Documenti emanati dai dicasteri e da altri organismi della Curia Romana e della Santa Sede durante il pontificato di Benedetto XVI

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+PetaloNero+
00martedì 23 novembre 2010 15:24
PRESENTAZIONE DEL LIBRO "LUCE DEL MONDO"

Alle ore 12.30 di questa mattina, vengono presentate al Santo Padre le edizioni in varie lingue del libro: "Luce del Mondo. Il Papa, la Chiesa, i segni dei tempi. Una conversazione del Santo Padre Benedetto XVI con Peter Seewald." (Libreria Editrice Vaticana). Sono presenti, con l’Autore dell’intervista, i diversi Editori del volume.












CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL LIBRO: "LUCE DEL MONDO. IL PAPA, LA CHIESA, I SEGNI DEI TEMPI. UNA CONVERSAZIONE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI CON PETER SEEWALD." (LEV)



Alle ore 10.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del libro: "Luce del Mondo. Il Papa, la Chiesa, i segni dei tempi. Una conversazione del Santo Padre Benedetto XVI con Peter Seewald." (Libreria Editrice Vaticana).
Intervengono S.E. Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova Evangelizzazione e il Dott. Luigi Accattoli, giornalista. Sono presenti il Dott. Peter Seewald, Autore dell’intervista e il Rev.mo Don Giuseppe Costa, S.D.B., Direttore della Libreria Editrice Vaticana.
Pubblichiamo di seguito gli interventi di S.E. Mons. Rino Fisichella e del Dott. Luigi Accattoli:


INTERVENTO DI S.E. MONS. RINO FISICHELLA

Licht der Welt. Luce del mondo. La grafia del Papa è inconfondibile e trovarla impressa sulla prima pagina del volume fa un certo effetto. Lui stesso, con estrema probabilità, ha scelto il titolo e questo è significativo. In un'intervista si suppone che il ruolo centrale spetti all'intervistato; in questo caso, però, non è così. Il titolo scelto non permette che ci si fermi sulla persona del Papa, ma rimanda oltre, a chi ancora dopo duemila anni illumina la storia, perché aveva detto di essere la "luce del mondo". Protagonista di queste pagine, comunque, appare da subito la Chiesa. Le tante domande che compongono il colloquio, non fanno che evidenziare la natura della Chiesa, la sua presenza nella storia, il servizio che il Papa è chiamato a svolgere e, cosa non secondaria, la missione che ancora oggi deve continuare per essere fedele al suo Signore. "Viviamo un'epoca nella quale è necessaria una nuova evangelizzazione. Un'epoca nella quale l'unico Vangelo deve essere annunciato nella sua razionalità grande e immutata, ed insieme in quella potenza che supera quella razionalità, in modo tale da giungere in modo nuovo al nostro pensare e alla nostra comprensione… È importante intendere la Chiesa non come un apparato che deve fare di tutto, bensì come organismo vivente che proviene da Cristo stesso" (pp. 193-194). Alla luce di questo riferimento, è facile percepire l'obiettivo che segna questi anni del pontificato tesi a mostrare quanto sia decisivo per l'uomo di oggi saper cogliere la presenza di Dio nella sua vita per poter rispondere in modo libero -questo in effetti comporta la continua sottolineatura della razionalità- alla domanda qualificante sul senso della propria esistenza. Il raggio d'azione su cui verte l'intervista è vasto, sembra che nulla sfugga alla curiosità di P. Seewald che vuole entrare fino nelle pieghe della vita personale del Papa, nelle grandi questioni che segnano la teologia del momento, le diverse vicende politiche che accompagnano da sempre le relazioni tra diversi Paesi e, infine, gli interrogativi che spesso occupano gran parte del dibattito pubblico. Siamo dinanzi a un Papa che non si sottrae a nessuna domanda, che tutto desidera chiarificare con un linguaggio semplice, ma non per questo meno profondo, e che accetta con benevolenza quelle provocazioni che tante questioni possiedono. Ridurre, tuttavia, l'intera intervista a una frase estrapolata dall'insieme del pensiero di Benedetto XVI sarebbe un'offesa all'intelligenza del Papa e una gratuita strumentalizzazione delle sue parole. Ciò che emerge dal quadro complessivo di queste pagine, invece, è la visione di una Chiesa chiamata ad essere Luce del mondo, segno di unità di tutto il genere umano -per usare una nota espressione del concilio Vaticano II- e strumento per cogliere l'essenziale della vita. Anche se appare ai nostri occhi come una Chiesa che dà scandalo, che non vuole adeguarsi ai comportamenti di moda, che appare incomprensibile nei suoi insegnamenti e che, forse, lascia intravedere possibili trame interne di uomini che ne adombrano la sua santità. In ogni caso, sull'insegnamento del Maestro "luce del mondo", città posta sopra la montagna per essere vista da tutti. Segno di contraddizione che ha la missione di mantenere viva nel corso dei secoli la fede nel Signore Risorto fino al suo ritorno: "Guardiamo a Cristo che viene. È in questa prospettiva che viviamo la fede, rivolti al futuro" (p. 97).

Licht der Welt, ovviamente, non è un volume scritto da Benedetto XVI; eppure, qui si condensa il suo pensiero, le sue preoccupazioni e sofferenze di questi anni, il suo programma pastorale e le aspettative per il futuro. L'impressione che si ricava è quella di un Papa ottimista sulla vita della Chiesa, nonostante le difficoltà che l'accompagnano da sempre: "La Chiesa cresce ed è viva, è molto dinamica. Negli ultimi anni il numero dei sacerdoti è aumentato in tutto il mondo e anche il numero dei seminaristi" (p. 28). Come dire: la Chiesa non può essere identificata solo nel frammento di una zona geografica; essa è un tutto che fonda, abbraccia e supera ogni parte. Una Chiesa composta anche da peccatori; eppure, senza minimizzare il male, egli può giustamente affermare che "se la Chiesa non ci fosse più, interi ambiti di vita andrebbero al collasso" (p. 54), perché il bene che compie è davanti agli occhi di tutti nonostante si voglia spesso volgere lo sguardo altrove.

Pagina dopo pagina si nota la pazienza di voler rispondere con chiarezza a ogni interrogativo che viene posto. Benedetto XVI apre il cuore della sua vita quotidiana, così come esprime con la dovuta parresia i problemi che sono sul tappeto della storia di questi anni. Se, da una parte, sembra farci entrare nel suo appartamento, condividendo con il lettore i ritmi della sua giornata, dall'altra evoca immagini che ben descrivono lo stato d'animo dei mesi passati: "Sì, è una crisi grande, bisogna dirlo. E' stato sconvolgente per tutti noi. All'improvviso tutta quella sporcizia. E' stato come se il cratere di un vulcano avesse improvvisamente eruttato una grossa nube di sporcizia che insudiciava e rabbuiava tutto" (p. 44). Il tono semplice delle sue risposte si fa forte della plasticità delle immagini che spesso ricorrono, permettendo di comprendere a pieno il dramma di alcuni fatti. Eppure, dalla pacatezza delle risposte e dallo sviluppo del suo argomentare, ciò che emerge in maniera netta è soprattutto la spiritualità che caratterizza la sua vita tanto da lasciare ammutoliti. "Fin dal momento in cui la scelta è caduta su di me, sono stato capace soltanto di dire solo questo: Signore, cosa mi stai facendo? Ora la responsabilità è tua. Tu mi devi condurre. Io non ne sono capace. Se tu mi hai voluto, ora devi anche aiutarmi" (p. 18; cfr p. 33). Chi legge si arrende. O si accetta la visione della fede come un autentico abbandonarsi in Dio che ti trasporta dove vuole lui, oppure ci si lascia andare alle interpretazioni più fantasiose che caratterizzano spesso il chiacchiericcio clericale e non solo. La verità, però, sta tutta in quelle parole. Se si vuole capire Benedetto XVI, la sua vita e il suo pontificato, bisogna ritornare a questa espressione. Qui si condensa la vocazione al sacerdozio come una chiamata alla sequela; qui si comprende il perché di una traiettoria che non può essere modificata nella sua visione del mondo e dell'agire della Chiesa; qui si coglie la prospettiva attraverso la quale è possibile entrare nella profondità del suo pensiero e nell'interpretazione di alcuni suoi atti. C'è un termine in tedesco che sintetizza tutto questo: Gelassenheit, cioè l'abbandono fiducioso usque ad cadaver. Esso esprime la scelta decisiva di libertà come un radicale svuotamento di sé per lasciarsi plasmare e condurre dove vuole il Signore; insomma, il Papa si identifica più di tutti gli altri come un "povero mendicante davanti a Dio" (p. 35). La spiritualità cristocentrica, che più volte viene richiamata, alimentata da un profondo legame con la liturgia (cfr pp. 153- 154); permette di comprendere il comportamento di Benedetto XVI. D'altronde egli stesso lo afferma quando, rispondendo alla domanda sul potere che un Papa possiede, attesta: "Essere Papa non significa porsi come sovrano colmo di gloria, quanto piuttosto rendere testimonianza a Colui che è stato crocifisso e disposto ad esercitare il proprio ministero anche in questa forma in unione con lui" (p. 26). In questa ottica, diventa almeno paradossale leggere l'espressione successiva che sembra contraddire quanto appena affermato mentre, invece, lo colloca nel suo coerente orizzonte di comprensione: "Tutta la mia vita è stata attraversata da un filo conduttore, questo: il cristianesimo dà gioia, allarga gli orizzonti" (p. 27). Insomma, un Papa che continua ad essere ottimista; non in primo luogo per l'oggettiva dinamicità della Chiesa resa evidente da tante forze di spiritualità, ma soprattutto in forza dell'amore che tutto plasma e tutto vince (pp. 90-91).

Un'intervista che per molti versi diventa una provocazione a compiere un serio esame di coscienza dentro e fuori della Chiesa per giungere a una vera conversione del cuore e della mente. Le condizioni di vita della società, l'ecologia, la sessualità, l'economia e la finanza, la stessa Chiesa… sono tutti temi che richiedono un impegno particolare per verificare la direzione culturale del mondo di oggi e le prospettive che si aprono per il futuro. Benedetto XVI non si lascia impaurire dalle cifre dei sondaggi, perché la verità possiede ben altri criteri: "la statistica non è il metro della morale" (p. 204). E' consapevole che siamo dinanzi a un "avvelenamento del pensiero che a priori dà prospettive sbagliate" (p. 77), per questo provoca a cogliere il cammino necessario verso la verità (cfr p. 79-80), per essere capaci di dare genuino progresso al mondo di oggi (cfr p. 70-71). Queste pagine, comunque, lasciano trasparire con chiarezza il pensiero del Papa e alcuni dovranno ricredersi per le descrizioni avventate date nel passato come di un uomo oscurantista e nemico della modernità: "E' importante che cerchiamo di vivere e di pensare il cristianesimo in modo tale che assuma la modernità buona e giusta" (p. 87) con le sue conquiste e con i valori che ha saputo raggiungere a fatica: "Vi sono naturaliter molti temi dai quali emerge per così dire la moralità della modernità. La modernità non consiste solo di negatività. Se così fosse non potrebbe durare a lungo. Essa ha in sé grandi valori morali che vengono proprio anche dal cristianesimo, che solo grazie al cristianesimo, in quanto valori, sono entrati nella coscienza dell'umanità. Là dove essi sono difesi -e devono essere difesi dal Papa- c'è adesione in aree molto vaste" (p. 40). Questi richiami fanno percepire perché il Papa pensi così sovente al tema della nuova evangelizzazione per raggiungere quanti si trovano nella condizione di essere "figli" della modernità avendo colto solo alcuni aspetti del fenomeno, non sempre i più positivi, mentre hanno dimenticato la necessaria ricerca della verità e, soprattutto, l'esigenza di rivolgere la propria vita in una visione unitaria e non contrapposta (cfr p. 87). Questo risulta essere uno dei suoi compiti programmatici con i quali saremo chiamati a confrontarci: "Affrontare con rinnovate forze la sfida dell'annuncio del Vangelo al mondo, impiegare tutte le nostre forze perché vi giunga, fa parte dei compiti programmatici che mi sono stati affidati" (p. 185; cfr 193). Benedetto XVI ritorna spesso in queste pagine al rapporto tra modernità e cristianesimo. Una relazione che non può né deve essere vissuta parallelamente, ma coniugando in modo corretto fede e ragione, diritti individuali e responsabilità sociale. In una parola, "Rimettere Dio al primo posto" (p. 96) per contraddire gran parte della cultura dei decenni passati che ha puntato a dimostrare superflua "l'ipotesi di Dio" (p. 190). Questa è la conversione che Benedetto XVI chiede ai cristiani e a quanti vorranno ascoltare la sua voce: "Rimettere di nuovo in luce la priorità di Dio. La cosa importante oggi è che si veda di nuovo che Dio c'è, che Dio ci riguarda e che ci risponde. E che, al contrario, quando viene a mancare, tutto può essere razionale quanto si vuole, ma l'uomo perde la sua dignità e la sua specifica umanità e così crolla l'essenziale" (p. 100). E' questo il compito che il Papa si prefigge per il suo pontificato e, onestamente, non si può negare quanto esso appaia arduo: "Comprendere la drammaticità del nostro tempo, rimanere saldi nella Parola di Dio come la parola decisiva e al tempo stesso dare al cristianesimo quella semplicità e quella profondità senza delle quali non può operare" (p. 101).

Familiarità, confidenze, ironia, in alcuni momenti sarcasmo ma, soprattutto, semplicità e verità sono i tratti caratteristici di questo colloquio scelto da Benedetto XVI per rendere partecipe il grande pubblico del suo pensiero, del suo modo di essere e del suo modo di concepire la stessa missione che gli è stata affidata. Un'impresa non facile nel periodo della comunicazione che tende spesso a sottolineare solo alcuni frammenti e lascia in ombra la globalità. Un volume da leggere e su cui meditare per comprendere ancora una volta in che modo la Chiesa può essere nel mondo annuncio di una bella notizia che reca gioia e serenità.



INTERVENTO DEL DOTT. LUIGI ACCATTOLI

Suggerisco ai colleghi giornalisti di leggere questo volume come una visita guidata al laboratorio papale di Benedetto XVI e al mondo vitale di Joseph Ratzinger. In tale mondo ha un ruolo decisivo la chiamata alla Cattedra di Pietro che lo sorprese quel pomeriggio d’aprile in maglione nero e con quel maglione nero sotto l’abito bianco lo portò sulla loggia della Basilica di San Pietro. La visita guidata ci dice qualcosa sull’uomo in maglione, su quello con l’abito bianco e sul rapporto tra i due. La mia presentazione si appunterà su questo lato umano del suo modo di fare il Papa.

Vedremo Joseph-Benedetto che dubita e si interroga, o che – a seconda dell’argomento che affronta – è sicuro di sé e della sua parola; che ci informa su come è arrivato a una decisione, che ammette errori e ripensamenti o lascia intravvedere qualche futuro orientamento. Coglieremo per lo più quest’uomo chiamato a fare il Papa nell’atteggiamento con cui viene pubblicando i due volumi su Gesù di Nazaret, che propone non come documenti di magistero ma come attestazioni della propria ricerca del volto del Signore. Anche con queste sei ore di conversazione amicale egli mostra la propria disponibilità a fare di tutto per conquistare in qualche modo qualcuno.

Ci avverte fin dall’inizio che "il Papa può avere opinioni personali sbagliate" e certo dispone della "facoltà della decisione ultima" in materia di fede ma ciò "non significa che possa di continuo produrre infallibilità" (pp. 23s). E’ forse in questa riflessione che va cercata la prima radice del libro-intervista che affronta temi anche ardui in un’attitudine di libertà e di azzardo: azzardo nella testimonianza della fede, si intende.

Egli a più riprese (pp. 28, 135s, 161s, 166, 168) si interroga sui suoi 83 anni e su quanti altri gliene darà il Signore e in nostra presenza – si direbbe – ragiona dell’opportunità delle dimissioni qualora venga a trovarsi nell’impossibilità di adempiere alla sua missione (53). Nella stessa pagina nega di aver pensato a dimettersi per lo scandalo pedofilia: "Non si può scappare proprio nel momento del pericolo". Sappiamo che tutti i Papi contemporanei – da Pio XII in poi – si sono posti il problema delle dimissioni, ma prima di questa intervista nessuno l’aveva fatto in pubblico.

Con analoga schiettezza chiede a se stesso – e quasi anche a noi – "se sia veramente giusto offrirsi sempre alle folle e farsi acclamare come una star", ben sapendo che "le persone hanno il grande desiderio di vedere il Papa" (110). Ragiona sull’opportunità di dire "io" o "noi" (124) e si confessa "timoroso" delle decisioni sulle persone (125).

Tratta ampiamente del conflitto della fede cristiana con il nostro tempo, ma in almeno due passi riconosce con parole impegnative "la moralità della modernità" e l’esistenza di una "modernità buona e giusta" (40 e 87). A queste affermazioni in positivo andrebbero uniti i passaggi in cui riconosce le prevaricazioni religiose del passato: dalle "atrocità" commesse "in nome della verità (79) alle "guerre di religione" (84) e ai "rigorismi" nei confronti della corporeità, con i quali "si giunse a impaurire l’uomo" (150). Nel conflitto con il mondo moderno occorrerà dunque chiedersi a ogni passo "in che cosa il secolarismo ha ragione" e dove gli si dovrà invece "opporre resistenza" (88).

All’occasione pronuncia parole polemiche. "Sono state diffuse moltissime stupidaggini, persino da presunti dotti teologi" dice a proposito del ritiro delle scomuniche ai quattro vescovi lefebvriani (42). Qualifica come "avventurosa, sprecata, stramba" l’esistenza di Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo (65). "E’ una stupidaggine, perché allora il mondo era pieno di sacerdotesse" esclama quando l’intervistatore evoca l’argomento che "duemila anni fa sarebbe stato impensabile" per Gesù "chiamare le donne al sacerdozio" (209).

In una delle pagine più felici usa un’espressione creativa per aiutare a comprendere il mistero della risurrezione: "Nella risurrezione [Dio] ha potuto creare una forma nuova di esistenza; al di là della biosfera e della noosfera ha posto in essere una nuova sfera, nella quale l’uomo e il mondo giungono all’unità con Dio" (232). Altre volte trattò dell’amore come "traccia" della Trinità inscritta nel "genoma" umano (7 giugno 2009), o svolse similitudini inventive tra il mistero eucaristico e la fissione nucleare (21 agosto 2005).

Non teme di usare espressioni come "peccaminosità della Chiesa" e "quanto misera sia la Chiesa" (241). Il termine "sporcizia" per indicare il peccato che è nella Chiesa – tipico già del teologo e del cardinale Ratzinger, da Introduzione al cristianesimo (1968) alla Via Crucis del 2005 – ricorre nel volume almeno tre volte a proposito della pedofilia del clero e dello "shock enorme" che ha provocato (44s e 59).

Sempre per la sporcizia vi è un ripetuto riconoscimento del ruolo positivo dei media, che aveva già espresso in diverse occasioni ma mai così esplicitamente: "Sin tanto che si tratta di portare alla luce la verità, dobbiamo essere riconoscenti" (49 e 61). Su questo tema ci regala uno degli aforismi più efficaci del volume: "Solo perché il male era dentro la Chiesa, gli altri hanno potuto rivolgerlo contro di lei" (49).

Pronuncia dei "sì" e dei "no" asciutti e su questioni di rilievo, proprio quelle risposte che noi giornalisti amiamo quando facciamo interviste: dice che comprende chi "per protesta lascia la Chiesa" a motivo degli scandali (55); assicura che non avrebbe tolto la scomunica al vescovo Williamson senza condurre un’ulteriore istruttoria se avesse saputo delle sue posizioni negazioniste della Shoah (174). Di Williamson dice anche che "non è mai stato cattolico nel senso proprio del termine: era anglicano e dagli anglicani è passato direttamente a Lefebvre" (175).

Spiega l’itinerario che l’ha portato alla decisione sulle scomuniche dei vescovi lefebvriani, facendo presente che si è seguito lo stesso criterio adottato per i vescovi cinesi ordinati senza il mandato papale e che una tale soluzione era stata prevista prima della sua elezione: "Già sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II in un incontro dei capi dicastero era stato deciso di revocare la scomunica nel caso fosse giunta una lettera del genere", attestante cioè il "riconoscimento" del Primato papale (42 e 174).

Motiva e precisa la novità della preghiera per gli ebrei (155). Difende Pio XII indicandolo come "uno dei grandi giusti" e spiega come si sia informato su ciò che contengono gli archivi prima di approvarne le "virtù eroiche" (157ss). Traccia l’itinerario che l’ha condotto a volere – alla comunione – i fedeli inginocchiati a ricevere l’ostia nella bocca (219).

Cerca con cautela e coraggio una via pragmatica attraverso cui i missionari e altri operatori ecclesiali possano aiutare a vincere la pandemia dell’aids senza approvare ma anche senza escludere – in casi particolari – l’uso del profilattico (169ss). Riafferma il carattere "profetico" dell’Humanae Vitae di Paolo VI ma non si nasconde l’esistenza di una vera difficoltà a "trovare strade umanamente percorribili" per dare seguito a quella profezia e riconosce che "in questo campo molte cose debbono essere ripensate ed espresse in modo nuovo" (203-207).

Si mostra fiducioso sui possibili sviluppi del ritorno alla Chiesa Cattolica di gruppi di anglicani, quasi curioso di vedere "fino a che punto possono salvaguardare la propria tradizione e la forma di vita loro propria" (142), nella quale c’è anche quella dell’ordinazione degli sposati. Il Papa non ne parla, ma in altra pagina del volume, a proposito del celibato afferma di "poter capire" che i vescovi "riflettano" sulla possibilità di ordinare "anche" uomini sposati e aggiunge: "Il difficile viene quando bisogna dire come una simile coesistenza dovrebbe configurarsi" (208).

Si dichiara "molto ottimista rispetto al fatto che il Cristianesimo si trovi di fronte a una dinamica nuova" che forse lo porterà ad assumere "un aspetto culturale diverso" (90s); ma anche "deluso" perché "la tendenza generale del nostro tempo è di ostilità alla Chiesa" (183). Forse la frase più amara del volume riguarda le ostilità sperimentate in patria: "Nella Germania cattolica esiste un numero considerevole di persone che, per così dire, aspetta solo di colpire il Papa" (179).

Sogna il ritrovamento della "semplicità" e "radicalità" del Vangelo e del cristianesimo: queste espressioni ricorrono almeno sei volte e le indico come il maggior dono che egli chiede al suo Signore: "Ora si tratta di portare avanti quanto iniziato [da Giovanni Paolo II: ‘Tessiamo il medesimo pezzo di stoffa’] e di comprendere la drammaticità del nostro tempo, di rimanere saldi nella Parola di Dio come la parola decisiva e al tempo stesso di dare al Cristianesimo quella semplicità e quella profondità senza le quali non può operare" (101; vedi anche 114s, 231s, 242).

La visita guidata al laboratorio papale tocca altre stanze, ma quelle che abbiamo attraversato bastano a darci l’immagine di un Pontificato ricco di invocazioni a Dio e di domande agli uomini. La lettura dell’intervista aiuta a comprendere – e se possibile amare – il mondo di Joseph Ratzinger, il suo singolare destino umano e il suo servizio alla Chiesa.
+PetaloNero+
00martedì 23 novembre 2010 15:25
COMUNICATO: SESSIONE PLENARIA DELLA COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE (29 NOVEMBRE - 3 DICEMBRE 2010)

La Commissione Teologica Internazionale, presieduta da Sua Eminenza il Cardinale William Joseph Levada, terrà la sua Sessione plenaria dal 29 novembre al 3 dicembre 2010 presso la "Domus Sanctae Marthae" in Vaticano, sotto la direzione del Rev.do Padre Charles Morerod, OP, Segretario Generale.

La Commissione studierà tre temi di notevole importanza. Il primo è la questione dei principi della teologia, il suo senso e il suo metodo; al riguardo un significativo contributo è stato già elaborato durante il precedente quinquennio 2004-2008. Il secondo tema è la questione dell'unico Dio in rapporto alle tre religioni monoteistiche. Il terzo tema è quello dell'integrazione della Dottrina sociale della Chiesa nel contesto più ampio della Dottrina Cristiana.

Al termine dei lavori della Sessione Plenaria, i membri della Commissione Teologica Internazionale saranno ricevuti in Udienza dal Santo Padre nel Palazzo Apostolico.

+PetaloNero+
00mercoledì 24 novembre 2010 15:41
COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE IN MERITO ALL’ORDINAZIONE EPISCOPALE A CHENGDE (PROVINCIA DI HEBEI, CINA CONTINENTALE)


Ordinazione episcopale a Chengde

(Provincia di Hebei, Cina Continentale)

Riguardo all’ordinazione episcopale del Rev.do Giuseppe Guo Jincai, avvenuta sabato 20 novembre corrente, sono state raccolte informazioni su quanto è accaduto e si è ora in grado di precisare quanto segue:

1. Il Santo Padre ha appreso la notizia con profondo rammarico, poiché la suddetta ordinazione episcopale è stata conferita senza il mandato apostolico e, perciò, rappresenta una dolorosa ferita alla comunione ecclesiale e una grave violazione della disciplina cattolica (cfr Lettera di Benedetto XVI alla Chiesa in Cina, 2007, n. 9).

2. È noto che, negli ultimi giorni, diversi Vescovi sono stati sottoposti a pressioni e a restrizioni della propria libertà di movimento, allo scopo di forzarli a partecipare e a conferire l’ordinazione episcopale. Tali costrizioni, compiute da Autorità governative e di sicurezza cinesi, costituiscono una grave violazione della libertà di religione e di coscienza. La Santa Sede si riserva di valutare approfonditamente l’accaduto, tra l’altro sotto il profilo della validità e per quanto riguarda la posizione canonica dei Vescovi coinvolti.

3. In ogni caso, ciò si ripercuote dolorosamente, in primo luogo, sul Rev.do Giuseppe Guo Jincai che, in forza di tale ordinazione episcopale, si trova in una gravissima condizione canonica di fronte alla Chiesa in Cina e alla Chiesa universale, esponendosi anche alle pesanti sanzioni previste, in particolare, dal canone 1382 del Codice di Diritto Canonico.

4. Tale ordinazione non soltanto non aiuta il bene dei Cattolici a Chengde, ma li mette in una condizione assai delicata e difficile, anche sotto il profilo canonico, e li umilia, perché le Autorità civili cinesi vogliono imporre loro un Pastore che non è in piena comunione, né con il Santo Padre né con gli altri Vescovi sparsi nel mondo.

5. Più volte, durante l’anno corrente, la Santa Sede ha comunicato con chiarezza alle Autorità cinesi la propria opposizione all’ordinazione episcopale del Rev.do Giuseppe Guo Jincai. Nonostante ciò, dette Autorità hanno deciso di procedere unilateralmente, a scapito dell’atmosfera di rispetto, faticosamente creata con la Santa Sede e con la Chiesa cattolica attraverso le recenti ordinazioni episcopali. Tale pretesa di mettersi al di sopra dei Vescovi e di guidare la vita della comunità ecclesiale non corrisponde alla dottrina cattolica, offende il Santo Padre, la Chiesa in Cina e la Chiesa universale, e rende più intricate le difficoltà pastorali esistenti.

6. Papa Benedetto XVI, nella summenzionata Lettera del 2007, ha espresso la disponibilità della Santa Sede a un dialogo rispettoso e costruttivo con le Autorità della Repubblica Popolare Cinese, al fine di superare le difficoltà e normalizzare i rapporti (n. 4). Nel riaffermare tale disponibilità, la Santa Sede constata con rammarico che le Autorità lasciano alla dirigenza dell’Associazione Patriottica Cattolica Cinese, sotto l’influenza del Sig. Liu Bainian, assumere atteggiamenti che danneggiano gravemente la Chiesa cattolica e ostacolano detto dialogo.

7. I Cattolici di tutto il mondo seguono con particolare attenzione il travagliato cammino della Chiesa in Cina: la solidarietà spirituale, con cui accompagnano le vicende dei fratelli e delle sorelle cinesi, diventa fervida preghiera al Signore della storia, affinché sia loro vicino, accresca la loro speranza e fortezza, e doni loro consolazione nei momenti della prova.

24 Novembre 2010
+PetaloNero+
00venerdì 26 novembre 2010 15:37
COMUNICATO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO COR UNUM: ESERCIZI SPIRITUALI PER I RESPONSABILI DELLE CARITAS DIOCESANE E ALTRE AGENZIE ECCLESIALI DEL CONTINENTE EUROPEO (CZĘSTOCHOWA, 29 NOVEMBRE - 3 DICEMBRE 2010)



Il Pontificio Consiglio Cor Unum, "istanza della Santa Sede responsabile per l’orientamento e il coordinamento tra le organizzazioni e le attività caritative promosse dalla Chiesa cattolica" (Deus caritas est, 32), ha organizzato degli Esercizi Spirituali per i Responsabili delle Caritas diocesane e altre agenzie ecclesiali del continente europeo. Gli Esercizi si svolgeranno presso il santuario mariano di Jasna Gora, Częstochowa, in Polonia, dal lunedì 29 novembre al venerdì 3 dicembre 2010. Il tema degli Esercizi è "Eccomi, Signore!" (Is 6, 8).

La prima enciclica di Sua Santità Benedetto XVI, Deus caritas est, auspica una "formazione del cuore" di quanti operano nelle istituzioni caritative della Chiesa, così che essi possano essere condotti "a quell’incontro con Dio in Cristo che susciti in loro l’amore e apra il loro animo all’altro" (n. 31a). Gli Esercizi Spirituali intendono venire incontro a questa necessità, attraverso una "scuola di approfondimento della fede". Oltre all’assistenza materiale, peraltro necessaria, la sofferenza umana ha bisogno di ricevere quel messaggio pieno di speranza che soltanto il Cristo può donare, attraverso la testimonianza di fede dei credenti.

È il terzo incontro di questo genere. Nel giugno 2008, 500 responsabili della missione caritativa della Chiesa cattolica nel Nord America, nell’America Latina e nei Caraibi si sono riuniti a Guadalajara, in Messico. Per l’Asia, l’incontro ha avuto luogo nel settembre 2009 a Taipei, Taiwan, e hanno partecipato 450 persone.















CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLA "FONDAZIONE VATICANA JOSEPH RATZINGER - BENEDETTO XVI"



Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione della "Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger - Benedetto XVI".

Intervengono: l’Em.mo Card. Camillo Ruini, Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione; il Rev.mo Mons. Giuseppe Antonio Scotti, Presidente della Fondazione; il Rev.do P. Dr. Stephan Otto Horn, S.D.S., Presidente del "Ratzinger Schülerkreis" e Presidente della "Joseph Ratzinger Papst Benedict XVI. - Stiftung" (Monaco di Baviera).

Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:


INTERVENTO DEL REV.MO MONS. GIUSEPPE ANTONIO SCOTTI

Il 1° marzo di quest’anno il Santo Padre Benedetto XVI ha disposto la nascita di una Fondazione denominata "Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger – Benedetto XVI" rispondendo così al desiderio manifestato da molti studiosi nel corso degli anni. Dotata di personalità giuridica canonica pubblica e civile vaticana la Fondazione ha lo scopo di promuovere ricerche e studi sul pensiero del Prof. Joseph Ratzinger, di organizzare convegni di alto valore scientifico e, infine, di premiare studiosi che si sono contraddistinti per particolari meriti nella ricerca scientifica. Questo il dato di cronaca, la notizia in senso stretto che si può trovare anche su internet cliccando "www.fondazioneratzinger.va".

Ora, però, si può cercare di capire qualcosa di più e che fa da quadro al sobrio dato di cronaca. E qui non si può dimenticare la veglia di preghiera con il Santo Padre dello scorso 10 giugno, a conclusione dell’Anno sacerdotale. Un sacerdote della Costa d’Avorio, don Mathias Agnero, ha chiesto a Benedetto XVI: "Lei è un Papa teologo", ebbene "come non disorientarci nella nostra vita e nel nostro ministero, quando è il mondo che giudica la fede e non viceversa?"

Il Papa, cogliendo l’importanza della domanda, in quel contesto di preghiera, ha invitato i presenti a riflettere con maggior precisione sul significato della teologia e del fare teologia. In particolare ha affermato che anche oggi "c’è bisogno di una teologia che vuol conoscere di più per amore dell’amato" aggiungendo che c’è bisogno di teologi che abbiano coraggio e, per parte sua, lui vorrebbe "dire un grande grazie ai tanti teologi che fanno un buon lavoro" ponendo in risalto uno degli aspetti del lavoro teologico: "abbiamo fiducia in questo Magistero permanente della comunione dei Vescovi con il Papa".

Il senso e lo scopo della Fondazione è anzitutto quello di porre l’accento sulla teologia. E lo si vuol fare – per usare ancora le parole che Benedetto XVI ha detto in altra occasione - perché il teologo, nel suo studiare, riflettere, lavorare e vivere "viene in contatto con Colui dal quale la teologia stessa proviene: con il Dio vivente" e aiutando a conoscerlo e ad amarlo si permette all’uomo di vivere in pienezza anche in questo tempo.

Il Papa chiede ai suoi interlocutori il coraggio di porre di nuovo al centro della riflessione la questione di Dio, "il Dio vivente", come ha detto Benedetto XVI ricevendo il 25 ottobre i partecipanti al Simposio Internazionale su Erik Peterson. Parlando a braccio, in tedesco, ha affermato che "una teologia che impiega tutta la serietà storica per comprendere e studiare i testi, analizzandoli con tutta la serietà della ricerca storica, e che non li lascia rimanere nel passato, ma che, nella sua investigazione, partecipa all’autosuperamento della lettera, entra in questo autosuperamento e si lascia condurre da esso e così viene in contatto con Colui dal quale la teologia stessa proviene: con il Dio vivente. E così lo iato tra il passato, che la filologia analizza, e l’oggi è superato di per se stesso, perché la parola conduce all’incontro con la realtà. E l’attualità intera di quanto è scritto, che trascende se stesso verso la realtà, diventa viva e operante". Sono concetti che, con parole più semplici, abbiamo tutti letto in Luce del mondo là dove il Papa all’intervistatore dice "credo che oggi…il nostro grande compito sia in primo luogo quello di rimettere di nuovo in luce la priorità di Dio".

La Fondazione vuole dunque invitare gli studiosi, i teologi, i ricercatori ad essere capaci di dire che "Dio ci riguarda e che ci risponde". In questa prospettiva è interessante ascoltare di nuovo quanto ha detto il Papa ricevendo una delegazione della Facoltà Teologica dell’Università di Tubinga: "L’università, l’umanità ha bisogno di domande". E poi "Laddove non vengono più poste domande, fino a quelle che toccano l’essenziale e vanno oltre ogni specializzazione, non riceviamo più nemmeno delle risposte. Solo se domandiamo e se con le nostre domande siamo radicali, così radicali come deve essere radicale la teologia, al di là di ogni specializzazione, possiamo sperare di ottenere delle risposte a queste domande fondamentali che ci riguardano tutti. Innanzitutto dobbiamo domandare. Chi non domanda non riceve risposta. Ma, aggiungerei, per la teologia occorre, oltre il coraggio di domandare, anche l’umiltà di ascoltare le risposte che ci dà la fede cristiana, l’umiltà di percepire in queste risposte la loro ragionevolezza e di renderle in tal modo nuovamente accessibili al nostro tempo e a noi stessi. Così non solo si costituisce l’università, ma anche si aiuta l’umanità a vivere".

Fin qui, lasciando che fosse soprattutto il Papa a spiegare, si è cercato di dire il perché e il senso della "Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger – Benedetto XVI": quella di affrontare insieme la scommessa d’aiutare l’umanità a vivere, ben sapendo che, come si legge in Luce del mondo "essere uomini è qualcosa di grande". Ecco perché il nostro tempo ha bisogno di pensatori e studiosi capaci di porre Dio al cuore della riflessione. Come la Fondazione sta progettando di sostenere una simile scommessa tutta proiettata sul futuro, lo racconterà fra poco il card. Camillo Ruini.

Fin qui i motivi che hanno dato vita e sono al cuore dell’agire, nel prossimo futuro, della Fondazione Vaticana, di cui P. Stephan Horn dirà dei legami operativi molto stretti stabiliti con la "Joseph Ratzinger Papst Benedict XVI. – Stiftung".

Adesso, come ultima cosa, un accenno ai fondi che daranno alla Fondazione la possibilità di vivere, crescere e svilupparsi. Il Papa rispondendo a Seewald in Luce del mondo ha detto che "mai dovrebbe accadere che i beni ci dominano, che a loro assoggettiamo il bene, ma il contrario" e prima, nell’Enciclica Caritas in Veritate, aveva affermato che "La vittoria sul sottosviluppo richiede … la progressiva apertura, in contesto mondiale, a forme di attività economica caratterizzate da quote di gratuità e di comunione." (n. 39).

Ecco perché il primo, consistente contributo alla neonata Fondazione, è stato dato dallo stesso Pontefice che ha voluto mettere a disposizione buona parte dei proventi economici derivanti dai suoi diritti d’autore.

È l’inizio del capitale della Fondazione Vaticana. Altri aiuti economici, sono certo, arriveranno dalle moltissime persone che condividono, con il Papa, la convinzione che occorre aiutare l’umanità a vivere. Persone che sono fermamente convinte e che il futuro dell’uomo passa attraverso la piena e visibile cittadinanza di Dio e che occorre sostenere quegli uomini e quelle donne che hanno "l’audacia di dire: sì, l’uomo deve cercare la verità; egli è capace di verità".



INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. CAMILLO RUINI

Dopo l’intervento di Mons. Scotti, a me tocca anzitutto illustrare i compiti del Comitato Scientifico della Fondazione, precisati nell’art. 11 dello Statuto. Come sapete, il Comitato è composto dai Cardinali Tarcisio Bertone e Angelo Amato, da Mons. Jean-Louis Bruguès e da Mons. Luis Francisco Ladaria, oltre che da me. Le sue competenze si articolano in tre punti: anzitutto elaborare i criteri e gli obiettivi della programmazione annuale e pluriennale delle attività della Fondazione. In secondo luogo stabilire criteri di eccellenza per l’istituzione e l’assegnazione di premi agli studiosi che si sono distinti nelle attività di pubblicazione e/o di ricerca scientifica. Organizzare, infine, iniziative di alto valore culturale e scientifico. Si tratta dunque di un organo non di governo ma piuttosto di indirizzo, il cui obiettivo fondamentale è orientare le attività della Fondazione verso "livelli di assoluta eccellenza", come è sottolineato nell’art. 2 dello Statuto, che determina lo scopo della Fondazione, precisando che essa persegue finalità scientifiche e culturali volte alla promozione e allo studio della teologia, con particolare riferimento alla Sacra Scrittura, alla Patristica e alla Teologia Fondamentale, e "si ispira all’opera e al pensiero del Prof. Joseph Ratzinger – ora Sua Santità Benedetto XVI –".

In concreto la Fondazione Vaticana, come ha già accennato Mons. Scotti, intende operare in stretta collaborazione e sinergia con la "Joseph Ratzinger Papst Benedikt XVI. – Stiftung", che già provvede a organizzare iniziative di sicuro valore culturale e scientifico. Perciò la Fondazione Vaticana e il nostro Comitato Scientifico si impegneranno soprattutto nell’istituzione e assegnazione di premi agli studiosi, sulla base di quei criteri di autentica eccellenza a cui lo Statuto ci richiama. Se mi è lecita una battuta scherzosa, che contiene però anche un auspicio, vorremmo che questi "Premi Ratzinger" potessero essere considerati, con il passare del tempo, qualcosa di analogo a un Premio Nobel per la teologia.

Si tratta certamente di un traguardo ambizioso, come ambiziosi sono, in generale, gli obiettivi della Fondazione, ma questa ambizione è giustificata dallo spessore dell’opera teologica di colui del quale la Fondazione porta il nome. Penso di poter esprimere un giudizio di questo genere perché sono un "fruitore" della teologia di Joseph Ratzinger fin dal lontano 1969, quando avevo appena iniziato a insegnare teologia e veniva pubblicata la versione italiana del celebre libro del Prof. Ratzinger Introduzione al cristianesimo: perciò già nell’aprile 1971, come Preside dell’Istituto Teologico di Reggio Emilia, invitavo a Reggio il Prof. Ratzinger, per parlare sia ai docenti e studenti dello Studio Teologico sia alla cittadinanza.

Quella di Ratzinger è una teologia che si muove in avanti, guarda al presente e al futuro, a partire da una straordinaria conoscenza delle origini e della storia della fede cristiana. La capacità, e vorrei dire il gusto, di tenere insieme questi due aspetti, facendo scaturire l’innovazione dall’interno della fedeltà, accomuna Joseph Ratzinger ai grandi maestri delle diverse epoche cristiane. Non per caso la Fondazione a lui dedicata dovrà avere particolare attenzione da una parte agli studi biblici e patristici, dall’altra alla Teologia Fondamentale, il cui scopo è far emergere la verità, il significato e la bellezza del cristianesimo in rapporto alla cultura e alla società del proprio tempo.

Una seconda caratteristica del teologo e del Pastore Joseph Ratzinger-Benedetto XVI è quella della "comprensibilità" del suo pensiero. La sua teologia non è scritta in "ecclesialese", e nemmeno in "teologhese", e perciò viene compresa e gustata anche da chi non è teologo. Non si tratta soltanto di quelle doti di chiarezza espositiva che presuppongono una vera padronanza delle questioni che si affrontano. La comprensibilità della teologia di Joseph Ratzinger viene anche dalla sua concretezza, dal suo senso della storia e delle realtà del nostro tempo; in ultima analisi, dall’amore per Dio e per l’uomo che è l’anima profonda di questa teologia. Perciò egli è un teologo non solo nel significato accademico e specialistico di questa disciplina, ma anche in un senso più ampio, vale a dire come colui che è in grado di dire una parola veramente "teologica" – frutto cioè della riflessione credente – sui problemi e le situazioni che toccano l’uomo di oggi e l’uomo di sempre.

Il libro-intervista Luce del Mondo è particolarmente significativo a questo riguardo. L’intervistatore conduce il Papa a parlare molto del suo ministero e dei suoi stati d’animo, ma anche in questa forma, che potremmo dire "autobiografica" e che come tale è particolarmente accessibile e stimolante, Benedetto XVI riesce a comunicare, con molta naturalezza, il nucleo vitale della sua teologia.

Concludo esprimendomi ancora come "fruitore" di questa teologia. Joseph Ratzinger, per i compiti a cui il Signore lo ha chiamato, non ha avuto la possibilità di pubblicare una trattazione sistematica dell’intera teologia, e probabilmente questa non era nemmeno la forma più adatta a un pensiero creativo e concreto come il suo. Coloro però che fanno il mestiere di teologo e intendono avvalersi dei suoi molteplici contributi si imbattono spesso nella difficoltà di reperire i libri o gli articoli in cui egli ha affrontato l’uno o l’altro argomento. Perciò la pubblicazione dell’Opera Omnia, a cui le editrici Herder e Vaticana hanno posto mano, è un’impresa di grande utilità pratica, oltre che un lavoro destinato a garantire perenne fruibilità scientifica al pensiero di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI.



INTERVENTO DEL REV.DO P. DR. STEPHAN OTTO HORN, S.D.S.

Già anni prima dell’elezione del Cardinal Ratzinger al Pontificato, i suoi ex-allievi hanno avuto il pensiero di creare una Fondazione Joseph Ratzinger. Non sentivano solamente una profonda gratitudine verso il loro maestro ma anche una grande convinzione dell’importanza della sua teologia per la Chiesa. Questi motivi ci hanno spinto a fondare un Centro di documentazione e di studi ed a progettare convegni e altre attività simili per promuovere lo studio della sua teologia e di fare fecondo il suo pensiero per oggi e per il futuro.

All’incontro del Schülerkreis col Santo Padre a Castelgandolfo nel 2007 abbiamo ricevuto la sua approvazione di creare una fondazione autonoma. Il 21 dicembre dello stesso anno la fondazione fu approvata come fondazione civile con la sede a Monaco di Baviera. Già l’anno prima era nata l’idea di riunire intorno allo Schülerkreis un nuovo Schülerkreis di giovani teologi che nei loro lavori scientifici avevano studiato la sua teologia o volevano fare una analoga tesi. Così la "Fondazione Joseph Ratzinger Papa Benedetto XVI" poteva nascere in una comunità di accademici capaci di portare la fondazione verso il futuro. Come lo Schülerkreis anche il Nuovo Schülerkreis riunisce teologi di varie lingue e provenienti da diversi continenti.

La nostra fondazione ha una direzione chiara e progetti di ampio respiro. La fondazione ha lo scopo di promuovere lo studio della teologia e spiritualità di Ratzinger, di diffondere e far assimilare il suo pensiero dalla Chiesa e dalla società. In questa maniera, la sua memoria sarà preservata per il futuro.

Invece di dare ulteriori informazioni sul programma, descritto anche dal nostro Sito web (www.ratzinger-papst-benedikt-stiftung.de), voglio dare alcune informazioni sui nostri progetti.

Con l’università di Ratisbona abbiamo fatto un accordo di istituire e di sostenere una cattedra per un visiting professor nella facoltà di Teologia, durante il semestre estivo. Ciò si svolgerà per la prima volta l’anno prossimo o nell’anno seguente. A Salisburgo abbiamo realizzato già nel settembre di questo anno una "Accademia Benedetto" (Benediktakademie) per giovani scienziati. Il tema è stato "L’Europa e le sue radici cristiane". A Roma vogliamo creare un centro-studi della sua teologia e spiritualità e abbiamo fatto i primi passi in collaborazione con la Casa Balthasar – un’istituzione per il discernimento della vocazione di giovani uomini cattolici. Abbiamo raccolto anche le memorie di più di quaranta ex-allievi di Ratzinger per archiviarle. Non volevamo perdere questa fonte singolare della vita del nostro maestro.

Siamo in buone relazioni formali e personali e collaboriamo con altre istituzioni che hanno una simile finalità, specialmente con l’Istituto Benedetto XVI di Ratisbona (che ha lo scopo di fare un’edizione integrale degli scritti di J. Ratzinger) e con la Fondazione Heimathaus di Marktl.

Siamo felici di avere relazioni privilegiate con la nuova Fondazione Vaticana. Essendo noi una fondazione autonoma e civile di Monaco di Baviera, siamo grati di sviluppare nel futuro una relazione tanto speciale e una collaborazione veramente stretta con la Fondazione Vaticana.

Anche perché abbiamo entrambi uno scopo comune: lavorare per la promozione della teologia e della spiritualità di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, vista anche come fonte di inspirazione per una nuova teologia e spiritualità.


+PetaloNero+
00sabato 27 novembre 2010 15:39
COMUNICATO: XV RIUNIONE DEL CONSIGLIO SPECIALE PER L’AMERICA DELLA SEGRETERIA GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI (16-17 NOVEMBRE 2010)


Nell’Esortazione Apostolica postsinodale Ecclesia in America diversi sono i richiami alla Nuova evangelizzazione per la trasmissione delle fede cristiana. Su questo tema di grande attualità, in vista della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, ed anche su altri argomenti riguardanti la vita della Chiesa nel Continente, si sono concentrati i lavori della quindicesima riunione del Consiglio Speciale per l’America della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, svoltasi nei giorni 16-17 novembre 2010 nella sede della Segreteria Generale.

Sotto la guida del Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, S.E.R. Mons. Nikola ETEROVIĆ, Arcivescovo titolare di Cibale, hanno partecipato alla riunione: S.Em.R. Card. Nicolás de Jesús LÓPEZ RODRÍGUEZ, Arcivescovo di Santo Domingo (Repubblica Domenicana); S.Em.R. Card. Juan SANDOVAL ÍÑIGUEZ, Arcivescovo di Guadalajara (Messico); S.Em.R. Card. Oscar Andrés RODRÍGUEZ MARADIAGA, S.D.B., Arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras); S.E.R. Mons. Baltasar PORRAS CARDOZO, Arcivescovo di Mérida (Venezuela); S.E.R. Mons. José María ARANCIBIA, Arcivescovo di Mendoza (Argentina); S.E.R. Mons. Edmundo Luis Flavio ABASTOFLOR MONTERO, Arcivescovo di La Paz (Bolivia); S.E.R. Mons. Iván Antonio MARÍN LÓPEZ, Arcivescovo di Popayán (Colombia); S.E.R. Mons. Luiz Demétrio VALENTINI, Vescovo di Jales (Brasile); S.E.R. Mons. Fernando Antônio FIGUEIREDO, O.F.M., Vescovo di Santo Amaro (Brasile), e S.E.R. Mons. Alvaro Leonel RAMAZZINI IMERI, Vescovo di San Marcos (Guatemala).

Non hanno potuto partecipare alla riunione: S.Em.R. Card. Jean-Claude TURCOTTE, Arcivescovo di Montréal (Canada); S.Em.R. Card. William Joseph LEVADA, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (Vaticano); S.Em.R. Card. Francis Eugene GEORGE, O.M.I., Arcivescovo di Chicago (Stati Uniti d’America); S.E.R. Mons. Kelvin Edward FELIX, Arcivescovo di Castries (Santa Lucia) e S.E.R. Mons. José Horacio GÓMEZ, Arcivescovo Coadiutore di Los Angeles (Stati Uniti d’America).

Per la Segreteria Generale hanno partecipato il Sotto Segretario Mons. Fortunato Frezza, Mons. Etienne Brocard, Mons. Daniel Estivill, il Rev. Ambrogio Ivan Samus e il Rev. Zvonimir Seršič.

L’ordine del giorno prevedeva, tenendo conto dell’Ecclesia in America, la considerazione della situazione sociale ed ecclesiale nei diversi paesi del Continente.

Al riguardo, si notano molti segni di speranza ma anche alcuni di preoccupazione. Si registra con soddisfazione uno sviluppo economico positivo in alcuni Paesi, anche se bisognerebbe favorire una distribuzione più equa delle ricchezze e delle risorse naturali. In questo senso, cresce la coscienza ecologica presso le popolazioni, allo scopo di salvaguardare il creato e, dunque, di promuovere un uso ragionevole delle materie prime. Inoltre vi sono tentativi di una maggiore integrazione continentale vista, in genere, con favore dalla Chiesa Cattolica, che cerca di ricuperare l’unità di tutto il Continente in fedeltà allo spirito di comunione, proposto come orientamento pastorale nell’Esortazione Apostolica postsinodale Ecclesia in America. Tra i segni di preoccupazione è da segnalare l’allarmante situazione sociale di Haiti, conseguenza del terremoto, che si protrae nel tempo aggravata dall’epidemia del colera. La solidarietà manifestata concretamente da governi stranieri e da organismi ecclesiali produrrebbe migliori frutti se gli enti locali fossero più capaci di predisporre organicamente gli aiuti ricevuti.

Il movimento migratorio rappresenta uno degli aspetti di maggiore preoccupazione. Si verifica da una parte l’emigrazione dai paesi più poveri verso i più ricchi, con conseguenze di diverso tipo: da un impoverimento delle risorse umane dei paesi che subiscono l’emigrazione, alla problematica sociale generata nei paesi che ricevono l’immigrazione. Gravi difficoltà incontrano gli immigrati in situazione irregolare e spesso rimpatriati con la forza nei Paesi di origine. La Chiesa è impegnata nella promozione di programmi sociali e di assistenza religiosa agli immigrati, allo scopo di aiutare l’integrazione culturale e la pace sociale.

Ulteriori preoccupazioni provengono dalla produzione e dal traffico della droga, dal traffico delle armi, dalla violenza e dalla corruzione politica, che restano grandi sfide per numerosi Stati, nonostante alcuni successi nella lotta contro tali mali sociali. Particolare attenzione merita la promozione di una serie di leggi contrarie alle norme etiche (leggi sull’aborto, sull’eutanasia e sui matrimoni tra persone dello stesso sesso), e l’infiltrarsi di uno spirito non conforme ai valori cristiani nel campo dell’educazione dei giovani e della comunicazione.

Dal punto di vista sociale, occorre prendere nota, con soddisfazione, che in vari Paesi si svolge regolarmente il processo elettorale, incluse le elezioni di Presidenti, secondo le norme delle rispettive Costituzioni. Tuttavia, non mancano tentativi ideologici di rivedere gli ordinamenti costituzionali e legislativi, provocando tensioni interne, anche con le Chiese locali, con ripercussioni nei rapporti internazionali. In questo contesto si tenta di ignorare la Chiesa Cattolica, escludendola come partner nel dialogo sociale, nonostante l’alta credibilità di cui essa gode a livello popolare.

Nel campo ecclesiale, motivo di consolazione è l’aumento delle vocazioni al sacerdozio, anche se assai diversificato sia nei Paesi sia nelle diocesi. Inoltre, la V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi (13-31 maggio 2007, Aparecida), ha suscitato notevole speranza. In questo senso, sono stati avviati ovunque programmi pastorali a livello locale per applicare le relative linee pastorali del Documento Conclusivo di Aparecida, in continuità con gli orientamenti dell’Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in America. Di particolare importanza è la coscienza che tutta la Chiesa nel Continente deve essere in stato di missione. I risultati di tale opera di evangelizzazione sono assai positivi.

Inoltre, è stata valutata molto positiva la ripercussione della XII Assemblea Generale Ordinaria sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, così come la rispettiva Esortazione Apostolica postsinodale Verbum Domini, recentemente promulgata dal Santo Padre Benedetto XVI e resa pubblica l’11 novembre scorso. Infatti, l’Assemblea sinodale ha contribuito a rinnovare la devozione e la vita spirituale del Popolo di Dio in America, soprattutto per quanto riguarda la lectio divina, e ora si auspica un nuovo slancio biblico-pastorale a partire dal Documento postsinodale. È particolarmente significativa la partecipazione dei giovani ai gruppi biblici.

L’altro punto dell’ordine del giorno, che è stato oggetto di riflessione, riguardava le aspettative della Chiesa in America circa la XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema: La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, che avrà luogo dal 7 al 28 ottobre 2012. Il tema della nuova evangelizzazione è uno degli argomenti principali dell’Ecclesia in America, come ha messo in risalto nella sua prolusione il Segretario Generale, l’Ecc.mo Nikola Eterovi, ed è appropriato per favorire la discussione sulla questione già assai vivace nelle Chiese particolari e in seno al C.E.L.AM. Tale esperienza potrà essere molto utile nell’ulteriore approfondimento del contenuto della nuova evangelizzazione nell’attuale contesto sociale e culturale dell’America. A questo proposito, i partecipanti hanno riferito il vivo interesse suscitato nelle chiese locali dalla scelta del tema per la prossima Assise sinodale, ritenuto di grande attualità e importanza. In effetti, l’annuncio del Vangelo con rinnovato fervore, con nuovi metodi ed espressioni, è già una costante preoccupazione dei Pastori e per questo motivo esso trova un luogo privilegiato nei programmi pastorali a livello locale, nazionale e continentale della Chiesa in America. In attesa della pubblicazione dei Lineamenta, in corso di preparazione presso la Segreteria Generale, i Membri del Consiglio si sono impegnati a promuovere ancora iniziative in relazione al tema scelto e a collaborare attivamente nelle diverse Conferenze Episcopali al processo sinodale.

Ulteriori sviluppi della vita della Chiesa nel Continente saranno oggetto della prossima riunione del Consiglio Speciale per l’America della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, che si terrà dal 27 al 28 ottobre 2011. La presente riunione si è conclusa con la preghiera, affidando all’intercessione della Beata Vergine Maria, Nostra Signora di Guadalupe, il compito della nuova evangelizzazione del Continente americano.

+PetaloNero+
00lunedì 29 novembre 2010 15:24
COMUNICATO DELLA SALA STAMPA: DELEGAZIONE DELLA SANTA SEDE AL VERTICE DELL’OSCE (ASTANA, KAZAKHSTAN, 1°-2 DICEMBRE 2010)

Nei giorni 1-2 dicembre prossimo si svolgerà ad Astana, in Kazakhstan, il Vertice dei Capi di Stato o di Governo dei 56 Stati partecipanti all’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE). La Santa Sede, che è membro a pieno titolo di tale Organizzazione, parteciperà con una Delegazione guidata da S. Em.za il Card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato di Sua Santità, ed integrata, tra gli altri, da S.E. Mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati; S.E. Mons Miguel Maury Buendía, Nunzio Apostolico in Kazakhstan; Mons. Michael W. Banach, Rappresentante Permanente della Santa Sede presso l’OSCE.

Subito dopo, nei giorni 3-4 dicembre, l’Em.mo Segretario di Stato effettuerà una Visita Pastorale in Kazakhstan, nella quale sarà accompagnato dall’Ecc.mo Segretario per i Rapporti con gli Stati.









COMUNICATO DELLA SALA STAMPA: VISITA DI UNA DELEGAZIONE DELLA SANTA SEDE AL PATRIARCATO ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI IN OCCASIONE DELLA FESTA DI SANT’ANDREA (29 NOVEMBRE - 1° DICEMBRE 2010)

Nel quadro dello scambio di Delegazioni per le rispettive feste dei Santi Patroni, il 29 giugno a Roma per la celebrazione dei Santi Pietro e Paolo e il 30 novembre a Istanbul per la celebrazione di Sant’Andrea, il cardinale Kurt Koch guida quest’anno la Delegazione della Santa Sede per la Festa del Patriarcato Ecumenico. Il presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani è accompagnato dal vescovo Brian Farrell, segretario del Dicastero, e dal reverendo Andrea Palmieri, officiale della Sezione Orientale del medesimo Dicastero. Ad Istanbul, si unirà alla delegazione il nunzio apostolico in Turchia, l’arcivescovo Antonio Lucibello.

La Delegazione della Santa Sede prenderà parte alla solenne Divina Liturgia presieduta da Bartolomeo I nella chiesa patriarcale del Fanar, ed avrà un incontro con il Patriarca e conversazioni con la Commissione sinodale incaricata delle relazioni con la Chiesa cattolica.

+PetaloNero+
00martedì 30 novembre 2010 15:35
OMELIA DEL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO NELLA CELEBRAZIONE LITURGICA PER LA CONSEGNA DELLE RELIQUIE DI S. ANDREA APOSTOLO (ASTANA, KAZAKHSTAN, 30 NOVEMBRE 2010)

Dal 29 novembre al 4 dicembre 2010 ha luogo il viaggio in Kazakhstan del Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone in occasione del Vertice dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) e per gli incontri con le Autorità di Governo e Religiose del Paese.

Pubblichiamo di seguito l’omelia che l’Em.mo Card. Tarcisio Bertone ha pronunciato questa mattina nel corso della Celebrazione liturgica nella Cattedrale Ortodossa dell’Assunzione di Astana per la consegna delle Reliquie di S. Andrea Apostolo:


OMELIA DELL’EM.MO CARD. TARCISIO BERTONE

Cari fratelli e sorelle!

Sono lieto di trovarmi ad Astana, capitale della Repubblica del Kazakhstan, questo nobile ed esteso Paese situato nel cuore del territorio eurasiatico. Desidero esprimere la mia profonda gioia di poter visitare questa vostra Cattedrale dell’Assunzione, recentemente aperta al culto. Vi saluto tutti con affetto, ad iniziare da Sua Eminenza il Metropolita Alexander e, mentre lo ringrazio per la fraterna accoglienza, reco a lui e a tutti voi il cordiale saluto del Santo Padre Benedetto XVI, con preghiera di trasmetterlo a Sua Santità Kirill, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Saluto poi le altre Autorità religiose (e civili), i sacerdoti, i diaconi e i fedeli della Chiesa Ortodossa di Kazakhstan. Possa questo nostro fraterno incontro suscitare un rinnovato impulso a congiungere gli sforzi, perché in un futuro non lontano i discepoli di Cristo proclamino con una sola voce e un solo cuore il Vangelo, messaggio di speranza per l’intera umanità.

L’occasione di questa mia gradita visita ad Astana è il Vertice dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), che si svolgerà nei prossimi giorni. Tale circostanza ha suggerito alle più alte Autorità del Kazakhstan di rivolgermi un cortese invito a visitare la vostra terra. Nell’accogliere volentieri questo deferente e apprezzato gesto, ho da subito pensato alla gioia di potermi recare in un Paese nel quale vi sono ampie possibilità per una serena e proficua convivenza religiosa. In tale contesto, per noi Cristiani il dovere dell’amore reciproco è tanto più urgente: siamo infatti chiamati a dare testimonianza a tutti, con le parole e con le opere, che Dio è Amore. A tale riguardo, la mia presenza vuol essere anche un incoraggiamento a proseguire sulla strada del grande rispetto ed affetto, che so esistere fra la Comunità ortodossa e quella cattolica di Astana, come pure di altre città. Non manchino, cari amici, occasioni propizie di mutuo sostegno e di approfondimento dell’amicizia.

Oggi, in questo gradito incontro con voi, ho la speciale gioia di adempiere l’alto incarico affidatomi dal Santo Padre Benedetto XVI, di consegnarvi un frammento delle insigni Reliquie dell’apostolo sant’Andrea, che sono venerate in Italia, nella città di Amalfi. Questa consegna, che sono onorato di effettuare nelle mani di Sua Eminenza il Metropolita Alexander, avviene in risposta alla devota richiesta che il suo predecessore, Metropolita Mefodji, e l’Arcivescovo Tomash Peta, Metropolita cattolico, hanno congiuntamente rivolto al Papa Benedetto XVI. Il Pontefice, volendo venire incontro volentieri all’ardente desiderio, ha deciso di destinare alle rispettive Chiese due frammenti delle preziose Reliquie. Tale scelta riveste profondo significato, in quanto sottolinea la comune venerazione degli Apostoli.

Mi piace sottolineare che l’odierno evento di consegna della reliquia di sant’Andrea, che voi tanto venerate, coincide proprio con il giorno nel quale, secondo il calendario della Chiesa latina, se ne celebra la festa liturgica. Andrea nacque a Bethsaida, fu prima discepolo di Giovanni Battista e poi seguì il Signore Gesù, a cui condusse anche il fratello Pietro. Insieme a Filippo presentò a Cristo stesso i gentili e indicò il ragazzo che portava i pesci ed il pane. Secondo la tradizione, dopo la Pentecoste, predicò in diverse regioni e fu crocifisso in Acacia (Grecia). Il Vangelo ci narra che Gesù, "passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini»" (Mc 1,16-17). Andrea, dunque, fu il primo degli Apostoli ad essere chiamato a seguire Gesù. Proprio sulla base di questo fatto, la liturgia bizantina lo onora con l’appellativo di Protóklitos, che significa appunto, il primo chiamato.

Il racconto evangelico prosegue precisando che "subito, lasciarono le reti e lo seguirono" (Mc 1,18). E’ questa adesione pronta che ha permesso agli Apostoli di diffondere la Parola, la "buona notizia" della salvezza. La fede viene dall’ascolto e ciò che si ascolta è la Parola di Cristo, che anche oggi la Chiesa diffonde fino alle estremità della terra. Questa Parola è il cibo indispensabile per l’anima. E’ detto nel libro del profeta Amos che Dio metterà nel mondo una fame, non fame di pane, ma di ascoltare la sua parola (cfr Am 8,11). E’ questa una fame salutare, perché ci fa continuamente cercare e accogliere la Parola di Dio, sapendo che essa ci deve nutrire per tutta la vita. Niente nella vita può avere consistenza, niente può veramente soddisfarci se non è nutrito, penetrato, illuminato, guidato dalla Parola del Signore. Inoltre, un sempre più profondo impegno di radicale adesione a tale Parola, unitamente al sostegno dello Spirito Santo, costituiscono la forza per realizzare l'aspirazione di ogni Comunità cristiana e di ogni singolo fedele all’unità (cfr BENEDETTO XVI, Esort. ap. Verbum Domini, 46).

Dal Vangelo di san Giovanni, raccogliamo un altro particolare importante riguardo all’apostolo Andrea: "Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» - che si traduce Cristo - e lo condusse da Gesù" (Gv 1,41-43), dimostrando subito uno spiccato spirito apostolico. A tale proposito san Giovanni Crisostomo commenta: "Quella di Andrea è la parola di uno che aspettava con ansia la venuta del Messia, che ne attendeva la discesa dal cielo, che trasalì di gioia quando lo vide arrivare, e che si affrettò a comunicare agli altri la grande notizia. Vedi in che maniera notifica ciò che aveva appreso in poco tempo? Andrea, dopo essere restato con Gesù e aver imparato tutto ciò che Gesù gli aveva insegnato, non tenne chiuso in sé il tesoro, ma si affrettò a correre da suo fratello per comunicargli la ricchezza che aveva ricevuto. …Guarda anche l'animo di Pietro, fin dall'inizio docile e pronto alla fede: immediatamente corre senza preoccuparsi di nient'altro." (Om. 19, 1; PG 59, 120).

Nella preziosa icona donata dal Patriarca Atenagora I a Papa Paolo VI il 5 gennaio 1964, i due santi Apostoli, Pietro il Corifeo e Andrea il Protóclito, si abbracciano, in un eloquente linguaggio d'amore, al di sotto del Cristo glorioso. Andrea è stato il primo a porsi nella sequela del Signore, Pietro è stato chiamato a confermare i suoi fratelli nella fede. Il loro abbraccio sotto lo sguardo di Cristo è un invito a proseguire nel cammino intrapreso, verso quel traguardo di unità che insieme intendiamo raggiungere. Nulla ci scoraggi, ma andiamo avanti con speranza, sostenuti dall’intercessione degli apostoli Pietro e Andrea, come pure dalla materna protezione di Maria Santissima, Madre di Cristo e Madre nostra. Con particolare intensità domandiamo a Dio il dono prezioso dell'unità tra tutti i cristiani, facendo nostra l'invocazione che Gesù elevò al Padre per i suoi discepoli: "Perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17,21).

+PetaloNero+
00mercoledì 1 dicembre 2010 15:27
DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE A PROPOSITO DI UNO STATEMENT SU "TRANSGENIC PLANTS FOR FOOD SECURITY IN THE CONTEXT OF DEVELOPMENT"



In seguito ad alcune domande di chiarimento a proposito della pubblicazione dello Statement conclusivo della Settimana di studio su "Transgenic Plants for Food Security in the Context of Development" sponsorizzata dalla Pontificia Accademia delle Scienze, il Direttore della Sala Stampa, P. Federico Lombardi, ha dato le seguenti risposte:

La Settimana di studio in questione si è svolta presso la Sede della Pontificia Accademia delle Scienze dal 15 al 19 maggio 2009, con la partecipazione di 40 studiosi, sette dei quali accademici pontifici, fra cui l’allora Presidente prof. Nicola Cabibbo. Gli altri esperti partecipanti erano esterni.

Lo Statement conclusivo, ora pubblicato nel volume degli Atti della Settimana di studio dalla Casa editrice Elsevier, è stato firmato dai partecipanti, e ha quindi il valore della loro autorità scientifica.

Tuttavia lo Statement non deve essere considerato come Statement della Pontificia Accademia delle Scienze, poiché l’Accademia come tale, che conta 80 membri, non è stata consultata su di esso, né è in programma una tale consultazione.

Tanto meno, quindi, lo Statement può essere considerato come una posizione ufficiale della Santa Sede o del magistero della Chiesa sull’argomento.






















INTERVENTO DELLA SANTA SEDE ALL’INCONTRO AL VERTICE DEI CAPI DI STATO O DI GOVERNO DELL’OSCE (ASTANA, KAZAKHSTAN, 1-2 DICEMBRE 2010)


Pubblichiamo di seguito l’intervento che il Segretario di Stato, Em.mo Card. Tarcisio Bertone, ha pronunciato questa mattina all’incontro al Vertice dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), in corso ad Astana in Kazakhstan:


INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. TARCISIO BERTONE

Signor Presidente,

Eccellenze,

1. Desidererei innanzitutto esprimere la mia gratitudine al Presidente del Kazakhstan per la gentile e cordiale accoglienza riservata a tutte le Autorità, in occasione di questo Incontro al Vertice dei Capi di Stato o di Governo dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa – il primo del ventunesimo secolo. Grazie anche per la squisita ospitalità, testimoniata in molti modi! La mia gratitudine va inoltre alle Autorità amministrative del Kazakhstan, come pure a quanti hanno preparato la riunione e ne hanno curato i dettagli organizzativi: a tutti e a ciascuno va l’espressione della più viva riconoscenza da parte della Santa Sede.

Un particolare ringraziamento va tributato alla Presidenza in esercizio kazaca, che con perseveranza e grande impegno è riuscita a convincere gli Stati partecipanti dell’utilità di questo passo e che con il suo lavoro instancabile ha creato i presupposti perché esso possa favorire decisioni politiche importanti per l’Organizzazione.

2. Il Kazakhstan è un Paese carico di secoli di storia, che sa quanto la pace sia importante e urgente! Per conformazione geografica, esso è Terra di confine e di incontro. Qui, in queste sconfinate steppe, si sono incontrati e continuano a incontrarsi pacificamente uomini e donne appartenenti ad etnie, culture e religioni diverse. Non posso non ricordare le parole del grande pensatore e poeta kazaco Abai Kunanbai: «L’umanità ha come principio l’amore e la giustizia, esse sono il coronamento dell’opera dell’Altissimo» (I detti, cap. 45).

In un certo senso, tali principi dell’amore e della giustizia stanno alla base dell’Atto Finale di Helsinki, di cui ricorre quest’anno il trentacinquesimo anniversario. Il suo Documento Finale è uno degli strumenti più significativi del dialogo internazionale. I trentacinque Paesi firmatari raggiunsero infatti un accordo fondamentale; la pace non è assicurata solo quando le armi tacciono; è piuttosto il risultato della cooperazione degli individui da una parte e delle società stesse dall’altra, ed è anche il risultato del rispetto di alcuni imperativi etici.

I famosi «dieci principi» che aprono il Documento Finale costituiscono la base sulla quale i popoli d’Europa, che sono stati per anni vittime di guerre e divisioni, hanno voluto consolidare e preservare la pace, in modo tale da permettere alle generazioni future di vivere nell’armonia e nella sicurezza. Gli autori del documento finale hanno compreso chiaramente che la pace sarebbe molto precaria senza una cooperazione proficua tra le nazioni e tra i singoli, senza una migliore qualità della vita e senza la promozione dei valori che essi hanno in comune.

Signor Presidente!

3. Quanto sono attuali tali «dieci principi»! Non v’è dubbio infatti che, accanto agli innegabili progressi conseguiti, esistono settori in cui l’affievolirsi della reciproca fiducia tra Stati partecipanti ha impedito il raggiungimento di obiettivi più ambiziosi. È su questi settori che devono concentrarsi gli sforzi del Vertice per offrire precise indicazioni sulle quali sviluppare le attività dell’OSCE nel 2011 e negli anni a venire.

Per quanto attiene alla prima dimensione, quella politico-militare, non possiamo che felicitarci del fatto che, negli oltre dieci anni trascorsi dall’ultimo Vertice di Istanbul, le minacce tradizionali alla sicurezza che avevano caratterizzato gli anni precedenti si siano indebolite, in quanto efficacemente contrastate dall’attuazione di importanti strumenti sul Controllo degli Armamenti e sulle Misure di Fiducia e di Sicurezza.

Tuttavia, la situazione degli armamenti (forze in campo, dottrine di impiego, organizzazione e nuove tecnologie degli armamenti) è evoluta ed è quindi appropriato che questo Vertice ne prenda atto, impegnando gli Stati partecipanti a negoziare migliorie ed aggiornamenti degli strumenti esistenti e ad idearne, se del caso, di nuovi. Ci riferiamo naturalmente alla rivitalizzazione del Trattato sulle Forze Convenzionali in Europa (CFE), ad un completo riesame del Documento di Vienna 1999 e, perché no, ad eventuali sviluppi del Codice di Condotta sugli aspetti politico-militari della Sicurezza.

Un importante lavoro propedeutico in questa direzione è stato compiuto dal Foro per la Cooperazione in materia di Sicurezza (FSC) sotto la competente guida delle varie Presidenze che si sono succedute, da ultimo quella dell’Irlanda, alle quali va tutto il nostro plauso. Questo ci rende ottimisti per ulteriori progressi.

Altrettanto, se non maggiore impulso, devono ricevere gli sforzi atti a risolvere i conflitti protratti che, pur nella loro dimensione localizzata, rappresentano una grave minaccia alla sicurezza ed alla stabilità dell’intera area OSCE.

Vanno anche affinate le potenzialità dell’Organizzazione, limitatamente ai settori in cui essa può fornire un originale contributo, nella lotta alle minacce rappresentate dal terrorismo. Do atto al Segretariato degli sforzi che sta compiendo al riguardo tramite le sue Unità specializzate e concordo sull’opportunità di un più stretto coordinamento.

Auspico infine che ricevano ulteriore sostegno quelle attività che, in maniera più immediata, incidono sulla sicurezza dei cittadini, quali l’eliminazione della minaccia rappresentata dalle Armi Leggere e di Piccolo Calibro (SALW) e dai Depositi di Munizioni Convenzionali (SCA), la lotta alle Armi di Distruzione di Massa (WMD) e la tutela dell’ambiente cibernetico.

Signor Presidente!

4. L’Atto Finale di Helsinki ha riconosciuto anche l’importanza dei fattori economici e ambientali per la pace, la sicurezza e la cooperazione.

Al riguardo, la Santa Sede non cessa di ribadire che obiettivo comune degli Stati dovrebbe essere la tutela e il rispetto della dignità umana che unisce l’intera famiglia umana, un’unità radicata nei quattro principi fondamentali della centralità della persona umana, della solidarietà, della sussidiarietà e del bene comune. Questi principi sono più che consoni al concetto comprensivo della sicurezza che è alla base della nostra Organizzazione e costituiscono un continuo richiamo di cui deve farsi carico la comunità politica.

Papa Benedetto XVI nella sua ultima Enciclica Caritas in veritate afferma: «La grande sfida che abbiamo davanti a noi, fatta emergere dalle problematiche dello sviluppo in questo tempo di globalizzazione e resa ancor più esigente dalla crisi economico-finanziaria, è di mostrare, a livello sia di pensiero sia di comportamenti, che non solo i tradizionali principi dell’etica sociale, quali la trasparenza, l’onestà e la responsabilità non possono venire trascurati o attenuati, ma anche che nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare posto entro la normale attività economica. Ciò è un’esigenza dell’uomo nel momento attuale, ma anche un’esigenza della stessa ragione economica. Si tratta di una esigenza ad un tempo della carità e della verità» (N. 36).

Infatti, proprio la crisi economico-finanziaria ha mostrato l’importanza della dimensione etica per il settore economico-ambientale e la necessità di non trascurare i principi di solidarietà, di gratuità e della logica del dono anche nelle relazioni interstatali, per poter realizzare pace e sicurezza eque, giuste e durature. La Santa Sede ritiene che sia urgente introdurre una logica che metta la persona umana e, in particolare, la famiglia e le persone bisognose, come centro e fine dell’economia.

Il Vertice ci offre un’opportunità unica per affrontare le sfide odierne alla pace ed alla sicurezza, causate anche dai problemi economici e ambientali, e per riaffermare un approccio integrato all’attuazione di tutti i diritti dell’uomo, inclusi quelli economici e sociali. Vorrei qui richiamare il principio di solidarietà fra i popoli, essenziale per il progresso economico e sociale. La solidarietà implica anche l’impegno degli Stati a sviluppare la cooperazione, al fine di migliorare il benessere dei popoli e di contribuire al soddisfacimento delle loro aspirazioni. I vantaggi delle realizzazioni in campo economico, scientifico, tecnico, sociale, culturale e umanitario contribuiranno alla creazione di condizioni favorevoli per rendere tali vantaggi accessibili a tutti attraverso la riduzione dei divari nei livelli di sviluppo economico.

Un campo particolare in cui l’OSCE potrebbe intensificare le sue attività è quello della cooperazione tecnica e scientifica con la facilitazione del trasferimento delle tecnologie e del know-how nel campo dei trasporti, della gestione delle frontiere, della sicurezza energetica e di quella cibernetica.

Nel campo ambientale non può mancare un’attenzione all’acqua - una necessità fondamentale per la vita. Ad ogni essere umano dovrebbe essere assicurata la disponibilità di una sufficiente quantità di acqua di adeguata qualità. Una maggiore disponibilità di acqua significa più cibo, meno fame, salute migliore ed un generale stimolo ad uno sviluppo sostenibile.

La Santa Sede sostiene anche altri temi di cui tradizionalmente si occupa l’OSCE, inter alia, la promozione del buon governo, la lotta alla corruzione, la sicurezza e l’efficacia dei trasporti, la prevenzione delle catastrofi naturali, causate dall’uomo e dalla natura stessa, come anche la gestione dei flussi migratori, con un’attenzione particolare ai diritti dei migranti e delle loro famiglie.

Specialmente in questo tempo di crisi economica c’è la tendenza a dimenticare i diritti dei migranti. Dobbiamo ricordare, in ogni caso, che tutti gli esseri umani, senza alcuna eccezione, inclusi i migranti, sono dotati di diritti inalienabili che non possono, né essere violati, né tanto meno ignorati. Lo status di migrante non cancella la sua dignità umana. Inoltre, gli Stati devono agire in modo tale da assicurare ai lavoratori migranti legalmente residenti un giusto impiego e la sicurezza sociale. In riferimento ai diritti del migrante non possiamo dimenticare la famiglia. Essa ha un valore fondamentale nella costruzione di una qualsiasi società. La Santa Sede sottolinea, in particolar modo, il diritto di riunificare le famiglie, che gli Stati partecipanti si sono impegnati a facilitare nell’Atto Finale di Helsinki, nel Documento di Madrid del 1983 e nel Documento Finale di Vienna del 1989.

Signor Presidente!

5. Le discussioni alla base del Processo di Corfù hanno posto l’accento sul fatto che, nell’acquis che l’OSCE si è costruita negli anni, sono contenuti impegni di grande portata in favore della difesa delle libertà fondamentali e dei diritti umani, del diritto allo sviluppo umano integrale e del sostegno alla legge internazionale e delle istituzioni globali. La CSCE e l’OSCE hanno sempre avuto nelle loro rispettive agende la promozione e la protezione dei diritti umani. È la dignità della persona umana che motiva il desiderio della nostra Organizzazione a lavorare per la realizzazione effettiva di tutti i diritti umani.

Tra queste libertà fondamentali vi è il diritto alla libertà religiosa. Essa è divenuta un tema ricorrente nel contesto degli affari internazionali. Il problema è divenuto parte della cultura del nostro tempo, poiché i nostri contemporanei hanno imparato molto dagli eccessi del passato, e hanno capito che credere in Dio, praticando la religione e unendosi agli altri nell’esprimere la propria fede, non è una concessione elargita dallo Stato, ma un vero diritto fondato nella dignità stessa della persona umana. La libertà religiosa protegge la dimensione trascendentale dell’essere umano ed esprime il suo diritto di cercare Dio e di relazionarsi con Lui, sia come individuo, sia come comunità di credenti.

Gli sviluppi di questi ultimi anni e i progressi fatti nella stesura dei vari testi emanati dall’OSCE dimostrano, sempre più chiaramente, che la libertà religiosa può esistere in differenti sistemi sociali. Purtroppo, si nota una "crescente marginalizzazione della religione, in particolare del Cristianesimo, che sta prendendo piede in alcuni ambiti, anche in nazioni che attribuiscono alla tolleranza un grande valore" (Discorso del Santo Padre alla società britannica, Westminster Hall, 17 settembre 2010)." L’idea della religione come forma di alienazione è smentita dalla costatazione che i credenti rappresentano un asse fondamentale a favore del bene comune.

La vita religiosa, quale fattore importante per la vita sociale e culturale dei Paesi, non è minacciata solo da restrizioni vessatorie, ma anche dal relativismo e da un falso secolarismo, che esclude la religione dalla vita pubblica. Ecco perché è di vitale importanza per i credenti partecipare liberamente al dibattito pubblico per presentare così una visione del mondo ispirata dalla loro fede. In questo modo essi contribuiscono alla crescita morale della società in cui vivono. Gli Stati partecipanti dell’OSCE hanno sempre più acquisito la consapevolezza che un franco confronto di idee e di convinzioni è condizione indispensabile per il loro sviluppo globale. Per questa ragione la zona da «Vancouver a Vladivostok» può a buon diritto aspettarsi dalle religioni un efficace contributo alla coesione sociale, alla sicurezza e alla pace.

Strettamente correlata alla libertà religiosa, laddove essa viene negata, si trovano l’intolleranza e la discriminazione a causa di motivi religiosi, in special modo quelle contro i Cristiani. È ampiamente documentato che i Cristiani sono il gruppo religioso maggiormente perseguitato e discriminato. Oltre 200 milioni di essi, appartenenti a confessioni diverse, si trovano in situazioni di difficoltà a causa di strutture legali e culturali.

La comunità internazionale deve combattere l’intolleranza e la discriminazione contro i Cristiani con la stessa determinazione con cui lotta contro l’odio nei confronti di membri di altre comunità religiose. E gli Stati partecipanti all’OSCE si sono impegnati a farlo. Nelle discussioni durante la Tavola Rotonda del marzo del 2009 è emerso chiaramente che l’intolleranza e la discriminazione contro i Cristiani si manifestano sotto forme diverse all’interno dell’intera area dell’OSCE. In alcuni Paesi esistono ancora leggi intolleranti e discriminatorie, decisioni e comportamenti, azioni e omissioni che negano questa libertà. Si registrano episodi ricorrenti di violenza e perfino assassinii di Cristiani. Restrizioni eccessive rimangono nei confronti della registrazione di Chiese e comunità religiose, come anche contro l’importazione e la distribuzione del loro materiale religioso. Ci sono anche interferenze illegittime nel campo della loro autonomia a livello organizzativo, che impediscono di agire in maniera coerente con le convinzioni morali. Talvolta viene esercitata una pressione eccessiva su persone impiegate nella pubblica amministrazione che ledono il diritto di seguire i dettami della propria coscienza con chiari segni di resistenza contro il riconoscimento del ruolo pubblico della religione L’educazione civica è carente nel rispettare l’identità e i principi dei Cristiani e dei membri di altre religioni. Neppure i mezzi di comunicazione e i discorsi pubblici sono sempre liberi da atteggiamenti d’intolleranza e, a volte, da vere denigrazioni nei confronti dei Cristiani e di membri di altre religioni. L’OSCE dovrebbe, quindi, sviluppare proposte effettive per combattere dette ingiustizie.

Signor Presidente,

La Santa Sede è stata sempre consapevole della gravità del crimine del traffico di esseri umani, una forma moderna di schiavitù. Proprio oggi ricorre la Giornata Mondiale per l’Abolizione della Schiavitù.

Tutti gli sforzi volti ad affrontare le attività criminali e a proteggere le vittime del traffico dovrebbero includere uomini e donne e porre i diritti umani al centro di tutte le strategie. Questo stesso approccio dovrebbe essere applicato ad altre forme di traffico, come le forme illecite di subappalto che traggono profitto da condizioni di lavoro basate sullo sfruttamento.

Il traffico di esseri umani è un problema pluridimensionale, sovente legato alla migrazione, ma va ben al di là dell’industria del sesso, comprendendo anche il lavoro forzato di uomini, donne e bambini in vari settori industriali e commerciali. Se da una parte il lavoro coatto è collegato alla discriminazione, alla povertà, agli usi locali, alla mancanza di terra e all’analfabetismo della vittima, dall’altra ha un nesso con il lavoro flessibile e a buon mercato. Le diverse forme di traffico richiedono misure e approcci distinti, volti a ridare dignità alle vittime.

Per prevenire il traffico di esseri umani oggigiorno si fa spesso ricorso a politiche d’immigrazione più severe, a maggiori controlli alle frontiere e alla lotta al crimine organizzato. Tuttavia, fin quando le vittime che sono state rimpatriate si ritrovano nelle stesse condizioni da cui hanno cercato scampo, il traffico non si interromperà facilmente. Quindi le iniziative anti-traffico devono mirare anche a sviluppare ed offrire possibilità concrete per sfuggire appunto al ciclo povertà-abuso-sfruttamento. Come affermato da Papa Benedetto XVI, nella sua Enciclica Spe salvi: «La misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società» (N. 38).

Signor Presidente,

6. La Dichiarazione Finale del Vertice, come anche il Piano di Azione, attestano l’attualità dei "dieci principi" di Helsinki. Questi documenti rivelano al mondo che gli impegni concordati dell’OSCE sono forti e nobili, sono supportati da un solido mandato e dal principio del consenso. La Santa Sede riafferma questi impegni e incoraggia l’Organizzazione a rimanere ferma su di essi.

Mi sia permesso, Signor Presidente, concludere il mio intervento citando le parole di Papa Giovanni Paolo II in occasione della sua Visita Pastorale in Finlandia nel 1989. Rivolgendosi ai componenti dell’Associazione Paasikivi, disse: «Nel nobile compito di portare a termine il processo di Helsinki la Chiesa cattolica non mancherà di essere accanto a voi, al vostro fianco, in quel modo discreto che caratterizza la sua missione religiosa. Essa è infatti convinta della validità dell’ideale incarnato qui quattordici anni fa in un documento che per milioni di Europei è più di un documento finale: è un "atto di speranza!"».

Che l’Incontro al Vertice di Astana sia anche un «atto di speranza» per la nostra generazione!

La ringrazio, Signor Presidente!


+PetaloNero+
00venerdì 3 dicembre 2010 15:26
PREDICA DI AVVENTO


Alle ore 9.00 di oggi, nella Cappella "Redemptoris Mater", alla presenza del Santo Padre Benedetto XVI, il Predicatore della Casa Pontificia, Rev.do P. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la prima predica di Avvento sul tema: "Abbiate coraggio : io ho vinto il mondo" (Giovanni 16, 33) - Per una rievangelizzazione del mondo secolarizzato.

La serie di meditazioni di Avvento vuole essere un piccolo contributo di riflessione e di incoraggiamento in margine alla creazione del nuovo «Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione», voluto da Papa Benedetto XVI. Si cercherà di individuare, ogni volta, uno degli ostacoli di fondo della cultura moderna all’accoglimento del messaggio cristiano: lo scientismo, il razionalismo e il secolarismo. Nella risposta di fede ad ognuno di essi si terrà presente anche il contributo offerto in tal senso dal nuovo beato John Henry Newman.













CELEBRAZIONE EUCARISTICA PRESIEDUTA DAL CARDINALE TARCISIO BERTONE NELLA CATTEDRALE CATTOLICA DI ASTANA IN KAZAKHSTAN E CONSEGNA DELLE RELIQUIE DI S. ANDREA APOSTOLO



Nel corso della visita pastorale che sta compiendo in Kazakhstan a margine del Vertice dell’OSCE a cui ha preso parte nei giorni scorsi, il Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone ha presieduto oggi - memoria liturgica di san Francesco Saverio - una Celebrazione Eucaristica nella Cattedrale Cattolica di Astana.

Al termine della Santa Messa iniziata alle ore 18 locali (le 13 ora di Roma), il Card. Bertone consegna, come già fatto nella Cattedrale ortodossa di Astana il 30 novembre scorso, un frammento delle Reliquie dell’apostolo sant’Andrea, che sono conservate ad Amalfi, in Italia.

Pubblichiamo di seguito l’omelia pronunciata dal Cardinale Tarcisio Bertone, S.D.B., e il suo saluto al momento della consegna delle reliquie dell’apostolo sant’Andrea:


OMELIA DELL’EM.MO CARDINALE SEGRETARIO DI STATO

Cari Confratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
cari fratelli e sorelle nel Signore!

Con viva gioia celebro con voi questa solenne Liturgia nella memoria liturgica di san Francesco Saverio, infaticabile predicatore del Vangelo ai popoli dell’Asia. Il mio saluto va anzitutto a Sua Eccellenza Monsignor Tomash Peta, Arcivescovo Metropolita di Maria Santissima in Astana, che ringrazio per le cordiali parole che mi ha rivolto; saluto fraternamente il Nunzio Apostolico Sua Eccellenza Monsignor Miguel Maury Buendía e tutti i Presuli presenti, provenienti dai Paesi limitrofi. Porgo il mio deferente pensiero alle distinte Autorità che ci onorano con la loro partecipazione. Un caloroso saluto porgo, inoltre, ai religiosi e alle religiose e a ciascuno di voi, carissimi fratelli e sorelle, che avete voluto prendere parte a questa solenne celebrazione eucaristica, nella quale, a nome di Sua Santità Benedetto XVI, consegnerò solennemente a voi, come ho già fatto nella Cattedrale ortodossa, le Reliquie dell’apostolo sant’Andrea. A questa amata Chiesa e a tutti voi trasmetto l’affettuosa benedizione del Santo Padre, benedizione che Egli estende alle vostre famiglie e ai vostri cari, particolarmente a coloro che sono malati o stanno vivendo momenti di prova e di difficoltà.

Nei giorni scorsi ho partecipato al Vertice dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa; approfittando di questa occasione, si è tenuta una visita bilaterale con le autorità del vostro Paese, nel cui contesto ho potuto incontrare il Presidente della Repubblica, S.E. il Signor Nursultan A. Nazarbayev; questi incontri si inseriscono nel quadro della necessaria collaborazione tra la Chiesa e lo Stato, volta all’edificazione di una società giusta e solidale, a vantaggio di tutti. Per questo, anche in un Paese multireligioso, multietnico e multiculturale come il Kazakhstan, in cui i fedeli cattolici sono cittadini in senso pieno di questa terra, non si manca di porre in essere ogni forma di intesa con le istituzioni civili, per il maggior bene dell’intera popolazione. In pari tempo, ho voluto incontrare i Responsabili delle principali Comunità religiose del Paese, l’Islam e l’Ortodossia. Occorre infatti incoraggiare la collaborazione, in particolare quella tra cristiani e musulmani, perché, nel rispetto reciproco, ci si impegni ogni giorno, fianco a fianco, nell’umile ricerca della volontà di Dio.

Nel recarmi in questo amato Paese, ho desiderato ardentemente di poter celebrare l’Eucarestia con Voi, vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, fedeli laici, per condividere quanto abbiamo di più caro, il Sacrificio eucaristico, che, al di là di ogni lontananza, ci unisce nella carità e, quali membra dello stesso corpo, ci rende comunità e famiglia di Dio. Senza l’odierna celebrazione eucaristica, momento ecclesiale così importante e significativo, la mia visita nel vostro Paese sarebbe stata incompleta. Infatti, l’Eucaristia è la fonte da cui scaturisce la Comunità ecclesiale e il fondamento su cui essa si edifica (cfr Conc. Vat. II, Cost. Lumen gentium, 11); per questo ci siamo riuniti attorno all’altare, per cibarci dell’unico Corpo del Signore, esprimendo così l’unità che c’è tra di noi, la comunione della Chiesa del Kazakhstan con il successore dell’apostolo Pietro, che presiede alla carità. Questa unità si fonda sulla fede di Gesù, testimoniata nei secoli, in questa terra asiatica, da numerosi cristiani, anche attraverso dure persecuzioni; alcuni di questi, fedeli servitori della Chiesa, che avevano manifestato la loro fede nel Signore Risorto, sono stati chiamati alla testimonianza suprema attraverso il sacrificio della propria vita. La consegna delle Reliquie dell’apostolo Andrea, oltre a significare l’apostolicità della fede professata da questa Chiesa particolare, ci richiama la necessità di conformare in tutto la nostra vita a Gesù, nostro Signore; la necessità di testimoniare il Vangelo con il dono totale di noi stessi, fosse anche fino all’effusione del sangue. Nell’odierna celebrazione eucaristica vogliamo unirci alla preghiera della Chiesa intera, che intercede per la salvezza di ogni uomo, e nel rendere lode al Padre per la vita che ci ha donato nel suo Figlio Gesù, invochiamo dal Signore abbondant

i doni spirituali per questa terra che, attraverso i suoi martiri, nei secoli ha dato una così significativa testimonianza di fedeltà al Vangelo. Dalla quotidiana celebrazione del Mistero pasquale la Chiesa in Kazakhstan è chiamata ad attingere ispirazione e forza, per poter continuare a testimoniare efficacemente la fede anche nel mondo secolarizzato di oggi. Anche a noi l’apostolo Pietro raccomanda: "adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi" (1Pt 3,15).

All’inizio di questa celebrazione abbiamo invocato da Dio, per la Comunità cristiana del Kazakhstan, così come per tutta la Chiesa, la grazia di ardere dello stesso fervore di carità che animò san Francesco Saverio. Siamo qui radunati nel giorno della memoria liturgica del grande apostolo del continente Asiatico. Francesco nacque a Xavier il 7 aprile del 1506 da una famiglia nobile, da cui ricevette una educazione solida e accurata; studiò Teologia alla Sorbona di Parigi, ove conobbe Ignazio di Loyola, con il quale strinse amicizia e condivise la vocazione di spendersi totalmente per la maggior gloria di Dio. Con lui fondò il nucleo primitivo da cui ebbe origine la Compagnia di Gesù, una fraternità sacerdotale a servizio del Vescovo di Roma, a lui legata dalla disponibilità incondizionata. Fu così che, divenuto sacerdote, Francesco partì come Legato Pontificio per le Indie Orientali, dove, negli 11 anni seguenti, cioè fino alla morte, si spese totalmente per il Vangelo e il suo messaggio salvifico di amore e di pace. Il motivo che ha spinto il Saverio a lasciare la sua patria e l’Europa, e a raggiungere luoghi sconosciuti, in mezzo a popoli di culture totalmente diverse, è stato, in ultima istanza, il Vangelo, la passione per la verità, il desiderio di far incontrare ad ogni uomo il suo Salvatore, di fargli conoscere il senso della propria vita; oggi lo veneriamo come l’apostolo del continente Asiatico, e lo invochiamo perché, in questa sua regione centrale, "la parola del Signore corra e sia glorificata" (2Ts 3,1).

Cari fratelli e sorelle, in questo tempo liturgico di Avvento ci stiamo preparando alla contemplazione del mistero di Dio che si è fatto uomo per la nostra salvezza. Gesù si è fatto uno di noi per svelarci il volto del Padre, che è Amore: "Dio si fa conoscere a noi come mistero di amore infinito" (BENEDETTO XVI, Esort. ap. Verbum Domini, 6). Gesù poi ha manifestato questo amore donando se stesso per noi, fino al sacrificio della Croce, per donarci una vita che non ha fine. Al mistero dell’Incarnazione fa riferimento il profeta Isaia nella prima lettura che abbiamo ascoltato: i figli di Giacobbe vedranno "l’opera delle mie mani tra loro, santificheranno il mio nome …e temeranno il Dio di Israele" (cfr Is 29,23-24). L’Emmanuele, il Dio con noi, è Colui che compie l’opera di Dio, Colui che ci fa passare dalle tenebre del peccato ad una vita illuminata dalla sua grazia; egli nasce nella grotta di Betlemme per portare all’uomo la luce della Verità. Profittiamo di questo tempo, che la provvidenza divina ci dona, per disporci ad accogliere la sua venuta. A lui chiediamo, come i due ciechi di cui ci parla l’evangelista Matteo nel Vangelo, di avere pietà anche di noi, di aprire i nostri occhi, perché sappiamo riconoscere i segni della sua venuta, perché possiamo vedere di quale grande amore ci ha amato.

Cari fratelli e sorelle, in questa Eucaristia ci accostiamo al Vivente che ha vinto la morte, partecipiamo della sua morte e della sua resurrezione, riceviamo il suo Spirito datore di vita, attingiamo dal suo Cuore sostegno e consolazione, per camminare verso l’incontro definitivo con il nostro Salvatore. Il Signore Gesù ci doni, nel suo nuovo avvento, di sperimentare nell’intimo la sua presenza purificatrice, ci liberi dalle nostre tenebre e, nel comunicarci la sua vita, ci doni la santità. Maria, Regina della Pace, a cui il Kazakhstan si è consacrato, ottenga a questa Chiesa di essere sempre fedele al Signore nella comunione fraterna e la guidi alla pienezza del banchetto del Cielo.

Dio benedica il Kazakhstan e doni a tutti voi la sua pace!



PAROLE DELL’EM.MO CARD. TARCISIO BERTONE PER LA CONSEGNA DELLE RELIQUIE DI S. ANDREA APOSTOLO

Cari fratelli e sorelle!

Prima di procedere alla consegna delle venerate Reliquie dell’Apostolo sant’Andrea, da voi particolarmente amato, desidero esprimervi la mia viva gratitudine per la vostra partecipazione così attenta e devota a questa solenne Celebrazione eucaristica. Come ho già accennato, per incarico del Santo Padre Benedetto XVI, sono lieto di consegnare al vostro Arcivescovo Metropolita, Mons. Tomash Peta, un frammento delle Reliquie di sant’Andrea, conservate in Italia, nella città di Amalfi. Analogo gesto ho compiuto nei giorni scorsi nella Cattedrale ortodossa dell’Assunzione. D’ora in poi, le due Chiese sorelle di Astana saranno accomunate anche dalla venerazione di queste Reliquie, i cui due frammenti, affidati uno alla Comunità ortodossa e l’altro a quella cattolica, provengono da un unico nucleo.

Questa significativa coincidenza esprime, ancor meglio delle parole, il fervido impegno che deve caratterizzare i Cristiani per progredire nel cammino verso l’unità voluta dal Signore. L’unità è la nostra comune vocazione; è la condizione perché la luce di Cristo si diffonda più efficacemente in ogni angolo del mondo e gli uomini si convertano e siano salvati. Sì, cari amici, noi abbiamo il compito di essere, sempre e in ogni luogo, "sale della terra" e "luce del mondo" (Mt 5,13.14). La piena ricomposizione dell’unità dei cristiani darà maggiore efficacia all’evangelizzazione. Voglia Iddio concederci di raggiungere presto tale auspicato traguardo!


+PetaloNero+
00sabato 4 dicembre 2010 18:08
CELEBRAZIONE EUCARISTICA PRESIEDUTA DAL CARDINALE TARCISIO BERTONE NELLA CATTEDRALE CATTOLICA DI SAN GIUSEPPE DI KARAGANDA IN KAZAKHSTAN

Il Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, S.D.B. conclude oggi la sua visita pastorale in Kazakhstan. Dopo aver incontrato ieri sera ad Astana i Vescovi Cattolici dell’Asia Centrale, questa mattina ha visitato il cantiere della nuova cattedrale in costruzione a Karaganda e il monastero delle Suore Carmelitane.
Alle ore 17 (le 12 ora di Roma), ha presieduto la Santa Messa nella vecchia Cattedrale cattolica di Karaganda, dedicata a San Giuseppe. Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia che l’Em.mo Card. Tarcisio Bertone, S.D.B., ha pronunciato nel corso della Celebrazione Eucaristica, ultimo impegno della sua visita pastorale in Kazakhstan:


OMELIA DEL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO

Eccellenze,
cari Sacerdoti,
cari Religiosi e Religiose,
distinte Autorità,
cari fedeli!

All’inizio di questa solenne celebrazione eucaristica, mi è innanzitutto gradito farmi interprete dei cordiali sentimenti di Sua Santità Benedetto XVI, che, per mio tramite, invia a tutti una speciale Benedizione, e assicura in questi giorni della mia visita la Sua spirituale vicinanza. Unisco al Suo il mio affettuoso saluto per ciascuno di voi qui presenti. In particolare, saluto il Pastore di questa Chiesa, S. E. Mons. Jan Paweł Lenga, e lo ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto a nome di tutti. Saluto il Vescovo Ausiliare, i Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose, i seminaristi e tutti i fedeli, con un ricordo speciale per i giovani. Saluto le Autorità che hanno voluto intervenire a questa festosa manifestazione di fede. Ringrazio quanti hanno preparato la mia visita e per ciascuno assicuro un grato ricordo nella preghiera.

Sono molto lieto di trovarmi a Karaganda, nel cuore delle sconfinate steppe dell’Asia Centrale, e di aver potuto constatare la presenza viva del Popolo di Dio visitando alcune delle opere significative della Diocesi e della Chiesa Cattolica in Kazakhstan, come i cantieri della nuova Cattedrale dedicata alla Madonna di Fatima, della Curia Vescovile e del Centro Sociale "Bonus Pastor"; il Monastero delle Suore Carmelitane di clausura, il Seminario Interdiocesano, senza dimenticare la Cattedrale di San Giuseppe, che venne edificata dai fedeli nel 1978, durante il periodo sovietico, e nella quale si trovano le tombe di alcuni eroici Sacerdoti che in quel periodo oscuro di sofferenza e di persecuzione dettero splendida testimonianza della propria fede, come S.E. Mons. Alexander Hira, per oltre vent’anni Pastore amato e generoso di Karaganda, e il Servo di Dio P. Wladysław Bukowiński. A loro, e a tutti gli altri che hanno consumato la vita fra stenti e prove di ogni genere, intendo rendere omaggio a nome di tutta la Chiesa.

Celebriamo oggi la seconda domenica di Avvento, tempo liturgico forte che ci prepara alla festa del Natale, memoria dell’incarnazione di Cristo nella storia. Il messaggio spirituale dell’Avvento è però più profondo e ci proietta già verso il ritorno glorioso del Signore, alla fine dei tempi. Adventus è la parola latina, che potrebbe tradursi con ‘arrivo’, ‘venuta’, ‘presenza’. Nel linguaggio del mondo antico questo termine indicava l’arrivo di un funzionario regale, o addirittura la visita di re o dell’imperatore nelle province, ma poteva anche essere utilizzato per l’apparire di una divinità, che usciva dalla sua nascosta dimora e manifestava così la sua potenza divina: la sua presenza veniva solennemente celebrata nel culto.

Adottando questo termine "Avvento", i cristiani intesero esprimere la speciale relazione che li univa a Cristo crocifisso e risorto. Egli è il Re, che, entrato in questa povera "provincia" denominata Terra, ci ha fatto dono della sua visita e, dopo la sua risurrezione ed ascensione al Cielo, ha voluto comunque rimanere con noi, che accogliamo questa sua misteriosa presenza nell’assemblea liturgica. Celebrando l’Eucaristia, proclamiamo infatti che Egli non si è ritirato dal mondo e non ci ha lasciati soli, e, se pure non lo possiamo vedere e toccare come avviene con le realtà materiali e sensibili, Egli è comunque con noi e tra noi; anzi è in noi, perché può attrarre a sé e comunicare la propria vita ad ogni credente che gli apre il cuore. Avvento significa dunque far memoria della prima venuta del Signore nella carne, pensando già al suo definitivo ritorno e, al tempo stesso, significa riconoscere che Cristo presente tra noi si fa nostro compagno di viaggio nella vita della Chiesa che ne celebra il mistero.

Questa consapevolezza, cari fratelli e sorelle, alimentata nell’ascolto della Parola di Dio, dovrebbe aiutarci a vedere il mondo con occhi diversi, ad interpretare i singoli eventi della vita e della storia come parole che Dio ci rivolge, come segni del suo amore che ci assicurano la sua vicinanza in ogni situazione; questa consapevolezza, in particolare, dovrebbe prepararci ad accoglierlo quando "di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine", come ripeteremo tra poco nel Credo. In questa prospettiva, l’Avvento diviene per tutti i cristiani un tempo di attesa e di speranza, un tempo privilegiato di ascolto e di riflessione, purché ci si lasci guidare dalla liturgia che invita ad andare incontro al Signore che viene.

In questa domenica il Vangelo ci prepara alla venuta del Salvatore con un insegnamento vigoroso, con un invito molto forte alla conversione. Abbiamo infatti ascoltato l’imperativo "metanoeite": «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino» (Mt 3,1). Giovanni Battista chiama ciascuno di noi alla metanoia, a cambiare mentalità. Chi vuole essere degno del nome cristiano deve continuamente «cambiare mentalità». Il nostro atteggiamento naturale ci porta a voler affermare noi stessi. Chi vuole trovare Dio, deve continuamente camminare interiormente, andare in una direzione diversa da quella che ci indica una mentalità materialista, individualista, edonista. E questo vale per tutto il nostro modo di concepire la vita. Ogni giorno, anche qui a Karaganda, ci confrontiamo con la realtà concreta che ci circonda. Irrompe in tutte le circostanze della vita quotidiana, con una potenza tale che siamo tentati di pensare che non ci sia altro che questo. Ma, in realtà, l’invisibile è più grande e vale più di tutto il visibile. Per sperimentare questa verità, è necessario cambiare mentalità, superare l’illusione che l’uomo abbia solo una dimensione orizzontale, visibile, e diventare sensibili e attenti nei confronti della sua dimensione verticale, dell’invisibile; considerarlo, anzi, più importante di tutto ciò che ci assale così prepotentemente tutti i giorni. Giovanni Battista ci esorta a questa metanoia e ci dice: convertitevi, trasformate il vostro modo di pensare, affinché Dio divenga presente in voi e, per mezzo di voi, in queste terre come in tutto il mondo. Neppure a Giovanni Battista fu risparmiato questo pesante processo di cambiamento della mentalità, del dovere della conversione. Lo vediamo proprio nel Vangelo odierno, quando grida nel deserto e deve annunciate Colui che neppure egli stesso conosce. Questo è anche il compito del sacerdote e di ogni cristiano che annuncia il Cristo. Anche noi dobbiamo dare testimonianza di Colui che conosciamo ancora e sempre troppo poco, e per questo dobbiamo conoscerlo sempre più pienamente! Proprio per noi sacerdoti la figura del Battista riveste un’eloquenza particolare. Ci ricorda con forza che non siamo chiamati a predicare noi stessi, ma Cristo Signore. La nostra missione è annunciare Lui, preparare la sua strada, non la nostra, affinché ogni fedele possa vivere l’incontro personale con Cristo risorto. Perciò, cari Confratelli, dobbiamo fuggire ogni individualismo e personalismo, e come il Battista gioire del fatto che Gesù possa "crescere" e noi "diminuire".

La seconda lettura, tratta dalla sezione finale della Lettera ai Romani, contiene un caloroso appello all’accoglienza fraterna. Come sempre, per l’Apostolo la morale è modellata sul Cristo, e i comportamenti cristiani devono ricalcare quelli di Cristo. Ora, Gesù si è fatto servitore dei giudei con la sua incarnazione in un popolo, in una storia, in una cultura precisa. Così il cristiano deve inserirsi nell’ambiente sociale in cui vive, in una realtà talvolta difficile, testimoniando l’amore di Dio. Carissimi fratelli e sorelle, vi esorto ad essere sempre più figli devoti e solleciti, fedeli al patrimonio spirituale e culturale cristiano ereditato dai padri e capaci di adattarlo alle nuove esigenze. Il rispetto dei diritti di ciascuno, anche se di convinzioni personali diverse, è il presupposto di ogni convivenza autenticamente umana. Cercate di vivere un profondo e fattivo spirito di comunione tra di voi e con tutti, ispirandovi a quanto gli Atti degli Apostoli attestano della prima comunità dei credenti (At 2,44-45; 4,32). La carità, che alimentate alla Mensa eucaristica, testimoniatela nell’amore fraterno e nel servizio ai poveri, ai malati, agli esclusi. Siate artefici di incontro, di riconciliazione e di pace tra persone e gruppi differenti, coltivando l’autentico dialogo, perché emerga sempre la verità.

La festa del Natale, che si avvicina, ridesta in noi una meravigliosa speranza nel progetto di Dio che, malgrado tutte le difficoltà presenti nel nostro mondo sempre travagliato da tendenze negative, da violenze ed ostilità reciproche, si realizza in Gesù. Il Signore viene per salvarci e, nella misura in cui nella fede apriamo a lui i nostri cuori, possiamo avere la certezza di essere veramente salvati, di ottenere, cioè, la gioia, la pace e la pienezza dell’amore e di contribuire, con la grazia di Dio, alla trasformazione positiva del mondo. E Tu, o Vergine Maria, Madre nostra, aiuta questi tuoi figli ad impegnarsi generosamente nella testimonianza della loro fede, perché il Vangelo di Gesù sia conosciuto e vissuto. Amen!

+PetaloNero+
00domenica 5 dicembre 2010 00:23
Prima Predica di Avvento: la risposta cristiana allo scientismo ateo
Del Predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa



ROMA, sabato, 4 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la prima Predica d'Avvento tenuta questo venerdì da padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap., Predicatore della Casa Pontificia, nella cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico Vaticano.


* * *


“QUANDO GUARDO I TUOI CIELI, LA LUNA E LE STELLE,

CHE COS’È MAI L’UOMO?” (Sal 8, 4-5)


1. Le tesi dello scientismo ateo

Le tre meditazioni di questo Avvento 2010 vogliono essere un piccolo contributo alla necessità della Chiesa che ha portato il Santo Padre Benedetto XVI a istituire il “Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione” e a scegliere come tema della prossima Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi il tema “La nuova evangelizzazione per la trasmissione delle fede cristiana”.

L’intento è quello di individuare alcuni nodi o ostacoli di fondo che rendono molti paesi di antica tradizione cristiana “refrattari” al messaggio evangelico, come dice il Santo Padre nel Motu Proprio con cui ha istituito il nuovo Consiglio[1]. I nodi o le sfide che intendo prendere in considerazione e a cui vorrei cercare di dare una risposta di fede sono lo scientismo, il secolarismo e il razionalismo. L’apostolo Paolo li chiamerebbe “i baluardi e le fortezze che si levano contro la conoscenza di Dio” (cf. 2 Cor 10,4).

In questa prima meditazione prendiamo in esame lo scientismo. Per comprendere cosa si intende con questo termine, possiamo partire dalla descrizione che ne ha fatto Giovanni Paolo II:

“Un altro pericolo è lo scientismo; questa concezione filosofica si rifiuta infatti di ammettere come valide forme di conoscenza diverse da quelle che sono proprie delle scienze positive, relegando nei confini della mera immaginazione sia la conoscenza religiosa e la teologia, sia il sapere etico ed estetico”[2].

Possiamo riassumere così le tesi principali di questa corrente di pensiero:

Prima tesi. La scienza, e in particolare la cosmologia, la fisica e biologia, sono l’unica forma oggettiva e seria di conoscenza della realtà. “Le società moderne, ha scritto Monod, sono costruite sulla scienza. Le devono la loro ricchezza, la loro potenza e la certezza che ricchezze e potenze ancora maggiori saranno in un domani accessibili all'uomo, se egli lo vorrà [...]. Provviste di ogni potere, dotate di tutte le ricchezze che la scienza offre loro, le nostre società tentano ancora di vivere e di insegnare sistemi di valori, già minati alla base da questa stessa scienza”[3].

Seconda tesi. Questa forma di conoscenza è incompatibile con la fede che si basa su presupposti che non sono né dimostrabili né falsificabili. In questa linea l’ateo militante R. Dawkins si spinge fino a definire “analfabeti” quegli scienziati che si professano credenti, dimenticando quanti scienziati ben più famosi di lui si sono dichiarati e continuano a dichiararsi credenti.

Terza tesi. La scienza ha dimostrato la falsità, o almeno la non necessità dell’ipotesi di Dio. È l’affermazione a cui hanno dato ampio risalto i media di tutto il mondo nei mesi scorsi, a causa di una affermazione dell’astrofisico inglese Stephen Hawkins. Questi, contrariamente a quanto aveva scritto in precedenza, nel suo ultimo libro The Grand Design, Il Grande disegno, sostiene che le conoscenze raggiunte dalla fisica rendono ormai inutile credere in una divinità creatrice dell’universo: “la creazione spontanea è la ragione per cui esiste qualcosa”.

Quarta tesi. La quasi totalità, o almeno la grande maggioranza degli scienziati sono atei. Questa è l’affermazione dell’ateismo scientifico militante che ha in Richard Dawkins, l’autore del libro God’s Delusion, L’illusione di Dio, il suo più attivo propagatore.

Tutte queste tesi si rivelano false, non in base a un ragionamento a priori o ad argomenti teologici e di fede, ma dall’analisi stessa dei risultati della scienza e delle opinioni di molti tra gli scienziati più illustri del passato e del presente. Uno scienziato del calibro di Max Planck, il fondatore della teoria dei “quanti”, dice, della scienza, quello Agostino, Tommaso d’Aquino, Pascal, Kierkegaard ed altri avevano affermato della ragione: “La scienza –dice - conduce a un punto oltre il quale non ci può più guidare”[4].

Io non insisto nella confutazione delle tesi enunciate che è stata fatta da scienziati e filosofi della scienza, con una competenza che io non ho. Cito, per esempio, la puntuale critica di Roberto Timossi, nel libro L’illusione dell’ateismo. Perché la scienza non nega Dio, che reca la presentazione del Card. Angelo Bagnasco (Edizioni San Paolo 2009). Mi limito a una osservazione elementare. Nella settimana in cui i media diffusero l’affermazione ricordata, secondo cui la scienza ha reso inutile l’ipotesi di un creatore, mi son trovato nella necessità, nell’omelia domenicale, di spiegare a dei cristiani molto semplici, in una cittadina del Reatino, dove è l’errore di fondo degli scienziati atei e perché non dovevano lasciarsi impressionare dallo scalpore suscitato da quell’affermazione. L’ho fatto con un esempio che forse può essere utile ripetere anche qui, in un contesto così diverso.

Ci sono uccelli notturni, come il gufo e la civetta, il cui occhio è fatto per vederci di notte al buio, non di giorno. La luce del sole li accecherebbe. Questi uccelli sanno tutto e si muovono a loro agio nel mondo notturno, ma non sanno nulla del mondo diurno. Adottiamo per un momento il genere delle favole, dove gli animali parlano tra di loro. Supponiamo che un’aquila faccia amicizia con una famiglia di civette e parli loro del sole: di come esso illumina tutto, di come, senza di lui, tutto piomberebbe nel buio e nel gelo, come il loro stesso mondo notturno non esisterebbe senza il sole. Cosa risponderebbe la civetta se non: “Tu racconti fandonie! Mai visto il vostro sole. Noi ci muoviamo benissimo e ci procuriamo il cibo senza di esso; il vostro sole è un’ipotesi inutile e dunque non esiste”.

È esattamente quello che fa lo scienziato ateo quando dice: “Dio non esiste”. Giudica un mondo che non conosce, applica le sue leggi a un oggetto che è fuori della loro portata. Per vedere Dio occorre aprire un occhio diverso, occorre avventurarsi fuori della notte. In questo senso, è ancora valida l’antica affermazione del salmista: “Lo stolto dice: Dio non esiste”.

2. No allo scientismo, sì alla scienza

Il rifiuto dello scientismo non ci deve naturalmente indurre al rifiuto della scienza o alla diffidenza nei confronti di essa. Fare diversamente sarebbe un far torto alla fede, prima ancora che alla scienza. La storia ci ha dolorosamente insegnato dove porta un simile atteggiamento.

Di un atteggiamento aperto e costruttivo verso la scienza ci ha dato un esempio luminoso il neo beato John Henry Newman. Nove anni dopo la pubblicazione dell’opera di Darwin sulla evoluzione delle specie, quando non pochi spiriti intorno a lui si mostravano turbati e perplessi, egli li rassicurava, esprimendo un giudizio che anticipava di un secolo e mezzo quello attuale della Chiesa sulla non incompatibilità di tale teoria con la fede biblica. Vale la pena riascoltare i brani centrali della sua lettera al canonico John Walker:

“Essa [la teoria di Darwin] non mi fa paura […] Non mi sembra filare logicamente che venga negata la creazione per il fatto che il Creatore, milioni di anni fa, abbia imposto leggi alla materia. Non neghiamo né circoscriviamo il Creatore per il fatto che abbia creato l’azione autonoma che ha dato origine all’intelletto umano, dotato quasi di un talento creativo; assai meno allora neghiamo o circoscriviamo il suo potere, se riteniamo che Egli abbia assegnato alla materia leggi tali da plasmare e costruire mediante la propria cieca strumentalità attraverso innumerevoli ère il mondo come lo vediamo[…]. La teoria del signor Darwin non necessariamente deve essere atea, che essa sia vera o meno; può semplicemente star suggerendo un’idea più allargata di Divina Prescienza e Capacità…. A prima vista non vedo come ‘l’evoluzione casuale di esseri organici’ sia incoerente con il disegno divino – È casuale per noi, non per Dio”[5].

La sua grande fede permetteva a Newman di guardare con grande serenità alle scoperte scientifiche presenti o future. “Quando un diluvio di fatti, accertati o presunti, ci si rovescia addosso, mentre infinti altri già cominciano a delinearsi, tutti i credenti, cattolici o no, si sentono sollecitati a esaminare quale significato abbiamo tali fatti”[6]. Egli vedeva in tali scoperte una “una attinenza indiretta con le opinioni religiose”. Un esempio di questa attinenza, io penso, è proprio il fatto che negli stessi anni in cui Darwin elaborava la teoria dell’evoluzione delle specie, egli, indipendentemente, enunciava la sua dottrina dello “sviluppo della dottrina cristiana”. Accennando all’analogia, su questo punto, tra l’ordine naturale e fisico e quello morale egli scriveva: ”Come il Creatore riposò il settimo giorno dopo l’opera compiuta, e tuttavia egli ‘opera ancora’, così egli comunicò una volta per tutte il Credo all’origine, eppure favorisce ancora il suo sviluppo e provvede al suo incremento”[7].

Dell’atteggiamento nuovo e positivo da parte della Chiesa cattolica nei confronti della scienza è espressione concreta l’Accademia Pontificia delle scienze, in cui eminenti scienziati di tutto il mondo, credenti e non credenti, si incontrano per esporre e dibattere liberamente le loro idee su problemi di comune interesse per la scienza e per la fede.

3. L’uomo per il cosmo o il cosmo per l’uomo?

Ma, ripeto, non è mio intendo impegnarmi qui in una critica generale dello scientismo. Quello che mi preme mettere in luce è un aspetto particolare di esso che ha un’incidenza diretta e decisiva sulla evangelizzazione: si tratta della posizione che occupa l’uomo nella visione dello scientismo ateo.

È ormai una gara tra gli scienziati non credenti, soprattutto tra biologi e cosmologi, a chi si spinge più avanti nell’affermare la totale marginalità e insignificanza dell’uomo nell’universo e nello stesso grande mare della vita. “L’antica alleanza è infranta – ha scritto Monod -; l’uomo finalmente sa di essere solo nell’immensità dell’Universo da cui è emerso per caso. Il suo dovere, come il suo destino, non è scritto in nessun luogo”[8]. “Ho sempre pensato –afferma un altro – di essere insignificante. Conoscendo le dimensioni dell’Universo, non faccio che rendermi conto di quanto lo sia davvero… Siamo solo un po’ di fango su un pianeta che appartiene al sole”[9].

Blaise Pascal ha confutato in anticipo questa tesi con un argomento che nessuno ha potuto finora e potrà mai confutare:

“L’uomo è solo una canna, la più fragile della natura; ma una canna che pensa. Non occorre che l’universo intero si armi per annientarlo; un vapore, una goccia d’acqua bastano a ucciderlo. Ma, quand’anche l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe pur sempre più nobile di quel che lo uccide, perché sa di morire, e la superiorità che l’universo ha su di lui; mentre l’universo non ne sa nulla”[10].

La visione scientista della realtà, insieme con l’uomo, toglie di colpo dal centro dell’universo anche Cristo. Egli viene ridotto, per usare le parole di M. Blondel, a “un incidente storico, isolato dal cosmo come un episodio posticcio, un intruso o uno spaesato nella schiacciante e ostile immensità dell’Universo”[11].

Questa visione dell’uomo comincia ad avere dei riflessi anche pratici, a livello di cultura e di mentalità. Si spiegano così certi eccessi dell’ecologismo che tendono a equiparare i diritti degli animali e perfino delle piante a quelli dell’uomo. E’ risaputo che ci sono animali accuditi e nutriti molto meglio di milioni di bambini. L’influsso si avverte anche in campo religioso. Vi sono forme diffuse di religiosità in cui il contatto e la sintonia con le energie del cosmo ha preso il posto del contatto con Dio come via di salvezza. Quello che Paolo diceva di Dio: “In lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (Atti 17, 28), lo si dice qui del cosmo materiale.

Per certi aspetti, si tratta del ritorno alla visione pre-cristiana che aveva come schema: Dio – cosmo – uomo, e alla quale la Bibbia e il cristianesimo opposero lo schema: Dio – uomo – cosmo. In altre parole, il cosmo è per l’uomo, non l’uomo per il cosmo. Una delle accuse più violente che il pagano Celso rivolge a giudei e cristiani è di affermare che “c’è Dio e, subito dopo lui, noi, dal momento che siamo creati da lui a sua completa somiglianza; tutto ci è subordinato: la terra, l’acqua, l’aria, le stelle; tutto esiste per noi ed è ordinato al nostro servizio” [12].

C’è però anche una profonda differenza: nel pensiero antico, soprattutto greco, l’uomo, seppure subordinato al cosmo, riveste un’altissima dignità, come ha messo in luce l’opera magistrale di Max Pohlenz, “L’uomo greco”[13]; qui invece sembra che si prenda gusto a deprimere l’uomo e spogliarlo di ogni pretesa di superiorità sul resto della natura. Più che di “umanesimo ateo”, almeno da questo punto di vista, di dovrebbe parlare, a mio parere, di anti-umanesimo, o addirittura di disumanesimo ateo.

Veniamo ora alla visione cristiana. Celso non si sbagliava nel farla derivare dalla grande affermazione di Genesi 1, 26 sull’uomo creato “a immagine e somiglianza” di Dio[14]. La visione biblica ha trovato la sua più splendida espressione nel Salmo 8:

Quand'io considero i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai disposte,
che cos'è l'uomo perché tu lo ricordi?
Il figlio dell'uomo perché te ne prenda cura?
Eppure tu l'hai fatto solo di poco inferiore a Dio,
e l'hai coronato di gloria e d'onore.
Tu lo hai fatto dominare sulle opere delle tue mani,
hai posto ogni cosa sotto i suoi piedi.



La creazione dell’uomo a immagine di Dio ha delle implicazioni per certi versi sconvolgenti sulla concezione dell' uomo che il dibattito attuale che ci spinge a portare alla luce. Tutto si fonda sulla rivelazione della Trinità recata da Cristo. L'uomo è creato a immagine di Dio, il che vuol dire che egli partecipa all’intima essenza di Dio che è relazione d’amore tra Padre, Figlio e Spirito Santo. Solo l’uomo, in quanto persona capace di relazioni, partecipa alla dimensione personale e relazionale di Dio.

Questo significa che egli, nella sua essenza, anche se ad un livello creaturale, è ciò che, a livello increato, sono il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, nella loro essenza. La persona umana è “persona” proprio per questo nucleo razionale che la rende capace di accogliere la relazione che Dio vuole stabilire con essa e allo stesso tempo diventa generatore delle relazioni verso gli altri e vero il mondo. E' evidente che c' è un fossato ontologico tra Dio e la creatura umana. Tuttavia, per grazia (mai dimenticare questa precisazione!), questo fossato è colmato, così che esso è meno profondo di quello esistente tra l' uomo e il resto del creato.

4. La forza della verità

Proviamo a vedere come si potrebbe tradurre sul piano dell’evangelizzazione questa visione cristiana del rapporto uomo-cosmo. Anzitutto una premessa. Riassumendo il pensiero del maestro, un discepolo di Dionigi Areopagita ha enunciato questa grande verità: “Non si devono confutare le opinioni degli altri, né si deve scrivere contro una opinione o una religione che sembra non buona. Si deve scrivere solo a favore della verità e non contro gli altri”[15].

Non si può assolutizzare questo principio (a volte può essere utile e necessario confutare delle dottrine false), ma è certo che l’esposizione positiva della verità è spesso più efficace che non la confutazione dell’errore contrario. È importante, credo, tener conto di questo criterio nell’evangelizzazione e in particolare nei confronti dei tre ostacoli menzionati: scientismo, secolarismo e razionalismo. Più efficace che la polemica contro di essi è, nella evangelizzazione, la esposizione irenica della visione cristiana, facendo assegnamento sulla forza intrinseca di essa quando è accompagnata da intima convinzione e viene fatta, come inculcava San Pietro, “con dolcezza e rispetto” (1 Pt 3,16).

L’espressione più alta della dignità e della vocazione dell’uomo secondo la visione cristiana si è cristallizzata nella dottrina della divinizzazione dell’uomo. Questa dottrina non ha avuto lo stesso rilievo nella Chiesa ortodossa e in quella latina. I Padri greci, superando tutte le ipoteche che l’uso pagano aveva accumulato sul concetto di deificazione (theosis), fecero di essa il fulcro della loro spiritualità. La teologia latina ha insistito meno su di essa. “Lo scopo della vita per i cristiani greci – si legge nel “Dictionnaire de Spiritualité” - è la divinizzazione, quello dei cristiani d’occidente è l’acquisizione della santità…Il Verbo si è fatto carne, secondo i greci, per restituire all’uomo la somiglianza con Dio perduta in Adamo e per divinizzarlo. Secondo i latini, egli si è fatto uomo per redimere l’umanità…e per pagare il debito dovuto alla giustizia di Dio”[16]. Potremmo dire, semplificando al massimo, che la teologia latina, dietro Agostino, insiste di più su ciò che Cristo è venuto a togliere – il peccato -, quella greca insiste di più su ciò che egli è venuto a dare agli uomini: l’immagine di Dio, lo Spirito Santo e la vita divina.

Non si deve forzare troppo questa contrapposizione, come a volte si tende a fare da parte di autori ortodossi. La spiritualità latina esprime a volte lo stesso ideale anche se evita il termine divinizzazione che, giova ricordarlo, è estraneo al linguaggio biblico. Nella Liturgia delle ore della notte di Natale riascolteremo la vibrante esortazione di san Leone Magno che esprime la stessa visione della vocazione cristiana: “Riconosci, cristiano, la tua dignità e, reso partecipe della natura divina, non voler tornare all’abiezione di un tempo con una condotta indegna. Ricordati chi è il tuo Capo e di quale Corpo sei membro”[17].

Purtroppo certi autori ortodossi sono rimasti fermi alla polemica del secolo XIV tra Gregorio Palamas e Barlaam e sembrano ignorare la ricca tradizione mistica latina. La dottrina di san Giovanni della Croce, per esempio, secondo cui il cristiano, redento da Cristo e reso figlio nel Figlio, è immerso nel flusso delle operazioni trinitarie e partecipa della vita intima di Dio, non è meno elevata di quella della divinizzazione, anche se espressa in termini diversi. Anche la dottrina sui doni di intelletto e di sapienza dello Spirito Santo, così cara a san Bonaventura e agli autori medievali, era animata dallo stesso afflato mistico.

Non si può tuttavia non riconoscere che la spiritualità ortodossa ha qualcosa da insegnare su questo punto al resto della cristianità, alla teologia protestante ancor più che alla teologia cattolica. Se c’è infatti qualcosa di veramente opposto alla visione ortodossa del cristiano deificato dalla grazia, questo è la concezione protestante, e in particolare luterana, della giustificazione estrinseca e forense, per cui l’uomo redento è “nello stesso tempo giusto e peccatore”, peccatore in sé stesso, giusto davanti a Dio.

Soprattutto possiamo imparare dalla tradizione orientale a non riservare questo ideale sublime della vita cristiana a una elite spirituale chiamata a percorre le vie della mistica, ma a proporla a tutti i battezzati, a farne oggetto di catechesi al popolo, di formazione religiosa nei seminari e nei noviziati. Se ripenso agli anni della mia formazione vi scorgo una insistenza quasi esclusiva su una ascetica che puntava tutto sulla correzione dai vizi e l’acquisto delle virtù. Alla domanda del discepolo sullo scopo ultimo della vita cristiana un santo russo, san Serafino di Sarov, rispondeva senza esitare: “Il vero fine della vita cristiana, è l’acquisizione dello Spirito Santo di Dio. Quanto alla preghiera, il digiuno, le veglie, l’elemosina e ogni altra buona azione fatta nel nome di Cristo, sono solo mezzi per acquisire lo Spirito Santo”[18].

5. “Tutto è stato fatto per mezzo di lui”

Il Natale è l’occasione ideale per riproporre a noi stessi e agli altri questo ideale che è patrimonio comune della cristianità. È dall’incarnazione del Verbo che i Padri greci fanno derivare la possibilità stessa della divinizzazione. Sant’Atanasio non si stanca di ripetere: “Il Verbo si è fatto uomo affinché noi potessimo essere deificati”[19]. “Egli si è incarnato e l’uomo è divenuto Dio, poiché è unito a Dio”, scrive a sua volta san Gregorio Nazianzeno [20]. Con Cristo viene restaurato, o riportato alla luce quell’essere“ a immagine di Dio” che fonda la superiorità dell’uomo sul resto del creato.

Notavo sopra come l’emarginazione dell’uomo porta con sé automaticamente l’emarginazione di Cristo dal cosmo e dalla storia. Anche da questo punto di vista il Natale è l’antitesi più radicale alla visione scientista. In esso sentiremo proclamare solennemente: “Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste” (Gv 1,3); “Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui” (Col 1, 16). La Chiesa ha raccolto questa rivelazione e nel Credo ci fa ripetere: “Per quem omnia facta sunt”: Per mezzo di lui tutto è stato creato.

Riascoltare queste parole mentre intorno a noi non si fa che ripetere: “Il mondo si spiega da solo, senza bisogno dell’ipotesi di un creatore”, oppure “siamo frutto del caso e della necessità”, provoca indubbiamente uno shock, ma è più facile che una conversione e una fede sbocci da uno shock del genere che da una lunga argomentazione apologetica. La domanda cruciale è: saremo capaci, noi che aspiriamo a rievangelizzare il mondo, di dilatare la nostra fede a queste dimensioni da capogiro? Crediamo noi davvero, con tutto il cuore, che “tutto è stato fatto per mezzo di Cristo e in vista di Cristo”?

Nel suo libro di tanti anni fa Introduzione al cristianesimo lei, Santo Padre, scriveva: “Con il secondo articolo del ‘Credo’ siamo davanti all’autentico scandalo del cristianesimo. Esso è costituito dalla confessione che l’uomo-Gesú, un individuo giustiziato verso l’anno 30 in Palestina, sia il ‘Cristo’ (l’unto, l’eletto) di Dio, anzi addirittura il Figlio stesso di Dio, quindi centro focale, il fulcro determinante dell’intera storia umana…Ci è davvero lecito aggrapparci al fragile stelo d’un singolo evento storico? Possiamo correre il rischio di affidare l’intera nostra esistenza, anzi, l’intera storia, a questo filo di paglia d’un qualsiasi avvenimento, galleggiante nello sconfinato oceano della vicenda cosmica?”[21].

A queste domande, Santo Padre, noi rispondiamo senza esitazione come fa lei in quel libro e come non si stanca di ripetere oggi, nella veste di Sommo Pontefice: Sì, è possibile, è liberante ed è gioioso. Non per le nostre forze, ma per il dono inestimabile della fede che abbiamo ricevuto e di cui rendiamo infinte grazie a Dio.


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1) Benedetto XVI, Motu Proprio “Ubicunque et semper”, n.

2) Giovanni Paolo II, Parole sull’uomo, Rizzoli, Milano 2002, p. 443; cf. anche Enc. “Fides et ratio”, n. 88

3) J. Monod, Il caso e la necessità, Mondadori, Milano, 1970, pagg. 136-7.

4) M. Planck, La conoscenza del mondo fisico, p. 155, (cit. da Timossi, op.cit. p. 160)

5) J.H. Newman, Lettera al canonico J. Walker (1868), in The Letters and Diaries, vol. XXIV, Oxford 1973, pp. 77 s. (Trad. ital. Di P. Zanna).

6) J.H. Newman, Apologia pro vita sua, Brescia 1982, p.277

7) J.H. Newman, Lo sviluppo della dottrina cristiana, Bologna 1967, p. 95.

8) Monod, op. cit. p. 136.

9) P. Atkins, citato da Timossi, op. cit. p. 482.

10) B. Pascal, Pensieri, 377 (ed. Brunschwicg, n. 347),

11) M. Blondel et A. Valensin, Correspondance, Aubier, Parigi 1957, p. 47.

12) In Origene, Contra Celsum, IV, 23 (SCh 136, p.238; cf. anche IV, 74 (ib. p. 366)

13) Cf. M. Pohlenz, L’uomo greco, Firenze 1962.

14) In Origene, op. cit., IV, 30 (SCh 136, p. 254).

15) Scolii a Dionigi Areopagita in PG 4, 536; cf. Dionigi Areopagita, Lettera VI (PG, 3, 1077).

16) G. Bardy, in Dct. Spir., III, col. 1389 s.

17) S. Leone Magno, Discorso 1 sul Natale (PL 54, 190 s.).

18) Dialogo con Motovilov, in Irina Gorainoff, Serafino di Sarov, Gribaudi, Torino 1981. p. 156.

19) S. Atanasio, L’incarnazione del Signore, 54 (PG 25, 192B).

20) S. Gregorio Nazianzeno, Discorsi teologici, III, 19 (PG 36, 100A).

21) J. Ratzinger, Introduzione al cristianesimo, Brescia 1969, p.149.
+PetaloNero+
00giovedì 9 dicembre 2010 15:22
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MUSEO MISSIONARIO DI PROPAGANDA FIDE PRESSO LA CONGREGAZIONE PER L’EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI



Alle ore 11 di questa mattina, presso la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, via di Propaganda 1c, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Museo Missionario di Propaganda Fide.
Intervengono: il Rev.do Padre Massimo Cenci, P.I.M.E., Sotto-Segretario della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli; il Prof. Francesco Buranelli, Coordinatore del Comitato Scientifico del Museo Missionario di Propaganda Fide; l’Ambasciatore Ludovico Ortona, Presidente della società Arcus.
Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:


INTERVENTO DEL REV.DO P. MASSIMO CENCI, P.I.M.E.

Dopo un lavoro impegnativo e prolungato, reso possibile dall’apporto di numerose professionalità e di maestranze altamente qualificate, presentiamo oggi il Museo Missionario di Propaganda Fide.

Nel rivolgere a tutti i presenti gli indirizzi di saluto e di benvenuto, manifesto anzitutto, a nome di questa Congregazione, un’espressione di sentito ringraziamento all’Ambasciatore Ludovico Ortona, Presidente della società Arcus, società che ha svolto un ruolo importante nella realizzazione di questa iniziativa. Ringrazio di cuore anche tutti membri del Comitato Scientifico, coordinati dal Prof. Francesco Buranelli, che in questi anni con competenza e gratuità hanno messo a disposizione la loro professionalità per la realizzazione di questo Museo Missionario.

Saluto e ringrazio, inoltre, tutti quanti sono oggi qui intervenuti per partecipare a questo evento dotato di straordinaria rilevanza culturale e destinato a rendere un contributo importantissimo al panorama artistico della città di Roma.

Al prof. Francesco Buranelli spetterà il compito di illustrare in maniera ampia ed esaustiva tutti gli aspetti della rilevanza storica, artistica ed architettonica del contesto urbanistico di riferimento, del palazzo e del museo. È già stato notato, infatti, che il palazzo affaccia su una delle piazze più belle ed importanti della città di Roma. Si tratta di un edificio, dunque, che, al di là della propria singolare bellezza, costituisce un ineliminabile momento di definizione dell’area urbana nella quale è inserito ed è un connotato essenziale dell’identità culturale della città di Roma.

In questo contesto, il Museo Missionario di Propaganda Fide esprime e qualifica la presenza e l’identità della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, che in esso ha stabilito la propria sede per volere di Papa Urbano VIII all’incirca nella metà del secolo XVII. Da questo punto di vista, ritengo indispensabile porre l’accento sulla considerazione che l’itinerario museale che oggi presentiamo, oltre all’importanza e al valore artistico delle opere che saranno oggetto di esposizione, è veramente rappresentativo del valore, dell’identità e del significato della Congregazione. Di più: il nuovo itinerario museale, per il luogo in cui è stato realizzato e per i contenuti delle opere che vi si trovano esposte, certamente offre un contributo importante verso l’obiettivo di una più ampia divulgazione dell’attività della Congregazione e, quindi, verso un più efficace assolvimento delle sue finalità istituzionali.

La Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli è un’istituzione vitale per la Santa Sede e per l’intera Chiesa cattolica, cui, sin dal momento della fondazione, è stato affidato il compito di dirigere e coordinare in tutto il mondo l’opera dell’evangelizzazione e la cooperazione missionaria. A questi fini, la Congregazione dirige e mantiene una vasta serie di strutture a servizio della formazione e distribuisce annualmente importanti aiuti per progetti in favore della costruzione di nuove chiese, istituzioni pastorali, opere di alfabetizzazione, strutture ospedaliere e sanitarie (in particolare a favore dell’infanzia), spesso in regioni che sono tra le più povere della terra. Insomma, la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli è, in seno alla Chiesa cattolica, quella che direttamente risponde al comandamento di Gesù: «andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo» (Mc, 16, 15).

Ebbene, l’itinerario museale realizzato nel palazzo in cui la Congregazione da circa tre secoli ha la propria sede comprende una sala detta "sala mappamondo" e una sala multimediale destinate appunto a divulgare al pubblico le opere concretamente svolte dalla Congregazione verso l’assolvimento di propri fini istituzionali. Per non parlare della biblioteca lignea del Borromini, della Cappella dedicata al Beato Newman e della Cappella dei Magi. Si tratta perciò di un itinerario museale completo, che non ha soltanto una valenza artistica, ma che è stato concepito e realizzato anche e soprattutto in funzione di una valenza propriamente pastorale.

In questi termini e in questa prospettiva, dunque, non posso che esprimere pieno compiacimento e rinnovare il sincero ringraziamento a quanti hanno partecipato a vario titolo per la realizzazione di un’iniziativa tanto importante quanto impegnativa; un’iniziativa portata a compimento a vantaggio della città e della missione evangelizzatrice della Chiesa.



INTERVENTO DEL PROF. FRANCESCO BURANELLI

Il progetto del Museo

Nasce oggi a Roma - nel palazzo che dal 1627 ospita la Sacra Congregazione "de Propaganda Fide" - il "Museo Missionario di Propaganda Fide". Un nuovo Museo nel cuore della città, con un mandato ed un nome importante.

Proprio dal nome, dalle quattro impegnative parole che lo compongono, possiamo partire per entrare nel progetto che presentiamo.

Abbiamo ereditato la parola museo dal greco museion "tempio o residenza delle Muse", ma fu a Roma, che a partire dal Rinascimento, prese forma e in larga parte si sviluppò l’idea stessa del museo "moderno": una avventura della conoscenza fatta di conservazione del patrimonio, di trasmissione della cultura, di invito all’apprendimento, di elaborazione di nuove idee per la comprensione dell’uomo e del mondo.

La parola "missione", poi, ha un profondo significato nel mondo delle Chiesa cattolica, venuto a diversificarsi nel corso dei secoli, partendo dalla parola greca "apostolo", dai compagni stessi inviati da Gesù a diffondere i Vangeli, fino alla definizione nella regola di sant’Ignazio di Lodola, come in tanti altri Ordini religiosi.

Tuttavia, alcuni decenni or sono, in un tentativo, spesso maldestro, di applicare formule di economia aziendale ai Musei, mutuando termini e concetti dall’aggressivo mondo del marketing americano, si cominciò a parlare per i musei della necessità di individuare la "mission". Con questo temine inglese - si pretendeva di aver scoperto qualcosa che a Sisto IV, Paolo III, Gregorio XVI, Paolo VI era ben chiaro, cioè che ogni museo ha una vocazione univoca, un progetto educativo, un suo mondo da rappresentare e un suo stile per comunicare.

Missione del museo e missione della Congregazione si fondono in questo luogo, nel solco profondo della cultura umanistica e della vocazione originaria di Propaganda Fide: nella "missione" spirituale, educativa, solidale di questo secolare istituto si colloca, dunque, il progetto culturale del "Museo Missionario di Propaganda Fide" secondo l’insegnamento di Cristo agli Apostoli: "euntes docete omnes gentes…." (Mt 28,19).

Progettare ed inaugurare un nuovo Museo a Roma non è cosa di poco conto per la gran quantità e soprattutto per la qualità unica ed irripetibile delle proposte museali della città eterna. Fortunatamente l’azione evangelizzatrice che la Congregazione di Propaganda Fide ha condotto in quasi quattrocento anni di ininterrotta attività ha fatto sì che venisse raccolta una tale massa di informazioni, di documenti, di opere d’arte da facilitare il compito a progettare l’idea di un museo nello storico palazzo della Congregazione Propaganda Fide.

Lo sforzo affrontato dalla Congregazione, sotto l’attenta guida dell’eminentissimo Prefetto il sig. Cardinale Ivan Dias, ha il preciso obiettivo di recuperare un bagaglio culturale e storico di grande rilevanza documentaria ed artistica capace di testimoniare lo spirito di missione che ha sospinto tanti sacerdoti, religiosi e religiose, nel corso dei secoli, a testimoniare i valori cristiani nei più reconditi angoli della terra. Un museo moderno, infatti, altro non è che luogo della memoria e luogo formativo di incontro di culture, di popoli e di idee che attraverso un linguaggio semplice ed accattivante sappia raccontare la storia, l’arte e la vita. Quale migliore occasione, allora, della definizione del progetto espositivo del nuovo museo dedicato a Propaganda Fide, la cui azione evangelizzatrice favorì l’incontro di culture molto diverse e lontane avvenuta in tempi che non conoscevano ancora il fenomeno della globalizzazione, ma che ben sapevano del valore dell’incontro e dell’arricchimento reciproco.

I capolavori della pittura italiana presenti nella collezione del Dicastero, le opere provenienti da lontane culture venute a contatto con il cristianesimo, le foto storiche, i volumi della biblioteca ed i documenti di un imponente archivio "ripopolano" da oggi il cuore di Palazzo di Propaganda, ospitati nei suoi spazi più rappresentativi: la biblioteca Barberini, la cappella dei Re Magi e il piano nobile dalle raffinate architetture borrominiane, una volta sede del Collegio Urbaniano, per una superficie complessiva di circa 1250 metri quadrati, per la prima volta liberamente visitabili e aperti al pubblico in maniera permanente.

La congregazione ed il Palazzo di Propaganda Fide

Fu Gregorio XV (Alessandro Ludovisi, 1621-1623) con la "Inscrutabili Divinae" a costituire, nel 1622, la Sacra Congregazione "de Propaganda Fide", come esigenza della Chiesa Cattolica - anche in risposta all’espansione missionaria delle Chiese sorte dalla riforma protestante ed a seguito dell’intensificarsi delle relazioni commerciali con l’Estremo oriente - di inviare sacerdoti preparati nelle terre che si andavano via via scoprendo.

La Curia Romana doveva creare un nuovo organismo per promuovere e coordinare tutta l’attività di evangelizzazione dei territori non cristiani, secondo gli indirizzi esplicitati negli atti fondativi, primo tra tutti, il rispetto e la valorizzazione delle culture dei popoli. Ai missionari era richiesto di "… non rigettare niente di quanto di buono, puro e santo c’è nelle culture e religioni dei popoli.." e di formare un clero locale capace di diffondere il Vangelo in termini comprensibili nonché di favorire la formazione di nuove Diocesi e di chiese locali con clero e vescovi indigeni.

Tutte le opere missionarie dipesero da questo momento da Propaganda Fide, con una competenza, un patrimonio ed una autonomia tanto vasti che il Prefetto venne presto soprannominato il "Papa rosso".

I primi passi di Propaganda Fide furono anche intimamente collegati alla storia artistica e alle vicende urbanistiche di una delle zone più centrali e rilevanti di Roma: la platea Trinitatis, oggi conosciuta come Piazza di Spagna.

Si deve a mons. Giovanni Battista Vives l’acquisto, nel 1624, del cinquecentesco Palazzo Ferratini, un edificio a tre piani costruito da mons. Bartolomeo Ferratini di Amelia all’estremità meridionale del vasto spazio aperto. Il Vives lo comprò per 14.500 scudi e subito ne fece dono a Urbano VIII, destinandolo a sede del giovane dicastero.

Nel 1627 Urbano VIII (Maffeo Barberini, 1623 – 1644) fondò il seminario di Propaganda noto, dal nome del Pontefice, come Collegio Urbano seguito, tra il 1637 ed il 1639, dalla creazione di venticinque alunnati voluti dal Cardinale Antonio Barberini, fratello di papa Urbano VIII e prefetto della Congregazione. La generosità del Cardinale nei confronti di Propaganda Fide, si concluse nel 1646 con il lascito testamentario di tutti i suoi beni, che il Cardinale volle fosse ricordato ai posteri con una iscrizione marmorea oggi collocata all’ingresso della Galleria del Museo.

L’incremento delle attività rese necessaria un’opera di ampliamento dell’ormai insufficiente Palazzo Ferratini: la nuova ala orientale venne iniziata nel 1637 su progetto dell’architetto Gaspare De Vecchi, al quale nel 1643 subentrò Gian Lorenzo Bernini nel restauro della facciata del Palazzo Ferratini, che accusava cedimenti strutturali, e nella progettazione e costruzione della Cappella per l’Adorazione di Gesù bambino da parte dei Re Magi.

Gian Lorenzo Bernini conferì, grazie ad un rigoroso apparato architettonico-decorativo, una severa eleganza "istituzionale" alla facciata, che si è conservata sostanzialmente intatta a chiudere la piazza.

La Cappella dei Re Magi

Negli stessi anni, Bernini progetta e costruisce l’oratorio dei Re Magi, di cui conosciamo l’aspetto solo grazie a due disegni del Borromini. L’edificio, sormontato dal tiburio con lanternino (un’idea ripresa e sviluppata dal Bernini in sant’Andrea al Quirinale, anni più tardi), era a pianta ovale, con asse di fruizione perpendicolare all’ingresso sulla via Paolina (oggi via di Propaganda) e due altari laterali. La dedica della chiesa a Gesù Bambino adorato dai Re Magi fu voluta dal cardinale Antonio Barberini: i Magi rappresentano simbolicamente i re dei popoli pagani, mossi per primi incontro a Cristo - guidati dalla stella cometa - e pervenuti così alla fede. Il tema dell’Epifania è, dunque, quanto mai opportuno, per una cappella destinata ad accogliere gli alunni di Propaganda, destinati a portare l’annunzio.

A partire dal 1647, Innocenzo X (Giovanni Battista Pamphilj, 1644-1655) incaricò Francesco Borromini della direzione della nuova fabbrica. L’architetto ticinese completò le ali del Collegio su via della Mercede e via di Propaganda, seguendo in parte l’idea del De Vecchi, ma con il proposito di trattare la facciata su via di Propaganda con un parato architettonico originale, differenziato rispetto al resto dell’edificio.

Borromini organizzò la facciata intorno a potenti pilastri di ordine gigante, tra i quali la finestre delle ali laterali sono concave, mentre quella centrale convessa; le paraste angolari, concave, fanno sporgere la facciata dai muri laterali, invadendo visivamente lo spazio della via sulla quale si "aprono" le cornici delle porte di finte botteghe. Edicole doriche inquadrano le finestre, sormontate da elaborati timpani decorati dalle palme di martiri e dall’alloro della gloria.

Nel 1661 venne deliberata la demolizione della cappella del Bernini: il Borromini, dopo un tentativo di ampliamento dell’ovale della chiesa berniniana, optò per un’aula rettangolare, con asse privilegiato parallelo alla strada, abbandonando l’idea di distinguere i due corpi di fabbrica, con la creazione di un prospetto articolato che riunisce i lati esterni della chiesa (da cui è eliminato l’accesso su strada) e le prime campate del Collegio.

L’episodio della demolizione della chiesa berniniana, assodata la fiera rivalità tra Bernini e Borromini, costituì forse per quest’ultimo una plateale rivincita nei confronti dello scultore che, abitando proprio di fronte a Propaganda Fide, dovette assistere impotente alla scomparsa di una delle sue opere giovanili.

La cappella dei Re Magi è completata nel febbraio del 1664; tre anni prima della tragica morte del Borromini. La sua ultima architettura è il punto d’arrivo dell’ appassionata ricerca sul tema degli spazi a matrice rettangolare con angoli obliqui, da lui avviata in san Carlino, nell’Oratorio dei Filippini, in Santa Maria dei Sette Dolori e nella navata di S. Giovanni in Laterano.

Anche lo straordinario interno della chiesa è parte del percorso museale: si presenta come un spazio rettangolare, intervallato da quattro cappelle laterali, comunicanti tra loro con stretti passaggi. Qui Borromini ha impresso il marchio indelebile del suo genio: gli angoli arrotondati, gli effetti spaziali derivanti dallo sviluppo in altezza, con ordine monumentale di lesene e pilastri, la copertura a volta inserita quale conclusione degli elementi delle pareti, con giochi di fasce e lunette di rara finezza, ne fanno uno dei capolavori della sua maturità. Completa la cappella la pala dell’Adorazione dei Magi, di Ludovico Gimignani (1634), posta sopra l’altare maggiore e sormontata dall’Euntes docete di Lazzaro Baldi.

Il percorso museale

Il progetto museale, ha preso le mosse dall’impegnativo restauro di uno dei più importanti e "segreti" Palazzi romani, nel quale si esplicò il genio dei grandi dell’architettura barocca, tenendo sempre presente l’obiettivo della valorizzazione dell’intero patrimonio della Congregazione e dell’apertura al pubblico del complesso.

Nella prima sala un video proiettato su un grande globo terrestre, racconta le origini, la storia e l’attività missionaria della Congregazione; si prosegue la visita in una sala multimediale dove è possibile consultare, per la prima volta, l’inedito fondo fotografico dell’Agenzia Fides, consistente in più di diecimila fotografie scattate nei lunghi e perigliosi viaggi compiuti nelle terre di missione dai membri del dicastero sin dall’inizio del Novecento.

Documentazione di altissimo valore etno-antropologico e storico a testimonianza dell’imponente giacimento culturale di documenti, fotografie, disegni, rapporti di viaggio, lettere, stampe, carte geografiche e anche filmati che nell’ultimo secolo e mezzo andò a sommarsi al più antico e prezioso nucleo di oggetti e reperti del Museo Borgiano di Propaganda Fide.

Si tratta della Collezione, raccolta in piazza di Spagna e nel palazzo di Velletri, dal cardinale Stefano Borgia (1731-1804), uomo di vastissima cultura, Segretario e Prefetto della Congregazione. Essa era notissima a livello europeo già nel ‘700, dopo che Goethe, meravigliato da tanti tesori, nel suo famoso "Viaggio in Italia" ne celebrò la bellezza.

Il sogno del Cardinale, intellettuale di grande valore e uomo nuovo dell’Illuminismo cristiano, fu quello di ricostruire nelle sue residenze una stupefacente panoramica e una mai udita prima polifonia, che mostrasse vicine l’una all’altra, nello stesso luogo, le "quattro voci del mondo"; ovvero i quattro continenti, della Terra, a cui, dopo le esplorazioni di Cook, si era aggiunta la "neonata" Oceania. Le rarità raccolte avevano tutte forte significato religioso e presentavano oggetti come un tamburo sciamanico lappone, o le magnifiche, mai viste prima in Occidente, cosmogonie tibetane.

Ricomporre oggi lo straordinario Museo Borgiano - forse la più singolare collezione dell’intero Settecento europeo - è una missione impossibile poiché esso è stato smembrato tra i Musei Vaticani, la Biblioteca Apostolica, il Museo Luigi Pigorini ed il museo Capodimonte a Napoli: se ne offre alla sensibilità dei visitatori una sintesi con alcuni dipinti attraverso la sala Borgia.

Se la cappella dei Magi costituiva il luogo della fede, il luogo della riflessione intellettuale era la Biblioteca Barberini con la sua enorme raccolta di volumi; oggi completamente restaurata per l’occasione a partire dal bellissimo soffitto a travi lignee, decorato a chiaroscuro e impreziosito dalle api di casa Barberini in forte rilievo. La monumentale scaffalatura della biblioteca, di grande fascino estetico, riporta nella sua struttura classica al genio del Bernini.

Luogo dello studio e quindi anche della memoria, nel ballatoio a mezza altezza della biblioteca si possono osservare - come ricordo ed esempio per i seminaristi - i ritratti di alcuni alunni illustri del Collegio.

Nella sala Missionaria si conservano, invece, i lasciti di Monsignor Carlos Cuarteròn, protagonista alla metà dell’’800 di un avventuroso viaggio nelle Isole Filippine a seguito del quale il prelato spagnolo donò a Propaganda Fide alcuni dipinti per descrivere i luoghi da lui esplorati e i nativi illustri, sultani e raja, incontrati nell’occasione.

Sulla parete opposta sono esposti i dipinti dell’artista giapponese di Teresa Kimiko Koseki realizzati nel 1930 per rappresentano scene di vita familiare e quotidiana e descrivere, con grande cura dei particolari gli ambienti, gli oggetti, i vestiti usati tradizionalmente nel Giappone dell’epoca.

Sul fondo della sala, infine, domina il monumento alla memoria dei 22 martiri ugandesi donato a Papa Paolo VI in occasione del suo viaggio pastorale in Africa (1969)

La successiva sala è dedicata alla storia ed all’architettura del Palazzo, che ripercorriamo attraverso il plastico dell’edificio, illustrato da un video, e dai disegni del Borromini.

Chiude il Museo l’esposizione della prestigiosa quadreria, frutto di molteplici donazioni susseguitesi nel tempo, in gran parte inedita e finalmente ordinata nella grande galleria del piano nobile, dove sono collocati importanti dipinti del Sei e Settecento, e nella saletta del coro della Cappella dei Magi, con le opere di piccolo formato.

Si è voluto ricostruire qui l'effetto delle grandi quadrerie dei palazzi romani, disponendo sulle pareti le tele più grandi, e sulle sopraporte i dipinti " di genere", come battaglie e nature morte.

L’impegnativo lavoro di restauro e di studio che ha interessato i dipinti, consentendo alcune interessanti ed inaspettate attribuzioni, verrà presto pubblicato nel catalogo del Museo in corso preparazione. Tra i capolavori, per la maggior parte inediti, presenti nelle sale del Museo possiamo ricordare uno straordinario Diluvio Universale di Salvator Rosa, due splendide vedute della Campagna romana di Jan Frans Von Bloemen, detto l’Orizzonte, un importante Romolo e Remo di Marco Tullio Montagna, una splendida Annunciazione attribuita al fiammingo Denys Calvaert, la spettacolare Pentecoste di Corrado Giaquinto, un san Giorgio del Guercino e ritratti firmati e datati da Anton von Maron e Antonio Canova.

Infine entriamo in uno dei gioielli architettonici del palazzo: la Cappella Newman, inserita in un raffinato spazio borrominiano e dedicata al religioso inglese che, dopo la conversione al cattolicesimo visse e studiò nel Collegio e qui celebrò la sua prima messa. John Henry Newman è stato di recente beatificato da SS. Benedetto XVI durante la sua visita in Inghilterra.



INTERVENTO DELL’AMBASCIATORE LUDOVICO ORTONA

Ringrazio tutti per essere intervenuti a questa conferenza stampa, nel corso della quale presentiamo l’apertura al pubblico di un nuovo itinerario museale, il Museo Missionario di Propaganda Fide, che va ad aggiungere un tassello a suo modo unico alla già formidabile offerta culturale ed artistica della città di Roma. Ringrazio in particolare Sua Eminenza, il Cardinale Ivan Dias, che ci ospita oggi nella splendida cornice del palazzo di Propaganda Fide.

È per me motivo di particolare piacere che questa presentazione sia tra le mie prime uscite pubbliche come nuovo presidente di Arcus, ruolo che come sapete ricopro dallo scorso luglio. E’ un impegno certamente gravoso, che ho però accettato volentieri, perché riguarda il vasto patrimonio culturale del nostro Paese, un impegno che trova in giornate come questa motivi di grande soddisfazione, con la presentazione e la messa a disposizione del pubblico dei risultati del nostro lavoro e del nostro impegno. Continuerò a lavorare per mandare avanti progetti che, come questo, permettano di realizzare e mettere in pratica la missione e gli obiettivi di Arcus, garantendo al tempo stesso la massima collaborazione con le istituzioni e la più grande trasparenza, insieme alla necessaria indipendenza e imparzialità di giudizio.

Vorrei anche ricordare come Arcus operi nei suoi progetti con l’obiettivo di agire da moltiplicatore di investimenti, attraendo e affiancando altri investitori. A nostro giudizio questo è un modello vincente, perché in un periodo di dolorosi, e spesso contestati, tagli alla cultura, il coinvolgimento di risorse private nella salvaguardia e nella promozione del patrimonio storico-artistico-culturale del nostro paese è probabilmente l’unica strada seriamente perseguibile per avere i risultati consoni ai tesori che il nostro Paese può vantare.

Oggi, come detto, presentiamo il nuovo Museo Missionario di Propaganda Fide. Non voglio entrare nel dettaglio del valore artistico e culturale dell’edificio, né dell’articolata composizione del percorso museale, su cui altri interverranno a breve, e sono grato in particolare al prof. Buranelli per il prezioso lavoro da lui svolto. Voglio però sottolineare che si tratta di un intervento di grande importanza, perché ha permesso di dare nuovo lustro a un palazzo che affaccia su una delle più belle e più famose piazze di Roma. E perché consentirà l’apertura al pubblico di un museo che esporrà testimonianze dell’arte italiana, senza dimenticare le testimonianze dell’opera missionaria e di evangelizzazione svolta nei secoli dalla Congregazione, che mai fino ad ora erano state fruibili dal pubblico: capolavori che fino ad oggi erano stati riservati a pochi e fortunati studiosi saranno oggi, grazie anche all’intervento di Arcus, visibili ai cittadini romani e ai milioni di turisti che ogni anno visitano la nostra città.

Vorrei ancora dire, con poche parole, per quali motivi questo progetto sia per Arcus tanto importante, perché riassume il modo di agire ed operare della società.

Tutti i nostri progetti, e il nuovo Museo di propaganda Fide è in questo senso un esempio perfetto, mirano sempre ad avere una funzione di volano per il territorio, per l’indotto economico e occupazionale. Se consideriamo il contesto turistico romano, e in particolare la collocazione in una delle zone più famose e visitate della città, è facile avere la dimensione di quanto potrà incidere il Museo Missionario, con effetti benefici di grande rilievo nel centro di Roma.

In ultimo, ma non certo per ordine di importanza, questo progetto permette non solo di dare nuovo lustro a un edificio che è un rilevantissimo esempio del barocco romano, ma soprattutto consente di offrire al pubblico la possibilità di fruire di opere che fino ad oggi non erano a disposizione del pubblico. Dunque, non solo conservare, recuperare e restaurare i beni artistici e culturali, ma offrire nuove possibilità, mettere a disposizione di tutti quei capolavori nascosti, a volte addirittura negati, che danno la misura della grandezza della storia culturale e artistica italiana.










JOINT COMMUNIQUE ON THE RESUMPTION OF TALKS BETWEEN THE HOLY SEE AND THE PLO


Sono ripresi stamani, a Ramallah, presso la sede del Presidente palestinese, S.E. Sig. Mahmoud Abbas, i colloqui fra la Santa Sede e l’OLP in seguito all’Accordo Fondamentale del 2000. I colloqui sono volti al conseguimento di un accordo internazionale complessivo che regoli e promuova la presenza e le attività della Chiesa Cattolica nei Territori Palestinesi, per rafforzare le speciali relazioni tra la Santa Sede e l’OLP.

I colloqui sono stati presieduti congiuntamente da Mons. Ettore Balestrero, Sotto-Segretario per i Rapporti con gli Stati, e dal Sig. Ziad Al-Bandak, Consigliere del Presidente per le Relazioni con i Cristiani. I colloqui si sono svolti in un’atmosfera cordiale.

Entrambe le Parti hanno concordato di stabilire un gruppo di lavoro che elabori il summenzionato accordo complessivo.

La Delegazione della Santa Sede era composta da: S.E. Mons. Antonio Franco, Delegato Apostolico a Gerusalemme e in Palestina; S.E. Mons. Salim Sayegh, Vicario Generale del Patriarcato Latino ad Amman; Mons. Maurizio Malvestiti, Sotto-Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali; Mons. Alberto Ortega, Officiale della Segreteria di Stato; Mons. Waldemar Sommertag, Consigliere della Delegazione Apostolica a Gerusalemme; Dott. Ghassan Faramand, Consigliere Legale e P. Emil Salayta, Presidente del Tribunale Ecclesiastico in Gerusalemme.

La Delegazione Palestinese era composta da: Dott. Nabil Shath, Membro del Comitato Centrale; Sig. Nimer Hamad, Consigliere del Presidente; S.E. l’Ambasciatore Shawqi Armali; Dott. Ramzi Khouri, Capo del Fondo Nazionale Palestinese; Dott. Bernard Sabella, Membro del Consiglio Legislativo Palestinese; e Sig. Issa Kassissieh, Vice-Capo del Dipartimento per i Negoziati.

Ramallah, 7 dicembre 2010
+PetaloNero+
00venerdì 10 dicembre 2010 15:35
PREDICA DI AVVENTO

Alle ore 9.00 di oggi, nella Cappella "Redemptoris Mater", alla presenza del Santo Padre Benedetto XVI, il Predicatore della Casa Pontificia, Rev.do P. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la seconda Predica di Avvento sul tema: "Abbiate coraggio: io ho vinto il mondo" (Giovanni, 16, 33) - Per una rievangelizzazione del mondo secolarizzato.

+PetaloNero+
00venerdì 10 dicembre 2010 15:35
COMUNICATO CONGIUNTO DELLA COMMISSIONE BILATERALE DI LAVORO TRA LA SANTA SEDE E LO STATO D'ISRAELE

Riunione Plenaria del 9 dicembre 2010 presso il Ministero degli Affari Esteri d’Israele

La riunione della Commissione Plenaria ha avuto luogo in un’atmosfera buona e aperta. La Delegazione della Santa Sede era guidata da Mons. Ettore Balestrero, Sotto-Segretario per i Rapporti con gli Stati e la Delegazione dello Stato d’Israele era guidata dal Sig. Danny Ayalon, M.K., Vice-Ministro degli Affari Esteri.

All’inizio della riunione è stato fatto riferimento al telegramma inviato da Sua Eminenza il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato di Sua Santità, a S.E. il Sig. Benyamin Netanyahu, Primo Ministro dello Stato d’Israele, con il quale si trasmetteva l’assicurazione delle preghiere e della solidarietà di Papa Benedetto XVI per le famiglie di coloro che hanno perso la vita, per i feriti e per tutti coloro che sono stati colpiti dai recenti incendi boschivi nel Nord d’Israele, come pure "il Suo apprezzamento per gli sforzi compiuti nei soccorsi, che sono stati condotti con generosa dedizione" e le Sue preghiere "affinché coloro che hanno perso le loro case in questa tragedia possano presto essere in grado di ricostruire le proprie vite"

La Plenaria ha discusso i prossimi passi in vista della conclusione dell’Accordo.

La prossima riunione della Plenaria si terrà il 16 giugno 2011, in Vaticano. Il prossimo incontro del "Gruppo di Lavoro" avrà luogo il 3 febbraio 2011.

La Delegazione della Santa Sede:

1. Mons. Ettore Balestrero, Sotto-Segretario per i Rapporti con gli Stati, Capo della Delegazione

2. S.E. Mons. Antonio Franco, Nunzio Apostolico in Israele, Capo della Delegazione al "Gruppo di Lavoro"

3. Mons. Maurizio Malvestiti, Sotto-Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali

4. Mons. Alberto Ortega Martin, Segreteria di Stato

5. S.E. Mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, Vicario del Patriarcato Latino

6. Mons. Waldemar Stanislaw Sommertag, Consigliere della Nunziatura Apostolica

7. P. David-Maria A. Jaeger, O.F.M., Consigliere Giuridico

8. Sig. Henry Amoroso, Secondo Consigliere Giuridico

9. Archimandrita Maher Abboud

10. P. Pietro Felet, S.C.J.

11. P. Ibrahim Faltas, O.F.M.

12. P. Giovanni Caputa, S.D.B., Segretario

La Delegazione dello Stato d’Israele:

1. Sig. Danny Ayalon, Vice-Ministro degli Affari Esteri, Capo della Delegazione

2. Sig. Shmuel Ben-Shmuel, Capo del Dipartimento per gli Affari Ebrei e Interreligiosi nel mondo del Ministero degli Affari Esteri (MAE)

3. Sig. Mordechay Lewy, Ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede

4. Sig.ra Michal Gur-Aryeh, Vice-Direttore del Dipartimento di Diritto Generale, MAE

5. Sig. Bahij Mansour, Direttore del Dipartimento per le Questioni Religiose, MAE

6. Avv. Itai Apter, Ministero della Giustizia

7. Sig. Oded Brook, Capo della Divisione Affari Internazionali del Ministero delle Finanze

8. Sig. David Segal, Consigliere Diplomatico, Ufficio del Vice-Ministro degli Affari Esteri

9. Sig. Ashley Perry, Consigliere per i mezzi di comunicazione internazionali del Vice-Ministro degli Affari Esteri

10. Sig.ra Klarina Shpitz, Capo dello Staff del Vice-Ministro degli Affari Esteri

11. Chen Ivri Apter, Ufficio del Vice-Ministro degli Affari Esteri













+PetaloNero+
00sabato 11 dicembre 2010 15:27
COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE A PROPOSITO DELLA DOCUMENTAZIONE DEL DIPARTIMENTO DI STATO DEGLI STATI UNITI D’AMERICA RESA PUBBLICA DA WIKILEAKS


Senza entrare nella valutazione dell’estrema gravità della pubblicazione di una grande quantità di documenti riservati e confidenziali e delle sue possibili conseguenze, la Sala Stampa della Santa Sede osserva che una parte dei documenti resi pubblici recentemente da Wikileaks riguarda rapporti inviati al Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America dall’Ambasciata degli Stati Uniti presso la Santa Sede.

Naturalmente tali rapporti riflettono le percezioni e le opinioni di coloro che li hanno redatti, e non possono essere considerati espressione della stessa Santa Sede né citazioni precise delle parole dei suoi Officiali. La loro attendibilità va quindi valutata con riserva e con molta prudenza, tenendo conto di tale circostanza.
+PetaloNero+
00sabato 11 dicembre 2010 15:27
Seconda Predica di Avvento: la risposta cristiana al secolarismo
Del Predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa



ROMA, sabato, 11 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la seconda Predica d'Avvento tenuta questo venerdì da padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap., Predicatore della Casa Pontificia, nella cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico Vaticano.

* * *

“VI ANNUNCIAMO LA VITA ETERNA” (1 GV 1,2)


1. Secolarizzazione e secolarismo

In questa meditazione ci occupiamo del secondo scoglio che incontra l’evangelizzazione nel mondo moderno occidentale, la secolarizzazione. Nel Motu Proprio con cui il papa ha istituito il Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione si dice che esso “è a servizio delle Chiese particolari, specialmente in quei territori di antica tradizione cristiana dove con maggiore evidenza si manifesta il fenomeno della secolarizzazione”.

La secolarizzazione è un fenomeno complesso è ambivalente. Può indicare l’autonomia delle realtà terrene e la separazione tra regno di Dio e regno di Cesare e, in questo senso, essa non solo non è contro il Vangelo ma trova in esso una delle sue radici profonde; può, però, indicare anche tutto un insieme di atteggiamenti contrari alla religione e alla fede per il quale si preferisce usare il termine di secolarismo. Il secolarismo sta alla secolarizzazione come lo scientismo sta alla scientificità e il razionalismo alla razionalità.

Occupandoci degli ostacoli o delle sfide che la fede incontra nel mondo moderno, noi ci riferiamo esclusivamente a questa accezione negativa della secolarizzazione. Anche così delimitato, però, la secolarizzazione presenta molte facce a seconda dei campi in cui si manifesta: la teologia, la scienza, l’etica, l’ermeneutica biblica, la cultura in generale, la vita quotidiana. Nella presente meditazione prendo il termine nel suo significato primordiale. Secolarizzazione, come secolarismo, derivano infatti dalla parola “saeculum” che nel linguaggio comune ha finito per indicare il tempo presente (“l’eone attuale”, secondo la Bibbia), in opposizione all’eternità (l’eone futuro, o “i secoli dei secoli”, della Bibbia). In questo senso, secolarismo è un sinonimo di temporalismo, di riduzione del reale alla sola dimensione terrena..

La caduta dell’orizzonte dell’eternità, o della vita eterna, ha sulla la fede cristiana l’effetto che ha la sabbia gettata su una fiamma: la soffoca, la spegne. La fede nella vita eterna costituisce una delle condizioni di possibilità dell’evangelizzazione. “Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita –esclama san Paolo – siamo da commiserare più di tutti gli uomini” (1 Cor 15,19).

2. Ascesa e declino dell’idea di eternità

Richiamiamo per sommi capi la storia della credenza in una vita oltre la morte; ci aiuterà a misurare la novità recata dal Vangelo in questo campo. Nella religione ebraica dell’Antico Testamento tale credenza si afferma solo tardivamente. Soltanto dopo l’esilio, di fronte al fallimento delle attese temporali, si fa strada l’idea della risurrezione della carne e di una ricompensa ultraterrena dei giusti, e anche allora non presso tutti (i Sadducei, si sa, non condividevano tale credenza).

Questo smentisce clamorosamente la tesi di coloro (Feuerbach, Marx, Freud) che spiegano la credenza in Dio con il desiderio di una ricompensa eterna, come proiezione nell’aldilà delle attese terrene deluse. Israele ha creduto in Dio, molti secoli prima che in una ricompensa eterna nell’aldilà! Non è, dunque, il desiderio di una ricompensa eterna che ha prodotto la fede in Dio, ma è la fede in Dio che ha prodotto la credenza in una ricompensa ultraterrena.

La piena rivelazione della vita eterna si ha, nel mondo biblico, con la venuta di Cristo. Gesù non fonda la certezza della vita eterna sulla natura dell’uomo, l’immortalità dell’anima, ma sulla “potenza di Dio”, che è un “Dio dei vivi e non dei morti” (Lc 20,27-38). Dopo la Pasqua, a questo fondamento teologico, gli apostoli aggiungeranno quello cristologico: la risurrezione di Cristo da morte. Su di essa l’Apostolo fonda la fede nella risurrezione della carne e nella vita eterna: “Se si annuncia che Cristo è risorto dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non vi è risurrezione dai morti?...Ora Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti” (1 Cor 15, 12.20).

Anche nel mondo greco–romano si assiste a una evoluzione nella concezione dell’oltretomba. L’idea più antica è che la vita vera termina con la morte; dopo di essa c’è solo una parvenza di vita, in un mondo di ombre. Una novità si registra con la comparsa della religione orfico-pitagorica. Secondo essa, il vero io dell’uomo è l’anima che, liberata dalla prigione (sema) del corpo (soma), può finalmente vivere la sua vera vita. Platone darà a questa scoperta una dignità filosofica, basandola sulla natura spirituale, e dunque immortale, dell’anima[1].

Questa credenza rimarrà, tuttavia, largamente minoritaria, riservata agli iniziati ai misteri e ai seguaci di particolari scuole filosofiche. Presso la massa persisterà la convinzione antica che la vita vera termina con la morte. Sono note le parole che l’imperatore Adriano rivolge a se stesso prossimo alla morte:

Piccola anima smarrita e soave,
Compagna e ospite del corpo,
ora t'appresti a ascendere in luoghi
incolori, ardui e spogli,
ove non avrai più gli svaghi consueti.
Un istante ancora
Guardiamo insieme le rive familiari,
le cose che certamente non rivedremo mai più…[2].

Si capisce su questo sfondo l’impatto che doveva avere l’annuncio cristiano di una vita dopo la morte infinitamente più piena e più gioiosa di quella terrena; si capisce anche perché l’idea e i simboli della vita eterna sono così frequenti nelle sepolture cristiane delle catacombe.

Ma che è successo all’idea cristiana di una vita eterna per l’anima e per il corpo, dopo che aveva trionfato sull’idea pagana del “buio oltre la morte”? A differenza del momento attuale in cui l’ateismo si esprime soprattutto nella negazione dell’esistenza di un Creatore, nel secolo XIX esso si è espresso di preferenza nella negazione di un aldilà. Raccogliendo l’affermazione di Hegel, secondo cui “i cristiani sprecano in cielo le energie destinate alla terra”, Feuerbach e soprattutto Marx hanno combattuto la credenza in una vita dopo morte, sotto pretesto che essa aliena dall’impegno terreno. All’idea di una sopravvivenza personale in Dio, si sostituisce l’idea di una sopravvivenza nella specie e nella società del futuro.

A poco a poco, con il sospetto, è caduto sulla parola eternità l'oblio e il silenzio. Il materialismo e il consumismo hanno fatto il resto nelle società opulente, facendo perfino apparire sconveniente che si parli ancora di eternità fra persone colte e al passo con i tempi. Tutto questo ha avuto un chiaro contraccolpo sulla fede dei credenti che si è fatta, su questo punto, timida e reticente. Quando abbiamo sentito l'ultima predica sulla vita eterna? Continuiamo a recitare nel Credo: “Et expecto resurrectionem mortuorum et vitam venturi saeculi”: “Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”, ma senza dare troppo peso a queste parole. Aveva ragione Kierkegaard quando scriveva: “L'aldilà è diventato uno scherzo, un'esigenza così incerta che non solo nessuno più la rispetta, ma anzi neppure più la prospetta, al punto che ci si diverte perfino al pensiero che c'era un tempo in cui quest'idea trasformava l'intera esistenza”[3].

Qual è la conseguenza pratica di questa eclisse dell'idea di eternità? San Paolo riferisce il proposito di coloro che non credono nella risurrezione da morte: “Mangiamo, beviamo, domani moriremo” (l Cor 15,32). Il desiderio naturale di vivere sempre , distorto, diventa desiderio, o frenesia, di vivere bene , cioè piacevolmente, anche a spese degli altri, se necessario. La terra intera diventa quello che Dante diceva dell’Italia del suo tempo: “l’aiuola che ci fa tanto feroci”. Caduto l’orizzonte dell’eternità, la sofferenza umana appare doppiamente e irrimediabilmente assurda.

3. L’eternità: una speranza e una presenza

Anche a proposito del secolarismo, come per lo scientismo, la risposta più efficace non consiste nel combattere l’errore contrario, ma nel far risplendere di nuovo davanti agli uomini la certezza della vita eterna, facendo leva sulla forza intrinseca che possiede la verità quando è accompagnata dalla testimonianza della vita. “A un’idea, scriveva un antico Padre, si può sempre opporre un’altra idea e a una opinione un’altra opinione; ma cosa si potrà opporre a una vita?”

Dobbiamo far leva anche sulla corrispondenza di tale verità al desiderio più profondo, anche se represso, del cuore umano. A un amico che gli rimproverava, quasi fosse una forma di orgoglio e di presunzione, il suo anelito all'eternità, Miguel de Unamuno, che non era certo un apologeta della fede, rispose in una lettera:

“Non dico che meritiamo un aldilà, né che la logica ce lo dimostri; dico che ne abbiamo bisogno, lo meritiamo o no, e basta. Dico che ciò che passa non mi soddisfa, che ho sete d'eternità, e che senza questa tutto mi è indifferente. Ne ho bisogno, ne ho bisogno! Senza di essa non c'è più gioia di vivere e la gioia di vivere non ha più nulla da dirmi. E troppo facile affermare: ‘Bisogna vivere, bisogna accontentarsi della vita’. E quelli che non se ne accontentano?”[4].

Non è chi desidera l'eternità, aggiungeva nella stessa occasione, che mostra di disprezzare il mondo e la vita di quaggiù, ma al contrario chi non la desidera: “Amo tanto la vita che perderla mi sembra il peggiore dei mali. Non amano veramente la vita coloro i quali se la godono, giorno per giorno, senza curarsi di sapere se dovranno perderla del tutto o no”. Sant’Agostino diceva la stessa cosa: “Cui non datur semper vivere, quid prodest bene vivere?”, “A che giova vivere bene, se non è dato vivere sempre?”[5]. “Tutto, tranne l’eterno, al mondo è vano”, ha cantato un nostro poeta [6].

Agli uomini del nostro tempo che coltivano in fondo al cuore questo bisogno di eternità, senza forse avere il coraggio di confessarlo agli altri e neppure a se stessi, noi possiamo ripetere ciò che Paolo diceva agli ateniesi: “Ciò che voi cercate senza conoscerlo, io ve lo annuncio” (cf. Atti 17,23).

La risposta cristiana al secolarismo nel senso che lo intendiamo qui, non si fonda, come per Platone, su un’idea filosofica –l’immortalità dell’anima -, ma su un evento. L'illuminismo aveva posto il celebre problema come si possa attingere l'eternità, mentre si è nel tempo e come si possa dare un punto di partenza storico per una coscienza eterna[7]. In altre parole: come si possa giustificare la pretesa della fede cristiana di promettere una vita eterna e di minacciare una pena ugualmente eterna, per atti compiuti nel tempo.

L'unica risposta valida a questo problema è quella che si fonda sulla fede nell'incarnazione di Dio. In Cristo, l'eterno è entrato nel tempo, si è manifestato nella carne; davanti a lui è possibile prendere una decisione per l’eternità. È così che l’evangelista Giovanni parla della vita eterna: “Vi annunciamo la vita eterna che era presso il Padre e che si manifestò a noi” (1 Gv 1, 2).

Per il credente, l’eternità non è, come si vede, solo una speranza, è anche una presenza. Ne facciamo l'esperienza ogni volta che facciamo un vero atto di fede in Cristo, perché chi crede in lui “ possiede già la vita eterna “ (cfr. 1Gv 5,13); ogni volta che riceviamo la comunione, in cui “ci viene dato il pegno della gloria futura” (“futurae gloriae nobis pignus datur”); ogni volta che ascoltiamo le parole del Vangelo che sono “parole di vita eterna” (cfr. Gv 6,68). Anche san Tommaso d’Aquino dice che “la grazia è l’inizio della gloria”[8].

Questa presenza dell'eternità nel tempo si chiama lo Spirito Santo. Egli è definito “ la caparra della nostra eredità “ (Ef 1,14; 2Cor 5,5), e ci è stato donato perché, avendo ricevuto le primizie, noi aneliamo alla pienezza. “ Cristo - scrive sant' Agostino - ci ha dato la caparra dello Spirito Santo con la quale lui, che comunque non ci potrebbe ingannare, ha voluto renderci sicuri del compimento della sua promessa. Che cosa ha promesso? Ha promesso la vita eterna di cui è caparra lo Spirito che ci ha dato”[9].

4. Chi siamo? Donde veniamo? Dove andiamo?

Tra la vita di fede nel tempo e la vita eterna c’è un rapporto analogo a quello che esiste tra la vita dell’embrione nel seno materno e quella del bambino, una volta venuto alla luce. Scrive il Cabasilas:

“Questo mondo porta in gestazione l’uomo interiore, nuovo, creato secondo Dio, finché egli, qui plasmato, modellato e divenuto perfetto, non sia generato a quel mondo perfetto che non invecchia. Al modo dell’embrione che, mentre è nell’esistenza tenebrosa e fluida, la natura prepara alla vita nella luce così è dei santi […]. Per l’embrione tuttavia la vita futura è assolutamente futura: non giunge a lui nessun raggio di luce, nulla di ciò che è di questa vita. Non così per noi, dal momento che il secolo futuro è stato come riversato e commisto a questo presente […] Perciò già ora è concesso ai santi non solo di disporsi e prepararsi alla vita, ma di vivere e di operare in essa”[10].

Esiste una storiella che illustra questo paragone. C’erano due gemellini, un maschietto e una femminuccia, così intelligenti e precoci che, ancora nel grembo della madre, parlavano già tra di loro. La bambina domandava al fratellino: “Secondo te, ci sarà una vita dopo la nascita?”. Lui rispondeva: “Non essere ridicola. Cosa ti fa pensare che ci sia qualcosa al di fuori di questo spazio angusto e buio nel quale ci troviamo? La bimba, facendosi coraggio, insisteva: “Chissà, forse esiste una madre, qualcuno insomma che ci ha messi qui e che si prenderà cura di noi.”. E lui: “Vedi forse una madre tu da qualche parte? Quello che vedi è tutto quello che c’è”. Lei di nuovo: “Ma non senti anche tu a volte come una pressione sul petto che aumenta di giorno in giorno e ci spinge in avanti?”. “A pensarci bene, rispondeva lui, è vero; la sento tutto il tempo”. “Vedi, concludeva trionfante la sorellina, questo dolore non può essere per nulla. Io penso che ci sta preparando per qualcosa di più grande di questo piccolo spazio”.

Potremmo utilizzare questa simpatica storiella quando dobbiamo annunciare la vita eterna a persone che hanno smarrito la fede in essa, ma ne conservano la nostalgia e forse aspettano che la Chiesa, come quella bambina, li aiuti a credere in essa.

Ci sono domande che gli uomini non cessano di porsi da che mondo è mondo e gli uomini di oggi non fanno eccezione: “Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo”. Nella sua Storia ecclesiastica del popolo inglese, il Venerabile Beda racconta come la fede cristiana fece il suo ingresso nel nord dell’Inghilterra. Quando i missionari venuti da Roma arrivarono nel Northumberland, il re Edwino convocò un consiglio dei dignitari per decidere se permettere loro, o meno, di diffondere il nuovo messaggio. Si alzò uno di loro e disse:

“Immagina, o re, questa scena. Tu siedi a cena con i tuoi ministri e condottieri: è inverno, il fuoco arde nel mezzo e riscalda la stanza, mentre fuori mugghia la tempesta e cade la neve. Un uccellino, entra da una apertura della parete e subito esce dall’altra. Mentre è dentro, è al riparo dalla tempesta invernale; ma dopo aver goduto del breve tepore, subito scompare dalla vista, perdendosi nel buio inverno da cui è venuto. Tale ci appare la vita degli uomini sulla terra: noi ignoriamo del tutto ciò che la segue e ciò che la precede. Se questa nuova dottrina ci reca qualcosa di più sicuro su ciò, dico che la si deve accogliere”[11].

Chissà che la fede cristiana non possa ritornare in Inghilterra e nel continente europeo per la stessa ragione per cui vi fece il suo ingresso: come l’unica che ha una risposta sicura da dare ai grandi interrogativi della vita terrena. L’occasione più propizia per far giungere questo messaggio sono i funerali. In essi le persone sono meno distratte che in altri riti di passaggio (battesimo, matrimonio), si interrogano sul proprio destino. Quando si piange su un caro defunto, si piange anche su di sé.

Ho ascoltato una volta un interessante programma della BBC inglese sui cosiddetti “funerali secolari”, con la registrazione dal vivo dello svolgimento di uno di essi. A un certo punto si sentiva l’officiante che diceva ai presenti: “Non dobbiamo essere tristi. Vivere una buona vita, appagante, per settantotto anni (l’età della defunta) è qualcosa di cui si deve essere grati”. Grati a chi?, mi domandavo. Un tale funerale non fa che rendere più evidente la disfatta totale dell’uomo di fronte alla morte.

Sociologi e uomini di cultura, chiamati a spiegare il fenomeno dei funerali secolari o “umanistici”, vedevano la causa del diffondersi di questa pratica in alcuni paesi del nord Europa, nel fatto che i funerali religiosi implicano nei presenti una fede che essi non si sentono di condividere. La proposta che avanzavano era: la Chiesa, nei funerali, eviti ogni accenno a Dio, alla vita eterna, a Gesù Cristo morto e risorto, e limiti il suo ruolo a quello di “naturale e sperimentato organizzatore dei riti di passaggio”! In altre parole, si rassegni alla secolarizzazione anche della morte!

5. Andremo alla casa del Signore!

Una rinnovata fede nell’eternità non ci serve solo per l’evangelizzazione, cioè per l’annuncio da fare agli altri; ci serve, prima ancora, per imprimere un nuovo slancio al nostro cammino verso la santità. L’affievolirsi dell'idea di eternità agisce anche sui credenti, diminuendo in essi la capacità di affrontare con coraggio la sofferenza e le prove della vita.

Pensiamo a un uomo con una bilancia in mano: una di quelle bilance che si reggono con una sola mano e hanno da un lato il piatto su cui mettere le cose da pesare e dall'altro una barra graduata che regge il peso o la misura. Se cade a terra, o si smarrisce la misura, tutto quello che si mette sul piatto fa sollevare in alto la barra e fa inclinare a terra la bilancia. Tutto ha il sopravvento, anche un pugno di piume..

Così siamo noi quando smarriamo il peso, la misura di tutto che è l'eternità: le cose e le sofferenze terrene gettano facilmente la nostra anima a terra. Tutto ci sembra troppo pesante, eccessivo. Gesù diceva: “Se la tua mano ti è di ostacolo, tagliala; se il tuo occhio ti è di ostacolo, cavalo; è meglio entrare nella vita con una mano sola o con un occhio solo, anziché con tutti e due essere gettato nel fuoco eterno” (cfr. Mt 18,8-9). Ma noi, avendo perso di vista l'eternità, troviamo già eccessivo che ci si chieda di chiudere gli occhi davanti a uno spettacolo immorale.

San Paolo osa scrivere: “Il momentaneo, leggero peso della tribolazione ci procura un peso smisurato ed eterno di gloria, perché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d'un momento, quelle invisibili sono eterne” (2 Cor 4,17-18). Il peso della tribolazione è “ leggero proprio perché momentaneo, quello della gloria è smisurato proprio perché eterno. Per questo lo stesso Apostolo può dire: “Io ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi” (Rm 8,18).

Il cardinal Newman che abbiamo scelto come maestro speciale in questo Avvento ci obbliga ad aggiungere una verità mancante nelle riflessioni svolte fin qui sull’eternità. Lo fa con il poemetto “Il sogno di Geronzio”, posto in musica dal grande compositore inglese Edgar Elgar. Un vero capolavoro per profondità di pensieri, afflato lirico e corale drammaticità.

Descrive il sogno di un anziano (questo significa il nome Geronzio) che si sente prossimo alla fine. Ai suoi pensieri sul senso della vita, della morte, sull’abisso del nulla in cui sta precipitando, si sovrappongono i commenti degli astanti, la voce orante della Chiesa: “Parti da questo mondo, anima cristiana“ (“proficiscere, anima christiana”), le voci contrastanti di angeli e demoni che soppesano la sua vita e reclamano la sua anima. Particolarmente bella e profonda la descrizione del momento del trapasso e del risveglio in un altro mondo:

“Mi addormentai; ed ora sono rianimato.

È uno strano ristoro; poiché sento in me

Una leggerezza indicibile, ed un senso

Li libertà, come se fossi me stesso finalmente,

e mai lo fossi stato prima. Quanta pace!

Non odo più l’incessante battito del tempo,

no, né il mio respiro ansimante, né il polso affannoso;

non un momento differisce da quello che viene dopo”[12].

Le ultime parole che l’anima pronuncia nel poema sono quelle con cui si avvia serena, e anzi impaziente, al Purgatorio:

Là canterò il mio Signore ed il mio Amore assenti: -

portatemi via,

perché più presto possa sorgere, ed ascendere lassù.

E vede Lui nella verità del giorno sempiterno”[13].

Per l’imperatore Adriano, la morte era il passaggio dalla realtà alle ombre, per il cristiano John Newman essa è il passaggio dalle ombre alla realtà, “ex umbris et imaginibus in veritatem”, come volle fosse scritto sulla sua tomba.

Qual è, allora, la verità mancante che Newman ci obbliga a non tacere? Che il passaggio dal tempo all’eternità non è rettilineo e uguale per tutti. C’è un giudizio da affrontare e un giudizio che può avere due esiti molto diversi, l’inferno o il paradiso. Quella di Newman è una spiritualità austera, perfino a tratti rigorista, come quella del Dies irae, ma quanto salutare in un’epoca incline a prendere tutto alla leggera e a scherzare, come diceva Kierkegaard, con il pensiero dell’eternità!

Indirizziamo dunque con rinnovato slancio i nostri pensieri verso l’eternità, ripetiamo a noi stessi con le parole del poeta: “Tutto, tranne l’eterno, al mondo è vano”. Nel salterio ebraico c’è un gruppo di salmi, detti “salmi delle ascensioni”, o “cantici di Sion”. Erano i salmi che cantavano i pellegrini israeliti quando “salivano” in pellegrinaggio verso la città santa, Gerusalemme. Uno di essi comincia così: “Quale gioia quando mi dissero: “Andremo alla casa del Signore” (Sal 122, 1). Questi salmi delle ascensioni sono diventati ormai i salmi di coloro che, nella Chiesa, sono in cammino verso la Gerusalemme celeste; sono i nostri salmi. Commentando quelle parole iniziali del salmo, sant’Agostino diceva ai suoi fedeli:

“Corriamo perché andremo alla casa del Signore; corriamo perché tale corsa non stanca; perché arriveremo a una meta dove non esiste stanchezza. Corriamo alla casa del Signore e la nostra anima gioisca per coloro che ci ripetono queste parole. Essi hanno visto prima di noi la patria, l’hanno vista gli apostoli e ci hanno detto: Correte, affrettatevi, veniteci dietro! “Andiamo alla casa del Signore!”[14].

Abbiamo davanti a noi, in questa cappella, una splendida rappresentazione musiva della Gerusalemme celeste, con Maria, gli apostoli e una lunga teoria di santi orientali e occidentali. Essi ci ripetono silenziosamente questo invito. Accogliamolo e portiamolo con noi in questa giornata e in tutta la vita.

[1] Cf. M. Pohlenz, L’uomo greco, Firenze 1967, p. 173ss.

[2] Animula vagula, blandula, traduzione di Lidia Storoni Mazzolani.

[3] S. Kierkegaard, Postilla conclusiva, 4, in Opere, a cura di C. Fabro, Firenze 1972, p. 458.

[4] Miguel de Unamuno, “Cartas inéditas de Miguel de Unamuno y Pedro Jiménez Ilundain,” ed. Hernán Benítez, Revista de la Universidad de Buenos Aires, vol. 3, no. 9 (Gennaio-Marzo 1949), pp. 135. 150.

[5] S. Agostino, Trattati sul Vangelo di Giovanni, 45, 2 (PL, 35, 1720).

[6] Antonio Fogazzaro, “A Sera,” in Le poesie, Milano, Mondadori, 1935, pp. 194–197.

[7] G.E. Lessing, Über den Beweis des Geistes und der Kraft, ed. Lachmann, X, p.36.

[8] S. Tommaso d’Aquino, Somma teologica, II-IIae, q. 24, art.3, ad 2.

[9] S. Agostino, Sermo 378,1 (PL, 39, 1673).

[10] N. Cabasilas, Vita in Cristo, I,1-2, ed. a cura di U. Neri, Torino, UTET, 1971, pp.65-67.,

[11] Beda il Venerabile, Historia ecclesiastica Anglorum, II, 13.

[12] Il sogno di Geronzio, in Newman Poeta, a cura di L. Obertello, Jaka Book, Milano 2010, p.124

[13] Ib, p. 156.

[14] S. Agostino, Enarrationes in Psalmos 121,2 (CCL, 40, p. 1802).


+PetaloNero+
00giovedì 16 dicembre 2010 00:54
Messaggio per la 3° Giornata di preghiera per la Pace in Terra Santa
A firma del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace



ROMA, mercoledì, 15 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il messaggio che il Cardinale Peter Kowdo Appiah Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, ha inviato in occasione della 3° Giornata Internazionale di Intercessione per la Pace in Terra Santa, che si terrà dal 29 al 30 gennaio 2011.


* * *


“Beati gli operatori di pace,

perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9)


Carissimi fratelli e sorelle in Cristo,

In vista della 3° Giornata Internazionale di Intercessione per la Pace in Terra Santa che si celebrerà il prossimo 29-30 gennaio 2011, desideriamo far pervenire il nostro saluto e incoraggiamento per accompagnare il vostro momento di fiduciosa preghiera.

La Chiesa in ogni tempo si è sforzata di diffondere il messaggio di Pace, forte anche delle parole che il Risorto ha rivolto ai discepoli riuniti nel Cenacolo: “Vi lascio la Pace, vi do la mia Pace” (Gv 14, 27). Si è impegnata così nelle diverse tappe storiche a sostenere tutte quelle iniziative e quelle attività che potessero sensibilizzare ogni uomo e ogni donna di buona volontà a divenire non solo annunciatori, ma anche operatori di pace. Lo ha fatto specie in quelle regioni del mondo in cui si è sofferto a causa di ingiustizie, violenze e persecuzioni. Oggi il tema importantissimo della Pace e la sua ricerca sono più che mai attuali.

Mentre siamo ancora riconoscenti al Signore per l’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente che si è conclusa da poco, il nostro pensiero va oggi alla Terra Santa benedetta da Dio con eventi mirabili della Storia della Salvezza, primo fra tutti l’incarnazione del Verbo in Gesù Cristo.

L’appello di Benedetto XVI nell’Omelia durante la S. Messa di chiusura del Sinodo non può lasciarci indifferenti. Come ha rimarcato il Santo Padre «il grido del povero e dell’oppresso trova un’eco immediata di Dio, che vuole intervenire per aprire una via di uscita, per restituire un futuro di libertà, un orizzonte di speranza».

La 3° Giornata Internazionale di Intercessione per la Pace in Terra Santa, patrocinata da questo Pontificio Consiglio, nasce dalla volontà di impegnarsi in modo concreto e forte, vivendo anche una giornata di preghiera.

Questa Giornata riunisce diverse Associazioni, fratelli e sorelle di ogni regione, e li sollecita a far udire la propria voce al mondo intero dicendo: Desideriamo la Pace, la riconciliazione e l’unità, cominciando da Gerusalemme!

Auspichiamo che questa iniziativa, già conosciuta da molti, sia ancora più apprezzata e diffusa, come contributo orante dei credenti di tutto il mondo a sostegno della Civiltà dell’Amore.

Maria, Regina pacis, ottenga la benedizione di Dio su quanti sostengono e promuovono questa Giornata e su tutti coloro che con cuore sincero cercano la Pace!


Roma, 16 novembre 2010


Peter K. A. Card. Turkson

Presidente


† Mario Toso

Segretario


+PetaloNero+
00giovedì 16 dicembre 2010 15:36
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA 44a GIORNATA MONDIALE DELLA PACE (1° GENNAIO 2011)



Alle ore 11.30, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre per la 44a Giornata Mondiale della Pace, che si celebra il 1° gennaio 2011 sul tema: Libertà religiosa, via per la pace.
Intervengono: l’Em.mo Card. Peter Kodwo Appiah Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace; S.E. Mons. Mario Toso, S.D.B., Segretario del medesimo Pontificio Consiglio; Mons. Anthony Frontiero e il Dott. Tommaso Di Ruzza, Officiali del medesimo Dicastero.
Pubblichiamo di seguito gli interventi dell’Em.mo Card. Peter Kodwo Appiah Turkson e di S.E. Mons. Mario Toso, S.D.B.:


INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. PETER KODWO APPIAH TURKSON



1. INTRODUZIONE

Il Santo Padre Papa Benedetto XVI celebrerà la XLIV Giornata Mondiale della Pace del prossimo anno (2011) con un messaggio sulla libertà religiosa. Il messaggio è composto di un Saluto per il Nuovo Anno, un riferimento introduttivo sull'attacco contro i cristiani in Iraq, il corpo principale del messaggio, che presenta il significato di libertà religiosa e le varie modalità in cui esso modella la pace e le sue esperienze, e da una conclusione di riflessione sulla pace come un dono di Dio e al tempo stesso opera degli uomini e delle donne di buon volontà, e dei credenti in primis.

La libertà religiosa è il tema del Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Pace, non solo perché questo argomento è al centro della dottrina sociale della Chiesa, ma anche perché la vita della libertà religiosa – una vocazione fondamentale dell'uomo, un diritto umano inalienabile e universale e una chiave per la pace –continua ad essere oggetto di minaccia:

• da parte del secolarismo aggressivo, che è intollerante verso Dio e verso ogni forma di espressione della religione,

• dal fondamentalismo religioso, della politicizzazione della religione e dell’imposizione di religioni di Stato;

• dalla nascita di un relativismo culturale e religioso che si sta facendo sempre più presente e pressante ai nostri giorni. La stessa globalizzazione (che aumenta l'interdipendenza e le nuove forme di relazioni, la maggiore mobilità delle persone, il confronto tra culture e religioni) viene strumentalizzata soprattutto nel campo della religione, per ottenere l'effetto opposto di impoverire la cultura umana e di suscitare intolleranza, il rifiuto e la negazione del diritto di libertà religiosa.

Il Santo Padre, nel suo Messaggio, vede la tutela della libertà religiosa nel nostro mondo multi-culturale, multi-religioso e secolarizzato come uno dei modi per salvaguardare la sua pace.

2. CONTESTO

Come ricorderete, uno dei compiti importanti che il nostro mondo si è proposto dopo la seconda guerra mondiale è stata l'elaborazione, l'adozione e la promulgazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948. Sullo sfondo di intolleranti ideologie totalitaristiche, ingiustizie, orrori della guerra, la Dichiarazione Universale rappresenta la magna charta per la tolleranza, il rispetto reciproco, la giustizia, la pace. Il bene comune dell’umanità. L'articolo 18 della Dichiarazione sancisce la libertà religiosa come: "il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione", un diritto che "include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza dei riti"!

Papa Benedetto XVI ha lodato la Dichiarazione Universale per "aver permesso a differenti culture, espressioni giuridiche e modelli istituzionali di convergere attorno ad un nucleo fondamentale di valori e, quindi, di diritti", ma anche lui si è dimostrato preoccupato per l'aumento delle istanze di negazione dell’universalità di questi diritti in nome di differenti visioni culturali, politiche, sociali e persino religiose.1

Si considerino il caso Lautsi giunto dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo e relativo all’affissione del crocifisso nelle scuole pubbliche italiane, il caso di Asia Bibi in Pakistan, il caso del Sudan meridionale, i cristiani del Medio Oriente, quello dei medici a cui viene negata la licenza di operare perché non vogliono interrompere le gravidanze, o quello di Paesi in via di sviluppo chi si rifiutano di ricevere aiuti che contengono condizioni di soccorso che vanno contro le loro convinzioni religiose e morali, ecc.

Ebbene, il Messaggio del Santo Padre per la Giornata Mondiale della Pace del 2011, rivolto agli uomini e le donne di buona volontà, si trova all'interno di questo contesto e si riferisce agli episodi di negazione del diritto universale della libertà religiosa spesso basati su una manipolazione della cultura, della politica (politiche dello Stato) e della religione ... anche da parte di Paesi che hanno approvato la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Queste negazioni oscurano la verità della persona umana, ne disprezzano la dignità delle persone, compromettono il rispetto per gli altri diritti, e minacciano, in definitiva, la pace del mondo.

3. TEMI PRINCIPALI DEL MESSAGGIO

3.1. Natura della libertà religiosa. La libertà religiosa è una via per la pace a motivo di quello che è. Radicata nella dignità della persona umana (corpo e spirito), che ha una vocazione alla trascendenza, la libertà religiosa esprime la capacità e il desiderio di ogni persona a cercare di realizzare se stessa completamente in relazione, aprendosi a Dio e agli altri. Essa esprime la ricerca di un significato nella vita e di una scoperta di valori e principi che rendono la vita, da sola o in comunità, piena di senso. La libertà religiosa, in definitiva, è l’espressione della capacità dell'uomo di cercare la verità di Dio e la verità su se stesso, in quanto "costruttore di una città terrena che anticipa la città celeste", città di giustizia, pace e felicità.

3.2. Il diritto alla libertà religiosa. La libertà religiosa non è considerata un diritto umano solo perché la Dichiarazione universale delle Nazioni Unite lo afferma. La libertà religiosa non è un diritto concesso dallo Stato. La sua fondazione non è da cercare in una disposizione soggettiva della persona.2 Con gli altri diritti dell'uomo, il diritto di libertà religiosa è derivato, come Papa Giovanni XXIII e le successive dottrine della Chiesa hanno insegnato, dalla legge morale naturale e dalla dignità della persona, che sono parte della creazione. Lo Stato e le altre istituzioni pubbliche, ricorda Benedetto XVI nel Messaggio (cfr. n. 8), necessitano di riconoscerlo come intrinseco alla persona umana, come elemento indispensabile per la sua integrità e pace.

3.3. La libertà religiosa e il compito dell’Autorità pubblica. Sebbene la libertà religiosa per essere fondata non ha bisogno dello Stato, e anche la Dichiarazione Universale lo stabilisce, esso non è un diritto illimitato. Per garantire che la libertà religiosa sia per la pace e non sia abusata, come nel caso del pastore Jim Jones e il suo gruppo in Guyana, "il giusto limite dell'esercizio della libertà religiosa deve essere determinato in ogni situazione sociale con prudenza politica, secondo le esigenze del bene comune"3. (Cfr. anche il n. 10 del Messaggio).

3.4. Libertà religiosa e ricerca della verità. La libertà religiosa è quindi libertà dalla coercizione e libertà per la verità, rammenta Benedetto XVI nel n. 3: la verità religiosa è orientata alla ricerca del Dio creatore.4 E' la verità assoluta di Dio, il desiderio del cuore dell’uomo, che suscita in lui una risposta di adesione libera ad essa. La libertà religiosa si riferisce al diritto dell'uomo di esprimere il suo essere capax Dei: la sua libertà di rispondere alla verità della sua natura in quanto creato da Dio e creato per la vita con Dio, senza coercizione o impedimenti.5 È in questo che l'uomo trova la sua pace, e diviene uno strumento di pace.

3.5. Libertà religiosa e identità. La libertà religiosa, precisa il Pontefice nel n. 11, non implica che tutte le religioni siano uguali. Non è neppure un motivo di relativismo religioso o indifferentismo.6 La libertà religiosa è compatibile con la difesa della propria identità religiosa contro il relativismo, il sincretismo e il fondamentalismo: tutte forme abusate della libertà religiosa.

3.6. Dimensione comunitaria della libertà religiosa. La libertà religiosa è anche espressione di una persona che è al tempo stesso essere individuale e comunitario (cfr. Messaggio n. 6). La libertà religiosa non si limita al libero esercizio del culto. Ha una dimensione pubblica, il che consente ai credenti di dare il loro contributo nella costruzione dell'ordine sociale. Ricordiamo qui i quattro architetti dell'Unione europea (Adenauer, De Gasperi, Schuman, Monnet), i centri di formazione e cultura della Chiesa, i moltissimi progetti di sviluppo, di assistenza sanitaria ed educativa della Chiesa nei Paesi di missione, ecc.

Come direbbe Papa Benedetto XVI, la dottrina sociale della Chiesa è nata per rivendicare lo statuto di cittadinanza per la religione cattolica. Negare il diritto di professare la propria religione in pubblico e il diritto di portare la verità della fede a supporto della vita sociale comporta conseguenze negative sul vero sviluppo.7 Allo stesso modo, "il rifiuto di riconoscere il contributo alla società che è radicato nella dimensione religiosa e nella ricerca dell'Assoluto - per sua stessa natura, espressione della comunione fra persone – privilegerebbe indubbiamente un approccio individualistico e frammenterebbe l'unità della persona."8

L'esercizio del diritto di libertà religiosa come via per la pace implica, dunque, il riconoscimento dell’armonia che deve esistere tra le due aree e forme di vita: privato e pubblico, individuo e comunità. Un cattolico (credente), dunque, non è solo un soggetto della libertà religiosa, è anche membro di un "corpo". Sottomettersi, quindi, a questo corpo non è una perdita di libertà. Diventa espressione di fedeltà al "corpo" e la fedeltà è lo sviluppo della libertà.

Inoltre, vi è una unità di reciproca relazione tra l'individuo e la comunità, tra la persona e la società. Una persona è nata e vive nelle relazioni, e lo scopo della vita comune è quello di promuovere la vita di una persona. Di conseguenza, lo sviluppo e l'esercizio della propria libertà religiosa, è anche il compito della propria comunità. Famiglie e scuole sono spesso i primi artefici della formazione alla libertà religiosa. Nelle comunità multi-culturali e multi-religiose, le scuole e le istituzioni sono anche i luoghi privilegiati di formazione alla tolleranza e al dialogo, di esercizio della libertà religiosa per la coesistenza pacifica.9

3.7. Libertà religiosa e dialogo. Per Benedetto XVI, il dialogo tra religioni, condotto secondo carità e verità, è risorsa al servizio del bene comune (cfr. Messaggio n. 11). Il dialogo dovrebbe essere riconosciuto quale mezzo mediante il quale diversi soggetti possono articolare il proprio punto di vista e costruire il consenso attorno alla verità riguardante valori od obiettivi particolari. È proprio della natura delle religioni, liberamente praticate, il fatto che possano autonomamente condurre un dialogo di pensiero e di vita, con la prospettiva di mettere la loro esperienza al servizio del bene comune.10 Proprio questo dialogo è l'obiettivo dei gruppi di dialogo ufficiali nella Chiesa, ma anche di una piccola iniziativa come quella della Fondazione Cardinale Lustiger, per il dialogo con l'Ebraismo.11 Lo stesso obiettivo può ispirare un dialogo attivo tra il libero esercizio della propria religione e i non credenti, tra fede e ragione. "Il dialogo fecondo tra fede e ragione non può che rendere più efficace l'opera della carità nel sociale e costituisce la cornice più appropriata per incentivare la collaborazione fraterna tra credenti e non credenti nella condivisa prospettiva di lavorare per la giustizia e la pace dell'umanità."12

3. 8. La libertà religiosa e Stato (protezione). Sebbene la libertà religiosa non sia "creata" dallo Stato, esso, tuttavia, deve riconoscerla come intrinseca alla persona umana e le sue espressioni pubbliche e comunitarie. Questo riconoscimento (della libertà religiosa) e il rispetto per l'innata dignità di ogni persona implicano anche il principio della responsabilità di proteggere da parte della comunità, della società e dello Stato. "Ogni Stato ha il dovere primario di proteggere la propria popolazione da violazioni gravi e continue dei diritti umani, .... Se gli Stati non sono in grado di garantire simile protezione, la comunità internazionale deve intervenire con i mezzi giuridici previsti dalla Carta delle Nazioni Unite e in altri strumenti internazionali." 13

3.9. La libertà religiosa è motivata dalla solidarietà e non dalla reciprocità. Gli appelli della Chiesa per la libertà religiosa non sono basati su una semplice richiesta di reciprocità da parte di una comunità di credenti disposta a rispettare i diritti dei membri di altre comunità a condizione che queste ultime siano rispettose dei diritti dei propri membri. Piuttosto, gli appelli per la libertà religiosa sono basati sulla dignità della persona. Rispettiamo i diritti degli altri perché è la cosa giusta da fare, non in cambio di un suo equivalente o per un favore ricevuto. Allo stesso tempo, quando gli altri soffrono persecuzione a causa della loro fede e pratica religiosa, offriamo a loro compassione e solidarietà

4. Conclusione: la libertà religiosa e il compito missionario. Il compito missionario affidato da Gesù ai suoi apostoli di andare a predicare il suo Vangelo al mondo intero ci riporta a considerare il nesso tra libertà e verità nell'esercizio della libertà religiosa. L'osservazione è stata fatta in precedenza, facendo riferimento a Sant'Agostino: non c'è nulla che l'anima desidera con più forza che la verità. È stato poi osservato che la vera libertà desidera la verità assoluta, Dio. Tutto l’annuncio del Vangelo, come la buona novella di Gesù Cristo, è un tentativo di risvegliare la libertà (libertà religiosa) dell'uomo per desiderare e abbracciare la verità del Vangelo. Questa verità del Vangelo, comunque, è unica, perché è la verità che salva (Mc.16, 15-16). Essa è differente da tutte le altre verità, frutto della attività cognitiva dell’uomo. È offerta di una verità salvifica che il Vangelo annuncia per tutta la creazione.

Evangelizzazione e svolgimento del compito missionario, quindi, non si contraddicono e non si oppongono al senso/significato della libertà religiosa. Piuttosto, l’evangelizzazione suscita la libertà religiosa di ogni persona e guida verso la verità che salva, nella speranza che le persone nella loro libertà religiosa abbiano il desiderio di essa e l’abbraccino. Nell'abbraccio della verità che salva, ogni libertà religiosa gode della pace che, sulla terra, è concessa "a tutti quelli che Egli ama"!

_____________________________

1 Discorso alle Nazioni Unite, 2008.

2 Dignitatis humanae, n.2.

3 Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 422.

4 "Quid enim desiderat fortius veritatem anima quam veritatem?", S. Agostino, Tractatus in Io 26,5)

5 Cfr Dignitatis humanae.

6. Caritas in veritate, n.55.

7. Caritas in veritate, n. 56.

8 Discorso alle Nazioni Unite, 2008.

9 Cfr P. Turkson, "Il ruolo dell’educazione nella società multi-etnica e multi-religiosa", Oasis, VI, 11 giugno 2010, pagg. 5-9.

10 Discorso alle Nazioni Unite, 2008.

11 New York, marzo 2009.

12 Caritas in veritate, n. 57.

13 Discorso alle Nazioni Unite, 2008.



INTERVENTO DI S.E. MONS. MARIO TOSO, S.D.B.

1. Difendere e promuovere la libertà religiosa è difendere e promuovere l’uomo: la Chiesa paladina delle libertà

Il Messaggio di Benedetto XVI per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace (1° gennaio 2011) vuole essere un segno inequivocabile dell’impegno della Chiesa a difesa non solo di un diritto fondamentale, ma soprattutto dell’uomo in quanto tale, della sua dignità e libertà intesa integralmente, vale a dire di tutte le libertà con i rispettivi doveri e diritti, della stessa democrazia, della laicità positiva, in una parola, della civiltà.

Oggi, attorno alla concezione della libertà religiosa e della sua interpretazione si gioca il destino della pace e, quindi, dell’umanità. Da essa dipende l’identità, il futuro morale e culturale dei popoli. La Chiesa desidera coinvolgere tutti gli uomini per renderli consapevoli che mobilitarsi per la libertà religiosa non significa intraprendere una battaglia di «retroguardia» della storia, bensì farsi promotori di vero progresso e autentico sviluppo per tutti, avendo il futuro come prospettiva.

Con il suo Messaggio, Benedetto XVI invita, in particolare, ad approfondire la verità del diritto alla libertà religiosa, ossia le sue implicanze antropologiche, etiche, giuridiche, politiche, civili e religiose. Se il diritto alla libertà religiosa è frainteso, la conseguenza inevitabile è lo stravolgimento dello statuto morale e giuridico dell’essere umano. È posto a repentaglio il rispetto per l’altro, singolo o popolo che sia. Si innesca così un processo di perdurante conflittualità sociale, che porta all’accensione di focolai di guerra.

2. La libertà religiosa si radica nella dignità trascendente della persona

Si è detto che la Chiesa difende e promuove la libertà religiosa, come via per difendere e promuovere la dignità dell’uomo e la sua libertà. Essa, peraltro, fa dipendere il significato della libertà religiosa e, quindi, il futuro del diritto e del dovere corrispettivi, dalla concezione della dignità della persona.

La visione della dignità umana di cui si fa portatrice la Chiesa è quella di una dignità trascendente, impressa da Dio in ogni uomo e donna, accessibile a tutti mediante la ragione. Consiste nella capacità di conoscere e volere il vero, il bene e Dio, ossia di trascendere se stessi, il proprio essere corporeo, di ricercare la verità sia come singoli sia assieme agli altri, nella propria comunità di appartenenza, nella società. Si tratta, pertanto, di una dignità che va letta ed interpretata secondo quella metafisica della relazione a cui rimanda Benedetto XVI nella Caritas in veritate (cf nn. 52-55), alla ricerca di un nuovo Umanesimo, di una nuova moralità.

L’essere umano non è qualcosa, ma qualcuno. Possiede una naturale vocazione a realizzarsi nella relazione con gli altri e con Dio. «Senza il riconoscimento del proprio essere spirituale, senza l’apertura a Dio – si legge nel Messaggio - la persona si ripiega su se stessa». Non riesce a «trovare risposta agli interrogativi del suo cuore circa il senso della vita e a conquistare principi e valori etici duraturi», e «nemmeno a sperimentare un’autentica libertà e a sviluppare una società giusta» (n. 2).

3. Al di là della mera tolleranza: la libertà religiosa è il midollo di ogni moralità e libertà, del rispetto reciproco, della pace

La libertà religiosa è radicata nella capacità, di cui è dotato ogni essere umano, di ricercare il vero, il bene e Dio. E quindi è libertà che non è indifferente a questi valori, bensì innervata in un dinamismo che la specifica e la qualifica, contribuendo a strutturare l’uomo dal punto di vista etico.

In effetti, la libertà religiosa – intesa non solo come immunità dalla coercizione, bensì come potestà di regolare il proprio rapporto con Dio e, pertanto, di ordinare le proprie scelte secondo l’amore a Lui – è all’origine della condotta retta o virtuosa delle persone e dei popoli.

È proprio su questo punto – ossia su una morale costruita sul fondamento dell’amore a Dio e non sulla sua marginalizzazione, come vorrebbe una cultura post-moderna e secolaristica - che il Messaggio per la celebrazione della Giornata mondiale della pace smaschera l’aporia moderna, basata su una lettura forzata dell’etsi Deus non daretur di Grozio, e che pretende di risolvere i conflitti sociali con un’etica pubblica che prescinde da Dio.

Per Benedetto XVI, una libertà nemica o indifferente a Dio nega se stessa, non garantisce una convivenza pacifica, perché una volontà che si oppone a Dio o si crede radicalmente incapace di ricercare il Sommo Vero e il Sommo Bene non ha ragioni oggettive né motivi per agire, se non quelli imposti da desideri momentanei e contingenti. Non ha un’identità da custodire e costruire continuamente, attraverso scelte veramente libere e consapevoli. Non può, quindi, reclamare il rispetto da altre «volontà», anch’esse sganciate dal proprio essere profondo, che possono far valere altre «ragioni» o addirittura nessuna «ragione».

Solo una libertà amica di Dio, amato sopra ogni cosa, consente il perfezionamento dell’essere morale dei singoli e dei popoli, il rispetto, più che la mera tolleranza della fede dell’altro, la disponibilità di un autentico Stato di diritto sul piano nazionale ed internazionale.

L’alternativa è rappresentata dal capovolgimento della scala dei beni-valori, dall’indebolimento dell’energia morale e degli ethos dei popoli. E, più concretamente, dal dogmatismo di un relativismo che conduce verso un «fare» senza limitazioni, che assegna il primato ai mezzi, emarginando l’uomo stesso e aprendo le porte ad ogni anarchismo giuridico e politico, ad inevitabili terrorismi culturali e civili, privi di qualsiasi razionalità. Questa situazione autorizza la libertà dei cittadini e dei loro rappresentanti a estrinsecarsi secondo una linea che rifiuta la verità dell’uomo, della società e del bene comune, deprivando di un’anima etica solida le regole procedurali della democrazia e lo Stato di diritto.

4. I nemici della libertà religiosa: fanatismo, fondamentalismo e laicismo

Nel Messaggio sono criticati in pari modo il fanatismo, il fondamentalismo e il laicismo, perché ignorano l’essenza della libertà religiosa, che è ricerca, libera e comunitaria, della verità trascendente. Questi «ismi» sono forme speculari ed estreme di rifiuto del pluralismo e del principio di laicità (cf n. 8).

Le posizioni del fanatismo e del fondamentalismo finiscono per attribuire il diritto alla libertà religiosa solo ad alcuni soggetti e gruppi autoreferenziali e, nel contempo, vorrebbero imporre ad altri le proprie concezioni anche con l’uso della forza. Per questa via, negano l’universalità, l’intangibilità e la reciprocità della libertà religiosa. Al lato pratico, rifiutano la verità di un Dio, Padre di tutti, l’ uguaglianza di dignità delle persone, la figura di uno Stato laico, aconfessionale, nonché la libertà di pensiero, di coscienza e di religione, sancita nella Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo. Talora fomentano un atteggiamento di discriminazione, che provoca azioni irrazionali, sino a veri e propri atti di violenza, attentati contro luoghi di culto ed abitazioni, persecuzioni ed uccisioni, come documenta, relativamente ai cristiani, il recente volume di René Guitton.1

Il laicismo secolaristico, maggiormente presente nei Paesi occidentali, giunge al rifiuto del pluralismo religioso e di una laicità positiva per la via singolare della negazione non solo del cristianesimo, ma di qualsiasi altra religione o tradizione, nel tentativo di promuovere una radicale emancipazione dell’uomo da Dio. Ciò viene fatto mediante un atteggiamento chiaramente prometeico. La marginalizzazione, ad esempio, del Dio cristiano o delle più volte menzionate «radici cristiane» non è espressione di una superiore tolleranza che rispetta in egual modo tutte le religioni, per non privilegiarne alcuna, bensì è l’assolutizzazione di una posizione che si contrappone a ogni credo e cultura religiosi.

In taluni casi, purtroppo, si giunge all’estremo del cinismo.

L’opposizione ai segni religiosi o, meglio, al cristianesimo, che in ultima analisi è opposizione a Gesù Cristo, può prendere a pretesto il rispetto per i mussulmani, i quali però, più che essere feriti nei loro sentimenti religiosi per un’eventuale inserzione delle «radici cristiane» nella Costituzione europea, restano scandalizzati da una cultura secolarizzata che nega le proprie basi.2

Esistono oramai veri e propri dossier che testimoniano la discriminazione non solo delle religioni «importate» dai flussi migratori, ma anche del cristianesimo in Europa, regione che pur è a riconosciuta maggioranza cristiana.3 Si tratta, il più delle volte, di un’intolleranza sottile, strisciante, quasi invisibile, concernente la libertà di coscienza e di espressione. Si manifesta in atti di vandalismo contro chiese e cimiteri, in parzialità nei luoghi di lavoro e nelle scuole, in rimozione dei simboli religiosi. A proposito di questi ultimi, è sintomatica la recente decisione della Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo del 2009, relativa alla richiesta di togliere il Crocifisso dalle aule scolastiche italiane.

Tutto ciò conferma la crisi culturale dell’Europa. Essa appare in preda ad una scissione identitaria, che pregiudica il suo futuro e crea mille difficoltà nelle relazioni con le religioni «importate». Un soggetto schizofrenico – l’insegna la scienza psicologica – non è in grado di gestirsi e di relazionarsi con l’esterno.

5. Il dialogo tra religioni in vista della pace, sulla base della comune ricerca della verità

Per la Chiesa, il dialogo tra i seguaci di diverse religioni costituisce uno stimolo importante a collaborare con tutte le comunità religiose per la promozione della pace. È così che, in un mondo globalizzato, caratterizzato da società sempre più multi-etniche e multi-confessionali, le grandi religioni possono costruire non un problema bensì una risorsa, un importante fattore di unità e di concordia.

Sulla base di tale dialogo, che presuppone una comune ricerca della verità, viene rigettato tutto quello che è contro la dignità dell’uomo e della donna, si fa tesoro di ciò che è positivo per la convivenza civile; si trova la convergenza su una misura condivisibile di bene, quale fondamento universale per la morale di una convivenza giusta e pacifica.

Evidentemente – come ha sottolineato Benedetto XVI nella CIV – ciò è fattibile qualora si disponga di una razionalità non imprigionata nel limite, ma aperta al Trascendente. Una tale razionalità sussiste e si esercita entro un discernimento che partecipa all’Amore e alla Verità di Dio.

6. Perché la Chiesa difende la dignità della persona e il connesso diritto alla libertà religiosa

La Chiesa difende la dignità della persona e il connesso diritto alla libertà religiosa non solo per proprio interesse o esclusivo tornaconto. Lo fa a vantaggio di tutti e primariamente perché essa fa «memoria» ed esperienza quotidiana dello sguardo d’amore che Dio ha permanentemente per ogni persona, per l’umanità. In tale sguardo è custodita e voluta la piena verità sull’uomo, sulla sua dignità: una dignità non semplicemente umana, bensì divina.4

Il mistero del Natale ci ricorda che nel Cristo, che si incarna e nasce nel mondo, ogni vita umana è definitivamente accolta e potenziata secondo il desiderio del Padre. La comunità ecclesiale, facendone memoria, si pone a servizio della dignità della persona e del suo diritto alla libertà religiosa, quali doni ricevuti dalla mani stesse di Dio Amore.

_____________________________

1 Cf R. GUITTON, Cristianofobia. La nuova persecuzione, Lindau, Torino 2010.

2 Cf J. RATZINGER, L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture, Introduzione di Marcello Pera, Libreria Editrice Vaticana-Edizioni Cantagalli, Roma-Siena 2005, pp. 39-40.

3 Cf OBSERVATORY ON INTOLERANCE AND DISCRIMINATION AGAINST CHRISTIANS IN EUROPE, Rapporto sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa 2005-2010. Un tale rapporto è stato presentato a Vienna presso la sede dell’OSCE l’11 dicembre 2010. Ma si vedano anche, per uno sguardo su tutto il mondo: AIUTO ALLA CHIESA CHE SOFFRE, Libertà religiosa nel mondo. Rapporto 2010, Aiuto alla Chiesa che soffre (ACS), Roma 2010; UNITED STATES COMMISSION ON INTERNATIONAL RELIGIOUS FREEDOM, Annual Report 2009, United States Commission on International Religious Freedom, Washington 2009.

4 Cf J. RATZINGER, L’Europa di Benedetto, p. 89.

+PetaloNero+
00venerdì 17 dicembre 2010 15:40
Comunicato della Sala Stampa della Santa Sede: Ottava Assemblea dei Rappresentanti Cattolici Cinesi (Pechino, 7-9 dicembre 2010)


1. Con profondo dolore la Santa Sede deplora che, nei giorni 7-9 dicembre corrente, si sia tenuta a Pechino l’Ottava Assemblea dei Rappresentanti Cattolici Cinesi. Questa è stata imposta a numerosi Vescovi, Sacerdoti, Religiose e Fedeli laici. Le modalità della sua convocazione ed il suo svolgimento manifestano un atteggiamento repressivo nei confronti dell’esercizio della libertà religiosa, che si auspicava ormai superato nell’odierna Cina. La persistente volontà di controllare la sfera più intima dei cittadini, qual è la loro coscienza, e d’ingerirsi nella vita interna della Chiesa cattolica, non fa onore alla Cina; anzi, sembra un segno di timore e di debolezza, prima che di forza; di un’intransigente intolleranza, più che di apertura alla libertà e al rispetto effettivo sia della dignità umana sia di una corretta distinzione tra la sfera civile e quella religiosa.

2. A più riprese la Santa Sede aveva fatto conoscere, prima di tutto ai Pastori ma pure a tutti i Fedeli, anche pubblicamente, che non dovevano partecipare all’evento. Ognuno di coloro che erano presenti sa in che misura è responsabile davanti a Dio e alla Chiesa. I Vescovi, in particolare, e i Sacerdoti saranno anche posti di fronte alle attese delle rispettive comunità, che guardano al proprio Pastore e hanno diritto di ricevere da lui guida e sicurezza nella fede e nella vita morale.

3. E’ noto, peraltro, che molti Vescovi e Sacerdoti sono stati forzati a partecipare all’Assemblea. La Santa Sede denuncia questa grave violazione dei loro diritti umani, in particolare della loro libertà di religione e di coscienza. Inoltre, la Santa Sede esprime la sua stima più profonda a quanti, in diverse modalità, hanno testimoniato la fede con coraggio e invita gli altri a pregare, a fare penitenza e, con le opere, a riaffermare la propria volontà di seguire Cristo con amore, in piena comunione con la Chiesa universale.

4. A coloro che portano nel cuore sconcerto e profonda sofferenza, domandandosi come sia possibile che il proprio Vescovo o i propri Sacerdoti abbiano partecipato all’Assemblea, la Santa Sede chiede di rimanere saldi e pazienti nella fede; li invita a prendere atto delle pressioni subite da molti dei loro Pastori e a pregare per loro; li esorta a continuare coraggiosamente a sostenerli di fronte alle ingiuste imposizioni che incontrano nell’esercizio del loro ministero.

5. Durante l’Assemblea sono stati, fra l’altro, designati i responsabili della cosiddetta Conferenza Episcopale e dell’Associazione Patriottica Cattolica Cinese. Riguardo a questi due organismi, così come all’Assemblea stessa, rimane valido quanto il Santo Padre Benedetto XVI ha scritto nella Lettera del 2007 alla Chiesa in Cina (cfr nn. 7 e 8).

In particolare, l'attuale Collegio dei Vescovi Cattolici di Cina non è riconosciuto come Conferenza Episcopale dalla Sede Apostolica: non ne fanno parte i Vescovi «clandestini», cioè non riconosciuti dal Governo, che sono in comunione con il Papa; include Presuli, che sono tuttora illegittimi, ed è retta da Statuti, che contengono elementi inconciliabili con la dottrina cattolica. E’ profondamente deplorevole che sia stato designato a presiederla un Vescovo non legittimo.

Per quanto poi concerne la dichiarata finalità di attuare i principi di indipendenza e autonomia, autogestione e amministrazione democratica della Chiesa, va ricordato che essa è inconciliabile con la dottrina cattolica, che fin dagli antichi Simboli di fede professa la Chiesa «una, santa, cattolica e apostolica». E’, quindi, deprecabile anche la designazione di un Presule legittimo a presiedere l’Associazione Patriottica Cattolica Cinese.

6. Non è questo il cammino che la Chiesa deve compiere nel contesto di un grande e nobile Paese, che suscita attenzione nell’opinione pubblica mondiale per le significative mete raggiunte in tanti ambiti, ma trova ancora difficile attuare gli esigenti dettami di una vera libertà religiosa, che nella sua Costituzione pur professa di rispettare. Per giunta, l’Assemblea ha reso più arduo il cammino di riconciliazione fra i Cattolici delle «comunità clandestine» e quelli delle «comunità ufficiali», provocando una ferita profonda non solo alla Chiesa in Cina, ma anche alla Chiesa universale.

7. La Santa Sede si rammarica profondamente per il fatto che la celebrazione della suddetta Assemblea, come pure la recente ordinazione episcopale senza l’indispensabile mandato pontificio, abbiano danneggiato unilateralmente il dialogo e il clima di fiducia, avviati nei rapporti con il Governo della Repubblica Popolare Cinese. La Santa Sede, mentre riafferma la propria volontà di dialogare onestamente, sente il dovere di precisare che atti inaccettabili ed ostili come quelli appena menzionati provocano nei fedeli, dentro e fuori della Cina, una grave perdita di quella fiducia che è necessaria per superare le difficoltà e costruire una relazione corretta con la Chiesa, a vantaggio del bene comune.

8. Alla luce di quanto è avvenuto, rimane urgente l’invito che il Santo Padre ha rivolto a tutti i Cattolici del mondo, il 1º dicembre corrente, a pregare per la Chiesa in Cina, che sta vivendo momenti particolarmente difficili.

17 dicembre 2010










PREDICA DI AVVENTO


Alle ore 9 di oggi, nella Cappella "Redemptoris Mater", alla presenza del Santo Padre Benedetto XVI, il Predicatore della Casa Pontificia, Rev.do P. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la terza ed ultima Predica di Avvento sul tema: "Abbiate coraggio: io ho vinto il mondo" (Giovanni, 16, 33) - Per una rievangelizzazione del mondo secolarizzato.


+PetaloNero+
00mercoledì 22 dicembre 2010 00:37
NOTA DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE SULLA BANALIZZAZIONE DELLA SESSUALITÀ - A PROPOSITO DI ALCUNE LETTURE DI "LUCE DEL MONDO"



Viene pubblicata questo pomeriggio su L’Osservatore Romano una Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla banalizzazione della sessualità, a proposito di alcune letture del libro-intervista di Papa Benedetto XVI "Luce del mondo".
Riportiamo di seguito il testo della Nota nelle diverse lingue, al fine di favorirne la corretta lettura:



Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede

Sulla banalizzazione della sessualità

A proposito di alcune letture di "Luce del mondo"

In occasione della pubblicazione del libro-intervista di Benedetto XVI, Luce del mondo, sono state diffuse diverse interpretazioni non corrette, che hanno generato confusione sulla posizione della Chiesa cattolica riguardo ad alcune questioni di morale sessuale. Il pensiero del Papa non di rado è stato strumentalizzato per scopi e interessi estranei al senso delle sue parole, che risulta evidente qualora si leggano interamente i capitoli dove si accenna alla sessualità umana. L’interesse del Santo Padre appare chiaro: ritrovare la grandezza del progetto di Dio sulla sessualità, evitandone la banalizzazione oggi diffusa.

Alcune interpretazioni hanno presentato le parole del Papa come affermazioni in contraddizione con la tradizione morale della Chiesa, ipotesi che taluni hanno salutato come una positiva svolta e altri hanno appreso con preoccupazione, come se si trattasse di una rottura con la dottrina sulla contraccezione e con l’atteggiamento ecclesiale nella lotta contro l’Aids. In realtà, le parole del Papa, che accennano in particolare ad un comportamento gravemente disordinato quale è la prostituzione (cfr. Luce del mondo, prima ristampa, novembre 2010, pp. 170-171), non sono una modifica della dottrina morale né della prassi pastorale della Chiesa.

Come risulta dalla lettura della pagina in questione, il Santo Padre non parla della morale coniugale e nemmeno della norma morale sulla contraccezione. Tale norma, tradizionale nella Chiesa, è stata ripresa in termini assai precisi da Paolo VI nel n. 14 dell’enciclica Humanae vitae, quando ha scritto che è "esclusa ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione". L’idea che dalle parole di Benedetto XVI si possa dedurre che in alcuni casi sia lecito ricorrere all’uso del profilattico per evitare gravidanze indesiderate è del tutto arbitraria e non risponde né alle sue parole né al suo pensiero. A questo riguardo il Papa propone invece vie umanamente e eticamente percorribili, per le quali i pastori sono chiamati a fare "di più e meglio" (Luce del mondo, p. 206), quelle cioè che rispettano integralmente il nesso inscindibile di significato unitivo e procreativo in ogni atto coniugale, mediante l’eventuale ricorso ai metodi di regolazione naturale della fecondità in vista di una procreazione responsabile.

Quanto poi alla pagina in questione, il Santo Padre si riferiva al caso completamente diverso della prostituzione, comportamento che la morale cristiana da sempre ha considerato gravemente immorale (cfr. Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 27; Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2355). La raccomandazione di tutta la tradizione cristiana – e non solo di quella – nei confronti della prostituzione si può riassumere nelle parole di san Paolo: "Fuggite la fornicazione" (1 Corinzi, 6, 18). La prostituzione va dunque combattuta e gli enti assistenziali della Chiesa, della società civile e dello Stato devono adoperarsi per liberare le persone coinvolte.

A questo riguardo occorre rilevare che la situazione creatasi a causa dell’attuale diffusione dell’Aids in molte aree del mondo ha reso il problema della prostituzione ancora più drammatico. Chi sa di essere infetto dall’Hiv e quindi di poter trasmettere l’infezione, oltre al peccato grave contro il sesto comandamento ne commette anche uno contro il quinto, perché consapevolmente mette a serio rischio la vita di un’altra persona, con ripercussioni anche sulla salute pubblica. In proposito il Santo Padre afferma chiaramente che i profilattici non costituiscono "la soluzione autentica e morale" del problema dell’Aids e anche che "concentrarsi solo sul profilattico vuol dire banalizzare la sessualità", perché non si vuole affrontare lo smarrimento umano che sta alla base della trasmissione della pandemia. È innegabile peraltro che chi ricorre al profilattico per diminuire il rischio per la vita di un’altra persona intende ridurre il male connesso al suo agire sbagliato. In questo senso il Santo Padre rileva che il ricorso al profilattico "nell’intenzione di diminuire il pericolo di contagio, può rappresentare tuttavia un primo passo sulla strada che porta ad una sessualità diversamente vissuta, più umana". Si tratta di un’osservazione del tutto compatibile con l’altra affermazione del Santo Padre: "questo non è il modo vero e proprio per affrontare il male dell’Hiv".

Alcuni hanno interpretato le parole di Benedetto XVI ricorrendo alla teoria del cosiddetto "male minore". Questa teoria, tuttavia, è suscettibile di interpretazioni fuorvianti di matrice proporzionalista (cfr. Giovanni Paolo II, enciclica Veritatis splendor, nn. 75-77). Un’azione che è un male per il suo oggetto, anche se un male minore, non può essere lecitamente voluta. Il Santo Padre non ha detto che la prostituzione col ricorso al profilattico possa essere lecitamente scelta come male minore, come qualcuno ha sostenuto. La Chiesa insegna che la prostituzione è immorale e deve essere combattuta. Se qualcuno, ciononostante, praticando la prostituzione e inoltre essendo infetto dall’Hiv, si adopera per diminuire il pericolo di contagio anche mediante il ricorso al profilattico, ciò può costituire un primo passo nel rispetto della vita degli altri, anche se la malizia della prostituzione rimane in tutta la sua gravità. Tali valutazioni sono in linea con quanto la tradizione teologico-morale della Chiesa ha sostenuto anche in passato.

In conclusione, nella lotta contro l’Aids i membri e le istituzioni della Chiesa cattolica sappiano che occorre stare vicini alle persone, curando gli ammalati e formando tutti perché possano vivere l’astinenza prima del matrimonio e la fedeltà all’interno del patto coniugale. Al riguardo occorre anche denunciare quei comportamenti che banalizzano la sessualità, perché, come dice il Papa, proprio questi rappresentano la pericolosa ragione per cui tante persone nella sessualità non vedono più l’espressione del loro amore. "Perciò anche la lotta contro la banalizzazione della sessualità è parte del grande sforzo affinché la sessualità venga valutata positivamente e possa esercitare il suo effetto positivo sull’essere umano nella sua totalità" (Luce del mondo, p. 170).



















+PetaloNero+
00mercoledì 22 dicembre 2010 15:30
AVVISO DELL’UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE


POSSESSO CARDINALIZIO




L’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice comunica che sabato 1° gennaio 2011, alle ore 18, l’Em.mo Card. Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, prenderà possesso della Diaconia di Nostra Signora del Sacro Cuore, Corso Rinascimento, 27.

+PetaloNero+
00giovedì 30 dicembre 2010 15:35
COMUNICATO DELLA SEGRETERIA DI STATO CIRCA LA NUOVA NORMATIVA PER LA PREVENZIONE ED IL CONTRASTO DELLE ATTIVITÀ ILLEGALI IN CAMPO FINANZIARIO E MONETARIO NELLO STATO DELLA CITTÀ DEL VATICANO E NELLA SANTA SEDE


1. In data odierna, in esecuzione della Convenzione Monetaria tra lo Stato della Città del Vaticano e l’Unione europea del 17 dicembre 2009 (2010/C 28/05), sono state emanate le seguenti quattro nuove leggi:

- la "Legge concernente la prevenzione ed il contrasto del riciclaggio dei proventi di attività criminose e del finanziamento del terrorismo";

- la "Legge sulla frode e contraffazione di banconote e monete in euro" ;

- la "Legge relativa a tagli, specifiche, riproduzione, sostituzione e ritiro delle banconote in euro e sull’applicazione dei provvedimenti diretti a contrastare le riproduzioni irregolari di banconote in euro e alla sostituzione e al ritiro di banconote in euro" e la "Legge riguardante la faccia, i valori unitari e le specificazioni tecniche, nonché la titolarità dei diritti d’autore sulle facce nazionali delle monete in euro destinate alla circolazione".

Il processo di elaborazione delle citate Leggi è stato condotto con l’assistenza del Comitato misto, previsto dall’articolo 11 della Convenzione Monetaria, composto da rappresentanti dello Stato della Città del Vaticano e dell’Unione Europea. La Delegazione dell’Unione Europea è costituita, a sua volta, da rappresentanti della Commissione e della Repubblica italiana, nonché da rappresentanti della Banca centrale europea.

La legge in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo è pubblicata contestualmente a questo comunicato, mentre le altre saranno pubblicate sul sito dello Stato della Città del Vaticano www. vaticanstate.va

2. La Legge relativa alla prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo contiene, in un corpo unitario:

- le fattispecie delittuose, che ricomprendono il riciclaggio, l’autoriciclaggio ed i reati cc.dd. presupposto (cioè i comportamenti delittuosi che generano i proventi, poi "ripuliti" dal riciclatore), per le quali sono previste sanzioni penali;

- le fattispecie che hanno contenuto più specificamente amministrativo, riguardanti la cooperazione internazionale, ma anche la prevenzione, per la violazione della quale sono previste sanzioni amministrative pecuniarie.

La medesima legge è basata sui seguenti principali obblighi:

- di "adeguata verifica" della controparte;

- di registrazione e conservazione dei dati relativi ai rapporti continuativi e alle operazioni;

- di segnalazione delle operazioni sospette.

L’impianto normativo, pur tenendo conto delle peculiarità dell’ordinamento vaticano in cui si inserisce, è conforme ai principi e alle regole vigenti nell’Unione europea, risultando così allineato a quello di Paesi che, in questo ambito, dispongono di normative avanzate. Ciò è testimoniato dalle previsioni, tra l’altro, in materia di autoriciclaggio (fattispecie non ancora contemplata in Paesi a stringente legislazione), dai controlli sul denaro contante in entrata o in uscita dallo Stato della Città del Vaticano, dagli obblighi sul trasferimento di fondi e, infine, dai presìdi sanzionatori amministrativi, alquanto rigorosi ed applicabili, non solo agli enti e alle persone giuridiche, ma anche alle persone fisiche che agiscono in esse, per via della prevista obbligatorietà dell’azione di regresso.

3. La Legge sulla frode e contraffazione risponde all’esigenza di adottare - conformemente a quanto prevede la più avanzata normativa dell’Unione europea - una solida rete di protezione legale delle banconote e delle monete in euro contro la falsificazione. Ciò comporta procedure di ritiro dalla circolazione di banconote e monete false, il rafforzamento delle misure sanzionatorie penali, nonché forme di cooperazione in sede europea ed internazionale.

4. Le Leggi in materia di banconote e monete in euro contengono, per le stesse banconote e monete:

- disposizioni relative alla protezione del diritto d’autore sui disegni,

- regole in ordine ai tagli, alle caratteristiche tecniche, alla circolazione e alla sostituzione;

- la previsione dell’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie in caso di violazione di talune regole in esse previste.

5. Il processo di normazione non ha riguardato tuttavia meramente lo Stato della Città del Vaticano. La Santa Sede - ordinamento distinto da quello dello Stato della Città del Vaticano - alla quale fanno capo enti ed organismi operanti in vari campi, ha recepito come propria normativa la "Legge concernente la prevenzione ed il contrasto del riciclaggio dei proventi di attività criminose e del finanziamento del terrorismo" . Ciò è avvenuto tramite la "Lettera Apostolica in forma di «Motu Proprio» per la prevenzione ed il contrasto delle attività illegali in campo finanziario e monetario".

Con la suddetta Lettera, anch’essa emanata in data odierna a firma del Sommo Pontefice Benedetto XVI:

- si stabilisce che la Legge dello Stato della Città del Vaticano e le sue future modificazioni abbiano vigenza anche per i "Dicasteri della Curia Romana e per tutti gli Organismi ed Enti dipendenti dalla Santa Sede", tra i quali l’Istituto per le Opere di Religione (IOR), riconfermando l’impegno del medesimo ad operare secondo i principi ed i criteri internazionalmente riconosciuti;

- si costituisce l’Autorità di Informazione Finanziaria (AIF), Organismo autonomo ed indipendente con incisivi compiti di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo nei confronti di ogni soggetto, persona fisica o giuridica, ente ed organismo di qualsivoglia natura dello Stato della Città del Vaticano, dei Dicasteri della Curia Romana e di tutti gli Organismi ed Enti dipendenti dalla Santa Sede;

- si delegano i competenti Organi giudiziari dello Stato della Città del Vaticano ad esercitare, per i reati in materia di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, la giurisdizione penale nei confronti dei soggetti appena richiamati.

La Lettera Apostolica è pubblicata sul sito della Santa Sede www. vatican.va

6. L’Autorità di Informazione Finanziaria (AIF), il cui Presidente con i membri del Consiglio direttivo sono nominati dal Santo Padre, è chiamata ad emanare complesse e delicate disposizioni di attuazione, indispensabili per assicurare che i soggetti della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano rispettino i nuovi ed importanti obblighi di antiriciclaggio e di antiterrorismo a partire dal 1° aprile 2011, data di entrata in vigore della Legge.

7. L’esperienza segnalerà le eventuali esigenze di affinamento ed integrazione dell’assetto normativo in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo ai principi e agli standard vigenti nella comunità internazionale; tali esigenze potrebbero prospettarsi in ragione della disponibilità già manifestata da parte della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano a confrontarsi con i competenti organismi internazionali attivi sul fronte del contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo.

8. La presente nuova normativa si iscrive nell’impegno della Sede Apostolica per l’edificazione di una convivenza civile giusta ed onesta. In nessun momento si possono perciò trascurare o attenuare i grandi "principi dell’etica sociale, quali la trasparenza, l’onestà e la responsabilità" (cfr. BENEDETTO XVI, Enciclica Caritas in Veritate, n. 36).

30 dicembre 2010











STATUTO DELL’AUTORITÀ DI INFORMAZIONE FINANZIARIA (AIF)

CAPO I

Articolo 1
Istituzione, finalità e sede

§ 1. E’ eretta con Motu Proprio del Sommo Pontefice Benedetto Decimo Sesto del 30 dicembre 2010 l’Autorità di Informazione Finanziaria (AIF) avente compiti in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio dei proventi di attività criminose e del finanziamento del terrorismo.

§ 2. L’Autorità di Informazione Finanziaria è una Istituzione collegata con la Santa Sede a norma degli articoli 186 e 190-191 della Costituzione Apostolica Pastor Bonus.

§ 3. L’Autorità gode di personalità giuridica canonica pubblica e di personalità giuridica civile vaticana.

§ 4. Essa ha sede legale nello Stato della Città del Vaticano.

Articolo 2
Funzioni

§ 1. L’Autorità di Informazione Finanziaria svolge le funzioni, i compiti e le attività indicati nella Legge dello Stato della Città del Vaticano concernente la prevenzione ed il contrasto del riciclaggio dei proventi di attività criminose e del finanziamento del terrorismo 30 dicembre 2010, n. CXXVII.

§ 2. L’Autorità di Informazione Finanziaria, a norma del diritto e dei principi internazionali in materia di lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, esercita le funzioni, i compiti e le attività richiamati nel paragrafo che precede e nel presente Statuto in piena autonomia e indipendenza.

§ 3. L’Autorità svolge il suo servizio nei riguardi dei soggetti di cui all’articolo 2 della Legge dello Stato della Città del Vaticano concernente la prevenzione ed il contrasto del riciclaggio dei proventi di attività criminose e del finanziamento del terrorismo 30 dicembre 2010, n. CXXVII operanti sul territorio dello Stato della Città del Vaticano oltre che dei Dicasteri della Curia Romana e di tutti gli Organismi ed Enti dipendenti dalla Santa Sede.

CAPO II

Articolo 3
Organi e personale dell’Autorità

§ 1. Sono Organi dell’Autorità di Informazione Finanziaria.

a) Il Presidente;

b) Il Consiglio direttivo.

§ 2. Fanno parte dell’Autorità il Direttore e il personale addetto.

Articolo 4
Presidente

§ 1. Il Presidente è nominato dal Sommo Pontefice; dura in carica cinque anni e può essere confermato.

§ 2. Il Presidente sorveglia l’andamento dell’Autorità promuovendone il regolare ed efficace funzionamento.

§ 3. Egli presiede il Consiglio direttivo. In caso di sua assenza o impedimento, è sostituito da un Membro del Consiglio direttivo a ciò designato. Di fronte ai terzi la firma di chi sostituisce il Presidente fa prova dell’assenza o impedimento del medesimo.

§ 4. Al Presidente spetta la rappresentanza legale dell’Autorità e l’uso della firma. Il Presidente o chi ne fa le veci può delegare di volta in volta o per determinati atti o attività la facoltà di rappresentare l’Autorità di fronte ai terzi e in giudizio.

Articolo 5
Consiglio direttivo

§ 1. Il Consiglio direttivo è presieduto dal Presidente dell’Autorità ed è composto da altri quattro membri nominati dal Sommo Pontefice tra persone di provata affidabilità, competenza e professionalità.

§ 2. Il Consiglio direttivo, cui spettano tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione, è responsabile dell’organizzazione e del funzionamento della struttura dell’Autorità, della quale programma, dirige e controlla l’attività. In tale ambito ed a titolo esemplificativo: a) formula, in armonia con i fini istituzionali, le strategie fondamentali ed i relativi programmi per l’attività dell’Autorità e vigila sulla loro attuazione; b) emana regolamenti di natura organizzativa aventi anche rilevanza esterna; c) partecipa, anche attraverso propri rappresentanti, agli organismi internazionali impegnati nella prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo internazionale e alle attività di studio e di ricerca da questi organizzate; d) sovrintende al personale dell’Autorità promuovendone la formazione professionale specifica; e) delega al Direttore o ad altri soggetti addetti all’Autorità, con apposite comunicazioni di servizio indicanti principi e criteri direttivi, determinate tipologie di atti aventi natura ricorrente.

§ 3. Il Consiglio direttivo può attribuire a singoli membri poteri per il compimento di determinati atti o per la supervisione di determinate attività od aree di attività, stabilendone poteri, modalità di svolgimento e di informativa al Consiglio.

§ 4. Il Consiglio direttivo è convocato dal Presidente, in via ordinaria, di norma ogni trimestre e, in via straordinaria, ogni volta che se ne manifesti la necessità. Il Presidente fissa l’ordine del giorno della seduta, ne coordina i lavori e provvede affinché adeguate informazioni sulle materie indicate nell’ordine del giorno vengano fornite a tutti i componenti.

§ 5. L’avviso di convocazione contenente l’ordine del giorno deve pervenire ai singoli componenti almeno cinque giorni prima di quello fissato per la riunione con mezzi che ne garantiscano il ricevimento; nei casi di urgenza la convocazione è effettuata con avviso da trasmettere con telefax, posta elettronica o altro mezzo di comunicazione urgente almeno un giorno prima della seduta.

§ 6. Le riunioni del Consiglio, che possono essere tenute anche in videoconferenza, sono prese a maggioranza assoluta dei voti dei membri presenti e all’unanimità qualora siano presenti tre membri; in caso di parità prevale il voto di chi presiede. Per la validità delle adunanze del Consiglio è necessaria la presenza di almeno tre membri.

§ 7. Delle adunanze e delle deliberazioni del Consiglio deve redigersi verbale da iscriversi nel relativo libro da firmarsi a cura del Presidente e del segretario. Il libro e gli estratti del medesimo, certificati conformi dal Presidente e dal segretario, fanno prova delle adunanze e delle deliberazioni del Consiglio.

Articolo 6
Direttore e personale dell’Autorità

§ 1. Il Direttore, in possesso di adeguata e comprovata competenza e professionalità in campo giuridico-finanziario ed informatico maturata nelle materie istituzionali dell’Autorità, è nominato dal Presidente con il nulla osta del Segretario di Stato.

§ 2. Il Direttore:

a) è responsabile dell’attività operativa dell’Autorità;

b) coordina l’attività del personale addetto ai fini dell’esecuzione dei programmi e dei compiti dell’Autorità;

c) sottopone al Consiglio direttivo ogni atto che non rientri nelle sue competenze;

d) è normalmente invitato a partecipare alle adunanze del Consiglio direttivo;

e) cura l’Amministrazione dell’Autorità.

§ 3. Il personale dell’Autorità, di norma in possesso di un’adeguata esperienza professionale nelle materie istituzionali della medesima, viene assunto dal Presidente dell’Autorità con il nulla osta del Segretario di Stato.

Articolo 7
Segreto

§ 1. I soggetti menzionati negli articoli di cui al presente Capo sono obbligati al più rigoroso segreto per tutto ciò che riguarda l’Autorità ed i suoi rapporti con i terzi.

§ 2. L’obbligo di segreto non è di ostacolo all’adempimento degli obblighi in materia di cooperazione internazionale e nei confronti dell’Autorità Giudiziaria, inquirente e giudicante, quando le informazioni richieste siano necessarie per le indagini o per i procedimenti relativi a violazioni sanzionate penalmente.

CAPO III

Articolo 8
Risorse, contabilità e bilancio

§ 1. All’Autorità di Informazione Finanziaria sono attribuiti mezzi finanziari e risorse idonei ad assicurare l’efficace perseguimento dei suoi fini istituzionali.

§ 2. Il Consiglio direttivo, entro il trentuno marzo di ogni anno, deve approvare il bilancio di esercizio relativo all’anno precedente.

§ 3. L’esercizio si chiude il trentuno dicembre di ogni anno.

§ 4. Il Presidente, dopo l’approvazione, trasmette il bilancio di esercizio al Cardinale Segretario di Stato.

CAPO IV

Articolo 9
Relazione sull’attività

§ 1. L’Autorità di Informazione Finanziaria trasmette al Segretario di Stato una relazione sulla propria attività nei termini previsti dalla legge.

CAPO V

Articolo 10
Approvazione e pubblicazione

§ 1. Il presente Statuto è approvato e sarà pubblicato in Acta Apostolicae Sedis.

§ 2. Per quanto non disposto da questo Statuto si applicano le vigenti disposizioni canoniche e civili vaticane.









+PetaloNero+
00giovedì 30 dicembre 2010 15:35
LEGGE CONCERNENTE LA PREVENZIONE ED IL CONTRASTO DEL RICICLAGGIO DEI PROVENTI DI ATTIVITÀ CRIMINOSE E DEL FINANZIAMENTO DEL TERRORISMO

Pubblichiamo di seguito il testo della legge dello Stato della Città del Vaticano N. CXXVII: Legge concernente la prevenzione ed il contrasto del riciclaggio dei proventi di attività criminose e del finanziamento del terrorismo:

30 dicembre 2010

LA PONTIFICIA COMMISSIONE

PER LO STATO

DELLA CITTÀ DEL VATICANO

- Visto il Trattato del Laterano, sottoscritto in Roma, fra la Santa Sede e l’Italia, l’11 febbraio 1929;

- Vista la Legge Fondamentale dello Stato della Città del Vaticano 26 novembre 2000;

- Vista la legge sulle Fonti del Diritto 1° ottobre 2008, n. LXXI;

considerando:

- che il riciclaggio dei proventi di attività illecite e, altresì, lo sfruttamento del sistema finanziario per trasferire fondi di provenienza criminosa o anche denaro di provenienza lecita a scopo di finanziamento del terrorismo minano alla base le fondamenta delle società civili costituendo una minaccia per l’integrità, il funzionamento regolare, la reputazione e la stabilità dei sistemi finanziari;

- che il riciclaggio dei proventi di attività criminose ed il finanziamento del terrorismo avvengono sovente a livello internazionale e che, pertanto, le misure adottate esclusivamente a livello di singola giurisdizione, senza coordinamento né cooperazione internazionali, finirebbero per avere effetti limitati;

- che ogni Stato e Giurisdizione, in ragione delle peculiarità transnazionali dei fenomeni del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, devono fornire il proprio contributo introducendo nella legislazione interna regole e presidi coerenti con i principi e gli standard concordati a livello internazionale e comunitario contro il riciclaggio ed il finanziamento del terrorismo;

- che la Convenzione Monetaria tra lo Stato della Città del Vaticano e l’Unione europea del 17 dicembre 2009 (2010/C 28/05) prevede, tra l’altro, l’introduzione di presidi in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo;

ha ordinato e ordina quanto appresso da osservarsi come legge dello Stato:

CAPO I

Definizioni ed ambito di applicazione


Articolo 1

Definizioni

Ai fini della presente legge si intende per:

1. “beni”: i beni di qualsiasi tipo, materiali o immateriali, mobili o immobili, tangibili o intangibili, e i documenti o gli strumenti legali, in qualsiasi forma compresa quella elettronica o digitale, che attestano il diritto di proprietà o altri diritti sui beni medesimi;

2. “titolare effettivo”: la persona o le persone fisiche per conto delle quali è realizzata un’operazione o un’attività, ovvero, nel caso di entità giuridica, la persona o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedono o controllano tale entità, ovvero ne risultano beneficiari secondo i criteri di cui all’Allegato alla presente Legge;

3. “dati identificativi”: il nome e il cognome, il luogo e la data di nascita, l’indirizzo e gli estremi del documento di identificazione o, nel caso di soggetti diversi dalle persone fisiche, la denominazione e la sede legale; avuto riguardo alle persone fisiche ed ai soggetti da queste diversi appartenenti a Stati esteri costituiscono dati identificativi, secondo le leggi di quelle giurisdizioni, anche gli estremi relativi alla posizione fiscale;

4. “prestatori di servizi relativi a società e trust”: ogni persona fisica o giuridica che fornisca, a titolo professionale, uno dei servizi seguenti a terzi: a) costituire società o altre persone giuridiche; b) occupare la funzione di dirigente o di amministratore di una società, di socio di un’associazione o una funzione analoga nei confronti di altre persone giuridiche; c) fornire una sede legale, un indirizzo commerciale, amministrativo o postale e altri servizi connessi a una società, un’associazione o qualsiasi altra entità giuridica; d) occupare la funzione di fiduciario in un trust espresso o in un soggetto giuridico analogo; e) esercitare il ruolo d’azionista per conto di un’altra persona;

5. “persone politicamente esposte”: le persone fisiche che occupano o hanno occupato importanti cariche pubbliche come pure i loro familiari diretti o coloro con i quali tali persone intrattengono notoriamente stretti legami, individuate sulla base dei criteri di cui all’Allegato alla presente Legge;

6. “reato grave”: i reati contenuti nel Capo III della presente legge e nel Codice penale agli articoli 145 – 154 (delitti contro la libertà individuale); 171-174 (corruzione); 248 (associazione per delinquere); 256 (falsità in monete e carte di pubblico credito); 295 – 297 (frodi nei commerci, nelle industrie e negli incanti); 331 – 339 (delitti contro il buon costume e l’ordine delle famiglie); 402 - 404 (furto); 406 - 412 (rapina, estorsione e ricatto); 413 (truffa); 421 (ricettazione); 460 – 470 (contravvenzioni concernenti le armi e le materie esplodenti) e comunque ogni fattispecie delittuosa punita nel minimo con la reclusione o l’arresto pari o superiore a sei mesi o nel massimo con la reclusione o l’arresto pari o superiore ad un anno;

7. “stupefacenti e sostanze psicotrope”: ogni pianta i cui principi attivi possono provocare allucinazioni o gravi distorsioni sensoriali e tutte le sostanze ottenute per estrazione o per sintesi chimica che provocano la stessa tipologia di effetti a carico del sistema nervoso centrale;

8. “finanziamento del terrorismo”: qualsiasi attività diretta, con qualsiasi mezzo, alla raccolta, alla provvista, all’intermediazione, al deposito, alla custodia e alla erogazione di fondi o di risorse economiche, in qualunque modo realizzati, destinati ad essere, in tutto o in parte, utilizzati al fine di compiere uno o più delitti con finalità di terrorismo o in ogni caso diretti a favorire il compimento di uno o più delitti con finalità di terrorismo previsti dalla presente legge; e ciò indipendentemente dall’effettivo utilizzo dei fondi e delle risorse economiche per la commissione dei delitti anzidetti;

9. “condotte con finalità di terrorismo”: le condotte che, per loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un’organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un’organizzazione internazionale, nonché le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per lo Stato;

10.“dispositivi esplosivi o comunque micidiali”: armi da sparo e tutte le altre, la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona, tutti gli strumenti atti ad offendere, i gas asfissianti o accecanti, le sostanze corrosive;

11.“banca di comodo”: un ente creditizio, o un ente che svolge attività equivalenti, costituito in uno Stato in cui non ha alcuna presenza fisica, che consenta di esercitare una direzione ed una gestione reale e che non sia collegato ad alcun gruppo finanziario regolamentato;

12.“conti correnti di corrispondenza”: conti tenuti dalle banche, tradizionalmente su base bilaterale, per il regolamento dei servizi interbancari (rimesse di effetti, assegni circolari e bancari, ordini di versamento, giri di fondi, rimesse documentate e altre operazioni);

13.“servizi di pagamento”: servizi che permettono l’esecuzione di depositi, prelievi, ordini ed operazioni di pagamento, incluso il trasferimento di fondi, relativamente ad un conto di pagamento, ovvero l’emissione e/o l’acquisizione di strumenti di pagamento e le rimesse di denaro;

14.“operazione”: la trasmissione o la movimentazione di mezzi di pagamento; per i soggetti indicati nell’articolo 2, lettere p) e q), un’attività determinata o determinabile, finalizzata ad un obiettivo di natura finanziaria o patrimoniale modificativo della situazione giuridica esistente, da realizzare tramite una prestazione professionale;

15.“operazione collegata”: un’operazione, ancorché autonoma, che unitamente ad altra o ad altre costituisca un’operazione unitaria sotto il profilo economico, di valore pari o superiore ad euro 15.000, effettuate in momenti diversi ed in un circoscritto periodo di tempo fissato in sette giorni;

16.“conti di passaggio”: rapporti bancari di corrispondenza transfrontalieri, intrattenuti dai soggetti obbligati alla presente legge, utilizzati per effettuare operazioni in nome proprio o per conto della clientela;

17.“mezzi di pagamento”: il denaro contante, gli assegni bancari e postali, gli assegni circolari e gli altri assegni ad essi assimilabili o equiparabili, gli ordini di accreditamento o di pagamento, le carte di credito e le altre carte di pagamento, ogni altro strumento a disposizione che permetta di trasferire, movimentare o acquisire, anche per via telematica, fondi, valori o disponibilità finanziarie;

18.“moneta elettronica”: un valore monetario rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia memorizzato su un dispositivo elettronico, emesso previa ricezione di fondi di valore non inferiore al valore monetario emesso e accettato come mezzo di pagamento da soggetti diversi dall’emittente;

19.“prestatore di servizi di pagamento”: la persona fisica o giuridica le cui attività comprendono la prestazione di servizi di trasferimento di fondi;

20.“trasferimento di fondi”: una transazione effettuata per conto di un ordinante, per via elettronica, da un prestatore di servizi di pagamento, allo scopo di mettere i fondi a disposizione del beneficiario del pagamento presso un prestatore di servizi di pagamento; l’ordinante e il beneficiario del pagamento possono essere la medesima persona;

21.“denaro contante”: a) strumenti negoziabili al portatore, compresi gli strumenti monetari emessi al portatore quali travellers cheque, strumenti negoziabili (compresi assegni, effetti all’ordine e mandati di pagamento) emessi al portatore, girati senza restrizioni, a favore di un beneficiario fittizio o emessi altrimenti in forma tale che il relativo titolo passi alla consegna, e strumenti incompleti (compresi assegni, effetti all’ordine e mandati di pagamento) firmati ma privi del nome del beneficiario; b) denaro contante (banconote e monete in circolazione come mezzo di scambio);

22.“servizi e attività di investimento”: qualsiasi servizio o attività (ricezione e trasmissione di ordini; esecuzione di ordini per conto dei clienti; negoziazione per conto proprio; gestione di portafogli; consulenza in materia di investimenti, assunzione e collocamento di strumenti finanziari) avente ad oggetto strumenti finanziari (valori mobiliari; strumenti del mercato monetario; quote di organismi di investimento collettivo; contratti di opzione; strumenti finanziari derivati);

23.“strumenti finanziari”: valori mobiliari; strumenti del mercato monetario; quote di organismi di investimento collettivo; contratti di opzione; strumenti finanziari derivati;

24.“emittenti”: i soggetti dello Stato o esteri che emettono strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati dello Stato;

25.“informazione privilegiata”: un’informazione di carattere preciso, che non è stata resa pubblica, concernente, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti strumenti finanziari o uno o più strumenti finanziari, che, se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi di tali strumenti finanziari;

26.“intermediazione assicurativa”: le attività consistenti nel presentare o proporre contratti di assicurazione o compiere atti preparatori o relativi alla conclusione di tali contratti ovvero nel collaborare, segnatamente in caso di sinistri, alla loro gestione ed esecuzione; sono escluse le attività esercitate dalle imprese di assicurazione nonché dagli impiegati di un’impresa di assicurazione che agiscono sotto la responsabilità di tale impresa e, altresì, le attività di informazione fornite a titolo accessorio nel contesto di un’attività professionale, sempre che l’obiettivo di questa attività non sia quello di assistere il cliente nella conclusione o nell’esecuzione di un contratto di assicurazione o nella gestione di sinistri per un’impresa di assicurazione su base professionale o nelle attività di liquidazione sinistri e di consulenza in materia di sinistri;

27.“prestazione professionale”: prestazione professionale o commerciale correlata con le attività svolte dai soggetti di cui all’articolo 2 dalla quale si presuma, nel momento in cui ha inizio, che avrà una certa durata;

28.“rapporto continuativo”: rapporto di durata che dia luogo a più operazioni di versamento, prelievo o trasferimento di mezzi di pagamento e che non si esaurisca in una sola operazione;

29.“rapporto d’affari”: un rapporto, professionale o commerciale, che sia correlato con le attività professionali svolte dai soggetti di cui all’articolo 2 e che, nel momento della sua instaurazione, si presuma possa avere una certa durata;

30.“terzi”: ogni soggetto (persona fisica o giuridica, ente ed organismo di qualsivoglia natura) situato in uno Stato estero, che, conformemente a quanto stabilito nella presente legge, sia soggetto a registrazione professionale obbligatoria legale ed a sorveglianza, applichi misure di adeguata verifica della clientela e obblighi di conservazione dei documenti;

31.“fondi”: le attività ed utilità finanziarie, disponibili anche tramite soggetto interposto, di qualsiasi natura, compresi anche: a) i contanti, gli assegni, i crediti pecuniari, le cambiali, gli ordini di pagamento e altri strumenti di pagamento; b) i depositi presso qualunque soggetto, i saldi sui conti, i crediti e le obbligazioni di qualsiasi natura; c) gli interessi, i dividendi o altri redditi ed incrementi di valore generati dalle attività; d) il credito, il diritto di compensazione, le garanzie di qualsiasi tipo, le cauzioni e gli altri impegni finanziari; e) le lettere di credito, le polizze di carico e gli altri titoli rappresentativi di merci; f) i documenti da cui risulti una partecipazione in fondi o risorse finanziarie; g) tutti gli strumenti di finanziamento delle esportazioni;

32.“risorse economiche”: le attività di qualsiasi tipo, materiali o immateriali, mobili o immobili, ivi compresi gli accessori, le pertinenze e i frutti, che non sono fondi ma che possono essere utilizzate per ottenere fondi, beni o servizi;

33.“congelamento di fondi”: il divieto di movimentazione, trasferimento, modifica, utilizzo o gestione dei fondi o di accesso ad essi, così da modificarne il volume, l’importo, la collocazione, la proprietà, il possesso, la natura, la destinazione o qualsiasi altro cambiamento che consente l’uso dei fondi, compresa la gestione di portafoglio;

34.“congelamento di risorse economiche”: il divieto di movimentazione, trasferimento, disposizione o, al fine di ottenere in qualsiasi modo fondi, beni o servizi, utilizzo delle risorse economiche, compresi anche la vendita, la locazione, l’affitto o la costituzione di diritti reali di garanzia;

35.“soggetti designati”: le persone fisiche, le persone giuridiche, i gruppi e le entità designati come destinatari del congelamento;

36.“suolo”: il territorio, il suolo, il sottosuolo, gli abitati e le opere infrastrutturali;

37.“acque”: le acque meteoriche e le acque superficiali e sotterranee;

38.“acque superficiali”: le acque interne, ad eccezione delle acque sotterranee, le acque di transizione;

39.“acque sotterranee”: tutte le acque che si trovano sotto la superficie del suolo nella zona di saturazione e a contatto diretto con il suolo o il sottosuolo;

40.“inquinamento atmosferico”: ogni modificazione dell’aria atmosferica, dovuta all’emissione e alla conseguente introduzione nella stessa di una o più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o per la qualità dell’ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell’ambiente;

41.“emissione”: qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell’atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico;

42.“rifiuti”: prodotti fuori norma; prodotti scaduti; sostanze contaminate o insudiciate in seguito ad attività volontarie; elementi inutilizzabili; sostanze divenute inadatte all’impiego (ad esempio, acidi contaminati, solventi contaminati); residui di processi industriali; residui di procedimenti antinquinamento; residui di lavorazione/sagomatura; residui provenienti dall’estrazione e dalla preparazione delle materie prime; sostanze contaminate; qualunque materia, sostanza o prodotto la cui utilizzazione è giuridicamente vietata.



Articolo 2

Soggetti tenuti al rispetto degli obblighi di prevenzione in materia di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo

1. Ogni soggetto, persona fisica o giuridica, ente ed organismo di qualsivoglia natura, incluse le filiali e le succursali di soggetti esteri, che svolge professionalmente un’attività consistente:

a. nel ricevere depositi o altri fondi rimborsabili dal pubblico e nel concedere crediti per proprio conto;

b. nell’intermediazione assicurativa;

c. nell’assunzione di partecipazioni;

d. nella raccolta di depositi o di altri fondi rimborsabili;

e. nel compimento di operazioni di prestito;

f. nello svolgimento di servizi di pagamento;

g. nell’emissione e gestione di mezzi di pagamento;

h. nel rilascio di garanzie e di impegni di firma;

i. nella locazione di cassette di sicurezza;

j. nello svolgimento di operazioni in cambi per proprio conto o per conto della clientela;

k. nell’acquisto e nella vendita o anche nella mediazione di beni immobili o imprese;

l. nella gestione di denaro e di strumenti finanziari;

m. nell’apertura o nella gestione di conti o depositi bancari, libretti di risparmio o depositi di titoli;

n. nella costituzione, gestione o amministrazione di trust, società o strutture analoghe nonché nella prestazione di servizi relativi a società o trust;

o. nello svolgimento di servizi di investimento aventi ad oggetto strumenti finanziari;

p. nell’esercizio, in via principale, strumentale o sussidiaria, della professione di revisore dei conti, contabile esterno e consulente tributario;

q. nell’esercizio, in via principale, strumentale o sussidiaria, della professione di notaio e di legale, quando prestano la loro opera o partecipando in nome e per conto del cliente ad una qualsiasi operazione finanziaria o immobiliare o assistendo i loro clienti nella progettazione o nella realizzazione di specifiche operazioni (acquisto e vendita di beni immobili o imprese; la gestione di denaro, strumenti finanziari o altri beni dei clienti; l’apertura o la gestione di conti bancari, libretti di risparmio o conti titoli; l’organizzazione degli apporti necessari alla costituzione, alla gestione o all’amministrazione di società, la costituzione, la gestione o l’amministrazione di società; la costituzione, la gestione o l’amministrazione di trust, società o strutture analoghe);

r. nella negoziazione di beni (soltanto quando il pagamento è effettuato in contanti per un importo pari o superiore ad euro 15.000)

è tenuto ad osservare gli obblighi di adeguata verifica, di registrazione dei rapporti e delle operazioni, di conservazione delle informazioni ad essi inerenti e di segnalazione delle operazioni sospette; a tali fini deve predisporre adeguati assetti organizzativi e procedure, nonché assicurare un’adeguata formazione del personale.

2. I soggetti di cui al comma che precede adottano, entro trenta giorni dall’entrata in vigore della presente Legge, ogni provvedimento necessario per assicurare il puntuale ed immediato adempimento degli obblighi previsti. Dei provvedimenti assunti dovrà essere data comunicazione, entro i successivi dieci giorni dalla loro adozione, all’Autorità di Informazione Finanziaria.

CAPO II

Disposizioni penali in materia di riciclaggio


Articolo 3

Riciclaggio

Nel Libro II “Dei delitti in ispecie” Titolo X
“Dei delitti contro la proprietà” Capo V alla rubrica “Della ricettazione” è aggiunto “, del riciclaggio e dell’autoriciclaggio”. Nello stesso Capo dopo l’art. 421 è aggiunto l’articolo 421 bis del seguente tenore:

421bis Chiunque, fuori dei casi previsti dall’articolo 421, sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da un reato grave, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, ovvero impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da un reato grave, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro mille ad euro quindicimila.

Nei casi previsti dal comma che precede si applica la reclusione da due a sei anni e la multa da euro mille ad euro diecimila se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da reato grave per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.

Nei confronti della persona che ha commesso il reato grave si applica la reclusione da due a sei anni e la multa da euro mille ad euro diecimila.

Nei casi previsti dal comma uno la pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale.

La fattispecie delittuosa sussiste anche se le attività che hanno generato il denaro, i beni o le altre utilità da riciclare si sono svolte nel territorio di un altro Stato.

Nei casi di condanna è obbligatoria la confisca dei beni che costituiscono il prodotto o il profitto dell’attività delittuosa, tranne che essi appartengano a persone estranee al reato. Il giudice, nel caso in cui non sia possibile procedere alla confisca, ordina la confisca delle somme di denaro, dei beni o delle altre utilità delle quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona, per un valore equivalente al prodotto, profitto o prezzo del reato.
+PetaloNero+
00giovedì 30 dicembre 2010 15:36
CAPO III
Altre fattispecie delittuose

Articolo 4
Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione

Nel Libro II “Dei delitti in ispecie” Titolo I “Dei delitti contro la sicurezza dello Stato” dopo il Capo IV “Disposizioni comuni ai capi precedenti” è aggiunto il Capo V “Altre misure per prevenire e contrastare il finanziamento del terrorismo” nel cui ambito è inserito l’articolo 138 bis del seguente tenore:

138 bis Chiunque promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia persone o associazioni che si propongono il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo o di eversione è punito con la reclusione da cinque a quindici anni.

Ai fini della legge penale, la finalità di terrorismo ricorre anche quando gli atti di violenza sono rivolti contro uno Stato estero, un’istituzione o un organismo internazionale.

Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l’impiego.

Articolo 5

Arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale

Nel Libro II “Dei delitti in ispecie” Titolo I “Dei delitti contro la sicurezza dello Stato” dopo il Capo IV “Disposizioni comuni ai capi precedenti” è aggiunto il Capo V “Altre misure per prevenire e contrastare il finanziamento del terrorismo” nel cui ambito è inserito l’articolo 138 ter del seguente tenore:

138 ter Chiunque, fuori dai casi di cui all’articolo 138 bis, arruola una o più persone per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un’istituzione o un organismo internazionale, è punito con la reclusione da sette a quindici anni.

Articolo 6
Addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale

Nel Libro II “Dei delitti in ispecie” Titolo I “Dei delitti contro la sicurezza dello Stato” dopo il Capo IV “Disposizioni comuni ai capi precedenti” è aggiunto il Capo V “Altre misure per prevenire e contrastare il finanziamento del terrorismo” nel cui ambito è inserito l’articolo 138 quater del seguente tenore:

138 quater Chiunque, fuori dai casi di cui all’articolo 138 bis, addestra o comunque fornisce istruzioni sulla preparazione o sull’uso di materiali esplosivi, di armi da fuoco o di altre armi, di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, nonché di ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un’istituzione o un organismo internazionale, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. La stessa pena si applica nei confronti della persona addestrata.

Articolo 7
Attentato per finalità terroristiche o di eversione

Nel Libro II “Dei delitti in ispecie” Titolo I “Dei delitti contro la sicurezza dello Stato” dopo il Capo IV “Disposizioni comuni ai capi precedenti” è aggiunto il Capo V “Altre misure per prevenire e contrastare il finanziamento del terrorismo” nel cui ambito è inserito l’articolo 138 quinquies del seguente tenore:

138 quinquies Chiunque, per finalità di terrorismo o di eversione, attenta alla vita od all’incolumità di una persona, è punito, nel primo caso, con la reclusione non inferiore ad anni venti e, nel secondo caso, con la reclusione non inferiore ad anni sei.

Articolo 8
Atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi

Nel Libro II “Dei delitti in ispecie” Titolo I “Dei delitti contro la sicurezza dello Stato” dopo il Capo IV “Disposizioni comuni ai capi precedenti” è aggiunto il Capo V “Altre misure per prevenire e contrastare il finanziamento del terrorismo” nel cui ambito è inserito l’articolo 138 sexies del seguente tenore:

138 sexies Salvo che non costituisca più grave reato, chiunque per finalità di terrorismo compie qualsiasi atto diretto a danneggiare cose mobili o immobili altrui, mediante l’uso di dispositivi esplosivi o comunque micidiali, è punito con la reclusione da due a cinque anni.

Articolo 9
Malversazione a danno dello Stato

Nel Libro II “Dei delitti in ispecie” Titolo X “Dei delitti contro la proprietà” Capo III
“Truffa ed altre frodi” dopo l’articolo 416 è aggiunto l’articolo 416 bis del seguente tenore:

416 bis Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico od istituzione contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere o allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina alle predette finalità, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Se i fatti previsti sono di particolare tenuità le pene sono diminuite.

Articolo 10
Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche

Nel Libro II “Dei delitti in ispecie” Titolo X “Dei delitti contro la proprietà” Capo III “Truffa ed altre frodi” dopo l’articolo 416 bis è aggiunto l’articolo 416 ter del seguente tenore:

416 ter La pena è della reclusione da uno a sei anni e si procede d’ufficio se il fatto di cui all’articolo 413 riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici od istituzioni.

Articolo 11
Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato

Nel Libro II “Dei delitti in ispecie” Titolo X “Dei delitti contro la proprietà” Capo III “Truffa ed altre frodi” dopo l’articolo 416 ter è aggiunto l’articolo 416 quater del seguente tenore:

416 quater Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall’articolo 413, chiunque mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici od istituzioni è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Se i fatti previsti sono di particolare tenuità le pene sono diminuite.

Articolo 12
Abuso di informazioni privilegiate

Nel Libro II “Dei delitti in ispecie” Titolo VI “Dei delitti contro la fede pubblica” dopo il Capo V “Delle frodi nei commerci, nelle industrie e negli incanti” è aggiunto il Capo V bis “Abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato” nel cui ambito è collocato l’articolo 299 bis del seguente tenore:

299 bis E’ punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro ventimila a euro tre milioni chiunque, essendo in possesso di informazioni privilegiate in ragione della sua qualità di membro di organi di amministrazione, direzione o controllo dell’emittente, della partecipazione al capitale dell’emittente, ovvero dell’esercizio di un’attività lavorativa, di una professione o di una funzione, anche pubblica, o di un ufficio:

a) acquista, vende o compie altre operazioni, direttamente o indirettamente, per conto proprio o per conto di terzi, su strumenti finanziari utilizzando le informazioni medesime;

b) comunica tali informazioni ad altri, al di fuori del normale esercizio del lavoro, della professione, della funzione o dell’ufficio;

c) raccomanda o induce altri, sulla base di esse, al compimento di taluna delle operazioni indicate nella lettera a).

La stessa pena di cui al comma uno si applica a chiunque essendo in possesso di informazioni privilegiate a motivo della preparazione o esecuzione di attività delittuose compie taluna delle azioni di cui al medesimo comma uno.

Il giudice può aumentare la multa fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dal reato quando, per la rilevante offensività del fatto, per le qualità personali del colpevole o per l’entità del prodotto o del profitto conseguito dal reato, essa appare inadeguata anche se applicata al massimo.

Articolo 13
Manipolazione del mercato

Nel Libro II “Dei delitti in ispecie” Titolo VI “Dei delitti contro la fede pubblica” dopo il Capo V “Delle frodi nei commerci, nelle industrie e negli incanti” è aggiunto il Capo V bis “Abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato” nel cui ambito è collocato l’articolo 299 ter del seguente tenore:

299 ter Chiunque diffonde notizie false o pone in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro ventimila a euro cinquemilioni.

Il giudice può aumentare la multa fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dal reato quando, per la rilevante offensività del fatto, per le qualità personali del colpevole o per l’entità del prodotto o del profitto conseguito dal reato, essa appare inadeguata anche se applicata nel massimo.


Articolo 14
Tratta di persone

Nel Libro II “Dei delitti in ispecie” Titolo II “Dei delitti contro la libertà” Capo III “Dei delitti contro la libertà individuale” è aggiunto l’articolo 145 bis del seguente tenore:

145 bis Chiunque commette tratta di persona che si trova nelle condizioni di cui all’articolo 145 ovvero, al fine di commettere i delitti di cui al medesimo articolo, la induce mediante inganno o la costringe mediante violenza, minaccia, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante promessa o dazione di somme di denaro o di altri vantaggi alla persona che su di essa ha autorità, a fare ingresso o a soggiornare o a uscire dal territorio dello Stato o a trasferirsi al suo interno, è punito con la reclusione da otto a vent’anni.

La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti di cui al primo comma sono commessi in danno di minore degli anni diciotto o sono diretti alla sfruttamento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi.

Articolo 15
Vendita di prodotti industriali con segni mendaci

All’art. 295, commi uno e due, la sanzione è rispettivamente così modificata “con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino ad euro diecimila” e “con la reclusione fino a due anni o con la multa fino ad euro ventimila”.

Articolo 16
Fabbricazione, introduzione, vendita e detenzione di armi nello Stato

1. All’articolo 460 la sanzione è così modificata “con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da euro cinquecento ad euro duemila”.

2. All’articolo 461 la sanzione è così modificata “con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da euro cinquecento ad euro duemila”.

3. All’articolo 462 la sanzione è così modificata “con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da euro cinquecento ad euro duemila”.

4. All’articolo 463 la sanzione è così modificata “con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da euro cinquecento ad euro duemila”.

5. All’articolo 464 la sanzione è così modificata, nel comma primo, “con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da euro cinquecento ad euro duemila”, nel comma secondo, “con l’arresto fino a due anni e sei mesi e con l’ammenda da euro mille ad euro tremila”, nel comma terzo, “con l’arresto fino a tre anni e con l’ammenda da euro tremila ad euro cinquemila”.

6. All’articolo 466 la sanzione è così modificata “con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da euro cinquecento ad euro duemila”.

7. All’articolo 467 la sanzione è così modificata “con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da euro cinquecento ad euro duemila” e “nei casi più gravi con l’arresto fino a due anni e sei mesi e con l’ammenda da euro mille ad euro tremila”.

8. All’articolo 468 la sanzione è così modificata “con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da euro cinquecento ad euro duemila”.

9. All’articolo 469 la sanzione è così modificata “con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da euro cinquecento ad euro duemila”.

Articolo 17
Contrabbando

Nel Libro III ”Delle contravvenzioni in ispecie” Titolo I “Delle contravvenzioni concernenti l’ordine pubblico” è aggiunto il Capo X “Contrabbando” nel cui ambito è collocato l’art. 459 bis del seguente tenore:

459 bis E’ punito con l’arresto fino a due anni o, in alternativa, con la multa non minore di due e non maggiore di dieci volte i diritti dovuti chiunque:

a) introduce merci estere attraverso il confine di terra in violazione delle prescrizioni, divieti e limitazioni stabiliti nel comma due;

b) è sorpreso con merci nascoste sulla persona o nei bagagli o nei colli o nelle suppellettili o fra merci di altro genere od in qualunque mezzo di trasporto, per sottrarle alla visita doganale;

c) asporta merci dagli spazi doganali senza aver pagato i diritti dovuti o senza averne garantito il pagamento;

d) porta merci fuori del territorio doganale, nelle condizioni previste nelle lettere precedenti, merci nazionali o nazionalizzate soggette ai diritti di confine.

Le merci possono attraversare la linea doganale soltanto nei punti stabiliti.

Il confine con lo Stato italiano costituisce la linea doganale.

Il territorio circoscritto dalla linea doganale costituisce il territorio doganale.

Sono spazi doganali i locali in cui funziona un servizio di dogana, nonché le aree sulle quali la dogana esercita la vigilanza ed il controllo a mezzo dei suoi organi. La delimitazione degli spazi doganali è stabilita, tenendo conto della peculiare situazione di ciascuna località, dall’Autorità doganale.

Si considerano diritti tutti quei diritti che la dogana è tenuta a riscuotere in forza di una legge dello Stato.

Gli organi doganali, per assicurare l’osservanza delle disposizioni stabilite nel presente articolo, possono:

a) procedere alla visita dei mezzi di trasporto di qualsiasi genere che attraversano la linea doganale in corrispondenza degli spazi doganali o che circolano negli spazi stessi;

b) procedere alla visita dei bagagli e degli altri oggetti in possesso delle persone che attraversano la linea doganale in corrispondenza degli spazi doganali o che circolano negli spazi stessi;

c) invitare coloro che per qualsiasi motivo circolano nell’ambito degli spazi doganali ad esibire gli oggetti ed i valori portati sulla persona; in caso di rifiuto ed ove sussistano fondati motivi di sospetto l’Autorità doganale può disporre, con provvedimento scritto dettagliatamente motivato, che le persone suddette vengano sottoposte a perquisizione personale; della perquisizione è redatto processo verbale che, insieme al provvedimento anzidetto, deve essere trasmesso entro quarantotto ore al Promotore di Giustizia presso il Tribunale; questi, se riconosce legittimo il provvedimento, lo convalida entro le quarantotto ore successive.

Articolo 18
Tutela dell’ambiente

Nel Libro III “Delle contravvenzioni in ispecie” Titolo II “Delle contravvenzioni concernenti l’incolumità pubblica” dopo il Capo II “Della rovina e delle omesse riparazioni di edifizii” è aggiunto il Capo II bis “Della tutela dell’ambiente” nel cui ambito è collocato l’art. 472 bis del seguente tenore:

472 bis E’ punito con la pena dell’arresto da sei mesi ad un anno o con la l’ammenda da euro duemilaseicento ad euro ventiseimila chiunque cagiona l’inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali o delle acque sotterranee.

Alla stessa pena prevista dal comma uno soggiace chiunque cagiona l’inquinamento atmosferico.

Si applica la pena dell’arresto da un anno a due anni e la pena dell’ammenda da euro cinquemiladuecento ad euro cinquantaduemila se l’inquinamento è provocato da sostanze pericolose.

Articolo 19
Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti

Nel Libro III “Delle contravvenzioni in ispecie” Titolo II “Delle contravvenzioni concernenti l’incolumità pubblica”dopo il Capo II “Della rovina e delle omesse riparazioni di edifizii” è aggiunto il Capo II bis “Della tutela dell’ambiente” nel cui ambito è collocato l’art. 472 ter del seguente tenore:

472 ter Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni.

Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da tre a otto anni.

Articolo 20
Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope

Nel Libro II “Dei delitti in ispecie” Titolo VII “Dei delitti contro l’incolumità pubblica” dopo il Capo III “Dei delitti contro la sanità e l’alimentazione pubblica” è aggiunto il Capo III bis “Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope” nel cui ambito è collocato l’articolo 326 bis del seguente tenore:

326 bis Chiunque, senza esservi autorizzato, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope è punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro ventiseimila ad euro duecentosessantamila.

Con le medesime pene di cui al comma uno è punito chiunque, senza esservi autorizzato, importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale. In questa ultima ipotesi, le pene suddette sono diminuite da un terzo alla metà.

Quando, per i mezzi, per la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entità, si applicano le pene della reclusione da uno a sei anni e della multa da euro tremila ad euro ventiseimila.

La pena è aumentata se il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro.

Le pene previste dal presente articolo sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti.

Articolo 21
Associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope

Nel Libro II “Dei delitti in ispecie” Titolo VII “Dei delitti contro l’incolumità pubblica” dopo il Capo III “Dei delitti contro la sanità e l’alimentazione pubblica” è aggiunto il Capo III bis “Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope” nel cui ambito è collocato l’articolo 326 ter del seguente tenore:

326 ter Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti tra quelli previsti dall'articolo 326 bis, chi promuove, costituisce, dirige, organizza o finanzia l'associazione è punito per ciò solo con la reclusione non inferiore a venti anni.

Chi partecipa all'associazione è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni.

La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più o se tra i partecipanti vi sono persone dedite all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope.

Se l'associazione è armata la pena, nei casi indicati dal comma uno, non può essere inferiore a ventiquattro anni di reclusione. L'associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito.

Le pene previste dal presente articolo sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato o per sottrarre all'associazione risorse decisive per la commissione dei delitti.

Articolo 22
Aggravanti specifiche e confisca

Nel Libro II “Dei delitti in ispecie” Titolo VII “Dei delitti contro l’incolumità pubblica”dopo il Capo III “Dei delitti contro la sanità e l’alimentazione pubblica” è aggiunto il Capo III bis “Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope” nel cui ambito è collocato l’articolo 326 quater del seguente tenore:

326 quater Le pene previste per i delitti di cui all'articolo 326 bis sono aumentate da un terzo alla metà:

a) nei casi in cui le sostanze stupefacenti e psicotrope sono consegnate o comunque destinate a persona di età minore;

b) per chi ha indotto a commettere il reato, o a cooperare nella commissione del reato, persona dedita all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope;

c) se il fatto è stato commesso da persona armata o travisata;

d) se le sostanze stupefacenti o psicotrope sono adulterate o commiste ad altre in modo che ne risulti accentuata la potenzialità lesiva.

Se il fatto riguarda quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope, le pene sono aumentate dalla metà a due terzi.

L'autorità giudiziaria con la condanna dispone la confisca delle sostanze stupefacenti e psicotrope e ne ordina la distruzione.

Articolo 23
Prescrizioni abusive

Nel Libro II “Dei delitti in ispecie” Titolo VII “Dei delitti contro l’incolumità pubblica” dopo il Capo III “Dei delitti contro la sanità e l’alimentazione pubblica” è aggiunto il Capo III bis “Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope” nel cui ambito è collocato l’articolo 326 quinquies del seguente tenore:

326 quinquies Le pene previste dall'articolo 326 bis si applicano altresì a carico del medico chirurgo che rilascia prescrizioni delle sostanze stupefacenti o psicotrope ivi indicate per uso non terapeutico.

Le pene previste dall’articolo 326 bis non si applicano alle farmacie per quanto riguarda l’acquisto di sostanze stupefacenti o psicotrope e, sulla base di prescrizioni mediche, per l’acquisto, la vendita o la cessione di dette sostanze in dose e forma di medicamenti.



CAPO IV
Misure per prevenire il finanziamento del terrorismo e per attuare il congelamento dei fondi e delle risorse economiche

Articolo 24
Misure per il contrasto del finanziamento del terrorismo e nei confronti dell’attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale

1. Al fine di dare esecuzione alle misure di congelamento di fondi e risorse economiche volte a contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l’attività di Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, l’Autorità di Informazione Finanziaria, fatti salvi i provvedimenti adottati dall’Autorità Giudiziaria in sede penale, dispone con proprio provvedimento il congelamento dei fondi e delle risorse economiche detenuti da persone fisiche, giuridiche, gruppi o entità, designati secondo i principi e le regole vigenti nell’ordinamento europeo. Con il medesimo provvedimento sono individuate, sulla base dei principi e delle regole vigenti nell’ordinamento europeo, le esenzioni dal congelamento.

2. L’Autorità di Informazione Finanziaria:

a) acquisisce dalle autorità competenti ogni informazione utile allo svolgimento dei compiti di cui al comma 1;

b) stabilisce collegamenti con gli organismi che svolgono funzioni similari negli altri Paesi al fine di contribuire al necessario coordinamento internazionale;

c) formula alle competenti autorità internazionali proposte di designazione di soggetti o enti ai fini dell’adozione delle misure di cui al comma 1;

d) valuta le istanze di esenzione dal congelamento di fondi e risorse economiche presentate dai soggetti interessati;

e) formula alle competenti autorità internazionali proposte di cancellazione dalle liste dei soggetti designati, anche sulla base delle istanze presentate dai soggetti interessati.

Articolo 25
Effetti del congelamento di fondi e di risorse economiche

1. I fondi sottoposti a congelamento non possono costituire oggetto di alcun atto di trasferimento, disposizione o utilizzo.

2. Le risorse economiche sottoposte a congelamento non possono costituire oggetto di alcun atto di trasferimento, disposizione o, al fine di ottenere in qualsiasi modo fondi, beni o servizi, utilizzo.

3. Sono nulli gli atti posti in essere in violazione dei divieti di cui ai commi 1 e 2.

4. E’ vietato mettere direttamente o indirettamente fondi o risorse economiche a disposizione dei soggetti designati o stanziarli a loro vantaggio.

5. La partecipazione consapevole ad attività aventi l’obiettivo o il risultato, diretto o indiretto, di aggirare le misure di congelamento è vietata.

6. Il congelamento non pregiudica gli effetti di eventuali provvedimenti di sequestro o confisca, adottati nell’ambito di procedimenti penali o amministrativi, aventi ad oggetto i medesimi fondi o le stesse risorse economiche.

7. Il congelamento dei fondi e delle risorse economiche o l’omissione o il rifiuto della prestazione di servizi finanziari ritenuti in buona fede conformi alla presente legge non comportano alcun genere di responsabilità per la persona fisica o giuridica, il gruppo o l’entità che lo applica, né per i suoi direttori o dipendenti.

Articolo 26
Obblighi di comunicazione

I soggetti indicati nell’articolo 2 devono comunicare, entro trenta giorni dalla data di emanazione del provvedimento di cui all’articolo 24, comma 1, all’Autorità di Informazione Finanziaria:

a) le misure applicate ai sensi del presente Capo, indicando i soggetti coinvolti, l’ammontare e la natura dei fondi o delle risorse economiche;

b) le operazioni, i rapporti nonché ogni altra informazione disponibile riconducibile ai soggetti designati;

c) sulla base di informazioni dalla stessa fornite, le operazioni ed i rapporti, nonché ogni altra informazione disponibile riconducibile a soggetti in via di designazione.

Articolo 27
Custodia, amministrazione e gestione delle risorse economiche oggetto di congelamento

1. L’Autorità di Informazione Finanziaria provvede alla custodia, all’amministrazione ed alla gestione delle risorse economiche oggetto di congelamento, anche quando quest’ultimo sia stato disposto con provvedimento dell’Autorità Giudiziaria.

2. L’Autorità di Informazione Finanziaria provvede, in via diretta ovvero mediante la nomina di un custode o di un amministratore, allo svolgimento delle attività di cui al comma che precede. Essa può impartire direttive, richiedere informazioni e revocare o sostituire il custode e l’amministratore.

3. L’amministratore e il custode operano sotto la sorveglianza dell’Autorità di Informazione Finanziaria.

CAPO V
Obblighi di adeguata verifica

Articolo 28
Casi di applicazione

I soggetti di cui all’articolo 2 eseguono gli obblighi di adeguata verifica:

a) quando instaurano un rapporto continuativo o d’affari;

b) quando eseguono operazioni occasionali il cui importo sia pari o superiore ad euro 15.000, indipendentemente dal fatto che siano effettuate con un’operazione unica o con diverse operazioni collegate;

c) per le prestazioni professionali di valore indeterminato o non determinabile e nei casi di costituzione, gestione o amministrazione di società, enti, trust o soggetti giuridici analoghi;

d) quando vi è sospetto di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, a prescindere da deroghe, soglie o esenzioni applicabili;

e) quando vi sono dubbi sulla veridicità o sull’adeguatezza dei dati relativi alla identificazione del soggetto con cui instaurano il rapporto.

Articolo 29
Contenuto degli obblighi di adeguata verifica e di astensione

1. Gli obblighi di adeguata verifica consistono:

a) nell’identificazione del soggetto che instaura il rapporto continuativo o d’affari o esegue un’operazione, sulla base di documenti, dati o informazioni ottenuti da una fonte affidabile e indipendente;

b) nell’individuazione e nell’identificazione dell’eventuale titolare effettivo;

c) nell’acquisizione di informazioni sullo scopo e sulla natura del rapporto continuativo o d’affari o dell’operazione;

d) nel controllo costante del rapporto continuativo o della relazione d’affari.

2. La verifica dell’identità di cui al comma che precede deve avvenire prima dell’instaurazione del rapporto continuativo o d’affari o dell’esecuzione della transazione. Il soggetto con cui si instaura il rapporto è tenuto a comunicare, sotto la propria responsabilità, ai soggetti di cui all’articolo 2 ogni dato da questi richiesto ai fini dell’adempimento degli obblighi di adeguata verifica.

3. I notai, i legali, i revisori dei conti, i contabili esterni ed i consulenti tributari adempiono gli obblighi di adeguata verifica nel corso dell’esame della posizione del loro cliente.

4. Gli obblighi di adeguata verifica sono calibrati in funzione del rischio associato al tipo di rapporto continuativo o d’affari, di operazione, di cliente o di prodotto.

5. I soggetti di cui all’articolo 2, quando non sono in grado di rispettare gli obblighi di adeguata verifica, non possono instaurare il rapporto continuativo o d’affari né eseguire operazioni; qualora il rapporto sia già in essere i soggetti chiudono il rapporto medesimo e valutano se effettuare la segnalazione di operazione sospetta all’Autorità di Informazione Finanziaria.

6. Gli obblighi di adeguata verifica si estendono ad eventuali succursali dei soggetti indicati nell’articolo 2 situati in altri Stati.

7. Gli obblighi di adeguata verifica si applicano sulla base della valutazione del rischio esistente.

Articolo 30
Obblighi semplificati ed esenzioni

1. Gli obblighi di adeguata verifica non si applicano se il soggetto con cui si instaura il rapporto è un ente creditizio o finanziario situato in un Paese estero che imponga obblighi equivalenti a quelli dello Stato. L’Autorità di Informazione Finanziaria individua gli Stati il cui regime è ritenuto equivalente.

2. I soggetti di cui all’articolo 2 possono essere autorizzati dall’Autorità di Informazione Finanziaria a non applicare gli obblighi di adeguata verifica della clientela in relazione a particolari tipologie contrattuali ed a soggetti, diversi da quelli indicati nel comma 1, caratterizzati, secondo i criteri indicati nell’Allegato alla presente Legge, da un basso rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

3. I soggetti di cui all’articolo 2 sono tenuti a raccogliere adeguate informazioni al fine di stabilire se possa adottarsi o mantenersi il regime obbligatorio semplificato.

4. Gli obblighi semplificati di adeguata verifica della clientela non si applicano qualora vi è sospetto di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo o si abbia motivo di ritenere che l’identificazione effettuata non sia attendibile ovvero qualora essa non consenta l’acquisizione delle informazioni necessarie.

Articolo 31
Obblighi rafforzati

1. I soggetti indicati nell’articolo 2 debbono rafforzare gli obblighi di adeguata verifica, sulla base della valutazione del rischio esistente, nelle situazioni che, per loro natura, possono presentare un rischio più elevato di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

2. Essi, quando il soggetto con cui instaura il rapporto non è fisicamente presente ai fini della identificazione, debbono applicare una o più fra le misure di seguito indicate:

a) accertare l’identità del soggetto con cui instaura il rapporto tramite documenti, dati o informazioni supplementari;

b) adottare misure supplementari per la verifica o la certificazione dei documenti forniti o richiedere una certificazione di conferma da parte di un ente creditizio o finanziario soggetto, nella materia del contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, a misure equivalenti a quelle adottate dallo Stato;

c) assicurarsi che il primo pagamento relativo all’operazione sia effettuato tramite un conto intestato al soggetto con cui si instaura il rapporto presso un ente creditizio.

3. Gli obblighi di identificazione, anche quando il soggetto non è fisicamente presente, si considerano comunque assolti quando:

a) l’identificazione sia già avvenuta in relazione ad un rapporto in essere, purché le informazioni esistenti risultino aggiornate;

b) si tratti di operazioni effettuate con sistemi di cassa continua o di sportelli automatici, per corrispondenza o attraverso soggetti che svolgono attività di trasporto di valori mediante carte di pagamento; tali operazioni sono imputate al soggetto titolare del rapporto al quale ineriscono;

c) i dati identificativi del soggetto con cui si instaura il rapporto e le altre informazioni da acquisire risultino da atti idonei a fornire certezza legale.

4. I soggetti indicati nell’articolo 2, in caso di conti di corrispondenza con enti corrispondenti di Stati esteri, debbono:

a) raccogliere sull’ente corrispondente informazioni sufficienti per comprendere pienamente la natura delle sue attività e per determinare, sulla base delle informazioni disponibili al pubblico, la sua reputazione e la qualità della vigilanza cui è soggetto;

b) valutare la qualità della normativa ivi vigente in materia di controlli relativi al contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo;

c) ottenere, prima di aprire il conto, l’autorizzazione del Direttore generale ovvero del soggetto che svolga una funzione equivalente;

d) definire per iscritto i termini delle rispettive obbligazioni;

e) assicurarsi che l’ente corrispondente abbia verificato l’identità dei clienti aventi un accesso diretto ai conti di passaggio, abbia costantemente assolto gli obblighi di adeguata verifica della clientela e che, su richiesta, possa fornire i dati ottenuti a seguito dell’assolvimento di tali obblighi.

5. Con riguardo alle operazioni, ai rapporti continuativi e ai rapporti d’affari con persone politicamente esposte residenti in uno Stato estero, i soggetti indicati nell’articolo 2 debbono:

a) disporre, in presenza di situazioni di rischiosità, di adeguate procedure per determinare se il soggetto con cui si instaura il rapporto sia una persona politicamente esposta;

b) ottenere, prima di eseguire un’operazione o di avviare un rapporto continuativo o d’affari con tali soggetti, l’autorizzazione del Direttore generale ovvero di colui che svolga una funzione equivalente;

c) adottare ogni misura adeguata per stabilire l’origine del patrimonio o dei fondi impiegati nell’operazione o nel rapporto continuativo o d’affari;

d) assicurare un controllo continuo e rafforzato nel rapporto continuativo o nel rapporto d’affari.

6. E’ vietato aprire o mantenere conti di corrispondenza con una banca di comodo ovvero aprire o mantenere conti di corrispondenza con un ente creditizio che consenta notoriamente ad una banca di comodo di utilizzare i propri conti.

7. E’ vietata l’apertura o la tenuta di conti, depositi o libretti di risparmio anonimi o cifrati o intestati a nomi fittizi o di fantasia.

CAPO VI
Obblighi di registrazione e conservazione

Articolo 32
Contenuto degli obblighi

1. I soggetti di cui all’articolo 2, avuto riguardo ai rapporti continuativi o d’affari instaurati e alle operazioni eseguite, conservano, per un periodo di cinque anni dalla cessazione del rapporto o dall’esecuzione dell’operazione, la copia dei documenti richiesti, le informazioni acquisite, le scritture e le registrazioni eseguite nell’adempimento degli obblighi di adeguata verifica, affinché possano essere utilizzati per qualsiasi indagine o analisi su eventuali operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

2. I soggetti di cui all’articolo 2 dispongono di sistemi che consentano loro di rispondere pienamente e rapidamente a qualsiasi richiesta di informazioni proveniente dall’Autorità di Informazione Finanziaria relativamente alle operazioni e ai rapporti continuativi o d’affari da essi intrattenuti nel corso degli ultimi cinque anni.

3. Gli obblighi di registrazione e di conservazione si estendono ad eventuali succursali dei soggetti indicati nell’articolo 2 situati in altri Stati.

CAPO VII
Autorità ed obblighi di segnalazione

Articolo 33
Autorità di Informazione Finanziaria (AIF)

1. L’Autorità di Informazione Finanziaria (AIF), istituita dal Sommo Pontefice al fine di prevenire e contrastare efficacemente il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo, esercita le proprie funzioni in piena autonomia ed indipendenza. Ad essa sono attribuiti mezzi finanziari e risorse idonei ad assicurare l’efficace perseguimento dei suoi fini istituzionali.

2. L’Autorità ha accesso, anche direttamente, alle informazioni finanziarie, amministrative, investigative e giudiziarie necessarie per assolvere i propri compiti di contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo. Essa ha il potere di effettuare verifiche presso i soggetti di cui all’articolo 2 e di irrogare ai soggetti responsabili, nei casi previsti dalla presente legge, sanzioni amministrative pecuniarie.

3. L’Autorità esegue l’analisi finanziaria delle segnalazioni esaminando ed approfondendo le modalità di svolgimento e gli elementi costitutivi delle operazioni sospette, anche avvalendosi di informazioni comunque in proprio possesso o eventualmente acquisite da altri soggetti ed organi dello Stato, che sono tenuti a fornirle, e comunica al Promotore di Giustizia presso il Tribunale i fatti che, in base alle caratteristiche, entità, natura e a qualsivoglia altra circostanza conosciuta, integrino possibili fattispecie di riciclaggio, autoriciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

4. L’Autorità archivia le segnalazioni che ritiene infondate mantenendone evidenza per dieci anni decorrenti dalla data di archiviazione. Mantiene altresì evidenza, per dieci anni, delle segnalazioni di operazioni sospette inviate al Promotore di Giustizia.

5. L’Autorità di Informazione Finanziaria:

a) sovraintende al rispetto degli obblighi stabiliti in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo ed emana disposizioni di attuazione delle norme contenute nella presente legge, con esclusione di quelle contenute nei Capi II e III; essa ha il potere, altresì, di emanare istruzioni e provvedimenti di carattere particolare nei confronti dei soggetti sottoposti agli obblighi previsti dalla presente Legge;

b) emana ed aggiorna periodicamente indicatori di anomalia al fine di agevolare l’individuazione delle operazioni sospette;

c) riceve le segnalazioni di operazioni sospette e provvede ad effettuarne i necessari approfondimenti ai fini dell’eventuale denuncia al Promotore di Giustizia presso il Tribunale;

d) autorizza i soggetti di cui all’articolo 2 nei casi previsti dalla presente Legge;

e) valuta l’efficacia dei sistemi adottati dai soggetti obbligati per combattere il riciclaggio ed il finanziamento del terrorismo e, ove del caso, suggerisce le modifiche o integrazioni da apportare ai sistemi medesimi;

f) propone le eventuali integrazioni e modificazioni della legislazione in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo;

g) predispone, sentiti i soggetti obbligati, programmi di formazione del personale al fine di far conoscere la normativa vigente e le attività che potrebbero essere connesse al riciclaggio o al finanziamento del terrorismo;

h) compila statistiche in ordine all’applicazione e all’efficacia delle misure amministrative ed organizzative di prevenzione e repressione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo;

i) compie studi in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo ed elabora e diffonde modelli e schemi rappresentativi di comportamenti anomali sul piano economico e finanziario riferibili a possibili attività di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo;

j) trasmette al Segretario di Stato, entro il 30 settembre di ogni anno, un rapporto sull’attività svolta;

k) può sospendere, per un massimo di cinque giorni lavorativi, sempre che ciò non pregiudichi il corso delle indagini, operazioni sospette di riciclaggio, autoriciclaggio o di finanziamento del terrorismo, dandone immediata notizia al Promotore di Giustizia presso il Tribunale;

l) cura i rapporti con gli organismi internazionali e comunitari incaricati di definire politiche e standard in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo.

Articolo 34
Segnalazione di operazioni sospette

1. I soggetti obbligati, anche attraverso la predisposizione di adeguati assetti organizzativi, prestano attenzione ad ogni attività particolarmente atta, per sua natura, ad avere una connessione con il riciclaggio, l’autoriciclaggio o con il finanziamento del terrorismo e sono tenuti a rispondere con tempestività alle richieste su tali materie provenienti dall’Autorità di Informazione Finanziaria.

2. I soggetti indicati nell’articolo 2 sono tenuti ad informare prontamente l’Autorità di Informazione Finanziaria, su richiesta di quest’ultima o di propria iniziativa, quando siano a conoscenza, sospettino o abbiano motivi ragionevoli di sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio, di autoriciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Il sospetto è desunto, avendo a base la capacità economica e l’attività svolta dal soggetto, dalle caratteristiche, entità e natura dell’operazione o da qualsivoglia altra circostanza conosciuta in ragione delle funzioni esercitate.

3. Il contenuto, le modalità di individuazione, anche attraverso l’indicazione di indici di anomalia, e di invio delle segnalazioni sospette è definito dall’Autorità di Informazione Finanziaria.

Articolo 35
Obbligo di astensione

1. I soggetti di cui all’articolo 2 si astengono dall’eseguire le operazioni per le quali sospettino vi sia una relazione con il riciclaggio, l’autoriciclaggio o con il finanziamento del terrorismo e inviano immediatamente all’Autorità di Informazione Finanziaria una segnalazione di operazione sospetta.

2. Qualora l’astensione non sia possibile o possa ostacolare le indagini i soggetti obbligati informano l‘Autorità immediatamente dopo aver eseguito l’operazione.

Articolo 36
Divieto di comunicazione

1. La segnalazione in buona fede all’Autorità di Informazione Finanziaria delle operazioni sospette e delle informazioni ad esse correlate non comporta alcuna forma di responsabilità per i soggetti obbligati ovvero per i loro dipendenti o amministratori, per qualsivoglia titolo, né costituisce violazione degli obblighi di segretezza inerenti a restrizioni alla comunicazione di informazioni imposte in sede contrattuale o da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative.

2. I soggetti obbligati, nonché i loro amministratori, dipendenti, consulenti e collaboratori legati da qualsivoglia rapporto non possono comunicare al soggetto interessato o a terzi la segnalazione di operazioni sospette o anche notizie inerenti le segnalazioni medesime o l’esistenza di procedimenti amministrativi o penali in materia di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

3. Dal divieto di cui al comma che precede sono escluse le comunicazioni all’Autorità di Informazione Finanziaria e all’Autorità Giudiziaria, inquirente o giudicante, ai fini dello svolgimento dei compiti istituzionali di relativa pertinenza.

4. L’avvenuta archiviazione della segnalazione è comunicata dall’Autorità di Informazione Finanziaria al segnalante.

5. Il Promotore di Giustizia dà comunicazione all’Autorità di Informazione Finanziaria delle segnalazioni di operazioni sospette non aventi ulteriore corso investigativo.

Articolo 37
Misure di protezione

L’Autorità di Informazione Finanziaria adotta, anche sulla base di protocolli d’intesa con l’Autorità Giudiziaria, inquirente o giudicante, e con qualsivoglia altra Autorità, adeguate misure per assicurare la massima riservatezza dell’identità dei soggetti che effettuano le segnalazioni di operazioni sospette.

CAPO VIII
Dati informativi in materia di trasferimento di fondi

Articolo 38
Obblighi in materia di trasferimento di fondi

1. Le norme del presente Capo, emanate tenendo conto dei principi e delle regole vigenti nell’ordinamento europeo, si applicano ai trasferimenti di fondi in qualsiasi valuta, inviati o ricevuti, da un prestatore di servizi di pagamento. Esse sono volte a prevenire, investigare e individuare casi di riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo.

2. Sono stabilite norme riguardanti gli obblighi del prestatore dei servizi di pagamento dell’ordinante e del beneficiario e, altresì, gli obblighi dei prestatori intermediari di servizi di pagamento.

3 Per i trasferimenti di fondi restano fermi gli obblighi di verifica della completezza dei dati informativi relativi all’ordinante nonché quelli relativi alla loro registrazione e conservazione.

4. L’Autorità di Informazione Finanziaria, conformemente ai principi contenuti nel Regolamento (CE) 15 novembre 2006, n. 1781/2006, emana disposizioni di attuazione delle disposizioni contenute nel presente Capo.

CAPO IX
Controlli sul denaro contante in entrata o in uscita dallo Stato

Articolo 39
Obbligo di dichiarazione, registrazione e conservazione

1. Ogni persona fisica che entra o esce dallo Stato trasportando denaro contante di importo pari a quello stabilito dalla disciplina vigente nell’ordinamento europeo deve dichiarare tale somma in forma scritta all’Autorità di Informazione Finanziaria.

2. La dichiarazione di cui al comma 1 contiene:

a) i dati identificativi del dichiarante, del proprietario e del destinatario del denaro contante;

b) l’importo del denaro contante e la sua origine;

c) l’itinerario seguito.

3. Le informazioni contenute nella predetta dichiarazione debbono essere registrate e conservate per un periodo di cinque anni.

4. L’Autorità di Informazione Finanziaria effettua controlli sul rispetto degli obblighi previsti dal presente Capo ed irroga, in caso di loro violazione, sanzioni amministrative pecuniarie.

CAPO X
Tutela della riservatezza

Articolo 40
Segreto d’ufficio

Tutte le notizie, le informazioni e i dati in possesso, in ragione della loro attività, dei soggetti indicati nell’articolo 2, dei loro amministratori, dipendenti, consulenti e collaboratori legati da qualsivoglia rapporto sono coperti da segreto d’ufficio nei confronti di chiunque ad eccezione dell’Autorità di Informazione Finanziaria e dell’Autorità Giudiziaria, inquirente e giudicante, quando, per quest’ultima, le informazioni richieste siano necessarie per le indagini o per i procedimenti relativi a violazioni sanzionate penalmente.

CAPO XI
Cooperazione internazionale

Articolo 41
Cooperazione in materia di prevenzione e repressione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo

1.L’Autorità di Informazione Finanziaria scambia a condizioni di reciprocità e, di norma, sulla base di memorandum di intesa, informazioni in materia di operazioni sospette e collabora con Autorità di altri Stati che perseguono le medesime finalità di prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo.

2. Il segreto d’ufficio e le eventuali restrizioni alla comunicazione di informazioni rivenienti da obblighi contrattuali o da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative non sono di ostacolo all’adempimento degli obblighi di cui al comma che precede.

3. L’Autorità di Informazione Finanziaria, conformemente a quanto stabilito dalla Decisione 2000/642/GAI e da altre fonti internazionali, disciplina gli ambiti di utilizzo delle informazioni ricevute dalle Unità di Informazione Finanziaria (FIU) di altri Stati.

CAPO XII
Sanzioni

Articolo 42
Sanzioni amministrative pecuniarie

1. Nei casi di violazione degli obblighi di cui agli articoli 2, comma 2, 25, commi 1, 2, 4 e 5, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 34, 35, 36, 38, 39, 40 e di quelli contenuti nei provvedimenti e nelle disposizioni di attuazione generali o particolari, l’Autorità di Informazione Finanziaria applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 ad euro 250.000.

2. La sanzione, secondo la procedura prevista dalla legge 14 dicembre 1994, n. CCXVII, è irrogata ai soggetti sottoposti agli obblighi di cui alla presente legge, siano essi persona fisica o giuridica, ente ed organismo di qualsivoglia natura.

3 Il soggetto sanzionato, diverso dalla persona fisica, è tenuto ad esercitare il regresso nei confronti degli autori della violazione.

CAPO XIII
Pubblicazione ed entrata in vigore

Articolo 43
Entrata in vigore

La presente legge entra in vigore il 1° aprile 2011.

Il testo della presente legge è stato sottoposto alla considerazione del Sommo Pontefice il 20 dicembre 2010.



L’originale della legge medesima, munito del sigillo dello Stato, sarà depositato nell’Archivio delle leggi dello Stato della Città del Vaticano ed il testo corrispondente sarà pubblicato nel Supplemento degli Acta Apostolicae Sedis, mandandosi a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare.



Città del Vaticano, 30 dicembre 2010

GIOVANNI Card. LAJOLO, Presidente

Visto

Il Segretario Generale del Governatorato

+ Carlo Maria Viganò



ALLEGATO

Articolo 1
Titolare effettivo

1. Per titolare effettivo s’intende:

a) in caso di società:

1) la persona fisica o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedano o controllino un’entità giuridica attraverso il possesso o il controllo diretto o indiretto di una percentuale superiore al 25 per cento delle partecipazioni al capitale sociale o dei diritti di voto in seno a tale entità giuridica, anche tramite azioni al portatore;

2) la persona fisica o le persone fisiche che esercitano in altro modo il controllo sulla direzione di un’entità giuridica;

b) in caso di entità giuridiche, quali le fondazioni, e di istituti giuridici, quali i trust, che amministrano e distribuiscono fondi:

1) se i futuri beneficiari sono già stati determinati, la persona fisica o le persone fisiche beneficiarie del 25 per cento o più del patrimonio di un istituto giuridico o di un’entità giuridica;

2) se le persone che beneficiano dell’entità giuridica non sono state ancora determinate, la categoria di persone nel cui interesse principale è istituita o agisce l’entità giuridica;

3) la persona fisica o le persone fisiche che esercitano un controllo sul 25 per cento o più del patrimonio di un’entità giuridica.

Articolo 2
Persone politicamente esposte

1. Per persone fisiche che occupano o hanno occupato importanti cariche pubbliche s’intendono:

a) i Capi di Stato, i Capi di Governo, i Ministri, i Vice Ministri e i Sottosegretari:

b) i parlamentari;

c) i membri delle Corti supreme, delle Corti costituzionali e di altri organi giudiziari di alto livello le cui decisioni non sono generalmente soggette a ulteriore appello;

d) i membri delle Corti dei conti e dei consigli di amministrazione delle Banche centrali;

e) gli ambasciatori, gli incaricati d’affari e gli ufficiali di alto livello delle forze armate;

f) i membri degli organi di amministrazione, direzione o vigilanza delle imprese possedute dallo Stato.

In nessuna delle categorie sopra specificate rientrano i funzionari di livello medio o inferiore. Le categorie di cui alle lettere da a) ad e) comprendono, laddove applicabili, le posizioni a livello europeo ed internazionale.

2. Per familiari diretti s’intendono:

a) il coniuge;

b) i figli e i loro coniugi;

c) coloro che nell’ultimo quinquennio hanno convissuto con i soggetti di cui alle precedenti lettere;

d) i genitori.

3. Ai fini della individuazione dei soggetti con i quali le persone di cui al comma 1 intrattengono notoriamente stretti legami si fa riferimento a:

a) qualsiasi persona fisica che ha notoriamente la titolarità effettiva congiunta di entità giuridiche o qualsiasi altra stretta relazione d’affari con una persona di cui al comma 1;

b) qualsiasi persona fisica che sia unica titolare effettiva di entità giuridiche o soggetti giuridici notoriamente creati di fatto a beneficio della persona di cui al comma 1.

4. Senza pregiudizio dell’applicazione, in funzione del rischio, degli obblighi rafforzati di adeguata verifica della clientela, quando una persona ha cessato di occupare importanti cariche pubbliche da un periodo di almeno un anno i soggetti destinatari della presente Legge non sono tenuti a considerare tale persona come politicamente esposta.

Articolo 3
Procedure semplificate di adeguata verifica della controparte

1. I soggetti di cui all’articolo 2 della presente legge non sono soggetti agli obblighi di adeguata verifica se il soggetto con cui si instaura il rapporto è un ente creditizio o finanziario situato in un Stato estero, che imponga obblighi equivalenti a quelli previsti dalla presente legge e preveda il controllo del rispetto di tali obblighi.

2. L’Autorità di Informazione Finanziaria può autorizzare i soggetti di cui all’articolo 2 tenuti al rispetto della presente legge a non applicare gli obblighi di adeguata verifica della clientela, in relazione:

a) alle società quotate aventi sede in Stati esteri i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato ai sensi della direttiva 2004/39/CE ovvero sono soggette ad obblighi di comunicazione conformi alla normativa comunitaria;

b) ai titolari effettivi di conti collettivi gestiti da notai o altri liberi professionisti legali di uno Stato estero, purché siano soggetti ad obblighi in materia di lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo conformi agli standard internazionali e al controllo del rispetto di tali obblighi e purché le informazioni sull’identità del titolare effettivo siano accessibili, a richiesta, agli enti che operano quali enti di deposito dei conti collettivi;

c) alle autorità pubbliche nazionali;

o a qualunque altra controparte caratterizzata da uno scarso rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo che soddisfi i criteri tecnici stabiliti a norma dell’articolo 40, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2005/60/CE.

3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, i soggetti di cui all’articolo 2 raccolgono comunque informazioni sufficienti a stabilire se il soggetto con cui si instaura il rapporto possa beneficiare di un’esenzione menzionata in tali commi.

4. L’Autorità di Informazione Finanziaria può autorizzare i soggetti di cui all’articolo 2 della legge a non applicare gli obblighi di adeguata verifica in relazione:

a) ai contratti di assicurazione vita il cui premio annuale non ecceda i 1000 euro o il cui premio unico sia di importo non superiore ai 2500 euro;

b) alla moneta elettronica, nel caso in cui, se il dispositivo non è ricaricabile, l’importo massimo memorizzato sul dispositivo non ecceda 150 euro, oppure nel caso in cui, se il dispositivo è ricaricabile, sia imposto un limite di 2500 euro sull’importo totale trattato in un anno civile, fatta eccezione per il caso in cui un importo pari o superiore a 1000 euro sia rimborsato al detentore nello stesso anno civile ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2000/46/CE; o a qualunque altro prodotto o transazione caratterizzati da uno scarso rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo che soddisfi i criteri tecnici stabiliti a norma dell’articolo 40, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2005/60/CE.

+PetaloNero+
00sabato 8 gennaio 2011 15:35
COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE


Il Segretario di Stato S.Em.za il Cardinale Tarcisio Bertone, nel primo anniversario del terremoto di Haiti, presiederà una celebrazione eucaristica, mercoledì 12 gennaio 2011, alle ore 16.30, nella Basilica Papale di S. Maria Maggiore.
L’iniziativa di commemorare con una Santa Messa le vittime del terribile terremoto è stata promossa dall’Ambasciatore di Haiti presso la Santa Sede e sono stati invitati a partecipare il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede e gli altri Corpi diplomatici presenti a Roma.

+PetaloNero+
00lunedì 10 gennaio 2011 15:37
COMUNICATO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO "COR UNUM"

Visita ad Haiti del Cardinale Robert Sarah, Presidente di Cor Unum,

ad un anno dal terremoto

10-13.01.2011



Ad un anno dal terribile terremoto di Haiti del 12 gennaio 2010, che ha provocato 250.000 morti e un milione di senzatetto, il Santo Padre Benedetto XVI invia ad Haiti il Cardinale Robert Sarah.

Il Presidente di Cor Unum porterà un messaggio del Papa e un aiuto economico alla popolazione così gravemente colpita un anno fa.

Il 10 gennaio farà visita a Léogane ad alcune Comunità religiose: le "Suore di Cristo Re", che hanno visto distrutto il proprio Ospedale; le "Petites Soeurs de Sainte-Thérèse de l’Enfant Jésus" che gestiscono un sanatorio per malati di Aids e tubercolosi; le "Compagnes de Jésus" che avevano un centro anziani e una scuola distrutti dal terremoto: qui poserà la prima pietra de l’Ecole Notre Dame des Anges. Il Cardinal Sarah a nome del Santo Padre porterà un aiuto concreto proveniente dalle offerte ricevute per il terremoto: US$ 800.000 per la ricostruzione delle scuole e US$ 400.000 per la ricostruzione delle chiese.

L’11 gennaio il Presidente di Cor Unum, accompagnato dal Sotto Segretario Mons. Segundo Tejado, incontrerà il Presidente della Repubblica René Préval e visiterà il campo sfollati di Parc Acra dove celebrerà una Santa Messa.

Il 12 gennaio leggerà il Messaggio del Papa durante la Messa di commemorazione ad un anno dal terremoto. Poi incontrerà i Vescovi, i seminaristi. Infine i responsabili delle Caritas e delle Organizzazioni internazionali di volontariato.

L’ultimo appuntamento in terra haitiana, sarà il 13 gennaio, quando celebrerà una Messa nel Convento delle Figlie di Maria "Parideans" che hanno subito la perdita di 15 religiose sotto le macerie e del ferimento grave di altre 12 sorelle.

La visita avrà anche lo scopo di ringraziare tutti coloro che hanno collaborato nell’immane lavoro della fase di emergenza e di rinnovare l’impegno della Chiesa nella ricostruzione, spronando ad una nuova fase di impegno caritativo.













NOTA INFORMATIVA


Sono 178 gli Stati che attualmente intrattengono relazioni diplomatiche piene con la Santa Sede. A questi vanno aggiunti l’Unione Europea ed il Sovrano Militare Ordine di Malta e una Missione a carattere speciale: l’Ufficio dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP).
Per quanto riguarda le Organizzazioni Internazionali, la Santa Sede è presente all’ONU in qualità di "Stato osservatore"; è, inoltre, Membro di 7 Organizzazioni o Agenzie del sistema ONU, Osservatore in altre 8 e Membro o Osservatore in 5 Organizzazioni regionali.
Nel corso del 2010 è stato firmato il 6 aprile un Accordo della Santa Sede con il Land Land Niedersachsen (Germania) che modifica il § 6 dell’Allegato al Concordato del 1965 e regola la posizione giuridica di alcune scuole cattoliche gestite dalle diocesi di Hildesheim, Osnabrück e Münster; lo scambio degli Strumenti di ratifica di tale è Accordo è avvenuto il 28 giugno.
L’8 aprile è stato firmato a Sarajevo in Accordo tra la Santa Sede e la Bosnia ed Erzegovina circa l’assistenza religiosa ai fedeli cattolici, membri delle Forze Armate di Bosnia ed Erzegovina, una prima e significativa applicazione dell’Accordo di Base tra la Santa Sede e la Bosnia ed Erzegovina, che fu firmato a Sarajevo il 19 aprile 2006. Lo scambio degli Strumenti di ratifica dell’Accordo firmato l’8 aprile è avvenuto in Vaticano il 14 settembre.
Il 18 maggio infine, è stato firmato un Accordo fra la Santa Sede e la Città Libera e Anseatica di Amburgo per l'erezione d'un centro di formazione per la Teologia Cattolica e per la Pedagogia della Religione presso l'Università di Amburgo.

Nel corso del secondo incontro del Gruppo Congiunto di Lavoro Vietnam - Santa Sede, che ha avuto luogo in Vaticano dal 23 al 24 giugno 2010, al fine di approfondire le relazioni tra la Santa Sede e il Vietnam, come pure i legami tra la Santa Sede e la Chiesa Cattolica locale, è stata convenuta, come primo passo, la nomina da parte del Papa di un Rappresentante non-residente della Santa Sede presso il Vietnam.
Nel 2010 in tre Paesi africani - Ciad, Malawi e Gabon - si è stabilizzata la presenza della Rappresentanza diplomatica della Santa Sede (con la presenza di Incaricati d’Affari).















+PetaloNero+
00mercoledì 12 gennaio 2011 00:23
DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA, PADRE FEDERICO LOMBARDI, S.I.



Questa sera, S.Ecc.za la Signora Lamia Aly Hamada Mekhemar, Ambasciatore della Repubblica Araba di Egitto presso la Santa Sede, è stata ricevuta in Vaticano da S.Ecc.za Mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede.

Nel corso dell’incontro l’Ambasciatore, che si recherà al Cairo per consultazioni presso il Ministero degli Esteri egiziano, ha fatto presenti le preoccupazioni del Suo Governo nel difficile momento attuale, e ha potuto ricevere le informazioni e raccogliere gli elementi utili per riferire adeguatamente sui recenti interventi del Santo Padre, in particolare sulla libertà religiosa e sulla protezione dei cristiani nel Medio Oriente.

Sottolineando che la Santa Sede partecipa all’emozione dell’intero popolo egiziano, colpito dall’attentato di Alessandria, S.Ecc.za Mons. Mamberti ha assicurato che essa condivide pienamente la preoccupazione del Governo di "evitare l’escalation dello scontro e delle tensioni per motivazioni religiose", ed apprezza gli sforzi che esso fa in tale direzione.

+PetaloNero+
00venerdì 14 gennaio 2011 15:42
DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, P. FEDERICO LOMBARDI, S.I., SULLA DATA DI BEATIFICAZIONE DEL VENERABILE SERVO DI DIO GIOVANNI PAOLO II


Il Rito di Beatificazione del Venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II (Karol Wojtyła) avrà luogo in Vaticano, il 1° maggio 2011, II Domenica di Pasqua, della Divina Misericordia, presieduto dal Sommo Pontefice Benedetto XVI.






NOTA INFORMATIVA DELLA CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI CIRCA L’ITER DELLA CAUSA DI BEATIFICAZIONE DEL VENERABILE SERVO DI DIO GIOVANNI PAOLO II (KAROL WOJTYŁA)


Il giorno 14 gennaio 2011, il Sommo Pontefice Benedetto XVI, durante l’Udienza concessa all’Em.mo Signor Cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha autorizzato lo stesso Dicastero a promulgare il Decreto sul miracolo attribuito all’intercessione del Venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II (Karol Wojtyła). Questo atto conclude l’iter che precede il Rito della beatificazione, la cui data sarà decisa dal Santo Padre.

Com’è noto, la Causa, per Dispensa Pontificia, iniziò prima che fossero trascorsi i cinque anni dalla morte del Servo di Dio, richiesti dalla Normativa vigente. Tale provvedimento fu sollecitato dall’imponente fama di santità, goduta dal Papa Giovanni Paolo II in vita, in morte e dopo morte. Per il resto furono osservate integralmente le comuni disposizioni canoniche riguardanti le Cause di beatificazione e di canonizzazione.

Dal giugno 2005 all’aprile 2007, furono pertanto celebrate l’Inchiesta Diocesana principale romana e quelle Rogatoriali in diverse diocesi, sulla vita, sulle virtù e sulla fama di santità e di miracoli. La validità giuridica dei processi canonici fu riconosciuta dalla Congregazione delle Cause dei Santi con il Decreto del 4 maggio 2007. Nel giugno 2009, esaminata la relativa Positio, nove Consultori teologi del Dicastero diedero il loro parere positivo in merito all’eroicità delle virtù del Servo di Dio. Nel novembre successivo, seguendo l’usuale procedura, la medesima Positio fu poi sottoposta al giudizio dei Padri Cardinali e Vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi, che si espressero con sentenza affermativa.

Il 19 dicembre 2009 il Sommo Pontefice Benedetto XVI autorizzò la promulgazione del Decreto sull’eroicità delle virtù.

In vista della Beatificazione del Venerabile Servo di Dio, la Postulazione della Causa presentò all’esame della Congregazione delle Cause dei Santi la guarigione dal "morbo di Parkinson" di Sr. Marie Simon Pierre Normand, religiosa dell’Institut des Petites Soeurs des Maternités Catholiques.

Come di consueto, i copiosi Atti dell’Inchiesta canonica, regolarmente istruita, unitamente alle dettagliate Perizie medico-legali, furono sottoposti all’esame scientifico della Consulta Medica del Dicastero delle Cause dei Santi il 21 ottobre 2010. I suoi Periti, dopo aver studiato con l’abituale scrupolosità le testimonianze processuali e l’intera documentazione, si espressero a favore dell’inspiegabilità scientifica della guarigione. I Consultori teologi, dopo aver preso visione delle conclusioni mediche, il 14 dicembre 2010 procedettero alla valutazione teologica del caso e, all’unanimità, riconobbero l’unicità, l’antecedenza e la coralità dell’invocazione rivolta al Servo di Dio Giovanni Paolo II, la cui intercessione era stata efficace ai fini della prodigiosa guarigione.

Infine, l’11 gennaio 2011, si è tenuta la Sessione Ordinaria dei Cardinali e dei Vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi, i quali hanno emesso un’unanime sentenza affermativa, ritenendo miracolosa la guarigione di Sr. Marie Pierre Simon, in quanto compiuta da Dio con modo scientificamente inspiegabile, a seguito dell’intercessione del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, fiduciosamente invocato sia dalla stessa sanata sia da molti altri fedeli.
+PetaloNero+
00sabato 15 gennaio 2011 01:00
Decreto di beatificazione di Giovanni Paolo II
Della Congregazione per le Cause dei Santi








CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 14 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito il testo completo del decreto di beatificazione di Papa Giovanni Paolo II della Congregazione per le Cause dei Santi, diffuso dalla “Radio Vaticana”.
* * *


Beatificazione: segno della profondità della fede e invito a una vita pienamente cristiana
La proclamazione di un santo o di un beato da parte della Chiesa è il frutto dell'unione di vari aspetti relativi a una persona specifica. In primo luogo, è un atto che afferma qualcosa di importante nella vita della Chiesa stessa. E' legato a un “culto”, ad esempio nei confronti della memoria della persona, al suo pieno riconoscimento nella coscienza della comunità ecclesiale, del Paese, della Chiesa universale in vari Paesi, continenti e culture. Un altro aspetto è la consapevolezza del fatto che la “presentazione sugli altari” sarà un importante segno della profondità della fede, della diffusione della fede nel percorso di vita di quella persona, e che questo segno diventerà un invito, uno stimolo per tutti noi a una vita cristiana sempre più piena e profonda. La condicio sine qua non, infine, è la santità della vita della persona, verificata durante le precise e formali procedure canoniche. Tutto ciò fornisce il materiale per la decisione del Successore di Pietro, del Papa, in vista della proclamazione di un beato o di un santo, del culto nel contesto della comunità ecclesiale e della sua liturgia.

Il pontificato di Giovanni Paolo II è stato un segno chiaro ed eloquente, non solo per i cattolici, ma anche per l'opinione pubblica mondiale, per gente di ogni colore e credo. La reazione del mondo al suo stile di vita, allo sviluppo della sua missione apostolica, al modo in cui ha sopportato le sue sofferenze, alla decisione di portare avanti il suo ministero petrino fino alla fine come voleva la Provvidenza divina e infine la reazione alla sua morte, la popolarità dell'acclamazione “Santo subito!” che qualcuno ha proposto il giorno del suo funerale: tutto ciò ha solide basi nell'esperienza di aver incontrato la persona che era il Papa. I fedeli hanno sentito, hanno sperimentato che era “un uomo di Dio”, che vedeva davvero i passi concreti e i meccanismi del mondo contemporaneo “in Dio”, nella prospettiva divina, con gli occhi di un mistico che guarda solo a Dio. Era chiaramente un uomo di preghiera, al punto che è dal dinamismo della sua unione personale con Dio, dall'ascolto costante di ciò che Dio vuole dire in una situazione concreta che è derivata tutta “l'attività di Papa Giovanni Paolo II”. Chi era più vicino a lui ha potuto verificare che prima di incontrare i suoi ospiti, Capi di Stato, alti rappresentanti della Chiesa o semplici cittadini, Giovanni Paolo II si raccoglieva in preghiera secondo le intenzioni degli ospiti e dell'incontro che stava per avvenire.


1 – Il contributo di Karol Wojtyła al Concilio Vaticano II

Dopo il Vaticano II, durante i pontificati di Paolo VI e di Giovanni Paolo II, il modo di presentazione, e quindi dell'autopresentazione del pontificato, è diventato piuttosto signfiicativo. In occasione del 25° anniversario del pontificato di Giovanni Paolo II, il Ministro degli Esteri italiano ha pubblicato nel 2004 un libro intitolato “Andate in tutto il mondo”. Giancarlo Zizola, un “vaticanista”, ha sottolineato il fatto che “il papato si è guadagnato la cittadinanza nel regno della visibilità pubblica, rompendo il lungo periodo di marginalizzazione del culto religioso in cui era stato tenuto per decreto della società laica, in nome di una visione militante del dogma liberale della separazione tra Stato e Chiesa” (p. 17). Uno storico tedesco, il gesuita Klaus Schatz, parlando di Paolo VI e di Giovanni Paolo II, ha sottolineato il significato del “pontificato in corso” – in conformità con il Vaticano II – più nel senso di un movimento missionario che come polo di unità statico. Schatz si riferisce alla maniera di interpretare la missione papale come una sfida a “confermare i fratelli nella fede” (Lc 22, 32), in un modo legato all'autorità strutturale, ma con un forte tratto spirituale e carismatico, in rapporto alla credibilità personale e radicato in Dio stesso.

Soffermiamoci un momento sul Vaticano II. Il giovane Arcivescovo di Cracovia era uno dei più attivi Padri conciliari. Diede un contributo significativo allo “Schema XIII”, che doveva diventare la Costituzione Pastorale conciliare Gaudium et Spes sulla Chiesa nel mondo moderno, e alla Costituzione Dogmatica Lumen Gentium. Grazie ai suoi studi all'estero, il Vescovo Wojtyła aveva un'esperienza concreta di evangelizzazione e della missione della Chiesa, in Europa occidentale e in altri continenti, ma soprattutto dell'ateismo totalitario in Polonia e in altri Paesi del “blocco sovietico”. Portò tutta questa esperienza nei dibattiti conciliari, che non erano sicuramente conversazioni da salotto, estremamente cortesi ma vuote di contenuti. C'era uno sforzo sostanziale e decisivo di inserire il dinamismo del Vangelo nell'entusiasmo conciliare radicato nella convizione che il cristianesimo è capace di fornire un'“anima” allo sviluppo della modernità e alla realtà del mondo sociale e culturale.

Tutto ciò doveva essere utile per preparare alle future responsabilità del Successore di Pietro. Come disse Giovanni Paolo II, aveva già nella mente la sua prima Enciclica, la Redemptor Hominis, e la portò a Roma da Cracovia. Tutto quello che doveva fare a Roma era mettere per iscritto tutte queste idee. Nell'Enciclica, c'è un ampio invito all'umanità a riscoprire la realtà della Redenzione in Cristo:

“L'uomo (...) rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l'amore, se non s'incontra con l'amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente. E perciò appunto Cristo Redentore - come è stato già detto - rivela pienamente l'uomo all'uomo stesso. (...) l'uomo ritrova la grandezza, la dignità e il valore propri della sua umanità. Nel mistero della Redenzione l'uomo diviene nuovamente 'espresso' e, in qualche modo, è nuovamente creato. (...) L'uomo che vuol comprendere se stesso fino in fondo - non soltanto secondo immediati, parziali, spesso superficiali, e perfino apparenti criteri e misure del proprio essere - deve, con la sua inquietudine e incertezza ed anche con la sua debolezza e peccaminosità, con la sua vita e morte, avvicinarsi a Cristo. Egli deve, per così dire, entrare in Lui con tutto se stesso, deve 'appropriarsi' ed assimilare tutta la realtà dell'Incarnazione e della Redenzione per ritrovare se stesso” (n. 10).

“Questa unione del Cristo con l'uomo è in se stessa un mistero, dal quale nasce 'l'uomo nuovo', chiamato a partecipare alla vita di Dio117, creato nuovamente in Cristo alla pienezza della grazia e della verità (...). Questa è la forza che trasforma interiormente l'uomo, quale principio di una vita nuova che non svanisce e non passa, ma dura per la vita eterna. (...) Questa vita, promessa e offerta a ciascun uomo dal Padre in Gesù Cristo, (...) è in qualche modo compimento di quella 'sorte', che dall'eternità Dio gli ha preparato. Questa 'sorte divina' si fa via, al di sopra di tutti gli enigmi, le incognite, le tortuosità, le curve della 'sorte umana' nel mondo temporale. Se, infatti, tutto ciò porta, pur con tutta la ricchezza della vita temporale, per inevitabile necessità, alla frontiera della morte ed al traguardo della distruzione del corpo umano, appare a noi il Cristo oltre questo traguardo: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me..., non morrà in eterno” (n. 18).



2 – “Totus Tuus”, fiducia in Maria Madre di Dio

La vita di Giovanni Paolo II è stata totalmente dedicata al servizio del Signore, attraverso l'intercessione della Madre. Il suo motto era “Totus Tuus”, per il bene della Chiesa e per quello dell'uomo che è sulla via della Chiesa (Redemptor Hominis, n° 14). Questa è la “raison d’être” dei viaggi apostolici internazionali, degli incontri quotidiani con la gente, con gli incaricati delle comunità ecclesiali, con i Cardinali e i Vescovi, con i capi delle altre Chiese e delle comunità cristiane, i capi delle altre religioni e i laici. Allo stesso modo, ciò è vero per i documenti scritti del Papa e le relazioni diplomatiche della Santa Sede con gli Stati e le organizzazioni internazionali. La profonda convinzione del valore del Vaticano II – non solo della necessità, ma anche della possibilità, da parte della Chiesa, di portare il Vangelo di Cristo e di costruire su questa base l'esperienza della Chiesa come ispirazione vibrante e stimolante della visione e dei meccanismi del mondo moderno – è stata sempre la convinzione del Papa.

Nel 1989 è caduto il “muro di Berlino”, ma a livello internazionale si poteva sentire la forza distruttiva dei meccanismi commerciali e degli interessi particolari economici e ideologici, sempre più anonimi, che portavano ingiustizia e marginalizzazione a tutti i popoli – e anche di certi gruppi sociali nei Paesi sviluppati –, e in particolare si poteva percepire come la vita umana fosse sottovalutata. Nei suoi tanti viaggi apostolici internazionali nei vari continenti, il Papa ha espresso il Vangelo di Cristo e la preoccupazione della Chiesa. Lo ha scritto in modo più sistematico nelle Encicliche: Laborem Exercens, Sollicitudo Rei Socialis, Centesimus Annus, e anche Evangelium Vitae, Veritatis Splendor, Fides et Ratio, e nelle Encicliche che trattavano direttamente della vita e dell'apostolato della Chiesa, come Dominum et Vivificantem, Redemptoris Missio, Ut Unum Sint, Ecclesia de Eucharistia.


3 – La guerra in Iraq e l'“offensiva di pace”

A volte, come nel caso degli sforzi per evitare la guerra tra gli Stati Uniti e l'Iraq, c'è una vera “offensiva di pace”, non solo per salvare vite umane, ma anche per porre un freno alla crescita dell'odio e delle idee insensate sugli scontri di civiltà, o sul nuovo fenomeno del terrorismo su scala mondiale. Abbiamo quindi il discorso per il nuovo anno al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede e l'indimenticabile febbraio 2002, con la serie di incontri del Papa con diplomatici di “prima categoria”: J. Fischer (7 febbraio), Tarek Aziz (14 febbraio), Kofi Annan (18 febbraio), Tony Blair (22 febbraio), José Maria Aznar e l'inviato di Seyyed Mohammad Khatami, guida della Repubblica Islamica dell'Iran (27 febbraio), e infine, per la situazione umanamente insostenibile, la decisione di inviare il Cardinale Etchegaray in missione speciale a Baghdad (15 febbraio) e il Cardinale Pio Laghi a Washington (3-9 marzo). Il “febbraio del Papa” terminò con l'incontro del Cardinale J.L. Tauran con i 74 ambasciatori e diplomatici di tutto il mondo; come Segretario per i Rapporti con gli Stati, il “Ministro degli Esteri” del Papa, il Cardinal Tauran rivolse un appello per evitare la guerra, e richiamò tutto ciò che il Papa aveva detto nella sua “offensiva di pace”.


4 – Il Giubileo del 2000: una realtà storica per ricordare l'avvento di Gesù di Nazareth

Il compito dell'epoca di Giovanni Paolo II si concentrava sulla pastorale e la vita della Chiesa: le visite ad limina dei Vescovi di tutto il mondo, le udienze del mercoledì e gli incontri domenicali con i fedeli per l'Angelus, le visite pastorali alle parrocchie romane. Tutto avveniva per promuovere la proclamazione di Cristo, per avvicinare a noi la Sua Persona e il fatto che “le parole che Cristo pronunciò nel momento del congedo dagli Apostoli esprimono il mistero della storia dell’uomo, di ciascuno e di tutti, il mistero della storia dell’umanità. Il battesimo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo è un’immersione nel Dio vivo”, “in Colui 'che è, che era e che viene'”. “Il battesimo è l’inizio dell’incontro, dell’unità, della comunione, per cui tutta la vita terrena è soltanto un prologo e un’introduzione; il compimento e la pienezza appartengono all’eternità. 'Passa la figura di questo mondo'. Dobbiamo quindi trovarci 'nel mondo di Dio', per raggiungere il fine, per arrivare alla pienezza della vita e della vocazione dell’uomo” (Cracovia, 10 giugno 1979).

“Proprio questa era una delle cose che stava più a cuore a Giovanni Paolo II: far comprendere con chiarezza che guardiamo a Cristo che viene; che quindi colui che è venuto è molto di più anche colui che viene, e che in questa prospettiva noi viviamo la fede rivolti al futuro. Di questo fa parte che siamo poi veramente capaci di rappresentare il messaggio della fede nuovamente dalla prospettiva di Cristo che viene” (Benedetto XVI, “Luce del mondo”).


Il Grande Giubileo di Redenzione, nel 2000, non era per Giovanni Paolo II un “pretesto” per l'azione pastorale, ma in primo luogo una realtà storica che ci ricordava l'avvento di Gesù di Nazareth e tutto ciò che questo evento storico ha portato, vale a dire Redenzione, la Testimonianza dell'Amore di Dio fino alla Croce e alla Resurrezione, la vita della Chiesa delle origini, la via della salvezza realizzata dal Salvatore con cui Egli ha introdotto la sua Chiesa come segno e strumento di unità interna con Dio e di quella della famiglia umana. Il Giubileo del 2000 ci ricorda la Terra Santa, la terra di Gesù, e Roma, il luogo dell'apostolato del Successore di Pietro, il legame dell'autenticità del messaggio e dell'unità della comunità ecclesiale. Questo messaggio è stato riformulato nelle Lettere Apostoliche Tertio Millennio Adveniente e Novo Millennio Ineunte. Per il Papa, però, ciò che contava di più era il ringraziamento personale e quello dell'intera Chiesa al nostro Signore Gesù e l'incontro nella fede con Colui che ha amato sino alla fine, che ci ha salvati e resta un segno così disperatamente necessario in un mondo che è sempre più sordo e cerca di organizzare la sua vita come se Dio non esistesse, errando così senza identità e senza significato.

5 – Attenzione ai Giovani e significato delle GMG

Giovanni Paolo II era solito valutare i risultati dei viaggi apostolici internazionali con i suoi collaboratori, per capire cosa era andato bene e vedere i cambiamenti da effettuare nei viaggi successivi. Dopo il viaggio in Polonia del 1991, il Papa notò che durante la Messa a Varsavia, nelle zone più lontane, i giovani andavano e venivano, bevevano birra o Coca cola e tornavano. “Non era, notò, come nei viaggi precedenti, c'era stato un cambiamento di mentalità nella società. Non serve guardare i 'primi posti'. I VIP sono sempre seduti allo stesso modo, ma i 'margini' sono importanti e meritano la nostra attenzione”. Si deve notare che il Papa non usava la parola “folla”: ha sempre visto e fatto attenzione alla “gente”. Era molto attento al ruolo dei laici nella vita e nella missione della Chiesa. E' piuttosto significativo che, quando era ancora cappellano universitario a Cracovia, sfruttò un breve periodo di “distensione politica” nel 1957 per organizzare – in collaborazione con l'Arcivescovo di Wroclaw, Boleslaw Kominek – un simposio nella città per più di 100 studenti universitari di tutta la Polonia (per la prima volta da decenni!) proprio sul tema “Il ruolo dei laici nella Chiesa” (ed era anni prima del Vaticano II!). In seguito, durante le vacanze estive, organizzava esercizi spirituali nella casa delle Suore orsoline dell'Unione Romana a Bado Ślaskie per un gruppo leggermente più ristretto dei partecipanti al simposio di Wroclaw, proprio per promuovere la “formazione del laicato”.

Con la creazione delle Giornate Mondiali della Gioventù, il Papa ha dato il suo sostegno a varie forme di attività dei laici nella vita e nella missione della Chiesa, aprendo così la via alle iniziative significative che hanno avuto luogo, alcuni anni dopo, durante il pontificato di Benedetto XVI: lo svolgimento, nel settembre 2010 in Corea, di un importante Congresso per i laici cattolici dell'Asia; gli incontri dei Vescovi africani, che stanno incoraggiando i laici a ricoprire posizioni di responsabilità nei campi dell'evangelizzazione e dell'attività sociale e nella sfera educativa della Chiesa; la presenza significativa dei cattolici laici nella missione continentale dell'America Latina.

Ripercorrendo il suo pontificato, Benedetto XVI sottolinea i cambi generazionali su scala mondiale, e giunge alla stessa conclusione del suo predecessore, dicendo che “i tempi sono cambiati”. Nel frattempo è giunta una nuova generazione, con nuovi problemi. La generazione della fine degli anni Sessanta, con le sue peculiarità, è arrivata e andata via. Anche quella successiva, più pragmatica, sta invecchiando. Oggi bisogna chiedersi: “Come venire a capo di un mondo che minaccia se stesso e nel quale il progresso diviene un pericolo? Non dobbiamo forse nuovamente provare a ricominciare da Dio?” (Luce del mondo). Benedetto XVI lancia così un appello “perché sorga una nuova generazione di cattolici, persone interiormente rinnovate che si impegnino nell'attività politica senza complessi d'inferiorità” (un'idea spesso ripetuta dal Papa, nella fattispecie nel Messaggio per la 46ma Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, 12 ottobre 2010). Egli prosegue auspicando una nuova generazione di buoni intellettuali e scienziati, attenti al fatto che “una prospettiva scientifica diventa pericolosamente angusta, se ignora la dimensione etica e religiosa della vita, così come la religione diventa angusta, se rifiuta il legittimo contributo della scienza alla nostra comprensione del mondo” (Londra, St. Mary’s College, 17 settembre 2010); il Papa chiede una “nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile” (7 settembre 2008).


6 – La semplicità della preghiera di Giovanni Paolo II

Quando richiamiamo ciò che Giovanni Paolo II ha realizzato, i “grandi eventi” si mescolano al ricordo di semplici momenti di preghiera, che sono stati fonte di sorpresa anche per i suoi collaboratori. Ne menzionerò solo due, relativi a due momenti diversi della sua vita. Negli anni Settanta, ero cappellano degli studenti all'Università Cattolica di Lublino. All'inizio dell'anno accademico, l'allora Cardinale di Cracovia venne per partecipare all'Eucaristia nella chiesa universitaria e all'inaugurazione ufficiale della grande Sala, e per il pranzo. Dopo di ciò, il Cardinale era pronto per tornare a Cracovia. Il Rettore dell'Università, padre Krapiec, lo stava accompagnando alla macchina, ma si fermò a parlare con un altro ospite, e quando arrivarono alla macchina il Cardinale era “scomparso”! I dieci secondi di attesa sembrarono dieci secoli. Il Rettore, abituato ad avere tutto sotto controllo, non sapeva dove potesse essere andato. Mi chiese: “Dov'è Wojtyła? Il Cardinale è scomparso! Dov'è?”. Con un sorriso un po' beffardo, mi presi del tempo prima di rispondergli, tanto per prenderlo un po' in giro. Poi gli dissi: “Probabilmente è andato in chiesa”. Andammo lì, ed effettivamente trovammo il Cardinale inginocchiato in preghiera davanti alla Via Crucis.

L'altro ricordo risale al 1999, durante il suo settimo viaggio apostolico in Polonia. Durò 13 giorni, con 22 tappe nel programma, dal nord al sud del Paese. Un programma ben al di là delle possibilità fisiche del Papa. Uno di quei giorni, il programma prevedeva la benedizione del Santuario di Lichen, l'Eucaristia a Bydgoszcz, poi un incontro con gli universitari, la liturgia del Sacro Cuore, in collegamento con la beatificazione di padre Frelichowski in un'altra città, a Toruń, e poi il ritorno a Lichen per la notte. Una giornata ben indaffarata! Dopo cena, il seguito papale andò subito a dormire, ma il Papa si chiuse nella cappella per un momento di preghiera molto lungo. Rimanemmo solo in tre: il Vescovo Chrapek, incaricato della pianificazione della visita per l'episcopato; io, come “assistente”, e il famoso Camillo Cibin, responsabile della sicurezza vaticana. Alla fine il Papa uscì dalla cappella per andare nella sua camera da letto. Cibin mi disse: “Padre Andrea, mi dia una sedia. Ma una dura, di legno, non un sofà, due tazze di caffè, caffè forte, e una mela”. Ciò doveva aiutarlo a passare tutta la notte davanti alla porta della camera dal letto del Papa, che non era del tutto chiusa, per accertarsi che il Pontefice – non solo stanco, ma anche in là con gli anni – respirasse normalmente, o nel caso avesse bisogno di aiuto. La santità personale del Papa era qualcosa che stava al di là e al di sopra della stima di cui godeva tra i suoi più stretti collaboratori, e questo è piuttosto significativo.


7 – Il testamento di Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo II sapeva bene che stiamo sperimentando un momento storico molto complicato, che il Successore di Pietro ha il dovere di confermare nella fede, ma era ugualmente consapevole del fatto che l'aspetto più importante era confidare in Dio. Il testamento che scrisse nel 1979, e che modificava ogni anno, durante gli esercizi spirituali, ce ne dà una testimonianza notevole. Dal 24 febbraio al 1° marzo scrisse:

“24.II – 1.III.1980. Anche durante questi esercizi spirituali ho riflettuto sulla verità del Sacerdozio di Cristo nella prospettiva di quel Transito che per ognuno di noi è il momento della propria morte. Del congedo da questo mondo - per nascere all'altro, al mondo futuro, segno eloquente (aggiunto sopra: decisivo) è per noi la Risurrezione di Cristo. (...) I tempi, nei quali viviamo, sono indicibilmente difficili e inquieti. Difficile e tesa è diventata anche la via della Chiesa, prova caratteristica di questi tempi - tanto per i Fedeli, quanto per i Pastori. In alcuni Paesi (come p.e. in quello di cui ho letto durante gli esercizi spirituali), la Chiesa si trova in un periodo di persecuzione tale, da non essere inferiore a quelle dei primi secoli, anzi li supera per il grado della spietatezza e dell'odio. Sanguis martyrum - semen christianorum. E oltre a questo — tante persone scompaiono innocentemente, anche in questo Paese in cui viviamo...

Desidero ancora una volta totalmente affidarmi alla grazia del Signore. Egli stesso deciderà quando e come devo finire la mia vita terrena e il ministero pastorale. Nella vita e nella morte Totus Tuus mediante l'Immacolata. Accettando già ora questa morte, spero che il Cristo mi dia la grazia per l'ultimo passaggio, cioè la [mia] Pasqua. Spero anche che la renda utile per questa più importante causa alla quale cerco di servire: la salvezza degli uomini, la salvaguardia della famiglia umana, e in essa di tutte le nazioni e dei popoli (tra essi il cuore si rivolge in modo particolare alla mia Patria terrena), utile per le persone che in modo particolare mi ha affidato, per la questione della Chiesa, per la gloria dello stesso Dio”.

Il 5 marzo 1982 aggiunse: “L'attentato alla mia vita, il 13.V.1981, in qualche modo ha confermato l'esattezza delle parole scritte nel periodo degli esercizi spirituali del 1980 (24.II – 1.III)

Tanto più profondamente sento che mi trovo totalmente nelle Mani di Dio - e resto continuamente a disposizione del mio Signore, affidandomi a Lui nella Sua Immacolata Madre (Totus Tuus)”.

E il 17 marzo dell'Anno giubilare del 2000, al n. 3: “Come ogni anno durante gli esercizi spirituali ho letto il mio testamento del 6.III.1979. Continuo a mantenere le disposizioni contenute in esso. Quello che allora, e anche durante i successivi esercizi spirituali è stato aggiunto costituisce un riflesso della difficile e tesa situazione generale, che ha marcato gli anni ottanta. Dall'autunno dell'anno 1989 questa situazione è cambiata. L'ultimo decennio del secolo passato è stato libero dalle precedenti tensioni; ciò non significa che non abbia portato con sé nuovi problemi e difficoltà. In modo particolare sia lode alla Provvidenza Divina per questo, che il periodo della così detta 'guerra fredda' è finito senza il violento conflitto nucleare, di cui pesava sul mondo il pericolo nel periodo precedente” (parole sottolineate dal Papa stesso).



8 – Un aspetto essenziale del nuovo Beato: “Dio è la base di tutti i nostri sforzi”

Anche questo è un aspetto essenziale se si desidera comprendere più a fondo la personalità del nuovo Beato della Chiesa, Karol Wojtyła – Giovanni Paolo II. La base di tutti gli sforzi della nostra vita è in Dio. Siamo coperti dall'amore divino, dai risultati della Redenzione e della Salvezza, ma dobbiamo aiutare la gente a diventare profondamente radicata in Dio stesso; dobbiamo fare tutto il possibile per promuovere atteggiamenti personali e sociali radicati nella realtà di Dio. Ciò richiede pazienza, tempo e la capacità di vedere ogni cosa attraverso gli occhi di Dio.

L'ultimo, breve pellegrinaggio di Papa Giovanni Paolo II in Polonia, più specificamente nella sua “piccola patria”, a Cracovia, Wadowice e alla Via Crucis (di Kalwaria Zebrzydowska), mostrò una determinazione, ma anche un'acuità spirituale “nel processo di maturazione nel tempo”, di modo che tutta l'umanità, soprattutto la comunità ecclesiale e cristiana, potesse comprendere più pienamente alcuni degli aspetti fondamentali della fede. Dall'inizio del suo pontificato, nel 1978, Giovanni Paolo II ha parlato spesso nelle sue omelie della misericordia di Dio. Questo è diventato il tema della sua seconda Enciclica, Dives in Misericordia, nel 1980. Era consapevole del fatto che la cultura moderna e il suo linguaggio non hanno un posto per la misericordia, trattandola come qualcosa di strano; cercano di inscrivere tutto nelle categorie della giustizia e della legge, ma ciò non basta, perché non è la realtà di Dio.


9 – Affidare il mondo alla Divina Misericordia

In seguito, il Papa ha intrapreso alcuni passi per concludere il processo di beatificazione di suor Faustina Kowalska, e la canonizzazione (2000). L'intera comunità ecclesiale è stata condotta a sentire la vicinanza di questa persona così intimamente legata al messaggio della Misericordia; ciò ha favorito lo sviluppo della questione da parte di Giovanni Paolo II, mostrando la realtà della Divina Misericordia nei molti contesti mondiali, in vari continenti, dell'umanità di oggi.

Nell'agosto 2002, infine, a Lagiewniki, dove suor Faustina visse e morì, Giovanni Paolo II affidò il mondo alla Divina Misericordia, alla fiducia illimitata in Dio Misericordioso, all'Unico che è stato fonte di ispirazione, ma anche di forza per il suo servizio come Successore di Pietro. “È lo Spirito Santo, Consolatore e Spirito di Verità, che ci conduce sulle vie della Divina Misericordia. Egli, convincendo il mondo 'quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio' (Gv 16, 8), nello stesso tempo rivela la pienezza della salvezza in Cristo. Questo convincere quanto al peccato avviene in una duplice relazione alla Croce di Cristo. Da una parte lo Spirito Santo ci permette, mediante la Croce di Cristo, di riconoscere il peccato, ogni peccato, nell’intera dimensione del male, che in sé contiene e nasconde. Dall’altra lo Spirito Santo ci permette, sempre mediante la Croce di Cristo, di vedere il peccato alla luce del mysterium pietatis, cioè dell’amore misericordioso e indulgente di Dio (cfr Dominum et vivificantem, 32). E così il 'convincere quanto al peccato' diventa al tempo stesso un convincere che il peccato può essere rimesso e l’uomo può di nuovo corrispondere alla dignità di figlio prediletto di Dio. La Croce, infatti, 'è il più profondo chinarsi della Divinità sull’uomo [ÿ]. La Croce è come un tocco dell’eterno amore sulle ferite più dolorose dell’esistenza terrena dell’uomo' (Dives in misericordia, 8). Questa verità verrà sempre ricordata dalla pietra angolare di questo Santuario, prelevata dal monte Calvario, in un certo modo dal di sotto della Croce sulla quale Gesù Cristo ha vinto il peccato e la morte. (...) Quanto bisogno della misericordia di Dio ha il mondo di oggi! In tutti i continenti, dal profondo della sofferenza umana, sembra alzarsi l’invocazione della misericordia. Dove dominano l’odio e la sete di vendetta, dove la guerra porta il dolore e la morte degli innocenti occorre la grazia della misericordia a placare le menti e i cuori, e a far scaturire la pace. Dove viene meno il rispetto per la vita e la dignità dell’uomo, occorre l’amore misericordioso di Dio, alla cui luce si manifesta l’inesprimibile valore di ogni essere umano. Occorre la misericordia per far sì che ogni ingiustizia nel mondo trovi il suo termine nello splendore della verità. Perciò oggi, in questo Santuario, voglio solennemente affidare il mondo alla Divina Misericordia. Lo faccio con il desiderio ardente che il messaggio dell’amore misericordioso di Dio, qui proclamato mediante Santa Faustina, giunga a tutti gli abitanti della terra e ne riempia i cuori di speranza. Tale messaggio si diffonda da questo luogo nell'intera nostra amata Patria e nel mondo. Si compia la salda promessa del Signore Gesù: da qui deve uscire 'la scintilla che preparerà il mondo alla sua ultima venuta'” (Omelia a Lagiewniki, 17 agosto 2002).


In questo modo, gli ultimi mesi della vita di Papa Giovanni Paolo II, caratterizzati dalla sofferenza, portano a compimento il suo pontificato.

[Traduzione dall'inglese di Roberta Sciamplicotti]



+PetaloNero+
00sabato 15 gennaio 2011 15:46
COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE: L'ORDINARIATO PERSONALE DI NOSTRA SIGNORA DI WALSINGHAM IN INGHILTERRA E GALLES


In conformità con le disposizioni della Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus di Papa Benedetto XVI del 4 novembre 2009 e dopo accurata consultazione con la Conferenza Episcopale di Inghilterra e Galles, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha eretto in data odierna un Ordinariato Personale nel territorio d'Inghilterra e Galles per quei gruppi di pastori e fedeli anglicani che hanno espresso il loro desiderio di entrare nella piena visibile comunione con la Chiesa Cattolica. Il Decreto che istituisce l’Ordinariato specifica che esso sarà denominato Ordinariato Personale di Nostra Signora di Walsingham e avrà come patrono il Beato John Henry Newman.

Un Ordinariato Personale è una struttura canonica che consente una riunione in forma corporativa, così da permettere a coloro che erano anglicani di entrare in piena comunione con la Chiesa Cattolica, conservando elementi del loro caratteristico patrimonio anglicano. Con tale struttura, la Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus mira a comporre da un lato l’intento di salvaguardare, all'interno della Chiesa Cattolica, le venerande tradizioni liturgiche, spirituali e pastorali anglicane e, dall’altro, il fatto che questi nuovi gruppi ed i rispettivi pastori siano pienamente integrati nella Chiesa Cattolica.

Per ragioni dottrinali, la Chiesa non ammette in alcun caso l'ordinazione episcopale di uomini sposati. Nondimeno, la Costituzione Apostolica prevede, a certe condizioni, l'ordinazione come sacerdoti cattolici di ministri sposati già anglicani. Oggi, nella Cattedrale di Westminster a Londra, S.E.R. Mons. Vincent Nichols, Arcivescovo di Westminster, ha ordinato sacerdoti cattolici tre ex-vescovi anglicani: il Rev. Andrew Burnham, il Rev. Keith Newton e il Rev. John Broadhurst.

Ancora, in data odierna, Papa Benedetto XVI ha nominato il Rev. Keith Newton quale primo Ordinario dell'Ordinariato Personale di Nostra Signora di Walsingham. Il Rev. Newton, unitamente al Rev. Burnham e al Rev. Broadhurst, curerà la preparazione catechetica dei primi gruppi di anglicani in Inghilterra e Galles, che a Pasqua saranno ricevuti nella Chiesa Cattolica insieme ai loro pastori, così come l'accompagnamento dei ministri che si stanno preparando ad essere ordinati al sacerdozio cattolico, attorno a Pentecoste.

La normativa di questa nuova struttura è coerente con l'impegno per il dialogo ecumenico, che continua ad essere una priorità per la Chiesa Cattolica. L'iniziativa che ha portato alla pubblicazione della Costituzione Apostolica e all'erezione del suddetto Ordinariato Personale è venuta da diversi gruppi di Anglicani, che hanno dichiarato di condividere la comune fede cattolica così come espressa nel Catechismo della Chiesa Cattolica e di riconoscere il ministero petrino come voluto da Cristo stesso per la Chiesa. Per essi è giunto il momento di esprimere tale unità implicita nella forma visibile della piena comunione.







HOLY SEE PRESS OFFICE STATEMENT ABOUT THE PERSONAL ORDINARIATE OF OUR LADY OF WALSINGHAM IN ENGLAND AND WALES

In accordance with the provisions of the Apostolic Constitution Anglicanorum coetibus of Pope Benedict XVI (November 4, 2009) and after careful consultation with the Catholic Bishops Conference of England and Wales, the Congregation for the Doctrine of the Faith has today erected a Personal Ordinariate within the territory of England and Wales for those groups of Anglican clergy and faithful who have expressed their desire to enter into full visible communion with the Catholic Church. The Decree of Erection specifies that the Ordinariate will be known as the Personal Ordinariate of Our Lady of Walsingham and will be placed under the patronage of Blessed John Henry Newman.

A Personal Ordinariate is a canonical structure that provides for corporate reunion in such a way that allows former Anglicans to enter full communion with the Catholic Church while preserving elements of their distinctive Anglican patrimony. With this structure, the Apostolic Constitution Anglicanorum coetibus seeks to balance on the one hand the concern to preserve the worthy Anglican liturgical, spiritual and pastoral traditions and, on the other hand, the concern that these groups and their clergy will be fully integrated into the Catholic Church.

For doctrinal reasons the Church does not, in any circumstances, allow the ordination of married men as Bishops. However, the Apostolic Constitution does provide, under certain conditions, for the ordination as Catholic priests of former Anglican married clergy. Today at Westminster Cathedral in London, the Most Reverend Vincent Nichols, Archbishop of Westminster, ordained to the Catholic priesthood three former Anglican Bishops: Reverend Andrew Burnham, Reverend Keith Newton, and Reverend John Broadhurst.

Also today Pope Benedict XVI has nominated Reverend Keith Newton as the first Ordinary of the Personal Ordinariate of Our Lady of Walsingham. Together with Reverend Burnham and Reverend Broadhurst, Reverend Newton will oversee the catechetical preparation of the first groups of Anglicans in England and Wales who will be received into the Catholic Church together with their pastors at Easter, and to accompany the clergy preparing for ordination to the Catholic priesthood around Pentecost.

The provision of this new structure is consistent with the commitment to ecumenical dialogue, which continues to be a priority for the Catholic Church. The initiative leading to the publication of the Apostolic Constitution and the erection of this Personal Ordinariate came from a number of different groups of Anglicans who have declared that they share the common Catholic faith as it is expressed in the Catechism of the Catholic Church and accept the Petrine ministry as something Christ willed for the Church. For them, the time has now come to express this implicit unity in the visible form of full communion.










EREZIONE DI ORDINARIATO PERSONALE DI OUR LADY OF WALSINGHAM E NOMINA DEL PRIMO ORDINARIO

In data 15 gennaio 2011, la Congregazione per la Dottrina della Fede, a norma della Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus, ha eretto l’Ordinariato Personale di Our Lady of Walsingham nel territorio della Conferenza Episcopale dell’Inghilterra e Galles.

Nel contempo, il Santo Padre ha nominato primo Ordinario il Rev. Keith Newton.

Rev. Keith Newton
Il Rev. Keith Newton è nato a Liverpool, Regno Unito, il 10 aprile 1952, secondo di due fratelli, è sposato con Gill Donnison dal 25 agosto 1973 ed ha tre figli.
Ha frequentato dapprima la Alsop High School di Liverpool tra il 1963 e il 1970, intraprendendo successivamente gli studi di Teologia al King's College dell'Università di Londra tra il 1970 e il 1973, dove ha conseguito il grado di Bachelor of Divinity e gli è stato poi conferito il titolo di Associate of King's College. Ottenuto il "Post Graduate Certificate of Education" presso il Christ Church College di Canterbury nel 1974, ha proseguito la formazione in vista del sacerdozio nella Chiesa d'Inghilterra al St. Augustine's College di Canterbury.
Ordinato diacono nel 1975 e presbitero nel 1976 per la diocesi anglicana di Chelmsford, ha svolto come primo incarico quello di vicario parrocchiale nella chiesa di St. Mary a Great Ilford. Nel 1978 è stato nominato parroco all'interno del Wimbledon Team Ministry nella diocesi anglicana di Southwark. Dal 1985 al 1991 si è posto a servizio della diocesi di Southern Malawi, nella Provincia anglicana dell'Africa Centrale. Tra il 1986 e il 1991 è stato decano nella Cattedrale di St. Paul a Blantyre, in Malawi. È rientrato nel Regno Unito nel 1991, nella diocesi anglicana di Bristol, ed è stato parroco a Knowle dal 1992 al 2002, nella parrocchia di Holy Nativity.
È stato ordinato Vescovo anglicano il 7 marzo 2002 dall'Arcivescovo di Canterbury, George Carey, svolgendo dal 2002 al 2010 il ministero di Suffragan Bishop of Richborough e l'incarico di Provincial Episcopal Visitor nella Provincia di Canterbury.
Assieme alla moglie, è stato accolto nella piena comunione con la Chiesa Cattolica nella Cattedrale di Westminster il 1° gennaio 2011 da parte di S.E. Mons. Alan Hopes.


Reverend Keith Newton
Reverend Keith Newton was born in Liverpool, United Kingdom, on April 10, 1952, the younger of two brothers. He married Gill Donnison on August 25, 1973 and they have three children.
He was educated at Alsop High School, Liverpool 1963-1970 and went on to read Theology at King’s College in the University of London 1970-73 where he was awarded the degree of Bachelor of Divinity and was made an Associate of Kings College. He gained a Post Graduate Certificate of Education from Christ Church College Canterbury 1974 and continued formation for the Anglican priesthood at St Augustine’s College Canterbury.
He was ordained deacon 1975 and priest 1976 for the Anglican Diocese of Chelmsford and he served his first appointment as curate at St Mary’s, Great Ilford. In 1978 he was appointed a Vicar in the Wimbledon Team Ministry in the Anglican Diocese of Southwark. From 1985-1991 he served in the Diocese of Southern Malawi in the Anglican Province of Central Africa; from 1986-1991 he was the Dean of St Paul’s Cathedral Blantyre, Malawi. In 1991 he returned to the United Kingdom and ministered in the Anglican Diocese of Bristol as Vicar of Holy Nativity, Knowle 1992-2002.
He was ordained bishop on 7th March 2002 by the Archbishop of Canterbury, the Most Revd George Carey, to serve as Suffragan Bishop of Richborough and Provincial Episcopal Visitor in the Province of Canterbury 2002-2010.
He and his wife were received into the full Communion of the Catholic Church at Westminster Cathedral by Bishop Alan Hopes on 1st January 2011.





AVVISO DELL’UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE

Possessi cardinalizi


L’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice dà comunicazione delle Prese di Possesso che avranno luogo nei prossimi giorni:

Sabato 22 gennaio 2011, alle ore 18.30, l’Em.mo Cardinale Paolo Romeo, Arcivescovo di Palermo, prenderà possesso del Titolo di Santa Maria Odigitria dei Siciliani, Via del Tritone, 82.

Sabato 22 gennaio 2011, alle ore 18, l’Em.mo Cardinale Laurent Monsengwo Pasinya, Arcivescovo di Kinshasa, prenderà possesso del Titolo di Santa Maria "Regina Pacis" in Ostia mare, Piazza Regina Pacis, 13.

Domenica 23 gennaio 2011, alle ore 11, l’Em.mo Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, prenderà possesso della Diaconia di San Giorgio in Velabro, Via del Velabro, 19.

Domenica 30 gennaio 2011, alle ore 11.30, l’Em.mo Cardinale Robert Sarah, Presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum", prenderà possesso della Diaconia di San Giovanni Bosco in Via Tuscolana, Viale dei Salesiani, 9.
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