dalla felice coincidenza della celebrazione del Congresso con il 50° anniversario dell’inaugurazione del Concilio Vaticano II che - afferma l’Arcivescovo della capitale irlandese S.E. Mons. Diarmuid Martin - "è stato un momento di rinnovamento e di approfondimento dell’insegnamento della Chiesa e della sua autocomprensione come Corpo di Cristo e Popolo di Dio".

Il tema trova diretta inspirazione nel numero 7 della Costituzione conciliare Lumen gentium: "Partecipando realmente del corpo del Signore nella frazione del pane eucaristico, siamo elevati alla comunione con lui e tra noi: ‘Perché c’è un solo pane, noi tutti non formiamo che un solo corpo, partecipando noi tutti di uno stesso pane’ (1 Cor 10,17). Così noi tutti diventiamo membri di quel corpo (cfr 1 Cor 12,27), ‘e siamo membri gli uni degli altri’ (Rm 12,5)".

Nella capitale irlandese si è già installato il Comitato locale che si occuperà della stesura del testo teologico di base e della preparazione all’evento del 2012. Presidente di diritto l’Arcivescovo Mons. Diarmuid Martin; Segretario il Rev.do Kevin Doran, Consultore della Congregazione per l’Educazione Cattolica e già Segretario generale del Servizio europeo delle vocazioni.

In costruzione è il sito internet (www.iec2012.ie) del Comitato locale.

+PetaloNero+
00mercoledì 23 settembre 2009 16:14
COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE: NOMINA DEL NUOVO CONSIGLIO DI SOVRINTENDENZA E DEL PRESIDENTE DELL’ISTITUTO PER LE OPERE DI RELIGIONE (I.O.R.)


La Commissione Cardinalizia di Vigilanza dell’Istituto per le Opere di Religione (I.O.R.), presieduta dal Card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, ha rinnovato il Consiglio di Sovrintendenza del medesimo Istituto.

A tal proposito, dopo aver accolto la rinuncia presentata dal Prof. Angelo Caloia, Presidente del menzionato Consiglio di Sovrintendenza, e dagli altri Membri del medesimo Consiglio, manifestando loro viva gratitudine per il generoso servizio svolto, la menzionata Commissione Cardinalizia, a norma dello Statuto, ha nominato Membri del Consiglio di Sovrintendenza dell’I.O.R. gli Ill.mi Signori:

- Dott. Carl A. Anderson, Cavaliere Supremo dei Cavalieri di Colombo (U.S.A.);

- Dott. Giovanni De Censi, Presidente del "Credito Valtellinese" (Italia);

- Prof. Ettore Gotti Tedeschi, Presidente della "Santander Consumer Bank" (Italia);

- Dott. Ronaldo Hermann Schmitz (Germania);

- Dott. Manuel Soto Serrano (Spagna).

Inoltre, secondo i dettami statutari, la menzionata Commissione Cardinalizia, su proposta del nuovo Consiglio di Sovrintendenza dell’I.O.R., ha nominato il Prof. Ettore Gotti Tedeschi come nuovo Presidente di detto Consiglio di Sovrintendenza ed il Dott. Ronaldo Hermann Schmitz come Vice-Presidente.

La Commissione Cardinalizia di Vigilanza ha infine espresso al nuovo Consiglio di Sovrintendenza, come pure al Prelato dell’Istituto, Mons. Piero Pioppo; al Sig. Paolo Cipriani, Direttore Generale, ed al Dott. Massimo Tulli, Vice-Direttore, i migliori auguri di buon lavoro al servizio dell’I.O.R.
+PetaloNero+
00venerdì 25 settembre 2009 16:25
INTERVENTO DELLA SANTA SEDE ALLA 12a SESSIONE ORDINARIA DEL CONSIGLIO DEI DIRITTI DELL’UOMO SUL DIRITTO ALLO SVILUPPO

Il 22 settembre 2009, in occasione della XII Sessione Ordinaria del Consiglio dei Diritti dell’Uomo, in corso a Ginevra, l’Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite, l’Ecc.mo Mons. Silvano M. Tomasi, ha pronunciato l’intervento che riportiamo qui di seguito:


INTERVENTO DI S.E. MONS. SILVANO M. TOMASI

Mr. President,

1. The current financial crisis is showing the degree of global interdependence of national economies. It risks also to jeopardize the efforts of the international community to meet the Millennium and other development goals in many countries. Moreover, it could bring about a reduction of the public and private funding of national social safety nets and undermine thereby the enjoyment of human rights not only by the poorest and weakest segments of the population, but also by other groups negatively affected by the crisis. A key factor to mitigate the adverse effects of the crisis, we believe, is placing the human person at the center of economic and social policies at the international and national levels.

2. The Holy See Delegation views the current debate on the right to development within this Council and its mechanisms as an opportune occasion to strengthen the international commitment on the operationalization of this right and to transform this political willingness into concrete action. Achieving development is not only a matter of eliminating material poverty, but also of principles and values guiding economies and societies in all countries irrespective of their per-capita income level. Furthermore, risks of a deterioration of the economic and social situation are present in most countries, including in high-income countries, due to the rising number of the population suffering new forms of poverty, social exclusion and marginalization. Needless to say, these economic and social inter-country inequalities risk to be significantly increased by the financial crisis. For these reasons, my Delegation notes with interest the work that is being accomplished by the Task Force aiming at creating a list of right-to-development criteria and operational sub-criteria around three main components: human-centred development, an enabling environment, and social justice and equity. We believe that a global agreement on these criteria could constitute a fundamental step not only towards the operationalization of the 1986 Declaration, but also in the direction of the systematic consideration of the human person and its inherent rights and dignity in the elaboration of development policies at all levels.

3. In the context of the development process, the human person is not only a receiver of aid but also the real actor of his or her integral development and of the relations among peoples and persons. As restated in the recent encyclical Caritas in Veritate: "Man is the source, the focus and the aim of all economic and social life" (25). We support the Task Force ‘s approach of a comprehensive human-centred development that implies the indivisibility and interdependence of all human rights as well as the relevance, not only of development outcomes, but also of the development realization process and of its sustainability. My delegation believes also that the cultural component of the right to development defined in the 1986 Declaration cannot be complete without including the ethical and spiritual dimensions of the person. These qualitative dimensions should be reflected among the human-centred criteria of this right that are being elaborated by the Task Force.

4. The Task Force view of the duty of States to create, individually and collectively, an enabling environment for the realization of the right to development should be endorsed. States therefore are called to remove obstacles to development due to the violation of human rights and the international community to support the development process, especially in the poorest countries. In this context the principle of subsidiarity is particularly relevant. Solidarity and subsidiarity can be viewed as complementary. While the former relates to the mobilization of financial and human resources for development, the latter helps to identify the most appropriate level of decision-making and intervention. The principle of subsidiarity can therefore be seen as a cross-cutting criterion for the creation of the enabling environment to the right to development. It allows the participation of the beneficiaries of aid in the process of development through the responsible use of their freedom and talents.

5. Finally, we support the adoption of criteria of social justice and equity that imply moral imperatives prompting action for the protection of human rights and for an equitable sharing of benefits from development, including, among others, access to food, housing education, health and employment. We follow with interest as well the overall work of the Task Force and Working Group aiming at identifying operational right-to-development criteria and dialoguing with existing poverty reduction, debt transfer, technology transfer and other global partnerships. We believe that such work is laying the ground work for States and the international community to concretely reduce economic and social disparities, too often a cause of violations of human dignity and human rights.


+PetaloNero+
00domenica 27 settembre 2009 16:24
Centralità della persona, ambiente e giustizia: chiavi per lo sviluppo
Intervento di monsignor Tomasi al Consiglio dei Diritti dell'Uomo a Ginevra

di Roberta Sciamplicotti



GINEVRA, domenica, 27 settembre 2009 (ZENIT.org).- La centralità della persona umana, un ambiente idoneo, giustizia ed equità sono gli elementi fondamentali per promuovere un autentico sviluppo integrale, ha affermato l'Arcivescovo Silvano Maria Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra.

Intervenendo il 22 settembre alla XII Sessione Ordinaria del Consiglio dei Diritti dell'Uomo, in corso nella città svizzera, il presule ha ricordato in primo luogo che l'attuale crisi finanziaria "mostra il grado di interdipendenza globale delle economie nazionali" e "rischia di compromettere gli sforzi della comunità internazionale per raggiungere gli Obiettivi del Millennio e ad altri obiettivi di sviluppo in molti Paesi".

In questo contesto, il presule ha sottolineato l'importanza di creare una lista di criteri sul diritto allo sviluppo e di sottocriteri operativi che ruotino intorno a tre componenti principali: "lo sviluppo centrato sulla persona umana, un ambiente che lo permetta, giustizia ed equità a livello sociale".

L'obiettivo, infatti, è "uno sviluppo integrale centrato sull'essere umano che implichi l'indivisibilità e l'interdipendenza di tutti i diritti umani, così come la rilevanza non solo dei risultati dello sviluppo, ma anche del processo di realizzazione dello sviluppo e della sua sostenibilità", senza dimenticare "le dimensioni etiche e spirituali della persona".

Secondo l'Arcivescovo, un accordo generale su questi criteri potrebbe rappresentare "un passo fondamentale" nella direzione di "una considerazione sistematica della persona umana, dei suoi diritti e della sua dignità nell'elaborazione di politiche di sviluppo a ogni livello".

Nel processo di sviluppo, ha proseguito l'Osservatore Permanente, la persona umana non è solo la destinataria dell'aiuto, ma anche "il vero attore".

Gli Stati, dal canto loro, hanno il dovere di creare "individualmente e collettivamente" un ambiente adatto per la realizzazione del diritto allo sviluppo. Per questo, "sono chiamati a rimuovere gli ostacoli allo sviluppo provocati dalla violazione dei diritti umani", così come la comunità internazionale deve "sostenere il processo dello sviluppo, soprattutto nei Paesi poveri".

Da questo punto di vista, un ruolo rilevante è assunto dal principio di sussidiarietà, da considerare come un elemento complementare alla solidarietà.

Se infatti quest'ultima si riferisce "alla mobilitazione delle risorse finanziarie e umane per lo sviluppo", la sussidiarietà "aiuta a identificare il livello più appropriato di decision-making e di intervento".

"Il principio di sussidiarietà può essere dunque considerato un criterio trasversale per la creazione di un ambiente che promuova il diritto allo sviluppo", ha commentato monsignor Tomasi, sottolineando come questo concetto "permetta la partecipazione dei beneficiari degli aiuti al processo di sviluppo attraverso l'uso responsabile della loro libertà e dei loro talenti".

L'Arcivescovo ha quindi ricordato come la delegazione della Santa Sede sostenga l'adozione di criteri di giustizia ed equità sociale "che implicano imperativi morali che spingano all'azione per la difesa dei diritti umani e per un'equa distribuzione dei benefici dello sviluppo".

Tra questi ultimi, ha menzionato l'accesso al cibo, all'alloggio, all'istruzione, all'assistenza sanitaria e all'impiego.

A tale scopo, ha esortato a promuovere l'azione per "identificare criteri operativi per favorire il diritto allo sviluppo e dialogare riguardo alla riduzione della povertà, il condono del debito, il trasferimento di tecnologie".

"Crediamo che questo lavoro stia gettando le basi perché gli Stati e la comunità internazionale possano lavorare per ridurre concretamente le disparità economiche e sociali, troppo spesso causa di violazioni della dignità umana e dei diritti umani", ha concluso.
+PetaloNero+
00mercoledì 30 settembre 2009 16:49
INTERVENTI DELLA SANTA SEDE AL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU E ALLA CONFERENZA DEL CTBT


Dal 22 al 26 settembre 2009 S.E. Mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede, ha partecipato a numerosi incontri svoltisi nel Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite, a New York. Il 22 settembre ha preso parte al Vertice sui cambiamenti climatici, convocato dal Segretario Generale dell’ONU, S.E. il Sig. Ban Ki-moon. Il 23 settembre ha assistito all’apertura del dibattito generale della LXIV sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, mentre il 24 settembre è stato presente alla 6191^ sessione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, presieduta dal Presidente degli Stati Uniti d’America, S.E. il Sig. Barack Obama. In tale occasione, S.E. Mons. Mamberti ha consegnato un contributo sul tema oggetto della riunione: il disarmo e la non proliferazione nucleare. Il 24 settembre il Segretario per i Rapporti con gli Stati ha preso la parola nella VI Conferenza per facilitare l’entrata in vigore del Trattato sull’Interdizione Globale degli Esperimenti Nucleari (CTBT), svoltasi nei giorni 24 e 25 settembre 2009. Lo stesso 24 settembre, ha preso parte alla riunione commemorativa del 60° anniversario della fondazione dell’United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East (UNRWA). Il 26 settembre, infine, ha partecipato alla sessione ministeriale di lavoro, convocata dal Ministro degli Affari Esteri della Svizzera, S.E. la Sig.ra Micheline Calmy-Rey, per celebrare il LX Anniversario delle Convenzioni di Ginevra.

Pubblichiamo di seguito i contributi che S.E. Mons. D. Mamberti ha offerto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU e alla Conferenza del CTBT:


INTERVENTO DI S.E. MONS. DOMINIQUE MAMBERTI AL CONSIGLIO DI SICUREZZA

The Holy See supports the initiative undertaken by the Security Council, presided over this month by the United States, to convene a Summit at the level of Heads of State and Government to discuss nuclear non-proliferation and nuclear disarmament. This is a very timely and crucial event considering that it is being held in conjunction with the Conference on Facilitating the Entry into Force of the Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty (CTBT), where still nine ratifications are required for its entry into force. Furthermore, it is conducted in close proximity to the 2010 Nuclear Non-Proliferation Treaty Review Conference, aimed at promoting universal adherence to, compliance with and full implementation of the Treaty. The Summit could also be considered as a valid and concrete response to the global appeal to seize new political momentum and openness in nuclear disarmament.

At the outset, it should be recognized that the Security Council’s approach to weapons of mass destruction, including efforts to prevent proliferation of such weapons, has largely been at the country or case-specific level. The Council has firmly acted against some States’ nuclear programmes and has been strong in its preventive response to threats by non-state actors. No achievements, however, have been reached in formulating plans for the establishment of a system for the regulation of armaments (Art. 26), in particular nuclear weapons and their proliferation, as a necessary element in maintaining international peace and security and creating an environment favourable to ensuring human advancement (Art. 11)*.

Endorsed by the Summit’s high-level participants and following the October 2008 Secretary-General’s five-point proposal, the Security Council has yet another great opportunity in becoming a strong guarantor of security to all non-nuclear-weapon States in that they will not be the subject of the use or threat of use of nuclear weapons. The Council is also encouraged to commence discussions and give concrete guidance on security issues in the nuclear disarmament and non-proliferation process. The Council should seize this moment and become a valid advocate in the cause of reaching a world free of nuclear weapons and take a leadership role in bolstering international support for multilateral nuclear arms control treaties and ongoing nuclear disarmament efforts. For this, the Holy See urges concerned States to adopt clear and firm decisions and commitments, and strive for a progressive and concerted nuclear disarmament.

Nuclear weapons assault life on the planet, they assault the planet itself, and in so doing they assault the process of the continuing development of the planet. In their nature, nuclear weapons are not only baneful but also completely fallacious. Taking into account that nuclear deterrence pertains to the Cold War era and is no longer justifiable in our days, the Holy See strongly advocates re-directing those military doctrines which continue to rely on nuclear weapons as a means of security and defence or even measure of power, which have evidently shown to be among the main causes preventing genuine nuclear disarmament and non-proliferation, thus jeopardizing the very integrity of the Non-Proliferation Treaty (NPT). Abandoning such doctrines is to freeze nuclear tests, still witnessed recently; it is to address seriously the issues of nuclear strategic arms, the tactical ones and the means of delivery of these weapons. The entry into force of the Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty (CTBT) therefore is of the highest priority, and the realization of which requires concrete steps towards its ratification by nine States. The universal banning of explosions would inhibit the development of nuclear weapons, contributing to nuclear disarmament and non-proliferation, and preventing further damage to the environment. In this direction, it is crucial to halt the production and transfer of fissile material for weapons. The immediate commencement of a Fissile Material Cut-Off Treaty (FMCT) is a matter of responsibility and it must not be further delayed.

The Cold War era has given to the world a nuclear arms race, where the winner was the State with the biggest and most powerful arsenals of nuclear weapons. Today’s world demands a courageous leadership in reducing those arsenals to a complete zero. In order to achieve this, States need trust and security. Nuclear-weapons-free zones are the best example of trust, confidence and affirmation that peace and security is possible without possessing nuclear weapons. The Holy See thus encourages the nuclear-weapon States and those which possess such weapons to ratify all the protocols to the Nuclear-Weapon-Free Zone treaties and strongly supports efforts to establish such a zone in the Middle East.

Celebration of the World’s Day of Peace on 21 September has concluded the Secretary-General’s multiplatform campaign "WMD-WeMustDisarm" aimed at raising awareness of the dangers and costs of nuclear weapons and whose acronym derives from that of the Weapons of Mass Destruction (WMD). The Holy See shares and firmly commends this strong message which must resonate in all the disarmament debates, leading to the creation of an environment favourable to ensuring human advancement (cf. Art. 11)*. Disarmament and development are interrelated and complementary. Hence, to this campaign "We Must Disarm" we all may add: and the "World Must Develop" towards advancement of the culture of peace and achievement of the development goals for the enduring benefit of each individual member of the human family and for generations to come in a world free of nuclear weapons.

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* The Charter of the United Nations



INTERVENTO DI S.E. MONS. DOMINIQUE MAMBERTI ALLA CONFERENZA DEL CTBT

Messieurs les co-Présidents, Monsieur le Secrétaire exécutif, Mesdames et Messieurs les participants,

Je suis heureux de vous transmettre les salutations de Sa Sainteté le Pape Benoît XVI, qui m’a chargé de vous assurer qu’il suit avec attention le débat sur le désarmement et sur la non-prolifération nucléaire, lui attachant une importance particulière. En effet, il s’agit de questions essentielles pour promouvoir une culture de paix, fondée sur le primat du droit et du bien commun.

Comme l’a souligné le Saint-Siège dans la ratification du Traité d’interdiction complète des essais nucléaires (TICE) en 2001, « au début du troisième millénaire, l’implémentation d’un système de désarmement généralisé et complet, capable de favoriser un climat de confiance, de collaboration et de respect entre tous les États, représente une part constitutive de la mise en œuvre réelle de la culture de la vie et de la paix » (Déclaration jointe à l’instrument de ratification du TICE, 18 juillet 2001).

Messieurs les co-Présidents,

La paix est un édifice en continuelle construction. La contribution que le TICE peut fournir pour en rendre les fondements plus robustes est évidente : les essais nucléaires sont, en effet, l’expression d’une ‘culture du conflit et de la mort’, qui ne met pas seulement en danger la paix, mais l’existence même de la famille humaine. Il n’est plus convaincant de justifier ces essais par l’intention de développer des armes nucléaires ‘intelligentes’, à cause des risques que ces essais font courir au régime de non prolifération nucléaire, comme aussi à cause des dommages incontrôlables et irréversibles que ces armes – même si elles sont ‘intelligentes’ – produisent.

Dans sa dernière encyclique, Caritas in veritate, le Pape Benoît XVI affirme que « sans vérité, sans confiance et sans amour du vrai, il n’y a pas de conscience ni de responsabilité sociale, et l’agir social devient la proie d’intérêts privés et de logiques de pouvoir, qui ont pour effets d’entraîner la désagrégation de la société, et cela d’autant plus dans une société en voie de mondialisation et dans les moments difficiles comme ceux que nous connaissons actuellement » (n. 5).

Cette réflexion s’applique de façon éclairante à la matière dont traite notre Conférence, particulièrement en ce qui concerne la responsabilité qui incombe à la communauté internationale de bannir les essais nucléaires et de promouvoir avec fermeté et efficacité le désarmement nucléaire.

Dans ce cadre, l’entrée en vigueur du TICE pourra non seulement donner une réponse significative aux risques de prolifération nucléaire et à la menace du terrorisme nucléaire, mais elle donnera aussi une impulsion au désarmement nucléaire. En outre, l’entrée en vigueur du TICE favorisera une meilleure réponse à certaines catastrophes naturelles, grâce à son application potentielle comme instrument d’«alerte rapide» dans le domaine civil et scientifique, en vertu du système de monitorage international qu’il prévoit. Il s’agit de composantes importantes pour la réalisation d’un authentique développement humain intégral.

Pour cela, je désire renouveler l’appel du Saint-Siège afin qu’adhèrent le plus tôt possible au TICE tous les Etats qui ne l’ont pas encore fait et surtout ceux dont la ratification est nécessaire pour l’entrée en vigueur du Traité. Le moment actuel représente pour ces derniers une occasion spéciale pour montrer, face à la famille humaine tout entière, un leadership courageux et un haut sens de responsabilité politique. De la Conférence d’examen du traité de non prolifération des armes nucléaires et du processus d’universalisation du TICE, sortiront des indications importantes pour créer un climat de confiance qui valorise le dialogue multilatéral, à travers une coopération cohérente et responsable entre tous les membres de la communauté internationale.

Merci, Messieurs les co-Présidents.
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