Documenti emanati dai dicasteri e da altri organismi della Curia Romana e della Santa Sede durante il pontificato di Benedetto XVI

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+PetaloNero+
00lunedì 24 gennaio 2011 15:27
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA 45a GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la conferenza stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la 45a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali sul tema: "Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale".
Intervengono: S.E. Mons. Claudio Maria Celli, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali; il Rev.mo Mons. Paul Tighe, Segretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali; il Rev.mo Mons. Giuseppe Antonio Scotti, Segretario aggiunto del medesimo Pontificio Consiglio; il Dott. Comm. Angelo Scelzo, Sotto-Segretario del medesimo Pontificio Consiglio.
Pubblichiamo di seguito l’intervento dell’Arcivescovo Presidente, S.E. Mons. Claudio Maria Celli:


INTERVENTO DI S.E. MONS. CLAUDIO MARIA CELLI

1. Questo Messaggio è in linea di approfondimento con i Messaggi degli ultimi anni

• 2007 - I bambini e i mezzi di comunicazione: una sfida per l’educazione.

• 2008 - I mezzi di comunicazione sociale: al bivio fra protagonismo e servizio. Cercare la Verità per condividerla.

• 2009 - Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia.

Nel 2010, in sintonia con i lavori del Sinodo dei Vescovi, il Messaggio (Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola) ha avuto una marcata relazione con l’annuncio della Parola e la conseguente riflessione sulla esigenza di una vera pastorale nel mondo digitale.

2. Il messaggio di quest’anno prende le mosse da un fatto oggi sempre più evidente: è in atto una vera e vasta trasformazione culturale perché le nuove tecnologie non solo stanno cambiando il modo di comunicare ma la comunicazione in se stessa.

Sta nascendo: "un nuovo modo di apprendere e di pensare, con inedite opportunità di stabilire relazioni e di costruire comunione".

3. Viene sottolineata nuovamente la positività di quanto sta succedendo nel campo della comunicazione.

Il Papa parla di "stupore" di fronte alle "straordinarie potenzialità" della rete Internet sottolineando come essa, se usata saggiamente può "contribuire a soddisfare il desiderio di senso, di verità, e di unità che rimane l’aspirazione più profonda dell’essere umano".

4. Tratteggiando la tematica originata dai social network si ricorda che si favorisce il sorgere di nuove relazioni interpersonali : situazione che pone in rilievo la questione della correttezza del proprio agire nonché l’autenticità del proprio essere.

5. Le nuove tecnologie offrono agli uomini grandi possibilità di incontro, superando i limiti dello spazio e della cultura di appartenenza, e creano la possibilità di dare adito a nuove amicizie nonostante gli inevitabili rischi.

6. Le nuove possibilità relazionali offerte dalle moderne tecnologie mettono in risalto come oggi sia possibile non solo uno scambio di informazioni ma la stessa condivisione della visione del mondo, delle speranze e degli ideali.

Per tale motivo il Papa parla perfino di "uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale", stile che conduce concretamente ad "una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro".

Pertanto il Messaggio sottolinea con chiarezza che in tale contesto comunicare il Vangelo non è solo inserire contenuti dichiaratamente religiosi nelle varie piattaforme, ma anche "testimoniare con coerenza, nel proprio profilo digitale e nel modo di comunicare, scelte, preferenze, giudizi che siano profondamente coerenti con il Vangelo, anche quando di esso non si parla in forma esplicita".

Anche nel mondo digitale "non vi può essere annuncio di un messaggio senza una coerente testimonianza da parte di chi annuncia".

7. "La verità che cerchiamo di condividere non trae il suo valore dalla sua ‘popolarità’, o dalla quantità di attenzione che riceve". Infatti "la Verità del Vangelo non è qualcosa che possa essere oggetto di consumo, o di fruizione superficiale, ma è un dono che chiede una libera risposta".

8. Il Papa invita i cristiani "ad unirsi con fiducia e con consapevole e responsabile creatività nella rete di rapporti che l’era digitale ha reso possibile" perché "questa rete è parte integrante della vita umana". Infatti "il web sta contribuendo allo sviluppo di nuove e più complesse forme di coscienza intellettuale e spirituale, di consapevolezza condivisa".

9. In questo contesto "la proclamazione del Vangelo richiede una forma rispettosa e discreta di comunicazione, che stimola il cuore e muove la coscienza; una forma che richiama lo stile di Gesù risorto quando si fece compagno nel cammino dei discepoli di Emmaus".

10. "La verità che è Cristo è la risposta piena ed autentica a quel desiderio umano di relazione, di comunione e di senso che emerge anche nella partecipazione massiccia ai vari social network".

Per tale motivo i credenti, con la loro testimonianza possono offrire un prezioso contributo "affinché il web non diventi uno strumento che riduce la persona a categorie" facilmente manipolabili.

Così facendo, i credenti "incoraggiano tutti a mantenere vive le eterne domande dell’uomo, che testimoniano il suo desiderio di trascendenza e la nostalgia per forme di vita autentica, degna di essere vissuta".

11. Nel messaggio c’è "una rinnovata valutazione del comunicare, considerato anzitutto come dialogo, scambio, solidarietà e creazione di relazioni positive".

È importante questa visione che semina speranze e segnala strade da seguire.

12. Il Papa mette in collegamento tre aspetti umani importanti della vita odierna: la comunicazione digitale, l’immagine di sé e la coerenza di vita. Le dinamiche comunicative nel mondo digitale suscitano nuovi modi di costruire la propria identità, ed è qui che avviene la chiamata del Santo Padre alla coerenza, all’autenticità. Lui invita a superare "la parzialità dell’interazione, il rischio di cadere in una sorta di costruzione dell’immagine di sé, che può indulgere all’autocompiacimento".

13. Il Papa sottolinea la nostra profonda responsabilità personale, sia nella costruzione del nostro "io", sia nei confronti degli altri:

"Il coinvolgimento sempre maggiore nella pubblica arena digitale, conduce a stabilire nuove forme di relazione interpersonale, influisce sulla percezione di sé e pone quindi, inevitabilmente, la questione non solo della correttezza del proprio agire, ma anche dell’autenticità del proprio essere".

14. "Una persona è sempre coinvolta in ciò che comunica. Quando le persone si scambiano informazioni, stanno già condividendo se stesse, la loro visione del mondo, le loro speranze, i loro ideali. Ne consegue che esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro".

15. Nel messaggio si parla di uno "stile cristiano" di presenza: è ciò che dà significato al titolo stesso del Messaggio, nel senso che la testimonianza di operatori cattolici non può esaurirsi nella semplice trattazione di temi religiosi, ma è chiamata a manifestarsi sul piano della concreta testimonianza personale. La coerenza di vita con il Vangelo è essa stessa una forma di annuncio; una comunicazione esplicita che rende credibile l’annuncio. Più che mai, l’esigenza di far conoscere il Vangelo nella sua integrità deve manifestarsi come un "segno" distintivo dell’era digitale.












COMMUNIQUE ON THE COLLOQUIUM BETWEEN REPRESENTATIVES OF THE HOLY SEE, THE CATHOLIC BISHOPS’ CONFERENCE OF INDIA [CBCI] AND THEOLOGIANS OF INDIA (JANUARY 16-22, 2011)

COOPERATORES VERITATIS - SEEKING THE TRUTH TOGETHER


From January 16 – 22, 2011, a Colloquium was held at St. John’s National Academy of Health Sciences in Bangalore, India, in which a delegation from the Holy See met with twenty-eight members of the Bishops’ Conference of India and twenty-six theologians from various parts of the country. The delegation of the Holy See was led by His Eminence William Cardinal Levada, Prefect of the Congregation for the Doctrine of the Faith, assisted by His Excellency Archbishop Luis Ladaria, S.I., the Secretary of the Congregation, Mons. Charles Scicluna, Promoter of Justice, and three officials. The members of the Indian Episcopate who participated in the Colloquium represented the three Ritual sui iuris Churches in India, led by His Eminence Oswald Cardinal Gracias, the Archbishop of Bombay and President of the Catholic Bishops Conference of India (CBCI). In addition, His Eminence Telesphore Cardinal Toppo, Archbishop of Ranchi and President of the Latin Rite Conference of Catholic Bishops of India (CCBI), His Beatitude Moran Mor Baselios Cleemis, Major Archbishop-Catholicos and President of the Holy Episcopal Synod of the Syro-Malankara Catholic Church, His Excellency Bishop George Punnakottil of the Syro-Malabar Church, Bishop of Kothamangalam and Vice-President of the CBCI, and His Excellency Bishop Joseph Kallarangatt, Bishop of Palai and Chairman of the Doctrinal Commission of the CBCI were among those participating. The theologians who took part were also drawn from the three sui iuris Churches. The Colloquium was the fruit of the longstanding cooperation between the Congregation for the Doctrine of the Faith and the Catholic Bishops Conference of India and was prepared and organized by His Excellency Bishop Thomas Dabre of Poona, who had earlier served as the Chairman of the Doctrinal Commission of the CBCI, with the expert assistance of Father Dominic Veliath, S.D.B., Secretary of the Doctrinal Commission of the CBCI and also member of the International Theological Commission. The Apostolic Nuncio to India, His Grace Archbishop Salvatore Pennacchio also took part in the proceedings.

The annual colloquia between Bishops and theologians in India began in 1996. In a subsequent meeting held in Rome that same year between a number of the Bishops of India and representatives of various Dicasteries of the Holy See, the hope was expressed that, at some point in the future, the Congregation for the Doctrine of the Faith might take part in such a gathering. The Colloquium in Bangalore was the realization of that hope, and was specifically intended as a forum for addressing some of the theological issues facing the Catholic Church in India in a collaborative atmosphere of dialogue and discussion. As is well known, in the great nation of India there are more than a billion human beings, of whom approximately 2.3% are Christians. The Catholic Church in India had its origins in the witness of Saint Thomas the Apostle and received new impetus with the missionary activity of Saint Francis Xavier. Today, Catholics in India, though few in number, make a widely appreciated contribution to the welfare of the country, above all through numerous educational institutions, healthcare facilities, social welfare initiatives and charitable works. It was the specific and unique character of the Catholic Church in India which provided the context for the presentations and discussions during the Colloquium in Bangalore.

In the first part of the Colloquium, theologians addressed questions such as the specific role of the theologian in the Church, theological methodology in the East and in the West, inculturation, Jesus Christ as the one Saviour of all people, the relationship between the Church of Christ and the other religions, the Christian concept of authentic human liberation, the role of the faith community (the "sensus fidelium"), and the distinctiveness of Christian prayer and spirituality. Each theological presentation was followed by lively and sustained dialogue in which all the participants - theologians, Bishops, and representatives of the Holy See – freely offered their contributions to a deeper understanding of the issues at hand. The discussions sought to take account of the Catholic presence in the distinctively Indian context, while at the same time emphasizing the inestimable gift of the universality of the Catholic faith, which is always to be communicated in its integrity and authenticity. The singular importance of the role of the theologian in the Church was stressed, as well as the need, especially when one seeks to elaborate a contextualized theology, to build on a solid theological foundation, always faithful to the teaching authority of the Church.

The second part of the Colloquium was organized for Bishops and the representatives of the Holy See. These days were devoted to various questions relating to the specific role and responsibility of Bishops in the Church, such as the Bishop as teacher of the faith, the functioning of the Doctrinal Commission of the Bishops’ Conference, the formation of future priests and members of religious congregations, and the correct adjudication of the more serious canonical delicts.

The week-long Colloquium was an experience of intense work and fruitful dialogue in which many questions were clarified and valuable initiatives proposed. It is hoped that the fruits of the Colloquium, already felt by the participants in the shared experience of liturgical prayer according to the three ritual expressions of the Catholic Church in India, will continue to benefit not only the Church, but also the wider society in India for years to come.


+PetaloNero+
00sabato 29 gennaio 2011 15:25
MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER GLI OPERATORI SANITARI PER LA 58ma GIORNATA MONDIALE DEI MALATI DI LEBBRA (30 GENNAIO 2011)

Pubblichiamo di seguito il Messaggio del Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute), S.E. Mons. Zygmunt Zimowski, in occasione della 58a Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra che si celebra domani, domenica 30 gennaio 2011:


MESSAGGIO DI S.E. MONS. ZYGMUNT ZIMOWSKI

"Unire i nostri sforzi per esprimere meglio la Giustizia e l’Amore verso i malati di lebbra"

1) Sua Santità Papa Benedetto XVI, nel suo messaggio alla XXV Conferenza Internazionale del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari del novembre scorso, intitolata "Caritas in veritate. Per una cura della salute equa ed umana", ha sottolineato come: "nella nostra epoca" si assista "da una parte ad un’attenzione alla salute che rischia di trasformarsi in consumismo farmacologico, medico e chirurgico, diventando quasi un culto per il corpo, e dall’altra parte, alla difficoltà di milioni di persone ad accedere a condizioni di sussistenza minimali e a farmaci indispensabili per curarsi". È questo un problema che tocca in modo vivo e speciale il mondo dei lebbrosi e questa 58ma Giornata Internazionale di lotta alla Lebbra è in effetti l’occasione per esprimere la "vicinanza e la solidarietà verso tutti i sofferenti di questo male e delle malattie che deturpano il corpo portando ad un quasi insanabile stato di emarginazione".

La Giornata Mondiale di lotta alla Lebbra è una ricorrenza che costituisce al contempo un momento di riflessione per sottolineare ed esprimere gratitudine nei confronti dell’impegno dei milioni fra operatori, professionali e volontari, del mondo della salute, della società, della politica e dell’informazione che hanno aiutato e aiutano i lebbrosi. Ciò a partire dall’offrire la possibilità di una diagnosi tempestiva e poi, come il Buon Samaritano, dando le possibilità di cura ma anche i mezzi di sopravvivenza e di sostentamento a chi si ritrova con un futuro fortemente compromesso dalle disabilità e dalle deturpazioni che la malattia infligge. Dunque, ha proseguito il Santo Padre nel Messaggio, chinandosi "verso l’uomo ferito, abbandonato sul ciglio della strada", adempiendo "quella "giustizia più grande" che Gesù chiede ai suoi discepoli e attua nella sua vita, perché l’adempimento della Legge è l’amore". Tra le persone e gli organismi di buona volontà ai quali desideriamo rivolgere un particolare grazie, per l’impegno verso i malati di lebbra, vi è la Fondazione Raoul Follereau. Una realtà che, scaturita dalla sensibilità, carità e capacità del suo fondatore, ne ha continuata l’opera anche sostenendo la celebrazione di questa Giornata Mondiale che, tra due anni, celebrerà il 60mo della propria istituzione.

2) La lebbra, in effetti, dopo la messa a punto di efficaci terapie farmacologiche si è vista ridurre notevolmente la propria carica letale ma continua a provocare sofferenza, menomazioni ed esclusione sociale. Intorno ad essa prosperano l’ignoranza, la diseguaglianza e la discriminazione che, a loro volta, ne alimentano la diffusione. Ciò attraverso l’incapacità di comprendere l’importanza di un accertamento clinico tempestivo e di accesso ai servizi sanitari eventualmente presenti; l’assoluta impossibilità per alcune popolazioni o comunità di fruire di un sistema sanitario anche minimale, l’emarginazione e il conseguente drastico impoverimento dei nuclei familiari ove si sia verificato un primo caso di contagio. Da un punto di vista sanitario e sociale permane drammatica la carenza di strutture sia per la diagnosi precoce dell’infezione sia per il reinserimento sociale e lavorativo delle persone guarite ma oramai mutilate dal Bacillo di Hansen. Va inoltre promossa in modo ancor più diffuso e capillare l’educazione delle comunità e delle popolazioni affinché si comprenda che chi è guarito non presenta più alcuna minaccia d’infezione per gli altri e che va aiutato nel reinserimento.

È perciò che chiediamo anche a Voi, vittime passate e presenti della lebbra, di impegnarvi ad essere solidali, di pregare per il bene di chi vi è vicino, di chi cerca di portarvi sollievo, ma anche per la salvezza di coloro i quali ‘banchettano’ chiudendo la porta davanti ai bisogni degli altri. Di coloro che vi allontanano chiamandovi "lebbrosi!" senza conoscere né voler conoscere il vostro nome, riconoscere la vostra dignità e la vostra storia. Eppure "anche nel campo della salute, parte integrante dell’esistenza di ciascuno e del bene comune, è importante instaurare una vera giustizia distributiva che garantisca a tutti, sulla base dei bisogni oggettivi, cure adeguate. Di conseguenza, il mondo della salute non può sottrarsi alle regole morali che devono governarlo affinché non diventi disumano" ha inoltre rilevato Sua Santità Papa Benedetto XVI . Come sottolineato nell’Enciclica Caritas in veritate, "la Dottrina Sociale della Chiesa ha sempre evidenziato l’importanza della giustizia distributiva e della giustizia sociale nei vari settori delle relazioni umane. Si promuove la giustizia quando si accoglie la vita dell’altro e ci si assume la responsabilità per lui, rispondendo alle sue attese, perché in lui si coglie il volto stesso del Figlio di Dio, che per noi si è fatto uomo. L’immagine divina impressa nel nostro fratello fonda l’altissima dignità di ogni persona e suscita in ciascuno l’esigenza del rispetto, della cura e del servizio".

3) Ancora in occasione di questa 58ma Giornata Mondiale è giusto ricordare come nella Storia della Chiesa vi siano state persone che si sono molto impegnate fino, in molti casi, a sacrificare la propria vita in favore delle vittime del Morbo di Hansen. Uno dei più recenti, in termini temporali, è il Cardinale canadese Paul-Émile Léger. "Un segno forte dell’azione umanizzante del messaggio di Cristo è senz’altro il Centro Cardinal Léger di Yaoundé" (Cameroun), ha sottolineato Papa Benedetto XVI durante l’udienza generale del 1° aprile 2009 a Piazza S. Pietro. "Ne fu fondatore il Cardinale canadese Paul-Émil Léger, che là volle ritirarsi dopo il Concilio, nel 1968, - ha poi evidenziato il Santo Padre - per lavorare" tra i poveri, i lebbrosi e i portatori di disabilità.

Rimanendo tra il XIX e il XX secolo, desideriamo quindi ricordare il belga San Damien de Veuster della Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, che operò a Molokai (Arcipelago delle Hawaii, USA). "La sua attività missionaria che – ha sottolineato Sua Sanità Papa Benedetto XVI in occasione della canonizzazione di Damiano de Veuster, celebrata nel 2009 - gli ha dato molta gioia" raggiungendo "il suo culmine nella carità… Il servitore della Parola divenne così un servitore sofferente, lebbroso fra i lebbrosi, durante gli ultimi anni della sua vita".

Anche il Beato polacco Jan Beyzym della Compagnia di Gesù che, beatificato nel 2002 dal Venerabile Papa Giovanni Paolo II, si dedicò alle vittime della lebbra, nel suo caso in Madagascar, e riuscì persino a costruire nell’isola un ospedale specialistico tuttora attivo e in grado di ospitare 150 pazienti. La sua vita si distinse per la profonda fede, la sollecitudine samaritana per i più poveri dei poveri. Nella sua esistenza l’evangelizzazione si coniugava con la difesa della dignità dell’essere umano figlio di Dio. Di profonda fede mariana, dedicò l’ospedale che aveva fondato alla Madonna di Częstochowa. "L'opera caritatevole del Beato Giovanni Beyzym – affermò il Venerabile Giovanni Paolo II durante la cerimonia di beatificazione del padre gesuita, tenuta a Cracovia nel 2002 - era iscritta nella sua missione fondamentale: portare il Vangelo a coloro che non lo conoscono. Ecco il più grande dono di misericordia: portare gli uomini a Cristo e permettere loro di conoscerne e gustarne l'amore".

Alla Madonna Santissima, Salute degli Infermi e Consolatrice dei Sofferenti affidiamo tutti i malati di lebbra e tutti coloro i quali se ne prendono cura.

X Zygmunt Zimowski

Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari



+PetaloNero+
00giovedì 3 febbraio 2011 15:45
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA XIX GIORNATA MONDIALE DEL MALATO E DEL SEMINARIO "ASSOCIAZIONISMO SANITARIO CATTOLICO E CULTURA DELLA VITA"

Questa mattina, alle ore 11.30, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si tiene la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la XIX Giornata Mondiale del Malato (11 febbraio 2011).
Nel corso della Conferenza Stampa viene anche presentato il Seminario "Associazionismo sanitario cattolico e cultura della vita", in programma sabato 5 febbraio presso l’Auditorium San Pio X (ingresso Via dell’Ospedale 1), manifestazione di chiusura del 25° anniversario della fondazione del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute).
Intervengono alla Conferenza Stampa di questa mattina: S.E. Mons. Zygmunt Zimowski, Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute); S.E. Mons. José Luis Redrado Marchite, O.H., Segretario del medesimo Pontificio Consiglio; il Rev.mo Mons. Jean-Marie Mpendawatu Mate Musivi, Sottosegretario del medesimo Pontificio Consiglio; e la Dott.ssa Rosa Merola, Consultore del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, Psicologa presso l’Istituto Penitenziario di Rebibbia, Roma.
Riportiamo di seguito il testo dell’intervento del Presidente del Pontificio Consiglio:


INTERVENTO DI S.E. MONS. ZYGMUNT ZIMOWSKI

"Dalle sue piaghe siete stati guariti" (1Pt 2,24). Il messaggio di Sua Santità Papa Benedetto XVI per la XIX Giornata Mondiale del Malato, che si celebrerà venerdì 11 febbraio 2011, intende certamente dare nuovo slancio alla riflessione sul mistero della sofferenza umana alla luce della fede cristiana. Esso al contempo promuove una maggiore sensibilità, all’interno delle comunità cristiane e della società civile, verso i fratelli e le sorelle che vivono in condizioni di sofferenza e di malattia, affinché nessuno venga lasciato solo né privo di cure adeguate.

In questa prospettiva il Papa mette subito in evidenza tre presupposti fondamentali per operare un autentico rinnovamento nella cura della salute, e ciò a partire dalle fasce più deboli delle popolazioni di tutto il mondo.

Il primo riguarda la centralità della persona umana, alla quale si devono attenzione e cura, tanto più se essa si trova in stato di bisogno, di patimento, di emarginazione. Una vicinanza, un sostegno da offrire nel rispetto della dignità del sofferente e nella consapevolezza che nessuno può essere dimenticato o escluso.

In secondo luogo vi è la necessità di un’autentica umanizzazione dell’ambito sanitario. Ciò va fatto superando facili e astratte affermazioni anche perché, come afferma Benedetto XVI nella lettera Enciclica "Spe salvi": "La misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e con il sofferente" (n.38).

Il terzo riguarda l’impegno delle Chiese particolari e il Papa invita le diverse diocesi sparse nel mondo, affinché, in concomitanza con la Giornata Mondiale del Malato, si adoperino perché la cura delle persone sofferenti e malate venga migliorata e resa più efficace.

Nel Suo Messaggio di quest’anno, il Santo Padre invita al contempo ad effettuare una seria riflessione su alcuni temi fondamentali, a partire dal "mistero della sofferenza". Ciò è infatti necessario per poter riconoscere la sorgente della luce, della speranza e trovare la forza di vivere le condizioni di sofferenza, e, d’altro lato, per poter meglio riconoscere le motivazioni e le modalità con cui tutti siamo chiamati a prenderci cura delle persone in stato di malattia e/o di afflizione.

Alcuni temi importanti

a) Lo stesso titolo del Messaggio, tratto dalla prima lettera di San Pietro, è quanto mai significativo: «Dalle sue piaghe siete stati guariti» (1 Pt 2, 24).

È infatti necessario, sottolinea il Santo Padre, partire dal mistero di Dio, rivelato pienamente nel suo Figlio, Gesù Cristo, Crocifisso e Risorto, per poter illuminare, il mistero della nostra umanità, una volta redenta e "risanata", e in essa poter vivere nella speranza la condizione e l’esperienza della sofferenza.

«Il Figlio di Dio – scrive il Papa nel Messaggio - ha sofferto, è morto ma è risorto, e proprio per questo quelle piaghe diventano il segno della nostra redenzione, del perdono e della riconciliazione con il Padre…» (Messaggio per la XIX Giornata Mondiale del Malato, N. 1).

Il Papa Giovanni Paolo II, che istituì nel 1992 la Giornata Mondiale del Malato, nella lettera apostolica "Salvifici Doloris" sviluppò e approfondì proprio questo tema nella prospettiva della "Redenzione" e della "Solidarietà" di Dio.

b) In Gesù Cristo, Crocifisso e Risorto, la sofferenza è vinta nell’amore (SD, NN. 14-28).

Si comprende, così, perché l’Apostolo Paolo, nella prima lettera ai Corinzi, riassuma la "Buona Notizia" del Vangelo nella "Parola della Croce": «Cristo infatti – afferma l’Apostolo – non mi ha mandato a battezzare, ma a predicare il Vangelo: non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo. La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio» (1Cor 1, 17-18).

Nell’epistola ai Galati, egli rileva inoltre: «Sono stato crocifisso con Cristo, e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita, che vivo nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2, 19-20).

c) Ecco che le persone malate e sofferenti sono soggetti ma anche testimoni di un Amore più forte del male ed il Papa, nel Suo Messaggio di quest’anno, si rivolge particolarmente e direttamente ad esse, riconoscendole soggetti attivi di valori nell’ambito sia della comunità cristiana sia della società.

Le esorta a guardare ogni forma di sofferenza e di malattia "attraverso le piaghe di Cristo" per nutrire anche in loro stesse la speranza e la forza e diventare così, pienamente, soggetti attivi e testimoni della fede nella Chiesa nella società con una grande certezza nel cuore: il Signore con la sua risurrezione, anche se non ha tolto la sofferenza e il male dal mondo, li ha già vinti alla radice, nell’attesa di cancellarli totalmente nella sua venuta definitiva.

Dio nel Figlio Suo Gesù "alla prepotenza del male ha opposto la onnipotenza dell’Amore", si è donato a noi per amore e per amore ha preso su di sé le nostre sofferenze per risanarci e salvarci. È anche oggi in comunione con ogni persona malata e sofferente e ciò è per tutti noi motivo e sorgente di speranza, di energie nuove e di consolazione.

d) Lo stato di sofferenza e la Giornata Mondiale del Malato, ha inoltre evidenziato Sua Santità Papa Benedetto XVI nel Messaggio, non riguardano solamente le persone già avanti negli anni e si rivolge ai giovani, specialmente a quelli malati ma anche a quelli in salute, per creare ponti di amore e di solidarietà, a partire dall’Eucaristia. Partire cioè dall’incontrare e dal riconoscere nell’Eucaristia Gesù Cristo, presente e operante, che per amore si dona a noi per renderci partecipi della sua stessa vita. Allo stesso tempo per riconoscerne e servirne la presenza nel volto e nella condizione del prossimo povero, afflitto, debole.

Invita tutti a non aver paura di guardare alla passione e alla Croce di Gesù, ma anzi di vedere nella Croce di Gesù: "il sì di Dio all’uomo", l’espressione più alta e intensa del suo amore e la sorgente di una vita piena ed eterna.

Sempre con il Messaggio per la Giornata Mondiale del Malato quest’anno, il Papa – mentre invita tutti a riconoscere e contemplare, attraverso "il costato aperto del Cristo Crocifisso, il cuore di Dio, manifestazione piena del suo amore" e "fonte perenne della salvezza" – esprime la sua solidarietà e partecipazione con le sofferenze e le speranze che quotidianamente le persone malate vivono in unione a Cristo Crocifisso e Risorto, invocando la pace e la guarigione del cuore.

Il Messaggio si conclude con un appello coinvolgente rivolto a tutti, e in particolare a tutti coloro che più direttamente e con diversi ruoli e responsabilità – e tra questi certamente i volontari ai quali è dedicato l’Anno Europeo da poco inaugurato - sono impegnati nel mondo della salute e nella cura delle persone malate e sofferenti.

A ciascuno, il Papa chiede che, con le proprie specifiche competenze, si adoperi, collaborando con tutti gli altri soggetti, per promuovere una cura della salute più attenta e rispondente ai bisogni reali delle persone, e la realizzazione delle strutture necessarie perché nessuno debba essere escluso dalle cure dovute. Affinché si sappia vedere nei visi dei sofferenti, il Volto dei volti: quello di Cristo.

Per tutti, infine, invoca l’intercessione e l’aiuto della Vergine Maria, "Salute degli infermi" e "Consolatrice dei sofferenti": di Colei alla quale Gesù, dalla Croce, ci ha affidato come figli.











COMUNICATO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELL’UNITÀ DEI CRISTIANI:

DIALOGO FRA LA CHIESA CATTOLICA E LA COMUNIONE ANGLICANA (ARCIC III)


Il dialogo ufficiale tra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana è condotto, per il tramite della Commissione internazionale anglicana-cattolica (Anglican-Roman Catholic International Commission- ARCIC), dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani e dal Department for Unity, Faith and Order della Comunione anglicana. Il dialogo, in corso da quarant’anni, ha ultimato le sue due prime fasi.

I Co-Presidenti e i Co-Segretari della nuova fase di dialogo della Commissione internazionale anglicana-cattolica (ARCIC III) hanno messo a punto un programma per il primo incontro, che sarà ospitato presso il Monastero di Bose, nei pressi di Biella, dal 17 al 27 maggio 2011. La Commissione inizierà i lavori di questa terza fase dietro mandato conferitole da Papa Benedetto XVI e dall’Arcivescovo di Canterbury, il Dott. Rowan William, durante l’incontro che essi hanno avuto a Roma nel novembre del 2009.

I Co-Presidenti sono S.E. Mons. Bernard Longley, Arcivescovo di Birmingham, Inghilterra (cattolico) e l’Arcivescovo David Moxon delle diocesi della Nuova Zelanda (anglicano).

Il compito della terza fase di ARCIC sarà quello di studiare questioni fondamentali riguardanti "La Chiesa come comunione, locale e universale" e "Come, nella comunione, la Chiesa locale e universale giunge a discernere il giusto insegnamento etico". Queste tematiche correlate sono emerse dalla Dichiarazione Comune del Papa e dell’Arcivescovo di Canterbury.

La composizione internazionale di questa nuova fase di ARCIC riflette un ampio spettro di backgrounds culturali ed apporta alla Commissione una considerevole varietà di discipline teologiche.

I MEMBRI ANGLICANI DI ARCIC

Sua Eccellenza David Moxon, Co-Presidente, Vescovo di Waikato e Arcivescovo delle diocesi della Nuova Zelanda nella Provincia di Aotearoa, Nuova Zelanda e Polinesia.

La Dott.ssa Paula Gooder, biblista, Teologa Canonica della Cattedrale di Birmingham, visiting professor al King’s College di Londra, professore associato al St Mellitus College di Londra, professore onorario all’Università di Birmingham e senior research scholar presso la Queen’s Foundation di Birmingham.

Sua Eccellenza Christopher Hill, Vescovo di Guildford e presidente del Council for Christian Unity della Chiesa d’Inghilterra.

Il Rev.do Dott. Mark McIntosh, titolare della Cattedra di Teologia Van Mildert nel Dipartimento di Teologia e Religione dell’Università di Durham in Inghilterra.

Sua Eccellenza Nkosinathi Ndwandwe, Vescovo suffraganeo di Natal, nella Regione meridionale, della Chiesa anglicana dell’Africa del Sud.

Sua Eccellenza Linda Nicholls, Vescovo regionale per il territorio episcopale di Trent-Durham nella diocesi di Toronto, Chiesa anglicana del Canada.

Il Rev.do Dott. Michael Poon, direttore e coordinatore presso il Centro per gli Studi sulla Cristianità in Asia al Trinity Theological College di Singapore, Provincia dell’Asia del sud-est.

Il Rev.do Canonico Nicholas Sagovsky, che ha appena terminato il suo incarico di Teologo Canonico dell’Abbazia di Westminster nella Chiesa d’Inghilterra. Esperto di ecclesiologia, ha lavorato in ARCIC II.

Il Rev.do Dott. Peter Sedgwick, principale e direttore del St Michael’s College di Llandaff della Chiesa del Galles, dove insegna teologia ed etica sociale.

Il Rev.do Dott. Charles Sherlock, consulente di ARCIC III. Ha recentemente terminato il suo incarico di responsabile della segreteria del Melbourne College of Divinity e vive nella diocesi di Bedingo, Chiesa anglicana dell’Australia.

I MEMBRI CATTOLICI DI ARCIC

Sua Eccellenza Mons. Bernard Longley, Co-Presidente, Arcivescovo di Birmingham, Inghilterra. Nel passato, è stato Moderatore del Comitato Direttivo di Churches Together in Gran Bretagna e in Irlanda, e Segretario Generale Aggiunto della Conferenza episcopale cattolica, responsabile per l’ecumenismo e le questioni interreligiose.

Sua Eccellenza Mons. Arthur Kennedy, Vescovo ausiliare dell’Arcidiocesi di Boston, Massachusetts, e Rettore del St John’s Seminary. Nel passato, è stato direttore esecutivo del Segretariato per le questioni ecumeniche e interreligiose della Conferenza episcopale cattolica degli Stati Uniti.

Il Prof. Paul D. Murray, docente presso il Dipartimento di Teologia e Religione dell’Università di Durham e forte sostenitore dell’ecumenismo recettivo.

La Prof.ssa Janet E. Smith, docente di teologia morale e titolare della cattedra P. Michael J. McGivney per le Questioni relative alla Vita presso il Sacred Heart Major Seminary di Detroit, Michigan, e consultore del Pontificio Consiglio per la Famiglia.

Il Rev.do Vimal Tirimanna CSsR, di Colombo, Sri Lanka, docente di teologia morale sistematica presso l’Alphonsianum di Roma.

Il Rev.do Dom Henry Wansbrough OSB, dall’Abbazia di Ampleforth in Inghilterra, biblista e già Redattore Generale della Nuova Bibbia di Gerusalemme.

Suor Teresa Okure SHCJ, decano accademico e docente di Nuovo Testamento presso il Catholic Institute of West Africa, a Port Harcourt, Nigeria.

P. Adelbert Denaux, professore emerito all’Università cattolica di Lovanio in Belgio, dove insegna studi biblici ed ecumenismo. Ha lavorato in ARCIC II.

Il lavoro della Commissione è sostenuto dai Co-Segretari: Mons. Mark Langham (Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani) ed il Canonico Alyson Barnett-Cowan (Anglican Communion Office), come pure dal Canonico Jonathan Goodall, Segretario per le questioni ecumeniche dell’Arcivescovo di Canterbury.

+PetaloNero+
00venerdì 4 febbraio 2011 15:32
COMUNICATO DELLA PREFETTURA DELLA CASA PONTIFICIA: ESERCIZI SPIRITUALI IN VATICANO (13-19 MARZO 2011)


Da domenica 13 a sabato 19 marzo 2011 si terranno in Vaticano gli Esercizi spirituali, con la partecipazione del Santo Padre Benedetto XVI.

Le meditazioni saranno dettate da Padre François-Marie Léthel, dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, Prelato Segretario della Pontificia Accademia di Teologia, sul tema: "La luce di Cristo nel cuore della Chiesa - Giovanni Paolo II e la teologia dei Santi".



+PetaloNero+
00martedì 8 febbraio 2011 15:30
COMUNICATO DEL CONSIGLIO SPECIALE PER IL MEDIO ORIENTE DELLA SEGRETARIA GENERALE DEL SINODO DEI VESCOVI


Dal 20 al 21 gennaio 2011, presso la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi si è svolta la Seconda Riunione del Consiglio Speciale per il Medio Oriente della Segreteria Generale.
Il Segretario Generale, Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Nikola Eterović, ha presieduto i lavori, ai quali hanno preso parte: S.B. il Card. Antonios Naguib, Patriarca di Alessandria dei Copti (Egitto); S. Em. il Card. Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso (Città del Vaticano); S. Em. il Card. Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali (Città del Vaticano); S.B. Ignace Youssif III Younan, Patriarca di Antiochia dei Siri (Libano); S.B. Michel Sabbah, Patriarca emerito di Gerusalemme dei Latini (Gerusalemme); S.E. Mons. Boutros Marayati, Arcivescovo di Aleppo degli Armeni (Siria); S.E. Mons. Joseph Soueif, Arcivescovo di Cipro dei Maroniti (Cipro); S.E. Mons. Béchara Raï, O.M.M., Vescovo di Jbeil dei Maroniti (Libano); S.E. Mons. Antoine Audo, S.I., Vescovo di Aleppo dei Caldei (Siria); S.E. Mons. Shlemon Warduni, Vescovo titolare di Anbar dei Caldei, Vescovo di Curia di Babilonia dei Caldei (Iraq).
Trattenuto negli Stati Uniti d’America per cause di ministero, S.E. Mons. Cyrille Salim Bustros, S.M.S.P., Arcivescovo di Newton dei Greco-Melkiti (Stati Uniti d’America), si è scusato per l’assenza.
L’ordine del giorno prevedeva, tra l’altro, lo studio dei documenti sinodali in vista di una collaborazione diretta alla preparazione del futuro documento pontificio postsinodale.
Prima di passare al lavoro di gruppo, il Segretario generale ha esposto una sintesi degli argomenti trattati nelle Propositiones dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente per offrire al Consiglio un immediato sussidio per il dibattito successivo. Inoltre ha invitato i singoli Membri ad un intervento per illustrare la ricezione del Messaggio (Nuntius) e di altri documenti dell’Assise sinodale nell’attuale situazione ecclesiale e socio-politica.
La situazione ecclesiale nella fase postsinodale entra nei programmai ordinari dei media locali, che svolgono il loro servizio collegandosi direttamente alla rete informatica o alla Radio Vaticana oppure a Noursat e Voix de la Charité.
Il Messaggio e gli altri documenti sinodali sono stati diffusi e talvolta tradotti per promuovere conferenze, studi, dibattiti da parte di clero, religiosi e laici. Il Messaggio è stato recapitato anche a personalità politiche. In Siria si è svolto un Congresso internazionale sullo stato attuale delle relazioni islamo-cristiane soprattutto nei Paesi arabi. Anche a Gerusalemme ha avuto luogo un incontro organizzato per iniziativa del "Jerusalem Center for Jewish-Christian Relations" e dell’"Interreligious Coordinating Council", con partecipazione di cristiani ed ebrei, che ha favorito una informazione più oggettiva sull’Assemblea sinodale. In ambito cristiano si sono svolti incontri ecumenici e sessioni di dialogo islamo-cristiano, con notevole partecipazione anche di Ortodossi. Ora si attende con interesse la pubblicazione dell’Esortazione postsinodale.
Dai contributi dei singoli Membri si è potuto constatare che le condizioni socio-politiche generali restano tese in vari Paesi del Medio Oriente.
Le comunità cristiane soprattutto nei luoghi duramente colpiti da violenze e attentati hanno bisogno di sostegno materiale e morale e hanno diritto di esercitare la loro libertà di culto e di religione. Il rispetto delle comunità cristiane aiuta a spegnere in Medio Oriente eventuali focolai anti cristiani, ad arrestare l’emigrazione dei cristiani dalla regione, loro terra nativa, e favorisce il bene comune.
Di seguito al dibattito generale i Membri del Consiglio si sono divisi in due gruppi linguistici per approfondire la materia trattata e soprattutto per concordare un metodo di studio completo e fedele alle indicazioni dei Padri Sinodali.
Così ai due tavoli di lavoro i Membri del Consiglio hanno analizzato le Proposizioni votate in Aula e gli altri documenti sinodali, compresi quelli diffusi nel periodo presinodale, elaborandone una sintesi ragionata, che poi è stata fissata in uno schema logico comprensivo delle diverse istanze emerse dallo studio sistematico della intera documentazione.
Dopo aver concordato la data della prossima terza riunione del Consiglio nei giorni 30 e 31 marzo 2011, i Membri hanno concluso i lavori con la preghiera affinché per intercessione della Beata Vergine Maria, Regina della Pace, il Medio Oriente e le regioni limitrofe ottengano il dono della pace nella giustizia per tutti.
+PetaloNero+
00giovedì 17 febbraio 2011 16:01
CONFERENZA STAMPA PER LA PRESENTAZIONE DEL BILANCIO DELL’ANNO PAOLINO (28 GIUGNO 2008 - 29 GIUGNO 2009) E DEL VOLUME "L’ANNO PAOLINO"



Questa mattina, alle ore 11.30, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si tiene la Conferenza Stampa per la presentazione del bilancio dell’Anno Paolino (28 giugno 2008 - 29 giugno 2009). Nel corso della Conferenza Stampa viene presentato il volume "L’Anno Paolino", a cura di Graziano Motta.
Intervengono alla Conferenza Stampa il Card. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, Arciprete emerito della Basilica Papale di San Paolo fuori le mura; il Card. Francesco Monterisi, Arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le mura; S.E. Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova Evangelizzazione; il Dott. Gianfranco Marcelli, Vice-Direttore a.p. e Capo della Redazione di Roma di "Avvenire". È presente l’autore del volume "L’Anno Paolino", Dott. Graziano Motta.
Riportiamo di seguito i testi degli interventi di S.E. Mons. Rino Fisichella e del Dott. Gianfranco Marcelli:


INTERVENTO DI S.E. MONS. RINO FISICHELLA

Uno dei paradossi del nostro tempo è determinato dallo scorrere veloce degli avvenimenti. Il nostro contemporaneo preso dalla frenesia del momento sembra essere sempre di più toccato dall’attimo fuggente piuttosto che dal desiderio di conservare. Non è un caso che alcuni autori inizino a parlare di "uomo cinetico"; una persona cioè soggetta al desiderio di compiere tante esperienze senza conservarne alcuna; sempre pronta a modificare il suo stesso stile di vita per saziare quella sete di cambiamento senza sapere, tuttavia, quale fine raggiungere. Uno dei tratti della crisi culturale che stiamo vivendo è rintracciabile in questo orizzonte; incapace a conservare e rendere stabile alcuni avvenimenti, viene meno la stessa funzione della cultura e tutto si trasforma in frammento passeggero senza genuino fondamento. In questo contesto, gli strumenti che aiutano a mantenere forte il senso della memoria storica diventano non solo importanti e urgenti, ma necessari e indispensabili. È in questo senso che si deve dare atto a Graziano Motta di aver realizzato un volume importante. Aver raccolto non solo l’abbondante materiale che ha caratterizzato lo svolgimento dell’anno paolino, ma soprattutto averne composto una sua intelligente sistematizzazione permette di avere oggi tra le mani un prodotto originale che rimarrà negli anni futuri come un punto di riferimento storico fondamentale. Una raccolta di Atti è, di per sé, cosa semplice; qui, però, siamo in presenza di qualcosa decisamente più rimarcabile perché l’autore permette di riportare alla mente, in uno sviluppo tematico, avvenimenti che hanno segnato nella loro progressiva dinamica un anno indimenticabile non solo per la Chiesa, ma per l’intera comunità internazionale che è stata come inondata da una serie di iniziative di diverso carattere. Dalla teologia all’arte, dall’archeologia alla musica, dai pellegrinaggi ai convegni e alle mostre… tutto concorre per consentire alla mente di fissare l’anno paolino come un momento strategico per la stessa vita della Chiesa. Strategico perché ha permesso di riportare alla luce non solo la multiforme ricchezza del pensiero dell’apostolo delle genti con una produzione teologica e bibliografica invidiabile e, probabilmente, mai raggiunta nel passato, ma soprattutto ha evidenziato la sua attualità per la vita della Chiesa nella sua missione evangelizzatrice. È sufficiente riportare un brano del card. Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, primo Arciprete della Basilica, ideatore e instancabile organizzatore del fortunato evento, per comprendere le finalità sottese: "Questa basilica… vuole essere la testimonianza viva e vitale dell’insegnamento e dell’esempio di Paolo per additarlo a tutto il mondo e continuarne l’opera… san Paolo ha lasciato qui non solo la sua memoria storica, ma anche il vigore del suo esempio nell’evangelizzare le genti" (p. 23). È stato proprio così e continuerà ad esserlo in maniera ancora più forte dopo che proprio da questa basilica il 28 giugno 2010 nei Primi Vespri della solennità dei santi Pietro e Paolo, Papa Benedetto XVI ha manifestato la sua intenzione di istituire il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Lo ha voluto fare da questa basilica, già ricca per la sua portata ecumenica, per mostrare quanto l’esempio di Paolo debba suscitare, rinvigorire e rafforzare lo spirito missionario dei cristiani. Siamo convinti che questa basilica dovrà essere ancora di più nel futuro segno evidente della volontà della Chiesa nell’intraprendere il suo cammino di nuova evangelizzazione.

Con ragione, comunque, Graziano Motta può scrivere che la celebrazione dell’anno paolino: "È stata come una spettacolare multicolore esplosione di fuochi d’artificio" (p. 191). A diversi livelli, infatti, si sono succedute celebrazioni di ogni tipo dove la multiformità delle iniziative evidenziava lo stesso denominatore comune: serietà propositiva, dove il rigore del dato scientifico si poteva facilmente coniugare con la passione artistica e lo sforzo organizzativo con la sincera pietà delle centinaia di migliaia di pellegrini accorsi da ogni parte del mondo. Fede, pietà, religiosità popolare, pellegrinaggi, concerti, convegni…per ritrovare una simile ricchezza è necessario ritornare, probabilmente all’anno 2000 con la celebrazione del grande giubileo. In questo caso, comunque, si aggiunge qualcosa di straordinario per la vita della Chiesa e per la stessa storia della basilica: l’accessibilità alla tomba dell’apostolo. La tomba di Paolo, di cui si erano perse le tracce, viene riscoperta e riportata alla luce: in marmo bianco grezzo, una lapide del IV secolo attesta senza ombra di dubbio: Paulo Apostolo Mart(yri). Una scoperta non affatto di secondo ordine che permette di tornare alla fondazione di questa Chiesa di Roma, che da sempre la tradizione ha riconosciuto negli apostoli Pietro e Paolo. È significativo, in questo contesto riprendere le stesse parole di Papa Benedetto XVI a conclusione dell’anno paolino: "Siamo raccolti presso la tomba dell’Apostolo, il cui sarcofago, conservato sotto l’altare papale, è stato fatto recentemente oggetto di un’attenta analisi scientifica: nel sarcofago, che non è stato mai aperto in tanti secoli, è stata praticata una piccolissima perforazione per introdurre una speciale sonda, mediante la quale sono state rilevate tracce di un prezioso tessuto di lino colorato di porpora, laminato con oro zecchino e di un tessuto di colore azzurro con filamenti di lino. È stata anche rilevata la presenza di grani d’incenso rosso e di sostanze proteiche e calcaree. Inoltre, piccolissimi frammenti ossei, sottoposti all’esame del carbonio 14 da parte di esperti ignari della loro provenienza, sono risultati appartenere a persona vissuta tra il I e il II secolo. Ciò sembra confermare l’unanime e incontrastata tradizione che si tratti dei resti mortali dell’apostolo Paolo".

Non è senza emozione che si ripercorrono queste tappe nel volume di Motta. Probabilmente, questo rimarrà come il segno più evidente della celebrazione dell’anno paolino; nello stesso tempo, comunque, è possibile leggere questa scoperta alla luce delle catechesi di Papa Benedetto di cui il volume offre un’ampia sintesi. Proprio l’ultima catechesi può essere significativa in proposito, là dove il Papa afferma: "La figura di san Paolo grandeggia ben al di là della sua vita terrena e della sua morte; egli infatti ha lasciato una straordinaria eredità spirituale. Anch’egli, come vero discepolo di Gesù, divenne segno di contraddizione… resta luminosa davanti a noi la figura di un apostolo e di un pensatore cristiano estremamente fecondo e profondo, dal cui accostamento ciascuno può trarre giovamento. In uno dei suoi panegirici, San Giovanni Crisostomo instaura un originale paragone tra Paolo e Noè, esprimendosi così: Paolo "non mise insieme delle assi per fabbricare un'arca; piuttosto, invece di unire delle tavole di legno, compose delle lettere e così strappò di mezzo ai flutti, non due, tre o cinque membri della propria famiglia, ma l'intera ecumene che era sul punto di perire" (Paneg. 1,5). Proprio questo può ancora e sempre fare l’apostolo Paolo. Attingere a lui, tanto al suo esempio apostolico quanto alla sua dottrina, sarà quindi uno stimolo, se non una garanzia, per il consolidamento dell’identità cristiana di ciascuno di noi e per il ringiovanimento dell’intera Chiesa". Insomma, possiamo avere tra le mani un volume che consente di ripercorrere i momenti salienti dell’anno paolino, ma in modo particolare possiamo accostarci alla figura di Paolo in una forma più moderna. Pagina dopo pagina, infatti, viene incontro una persona viva nella fede del popolo di Dio che vede nell’apostolo dei popoli la forza della grazia che trasforma i cuori e rende disponibile alla sequela.



INTERVENTO DEL DOTT. GIANFRANCO MARCELLI

Sono particolarmente lieto di prendere parte a questo incontro, che vede al centro il prezioso lavoro di un collega dall’esperienza unica – e non solo per la sua durata ormai ben più che cinquantennale! - nel mondo dell’informazione. In proposito direi anzitutto che, se volessimo individuare un elemento simbolico capace di sintetizzare, da solo, l’impatto che l’Anno Paolino ha avuto nella galassia dei mass media, la fatica editoriale portata a termine da Graziano Motta, per la sua densità anche "fisica" (per la sua "corposità" direbbe il Cardinale Bertone), faccia perfettamente al caso nostro.

Accade in effetti che il nostro lavoro di cronisti quotidiani sia esposto, in maniera quasi inevitabile, al rischio di accendere, su eventi di lunga durata come un anno giubilare, fiammate di attenzione anche altissima, alle quali però seguono spesso pause più o meno lunghe di rilassamento, se non di vera e propria noncuranza. C’è dunque sempre il pericolo di perdere di vista lo spessore complessivo dell’evento che si sta vivendo.

Ecco perché questo volume mi sembra offrire un’opportunità unica di "ricapitolazione" di quanto è avvenuto, non solo nei dodici mesi del bimillenario, ma anche in quelli precedenti e, forse soprattutto, in quelli che hanno seguito la solenne cerimonia di chiusura nella Basilica Ostiense, per proiettarsi in concreto fino ad oggi. La fotografia d’insieme che emerge da queste pagine è quella di un avvenimento impressionante per estensione, per capacità di coinvolgimento e per numero dei protagonisti. Non ho difficoltà a rendere pubblico ciò che ho detto privatamente all’autore: "Hai costruito, con pazienza degna di un certosino, un vero monumento all’Anno Paolino".

Prima ho usato volutamente un celebre termine paolino – "ricapitolazione" - al quale tuttavia, come è ben noto, l’Apostolo dava tutt’altro significato che non quello di un semplice "riepilogo". Il disegno divino, ci istruisce la lettera agli Efesini, è quello di "ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra": nel senso, appunto, di dare ad esse, ed anche a noi, un nuovo "caput", un nuovo principio, quasi una nuova partenza in Gesù Cristo.

Ebbene, a giudicare da quanto, fra giugno 2008 e giugno 2009, si è scritto e pubblicato, da quanto si è trasmesso e mandato in onda, da tutto ciò che è stato immesso nei circuiti di internet, in fondo non mi sembra inadatta neanche l’accezione più pregnante della espressione paolina di ricapitolazione. È come se, sotteso all’immensa produzione pubblicistica di quest’anno di grazia, fermentasse il desiderio più o meno consapevole di un nuovo impulso creativo, di un nuovo cominciamento, anche nella comunicazione sui fatti della Chiesa. Azzarderei ancora: è come se lo spirito paolino si fosse rimesso in azione, con le sue caratteristiche tipiche della forza interiore, della spinta unificante e della latitudine universale.

Quanto alla forza dell’impulso interiore, grazie alla minuziosa capacità descrittiva di Motta, ho avuto la sensazione, ripercorrendo attentamente cronache e commenti di quei dodici mesi, che rispetto agli stessi resoconti del Grande Giubileo dell’anno 2000, da parte degli operatori delle comunicazioni sociali ci sia stata magari in questo caso una minore ricerca di emozioni e di momenti di grande impatto simbolico e, invece, una maggiore attenzione ai contenuti e ai significati profondi degli eventi, piccoli e grandi, che si sono succeduti.

Rispetto all’afflato unificante, gli osservatori credo siano concordi nel constatare come durante l’Anno Paolino si siano concentrati, come forse mai prima, momenti straordinari dal punto di vista ecumenico. E Motta ha fatto bene a enfatizzare tanti appuntamenti vissuti in particolare con e dal mondo ortodosso. Del resto come pensare che sia solo frutto del caso, e non invece di un disegno provvidenziale, la triplice presenza a Roma, in quel medesimo arco di tempo, di Bartolomeo I e anche il passaggio del testimone al Patriarcato di Mosca da Alessio II a Kirill I, di cui si conosce l’ampia condivisione di vedute con Roma su temi cruciali per la fede in Europa?

Riguardo infine all’universalità della vicenda che ha interessato il mondo cattolico, al grado di coinvolgimento delle comunità cristiane nella miriade di iniziative messe in campo a livello centrale e locale, mi pare che sia stato ampiamente raccolto l’auspicio manifestato da Papa Benedetto XVI, nell’omelia dei primi vespri nella solennità dei Santi Pietro e Paolo del 2008, quando il Santo Padre disse che "Paolo vuole parlare con noi". È quindi importante che uno straordinario numero di fedeli si sia messo al suo ascolto, anche grazie al contributo dei più diversi mezzi di comunicazione. E che attraverso gli stessi media, la notizia delle iniziative più diverse e più remote sia potuta circolare rapidamente e con efficacia.

A questo proposito, chiudo citando alcune pagine che mi hanno personalmente commosso nel volume di Graziano Motta. Sono quelle in cui, attingendo all’agenzia Fides, si descrivono, immagino solo in piccola parte, le tantissime, entusiaste, coraggiose iniziative messe in atto, in onore e per amore di San Paolo, nello sterminato territorio della Cina continentale. Località sconosciute, diocesi remote, che il bimillenario dell’Apostolo hanno reso vicine per una volta al cuore di tutti noi. Testimonianze di fede che restano come eredità preziosa di un anno davvero speciale.





















COMUNICATO AL TERMINE DEI LAVORI DEL CONSIGLIO DI CARDINALI PER LO STUDIO DEI PROBLEMI ORGANIZZATIVI ED ECONOMICI DELLA SANTA SEDE

Bilancio preventivo consolidato 2011 della Santa Sede,
Bilancio preventivo del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano

Martedì 15 e mercoledì 16 febbraio si è svolta in Vaticano la riunione del Consiglio di Cardinali per lo studio dei problemi organizzativi ed economici della Santa Sede, presieduta dal Segretario di Stato di Sua Santità, l’Em.mo Cardinale Tarcisio Bertone, S.D.B.

La Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede era rappresentata dal Presidente, Sua Em.za il Cardinale Velasio De Paolis, C.S., e dal Ragioniere Generale, Dott. Stefano Fralleoni.

Il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e l'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica erano così rappresentati: Sua Em.za il Cardinale Giovanni Lajolo e Sua Ecc.za Mons. Carlo Maria Viganò, rispettivamente Presidente della Commissione Cardinalizia per lo S.C.V. e Segretario Generale del Governatorato S.C.V.; Sua Em.za il Cardinale Attilio Nicora e Sua Ecc.za Mons. Domenico Calcagno, rispettivamente Presidente e Segretario dell'A.P.S.A.

Su invito del Cardinale Segretario di Stato sono intervenuti, per la materia di loro competenza, il Direttore Generale della Radio Vaticana, P. Federico Lombardi, S.I., e il Dott. Alberto Gasbarri, Direttore Amministrativo.

Sua Em.za il Cardinale Velasio De Paolis ha illustrato, dapprima, il Bilancio preventivo Consolidato 2011 della Santa Sede e, successivamente, il Bilancio preventivo del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano per il medesimo anno.

Com'è noto, l'area di consolidamento riguarda gli Organismi facenti parte della Curia Romana, la Camera Apostolica e le istituzioni "mediatiche" della Santa Sede, vale a dire: la Radio Vaticana, la Tipografia Vaticana — Editrice "L'Osservatore Romano"—, il Centro Televisivo Vaticano e la Libreria Editrice Vaticana.

Il Governatorato, che ha un’Amministrazione indipendente da contributi provenienti dalla Santa Sede o da altre Istituzioni, provvede alle esigenze economiche e alla gestione territoriale dello Stato, fornendo la necessaria struttura di supporto alla Sede Apostolica e alle relative attività.

Il quadro complessivo che emerge dai suddetti Bilanci di previsione, pur in presenza di chiari segnali di ripresa, risente ancora delle incertezze del sistema economico globale, ma anche degli accresciuti costi di gestione. Ciò appare evidente soprattutto per la Santa Sede, la cui insostituibile fonte di sovvenzionamento è costituita dalle libere offerte dei fedeli. I Membri del Consiglio hanno espresso profonda gratitudine per il sostegno che essi danno, spesso in forma anonima, al ministero universale del Santo Padre, esortandoli a perseverare in tale opera di bene.

I Bilanci, come di consueto, sono stati sottoposti a verifica e controllo da parte della Prefettura degli Affari Economici.


+PetaloNero+
00venerdì 18 febbraio 2011 15:55
COMUNICATO: INFORMAZIONI SULLA BEATIFICAZIONE DI PAPA GIOVANNI PAOLO II

La Beatificazione del Servo di Dio Papa Giovanni Paolo Il sarà un grande evento ecclesiale, articolato nei seguenti cinque momenti:

1. - La veglia di preparazione avrà luogo nella sera di sabato 30 aprile prossimo (ore 20.00-21.00: preparazione; ore 21.00-22.30: veglia), al Circo Massimo di Roma, e sarà organizzata dalla Diocesi di Roma, che ebbe il venerabile Servo di Dio come Vescovo.
La veglia sarà guidata dall'Em.mo Cardinale Agostino Vallini, Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, ed il Santo Padre Benedetto XVI si unirà spiritualmente tramite un collegamento video.

2. - La celebrazione della beatificazione, domenica 1° maggio in Piazza San Pietro, avrà inizio alle ore 10.00 e sarà presieduta dal Santo Padre.
La partecipazione non è regolata da singoli biglietti, tuttavia l'accesso alla Piazza e zone adiacenti sarà sotto la tutela della Sicurezza Pubblica.

3. - La venerazione delle spoglie del nuovo Beato sarà possibile a tutti i fedeli la stessa domenica 1° maggio, subito dopo la cerimonia della beatificazione e proseguirà fino ad esaurimento del flusso dei fedeli.
Le spoglie del nuovo Beato saranno esposte per la venerazione nella Basilica di San Pietro, davanti l’Altare della Confessione.

4. - La Messa di ringraziamento è programmata per lunedì 2 maggio, alle ore 10.30 in Piazza San Pietro, e sarà presieduta dall'Em.mo Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato.

5. - La tumulazione delle spoglie del nuovo Beato nella Basilica Vaticana, presso la Cappella di San Sebastiano, avverrà poi in forma privata.

I particolari dei vari momenti saranno resi noti successivamente dagli Uffici interessati.









COMUNICATO DELLA PREFETTURA DELLA CASA PONTIFICIA

La Prefettura della Casa Pontificia, informata dell’esistenza di improprie offerte, soprattutto per internet, di assistenza e di biglietti a pagamento per le Udienze e Cerimonie Pontificie, in particolare per la Beatificazione del Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II, domenica 1° maggio 2011, tiene a precisare quanto segue:

1) Per la Beatificazione di Papa Giovanni Paolo II, non ci sarà bisogno di biglietti, come si era comunicato fin dall’inizio;

2) I biglietti concessi dalla Prefettura della Casa Pontificia, in occasione di Cerimonie Pontificie o di Udienze Generali sono SEMPRE GRATUITI e nessuna persona fisica o ente può pretendere un qualsiasi pagamento.
+PetaloNero+
00sabato 19 febbraio 2011 16:08
PRESENTAZIONE DELL’ANNUARIO PONTIFICIO 2011


L’Annuario Pontificio 2011 è stato presentato al Santo Padre questa mattina, 19 febbraio 2011, dal Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, e da S.E. Mons. Fernando Filoni, Sostituto alla Segreteria di Stato per gli Affari Generali. La redazione del nuovo Annuario è stata curata da Mons. Vittorio Formenti, incaricato dell’Ufficio Centrale di Statistica della Chiesa, dal Prof. Enrico Nenna e dagli altri collaboratori.
Il complesso lavoro di stampa è stato invece curato dal Rev. don Pietro Migliasso S.D.B., dal Comm. Antonio Maggiotto S.D.B. e dal Comm. Giuseppe Canesso S.D.B., rispettivamente Direttore Generale, Direttore Commerciale e Direttore Tecnico della Tipografia Vaticana. Il volume sarà prossimamente in vendita nelle librerie.
Il Santo Padre ha ringraziato per l’omaggio, mostrando vivo interesse per i dati illustrati e pregando di esprimere l’attestazione della Sua sentita gratitudine a tutti coloro che hanno collaborato alla nuova edizione dell’Annuario.
Dalla lettura del volume si possono desumere alcune novità relative alla vita della Chiesa cattolica nel mondo, a partire dal 2010.
Durante tale anno sono state erette dal Santo Padre 10 nuove Sedi Vescovili, 1 Esarcato Apostolico e 1 Vicariato Apostolico; sono state elevate: 1 Diocesi a Sede Metropolitana, 2 Prelature a Diocesi, 2 Prefetture e 1 Amministrazione Apostolica a Vicariati Apostolici.
I dati statistici, riferiti all’anno 2009, forniscono un’analisi sintetica delle principali dinamiche riguardanti la Chiesa Cattolica nelle 2.956 circoscrizioni ecclesiastiche del pianeta.
I fedeli battezzati nel mondo sono passati da 1.166 milioni nel 2008 a 1.181 nel 2009 con un aumento assoluto di 15 milioni di fedeli e percentuale pari all’1,3%. La distribuzione dei cattolici fra i continenti differisce notevolmente da quella della popolazione. L’America, dal 2008 al 2009, ha mantenuto quanto a popolazione, un’incidenza costante sul totale planetario pari al 13,6%; di contro i cattolici hanno raggiunto nei due anni, il 49,4% della popolazione cattolica nel mondo. In Asia la crescita è stata dal 10,6% al 10,7%, ma essa è notevolmente inferiore a quella che il continente ha per quanto riguarda la popolazione mondiale (60,7%). L’Europa ha un peso per la popolazione inferiore di tre punti percentuali a quello dell’America, ma la sua incidenza nel mondo cattolico è quasi la metà di quella dei paesi americani (24%). Tanto per i paesi africani quanto per quelli oceanici il peso della popolazione sul totale è poco dissimile da quello dei cattolici (15,2% e 0,8%, rispettivamente, per l’Africa e Oceania).
Il numero dei Vescovi nel mondo è passato, dal 2008 al 2009, da 5002 a 5065, con un aumento dell’1,3%. Il continente più dinamico risulta quello africano (1,8%), seguito da Oceania (1,5%), mentre al disotto della media complessiva risultano Asia (0,8%) e America (1,2%). Per l’Europa l’incremento si attesta sull’1,3%.
La popolazione sacerdotale rimane sul trend di crescita moderata inaugurata nel 2000, dopo un lungo periodo di risultati piuttosto deludenti. Il numero dei sacerdoti, sia diocesani che religiosi, aumenta, infatti, nel corso degli ultimi dieci anni (+ 1,34% a livello mondiale), passando da 405.178 nel 2000 a 410.593 nel 2009. In particolare, nel 2009, i sacerdoti sono cresciuti dello 0,34% rispetto al 2008. Tale aumento deriva dal decremento di 0,08% del clero religioso e dell’aumento di 0,56% di quello diocesano. Il decremento percentuale ha interessato solo l’Europa (0,82% per i diocesani e 0,99% per i religiosi), dato che negli altri continenti i sacerdoti nel complesso sono aumentati. Tranne che nell’Asia e nell’Africa, il clero religioso è ovunque diminuito.
I diaconi permanenti aumentano di oltre il 2,5%, passando da 37.203 del 2008 a 38.155 del 2009. La presenza dei diaconi migliora in Oceania e in Asia a ritmi elevati: in Oceania, dove i diaconi non raggiungono ancora l’1% del totale, essi aumentano di più del 19%, attestandosi a 346 unità nel 2009 e in Asia fanno registrare un incremento del 16%. Ma essi aumentano anche in aree dove la loro presenza è quantitativamente più rilevante. In America e in Europa, dove al 2009 risiede circa il 98% della popolazione complessiva, i diaconi sono cresciuti, nell’ultimo biennio, rispettivamente dal 2,3% al 2,6%.
Una flessione si è avuta, invece, tra le religiose professe. Nel 2008 esse erano nel mondo 739.068 riducendosi, nel 2009 a 729.371. La crisi quindi rimane, nonostante l’Africa e l’Asia, dove invece c’è un loro aumento.
Il numero dei candidati al sacerdozio nel mondo è cresciuto dello 0,82%, passando da 117.024 unità nel 2008, a 117.978 nel 2009. Gran parte dell’aumento è attribuibile ad Asia e Africa, con ritmi di crescita del 2,39% e del 2,20%, rispettivamente. L’Europa e l’America hanno registrato una contrazione, rispettivamente, dell’1,64% e 0,17% nello stesso periodo.

+PetaloNero+
00martedì 22 febbraio 2011 15:40
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA QUARESIMA 2011



Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre per la Quaresima 2011 sul tema "Con Cristo siete sepolti nel Battesimo, con lui siete anche risorti" (cfr Col 2,12).

Intervengono: l’Em.mo Card. Robert Sarah, Presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum"; Mons. Giampietro Dal Toso, Segretario del Pontificio Consiglio "Cor Unum"; Mons. Segundo Tejado Muñoz, Sotto-Segretario del medesimo Pontificio Consiglio e la Sig.ra Myriam García Abrisqueta, Presidente di Manos Unidas, (Spagna).

Pubblichiamo di seguito gli interventi del Card. Robert Sarah e della Sig.ra Myriam García Abrisqueta:


INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. ROBERT SARAH


"Con Cristo siete sepolti nel Battesimo, con lui siete anche risorti" (cfr Col 2,12). Queste parole, rivolte da san Paolo alla comunità cristiana di Colosse, introducono il tema del Battesimo scelto da Papa Benedetto XVI per il Suo Messaggio per la Quaresima di quest’anno. Il Santo Padre torna di nuovo a citare l’Apostolo dei Gentili per sintetizzare lo scopo di questo sacramento: che "io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti" (Fil 3,10-11).

Il 7 ottobre dello scorso anno, Papa Benedetto mi ha nominato Presidente di Cor Unum, Dicastero della Santa Sede incaricato della presentazione del Suo Messaggio per la Quaresima. Come è ben noto, il principale compito del nostro Pontificio Consiglio è quello di diffondere la catechesi della carità e le iniziative caritative concrete del Sommo Pontefice. Per aiutarci a comprendere il Messaggio di quest’anno e il nesso evidente tra Battesimo e carità che Papa Benedetto desidera sottolineare, concedetemi di accennare a tre eventi di questi ultimi mesi che permetteranno di cogliere meglio tale legame.

Il primo riguarda la "formazione del cuore", che il Papa chiedeva nella Sua prima Enciclica, Deus caritas est (N. 31a): lo scorso novembre, presso il Santuario mariano di Nostra Signora di Jasna Góra in Częstochowa, Polonia, il nostro Dicastero ha organizzato un ciclo di Esercizi Spirituali per i responsabili della Caritas e di altri organismi caritativi cattolici in Europa, proprio come era stato fatto per l’America e per l’Asia, affinché essi potessero essere accompagnati, come ci esorta il Santo Padre "a quell'incontro con Dio in Cristo che susciti in loro l'amore e apra il loro animo all'altro". Il Pontefice prosegue affermando che tale incontro con Cristo, per "conoscere lui" - obiettivo del Battesimo indicato da san Paolo - è possibile attraverso un’intima unione nella preghiera, i sacramenti, la Parola di Dio; tutto ciò nutre la fede che, a sua volta, suscita le opere di carità. La Beata Teresa di Calcutta era solita dire: "Il frutto del silenzio è la preghiera. Il frutto della preghiera è la fede. Il frutto della fede è l’amore".

Potremmo affermare che, mentre questo primo evento riguarda una fondamentale dimensione formativa dell’attività caritativa ad intra, gli altri due si concentrano prettamente sulla sua natura ad extra. Quest’anno, e più precisamente il 12 gennaio, il Santo Padre mi ha chiesto di recarmi, a Suo nome, in Haiti, un anno dopo il devastante terremoto che ha colpito il Paese. Chi non è stato profondamente colpito dalle inesorabili sofferenze delle nostre sorelle e fratelli haitiani? Centinaia di migliaia di persone uccise in un istante: bambini, genitori, fratelli, sorelle, amici e anche sacerdoti, religiosi, seminaristi che, nel terrore e nel dolore, hanno perso la vita, a loro tanto cara quanto a noi. A migliaia sono stati privati di quanto possedevano, ancora incerti su come costruirsi un futuro; case, monumenti, edifici, e anche grandi costruzioni religiose, ridotti in macerie; malattie e infezioni che continuano a devastare esistenze già ampiamente provate.

Soltanto una settimana fa, rientravo da un incontro, in Africa, della Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel, una delle due Fondazioni affidate a Cor Unum per assistere i nostri fratelli sofferenti, mentre l’altra è la Fondazione Populorum Progressio che si occupa delle popolazioni indigene dell’America Latina e dei Caraibi. Il Sahel è la più povera regione del pianeta, che comprende paesi come il Burkina Faso, il Niger, il Ciad, il Senegal e il Mali, i cui abitanti lottano quotidianamente per combattere fame, pestilenze e povertà estrema, dovendo anche affrontare l’invasione del deserto del Sahara, che avanza a grandi passi. Come abbiamo visto in tanti altri Paesi del mondo, tanta miseria conduce all’instabilità politica ed economica, gettando le basi di conflitti e tensioni che producono un circolo vizioso senza fine di sofferenze, soprattutto tra quanti sono più vulnerabili.

In Haiti, Sahel, America Latina e Caraibi, così come in qualunque altro luogo del mondo dove è stato necessario un soccorso concreto, la Chiesa cattolica è sempre stata in prima linea nell’aiuto di emergenza. Quante volte, in caso di catastrofi, abbiamo sentito il Santo Padre fare appello all’intervento materiale della comunità ecclesiale ed internazionale, senza distinzioni di credo, razza o convinzione politica! Soltanto per Haiti, il Papa ha offerto più di due milioni di dollari di aiuti, che si potrebbero forse considerare "gocce nell’oceano" se paragonati alle enormi necessità poste dalla ricostruzione, indispensabile al devastato Paese. E invece quanto è importante per le nostre sorelle e i nostri fratelli sofferenti sapere che il Papa è vicino a loro! Né andrebbe dimenticata la risposta, veramente imponente, alle necessità dei poveri, offerta da secoli da organismi caritativi cattolici, congregazioni religiose, movimenti ed innumerevoli singole persone. In un ambiente mediatico che ama parlare soltanto degli errori commessi dai membri della Chiesa, è necessario far conoscere la carità concreta della Chiesa cattolica. E oggi lancio un appello a far vostra questa iniziativa.

Eppure, sebbene sia importante provvedere alle necessità materiali, da sole, esse non possono garantirci felicità e pace durature. Di fronte ai mali reali che accadono ovunque nel mondo – disastri naturali, malattie, carestie, guerre – siamo certamente obbligati a trovare soluzioni per alleviare concretamente la sofferenza. I governi e gli organismi sovranazionali debbono svolgere il loro ruolo, la corruzione e le strutture di ingiustizia vanno combattute, lo scandalo dell’abisso che esiste tra chi "ha" e chi "non ha" va affrontato; ma Cristo ha fondato la Chiesa per dare molto di più. Sia a livello mondiale che personale, i vari aspetti della sofferenza – la malattia, la solitudine, le difficoltà economiche, i problemi familiari e, per ultimo, il più grande nemico di tutti, che è la morte – richiedono una risposta che può venire soltanto dalla certezza di possedere la vita eterna: che "io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti".

Non è forse questa la promessa che ci è stata fatta nel Battesimo? Il termine che in greco significa battesimo (báptisma) sta ad indicare un’immersione o un tuffo nelle acque battesimali di quello che l’apostolo Paolo chiama "l’uomo vecchio", ovvero di colui che vive secondo la carne (cfr Col 3,9), che esiste solo per se stesso, che si allontana con arroganza dal suo Creatore e chiude egoisticamente gli occhi davanti alle necessità del suo prossimo. Non si tratta di una mera descrizione teologica. Ciascuno di noi può facilmente capire questo "uomo vecchio" perché sperimentiamo direttamente in noi gli effetti della sua natura, riassunti nei sette peccati capitali: superbia, avarizia, invidia, ira, lussuria, gola, accidia. E, come sant’Agostino, che conosceva sin troppo bene tali impulsi negativi, da lui definiti "nodo tortuoso e aggrovigliato" (Confessiones II, 10.18), anche noi, nel profondo del nostro cuore, vogliamo liberarcene: "Te voglio, innocenza e giustizia, bella e preziosa di nobili luci, di sazietà insaziabile. Da te c'è grande quiete" (sant’Agostino, ibidem).

Il Battesimo è "l’incontro con Cristo", scrive Papa Benedetto nel Suo Messaggio, che lava il peccato originale ereditato dai nostri progenitori e ci conferisce una nuova natura, consentendoci di vivere "gli stessi sentimenti di Cristo". Questa "nuova creatura" vive secondo il sentire di Cristo, mediante la vita soprannaturale che riceve nello Spirito Santo. San Paolo elenca i frutti dello spirito di Dio che abita in noi: amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé (Gal 5,22). In fondo al cuore, non desideriamo forse tali frutti nella nostra vita, quelli che soli sono capaci di offrire rimedio duraturo a qualunque sofferenza umana, sia essa personale o universale?

Tale nuova natura, ricevuta nel Battesimo, è fonte da cui scaturiscono specifici atti di carità, a beneficio delle nostre sorelle e dei nostri fratelli: "In Cristo, Dio si è rivelato come Amore", scrive il Papa; il digiuno, l’elemosina e la preghiera ci aiutano a morire alla nostra vecchia natura e ad aprire il nostro cuore a ricevere questa nuova natura di amore di Dio e del prossimo, primo e più grande comandamento della nuova Legge, nonché compendio di tutto il Vangelo (cfr Mt 22,34-40). Sono particolarmente grato per la presenza qui, oggi, della Signora Myriam García Abrisqueta, che illustrerà come tutto questo viene vissuto concretamente all’interno di una delle maggiori organizzazioni caritative cattoliche spagnole, Manos Unidas.

Consentitemi di concludere sottolineando tre elementi del grande dono che Papa Benedetto offre alla Chiesa per questa Quaresima – a livello sia individuale che comunitario – una "bussola" per ravvivare la vita soprannaturale che ci è stata donata nel Battesimo:

1. Prima di tutto, il Santo Padre fissa appuntamenti concreti con eventi e persone specifiche nel corso delle cinque domeniche di Quaresima, proponendoci la Parola di Dio che viene proclamata in quelle occasioni. Così facendo, desidera farci sperimentare un incontro personale con Cristo, risposta ai desideri più profondi della persona umana e del mondo. Quanto sarebbe opportuno soffermarci su questi passaggi delle Scritture - personalmente o comunitariamente - e concederci, durante questi quaranta giorni, di contemplare la Parola di Dio e agire di conseguenza!

2. In secondo luogo, l’incontro con Cristo, nella Sua Parola e nei sacramenti, si manifesta in opere concrete di misericordia. Anche in questo senso, le nostre parrocchie, comunità, organismi educativi e di altro genere, nonché ciascuno di noi, a livello personale, abbiamo la possibilità, in questo tempo propizio, con l’aiuto della grazia di Dio, di cambiare la prospettiva del nostro cuore da una dimensione egoistica a quella dell’amore per il prossimo nel bisogno. Di qui, un impulso per Campagne di Quaresima, che le Conferenze Episcopali del mondo sono chiamate ad organizzare.

3. In terzo luogo, il Papa ci propone il periodo della Quaresima come un "percorso" o un "cammino", un momento per far fruttificare il seme piantato con il Battesimo che, ci dice, rispecchia l’intera esistenza di ogni essere umano, vissuta tra la risurrezione di Cristo e quella di ciascuno di noi. Tale suprema offerta di comunione con Dio nell’eternità informa la vita presente, sia a livello sociale che individuale. Di essa riceviamo un anticipo durante la veglia pasquale, quando sentiamo proclamare che "la luce del Re eterno ha vinto le tenebre del mondo" (Preconio Pasquale).

Cari amici: Dio ci ha destinati all’amore! Per questo dobbiamo nutrire la potenza del dono della vita divina in noi, che ci è stato fatto con il Battesimo. È lì a portata di mano! Ecco l’avventura che ci propone Papa Benedetto per questa Quaresima. A Pasqua, quando raccoglieremo quanto abbiamo seminato, "l’uomo vecchio" che è in noi s’inabisserà. In tal modo, mediante la grazia divina, potremo innalzarci e divenire nuove creature. L’invito papale non è utopia! Permettetemi di concludere con una commovente citazione di un mio compatriota, san Cipriano di Cartagine, primo Vescovo africano a ricevere la corona del martirio, sommo ed irrevocabile dono di vita per amore del nemico. Egli spesso definiva in questo modo il suo percorso di conversione:

"Quando ancora giacevo come in una notte oscura", scriveva alcuni mesi dopo il Battesimo, "mi appariva estremamente difficile e faticoso compiere quello che la misericordia di Dio mi proponeva ... Ero legato dai moltissimi errori della mia vita passata, e non credevo di potermene liberare, tanto assecondavo i vizi e favorivo i miei cattivi desideri ... Ma poi, con l’aiuto dell’acqua rigeneratrice, fu lavata la miseria della mia vita precedente; una luce sovrana si diffuse nel mio cuore; una seconda nascita mi restaurò in un essere interamente nuovo. In modo meraviglioso cominciò allora a dissiparsi ogni dubbio ... Comprendevo chiaramente che era terreno quello che prima viveva in me, nella schiavitù dei vizi della carne, ed era invece divino e celeste ciò che lo Spirito Santo in me aveva ormai generato" (A Donato 3-4).

Vi ringrazio.





INTERVENTO DELLA SIG.RA MYRIAM GARCÍA ABRISQUETA




Prima di tutto e con grande sincerità, permettetemi di ringraziare il Signore per essere qui, alla presentazione del Messaggio di Sua Santità Benedetto XVI per la Quaresima 2011alla Chiesa universale. Per Manos Unidas è stato un grande onore essere stati invitati da Cor Unum ad accompagnare il Dicastero in questa circostanza, e io lo faccio con la gioia e l’emozione suscitate in me dal fatto di poter condividere il tesoro della nostra fede con voi tutti…

Come sottolinea il documento, la Quaresima è un tempo forte per ravvivare – nel senso di vivere di nuovo o vivere più intensamente – la grazia del Battesimo in noi. Dalla fonte del Battesimo sgorga l’acqua della carità – dell’amore gratuito e disinteressato – che, attraverso tanti organismi caritativi ecclesiali, distribuisce doni, beni, aneliti di giustizia e talenti dei fedeli tra tutti i più poveri del mondo. E io vorrei proprio offrire una testimonianza in questo senso.

L’uomo è stato creato da Dio con una dignità immensa. Egli ci ha resi fratelli tra noi e figli suoi; in virtù di tale condizione, ci ha dato un cuore sensibile alle necessità di quanti sono più vicini a noi, ci ha dato un cuore COMPASSIONEVOLE, (che ha la capacità di essere mosso da autentica Passione per l’altro…). E proprio attraverso questo legame di figli di Dio, questa unzione ed elezione attraverso il Battesimo, questo dono dell’Amore che si può spiegare la nascita di Manos Unidas, attraverso un impegno che scaturisce dalla vocazione cristiana.

Circa 50 anni fa, le donne dell’Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche lanciarono un appello che riguardava la fame nel mondo. Con una bellissima espressione di "genio femminile" all’interno della Chiesa, pubblicarono un manifesto in cui si uniscono magistralmente il loro desiderio naturale di donne e l’opera di amore di Dio in loro: si sentono mosse, per loro natura e come madri, a dare e a proteggere la vita e, come donne cattoliche si sentono chiamate da Cristo "a dare testimonianza di un amore universale ed efficace per la famiglia umana"1. A seguito di tale manifesto, le donne dell’Azione Cattolica Spagnola diedero vita alla Campagna contro la Fame, che poi è diventata Manos Unidas.

Non potevano restare indifferenti alle sofferenze di quanti vivevano e morivano senza diritto alla loro piena dignità, alla quale erano stati chiamati.

Si misero così a lavorare con vero spirito di sacrificio e servizio, per fare in modo che in Spagna si sviluppasse una maggiore sensibilità ed amore verso il prossimo. Non pensarono mai di fare qualcosa di diverso da ciò che richiedeva loro la loro condizione di figlie di Dio e questo è quello che pensiamo ancora noi oggi.

Sin dall’inizio capirono di dover lottare contro la fame per mancanza di cibo, quella per carenza di cultura e quella per assenza di Dio. Dovevano farlo partendo dalla sensibilizzazione ed educazione della nostra ricca società, senza però dimenticare l’importanza dei piccoli gesti, dagli atti quotidiani in famiglia fino alla collaborazione con gli organismi internazionali. Questa lotta andava portata avanti anche attraverso progetti concreti di sviluppo, nei quali la dimensione dell’amore fosse sempre presente, in quanto, sin dalle origini, abbiamo sempre pensato che il vero sviluppo ha luogo quando la persona è amata.

Da allora, questo organismo si è sviluppato ed ora è una splendida realtà, cui partecipano migliaia di uomini e donne, sempre in comunione con la Chiesa, ambito in cui è nato e a cui appartiene.

Nel corso del tempo, abbiamo maturato e rafforzato una spiritualità profondamente ecclesiale, poiché desideriamo servire la Chiesa, vogliamo essere strumento per portare la verità di Cristo e del Vangelo al mondo attraverso la missione che la Chiesa in Spagna ci ha affidato: promuovere lo sviluppo integrale e autentico delle popolazioni in via di sviluppo, uniti a coloro che, in un modo o nell’altro, partecipano al nostro lavoro, apostolato e servizio.

In tal modo, questo organismo ecclesiale spagnolo ha accompagnato uomini e donne di oltre 60 paesi, in circa 25.000 progetti di sviluppo.

Desidero tornare a sottolineare che ciò che rende possibile il nostro impegno in tanti progetti e paesi – dove collaboriamo con missionari, Caritas locali, congregazioni religiose, ONG o organizzazioni di base – è la vita battesimale che si vive nella comunità cristiane, in quanto il nostro lavoro si origina principalmente nella gratuità offerta da migliaia di volontari, organizzati in delegazioni diocesane, e nelle piccole collette realizzate dai fedeli nelle parrocchie e nelle scuole di tutta la Spagna, in una moltitudine di piccoli gesti di persone che, come la vedova del Vangelo, nel dare il poco che hanno offrono tutto2.

Infatti, Manos Unidas è una istituzione formata da volontari, visto che, sebbene vi siano professionali che lavorano al nostro fianco, il peso della responsabilità ricade sulle spalle di noi laici che, gratuitamente, con semplice spirito di abnegazione, collaboriamo come volontari in tutti gli ambiti in cui è necessario essere presenti per portare a termine la missione affidataci. Possiamo affermare con gioia che in tutte le parrocchie, vicariati e diocesi, ci sono volontari che, a seconda delle proprie capacità e possibilità, offrono il loro tempo, le loro conoscenze, i loro sacrifici. In tal modo, ci uniamo a tutte le persone di buona volontà che condividono questo nostro sogno di impegno gratuito, soprattutto in questo 2011, anno dedicato ai volontari dall’Unione Europea e che segna il decimo anniversario dell’Anno del Volontariato delle Nazioni Unite.

Con spirito di fede e con immensa fiducia nella Divina Provvidenza, Manos Unidas ha rafforzato la spiritualità dei propri volontari, radicata nel Battesimo, che ci spinge ad essere testimoni di un amore più grande, l’amore di Dio per l’uomo. Tale amore si è espresso e realizzato nell’incarnazione del Verbo, che ha assunto la condizione umana senza però conformarvisi, bensì identificandosi con i più poveri: "…ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito…"3.

È conseguenza di quella che il Santo Padre definisce "l’avventura gioiosa ed esaltante del discepolo" 4. Si tratta di un esempio lampante di carità operante che nasce dal Battesimo, è una carità che non si perde in un atto emozionalmente intenso ma fugace, ma è sostenuta nel tempo dalla Grazia.

Il nostro lavoro, negli organismi caritativi della Chiesa, discreto e sicuramente complementare, non vuol essere altro che un sostegno per l’incontro dell’uomo di oggi con Cristo morto e risorto, affinché scopra che tutti, ciascuno nella sua situazione concreta, senza distinzione di razza, sesso, colore, cultura, età, formazione, siamo chiamati a vivere la vita in Cristo.

Manos Unidas, con gli altri organismi ecclesiali impegnati in ambito caritativo, può aiutare l’uomo di oggi a trovare strade dove indirizzare i suoi buoni propositi, il suo desiderio di servizio e la sua autentica vocazione. La carità, ci ha detto il Santo Padre, "è la miglior testimonianza del Dio nel quale crediamo e dal quale siamo spinti ad amare"5.

Quando nel cuore dell’uomo si nutre l’altruismo, il servizio, la generosità, il desiderio di donarsi al prossimo, si incoraggia il rifiuto di quell’esistenza seppellita dal Battesimo, ovvero della vita di peccato e di autosufficienza che abbiamo dentro.

Desidero concludere questo intervento che mi è stato chiesto in occasione della Quaresima di quest’anno ringraziando Sua Santità per il suo insegnamento, che ci aiuta a risituarci, a riscoprire la necessità di vivere il Vangelo con semplicità e umiltà, ma anche con generosità e devozione. La Sua ultima Enciclica sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità, Caritas in veritate, rappresenta un nuovo stimolo per il nostro lavoro quotidiano per rendere questo mondo un luogo più bello, dove Cristo possa farsi presente.

Spero che questa Quaresima porti gli auspicati frutti: la Risurrezione e la Vita Eterna, che il Signore ha guadagnato per tutti sulla Croce, con il Suo sacrificio di redenzione.

Offro al Signore il lavoro di noi che siamo a servizio della CARITÀ, le nostre Mani e i nostri Cuori Uniti.

Molte grazie.

_______________________

1 Manifesto della UMOFC, 2 luglio 1995.
2 Cf. Mc 12, 41-44
3 Mt 25, 35ss.
4 Omelia nella Festa del Battesimo del Signore, 10 gennaio 2010.
5 DCE 31













AVVISO DELL’UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE


POSSESSO CARDINALIZIO



L’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice dà comunicazione della seguente Presa di Possesso:

Domenica 27 febbraio 2011, alle ore 18.30, l’Em.mo Cardinale Fortunato Baldelli, Penitenziere Maggiore, prenderà possesso della Diaconia di Sant’Anselmo all’Aventino, Piazza dei Cavalieri di Malta, 5.
+PetaloNero+
00mercoledì 2 marzo 2011 15:35
AVVISO DELL’UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE


POSSESSI CARDINALIZI



L’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice dà comunicazione delle Prese di Possesso che avranno luogo nei prossimi giorni:

Domenica 6 marzo 2011, alle ore 10.30, l’Em.mo Cardinale Walter Brandmüller, già Presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, prenderà possesso della Diaconia di San Giuliano dei Fiamminghi, Via del Sudario, 40.

Sabato 12 marzo 2011, alle ore 17.00, l’Em.mo Cardinale Elio Sgreccia, già Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, prenderà possesso della Diaconia di Sant’Angelo in Pescheria, Via della Tribuna di Campitelli, 6.






































DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, P. FEDERICO LOMBARDI S.J., SULL’ASSASSINIO DEL MINISTRO PAKISTANO PER LE MINORANZE, SHAHBAZ BHATTI


In risposta alle domande di giornalisti, il Direttore della Sala Stampa, P. Federico Lombardi, ha rilasciato questa mattina la seguente dichiarazione.

L’assassinio del ministro pakistano per le minoranze, Shahbaz Bhatti, è un nuovo fatto di violenza di terribile gravità. Esso dimostra quanto siano giusti gli interventi insistenti del Papa a proposito della violenza contro i cristiani e contro la libertà religiosa in generale.
Bhatti era il primo cattolico a ricoprire un tale incarico. Ricordiamo che era stato ricevuto dal Santo Padre nello scorso settembre e aveva dato testimonianza del suo impegno per la pacifica convivenza fra le comunità religiose del suo Paese.
Alla preghiera per la vittima, alla condanna per l’inqualificabile atto di violenza, alla vicinanza ai cristiani pakistani così colpiti dall’odio, si unisce l’appello perché tutti si rendano conto dell’urgenza drammatica della difesa della libertà religiosa e dei cristiani oggetto di violenza e persecuzione.

+PetaloNero+
00giovedì 3 marzo 2011 15:46
JOINT DECLARATION OF THE 21ST INTERNATIONAL CATHOLIC-JEWISH LIAISON COMMITTEE MEETING (PARIS, FRANCE – 27 FEBRUARY 2011- 2 MARCH 2011)


The 21st meeting of the International Catholic-Jewish Liaison Committee (ILC) was held in Paris, France from February 27 – March 2, 2011.

The conference, titled "Forty Years of Dialogue – Reflections and Future Perspectives" addressed the past, present and future of Catholic-Jewish dialogue in its international settings. The event began with a review of the 40-year history of the ILC, which was begun in 1970. For the current conference, delegates came from the United States, Europe, Israel, Australia, Latin America and Africa. The conference highlighted the positive relationship that began with the Second Vatican Council and the promulgation of Nostra Aetate (the declaration on the relationship of the Church to non-Christian Religions) in 1965.

The ILC sponsored a special three-day pre-conference called the "Emerging Leadership Delegation", which brought together young people from both faith communities to discuss the challenges of the future and to help expand the dialogue to involve more young people around the world. These delegates were invited to participate fully in the ILC plenary sessions where their insights and fresh ideas contributed positively to the proceedings.

A principal outcome of the conference was the deepening of personal relationships and of a shared desire to confront together the enormous challenges facing Catholics and Jews in a world in rapid and unpredictable transformation. Also acknowledged was a common religious duty to help relieve the global consequences of poverty, injustice, discrimination and the denial of universal human rights. Participants were especially sensitive to the call of the younger generation for true freedom and full participation in their societies.

The conference acknowledged contemporaneous events taking place in parts of Northern Africa and the Middle East where millions of human beings are expressing their thirst for dignity and freedom. In many parts of the world, minorities, especially religious minorities, are discriminated against, threatened by unjust restrictions of their religious liberty, and even subjected to persecution and murder. Speakers expressed a profound sadness at repeated instances of violence or terrorism "in the name of God", including the increased attacks against Christians, and calls for the destruction of the State of Israel. The conference deplores every act of violence perpetrated in the name of religion as a complete corruption of the very nature of a genuine relationship with God.

The ILC committed itself to the next phase of its journey pledging to work for a peaceful future for the people in the Middle East region and the world, outreach to Jewish-Christian dialogue groups in Europe and Latin America, collaboration on social and ethical issues, and supporting the next generation of young leaders so they can build on the historic achievements of the last four decades. The participants are deeply convinced of the importance of encouraging good relations between Christians and Jews at every level and in all situations as a paradigm for other dialogues.

2 March, 2011

International Jewish Committee on Interreligious Consultations (IJCIC)
Holy See’s Commission for Religious Relations with the Jews


The constituent bodies of IJCIC are:

American Jewish Committee

Anti-Defamation League

Bnai Brith International

Central Conference of American Rabbis

Israel Jewish Council for Interreligious Relations

Orthodox Union

Rabbinical Assembly

Rabbinical Council of America

Union of Reform Judaism

United Synagogue of Conservative Judaism

World Jewish Congress

+PetaloNero+
00venerdì 4 marzo 2011 15:45
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEI LINEAMENTA DELLA XIII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI (CITTÀ DEL VATICANO, 7-28 OTTOBRE 2012)



Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede si tiene la conferenza stampa di presentazione dei Lineamenta della XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che avrà luogo in Vaticano dal 7 al 28 ottobre 2012 sul tema «Nova evangelizatio ad christianam fidem tradendam - La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana».
Intervengono S.E. Mons. Nikola Eterović, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi e il Rev.mo Mons. Fortunato Frezza, Sotto-Segretario del Sinodo dei Vescovi.
Ne riportiamo di seguito gli interventi:


INTERVENTO DI S.E. MONS. NIKOLA ETEROVIĆ

I) Introduzione

"Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi" (Gv 20, 21). Con queste parole Gesù Cristo risorto, vittorioso sul peccato e sulla morte, inviò i suoi discepoli al mondo intero a proclamare la Buona Notizia, dopo aver effuso su di loro lo Spirito Santo per il perdono dei peccati. Tale missione è ribadita anche dai sinottici nella conclusione dei loro Vangeli: "Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura" (Mc 16, 15); "A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28, 19). Nel nome del Signore risorto "saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme" (Lc 24, 47). La Chiesa, radunata dallo Spirito Santo, cerca di compiere fedelmente tale mandato durante il suo pellegrinaggio terreno. Forte dell’accompagnamento del Signore glorioso, che ha promesso la sua presenza "fino alla fine del mondo" (Mt 28, 19), essa desidera, con rinnovato entusiasmo, continuare tale missione anche nel tempo presente. Per tale ragione, il Santo Padre Benedetto XVI, Vescovo di Roma e Pastore universale della Chiesa, ha convocato la XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che avrà luogo dal 7 al 28 ottobre 2012 sul tema La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. Secondo il Santo Padre, che ha voluto annunciare personalmente la convocazione di tale importante evento ecclesiale nella solenne concelebrazione dell’Eucaristia di chiusura dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, essa dovrebbe essere un momento di verifica del cammino percorso, per riprendere con nuovo slancio l’urgente opera dell’evangelizzazione del mondo contemporaneo.

La decisione del Sommo Pontefice è stata preceduta da due importanti eventi. In primo luogo, secondo la prassi ormai collaudata, il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi ha chiesto, a nome del Santo Padre, ai 13 Sinodi delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, alle 113 Conferenze Episcopali, ai 25 Dicasteri della Curia Romana e all’Unione dei Superiori Generali, di segnalare per iscritto tre temi che avrebbero potuto essere presi in considerazione per una riflessione sinodale e cioè che avrebbero dovuto avere una rilevante importanza pastorale, interessare la Chiesa universale ed essere adatti per la discussione sinodale. Una volta ottenute le risposte degli organismi segnalati, con i quali il Sinodo dei Vescovi è in collaborazione istituzionale, esse sono state portate a conoscenza del Santo Padre dopo essere state attentamente valutate dal Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, composto di 15 membri, di cui 12 eletti nel corso della XII Assemblea Generale Ordinaria, svoltasi dal 5 al 26 ottobre 2008, e 3 nominati dal Sommo Pontefice. Nelle loro risposte, la maggioranza degli episcopati aveva proposto per la prossima Assise sinodale la questione della trasmissione della fede, processo che nei tempi recenti ha conosciuto non poche difficoltà dovute ai grandi cambiamenti di ordine sociale, culturale e religioso.

Il secondo evento che ha influito sulla scelta definitiva dell’argomento sinodale è stata la decisione del Santo Padre di erigere il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. Tale nuovo Dicastero è stato eretto il 21 settembre 2010, con il motu proprio Ubiqumque et semper del Papa Benedetto XVI. Pertanto, è risultata felice la decisione di Papa Benedetto XVI di inquadrare la menzionata inquietudine pastorale generalizzata sulla trasmissione della fede nella riflessione sulla nuova evangelizzazione che si impone, anche se in modi diversi, in tutta la Chiesa.

II) Procedura sinodale

I Lineamenta che oggi vengono presentati, rappresentano una tappa importante nella preparazione della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Essi sono stati preparati dal Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, con l’aiuto di alcuni esperti. Nella redazione si è tenuto conto delle ragioni con le quali gli organismi interessati hanno motivato la loro proposta dei rispettivi temi sinodali. Una volta pubblicato il Documento con cui il Santo Padre ha eretto il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, il Consiglio lo ha tenuto in grande considerazione, come pure gli altri interventi del Sommo Pontefice sul tema.

Lo scopo dei Lineamenta è di suscitare la discussione sull’argomento sinodale a livello della Chiesa universale. Per tale motivo, i Lineamenta sono pubblicati in 8 lingue: latino, francese, inglese, italiano, polacco, portoghese, spagnolo e tedesco. La versione elettronica del documento si può trovare nel sito del Sinodo dei Vescovi. Inoltre, ogni capitolo è accompagnato da varie domande precise che dovrebbero facilitare la riflessione delle Chiese particolari e dei rispettivi organismi. Il Questionario è composto in tutto di 71 domande.

La Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi ha provveduto alla distribuzione del Documento agli organismi interessati perché possano promuovere la riflessione nei singoli Paesi (diocesi, parrocchie, congregazioni, movimenti, associazioni, gruppi dei fedeli, ecc.), sintetizzare i loro contributi e far pervenire le risposte alla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi entro il 1° novembre 2011, solennità di Tutti i Santi. Il Consiglio Ordinario della Segreteria Generale non mancherà di studiare le risposte pervenute che saranno sintetizzate nell’Instrumentum laboris, Documento di lavoro della XIII Assemblea Generale Ordinaria.

III) Struttura dei Lineamenta

I Lineamenta sono divisi in tre capitoli che riflettono il tema dell’Assemblea sinodale: 1) Tempo di nuova evangelizzazione; 2) Proclamare il Vangelo di Gesù Cristo; 3) Iniziare all’esperienza cristiana. Ovviamente, vi è una Introduzione, preceduta da una Prefazione. Il Documento, poi, si chiude con una breve Conclusione.

Nella Prefazione si forniscono alcune idee pratiche circa la procedura sinodale e il significato dei Lineamenta. Inoltre, si mette in risalto la distinzione teorica tra l’evangelizzazione come attività regolare della Chiesa; il primo annuncio ad gentes, a coloro che ancora non conoscono Gesù Cristo; e la nuova evangelizzazione che è indirizzata principalmente a coloro che si sono allontanati dalla Chiesa, alle persone battezzate ma non sufficientemente evangelizzate. Nella prassi ecclesiale, le tre categorie spesso convivono nello stesso territorio per cui le Chiese locali le devono praticare contemporaneamente, soprattutto a causa del fenomeno della globalizzazione e dello spostamento della popolazione tramite la migrazione e l’immigrazione.

Nell’Introduzione si sottolinea che la XIII Assise sinodale si situa nel rinnovato impegno dell’evangelizzazione che la Chiesa ha intrapreso in seguito al Concilio Ecumenico Vaticano II. Con tale opera, promossa dai Pontefici Paolo VI, Giovanni Paolo II ed attualmente Benedetto XVI, la Chiesa auspica di vivere la gioia di essere comunità radunata da Gesù Cristo, per lodare Dio Padre, per mezzo dello Spirito, e di riproporre tale gioia ai vicini ed ai lontani. Allo stesso tempo, con la nuova evangelizzazione si vorrebbe rispondere alle grandi sfide del mondo in accelerata trasformazione. Al riguardo, si offrono ragioni teologiche ed ecclesiali di tale azione.

I motivi teologici procedono dal mistero di Dio Trino e Uno. "La Chiesa che annuncia e trasmette la fede imita l’agire di Dio stesso che si comunica all’umanità donando il Figlio, vive nella comunione trinitaria, effonde lo Spirito Santo per comunicare con l’umanità" (Lineamenta, in seguito, L 2). L’evangelizzazione dovrebbe essere l’eco della comunicazione divina. Pertanto, la Chiesa fondata per diffondere il Vangelo, deve lascarsi plasmare dall’azione dello Spirito per essere conforme a Cristo crocifisso e risorto. Essa riscopre la sua missione materna, Ecclesia mater, di generare i figli al Signore, e cioè il dovere di evangelizzare.

Dal punto di vista ecclesiologico occorre ribadire che l’evangelizzazione riguarda la natura stessa della Chiesa come pure tutta la sua attività. Pertanto, l’annuncio del Vangelo non è questione di strategie comunicative o di scelta di destinatari prioritari, come potrebbero essere i giovani. Essa riguarda la capacità della Chiesa di configurarsi "come reale comunità, come vera fraternità, come corpo e non come macchina o azienda" (L 2). Infatti, tutta la Chiesa è missionaria per sua natura. Essa esiste per evangelizzare. Per svolgere tale compito in modo adeguato, la Chiesa comincia con l’evangelizzare se stessa. Essa si riconosce oltre che agente, frutto dell’evangelizzazione, convinta che l’attore principale è Dio che la guida nella storia per mezzo dello Spirito del Suo Figlio Unigenito Gesù Cristo. L’evangelizzazione, pertanto, richiede azione di discernimento. La Chiesa nell’insieme è chiamata all’ascolto, alla comprensione, alla revisione e alla rivitalizzazione del proprio mandato evangelizzatore, in particolare, di fronte ai grandi cambiamenti del mondo contemporaneo. In tale opera, essa non parte impreparata. Basti pensare alle Esortazioni Apostoliche Evangelii nuntiandi e Catechesi tradendae, risultato delle Assemblee sinodali del 1974 e del 1977, che hanno affrontato tali questioni offrendo alla Chiesa itinerari e modi tuttora validi.

IV) Primo Capitolo: Tempo di "Nuova Evangelizzazione"

Nel Primo Capitolo si descrive la nascita del concetto di nuova evangelizzazione e della sua diffusione nel corso dei Pontificati del Servo di Dio Giovanni Paolo II e del Papa Benedetto XVI. Per la prima volta, Giovanni Paolo II ha adoperato il termine il 9 giugno 1979 durante l’omelia nel Santuario di Santa Croce a Mogila, in Polonia: "È iniziata una nuova evangelizzazione, quasi si trattasse di un secondo annuncio, anche se in realtà è sempre lo stesso" (L 5). L’espressione si è poi affermata nel discorso ai partecipanti della XIX Assemblea del CELAM, a Port au Prince, Haiti, il 9 marzo 1983, in cui Giovanni Paolo II ha precisato che non si tratta di una rievangelizzazione, bensì di "una nuova evangelizzazione. Nuova nel suo ardore, nei suoi metodi, nelle sue espressioni" (L 5). Lo sfondo di tale concetto si trova nell’Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi del Servo di Dio Paolo VI che viene spesso richiamata nei Lineamenta. Pur non trovando l’espressione già fatta, la Evangelii nuntiandi parla di "nuovi tempi d’evangelizzazione" (EN 2), di uno slancio nuovo (EN 2, 5), mentre il N. 24 del Documento porta il titolo "Far sorgere un nuovo apostolato". Tali richiami si spiegano anche per il fatto che Karol Wojtyła, come Arcivescovo di Cracovia, fu nominato Relatore per la conclusione generale del Sinodo del 1974 sull’Evangelizzazione nel mondo moderno.

Il termine nuova evangelizzazione si trova innumerevoli volte nei documenti del suo Pontificato e i Lineamenta ne citano i più significativi, senza pretesa di farne una rassegna definitiva. I Lineamenta vorrebbero suscitare una discussione sul significato del concetto stesso. Esso è, per esempio, assai presente nelle Esortazioni Apostoliche Postsinodali delle Assemblee continentali, celebrate in preparazione del Grande giubileo del 2000. Infatti, con la nuova evangelizzazione spesso si è inteso il funzionamento dinamico, "lo sforzo di rinnovamento che la Chiesa è chiamata a fare per essere all’altezza delle sfide che il contesto sociale e culturale odierno pone alla fede cristiana" (L 5). Tali sfide sono indicate con 6 scenari che negli ultimi decenni interpellano la Chiesa ed esigono una adeguata risposta affinché anch’essi diventino luoghi di testimonianza dei cristiani che sono chiamati a trasformarli con l’annuncio del Vangelo.

1) Lo scenario della secolarizzazione occupa il primo posto e ad esso è dedicato ampio spazio. Interessa principalmente il mondo occidentale, ma da esso si diffonde nel mondo intero. Anche se talvolta adopera toni anticristiani e antireligiosi, la secolarizzazione ha assunto perlopiù un tono dimesso che ha invaso la vita quotidiana delle persone, sviluppando una mentalità in cui Dio è di fatto assente. Si tratta della cultura del relativismo con gravi implicazioni antropologiche che influiscono anche nella vita della Chiesa.

D’altra parte, oltre alla secolarizzazione, nel mondo vi è un risveglio religioso. Purtroppo, tanti aspetti positivi della ricerca di Dio e della riscoperta del sacro in varie religioni, "sono oscurati da fenomeni di fondamentalismo che non poche volte manipola la religione per giustificare la violenza e persino il terrorismo" (L 6).

2) Il secondo scenario indicato è il fenomeno migratorio che sta modificando "la geografia etnica delle nostre città, delle nostre nazioni e di nostri continenti" (L 6). Esso ha varie cause ed è connesso con il fenomeno della globalizzazione, che ha aspetti positivi ma anche problematici e pertanto richiede un esigente lavoro di discernimento.

3) I mezzi di comunicazione, la rivoluzione informatica, rappresentano una delle grandi sfide della Chiesa. La cultura mediatica e digitale porta in sé molti benefici ma anche rischi il cui punto finale potrebbe diventare ciò "che viene chiamato la cultura dell’effimero, dell’immediato, dell’apparenza, ovvero una società incapace di memoria e di futuro" (L 5).

4) L’evangelizzazione della Chiesa è segnata anche dallo scenario economico, dalla crisi economica, dai crescenti squilibri tra Nord e Sud del mondo, "nell’accesso e nella distribuzione delle risorse, come anche nel danno al creato" (L 6).

5) La ricerca scientifica e tecnologica è un altro scenario che interpella l’azione evangelizzatrice della Chiesa. La scienza e la tecnica, infatti, rischiano di diventare i nuovi idoli del presente, una nuova religione, favorendo "nuove forme di gnosi, che assumono la tecnica come forma di saggezza, alla ricerca di una organizzazione magica della vita che funzioni come sapere e come senso" (L 6). Inoltre, assistiamo alla nascita di nuovi culti che indirizzano le pratiche religiose a scopi terapeutici promettendo la prosperità e la gratificazione istantanea.

6) Occorre prendere in considerazione anche lo scenario politico, i cambiamenti epocali degli ultimi decenni: il crollo dell’ideologia comunista e la fine della divisione del mondo occidentale in due blocchi, che ha favorito la libertà religiosa e la riorganizzazione delle Chiese locali. Inoltre, si sta creando una situazione mondiale con nuovi attori politici, economici e religiosi, come il mondo asiatico ed islamico.

Di fronte a questi nuovi scenari i cristiani oltre a fare un’opera di discernimento, sono chiamati a portare la domanda su Dio all’interno di essi, illuminandoli con la luce del Vangelo e portandovi la propria testimonianza. In tale nuovo contesto essi sono chiamati a dare sapore evangelico ai grandi valori della pace, della giustizia, dello sviluppo, della liberazione dei popoli, del rispetto dei diritti umani e dei popoli, soprattutto delle minoranze, come pure della salvaguardia del creato e del futuro del nostro pianeta. Si tratta della martyria cristiana nel mondo di oggi. Tale compito offre grandi possibilità al dialogo ecumenico con gli appartenenti ad altre Chiese e comunità ecclesiali. Pertanto, la nuova evangelizzazione dovrebbe rispondere alla domanda di spiritualità che anche nel mondo attuale riemerge con rinnovato vigore. In tale contesto di grande aiuto può essere il dialogo interreligioso con denominazioni non cristiane, soprattutto con le grandi religioni orientali.

Di fronte a tali sfide, la Chiesa dovrebbe individuare nuove espressioni dell’evangelizzazione, adatte ai contesti sociali e alle culture attuali in grande mutamento. Conservando la sua natura missionaria, la Chiesa dovrebbe mantenere la sua dimensione popolare, domestica, anche in contesti di minoranza o di discriminazione. Essa è chiamata ad allargare gli orizzonti, ad oltrepassare i confini in quanto "la nuova evangelizzazione è il contrario dell’autosufficienza e del ripiegamento su se stessi, della mentalità dello status quo e di una concezione pastorale che ritiene sufficiente continuare a fare come si è sempre fatto" (L 10).

V) Secondo Capitolo: Proclamare il Vangelo di Gesù Cristo

Lo scopo dell’evangelizzazione, e a maggior ragione della nuova evangelizzazione, è l’annuncio del Vangelo e la trasmissione della fede. Il Vangelo non è da intendere come un libro o una dottrina, bensì come una persona: Gesù Cristo, Parola definitiva di Dio che si è fatta uomo. I cristiani sono invitati a stabilire un rapporto personale con il Signore Gesù, nella comunità dei fedeli, nella Chiesa. Egli ci porta al Padre per mezzo dello Spirito Santo. "L’obiettivo della trasmissione della fede è dunque la realizzazione di questo incontro con Gesù Cristo, nello Spirito, per giungere a fare esperienza del Padre suo e nostro" (L 11).

La Chiesa trasmette la fede che essa stessa vive e che forma il suo annuncio, la sua testimonianza e la sua carità. La trasmissione della fede come incontro dei fedeli con Gesù Cristo, è guidata dallo Spirito Santo e si attua mediante la Sacra Scrittura e la Tradizione viva della Chiesa. La Chiesa, continuamente rigenerata dallo Spirito, è il Corpo di Cristo, la cui espressione per eccellenza consiste nella celebrazione del sacramento dell’Eucaristia. A tali fondamenti della Chiesa, l’Eucaristia e la Parola di Dio, si sono dedicate le ultime due Assemblee Generali Ordinarie del Sinodo dei Vescovi, rispettivamente nel 2005 e nel 2008.

La trasmissione della fede avviene tramite la preghiera, che è la fede in atto. La liturgia ne è il luogo privilegiato, con un ruolo pedagogico insostituibile, "nel quale il soggetto educante è Dio stesso e il vero educatore alla preghiera è lo Spirito Santo" (L 14).

Sulla trasmissione della fede la Chiesa ha già riflettuto nel Sinodo su La catechesi nel nostro tempo, che ha avuto luogo nel 1977. I risultati dei lavori sinodali sono stati presentati nell’Esortazione Apostolica Catechesi tradendae, documento pubblicato nel 1979, assai citato nei presenti Lineamenta. Inoltre, i Lineamenta fanno abbondante riferimento al Direttorio Generale per la Catechesi, pubblicato dalla Congregazione del Clero nel 1997. Riprendendone gli argomenti principali, i Lineamenta cercano di applicarli alle attuali situazioni sociali ed ecclesiali. La Catechesi tradendae ha presentato il termine di pedagogia della fede, che include due strumenti fondamentali per la trasmissione della fede: la catechesi e il catecumenato. La catechesi è intesa come "il processo di trasmissione del Vangelo, così come la comunità cristiana lo ha ricevuto, lo comprende, lo celebra, lo vive e lo comunica" (L 14). Il catecumenato battesimale, e cioè "la formazione specifica mediante la quale d’adulto convertito alla fede è portato alla confessione della fede battesimale durante la veglia pasquale" (Direttorio Generale per la Catechesi 59; cf. L 14), deve ispirare le altre forme di catechesi per quanto riguarda sia gli obiettivi sia il dinamismo.

Nei decenni passati, le Chiese locali si sono prodigate in questo campo. Basti pensare al numero dei cristiani, sacerdoti, religiosi, laici, catechisti, famiglie e comunità, gruppi e movimenti ecclesiali, che si sono impegnati in modo spontaneo e gratuito nell’annuncio e nella trasmissione della fede. Tuttavia, "il clima culturale e la situazione di affaticamento in cui si trovano parecchie comunità cristiane rischiano di rendere debole la capacità di annuncio, di testimonianza e di educazione alla fede delle nostre Chiese locali" (L 15).

Tale situazione richiede uno slancio nuovo, un rinnovato zelo, dono dello Spirito Santo, per riproporre con gioia e fervore l’annuncio della Buona Notizia. Si tratta del compito di tutta la Chiesa e di tutti i suoi membri. Esso diventa ancora più urgente, considerate le sfide della società attuale.

I cristiani sono chiamati anche oggi a dare ragione della speranza che è in loro (cf. 1 Pt 3, 15) con uno stile comunitario e personale nuovo, rispondendo "‘con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza’ (1 Pt 3, 16), con quella forza mite che viene dall’unione con Cristo nello Spirito e con quella determinazione di chi sa di avere come meta l’incontro con Dio Padre, nel suo Regno" (L 16). La testimonianza cristiana deve essere privata e pubblica, abbracciare il pensiero e l’azione, la vita interna delle comunità cristiane e il loro slancio missionario, la loro azione educativa, l’attività caritativa, la loro presenza nella società contemporanea, per comunicarle il dono della speranza cristiana. "Il frutto di tutto il processo di trasmissione della fede è l’edificazione della Chiesa come comunità dei testimoni del Vangelo" (L 17). Per poterlo fare secondo la volontà del Signore Gesù, la Chiesa stessa "ha bisogno d’essere evangelizzata, se vuol conservare freschezza, slancio e forza per annunziare il Vangelo" EN 46; L 17). I Lineamenta vorrebbero aiutare le Chiese locali a riflettere sugli aspetti positivi ma anche sulle menzionate sfide e difficoltà nella trasmissione della fede.

VI) Terzo capitolo: Iniziare all’esperienza cristiana

Il Terzo capitolo ripropone la riflessione sugli strumenti della Chiesa per introdurre alla fede e, in particolare, sull’iniziazione cristiana: Battesimo, Cresima ed Eucaristia. Essi sono percepiti "come le tappe di un cammino di generazione alla vita cristiana adulta, all’interno di un percorso organico di iniziazione alla fede" (L 18). La riflessione sull’iniziazione cristiana ha conosciuto un promettente sviluppo negli ultimi decenni, ma ha anche aperto la discussione su vari aspetti da approfondire. Grazie al contributo delle Chiese giovani, in tale processo di introduzione alla fede spesso si assume come modello l’adulto e non il bambino. Inoltre, si è ridata importanza al sacramento del battesimo, assumendo la struttura del catecumenato antico per favorire una celebrazione più consapevole e, pertanto, più capace di garantire la vita cristiana dei battezzandi. Nel caso del battesimo dei bambini, si cerca di coinvolgere maggiormente i genitori e la comunità. Si fa pure ricorso alla mistagogia per assicurare percorsi di iniziazione che continuano anche dopo l’amministrazione del sacramento.

La prassi delle comunità ecclesiali ha, però, suscitato varie questioni, tra le quali i Lineamenta menzionano le seguenti.

Nella revisione dell’amministrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, si è posto il problema dell’ordine dei sacramenti, soprattutto della Cresima. Al riguardo, nella Chiesa esiste una varietà di Tradizioni e di riti. Per quanto concerne l’ordine dei sacramenti d’iniziazione degli adulti, le consuetudini dell’Oriente coincidono con quelle dell’Occidente. La differenza riguarda l’amministrazione della Confermazione ai giovani. Trovare una collocazione condivisa del sacramento della Cresima, rimane una sfida per la Chiesa sulla quale occorre riflettere. Del resto, il Santo Padre Benedetto XVI ha già menzionato tale questione nell’Esortazione Apostolica Postsinodale Sacramentum caritatis (N. 18). Inoltre, occorre ridare contenuto ed energia alla dimensione mistagogica dell’iniziazione cristiana. Non è sufficiente delegare l’educazione alla fede eventualmente all’insegnamento della religione nelle scuole, dato che è missione propria della Chiesa annunciare il Vangelo e generare alla fede, soprattutto i giovani e gli adolescenti, tramite il catecumenato e la catechesi.

Di fronte alle sfide attuali, la nuova evangelizzazione dovrebbe permettere ai fedeli di vincere le paure e di porre maggiore fiducia nello Spirito Santo che guida la Chiesa nella storia, per percepire con maggiore lucidità i luoghi e intendere i modi più appropriati attraverso i quali porre la questione di Dio al centro della vita degli uomini di oggi, intercettando le loro attese e ansie. In tale opera è indispensabile la catechesi che riguarda coloro che hanno già ricevuto il primo annuncio del Vangelo e credono in Dio rivelato dal Signore Gesù. La catechesi fa maturare tale conversione, educa alla fede il credente, inserendolo nella Chiesa, comunità dei cristiani.

L’iniziazione alla fede è fortemente legata all’educazione che la Chiesa compie come suo servizio all’uomo e al mondo. Nella società odierna, ogni azione educativa appare assai difficile, al punto che il Santo Padre Benedetto XVI ha parlato di emergenza educativa. Si fa sempre più fatica a trasmettere alle nuove generazioni i valori di fondo e un retto comportamento. Lo sperimentano in particolare i genitori, ma anche gli enti educativi e, in particolare, la scuola. Tale difficoltà è una conseguenza del diffuso relativismo che fa mancare la luce della verità. In un simile contesto, l’impegno della Chiesa nell’educazione alla fede assume più che mai un prezioso contributo per far uscire la società dalla crisi educativa. La Chiesa possiede in merito una grande tradizione di scuole, istituti d’educazione, risorse pedagogiche, persone specializzate, vari ordini religiosi maschili e femminili, in grado di offrire una presenza significativa nel mondo della scuola e dell’educazione. Dopo un appropriato discernimento di tale realtà, sottoposta anch’essa a mutamenti significati nelle trasformazioni sociali e culturali, la Chiesa potrà riportare come dono alla società la sua tradizione educativa, trovando il suo posto nello spazio pubblico, riproponendovi la questione di Dio, fondamento di ogni educazione cristiana.

Si potrebbe affermare che l’obiettivo dell’educazione della Chiesa è la cosiddetta ecologia della persona umana, secondo l’espressione del Papa Benedetto XVI (cf. Caritas in veritate 51; L 21), che fa tutt’uno con l’ecologia umana e quella dell’ambiente. La nuova evangelizzazione pure è chiamata ad occuparsi dell’impegno culturale ed educativo della Chiesa. Ad ogni modo, essa ha bisogno più di testimoni che di maestri. "Qualsiasi progetto di ‘nuova evangelizzazione’, qualsiasi progetto di annuncio e di trasmissione della fede non può prescindere da questa necessità: uomini e donne che con la loro condotta di vita danno forza all’impegno evangelizzatore che vivono" (L 22). L’attuale emergenza educativa fa crescere la domanda di educatori che sappiano essere testimoni credibili di valori su cui si può fondare l’esistenza personale e il progetto della società umana per cui vale la pena impegnarsi. Nei Lineamenta sono indicati alcuni testimoni illustri della storia della Chiesa, nel campo dell’educazione, a cominciare da san Paolo, san Patrizio, san Bonifacio, san Franceso Saverio, i santi Cirillo e Metodio, san Turibio da Mongrovejo, san Damiano de Veuster, la Beata Madre Teresa di Calcutta. Grazie a Dio, il loro numero si potrebbe prolungare assai. Il loro esempio serve per sottolineare che la nuova evangelizzazione è soprattutto un compito spirituale di cristiani che perseguono la santità. Tale percorso presuppone la grazia di Dio e richiede educazione, fatica, perseveranza, preghiera. I testimoni intesi in tale senso sapranno adoperare un linguaggio comprensibile anche all’uomo contemporaneo, predicando soprattutto con l’esempio di una vita pienamente dedicata a Dio e al prossimo.

VII) Conclusione

Nella parte conclusiva, i Lineamenta riprendono alcune descrizioni della "nuova evangelizzazione", senza pretesa di proporre una definizione precisa ed esaustiva, ma per facilitare la riflessione su tale tema.

Si ribadisce che il fondamento della nuova evangelizzazione è lo Spirito Santo che il Signore risorto ha effuso sui discepoli nella Pentecoste. In mezzo a loro, nel cenacolo di Gerusalemme, era presente anche Maria, Madre di Gesù e Madre nostra. "Piena di grazia", Ella è l’icona della Chiesa, la Madre che l’accompagna nell’evangelizzazione durante la sua storia bimillenaria. La nuova evangelizzazione dovrebbe diventare un nuovo cenacolo, un luogo ove sotto la grazia dello Spirito Santo la Chiesa troverà non un nuovo Vangelo, bensì "una risposta adeguata ai segni dei tempi, ai bisogni degli uomini e dei popoli di oggi, ai nuovi scenari che disegnano la cultura attraverso la quale raccontiamo le nostre identità e cerchiamo il senso delle nostre esistenze" (L 23).

La nuova evangelizzazione dovrebbe riaccendere nei cristiani lo slancio delle origini, una nuova missionarietà che coinvolga tutti i membri del Popolo di Dio, "un nuovo slancio apostolico che sia vissuto quale impegno quotidiano delle comunità e dei gruppi cristiani" (Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte 40; L 24).

Preghiamo il Signore, per mezzo della Beata Vergine Maria, Stella della Nuova Evangelizzazione, che la prossima Assemblea sinodale aiuti la Chiesa a riprendere con rinnovato vigore l’opera di evangelizzazione, annunciando con gioia ai vicini e ai lontani il Vangelo di Gesù Cristo, "potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede" (Rm 1, 16).



INTERVENTO DI MONS. FORTUNATO FREZZA

Eucaristia, Parola di Dio, Nuova Evangelizzazione

Quando vogliamo pensare le verità della fede, uno dei criteri più fertili consiste nel considerare le singole verità inserite in un unico orizzonte ermeneutico, che non solo sia adatto a contenerle staticamente, ma che offra l’opportunità di uno quadro d’insieme, dove quelle singole possano offrirsi allo sguardo in una correlazione strutturale significativa con tutte le altre, nel rispetto della dinamica della Rivelazione di Dio che le ha diffuse nel tempo e nello spazio anche in modi e gradi diversi.

Questa correlazione integrale e coesa chiamiamo analogia della fede, come discorso di raccordo e di reciprocità. Così la dottrina della fede accede alla intelligenza della fede attraverso l’analogia della fede.

Questo che possiamo dire delle verità aiuta a interpretare anche altre realtà derivate, come possono essere le stesse strutture ecclesiali o gli organismi di comunione che concorrono a formare l’unico corpo del Signore che è la Chiesa.

In questa prospettiva possiamo chiederci: esiste una analogia sinodale? Un indizio per la risposta lo troviamo già nel nome stesso, sýnodos, che indica cammino di comunione, ma il momento culminante della ricerca sarebbe quello di un possibile rilevamento di reciprocità tra le 23 diverse assemblee finora svolte e i loro rispettivi temi.

Un secondo elemento di correlazione riguarda i sinodi del millennio, come potremmo chiamare i sinodi continentali, che il profetismo del Beato Giovanni Paolo II deliberò proprio in vista del trapasso epocale; essi hanno una omogeneità, diciamo, geografica, ulteriormente riflessa nella stessa denominazione delle relative Esortazioni Postsinodali, che presentano perfino nell’incipit una comune flessione e un’affine attenzione pastorale.

Un’analogia dei sinodi permette di individuare un dinamismo proprio che è quello del procedere in modo unitario, non solo per i motivi giuridici fondati sull’unico Regolamento che ne scandisce tempi e modi di lavoro, ma anche per una sorta di speciale compagnia che un sinodo fa all’altro attraverso l’unicità della natura, degli scopi e dei metodi di comunione ecclesiale.

Si rileva pertanto una circolarità, che pone un’assemblea a stretta relazione con le altre, conservando ciascuna una identità specifica per soggetti protagonisti, per temi, per tempi. Ed è proprio in ragione di ciò che i sinodi non sono concentrici, poiché la loro è una circolarità aperta dovuta alla responsabilità che il sinodo ha verso i segni dei tempi, con il discernimento e il dinamismo propri della Chiesa, della sua fede e delle opere della fede e della carità pastorale.

Si potrebbe scoprire una analogia tra i temi dei sinodi?

È proprio questo il punto che vorremo illustrare in questa occasione. Nei Lineamenta che oggi si pubblicano potremmo rilevare non semplicemente affinità tematiche, per esempio, con le ultime assemblee generali ordinarie del Sinodo dei Vescovi, ma anche una traccia di accesso alla grande analogia della dottrina emersa nell’istituzione sinodale come tale?

Per ora occupiamoci solo di un confronto con le ultime due assemblee generali ordinarie del Sinodo dei Vescovi dopo le quali Sua Santità Benedetto XVI pubblicò le due Esortazioni Apostoliche Sacramentum Caritatis del 22 febbraio 2007 e Verbum Domini del 30 settembre 2010.

Nei Lineamenta che abbiamo tra le mani le due Esortazioni sono citate non solo verbalmente, ma le argomentazioni si succedono con riferimenti sostanziali e costanti con il mistero dell’Eucaristia e della Parola, quali sorgente e oggetto della nuova evangelizzazione.

La trasmissione della fede intesa come incontro con Cristo, si attua mediante la Sacra Scrittura e la Tradizione viva della Chiesa, sotto la guida dello Spirito Santo. È così che la Chiesa viene continuamente rigenerata dallo Spirito. In questo modo l’incontro con Cristo nel suo corpo trova la sua piena espressione nella celebrazione della Eucaristia. La centralità di questa funzione di trasmissione della fede è stata riletta ed evidenziata nelle ultime due Assemblee sinodali sull’Eucaristia e in particolare in quella dedicata alla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa. In queste due Assemblee la Chiesa è stata invitata a riflettere e a riprendere piena coscienza della dinamica profonda che ne sostiene l’identità: la Chiesa trasmette la fede che essa stessa vive, celebra, professa, testimonia (n. 13).

Lo Spirito raccoglie i credenti attorno alle comunità che vivono in modo fervente la loro fede, nutrendosi dell’ascolto della parola degli Apostoli e dell’Eucaristia, e spendendo la loro vita nell’annuncio del Regno di Dio. La predicazione del Vangelo di Cristo raduna i fedeli per la celebrazione del mistero della cena del Signore, "affinché per mezzo della carne e del sangue del Signore si rinsaldi l’intera fraternità del corpo" (n. 15).

È necessario maturare all’interno del popolo di Dio una maggiore consapevolezza del ruolo della Parola di Dio, della sua potenza rivelatrice dell’intenzione di Dio verso gli uomini, del suo disegno di salvezza. C’è bisogno di una maggiore cura della proclamazione della Parola di Dio nelle assemblee liturgiche e una dedizione più convinta al compito della predicazione. Serve un’attenzione più consapevole e una fiducia più convinta nel ruolo che la Parola di Dio può svolgere nella missione della Chiesa, sia nel momento specifico dell’annuncio del messaggio di salvezza che nella posizione più riflessiva dell’ascolto e del dialogo con le culture (n. 13).

Infine, nei Lineamenta al n. 3 leggiamo che «la Chiesa non arriva tuttavia impreparata di fronte a questa sfida: con essa si è già misurata nelle Assemblee che il Sinodo dei Vescovi ha dedicato in modo specifico al tema dell’annuncio e della trasmissione della fede, come le esortazioni apostoliche che le chiudono – Evangelii nuntiandi [del 1974] e Catechesi tradendae [del 1977] – testimoniano. La Chiesa ha vissuto in questi due eventi un momento significativo di revisione e di rivitalizzazione del proprio mandato evangelizzatore».

Oggi dunque la Chiesa torna a guardare al sinodo raccordandosi con i tempi delle origini del Sinodo stesso, coprendo un ampio arco di tempo non per semplice reminiscenza né per commemorazione o nostalgia, ma per l’innata prerogativa di analogia che vige all’interno del dinamismo sinodale e nella struttura ecclesiale come tale, che fonda su una verità organica la sua fede, il suo ministero, il suo presente, il suo futuro.

Infatti la Chiesa trova la sua identità nell’atto originario del suo fondatore, che al tempo stesso è Colui che annuncia e colui che è annunciato. Come nella Chiesa, nel Sinodo vige una analogia della verità cristologica dell’annuncio del Vangelo che è proclamato e allo stesso tempo proclama se stesso in forza della sua insita grazia di autorappresentazione. La originale novità della evangelizzazione risiede nella persona di Gesù Cristo.

Insegnando nella sinagoga della sua città, Cafarnao, Gesù provocò lo stupore e le domande degli ascoltatori: «Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: "Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità"» (Mc 1, 27).

Da questa novità prendono forza e orientamento l’annuncio del Vangelo e la nuova evangelizzazione che la Chiesa intende svolgere oggi con rinnovato ardore e nuove energie.

In realtà in Gesù sono nuove le parole perché Egli stesso è la novità, nella sua umanità e anche nella gloria che gli è propria come Signore (cf. Fil 2, 11; Ap 21, 5). Il suo Vangelo è la novità che dà compimento al tempo (cf. Gal 4, 4), alla Legge e ai Profeti (cf. Mt 5, 17), inaugurando la Nuova Alleanza (cf. 2Cor 3, 6), portando novità di vita (cf. Rm 6, 4).

Marco, unico tra gli evangelisti, definisce il suo scritto con le parole della vera novità: «Vangelo di Gesù Cristo Figlio di Dio» (Mc 1, 1), come una unità di reciproca appartenenza. Il vangelo, la Parola è Lui, Gesù di Nazaret (... anche nel secondo volume che aspettiamo).


















INTERVENTO DELLA SANTA SEDE ALLA XVI SESSIONE ORDINARIA DEL CONSIGLIO DEI DIRITTI DELL’UOMO SULLA LIBERTÀ RELIGIOSA

Pubblichiamo di seguito l’intervento che l’Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite, S.E. Mons. Silvano M. Tomasi, ha pronunciato il 2 marzo scorso a Ginevra, nel corso della XVI Sessione Ordinaria del Consiglio dei Diritti dell’Uomo sulla libertà religiosa:


INTERVENTO DI S.E. MONS. SILVANO M. TOMASI

Mr. President,

1. At the heart of fundamental human rights is freedom of religion, conscience and belief: it affects personal identity and basic choices and it makes possible the enjoyment of other human rights. As the UN Declaration on the Elimination of Religious Discrimination recognises, the spiritual dimension of life is a vital part of human existence.1 But an increased proliferation of episodes of discrimination and acts of violence against persons and communities of faith and places of worship in several different geographical regions of the world denies in practice the principle proclaimed in law. Religious strife is a danger to social, political, and economic development. Religious conflict polarizes society, breaking the bonds necessary for social life and commerce to flourish. It produces violence, which robs people of the most fundamental right of all, the right to life. And it sows seeds of distrust and bitterness that can be passed down through the generations. Often impunity and media neglect follow such tragedies. A recent survey shows that out of 100 people killed because of religious hatred, 75 are Christian2. That concentration of religious discrimination should cause concern to all of us. But the Holy See’s purpose in this intervention is to reaffirm the importance of the right to freedom of religion for all individuals, for all communities of faith, and for every society, in all parts of the world.

2. The State has the duty to defend the right to freedom of religion and it has therefore the responsibility to create an environment where this right can be enjoyed. As stated in the Declaration on Religious Discrimination and elsewhere, the State has to fulfil several duties in the everyday functioning of society. For example, the State must not practice religious discrimination -- in its laws, in its policies, or by allowing de facto discrimination by public employees. It must promote religious tolerance and understanding throughout society, a goal that can be achieved if educational systems teach respect for all and judicial systems are impartial in the implementation of laws and reject political pressure aimed at ensuring impunity for perpetrators of human rights crimes against followers of particular religion. The State should support all initiatives aimed at promoting dialogue and mutual respect between religious communities. It must enforce its laws that fight against religious discrimination -- vigorously, and without selectivity. The State must provide physical security to religious communities under attack. It must encourage majority populations to enable religious minorities to practice their faith individually and in community without threat or hindrance. The State must have laws that require employers to make "reasonable accommodations" for an employee’s religion.

3. Freedom of religion is a value for society as a whole. The State that protects this right enables society to benefit from the social consequences that come with it: peaceful coexistence, national integration in today’s pluralistic situations, increased creativity as the talents of everyone are placed at the service of the common good. On the other hand, the negation of religious freedom undermines any democratic aspiration, favours oppression, and stifles the whole society that eventually explodes with tragic results. From this angle as well it is clear that freedom of religion and conviction is complementary and intrinsically linked to freedom of opinion, expression and assembly. Besides, an environment of real freedom of religion becomes the best medicine to prevent the manipulation of religion for political purposes of power grabbing and power maintenance and for the oppression of dissenters and of different faith communities or religious minorities. In fact, religious discrimination and strife are rarely, if ever, solely the product of differences in religious opinions and practices. Below the surface are social and political problems.

4. To reap the social benefits of religious freedom specific measures need to be devised that allow the practical exercise of this right to flourish. Mr. President, I would like to highlight some measures at the U.N. level. The Special Rapporteur on freedom of religion could be invited regularly to include information on persecution of religious groups. It would be helpful if the Office of the U.N. High Commissioner of Human Rights were to monitor the situation of governmental and societal restrictions on religious freedom and report annually to the Human Rights Council. Article 20 of the Covenant on Civil and Political Rights3, which pertains to advocacy of religious hatred that incites religious discrimination, raises important questions, such as the relation between various rights, and about the best ways to achieve legitimate aims. Blasphemy laws are a case in point. The workshops mandated to study Article 20, and to propose good practices, are a step in the right direction.

5. I will conclude, Mr. President, by calling attention to three false perceptions surrounding freedom of religion and belief. In the first place, the right to express or practice one’s religion is not limited to acts of worship. It also includes the right to express one’s faith through acts of charitable and social service. For example, providing health and education through religious institutions are important ways for people to live their faith.4 Second, faith communities have their own rules for qualifications for religious office, and for serving in religious institutions, including charitable facilities. These religious institutions are part of civil society, and not branches of the state. Consequently, the limits that international human rights law places on States regarding qualifications on state office holding and public service do not apply automatically to non-state actors. As acknowledged by the Declaration on Religious Discrimination, freedom of religion entails the right of a religious community to set its own qualifications.5Religious tolerance includes respecting differences of opinions in these matters, and respecting the difference between a state and a religious institution. And finally, there is a fear that respecting the freedom to choose and practice another religion, different from one’s own, is based on a premise that all truth is relative and that one’s religion is no longer absolutely valid. That is a misunderstanding. The right to adopt, and to change, a religion is based on respect for human dignity: the State must allow each person to freely search for the truth.

6. Mr President, the State has an ethical and legal obligation to uphold and make applicable the right to freedom of religion or conviction both because it is a fundamental human right, and because it is its duty to defend the rights of its citizens and to seek the welfare of society. As His Holiness Pope Benedict XVI stated in addressing the diplomatic corps, religious freedom is "the fundamental path to peace. Peace is built and preserved only when human beings can freely seek

and serve God in their hearts, in their lives and in their relationships with others."6

______________________

1 Declaration on the Elimination of All Forms of Intolerance and of Discrimination Based on Religion or Belief, General Assembly Res. 36/55 (1981); e.g., fourth preambular paragraph.

2 Cfr., Aid to the Church in Need, Religious Freedom in the World – Report 2010; Conference Persecution of Christians organized by the Commission of the Bishops’ Conferences of the European Community, the European Parliamentary Groups of the European People’s Party and the European Conservatives and Reformist’s Group on October 10, 2011

3 Article 20 : "1.Any propaganda for war shall be prohibited by law. 2, Any advocacy of national, racial or religious hatred that constitutes incitement to discrimination, hostility or violence shall be prohibited by law."

4 See, for example, Article 6(b), Declaration on the Elimination of All Forms of Intolerance and of Discrimination Based on Religion or Belief.

5 Article 6(g), Declaration on the Elimination of All Forms of Intolerance and of Discrimination Based on Religion or Belief.

6 His Holiness Pope Benedict XVI. Address to the Members of the Diplomatic Corps. 10 January 2011.


+PetaloNero+
00sabato 5 marzo 2011 01:18
Lineamenta per il Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione
"Nova evangelizatio ad christianam fidem tradendam"



CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 4 marzo 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito i Lineamenta della XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che avrà luogo in Vaticano dal 7 al 28 ottobre 2012 sul tema «Nova evangelizatio ad christianam fidem tradendam - La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana».




www.zenit.org/article-25801?l=italian
+PetaloNero+
00lunedì 7 marzo 2011 15:28
NOMINA DEL DIRETTORE DELL’AUTORITÀ PER L’INFORMAZIONE FINANZIARIA


S. Em.za Rev.ma il Card. Attilio Nicora, Presidente dell’Autorità per l’Informazione Finanziaria, ha nominato l’Avv. Francesco De Pasquale Direttore della medesima Autorità.

+PetaloNero+
00venerdì 11 marzo 2011 01:23
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI JOSEPH RATZINGER - BENEDETTO XVI: "GESÙ DI NAZARET - SECONDA PARTE. DALL’INGRESSO IN GERUSALEMME FINO ALLA RISURREZIONE" (LIBRERIA EDITRICE VATICANA)


Alle ore 17.00 di oggi, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede si tiene la Conferenza Stampa di presentazione del libro di Joseph Ratzinger - Benedetto XVI: "Gesù di Nazaret - Seconda Parte. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione" (Libreria Editrice Vaticana).
Intervengono: l’Em.mo Card. Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi; il Prof. Claudio Magris, scrittore e germanista, e il Rev.do Don Giuseppe Costa, S.D.B., Direttore della Libreria Editrice Vaticana.
Pubblichiamo di seguito l’intervento dell’Em.mo Card. Marc Ouellet:


INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. MARC OUELLET



Nonostante sia assai denso, questo libro si legge per intero senza interruzioni. Percorrendone i nove capitoli e le prospettive finali, il lettore è trasportato per sentieri scoscesi verso l’avvincente incontro con Gesù, una figura familiare che si rivela ancor più vicina nella sua umanità come nella sua divinità. Completata la lettura, si vorrebbe proseguire il dialogo, non soltanto con l’autore ma con Colui del quale egli parla. Gesù di Nazareth è più di un libro, è una testimonianza commovente, affascinante, liberatrice. Quanto interesse susciterà tra gli esperti e tra i fedeli!

L’EVENTO

Oltre l’interesse d’un libro su Gesù, è il libro del papa che si presenta in umiltà al foro degli esegeti, per confrontarsi con loro sui metodi e sui risultati delle loro ricerche. Lo scopo del Santo Padre è quello di andare con loro più lontano, in stretto rigore scientifico, certo, ma anche nella fede nello Spirito Santo che scandaglia le profondità di Dio nella Sacra Scrittura. In questo foro, gli scambi fecondi predominano di molto sugli accenti critici, e ciò contribuisce a far meglio conoscere e riconoscere l’essenziale contributo degli esegeti.

Non c’è forse da trarre grande speranza da questo riavvicinamento tra l’esegesi rigorosa dei testi biblici e l’interpretazione teologica della Sacra Scrittura? Io non posso fare a meno di scorgere in questo libro l’aurora d’una nuova era dell’esegesi, una promettente era di esegesi teologica.

Il papa dialoga in primo luogo con l’esegesi tedesca ma non ignora importanti autori che appartengono alle aree linguistiche francofona, anglofona e latina. Eccelle nell’individuare le questioni essenziali e i nodi decisivi, costringendosi ad evitare le discussioni sui dettagli e le dispute di scuola che pregiudicherebbero il suo proposito, che è quello di «trovare il Gesù reale», non il «Gesù storico» proprio del filone dominante dell’esegesi critica, ma il «Gesù dei Vangeli» ascoltato in comunione con i discepoli di Gesù d’ogni tempo, e così «giungere anche alla certezza della figura veramente storica di Gesù» (9).

Questa formulazione del suo obiettivo manifesta l’interesse metodologico del libro. Il papa affronta in modo pratico ed esemplare il complemento teologico auspicato dall’Esortazione Apostolica Verbum Domini per lo sviluppo dell’esegesi. Nulla stimola di più dell’esempio dato e dei risultati ottenuti. Gesù di Nazareth offre una magnifica base per un fruttuoso dialogo non solo tra esegeti, ma anche tra pastori, teologi ed esegeti.

Prima di illustrare con alcuni esempi i risultati di questa esegesi di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, aggiungo ancora un’osservazione sul metodo. L’autore si sforza di applicare in maggior profondità i tre criteri d’interpretazione formulati al Concilio Vaticano II dalla Costituzione sulla Divina Rivelazione Dei Verbum: tener conto dell’unità della Sacra Scrittura, del complesso della Tradizione della Chiesa e rispettare l’analogia della fede. Come buon pedagogo che ci ha abituati alle sue omelie mistagogiche, degne di san Leone Magno, Benedetto XVI, a partire dalla figura - oh quanto centrale ed unica - di Gesù, mostra la pienezza di senso che promana dalla Sacra Scrittura «interpretata alla luce dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta » (DV 12).

Anche se l’autore si preclude d’offrire un Insegnamento ufficiale della Chiesa, è facile immaginare che la sua autorità scientifica e la ripresa in profondità di certe questioni disputate saranno di grande aiuto per confermare la fede di molti. Serviranno inoltre a far progredire dei dibattiti rimasti insabbiati a motivo dei pregiudizi razionalisti e positivisti che hanno intaccato il prestigio dell’esegesi moderna e contemporanea.

Tra la comparsa del primo volume nell’aprile 2007 e quella del secondo in questa Quaresima 2011, un gran numero di eventi felici ma anche di penose esperienze ha segnato la vita della Chiesa e del mondo. Ci si chiede come il papa sia riuscito a scrivere quest’opera molto personale e molto impegnativa, di cui l’attualità del tema e l’audacia del progetto balzano agli occhi di chiunque s’interessi al cristianesimo. Come teologo e come pastore, ho la sensazione di vivere un momento storico di grande portata teologica e pastorale. È come se in mezzo alle onde che agitano la barca della Chiesa, Pietro avesse ancora una volta afferrato la mano del Signore che ci viene incontro sulle acque, per salvarci (Mt 14, 22-33).

NODI DA SCIOGLIERE

Detto ciò che riguarda il carattere storico, teologico e pastorale dell’evento, veniamo al contenuto del libro che vorrei riassumere assai a grandi linee attorno ad alcune questioni cruciali. Innanzitutto la questione del fondamento storico del cristianesimo che attraversa i due volumi dell’opera; poi la questione del messianismo di Gesù, seguita da quella dell’espiazione dei peccati da parte del Redentore, che costituisce un problema per molti teologi; allo stesso modo la questione del sacerdozio di Cristo in rapporto alla sua Regalità e al suo Sacrificio che tanta importanza rivestono per la concezione cattolica del sacerdozio e della Santa Eucaristia; da ultimo la questione della risurrezione di Gesù, il suo rapporto alla corporeità ed il suo legame con la fondazione della Chiesa.

Non occorre dire che l’elenco non è esaustivo e molti troveranno altre questioni più interessanti, ad esempio il suo commento del discorso escatologico di Gesù o ancora della preghiera sacerdotale in Giovanni 17. Io identifico le questioni qui esposte come nodi da sciogliere in esegesi come in teologia, allo scopo di ricondurre la fede dei fedeli alla Parola stessa di Dio, compresa in tutta la sua forza e la sua coerenza, nonostante i condizionamenti teologici e culturali che a volte impediscono l’accesso al senso profondo della Scrittura.

La questione del fondamento storico del cristianesimo impegna Joseph Ratzinger fin dagli anni della sua formazione e del suo primo insegnamento, come appare dal suo volume su Introduzione al cristianesimo (Einführung in das Christentum), pubblicato oltre quarant’anni or sono, e che ebbe all’epoca un notevole impatto sugli uditori e i lettori. Dal momento che il cristianesimo è la religione del Verbo incarnato nella storia, per la Chiesa è indispensabile stare ai fatti ed agli avvenimenti reali, proprio in quanto essi contengono dei «misteri» che la teologia deve approfondire utilizzando chiavi d’interpretazione che appartengono al dominio della fede. In questo secondo volume che tratta degli avvenimenti centrali della passione, della morte e della risurrezione di Cristo, l’autore confessa che il compito è particolarmente delicato. La sua esegesi interpreta i fatti reali in maniera analoga al trattato su «i misteri della vita di Gesù» di san Tommaso d’Aquino, «guidato dall’ermeneutica della fede, ma tenendo conto nello stesso tempo e responsabilmente della ragione storica, necessariamente contenuta in questa stessa fede» (9).

Sotto questa luce, si comprende l’interesse del papa per l’esegesi storico-critica ch’egli ben conosce e da cui trae il meglio per approfondire gli avvenimenti dell’Ultima Cena, il significato della preghiera del Getsemani, la cronologia della passione ed in particolare le tracce storiche della risurrezione. Non manca di porre in evidenza di passaggio il difetto d’apertura di un’esegesi esercitata in modo troppo esclusivo secondo la «ragione», ma il suo principale intendimento rimane quello di far luce teologicamente sui fatti del Nuovo Testamento con l’aiuto dell’Antico Testamento e viceversa, in modo analogo ma più rigoroso rispetto all’interpretazione tipologica dei Padri della Chiesa. Il legame del cristianesimo con l’ebraismo appare rafforzato da questa esegesi che si radica nella storia di Israele ripresa nel suo orientamento verso il Cristo. Ecco allora, per esempio, che la preghiera sacerdotale di Gesù, che sembra per eccellenza una meditazione teologica, acquisisce in lui una dimensione del tutto nuova grazie alla sua interpretazione illuminata dalla tradizione ebraica dello Yom Kippur.

Un secondo nodo riguarda il messianismo di Gesù. Certi esegeti moderni hanno fatto di Gesù un rivoluzionario, un maestro di morale, un profeta escatologico, un rabbi idealista, un folle di Dio, un messia in qualche modo a immagine del suo interprete influenzato dalle ideologie dominanti.

L’esposizione di Benedetto XVI su questo punto è diffusa e ben radicata nella tradizione ebraica. Egli s’inserisce nella continuità di questa tradizione che unisce il religioso e il politico, ma sottolineando a qual punto Gesù operi la rottura tra i due domini. Gesù dichiara davanti al Sinedrio d’essere il Messia, ma non senza chiarire la natura esclusivamente religiosa del proprio messianismo. È d’altra parte per questo motivo che è condannato come blasfemo, poiché si è identificato con «il Figlio dell’uomo che viene sulle nubi del cielo». Il papa espone con forza e chiarezza le dimensioni regale e sacerdotale di questo messianismo, il cui senso è quello d’instaurare il culto nuovo, l’adorazione in Spirito e in Verità, che coinvolge l’intera esistenza, personale e comunitaria, come un’offerta d’amore per la glorificazione di Dio nella carne.

Un terzo nodo da sciogliere riguarda il senso della redenzione e il posto che vi deve o meno occupare l’espiazione dei peccati. Il papa affronta le obiezioni moderne a questa dottrina tradizionale. Un Dio che esige una espiazione infinita non è forse un Dio crudele la cui immagine è incompatibile con la nostra concezione d’un Dio misericordioso? Come conciliare le nostre moderne mentalità sensibili all’autonomia delle persone con l’idea di un’espiazione vicaria da parte di Cristo? Questi nodi sono particolarmente difficili da sciogliere.

L’autore riprende queste domande più volte, a diversi livelli, e mostra come la misericordia e la giustizia vadano di pari passo nel quadro dell’Alleanza voluta da Dio. Un Dio che perdonasse tutto senza preoccuparsi della risposta che deve dare la sua creatura avrebbe preso sul serio l’Alleanza e soprattutto l’orribile male che avvelena la storia del mondo? Quando si guardano da vicino i testi del Nuovo Testamento, domanda l’autore, non è Dio a prendere su se stesso, nel suo Figlio crocifisso, l’esigenza d’una riparazione e d’una risposta d’amore autentico? «Dio stesso ‘beve il calice’ di tutto ciò che è terribile e ristabilisce così il diritto mediante la grandezza del suo amore che, attraverso la sofferenza, trasforma il buio» (258-259).

Tali questioni sono poste e risolte in un senso che invita alla riflessione ed in primo luogo alla conversione. Non si può infatti veder chiaro in tali questioni ultime rimanendo neutrali o a distanza. Occorre investirvi la propria libertà per scoprire il senso profondo dell’Alleanza che giustamente impegna la libertà d’ogni persona. La conclusione del Santo Padre è perentoria: «Il mistero dell’espiazione non dev’essere sacrificato a nessun razionalismo saccente» (267).

Un quarto nodo concerne il Sacerdozio di Cristo. Secondo le categorie ecclesiali del giorno d’oggi, Gesù era un laico investito d’una vocazione profetica. Non apparteneva all’aristocrazia sacerdotale del Tempio e viveva al margine di questa fondamentale istituzione del popolo d’Israele. Questo fatto ha indotto molti interpreti a considerare la figura di Gesù come del tutto estranea e senza alcun rapporto con il sacerdozio. Benedetto XVI corregge quest’interpretazione appoggiandosi saldamente sull’Epistola agli Ebrei che parla diffusamente del Sacerdozio di Cristo, e la cui dottrina ben si armonizza con la teologia di san Giovanni e di san Paolo.

Il Papa risponde ampiamente alle obiezioni storiche e critiche mostrando la coerenza del sacerdozio nuovo di Gesù con il culto nuovo ch’egli è venuto a stabilire sulla terra in obbedienza alla volontà del Padre. Il commento della preghiera sacerdotale di Gesù è d’una grande profondità e conduce il lettore a pascoli che non aveva immaginato. L’istituzione dell’Eucaristia appare in questo contesto d’una bellezza luminosa che si ripercuote sulla vita della Chiesa come suo fondamento e sua sorgente perenne di pace e di gioia. L’autore si attiene strettamente alle più approfondite analisi storiche ma dipana egli stesso delle aporie come solo un’esegesi teologica può farlo. Si giunge al termine del capitolo sull’Ultima Cena non senza emozione e restandone ammirati.

Un ultimo nodo da me considerato riguarda infine la risurrezione, la sua dimensione storica ed escatologica, il suo rapporto alla corporeità e alla Chiesa. Il Santo Padre comincia senza giri di parole: « La fede cristiana sta o cade con la verità della testimonianza secondo cui Cristo è risorto dai morti » (269).

Il papa insorge contro le elucubrazioni esegetiche che dichiarano compatibili l’annuncio della risurrezione di Cristo e la permanenza del suo cadavere nel sepolcro. Egli esclude queste assurde teorie osservando che il sepolcro vuoto, anche se non è una prova della risurrezione, di cui nessuno è stato diretto testimone, resta un segno, un presupposto, una traccia lasciata nella storia da un evento trascendente. «Solo un avvenimento reale d’una qualità radicalmente nuova era in grado di rendere possibile l’annuncio apostolico, che non è spiegabile con speculazioni o esperienze interiori, mistiche» (305).

Secondo lui, la risurrezione di Gesù introduce una sorta di «mutazione decisiva», un «salto di qualità» che inaugura «una nuova possibilità d’essere uomo». La paradossale esperienza delle apparizioni rivela che in questa nuova dimensione dell’essere «egli non è legato alle leggi della corporeità, alle leggi dello spazio e del tempo». Gesù vive in pienezza, in un nuovo rapporto con la corporeità reale, ma è libero nei confronti dei vincoli corporei quali noi li conosciamo.

L’importanza storica della risurrezione si manifesta nella testimonianza delle prime comunità che hanno dato vita alla tradizione della domenica come segno identificativo d’appartenenza al Signore. «Per me, dice il Santo Padre la celebrazione del Giorno del Signore, che fin dall’inizio distingue la comunità cristiana, è una delle prove più forti del fatto che in quel giorno è successa una cosa straordinaria – la scoperta del sepolcro vuoto e l’incontro con il Signore risorto» (288).

Nel capitolo sull’Ultima Cena, il papa affermava: «Con l’Eucaristia, la Chiesa stessa è stata istituita». Qui aggiunge un’osservazione di grande portata teologica e pastorale: «Il racconto della risurrezione diviene per se stesso ecclesiologia: l’incontro con il Signore risorto è missione e dà alla Chiesa nascente la sua forma» (289). Ogni volta che noi partecipiamo all’Eucaristia domenicale andiamo all’incontro con il Risorto che torna verso di noi, nella speranza che noi rendiamo così testimonianza ch’Egli è vivente e ch’Egli ci fa vivere. Non c’è in tutto questo di che rifondare il senso della messa domenicale e della missione?

INVITO AL DIALOGO

Dopo aver citato questi nodi senza che mi sia possibile estendermi in modo adeguato sulla loro soluzione, mi preme concludere questa sommaria presentazione facendo un poco più spazio al significato di questa grande opera su Gesù di Nazareth.

È evidente come mediante quest’opera il successore di Pietro si dedichi al suo ministero specifico che è di confermare i suoi fratelli nella fede. Ciò che qui colpisce in sommo grado, è il modo con cui lo fa, in dialogo con gli esperti in campo esegetico, ed in vista di alimentare e fortificare la relazione personale dei discepoli con il loro Maestro e Amico, oggi. Una tal esegesi, teologica quanto al metodo, ma che include la dimensione storica, si riallaccia effettivamente al modo di interpretare dei Padri della Chiesa, senza tuttavia che l’interpretazione s’allontani dal senso letterale e dalla storia concreta per evadere in artificiose allegorie.

Grazie all’esempio che dà ed ai risultati che ottiene, questo libro eserciterà una mediazione tra l’esegesi contemporanea e l’esegesi patristica, da un lato, come anche nel necessario dialogo tra esegeti, teologi e pastori, da un altro. In quest’opera vedo un grande invito al dialogo su ciò che è essenziale del cristianesimo, in un mondo in cerca di punti di riferimento, in cui le differenti tradizioni religiose faticano a trasmettere alle nuove generazioni l’eredità della saggezza religiosa dell’umanità.

Dialogo dunque all’interno della Chiesa, dialogo con le altre confessioni cristiane, dialogo con gli Ebrei il cui coinvolgimento storico in quanto popolo nella condanna a morte di Gesù viene una volta di più escluso. Dialogo infine con altre tradizioni religiose sul senso di Dio e dell’uomo che emana dalla figura di Gesù, così propizia alla pace e all’unità del genere umano.

Al termine d’una prima lettura, avendo maggiormente gustato la Verità di cui con umiltà e passione è testimone l’autore, sento il bisogno di dar seguito a questo incontro di Gesù di Nazareth sia con l’invitare altri a leggerlo che riprendendone la lettura una seconda volta come meditazione del tempo liturgico di Quaresima e di Pasqua. Credo che la Chiesa debba rendere grazie a Dio per questo libro storico, per quest’opera cerniera tra due epoche, che inaugura una nuova era dell’esegesi teologica. Questo libro avrà un effetto liberatorio per stimolare l’amore della Sacra Scrittura, per incoraggiare la lectio divina e per aiutare i preti a predicare la Parola di Dio.

Alla fine di questo rapido volo su un’opera che avvicina il lettore al vero volto di Dio in Gesù Cristo, non mi rimane che dire: Grazie, Santo Padre! Consentitemi tuttavia di aggiungere ancora un’ultima parola, una domanda, poiché un simile servizio reso alla Chiesa e al mondo nelle circostanze che si conoscono e con i condizionamenti che si possono intuire, merita più d’una parola o d’un gesto di gratitudine. Il Santo Padre tiene la mano di Gesù sulle onde burrascose e ci tende l’altra mano perché insieme noi non facciamo che una cosa sola con Lui. Chi afferrerà questa mano tesa che ci trasmette le parole della Vita eterna?

+PetaloNero+
00venerdì 11 marzo 2011 15:51
INTERVENTO DELLA SANTA SEDE ALLA XVI SESSIONE ORDINARIA DEL CONSIGLIO DEI DIRITTI DELL’UOMO SUL DIRITTO AL CIBO

L’8 marzo 2011, l’Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite, S.E. Mons. Silvano M. Tomasi, ha pronunciato un intervento sul diritto al cibo alla XVI Sessione Ordinaria del Consiglio dei Diritti dell’Uomo, in corso a Ginevra dal 28 febbraio al 25 marzo 2011, il cui testo riportiamo di seguito:


INTERVENTO DI S.E. MONS. SILVANO M. TOMASI

Mr. President,

1. The right to food is a basic right because it is intrinsically linked to the right to life. Almost a billion people, however, do not enjoy this right. The challenge for the world’s community is "to tackle one of the gravest challenges of our time: freeing millions of human beings from hunger, whose lives are in danger due to a lack of daily bread."1 Two conditions are involved: there must be safe food available in sufficient quantity; each person should have access to food. Special attention should be directed to the 2.5 billion people dependent on agriculture for their daily sustenance. Among this population are found most of the people who suffer from malnutrition and hunger. Solutions exist to improve the situation, but they demand vigorous action by the governments and peoples of the countries concerned. The international community is also expected to act. My Delegation would like to indicate some conditions it thinks necessary for the enjoyment of the human right to food and the development of policies of food security as a prerequisite for self-sufficiency.

2. First, it is necessary to recognize and strengthen the central role of agriculture in economic activity; thus, to reduce malnutrition in rural areas, production per person must increase in order to enhance local, regional or national food independence. Investments to improve productivity are required in the areas of seeds, training, sharing of tools for cultivation and of the means for marketing. Structural changes are also demanded according to the specificity of individual states. For example, we must ensure security of land tenure for farmers, especially for those with small landholdings. The customary right of land ownership may be reconsidered. A clear property right gives the farmer the opportunity to pledge his land in exchange for seasonal credit to purchase necessary inputs. In addition, the aim of land tenure has now become increasingly important in the face of the expansion of the phenomenon of land grabs. In Sub-Saharan Africa, 80% of the land is occupied by poor who have no land titles. In addition, membership in cooperatives and access to information services would strengthen productivity.

3. We must ensure that food flows to those who need it. The current food crises have shown that some regions are facing serious shortfalls, and in areas that traditionally produce food the stocks are now exhausted or limited. These circumstances entail strong restrictions to food aid in emergency situations. The smooth flow of food products involves several conditions: local markets should be efficient, transparent and open; information must flow efficiently; investment in roads, transport and storage of crops is indispensable. Barriers to exports that have been decided by sovereign states must be limited. These barriers temporarily exacerbate deficits in importing countries and strongly raise prices; finally, food aid that plays a vital role in cases of disasters must not disrupt local agricultural production. For example, the distribution of large amounts of food either free or cheap can ruin the farmers of the region who can no longer sell their products. In so doing, we jeopardize the future of local agriculture.

4. Adequate measures, therefore, should be taken to protect farmers against price volatility which has a strong impact on food security for several reasons: high prices make food unaffordable for the poor and low prices give farmers the incorrect information on needed seedlings after harvest for the following year. To prevent price volatility or at least weaken its impact, local food crops need to be protected against sudden disruptions in international prices. The customs duty at the entrance of an importing country (or the cyclical adjustment of special and differential treatment) must take into account both the needs of poor consumers and secondly the price to be paid to small farmers so they may afford a dignified standard of living and promote production. Speculation should be limited to the actors necessary for the proper functioning of the future markets. Governments should refrain from introducing measures that increase volatility, and are called to reconsider that food cannot be like any commodity, a matter of speculation or an instrument of political pressure. The establishment of regional stockpiles of raw food (cereals, oil, sugar) can have a twofold benefit: these stocks can be sold at an affordable price in case of shock and they can play a moderating role against the volatility of local prices.

5. The availability of food is not a sufficient factor to ensure food for everyone. People must have sufficient income to purchase food or food should have an affordable price for the poor. This raises the question of a comprehensive safety net that may consist in making available food products at subsidized prices for the poorest people at a regional level. The level of subsidy would vary according to the market price so that the cost of subsidized food can remain stable. It is illusory to believe there is a "good price" for wheat or corn. The price that a poor consumer may be able to pay may not correspond with what a small African farmer needs to live. We must construct mechanisms that bridge the gap between these two prices and for the poorest countries solidarity requires that they be internationally funded.

6. A recent development in the world search for food security regards the purchase or rent of large extensions of arable land on the part of foreign organizations in countries other than their own. It seems a reasonable precondition to require that the people who are in the area should be respected, included in the project, and that the level of food security in the region should be increased. This said, investment in hunger and agriculture is essential to eradicate hunger and malnutrition.

7. In conclusion, Mr. President, food insecurity is not inevitable, given the vast agricultural and pastoral areas to be exploited still. With a concerted and determined action sustained by the ethical conviction that the human family is one and must move forward in solidarity, urban and rural populations together, the right to food can be implemented for every person.

_______________________

1 Pope Benedict XVI. Message to Mr Jacques Diouf, Director General of FAO, on the occasion of World Food Day 2007.
+PetaloNero+
00giovedì 17 marzo 2011 16:07
INTERVENTO DELLA SANTA SEDE ALLA XVI SESSIONE ORDINARIA DEL CONSIGLIO DEI DIRITTI DELL’UOMO SULLA LIBERTÀ RELIGIOSA

Il 10 marzo 2011, l’Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite, S.E. Mons. Silvano M. Tomasi, ha pronunciato un intervento sulla libertà religiosa alla XVI Sessione Ordinaria del Consiglio dei Diritti dell’Uomo, in corso a Ginevra dal 28 febbraio al 25 marzo 2011, il cui testo riportiamo di seguito:


INTERVENTO DI S.E. MONS. SILVANO M. TOMASI

Mr. President,

The Special Rapporteur on freedom of religion or belief has addressed a very crucial and timely theme, the human right of freedom of religion in the context of, and in relation to education. Modern States are built up, stand and develop, inter alia, on the pillars of education, health and social assistance. Besides, education seems to be an area that reacts with greater sensibility to cultural and demographic transformations that occur in society. At the same time, the transmission to new generations of a religion is a social enrichment worthy of preservation. Therefore the well recognized right of parents to decide the type of religious education their children should received takes precedence over any open or indirect imposition by the State. As art. 5.2 of the Declaration on the Elimination of All Forms of Intolerance and Discrimination Based on Religion or Belief unequivocally states: "Every child shall enjoy the right to have access to education in the matter of religion or belief in accordance with the wishes of his parents, or, as the case may be, legal guardians, and shall not be compelled to receive teaching on religion or belief against the wishes of his parents or legal guardians, the best interest of the child being the guiding principle." Similar language is in art. 18.4 of the International Covenant on Civil and Political Rights, as the Special Rapporteur has rightly underlined.

Education and freedom of religion or belief constitute a vast area of concern. The inter-relationship between the two is an evolving experiment in many ways, but fundamental rights cannot be transgressed: those relating to parents and those relating to believers themselves acting in community. On the other hand, while people should have the right to profess their religious ideas freely, this should be done within the limits imposed by the common good and a just public order, and, in every case, in a manner characterized by responsibility. (Compendium of the social doctrine of the Church, 200) The challenge of balancing rights of equal value is particularly obvious in preventing discrimination. The duty to guarantee an equal protection of rights should not be tainted by ideological positions that would consider a particular belief as intolerant while accepting that the State could force a religion to adopt a doctrine or behaviour that are against its own convictions. In this sense, public instruction should not treat the subject of religion in a way that leads to the rejection of the parents’ preference and the advancement of an alternative set of beliefs. Finally the assumption that a faith must change over time needs a cautious approach. While certain historical conditionings can be adapted to new circumstances, one has to avoid any form of relativism, on the one hand, and, on the other, undue interference in the internal life of faith communities that would violate the fundamental human right of freedom of religion.

In conclusion, Mr. President, education and freedom of religion can reinforce each other. A fair presentation of different beliefs can prevent the stereotyping of other people’s convictions, can open to dialogue and to respect of the inalienable dignity of every student, of every believer and of every person.

Thank you, Mr. President.















AVVISO DELL’UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE


POSSESSO CARDINALIZIO



L’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice dà comunicazione della seguente Presa di Possesso:

Sabato 26 marzo 2011, alle ore 18.00, l’Em.mo Cardinale Medardo Joseph Mazombwe, Arcivescovo emerito di Lusaka, prenderà possesso del Titolo di Santa Emerenziana a Tor Fiorenza, via Lucrino, 53.
+PetaloNero+
00venerdì 18 marzo 2011 15:57
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELL’INIZIATIVA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA: IL "CORTILE DEI GENTILI"


Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede si tiene la conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa del Pontificio Consiglio della Cultura denominata "Cortile dei Gentili" - Due giorni d’incontro e di dialogo fra credenti e non credenti a Parigi (24-25 marzo 2011).
Intervengono: l’Em.mo Card. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura; P. Jean-Marie Laurent Mazas, FSJ, Direttore esecutivo del "Cortile dei Gentili" e S.E. il Sig. Stanislas de Laboulaye, Ambasciatore di Francia presso la Santa Sede.
Pubblichiamo di seguito una scheda informativa con il programma della due giorni di Parigi:


PROGRAMMA

Parvis des Gentils
Deux jours de dialogues
24 et 25 Mars 2011

Programme et interventions

Jeudi 24 mars 2011
UNESCO
15h00 - 18h00
Salle XI
(sur invitation)

Devant des diplomates, des fonctionnaires internationaux, des représentants de la culture et des doctorants, la séance qui se tiendra à l’UNESCO aura une fonction inaugurale.

Coprésidence
Madame Irina BOKOVA
Directrice générale UNESCO
S. Em. le Cardinal Gianfranco RAVASI
Président du Conseil pontifical de la Culture

Interventions principales
Monsieur Giuliano AMATO
Ancien président du Conseil italien
Madame Aziza BENNANI
Ambassadrice du royaume du Maroc auprès de l’UNESCO
Monsieur Pavel FISCHER
Ancien ambassadeur de la République tchèque en France
Monsieur Fabrice HADJADJ
Ecrivain et philosophe
Monsieur Henri LOPES
Ancien ambassadeur du Congo auprès de la France et de l’UNESCO
Monsieur Jean VANIER
Fondateur de l’Arche de Trosly

Conclusion :
Mgr Francesco FOLLO
Observateur permanent du Saint-Siège auprès de l'UNESCO

Modération :
P. Laurent MAZAS
Fsj, président exécutif du Parvis des Gentils, Conseil pontifical de la Culture,
P. François BOUSQUET
Vice-recteur à la recherche, Institut Catholique de Paris



Vendredi 25 mars 2011
Sorbonne
9h00 - 12h00
Grand amphithéâtre
(entrée libre sur inscription)

Cette séance en Sorbonne s’adressera d’abord aux universitaires, professeurs et étudiants-doctorants. Co-présidée par le Cardinal Gianfranco RAVASI et en présence de Monsieur Patrick GERARD, Recteur d’Académie, chancelier des universités de Paris, la séance conduite par le Professeur Jean-Luc MARION, de l’Académie Française, examinera le thème directeur des trois manifestations « Lumières, religions, raison commune ».

Coprésidence
Monsieur Patrick GERARD
Recteur d’Académie, chancelier des universités de Paris
S. Em. le Cardinal Gianfranco RAVASI
Président du Conseil pontifical de la Culture

Modération
Monsieur le Professeur Jean-Luc MARION
de l’Académie Française

Interventions
Monsieur le Professeur Axel KAHN
Président de l'Université Paris Descartes, généticien et essayiste
Madame le Professeur Julia KRISTEVA
Professeur à l'Institut universitaire de Paris 7, écrivain et psychanalyste
Monsieur le Professeur Bernard BOURGEOIS
Membre de l'Institut, philosophe
Monsieur Dominique PONNAU
Conservateur général du Patrimoine, Directeur honoraire de l'Ecole du Louvre, Ecrivain

Conclusion
Monsieur le Professeur Pierre CAHNE
Recteur de l'Institut catholique de Paris



Vendredi 25 mars 2011
Institut de France
15h00 - 18h00
Salle des cinq académies
(Sur invitation)

Le vendredi 25 mars après-midi, l’Institut de France accueillera la troisième et dernière séance de fondation du Parvis des Gentils. La logique en est simple : si le nouveau dialogue qui s’inaugure veut porter des fruits et ne pas se payer de mots, il doit aller jusqu’aux conséquences concrètes de ce qu’il préconise. Les tâches qui s’ouvrent alors dans la société exigent que cette réflexion s’incarne dans des pratiques culturelles spécifiques, et c’est ce que représentent les cinq académies qui composent l’Institut de France.

Coprésidence
Monsieur Gabriel de BROGLIE
de l'Académie française, Chancelier de l’Institut de France
S. Em. Le Cardinal Gianfranco RAVASI
Président du Conseil pontifical de la Culture

ECONOMIE, ETHIQUE ET FINANCE
Monsieur Bertrand COLLOMB
Membre de l'Académie des sciences morales et politiques
Monsieur Jean-Claude CASANOVA
Membre de l'Académie des sciences morales et politiques

DROIT ET MULTIPLICITE DES REFERENCES
Monsieur François TERRE
Membre de l'Académie des sciences morales et politiques
Monsieur Rémi BRAGUE
Membre de l'Académie des sciences morales et politiques

ART, CULTE ET CULTURE
Monsieur Jean CLAIR
de l'Académie française
S. Exc. Mgr Claude DAGENS
de l'Académie française

Conclusion
S. Em. le Cardinal Gianfranco RAVASI
Président du Conseil pontifical de la Culture



Vendredi 25 mars 2011
Au Collège des Bernardins
19h00 - 20h00
Table-ronde conclusive
(entrée libre dans la limite des places disponibles)

Au terme de ces deux jours de rencontres, le projet global du Parvis des Gentils sera présenté lors d’une table ronde animée par Patrick DE CAROLIS. Des personnalités du monde de la culture, des medias et de l’entreprise seront réunies sur ce plateau pour un débat conclusif et tourné vers l’avenir.

Animation
Patrick DE CAROLIS
de l'Académie des Beaux Arts
Avec
Arlette CHABOT
Emmanuelle MIGNON
Axel KAHN
Bruno RACINE
Cardinal Gianfranco RAVASI


Vendredi 25 mars 2011
Dès 19h30
« Au parvis de l’Inconnu »
(Entrée libre)
Sur le parvis de Notre-Dame

Au cours de cette soirée, le Pape s’adressera à tous, à partir d‘un écran géant, sur la signification et les objectifs de cette initiative.

Ce n’est pas une fête comme les autres que propose le Parvis des Gentils ... « Au Parvis de l’Inconnu », sera un moment de rencontre et de communion, autour de thèmes communs à tous les hommes : la place de l’humain dans l’immensité de l’Univers, la question de la souffrance, le mystère de l’homme - être créateur, capable du Beau, et ouvert à l’Amour.
Dans un esprit de fête, chacun est convié. Le spectacle permet une sortie de soi ; il ouvre le regard, provoque rencontres et dialogues.

CRÉATION, CHANSON, ECOUTE, DANSE, DIALOGUE, CONTEMPLATION
Paddy Kelly

Jeune artiste irlandais très talentueux, auteur compositeur interprète remontera sur scène pour l’événement et interprétera des créations inédites et titres de son répertoire. Son histoire personnelle fait de lui un témoin sensible du dialogue entre croyants et non-croyants: star du show business il se convertit soudain sous l’effet d’une brûlante rencontre avec Dieu.

Accompagné de son groupe il jouera notamment l’hymne qu’il a composé pour le Parvis des gentils, Unknown You, ainsi que des balades entre les différents temps forts de la soirée.
Chaque thème donnera lieu à un « dialogue du parvis », groupes de discussion animés par des invités qui débattent entre eux et avec un public. Ils inviteront ainsi à s’exprimer ceux qui seront présents, dans un échange respectueux et libre. Quatre espaces seront aménagés sur le parvis pour accueillir les dialogues du parvis où tous pourront accéder dans la limite des places disponibles.

La soirée sera ouverte par le thème de la place de l’homme dans l’univers.

L’espace infini provoque la question des origines et du sens de la vie sur terre. Sommes-nous là par hasard ? Que nous apprend l’observation des immensités silencieuses ?
Le ciel a pu abriter ou incarner le Dieu Horloger, l’Etre omniscient qui règle le mouvement et le devenir de l’univers sur lesquels l’homme n’a pas de prise. Or l’étude scientifique du ciel remet en question ces mythes sacrés. Mis à l’épreuve des sciences astronomiques, ces croyances laissent place à un profond questionnement sur le cosmos, ce monde où l’homme est, à notre connaissance, le seul habitant conscient d’être présent au monde. Un monde au devenir duquel les actes des hommes semblent prendre de plus en plus part. A l’occasion du 80ème anniversaire de la théorie du Big Bang par l’Abbé Lemaître, cette ouverture sera centrée sur la question des origines et de la place de l’homme dans l’univers, avec la projection d’un court documentaire scientifique illustré de très belles images suivi d’un dialogue du parvis avec notamment le Professeur Dominique Lambert.
« Comment assumer convenablement [notre] position dans la Création et comprendre justement ce que l’on doit être pour être un homme ? » (Kant)

Si chaque livre de la Bible s’ouvre comme une faille, il en est certains qui s’ouvrent comme des blessures. Tel est celui de Job, situé au point névralgique de toutes les tensions. Païen résidant dans le pays d’Ouç, son héros (ou anti-héros) croit pourtant au Dieu d’Israël ; aimé de l’Éternel, il n’en est pas moins tourmenté par Satan ; figure de la foi et de l’espérance, il ne craint toutefois pas de déclarer : Périsse le jour où j’aillais naître, ou encore : La pendaison me séduit. Comment comprendre cette foi qui paraît à la lisière de l’athéisme ? Comment saisir cette espérance qui semble assumer le plus sombre désespoir ? Fabrice Hadjadj donnera un extrait de sa pièce, une tragi-comédie à la fois drôle et dure, avec un Dieu myope et un diable soucieux, où la vérité de l’homme ne peut plus se résumer à des leçons, mais se proclame dans un cri vertical. Entre les scènes, Damien Poisblaud chantera un programme sacré de tradition grégorienne.

Cette création mettra sur le devant de la scène un deuxième dialogue du parvis sur le thème de l’homme en souffrance, abandonné. La pièce de Fabrice Hadjadj sera jouée intégralement samedi 26 mars au Collège des Bernardins à 18h30.

Le Pape Benoît XVI a souhaité s'inviter sur le Parvis pour s'adresser aux jeunes incroyants, et non pas seulement, comme il en a l'habitude, aux croyants. Il interviendra en retransmission télévisuelle, pour dire que l’homme est aimé, qu’il est petit mais aussi grand sous le regard du Christ, pour montrer quelle voix, avant tout d’écoute et non de prosélytisme, veut donner l’Eglise à ce Parvis des Gentils.

L’HOMME DANS SA PETITESSE… MAIS AUSSI DANS SA GRANDEUR !

« Où en sommes-nous avec l’amour ? » Pascale Saint-Hilaire chorégraphe de la Compagnie Longuelouve présente en avant-première un extrait de sa création chorégraphique Le Cantique des Cantiques, où l’on voit sur scène sept femmes accompagner la Bien Aimée dans les prémices de l’Amour. Marie-Anne Remery Lucas a mis ses talents poétiques, ses connaissances théologienne, linguistiques et littéraires en ajoutant en introduction au Cantique un poème et en proposant une nouvelle traduction du Cantique des Cantiques, l’un des plus beaux chants d’amour de toute la littérature. Ce spectacle chorégraphique est mis en musique par Francesco Agnello et ses hangs. Le spectateur peut faire résonner en lui le langage de l’amour en sa plus franche humanité : que le spectateur voit, entende, qu’il sente, qu’il goûte, qu’il cherche, qu’il trouve, qu’il saisisse. Le Cantique est une parole incandescente, un message incontournable pour l’homme d’aujourd’hui sur le désir, l’attente, la relation, le corps humain, l’émerveillement, l’engagement, le couple, la tendresse, l’amour ...

Et l’on se demande à la vision de cette danse qui va jusqu’à faire vibrer la voix, mais qui sont elles ? qui est cette femme ? qui est ce Bien Aimé ? quel est cet Amour ? En écho à ce spectacle de la Cie Longuelouve viendra un troisième dialogue du parvis sur la voie de l’amour, être aimé, aimer soi-même et aimer l’autre.

C’est la capacité créatrice de l’homme, son énergie, son émerveillement face au Beau qui sera ensuite mise en avant. Face à nous, hommes du XXIème s., la façade de Notre-Dame, joyau de l’art gothique, témoigne de la grandeur de l’homme, capable un jour de bâtir des cathédrales. Mise en lumière et en mouvement par Bruno Seillier, la façade prendra vie pour relever ce patrimoine artistique et spirituel inouï, pour réveiller notre émerveillement. Une mise en lumières exceptionnelle !

Un quatrième dialogue du parvis mettra en question la voie de la beauté, le regard spirituel sur les oeuvres d’art, la contemplation du beau.

« Oui un jour dans tes parvis en vaut plus que mille » Ps83
En la Cathédrale Notre-Dame de Paris

La cathédrale Notre-Dame sera exceptionnellement ouverte pour ceux qui souhaiteront faire le pas du silence et de la prière. A l’intérieur, la communauté oecuménique des frères de Taizé animera toute la soirée une veillée de prière dans l’esprit qui est le leur : « être une communauté où l’on cherche à se comprendre et à se réconcilier toujours et, par là, rendre visible une petite parabole de communion. »

« Si vous êtes, ce que vous devez être, vous mettrez le feu au monde »
(Paroles de Catherine de Sienne, reprise par Jean Paul II, aux JMJ de Rome)

+PetaloNero+
00sabato 19 marzo 2011 01:22
Dichiarazione vaticana dopo la sentenza della Grande Chambre


CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 18 marzo 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la dichiarazione del Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, sulla sentenza odierna della Grande Chambre della Corte Europea dei diritti dell’uomo.

* * *

La sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo sull’esposizione obbligatoria del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche italiane è accolta con soddisfazione da parte della Santa Sede.

Si tratta infatti di una sentenza assai impegnativa e che fa storia, come dimostra il risultato a cui è pervenuta la Grande Chambre al termine di un esame approfondito della questione. La Grande Chambre ha infatti capovolto sotto tutti i profili una sentenza di primo grado, adottata all’unanimità da una Camera della Corte, che aveva suscitato non solo il ricorso dello Stato italiano convenuto, ma anche l’appoggio ad esso di numerosi altri Stati europei, in misura finora mai avvenuta, e l’adesione di non poche organizzazioni non governative, espressione di un vasto sentire delle popolazioni.

Si riconosce dunque, ad un livello giuridico autorevolissimo ed internazionale, che la cultura dei diritti dell’uomo non deve essere posta in contraddizione con i fondamenti religiosi della civiltà europea, a cui il cristianesimo ha dato un contributo essenziale. Si riconosce inoltre che, secondo il principio di sussidiarietà, è doveroso garantire ad ogni Paese un margine di apprezzamento quanto al valore dei simboli religiosi nella propria storia culturale e identità nazionale e quanto al luogo della loro esposizione (come è stato del resto ribadito in questi giorni anche da sentenze di Corti supreme di alcuni Paesi europei). In caso contrario, in nome della libertà religiosa si tenderebbe paradossalmente invece a limitare o persino a negare questa libertà, finendo per escluderne dallo spazio pubblico ogni espressione. E così facendo si violerebbe la libertà stessa, oscurando le specifiche e legittime identità. La Corte dice quindi che l’esposizione del crocifisso non è indottrinamento, ma espressione dell’identità culturale e religiosa dei Paesi di tradizione cristiana.

La nuova sentenza della Grande Chambre è benvenuta anche perché contribuisce efficacemente a ristabilire la fiducia nella Corte Europea dei diritti dell’uomo da parte di una gran parte degli europei, convinti e consapevoli del ruolo determinante dei valori cristiani nella loro propria storia, ma anche nella costruzione unitaria europea e nella sua cultura di diritto e di libertà.
+PetaloNero+
00lunedì 21 marzo 2011 15:48
APPELLO PER LA COLLETTA A SOSTEGNO DEI CRISTIANI IN TERRA SANTA





LETTERA DEL PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI



Pubblichiamo di seguito la Lettera che il Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, l’Em.mo Card. Leonardo Sandri, ha inviato ai Pastori della Chiesa Universale affinché sostengano la Terra Santa:


Eccellenza Reverendissima,

Ricordare la Colletta del Venerdì Santo significa richiamare un impegno che risale all’epoca apostolica. Lo attesta San Paolo, scrivendo ai cristiani della Galazia: ci pregarono di ricordarci dei poveri: ed è ciò che ho preso molto a cuore (2,10). E lo ribadisce ai fratelli di Corinto (1Cor. 16; 2Cor. 8-9) e a quelli di Roma: è parso bene, infatti, di fare una colletta per i poveri che si trovano fra i santi in Gerusalemme (15, 25-26).

La Terra Santa attende la fraternità della Chiesa universale e desidera ricambiarla nella condivisione dell’esperienza di grazia e di dolore che segna il suo cammino. Vuole riconoscere, prima di tutto, la grazia del Sinodo dei Vescovi per il Medio Oriente e quella della Visita Papale a Cipro. Tali eventi hanno accresciuto l’interesse del mondo e il ritorno di tanti pellegrini sulle orme storiche del Signore Gesù. Ma è sensibile anche al dolore per l’acuirsi delle violenze verso i cristiani nelle regioni orientali, le cui conseguenze si avvertono fortemente in Terra Santa. I cristiani d’Oriente esperimentano l’attualità del martirio e soffrono per l’instabilità o l’assenza della pace. Il segnale più preoccupante rimane il loro esodo inarrestabile. Qualche segno positivo in talune situazioni non è sufficiente, infatti, ad invertire la dolorosa tendenza dell’emigrazione cristiana, che impoverisce l’intera area delle forze più vitali costituite dalle giovani generazioni.

Tocca perciò a noi di unirci al Santo Padre per incoraggiare i cristiani di Gerusalemme, Israele e Palestina, di Giordania e dei Paesi orientali circostanti, con le sue stesse parole: Non bisogna mai rassegnarsi alla mancanza della pace. La pace è possibile. La pace è urgente. La pace è la condizione indispensabile per una vita degna della persona umana e della società. La pace è anche il miglior rimedio per evitare l’emigrazione dal Medio Oriente (Benedetto XVI nell’omelia conclusiva del Sinodo per il Medio Oriente).

Il presente appello alla Colletta si inscrive nella causa della pace, di cui i fratelli e le sorelle di Terra Santa desiderano essere efficaci strumenti nelle mani del Signore a bene di tutto l’Oriente.

Esso giunge all’inizio dell’itinerario quaresimale verso la Pasqua e potrà trovare il suo apice nel Venerdì Santo, oppure in occasioni considerate più favorevoli in ciascun contesto locale. Ma la Colletta rimane, ovunque, la via ordinaria e indispensabile per promuovere la vita dei cristiani in quella amata Terra.

La Congregazione per le Chiese Orientali si fa portavoce delle necessità pastorali, educative, assistenziali e caritative delle loro Chiese. Grazie alla universale solidarietà, esse rimarranno inserite nelle sofferenze e nelle speranze dei rispettivi popoli, crescendo nella collaborazione ecumenica ed interreligiosa. Renderanno gloria a Dio e difenderanno i diritti e i doveri dei singoli e delle comunità a cominciare dall’esercizio personale e pubblico della libertà religiosa. Si porranno al fianco dei poveri, senza distinzione alcuna, contribuendo alla promozione sociale del Medio Oriente. Soprattutto, vivranno le beatitudini evangeliche nel perdono e nella riconciliazione.

Papa Benedetto ci invita, però, ad andare al di là del gesto pur encomiabile dell’aiuto concreto. Il rapporto deve farsi più intenso per giungere ad una "vera spiritualità ancorata alla Terra di Gesù": Quanto più vediamo l’universalità e l’unicità della persona di Cristo, tanto più guardiamo con gratitudine a quella Terra in cui Gesù è nato, ha vissuto ed ha donato se stesso per tutti noi. Le pietre sulle quali ha camminato il nostro Redentore rimangono per noi cariche di memoria e continuano a «gridare» la Buona Novella...i cristiani che vivono nella Terra di Gesù testimoniando la fede nel Risorto…sono chiamati a servire non solo come un faro di fede per la Chiesa universale, ma anche come lievito di armonia, saggezza ed equilibrio nella vita di una società che tradizionalmente è stata e continua ad essere pluralistica, multietnica e multireligiosa (Esortazione post-sinodale Verbum Domini, 89).

Ringrazio a nome del Santo Padre i pastori e i fedeli della Chiesa intera nella fiducia che essi confermeranno la loro generosità. E’ il grazie sincero condiviso dalla Chiesa latina raccolta nella Diocesi Patriarcale di Gerusalemme e nella Custodia Francescana, come pure dalle Chiese Melchita, Maronita, Sira, Armena, Caldea, che insieme compongono la Chiesa cattolica di Terra Santa.

Col più fraterno augurio in Cristo Gesù.

Leonardo Card. Sandri
Prefetto

a Cyril Vasil’, S.I.
Arcivescovo Segretario





RAPPORTO DELLA CUSTODIA DI TERRA SANTA SU PROGETTI E OPERE REALIZZATI CON LA COLLETTA 2010



CUSTODIA DI TERRA SANTA
Ordine dei Frati Minori
Rapporto sommario 2009/2010

La Custodia di Terra Santa, prosegue incessantemente il suo cammino nella conservazione e tutela dei luoghi santi nella Terra di Gesù, per mantenere viva la liturgia nei luoghi di culto, per assistere i Pellegrini, intensificare le opere apostoliche, per sostenere le comunità dei cristiani, ha prestato negli 2009/2010 una particolare attenzione alla programmazione ed all’esecuzione dei seguenti progetti e opere:

I. LUOGHI SANTI – PELLEGRINI

1. Ain Karem - Santuario di San Giovanni Battista.

Il Santuario commemora la nascita di Giovanni Battista

Progetto di costruzione del muro di cinta, per un totale complessivo di 340 metri, per circoscrivere il perimetro dell’area di propriet della Custodia.

2. Betania - Santuario di Betania

Il Santuario costruito vicino alla Tomba di Lazzaro

Progetto articolato in due fasi: il restauro del Santuario e la costruzione di un nuovo garage.

3. Betlemme – Chiesa Parrocchiale di Santa Caterina

La chiesa di Santa Caterina, adiacente alla grotta della Natività

Conclusione dei lavori sul sistema di illuminazione all’interno della Chiesa di Santa Caterina.

Prosecuzione delle opere di restauro degli ambienti della Casa Nova, Pilgrim House, dato il crescente flusso di pellegrini.

4. Gerusalemme

- Convento San Salvatore

Sede della Custodia di Terra Santa e Seminario.

Progetto di risanamento dello Studio Teologico, restauro di alcune parti del Convento.

- Santuario Dominus Flevit

Fase conclusiva del progetto di ristrutturazione del Convento del Dominus Flevit, del Santuario e dei giardini e degli spazi riservati all’accoglienza dei pellegrini.

- Santuario della Flagellazione

Studio Biblico Francescano

Progetto di ristrutturazione della Sala dei Crociati, presso il santuario della Flagellazione.

Ampliamento della Biblioteca dello Studio Biblico Francescano. Nel progetto stata inclusa l’installazione di un ascensore per facilitare l’accesso alle persone disabili.

5. Magdala – Chiesa di Maria Maddalena

Continuazione dei lavori di conservazione dell’area archeologica di Magdala, dove sono stati ritrovati importanti resti. E’ stato necessario rimuovere le pavimentazioni di mosaico, che dovranno essere protette adeguatamente dagli agenti atmosferici. E’ in fase di allestimento un percorso di visita, all’interno del sito, per permettere ai pellegrini di approfondire la vita quotidiana della citt al tempo di Ges .

6. Giaffa – Chiesa di S. Antonio

Fase conclusiva del restauro dell’intero complesso conventuale e degli ambienti della parrocchia latina.

7. Monte Tabor – Santuario della Trasfigurazione

La Trasfigurazione di Gesù

Preparazione del progetto di restauro del santuario della Trasfigurazione presso il Monte Tabor.

8. Nain – Santuario di Nain

Gesù risuscita il figlio di una vedova

Preparazione del progetto di restauro del Santuario che ricorda il miracolo della resurrezione del figlio della vedova, recentemente recuperato al pieno possesso della Custodia.

Demolizione delle case disposte a ridosso della chiesa per l’avvio della costruzione di un nuovo convento che ospiter una comunit di suore.

9. Tabga – Santuario del Primato di Pietro

Progetto di costruzione di nuovi servizi igienici presso il Santuario del Primato di Pietro, e altri lavori di restauro.

10. Monte Nebo (Giordania) – Santuario Memoriale di Mosè

Memoriale di Mosè

Seconda fase dei lavori di rifacimento e conservazione dei mosaici del Santuario Memoriale del Profeta Mos .

Seconda fase della costruzione della nuova Basilica Memoriale.

11. Getsemani

Conclusione del progetto di rifacimento nella valle di Cedron per l’accoglienza di Sua Santit Benedetto XVI, nel maggio 2009.

II. LUOGHI SANTI - COMUNITÀ LOCALE

1. Opere in favore dei giovani

Borse di studio. Finanziamento di 360 borse di studio universitarie per la durata di quattro anni, distribuite nelle diverse universit : Betlemme, Ebraica a Gerusalemme e Haifa, Bir Zeit, Amman e altre.

Imprese artigiane. Progetto di Sostegno a 10 piccole imprese artigiane con l’acquisto di pezzi di ricambio, apparecchiature per la produzione, ausili per la messa in sicurezza delle attività.

2. Attività per le famiglie

Betlemme

Continuazione del sostegno al Consultorio familiare parrocchiale che supporta a livello assistenziale i bisogni principali che emergono nelle famiglie.

Casa Francescana del Fanciullo. Continuazione del progetto rivolto ad oltre 20 ragazzi dall’et tra i 6 e i 12 anni provenienti dalla famiglie povere e con diversi tipi di difficolt . I ragazzi, oltre all’accoglienza e all’assistenza nello studio, sono seguiti da un educatore, un assistente sociale e uno psicologo.

Assistenza medica. Continuazione del progetto di assistenza medica che tende a garantire alle famiglie, che versano in gravi difficolt economiche, una copertura parziale o completa delle spese mediche.

Abitazioni. Progetto di restauro delle case appartenenti alle famiglie pi bisognose. Il restauro viene effettuato da operai disoccupati. Oltre all’aiuto alle famiglie assicuriamo periodicamente decine di posti di lavoro.

3. Comunità parrocchiali

Gerusalemme

Conclusione del rifacimento della chiesa di San Giacomo in Beit Hanina, continuazione dei lavori per la costruzione delle aree dedicate alle attivit sportive nel centro parrocchiale di Beit Hanina: campo di calcio, campi di basket e piscina.

Nazareth

Proseguimento della realizzazione dei campi di calcio e di spazi ricreativi per i bambini nel centro parrocchiale di Nazareth.

Cana

Pianificazione del progetto di edificazione di un centro parrocchiale e della scuola, ancora inesistenti ma lungamente richiesti dalla comunit locale.

Gerico

Costruzione della sala parrocchiale adiacente al Santuario del Buon Pastore.

4. Scuole

Ramle

Ampliamento e restauro degli spazi della scuola esistente.

Betlemme

Preparazione e sviluppo del progetto di costruzione di uno spazio adibito a teatro presso la scuola Saint Joseph-Terra Sancta Girls School.

Gerico

Seconda fase della costruzione di una nuova scuola, con ambienti pi grandi per accogliere le numerose richieste di iscrizione.

Giordania

Progetto di realizzazione di un centro sportivo presso la Terra Santa School di Amman.

5. Costruzione di appartamenti per i poveri e per le giovani coppie

Betfage. Fase conclusiva del progetto di costruzione del nuovo complesso residenziale S. Francis di Betfage. Sono stati consegnati 69 appartamenti alle famiglie cristiane di Gerusalemme.

Gerusalemme. Ristrutturazione di circa 70 abitazioni nella citt vecchia di Gerusalemme.

Betlemme. Proseguimento delle opere di manutenzione e risanamento delle case per i poveri di propriet della Custodia.

Giaffa. The Franciscan Neighborhood. Prosegue il progetto di costruzione di 124 appartamenti destinati alle famiglie cristiane della parrocchia.

Nazareth. Housing Project in Nazareth. Progetto per la realizzazione di un complesso residenziale dove, oltre alla Cappella e ad alcuni locali per uso sociale, si prevede la costruzione di 80 appartamenti da destinare alle giovani famiglie.

6. Altre opere culturali

Ogni anno la Custodia di Terra Santa sostiene economicamente la Facolt di Scienze Bibliche e di Archeologia dello Studio Biblicum Franciscanum di Gerusalemme. A circa 30 studenti provenienti da diverse diocesi vengono offerte borse di studio per tutta la durata degli studi.

Franciscan Media Center. Nuova forma di comunicazione, attraverso un aggiornato sito web e con l’ausilio di network televisivi, che ha lo scopo di diffondere in tempo reale fatti ed eventi legati ai santi luoghi e alla comunit locale.

Magnificat. In pochi anni di attivit il Magnificat diventata una scuola di musica, in grado di preparare diversi studenti provenienti da culture diverse. Il Magnificat promuove attivit di ricerca e manifestazioni culturali a livello locale e internazionale.

Oltre alle opere realizzate e progettate per la Terra Santa bisogna aggiungere gli interventi eseguiti in Siria e Libano:

Conclusione dei lavori di restauro della chiesa parrocchiale del convento di S. Francesco ad Aleppo.

Conclusione dei lavori di restauro nel Convento di Tripoli.

+PetaloNero+
00martedì 22 marzo 2011 15:39
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL DECRETO DI RIFORMA DEGLI STUDI ECCLESIASTICI DI FILOSOFIA



Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede ha luogo la conferenza stampa di presentazione del Decreto di riforma degli studi ecclesiastici di filosofia.
Intervengono: l’Em.mo Card. Zenon Grocholewski, Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica (dei Seminari e degli Istituti di Studi); S.E. Mons. Jean-Louis Bruguès, O.P., Segretario della medesima Congregazione e il Rev.mo P. Charles Morerod, O.P., Rettore Magnifico della Pontificia Università S. Tommaso d’Aquino (Angelicum).
Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:


INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. ZENON GROCHOLEWSKI

La Congregazione per l’Educazione Cattolica segue le Istituzioni di studi superiori, per aiutarli a realizzare fruttuosamente la loro specifica missione. I documenti normativi riguardo agli studi ecclesiastici, e quindi anche alla filosofia, sono attualmente la Costituzione apostolica di Giovanni Paolo II Sapientia christiana del 1979 e le relative Normae applicative della menzionata Congregazione, emanate nel medesimo anno. Comunque, Ecclesia semper est reformanda per rispondere alle nuove esigenze della vita ecclesiale nelle mutevoli circostanze storico-culturali. Questo riguarda anche, o forse particolarmente, la realtà accademica.

Abbiamo già proceduto ad una riforma parziale degli studi di Diritto Canonico (Decreto Novo codice, del 2 settembre 2002) e degli Istituti Superiori di Scienze Religiose (Istruzione del 28 giugno 2008). Ora presentiamo il "Decreto di riforma degli studi ecclesiastici di filosofia" del 28 gennaio scorso.

1. Perché questa riforma?

I motivi di questa riforma sono principalmente:

– Da una parte, la debolezza della formazione filosofica in molte istituzioni ecclesiastiche, con l’assenza di precisi punti di riferimento, soprattutto riguardo alle materie da insegnare e la qualità dei docenti. Questa debolezza è, inoltre, accompagnata dalla crisi degli studi filosofici in genere in un’epoca in cui la ragione stessa è minacciata dall’utilitarismo, dallo scetticismo, dal relativismo, dalla sfiducia della ragione di conoscere la verità riguardo ai problemi fondamentali della vita, dall’abbandono della metafisica; perfino talvolta il concetto della filosofia non appare chiaro.

– E, d’altra parte, sia la convinzione, espressa nell’Enciclica Fides et ratio di Giovanni Paolo II del 1998, dell’importanza della filosofia nella sua componente metafisica per "superare la situazione di crisi che pervade oggi grandi settori della filosofia e per correggere così alcuni comportamenti erronei diffusi nella nostra società" (n. 83d), sia la consapevolezza che la filosofia è indispensabile per la formazione teologica. L’Enciclica Fides et ratio sottolinea: "la teologia ha sempre avuto e continua ad avere bisogno dell’apporto filosofico" (n. 77a). Infatti, "lo studio della filosofia riveste un carattere fondamentale e ineliminabile nella struttura degli studi teologici e nella formazione dei candidati al sacerdozio. Non è un caso che il curriculum di studi teologici sia preceduto da un periodo di tempo nel quale è previsto uno speciale impegno nello studio della filosofia"(n. 62a). In riferimento specificatamente ai futuri sacerdoti, anche l’Esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis del 1992, ha notato che la preparazione filosofica è un "momento essenziale della [loro] formazione intellettuale": "Solo una sana filosofia può aiutare i candidati al sacerdozio a sviluppare una coscienza riflessa del rapporto costitutivo che esiste tra lo spirito umano e la verità, quella verità che si rivela a noi pienamente in Gesù Cristo" (n. 52).

Riguardo alla necessità degli adeguati studi filosofici per la formazione teologica, vorrei aggiungere che il Card. Ratzinger, l’attuale successore di Pietro, ha realisticamente notato: "La crisi della teologia postconciliare è in larga misura la crisi dei suoi fondamenti filosofici […]. Quando i fondamenti filosofici non vengono chiariti, alla teologia viene a mancare il terreno sotto i piedi. Perché allora non è più chiaro fino a che punto l’uomo conosce davvero la realtà, e quali sono le basi a partire da cui egli possa pensare e parlare"1.

Avendo presenti i delineati motivi, il Decreto della Congregazione intende rivalorizzare la filosofia soprattutto alla luce della menzionata Enciclica Fides et ratio, che propone una visione precisa come la disciplina in parola deve essere insegnata nelle istituzioni ecclesiastiche; si vuole quindi ridare il primo posto alla metafisica, come spiegherà il professore Morerod nel suo intervento, recuperando la "vocazione originaria"2 della filosofia, ossia la ricerca del vero e la sua dimensione sapienziale e metafisica. In tal modo – per il bene della scienza e degli uomini di oggi – si mira, da una parte, ad insistere sulla necessità di allargare gli spazi della razionalità, limitati nelle attuali correnti di pensiero (concetto espresso vivamente da Benedetto XVI3), e d’altra parte a difendersi dal pericolo del fideismo, pure esso presente nella nostra epoca.

2. La filosofia di cui parliamo

In questa visuale vorrei soffermarmi un po’ su questo ultimo punto. Oggi i diversi rami della scienza e della tecnica si sono sviluppati in modo impressionante. È inutile insistere sulla loro importanza e sulla loro efficacia. Esse, però, non riassumono l’interezza del sapere; soprattutto non saziano la sete dell’uomo rispetto alle domande ultime: in che cosa consiste la felicità? Chi sono io? Il mondo è frutto di un azzardo? Quale è il mio destino? ecc. Oggi, più che mai, le scienze hanno bisogno di saggezza. I primi filosofi greci si sono definiti "saggi", sophioi; ma i presocratici hanno rapidamente scelto il nome, allo stesso tempo umile e pieno di significato, di "filosofi". La nostra epoca ha bisogno della filosofia di cui Giovanni Paolo II diceva che essa "contribuisce direttamente a porre la domanda circa il senso della vita e ad abbozzarne la risposta", e quindi "si configura come uno dei compiti più nobili dell’umanità"4.

Si potrebbe domandare quale è il senso di una Facoltà ecclesiastica di filosofia: questa non è una disciplina profana? Non intendo entrare nel dibattito suscitato dall’espressione "filosofia cristiana" che, con sfumature, l’enciclica Fides et ratio menziona quattro volte5. Vorrei soltanto osservare che la filosofia di cui parliamo rifiuta una separazione indebita tra la ragione e la fede, prospettando l’apertura della prima alla seconda e il bisogno che ha la seconda di ricorrere al sostegno della prima.

Ma l’esistenza di Facoltà ecclesiastiche di filosofia significa che la Chiesa insegna una particolare filosofia? Sicuramente – il nostro documento lo ricorda (cfr Preambolo, n. 12) –, un posto di rilievo ha la filosofia di san Tommaso d’Aquino. Tuttavia, la preferenza attribuita dalla Chiesa al suo metodo ed alla sua dottrina non è esclusiva, ma "esemplare"6. Al riguardo anche l’enciclica Fides et ratio nota: non esiste "una filosofia ufficiale della Chiesa, giacché la fede non è come tale una filosofia" (n. 76a). Comunque, non tutte le filosofie sono compatibili con la fede e anche con una ragione adeguata alla verità. Ci sono punti di passaggio obbligati che il nostro documento ricorda, per esempio la filosofia dell’essere7, la capacità della ragione di raggiungere una verità obiettiva e universale e una conoscenza metafisica valida8; l’unità corpo-anima nell’uomo9; la dignità della persona umana10; l’importanza della legge naturale e delle "fonti della moralità"11; ecc. (cfr Preambolo, n. 11).

3. Breve iter di preparazione del testo

Senza entrare nei particolari, vorrei notare che già nel 2004 la Congregazione ha istituito una commissione composta da un certo numero di esperti riconosciuti nel campo della filosofia, dotati di una duplice competenza, intellettuale ed istituzionale, che rappresentano le principali aree linguistiche e geografiche, per proporre un progetto di riforma. Dopo diverse riunioni, protratte per oltre un anno e mezzo, e la discussione nella sessione Plenaria del 2005, un primo testo è stato inviato ad un certo numero di decani di facoltà ecclesiastiche di filosofia, ma anche di teologia, nel mondo. Le loro osservazioni sono state poi integrate. Il testo è stato successivamente sottoposto al vaglio dei Padri della Plenaria della Congregazione nel gennaio 2008 che ha espresso il voto favorevole sia sulla necessità del documento che sul suo contenuto. Alcune precisazioni, rimaste ancora aperte, sono state in seguito studiate da parte dalla commissione di esperti di diverse nazioni, in parte nel tempo rinnovata.

Il nuovo testo, arricchito con dovute specificazioni, è stato approvato dalla riunione Ordinaria dei membri della Congregazione del 16 giugno 2010. Circa questo testo, doverosamente interpellati, hanno espresso l’aprezzamento sia la Congregazione per la Dottrina della Fede che il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi.

Infine, il Santo Padre, durante un’udienza concessami nel gennaio scorso, ha approvato "in forma specifica" le modifiche apportate alla Costituzione apostolica Sapientia christiana; invece ha confermato "in forma comune" tutto il resto del testo. Infatti, sono stati riformati soltanto tre articoli della Sapientia christiana e la stragrande maggioranza delle modifiche riguarda le Norme applicative della Congregazione. Il Decreto definitivo riporta la data significativa del 28 gennaio 2011: memoria di San Tommaso d’Aquino.

3. Quadro generale

Il testo della riforma si compone di due parti: a) un preambolo che illustra le ragioni e lo spirito della riforma; b) le nuove norme che devono sostituire quelle della Sapientia christiana e delle relative Norme applicative.

È stata fatta soprattutto una chiara distinzione fra le Facoltà ecclesiastica di filosofia e il biennio filosofico che fa parte integrante degli studi teologici (nelle Facoltà e nei Seminari). La revisione riguarda ambedue le realtà, nonché i rispettivi istituti affiliati ed aggregati. Questo però sarà illustrato in dettaglio da S.E. Mons. Bruguès.

È da augurarsi che questa riforma contribuisca al miglioramento degli studi sia di filosofia che di teologia.

_____________________

1« L’unità di missione e persona nella figura di Giovanni Paolo II », 1998, in J. Ratzinger, Giovanni Paolo II. Il mio amato predecessore, Città del Vaticano e Cinisello Basalmo, 2007, p. 16.
2Giovanni Paolo II, Enciclica Fides et ratio (14 settembre 1998), n. 6c.
3Cfr per esempio, Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al IV Convegno nazionale della Chiesa Italiana, Verona, 19 ottobre 2006, cpv. 9.
4 Fides et ratio, n. 3a
5 « Con questo appellativo si vuole piuttosto indicare un filosofare cristiano, una speculazione filosofica concepita in unione vitale con la fede » (ivi, n. 76a).
6 Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Congresso Internazionale Tomistico, 13 settembre 1980, n. 2.
7Cfr Fides et ratio, nn. 76, 97.
8 Cfr Fides et ratio, nn. 27, 44, 66, 69, 80, ecc.
9 Cfr Giovanni Paolo II, Enciclica Veritatis splendor (6 agosto 1993), nn. 48-49.
10 Cfr Fides et ratio, nn. 60, 83, ecc.; cfr Concilio Ecumenico Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, nn. 12-22.
11 Cfr Veritatis splendor, nn. 43-44, 74; cfr Commissione teologica internazionale, Alla ricerca di un’etica universale. Nuovo sguardo sulla legge naturale, 27 marzo 2009.



INTERVENTO DI S.E. MONS. JEAN-LOUIS BRUGUÈS, O.P.

Eminenza, cari decani, cari professori, cari amici,

lo scopo del mio intervento è quello di delineare brevemente il contenuto del documento di riforma. Questa riforma riguarda quattro tipi di istituzioni, e questo in modo differenziato:

- le Facoltà ecclesiastiche di filosofia;

- il primo ciclo delle Facoltà ecclesiastiche di teologia;

- le istituzioni di filosofia che sono affiliate o aggregate ad una Facoltà di filosofia. Il vincolo di affiliazione e di aggregazione permette all’istituzione che ne beneficia di poter rilasciare i gradi accademici, rispettivamente del baccalaureato e della licenza ecclesiastica, attraverso la Facoltà affiliante ed aggregante;

- le istituzioni di teologia che sono affiliate o aggregate ad una Facoltà di teologia.

1) La riforma nelle Facoltà ecclesiastiche di filosofia

La riforma riguarda principalmente tre punti: il numero degli anni di studi, il curricolo degli studi, il corpo docente.

a) Il numero degli anni di studi

Il primo ciclo che conduce al baccalaureato, cioè il primo grado degli studi ecclesiastici, finora durava due anni o quattro semestri. D’ora in poi durerà tre anni o sei semestri o, secondo la misura in vigore in Europa nell’ambito del processo di Bologna, dovrà contare 180 crediti. Quindi durerà un anno in più. Certo, il modello della formazione teologica ha influenzato la decisione che era stata presa per un periodo di due anni: infatti, questa formazione richiede solo un biennio per l’entrata negli studi di teologia. Ma l’esperienza ha dimostrato che questa durata non era sufficiente. L’acquisizione delle competenze fondamentali richiede una durata minima maggiore, che è stata fissata in un triennio.

b) Il curricolo degli studi

Il secondo punto di attenzione riguarda i contenuti, vale a dire il programma di studi. Le Norme applicative della Costituzione Apostolica Sapientia christiana elencano le "discipline obbligatorie" (art. 60, 1): "la Filosofia della conoscenza, la Filosofia della natura, la Filosofia dell’uomo, la Filosofia dell’essere (comprendente anche la Teologia naturale) e la Filosofia morale". Il documento aggiunge una disciplina che è strutturante per la vita della ragione: la logica. In particolare, sottolinea il ruolo della metafisica. P. Charles Morerod affronterà questo tema fondamentale.

Inoltre, la riforma stabilisce una gerarchia tra le materie secondo il loro grado di obbligo, distinguendo fra tre tipi di materie: materie obbligatorie fondamentali (come la Filosofia sistematica e la storia della Filosofia), materie obbligatorie complementari (come la metodologia, le lingue) e materie complementari opzionali (come elementi di letteratura o di scienze umane).

Infine, voglio sottolineare un punto: troppo spesso, in filosofia (così come in teologia), gli studenti si accontentano di leggere i manuali e non hanno accesso alle fonti. Quindi la nostra Riforma sottolinea l’importanza della "lettura dei testi degli autori più significativi" (Ord., art. 60, 1).

c) Il corpo docente

La riforma riguarda infine il corpo docente, che deve rispondere a certe esigenze:

1. Il bene fondamentale di un’istituzione di istruzione superiore, qualunque essa sia, è che il corpo docente sia stabile. Ricordiamo che il requisito della presenza di un docente a tempo pieno, è legato non solo ai carichi di insegnamento, ma anche a tre altre funzioni: attività di ricerca, monitoraggio degli studenti e assunzione dei compiti amministrativi.

2. Gli insegnanti devono essere adeguatamente qualificati, vale a dire, in possesso di un dottorato in filosofia. In linea di principio, questo titolo deve essere ecclesiastico. Data la difficoltà di ottenere un dottorato ecclesiastico in filosofia, il documento prevede le condizioni per accogliere un insegnante con un dottorato non-ecclesiastico.

3. Infine, la Facoltà ecclesiastica di Filosofia deve avere un numero minimo di docenti stabili, vale a dire sette. Il criterio centrale è quello che si applica a tutte le Facoltà ecclesiastiche: devono essere coperte le materie fondamentali.

2) La riforma nel primo ciclo delle Facoltà ecclesiastiche di teologia e degli Istituti affiliati in teologia

La riforma degli studi ecclesiastici di filosofia si riferisce anche agli studi di teologia: "Una solida formazione filosofica […] è necessariamente propedeutica alla teologia", dice la Costituzione Apostolica Sapientia christiana. Ecco perché il primo ciclo delle Facoltà ecclesiastiche di teologia comprende "le discipline filosofiche richieste per la Teologia" (Ord., art. 51, 1, a). Quindi, troviamo nuovamente i tre punti già citati:

a) Il numero di anni di studi

La Costituzione Apostolica Sapientia christiana dice, a proposito della Facoltà ecclesiastica di teologia, che il "primo ciclo, istituzionale, […] si protrae per un quinquennio o dieci semestri, oppure per un triennio, se prima di esso è richiesto il biennio di filosofia" (art. 72, a). La nostra pratica mostra che la durata della formazione filosofica è de iure sufficiente: rimane quindi invariata e non sarà aumentata.

Tuttavia, de facto, troviamo che la formazione filosofica all’interno di tali Facoltà è spesso insufficiente, in quantità e qualità. Pertanto, la riforma precisa la durata esatta della formazione: "Escluse le scienze umane, le discipline strettamente filosofiche (cfr Ord., Art. 60, 1° a) devono costituire almeno il 60% del numero dei crediti dei primi due anni" (Ord., art. 51, 1, a).

Quello che si dice della Facoltà ecclesiastica di teologia vale anche per i Seminari Maggiori affiliati: se la formazione totale è più lunga, in quanto si tratta di un sessennio, tuttavia, la durata della formazione filosofica sarà quella del primo ciclo della Facoltà di teologia.

b) Il curricolo degli studi

La Costituzione Sapientia christiana precisa che, nel primo ciclo, "le discipline filosofiche richieste per la Teologia […] sono soprattutto la Filosofia sistematica, con le sue parti principali, e la sua evoluzione storica" (Ord., art. 51, 1, a). La riforma non modifica il contenuto, ma precisa due punti.

In primo luogo, se altre opzioni hanno la loro coerenza e la loro fecondità, la Congregazione è molto più favorevole – soprattutto nel contesto attuale di "eclissi della ragione" – a che i primi due anni siano principalmente dedicati alla filosofia, dato che generalmente vengono introdotti anche alcuni corsi introduttivi di teologia, Sacra Scrittura, ecc.

Di fronte alla debolezza della formazione filosofica, il decreto ribadisce l’importanza delle materie sistematiche: la sola conoscenza della storia della filosofia e delle varie correnti non basta. L’informazione non è formazione. Quest’ultima consente di acquisire un giudizio e un discernimento nell’ambito propriamente filosofico, oggi ancora più necessario che prima di fronte all’accesso alle conoscenze facilitato da Internet.

c) Il corpo docente

Infine, l’esperienza dimostra che non è raro che manchi un corpo docente abbastanza qualificato in filosofia (ad esempio i corsi saranno affidati a teologi che hanno ricevuto una vaga formazione filosofica), o che siano impiegati quasi esclusivamente docenti esterni, e quindi non stabili, o insegnanti con un grado civile e non ecclesiastico in filosofia. Per questo le Norme applicative (Ordinationes) precisano che "il numero degli insegnanti stabili deve essere almeno due" (art. 62 bis, § 3), con le qualifiche richieste.

3) La riforma all’interno degli Istituti affiliati in filosofia

I punti sviluppati precedentemente mi permettono di essere molto più breve, dal momento che molti punti sono stati già presentati.

Tutto ciò che è stato detto a proposito del primo ciclo della Facoltà ecclesiastica circa la durata degli studi (tre anni) e il curricolo degli studi vale anche per l’istituzione affiliata.

Tuttavia, resta inteso che le prescrizioni nei confronti del corpo docente sono minori. Ciò nonostante, il criterio rimane quello della necessità che le cattedre principali siano coperte da insegnanti stabili dovutamente qualificati. Dato che le materie sistematiche sono cinque (e le parti della storia della filosofia, quattro), "il numero dei docenti stabili in un istituto filosofico affiliato deve essere di almeno cinque con le qualifiche richieste" (Ordinationes, Art. 62 bis, § 1).

Conclusione

Abbiamo parlato della seconda parte, giuridica, del documento. Ma la prima parte, descrittiva e esortativa, del futuro documento sulla riforma degli studi ecclesiastici di filosofia non è solamente un’introduzione. E’ almeno tanto importante quanto l’altra. Lo sappiamo bene: lo spirito conta più della lettera, anche se questa è necessaria per la sua incarnazione. E questo vale anche per "lo spirito delle leggi".



INTERVENTO DEL REV.MO P. CHARLES MOREROD, O.P.

L’importanza della metafisica per lo studio della teologia

Il cristianesimo presuppone un’armonia fra Dio e la ragione umana. La ricerca filosofica può dunque essere fiduciosa e il credente può evitare di opporre alla propria fede una verità trovata con la ragione. Questa fiducia spinge addirittura il credente a cercare di capire il mondo, perché "l’errore [sulle creature] può portare all’errore circa le cose di Dio" (S. Tommaso d’Aquino, Summa contra Gentiles, libro II, cap.4).

Il Decreto di Riforma degli studi ecclesiastici di Filosofia invita i filosofi a "ricuperare con forza la ‘vocazione originaria’ della filosofia: la ricerca del vero e la sua dimensione sapienziale e metafisica" (§ 3). Si tratta d’una "sottolineatura del carattere sapienziale e metafisico" della filosofia (§ 4) che non nega il ruolo delle altre branche della filosofia stessa. Il ruolo centrale della metafisica deve, dunque, essere capito alla luce dell’importanza di tutta la filosofia nella conoscenza umana.

L’importanza della filosofia è legata direttamente al desiderio umano di conoscere la verità e di organizzarla. L’esperienza mostra che la conoscenza della filosofia aiuta ad organizzare meglio, in cooperazione con altre discipline, lo studio di qualsiasi scienza. La metafisica mira a conoscere l’insieme della realtà – culminante nella conoscenza della Causa prima di tutto – e a mostrare il mutuo rapporto tra i vari campi del sapere, evitando la chiusura delle singole scienze su se stesse. La metafisica evita, anche, di separare i diversi contenuti della stessa filosofia e, addirittura, della vita umana: un metafisico non crederà di dover opporre verità e bene, conoscenza e amore.

Anche la teologia deve essere attenta a non chiudersi in se stessa. Se ciò accadesse, diventerebbero difficili il dialogo dei teologi con gli altri campi del sapere e la risposta alle critiche rivolte contro la fede. In ogni caso, una teologia senza filosofia è semplicemente impossibile, perché nessuno si accosta alla teologia senza avere delle idee previe, che in parte sono filosofiche. La Bibbia, in quanto solo testo, non trasmette la rivelazione: il suo contenuto deve essere conosciuto. Quel che pensa il lettore d’un brano biblico sarà la mescolanza degli elementi contenuti nel testo con altri contenuti. Papa Giovanni Paolo II riassunse l’impatto dell’inevitabile filosofia sulla teologia: "Se il teologo si rifiutasse di avvalersi della filosofia, rischierebbe di far filosofia a sua insaputa e di rinchiudersi in strutture di pensiero poco adatte all’intelligenza della fede." (Fides et ratio, § 77).

Lo studio della filosofia aiuta il teologo ad essere cosciente dei propri presupposti filosofici, a criticarli e ad evitare d’imporre alla sua teologia o alla sua predicazione un quadro concettuale incompatibile con la fede. Per essere giusta, la riflessione critica sulle teorie filosofiche deve cercare la verità al di là delle apparenze. Un filosofo non-cristiano può essere utile alla teologia, mentre un filosofo cristiano che vuole dimostrare l’esistenza di Dio può aver un impatto contrario.

Un problema cruciale per la teologia è la possibilità di parlare di Dio attraverso le parole plasmate per descrivere il mondo: non abbiamo altre espressioni a nostra disposizione. Prima di tutto, le nostre parole devono poter dire qualcosa di vero a proposito della realtà, altrimenti la stessa Bibbia non affermerebbe niente. Inoltre, le nostre parole devono poter descrivere diversi livelli della realtà: una stessa parola, infatti, utilizzata in biologia, in poesia o in teologia non ha un significato totalmente identico, ma neanche necessariamente un significato totalmente diverso. Capire l’uso del linguaggio presuppone, prima di tutto, uno studio delle diverse dimensioni del reale e, successivamente, dello stesso linguaggio.

In che modo possiamo dire qualcosa a proposito di Dio? Senza risposta filosofica, tale domanda può squalificare la teologia nel suo insieme. Descrivendo Dio come "persona" o come "amore" lo facciamo a nostra immagine? Questo dipende prima di tutto da quel che intendiamo per "causa". Già San Tommaso riteneva che potessimo parlare di Dio con parole umane, perché Dio è la Causa prima del mondo. Tuttavia, se parlassimo di Dio soltanto perché è causa delle creature, "ne seguirebbe che tutti i nomi applicati a Dio, si direbbero di lui per derivazione" (Ia, q.13, a.2). In altre parole, Dio sarebbe immagine del mondo… Per evitare tale trappola, dobbiamo aggiungere che la causa divina è infinitamente superiore ai suoi effetti, tanto che le perfezioni limitate, trovate da noi nelle creature, sono prima in Dio e che in Lui sono infinite e unite nella semplicità. Queste precisazioni sono metafisiche.

Alla critica medievale dell’uso teologico del linguaggio e della causalità, succede la critica moderna. Possiamo parlare di Dio come causa senza farne una parte delle cause di questo mondo? La domanda è cruciale e per parlarne è utile non rinchiudersi totalmente in una prospettiva che limiti la causalità alla causa efficiente, ad un processo intramentale, o che limiti il suo uso ad un solo livello della realtà. Come in ogni dialogo, la critica rinvoltaci deve essere studiata in se stessa, ma non limitata alla prospettiva dell’interlocutore. La metafisica può allargare gli orizzonti.

La causa non è soltanto causa efficiente. In altre parole, per capire noi stessi non basta conoscere i nostri genitori: questo è certamente utile, ma non basta per vivere (perciò i genitori hanno un dovere educativo). La realtà non si capisce senza la causa grazie alla quale si fa qualcosa, cioè la causa finale, lo scopo.

Ad esempio, la catechesi viene spesso confrontata con domande sulla relazione fra l’evoluzione delle specie e la storia biblica della creazione. I tentativi di passare direttamente dalla teologia alla biologia sono poco fruttuosi. Ci vuole una mediazione filosofica. La filosofia dovrà porsi una domanda sulla forma originaria dell’evoluzionismo, quella darwiniana: come fa a spiegare quel che ci sta descrivendo, cioè l’onnipresenza della causa finale? Un evoluzionismo finalizzato non esclude l’azione divina, anche se non la mostra direttamente.

Il catechista che tratta dell’evoluzione è tentato di squalificare la Bibbia come Parola di Dio, o di rinchiudersi in un fondamentalismo che nega la verità delle scoperte scientifiche. Per evitare tale disastrosa alternativa è necessario studiare un altro aspetto della causalità, cioè la relazione fra diversi livelli di causalità in uno stesso effetto. Dietro questa questione tecnica si nasconde la possibilità di capire come il testo biblico può aver Dio come autore, e allo stesso tempo degli autori umani. Lo stesso problema si pone in altri settori della teologia: chi dà la grazia del sacramento, solo Dio o Dio e il sacerdote? In altre parole: perché la Chiesa? Dio non ci può salvare da solo? C’è una risposta teologica: Gesù ha chiamato degli apostoli. Ma per capire il senso di tale risposta, spiegarla e legarla al resto del sapere, è necessaria la metafisica.

+PetaloNero+
00venerdì 25 marzo 2011 15:59
PRIMA PREDICA DI QUARESIMA


Alle ore 9 di questa mattina, nella Cappella "Redemptoris Mater", alla presenza del Santo Padre Benedetto XVI, il Predicatore della Casa Pontificia, Rev.do P. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la prima Predica di Quaresima.

Tema delle meditazioni quaresimali è il seguente: "Al di sopra di tutto vi sia la carità" (Colossesi 3, 14).

Le tre successive Prediche di Quaresima avranno luogo venerdì 1° aprile, venerdì 8 aprile e venerdì 15 aprile.

+PetaloNero+
00sabato 26 marzo 2011 01:30
Prima predica di Quaresima di padre Raniero Cantalamessa
“Le due facce dell'amore: eros e agape”



CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 25 marzo 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il testo della prima predica di Quaresima di padre Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., predicatore della Casa Pontificia, pronunciata questo venerdì mattina nella Cappella “Redemptoris Mater” alla presenza di Papa Benedetto XVI.

Il tema delle meditazioni quaresimali è “Al di sopra di tutto vi sia la carità” (Colossesi 3, 14).

Le tre prediche successive avranno luogo venerdì 1° aprile, venerdì 8 aprile e venerdì 15 aprile.

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LE DUE FACCE DELL’AMORE: EROS E AGAPE

1. Le due facce dell’amore

Con le prediche di questa Quaresima vorrei continuare nello sforzo, iniziato in Avvento, di portare un piccolo contributo in vista della rievangelizzazione dell’occidente secolarizzato che costituisce in questo momento la preoccupazione principale di tutta la Chiesa e in particolare del Santo Padre Benedetto XVI.

C’è un ambito in cui la secolarizzazione agisce in modo particolarmente diffuso e nefasto, ed è l’ambito dell’amore. La secolarizzazione dell’amore consiste nello staccare l’amore umano, in tutte le sue forme, da Dio, riducendolo a qualcosa di puramente “profano”, in cui Dio è “di troppo” e anzi da fastidio.

Ma il tema dell’amore non è importante solo per l’evangelizzazione, cioè nei rapporti con il mondo; lo è anche, e prima di tutto, per la vita interna della Chiesa, per la santificazione dei suoi membri. È la prospettiva in cui si colloca l’enciclica “Deus caritas est” del Santo Padre Benedetto XVI e in cui ci collochiamo anche noi in queste riflessioni.

L’amore soffre di una nefasta separazione non solo nella mentalità del mondo secolarizzato, ma anche, dal versante opposto, tra i credenti e in particolare tra le anime consacrate. Semplificando al massimo, potremmo formulare così la situazione: nel mondo troviamo un eros senza agape; tra i credenti troviamo spesso una agape senza eros.

L’eros senza agape è un amore romantico, più spesso passionale, fino alla violenza. Un amore di conquista che riduce fatalmente l’altro a oggetto del proprio piacere e ignora ogni dimensione di sacrificio, di fedeltà e di donazione di sé. Non occorre insistere nella descrizione di questo amore perché si tratta di una realtà che abbiamo quotidianamente sotto gli occhi, propagandata com’è in maniera martellante da romanzi, film, fiction televisive, internet, riviste cosiddette “rosa”. È quello che il linguaggio comune intende, ormai, con la parola “amore”.

Più utile per noi è capire cosa si intende per agape senza eros. In musica esiste una distinzione che ci può aiutare a farci un’idea: quella tra il jazz caldo e il jazz freddo. Ho letto da qualche parte questa caratterizzazione dei due generi, anche se so che non è l’unica possibile. Il jazz caldo (hot) è il jazz appassionato, ardente, espressivo, fatto di slanci, di sentimenti e quindi di impennate e di improvvisazioni originali. Il jazz freddo (cool) è quello che si ha quando si passa al professionismo: i sentimenti diventano ripetitivi, all’estro si sostituisce la tecnica, alla spontaneità il virtuosismo.

Stando a questa distinzione, l’agape senza eros ci appare come un “amore freddo”, un amare “con la cima dei capelli”, senza partecipazione di tutto l’essere, più per imposizione della volontà che per intimo slancio del cuore. Un calarsi dentro uno stampo precostituito, anziché crearsene uno proprio irripetibile, come irripetibile è ogni essere umano davanti a Dio. Gli atti di amore rivolti a Dio somigliano a quelli di certi innamorati sprovveduti che scrivono all’amata lettere copiate da un prontuario.

Se l’amore mondano è un corpo senz’anima, l’amore religioso così praticato è un’anima senza corpo. L’essere umano non è un angelo, cioè un puro spirito; è anima e corpo sostanzialmente uniti: tutto quello che fa, compreso amare, deve riflettere questa sua struttura. Se la componente legata al tempo e alla corporeità, viene sistematicamente negata o repressa, l’esito sarà duplice: o si tira avanti stancamente, per senso del dovere, per difesa della propria immagine, oppure si cercano compensazioni più o meno lecite, fino ai dolorosissimi casi che stanno affliggendo la Chiesa. Al fondo di molte deviazioni morali di anime consacrate, non lo si può ignorare, c’è una distorta e contorta concezione dell’amore.

Abbiamo dunque un duplice motivo e una duplice urgenza di riscoprire l’amore nella sua originaria unità. L’amore vero e integrale è una perla racchiusa dentro due valve che sono l’eros e l’agape. Non si possono separare queste due dimensioni dell’amore senza distruggerlo, come non si possono separare tra loro idrogeno e ossigeno senza privarsi con ciò stesso dell’acqua.

2. La tesi dell’incompatibilità tra i due amori

La riconciliazione più importante tra le due dimensioni dell’amore è quella pratica che avviene nella vita delle persone, ma proprio perché essa sia resa possibile è necessario cominciare con il riconciliare tra loro eros e agape anche teoricamente, nella dottrina. Questo ci consentirà tra l’altro di conoscere finalmente cosa si intende con questi due termini tanto spesso usati e fraintesi.

L’importanza della questione nasce dal fatto che esiste un’opera che ha reso popolare in tutto il mondo cristiano la tesi opposta della inconciliabilità delle due forme di amore. Si tratta del libro del teologo luterano svedese Anders Nygren, intitolato “Eros e agape[1]. Possiamo riassumere il suo pensiero in questi termini. Eros e agape designano due movimenti opposti: il primo indica ascensione e salita dell’uomo a Dio e al divino come al proprio bene e alla propria origine; l’altra, l‘agape, indica la discesa di Dio all’uomo con l’incarnazione e la croce di Cristo, e quindi la salvezza offerta all’uomo senza merito e senza risposta da parte sua, che non sia la sola fede. Il Nuovo Testamento ha fatto una scelta precisa, usando, per esprimere l’amore, il termine agape e rifiutando sistematicamente il termine eros.

San Paolo è quello che con più purezza ha raccolto e formulato questa dottrina dell’amore. Dopo di lui, sempre secondo la tesi di Nygren, tale antitesi radicale è andata persa quasi subito per dar luogo a tentativi di sintesi. Appena il cristianesimo entra in contatto culturale con il mondo greco e la visione platonica, già con Origene, c’è una rivalutazione dell’eros, come movimento ascensionale dell’anima verso il bene e verso il divino, come attrazione universale esercitata dalla bellezza e dal divino. In questa linea, lo Pseudo Dionigi Areopagita scriverà che “Dio è eros”[2], sostituendo questo termine a quello di agape nella celebre frase di Giovanni (1 Gv 4,10).

In occidente una sintesi analoga è operata da Agostino con la sua dottrina della caritas intesa sì come dottrina dell’amore discendente e gratuito di Dio per l’uomo (nessuno ha parlato della “grazia” in maniera più forte di lui!), ma anche come anelito dell’uomo al bene e a Dio. Sua è l’affermazione: “Ci hai fatto per te, o Dio, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”[3]; sua è anche l’immagine dell’amore come di un peso che l’attira l’anima, come per forza di gravità, verso Dio, come al luogo del proprio riposo e del proprio piacere[4]. Tutto questo, per Nygren, inserisce un elemento di amore di sé, del proprio bene, quindi di egoismo, che distrugge la pura gratuità della grazia; è una ricaduta nell’illusione pagana di far consistere la salvezza in una ascesa a Dio, anziché nella gratuita e immotivata discesa di Dio verso di noi.

Prigionieri di questa impossibile sintesi tra eros e agape, tra amore di Dio e amore di sé, restano, per Nygren, san Bernardo quando definisce il grado supremo dell’amore di Dio come un ”amare Dio per se stesso” e un “amare se stesso per Dio”[5], san Bonaventura con il suo ascensionale “Itinerario della mente a Dio”, come pure san Tommaso d’Aquino che definisce l’amore di Dio effuso nel cuore del battezzato (cf. Rom 5,5) come “l’amore con cui Dio ci ama e con cui fa sì che noi amiamo lui” (amor quo ipse nos diligit et quo ipse nos dilectores sui facit”)[6]. Questo infatti verrebbe a dire che l’uomo, amato da Dio, può a sua volta, amare Dio, dargli qualcosa di suo, ciò che distruggerebbe l’assoluta gratuità dell’amore di Dio. Sul piano esistenziale la stessa deviazione, secondo Nygren, si ha con la mistica cattolica. L’amore dei mistici, con la sua fortissima carica di eros, altro non è, per lui, che un amore sensuale sublimato, un tentativo di stabilire con Dio un rapporto di presuntuosa reciprocità in amore.

Chi ha rotto l’ambiguità e riportato alla luce la netta antitesi paolina è stato, secondo l’autore, Lutero. Fondando la giustificazione sulla sola fede egli non ha escluso la carità dal momento fondante della vita cristiana, come gli rimprovera la teologia cattolica; ha piuttosto liberato la carità, l’agape, dall’elemento spurio dell’eros. Alla formula della “sola fede”, con esclusione delle opere, corrisponderebbe, in Lutero, la formula della “sola agape”, con esclusione dell’eros.

Non sta a me qui stabilire se l’autore ha interpretato correttamente su questo punto il pensiero di Lutero che – va detto - non ha mai posto il problema in termini di contrasto tra eros e agape, come ha fatto invece tra fede e opere. È significativo tuttavia il fatto che anche Karl Barth, in un capitolo della sua “Dommatica ecclesiale”, arriva allo stesso risultato di Nygren di un contrasto insanabile tra eros e agape: “Dove entra in scena l’amore cristiano – egli scrive –, ha inizio immediatamente il conflitto con l’altro amore e questo conflitto non ha più fine”[7]. Io dico che se questo non è luteranesimo, è però certamente teologia dialettica, teologia dell’aut-aut, dell’antitesi, non della sintesi.

Il contraccolpo di questa operazione è la radicale mondanizzazione e secolarizzazione dell’eros. Mentre infatti una certa teologia estrometteva l’eros dall’agape, la cultura secolare era ben felice, da parte sua, di estromettere l’agape dall’eros, cioè ogni riferimento a Dio e alla grazia dall’amore umano. Freud ha fornito a ciò una giustificazione teorica, riducendo l’amore a eros e l’eros a libido, a pura pulsione sessuale che lotta contro ogni repressione e inibizione. È lo stadio a cui è ridotto oggi l’amore in molte manifestazioni della vita e della cultura, soprattutto nel mondo dello spettacolo.

Due anni fa mi trovavo a Madrid. Nei giornali non si faceva che parlare di una certa mostra d’arte in atto nella città, intitolata “Le lacrime dell’eros”. Era una mostra di opere artistiche a sfondo erotico - quadri, disegni, sculture – che intendeva mettere in luce l’inscindibile legame che c’è, nell’esperienza dell’uomo moderno, tra eros e thanatos, tra amore e morte. Alla stessa costatazione si arriva, leggendo la raccolta di poesie “I fiori del male di Baudelaire” o “Una stagione all’inferno” di Rimbaud. L’amore che per sua natura dovrebbe portare alla vita, porta invece ormai alla morte.

3. Ritorno alla sintesi

Se non possiamo cambiare di colpo l’idea d’amore che ha il mondo, possiamo però correggere la visione teologica che, senza volerlo, la favorisce e la legittima. È quello che ha fatto in maniera esemplare il Santo Padre Benedetto XVI con l’enciclica “Deus caritas est”. Egli riafferma la sintesi cattolica tradizionale esprimendola con in termini moderni. “Eros e agape, vi si legge, – amore ascendente e amore discendente – non si lasciano mai separare completamente l’uno dall’altro […]. La fede biblica non costruisce un mondo parallelo o un mondo contrapposto rispetto a quell'originario fenomeno umano che è l'amore, ma accetta tutto l'uomo intervenendo nella sua ricerca di amore per purificarla, dischiudendogli al contempo nuove dimensioni” (nr. 7-8). Eros e agape sono uniti alla fonte stesa dell’amore che è Dio: “Egli ama - continua il testo dell’enciclica - e questo suo amore può essere qualificato senz’altro come eros, che tuttavia è anche e totalmente agape” (nr. 9).

Si capisce l’accoglienza insolitamente favorevole che questo documento pontificio ha incontrato anche negli ambienti laici più aperti e responsabili. Essa da una speranza al mondo. Corregge l’immagine di una fede che tocca il mondo in tangente, senza penetrarvi dentro, con l’immagine evangelica del lievito che fa fermentare la massa; sostituisce all’idea di un regno di Dio venuto a “giudicare” il mondo, quella di un regno di Dio venuto a “salvare” il mondo, a cominciare dall’eros che ne è la forza dominante.

Alla visione tradizionale, propria sia della teologia cattolica che di quella ortodossa, si può apportare, credo, una conferma anche dal punto di vista dell’esegesi. Quelli che sostengono la tesi dell’incompatibilità tra eros e agape si basano sul fatto che il Nuovo Testamento evita accuratamente - e, a quanto pare, volutamente - il termine eros, usando al suo posto sempre e solo agape (a parte qualche raro uso del termine philia, che indica l’amore di amicizia).

Il fatto è vero, ma non sono vere le conclusioni che si traggono da esso. Si suppone che gli autori del NT siano al corrente sia del senso che il termine eros aveva nel linguaggio comune –l’eros cosiddetto “volgare” – sia il senso elevato e filosofico che aveva, per esempio, in Platone, il cosiddetto eros “nobile”. Nell’accezione popolare, eros indicava più o meno quello che indica anche oggi quando si parla di erotismo o di film erotici, cioè il soddisfacimento dell’istinto sessuale, un degradarsi piuttosto che innalzarsi. Nell’accezione nobile esso indicava l’amore per la bellezza, la forza che tiene insieme il mondo e spinge tutti gli esseri all’unità, cioè quel movimento di ascesa verso il divino che i teologi dialettici ritengono incompatibile con il movimento di discesa del divino verso l’uomo.

È difficile sostenere che gli autori del Nuovo Testamento, rivolgendosi a persone semplici e di nessuna cultura, intendessero metterli in guardia dall’eros di Platone. Essi evitarono il termine eros per lo stesso motivo per cui un predicatore evita oggi il termine erotico o, se lo usa, lo fa solo in senso negativo. Il motivo è che, allora come adesso, la parola evoca l’amore nella sua espressione più egoistica e sensuale[8]. Il sospetto dei primi cristiani nei confronti dell’eros era ulteriormente aggravato dal ruolo che esso svolgeva negli sfrenati culti dionisiaci.

Appena il cristianesimo entra in contatto e in dialogo con la cultura greca del tempo, cade immediatamente, abbiamo già visto, ogni preclusione nei confronti dell’eros. Esso viene usato spesso, negli autori greci, come sinonimo di agape ed è impiegato per indicare l’amore di Dio per l’uomo, come pure l’amore dell’uomo per Dio, l’amore per le virtù e per ogni cosa bella. Basta ormai, per convincersene, un semplice sguardo al “Lessico Patristico Greco” del Lampe[9]. Quello di Nygren e di Barth è dunque un sistema costruito su una falsa applicazione dell’argomento cosiddetto “ex silentio”.

4. Un eros per i consacrati

Il riscatto dell’eros aiuta anzitutto gli innamorati umani e gli sposi cristiani, mostrando la bellezza e la dignità dell’amore che li unisce. Aiuta i giovani a sperimentare il fascino dell’altro sesso non come qualcosa di torbido, da vivere al riparo da Dio, ma al contrario come un dono del Creatore per la loro gioia, se vissuto nell’ordine da lui voluto. A questa funzione positiva dell’eros sull’amore umano accenna anche il papa nella sua enciclica, quando parla del cammino di purificazione dell’eros che porta dall’attrazione momentanea al “per sempre” del matrimonio (nr. 4-5).

Ma il riscatto dell’eros deve aiutare anche noi consacrati, uomini e donne. Ho accennato all’inizio al pericolo che corrono le anime religiose, che è quello di un amore freddo, che non scende dalla mente al cuore. Un sole invernale che illumina ma non riscalda. Se eros significa slancio, desiderio, attrazione, non dobbiamo avere paura dei sentimenti, né tanto meno disprezzarli e reprimerli. Quando si tratta dell’amore di Dio –ha scritto Guglielmo di St. Thierry – il sentimento di affetto (affectio) è anch’esso grazia; non è infatti la natura che ci può infondere un tale sentimento[10].

I salmi sono pieni di questo anelito del cuore a Dio: “A te, Signore, innalzo l’anima mia…”, “L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente”.”: "Presta dunque attenzione -dice l’autore della “Nube della non conoscenza - a questo meraviglioso lavoro della grazia nella tua anima. Esso non è altro che un impulso improvviso che sorge senza alcun preavviso e punta direttamente a Dio, come una scintilla che si sprigiona dal fuoco...Colpisci questa fitta nube della non conoscenza con la freccia acuminata del desiderio d'amore e non muoverti di lì, qualunque cosa capiti"[11]. È sufficiente, per fare ciò, un pensiero, un moto del cuore, una giaculatoria.

Ma tutto ciò non ci basta e Dio lo sa meglio di noi. Noi siamo creature, viviamo nel tempo e in un corpo; abbiamo bisogno di uno schermo su cui proiettare il nostro amore che non sia soltanto “la nube della non conoscenza”, cioè il velo di oscurità dietro cui si nasconde il Dio che nessuno ha mai visto e che abita in una luce inaccessibile…

La risposta che si da a questa domanda, la conosciamo bene: proprio per questo Dio ci ha dato il prossimo da amare! “Nessuno ha mai visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e il suo amore diventa perfetto in noi…Chi non ama il proprio fratello che vede non può amare Dio che non vede” (1 Gv 4, 12 20). Ma dobbiamo stare attenti a non saltare un anello decisivo. Prima del fratello che si vede c’è un altro che pure si vede e si tocca: c’è il Dio fatto carne, c’è Gesù Cristo! Tra Dio e il prossimo c’è ormai il Verbo fatto carne che ha riunito i due estremi in una sola persona. È in lui ormai che trova il suo fondamento lo stesso amore del prossimo: “L’avete fatto a me”.

Cosa significa tutto questo per l’amore di Dio? Che l’oggetto primario del nostro eros, della nostra ricerca, desiderio, attrazione, passione, deve essere il Cristo. “Al Salvatore è preordinato l’amore umano fin dal principio, come a suo modello e fine, quasi uno scrigno così grande e così largo da poter accogliere Dio […]. Il desiderio dell’anima va unicamente al Cristo. Qui è il luogo del suo riposo, poiché lui solo è il bene, la verità e tutto ciò che ispira amore”[12]. Questo non significa restringere l’orizzonte dell’amore cristiano da Dio a Cristo; significa amare Dio nella maniera in cui egli vuole essere amato. “Il Padre vi ama perché voi mi amate” (Gv 16, 27). Non si tratta di un amore mediato, quasi per procura, per cui chi ama Gesù “è come se” amasse il Padre. No, Gesù è un mediatore immediato; amando lui si ama, ipso facto, anche il Padre. “Chi vede me, vede il Padre”, chi ama me ama il Padre.

È vero che neppure Cristo si vede, ma c’è; è risorto, è vivo, ci è accanto, più realmente di quanto lo sposo più innamorato sia accanto alla sposa. È qui il punto cruciale: pensare a Cristo non come a una persona del passato, ma come il Signore risorto e vivente, con cui posso parlare, che posso anche baciare se lo voglio, sicuro che il mio bacio non termina sulla carta o sul legno di un crocifisso, ma su un volto e su delle labbra di carne viva (anche se spiritualizzata), felici di raccogliere il mio bacio.

La bellezza e la pienezza della vita consacrata dipende dalla qualità del nostro amore per Cristo. Solo esso è capace di difendere dagli sbandamenti del cuore. Gesù è l’uomo perfetto; in lui si trovano, a un grado infinitamente superiore, tutte quelle qualità e attenzioni che un uomo cerca in una donna e una donna nell’uomo. Il suo amore non ci sottrae necessariamente al richiamo delle creature e in particolare all’attrazione dell’altro sesso (questa fa parte della nostra natura che egli ha creato e non vuole distruggere); ci da però la forza di vincere queste attrazioni con una attrazione più forte. “Casto –scrive san Giovanni Climaco – è colui che scaccia l’eros con l’Eros”[13].

Distrugge forse, tutto questo, la gratuità dell’agape, pretendendo di dare a Dio qualcosa in cambio del suo cuore? Annulla la grazia? Nient’affatto, anzi la esalta. Che cosa infatti, in questo modo, diamo a Dio se non quello che abbiamo ricevuto da lui? “Noi amiamo perché egli ci ha amato per primo” (1 Gv 4, 19). L’amore che diamo a Cristo è il suo stesso amore per noi che gli rimandiamo, come fa l’eco con la voce.

Dov’è allora la novità e la bellezza di questo amore che chiamiamo eros? L’eco rimanda a Dio il suo stesso amore, ma arricchito, colorato o profumato della nostra libertà. Ed è tutto quello che lui vuole. La nostra libertà lo ripaga di tutto. Non solo, ma cosa inaudita, scrive il Cabasilas, “ricevendo da noi il dono dell’amore in cambio di tutto quello che ci ha dato, si ritiene nostro debitore”[14]. La tesi che contrappone eros e agape si basa su un’altra ben nota contrapposizione, quella tra grazia e libertà, e anzi sulla negazione stessa della libertà nell’uomo decaduto (sul “servo arbitrio”).

Io ho provato a immaginare, Venerabili Padri e fratelli, cosa direbbe Gesù risorto, se, come faceva nella vita terrena quando entrava di sabato in una sinagoga, adesso venisse a sedersi qui al posto mio e ci spiegasse di persona qual è l’amore che egli desidera da noi. Voglio condividere con voi, con semplicità, quello che penso ci direbbe; ci servirà per fare il nostro esame di coscienza sull’amore:

L’amore ardente:

E' mettere me sempre al primo posto.

E' cercare di piacermi in ogni momento.

E' confrontare i tuoi desideri con il mio desiderio.

E' vivere davanti a me come amico, confidente, sposo ed esserne felice.

E' essere inquieto se pensi di stare un po' lontano da me.

E' essere pieno di felicità quando sono con te.

E' essere disposto a grandi sacrifici pur di non perdermi.

E' preferire di vivere povero e sconosciuto con me, piuttosto che ricco e famoso senza di me.

E' parlarmi come all'amico più caro in ogni momento possibile.

E' affidarti a me guardando al tuo futuro.

E' desiderare perderti in me come meta della tua esistenza.

Se sembra anche voi, come sembra a me, di essere lontanissimi da questo traguardo, non ci scoraggiamo. Abbiamo uno che può aiutarci a raggiungerlo se glielo chiediamo. Ripetiamo con fede allo Spirito Santo: Veni, Sancte Spiritus, reple tuorum corda fidelium et tui amoris in eis ignem accende: Vieni, Spirito Santo, riempi il cuore dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore.

[1] Edizione originale svedese, Stoccolma 1930, trad. ital. Eros e agape. La nozione cristiana dell’amore e le sue trasformazioni, Bologna, Il Mulino, 1971

[2] Pseudo- Dionigi Areopagita, I nomi divini, IV,12 (PG, 3, 709 ss.)

[3] S. Agostino, Confessioni I, 1.

[4] Commento al vangelo di Giovanni, 26, 4-5.

[5] Cf. S. Bernardo, De diligendo Deo, IX,26 –X,27.

[6] S. Tommaso d’Aquino, Commento alla Lettera ai Romani, cap. V, lez.1, n. 392-293; cf. S. Agostino, Commento alla Prima Lettera di Giovanni, 9, 9.

[7] K. Barth, Dommatica ecclesiale, IV, 2, 832-852; trad. ital. K. Barth, Dommatica ecclesiale, antologia a cura di H. Gollwitzer, Bologna, Il Mulino 1968, pp. 199-225.

[8] Il senso che i primi cristiani alla parola eros si deduce chiaramente dal noto testo di S. Ignazio d’Antiochia, Lettera ai Romani, 7,2: “Il mio amore (eros) è stato crocifisso e non c’è in me fuoco di passione…non mi attirano il nutrimento di corruzione e i piaceri di questa vita”. “Il mio eros” non indica qui Gesù crocifisso, ma “l’amore di me stesso” , l’attaccamento ai piaceri terreni, nella linea del paolino “Sono stato crocifisso con Cristo, non vivo più io” (Gal 2, 19 s.).

[9] Cf. G.W.H. Lampe, A Patristic Greek Lexicon, Oxford 1961, pp.550.

[10] Guglielmo di St. Thierry, Meditazioni, XII, 29 (SCh 324, p. 210).

[11] Anonimo, La nube della non conoscenza, Ed. Áncora, Milano, 1981, pp. 136.140.

[12] N. Cabasilas, Vita in Cristo, II,9 (PG 88, 560-561)

[13] S. Giovanni Climaco, La scala del paradiso, XV,98 (PG 88,880).

[14] N. Cabasilas, Vita in Cristo, VI, 4 .


+PetaloNero+
00lunedì 28 marzo 2011 15:35
DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE

Ieri pomeriggio, in risposta a domande dei giornalisti, il Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Rev.do P. Federico Lombardi, S.I., ha rilasciato la seguente dichiarazione:

La Santa Sede parteciperà, in qualità di Osservatore, alla Conferenza Internazionale sulla Libia che si svolgerà il 29 marzo a Londra. La Santa Sede sarà rappresentata dal Nunzio Apostolico in Gran Bretagna, S. Ecc.za Mons. Antonio Mennini.











AVVISO DELL’UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE


POSSESSI CARDINALIZI



L’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice dà comunicazione delle Prese di Possesso che avranno luogo nei prossimi giorni:

Sabato 2 aprile 2011, alle ore 16.30, l’Em.m Card. Mauro Piacenza, Prefetto della Congregazione per il Clero, prenderà possesso della Diaconia di San Paolo alle Tre Fontane, Via Laurentina, 473.

Domenica 3 aprile 2011, alle ore 12.00, l’Em.mo Card. Raymundo Damasceno Assis, Arcivescovo di Aparecida, prenderà possesso del Titolo dell’Immacolata al Tiburtino, via degli Etruschi, 36.

+PetaloNero+
00giovedì 31 marzo 2011 16:09
MESSAGGIO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO IN OCCASIONE DELLA FESTIVITÀ BUDDISTA DI VESAKH


Cari amici buddisti,

1. Da parte del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso sono lieto di porgere ancora una volta a tutti voi gli auguri più cordiali in occasione del Vesakh/Hanamatsuri. Prego che questa festa annuale possa apportare serenità e gioia a tutti i buddisti in ogni parte del mondo.

2. Alla luce di uno scambio di reciproca amicizia, come nel passato, vorrei condividere con voi alcune nostre convinzioni nella speranza di rafforzare le relazioni fra le nostre comunità. I miei pensieri si volgono in primo luogo al rapporto fra pace, verità e libertà. Condizione necessaria per perseguire una pace autentica è l’impegno a cercare la verità. Tutte le persone hanno un dovere naturale a cercare la verità, a seguirla ed a vivere liberamente in conformità con essa (cfr. Concilio Ecumenico Vaticano Secondo, Dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis Humanae, n. 1). Questa tensione umana verso la verità offre ai seguaci delle diverse religioni una felice opportunità di incontro in profondità e di crescita nel reciproco apprezzamento per i doni di ciascuno.

3. Nel mondo d’oggi, segnato da forme di secolarismo e fondamentalismo che sono spesso nemiche della vera libertà e dei valori spirituali, il dialogo interreligioso può essere la scelta alternativa con la quale troviamo la "via d’oro" per vivere in pace e lavorare insieme per il bene comune. Come ha detto Papa Benedetto XVI, «per la Chiesa il dialogo tra i seguaci di diverse religioni costituisce uno strumento importante per collaborare con tutte le comunità religiose al bene comune.» (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2011, n. 11). Tale dialogo è anche un potente stimolo a rispettare i fondamentali diritti umani della libertà di coscienza e della libertà di culto. Quando la libertà religiosa è effettivamente riconosciuta, la dignità della persona umana è rispettata nella sua radice; attraverso la sincera ricerca di ciò che è vero e buono, la coscienza morale e le istituzioni civili sono rafforzate; e la giustizia e la pace sono fermamente stabilite (cfr. ibidem, n.5).

4. Cari amici buddisti, preghiamo perché la vostra celebrazione del Vesakh sia una fonte di arricchimento spirituale ed un’occasione per dare nuovo slancio alla ricerca della verità e della bontà, per mostrare compassione verso tutti coloro che soffrono, e a sforzarsi di vivere insieme in armonia. Ancora una volta permetteteci di esprimere i nostri cordiali saluti e di augurare a tutti voi una felice festa di Vesakh/Hanamatsuri.



Jean-Louis Cardinal Tauran
Presidente

Arcivescovo Pier Luigi Celata
Segretario
+PetaloNero+
00venerdì 1 aprile 2011 16:19
NOTA INFORMATIVA DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE IN OCCASIONE DELL’ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE CIRCA LA PREVENZIONE E IL CONTRASTO DEL RICICLAGGIO DEI PROVENTI DI ATTIVITÀ CRIMINOSE E DEL FINANZIAMENTO DEL TERRORISMO, NONCHÉ DEL REGOLAMENTO SUL TRASPORTO AL SEGUITO DI DENARO CONTANTE


Oggi, 1° aprile 2011, entra in vigore la Legge n. CXXVII concernente la prevenzione e il contrasto del riciclaggio dei proventi di attività criminose e del finanziamento del terrorismo, pubblicata il 30 dicembre scorso assieme alla Lettera Apostolica "Motu Proprio" del Sommo Pontefice Benedetto XVI sullo stesso argomento. La Legge, come anche il Motu Proprio, costituiscono un evento di rilevante importanza normativa che ha un significato morale e pastorale di ampia portata.

L’evento odierno s’inscrive a pieno titolo in quell’impegno della Sede Apostolica su tanti altri temi, forse meno altisonanti ma non per questo meno rilevanti, di carità nella verità, intesi cioè all’edificazione di una convivenza civile giusta ed onesta (cfr. Benedetto XVI, Enciclica Caritas in veritate, Introduzione, n. 1).

Gli Uffici ed Enti tenuti al rispetto della Legge appena entrata in vigore comprendono l’Istituto per le Opere di Religione (I.O.R.) e gli altri organismi che dipendono dallo Stato della Città del Vaticano o dalla Santa Sede, o che sono collegati a quest’ultima.


Oggi entra anche in vigore il Regolamento sul trasporto al seguito di denaro contante che l’Autorità di Informazione Finanziaria (A.I.F.) ha redatto in attuazione dell’articolo 39 della Legge n. CXXVII, esercitando le competenze assegnatele dall’art. 33, comma 5, lettera a), della Legge medesima. L’articolo 39, a sua volta, è conforme a quanto previsto nella raccomandazione speciale IX del Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale (G.A.F.I.) del 22 ottobre 2004 e nel Regolamento (C.E.) 26 ottobre 2005, n. 1889/2005 (relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nella Comunità o in uscita dalla stessa). Tali raccomandazioni e regolamenti esortano i governi ad adottare provvedimenti per l’individuazione dei movimenti materiali di denaro contante, compreso un sistema di dichiarazione.

La Legge vaticana, quindi, affida all’A.I.F. il compito di tradurre i principi contenuti nella Legge medesima in disposizioni operative.

Le nuove regole sul trasporto di denaro non vietano di portare somme al seguito superiori a 10.000,00 euro, sia in entrata che in uscita dallo Stato della Città del Vaticano, ma prevedono soltanto una dichiarazione da rendere presso gli Uffici ed Enti tenuti agli obblighi antiriciclaggio, dove debba compiersi una qualsiasi operazione, ovvero, in luogo di questi, al Corpo della Gendarmeria presso gli ingressi dello Stato.

Il controllo sulle movimentazioni di denaro contante è infatti ritenuto, a livello internazionale, un importante strumento di trasparenza perché la presenza di un impianto normativo antiriciclaggio, che prevede attenti controlli sulle movimentazioni finanziarie, può produrre, suo malgrado, a fini elusivi, un incremento dell’uso di denaro contante ed anche dei trasferimenti di esso al seguito che tendono a sfuggire ad una tracciabilità altrimenti più riscontrabile. Di qui l’impegno, da parte di tutte le Autorità antiriciclaggio, nel richiedere una maggiore trasparenza su tali fenomeni.

Il Regolamento, inoltre, per evitare di rendere le procedure eccessivamente complicate, dispone che le dichiarazioni del portatore vengano effettuate presso gli Uffici ed Enti tenuti agli obblighi antiriciclaggio, dove debba compiersi una qualsiasi operazione. Si evita così di duplicare le operazioni presso soggetti diversi, a un soggetto per dichiarare le somme eventualmente portate al seguito, a un altro soggetto per compiere l’operazione. Tale dichiarazione integra l’operazione da compiere e si serve di una modulistica già predisposta presso gli stessi enti. Essa, inoltre, avviene in modo tale che sia tutelata la riservatezza e la sicurezza del soggetto che trasporti al seguito denaro contante ai fini del compimento di operazioni.

La dichiarazione dovrà, alternativamente, essere resa al Corpo della Gendarmeria presso gli ingressi dello Stato solo se il trasporto al seguito non sia preordinato al compimento di operazioni presso soggetti tenuti agli obblighi antiriciclaggio. Anche in tale ipotesi, sono stati predisposti, per facilitare i relativi adempimenti, appositi moduli, ivi reperibili, da compilare sul posto.

Il Corpo della Gendarmeria, che è stato opportunamente istruito, si pone, quindi, quale organismo con funzione di raccolta delle dichiarazioni rese presso di esso, ai fini della loro successiva trasmissione all’A.I.F.

L’obbligo di dichiarazione da parte del portatore trova peraltro, quale contrappeso, un potere di verifica dell’esatto adempimento di esso in capo alla Gendarmeria stessa. Essa, ove sussistano fondati motivi di sospetto, procede alla visita dei mezzi di trasporto, dei bagagli e degli altri oggetti di coloro che entrano o escono dal territorio dello Stato e, altresì, invita costoro ad esibire il denaro contante portato sulla persona. L’omesso o parziale adempimento dell’obbligo di dichiarazione è sanzionato amministrativamente.

L’A.I.F., che conserva sull’argomento un generale potere di controllo, emanerà in futuro altri Regolamenti, facilitando la vita degli operatori, dei cittadini e dei dipendenti e garantendo a tutti chiare disposizioni per l’esatto adempimento degli obblighi previsti nella Legge.

L’A.I.F., insomma, quale Autorità pubblica, ha il compito di servire la Stato della Città del Vaticano e la Santa Sede e, attraverso di loro, favorire tutti coloro che vi operano.

L’A.I.F., proseguendo in quest’attività di traduzione dei principi, in attuazione dell’articolo 34, comma 3, ha anche provveduto ad elaborare "indici di anomalia per la segnalazione delle operazioni sospette" ai fini della più agevole individuazione, da parte dei soggetti obbligati alla Legge n. CXXVII, delle situazioni di rischio operativo.

Anche tale provvedimento si muove nella logica di assicurare all’operatore, a garanzia di tutti, strumenti di informazione ed anche di formazione sulle tecniche più diffuse, ormai globali, maturate nel campo del contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, al fine di aiutare l’operatore a valutare correttamente le situazioni in cui viene a trovarsi e, altresì, gli strumenti di cui si serve nella quotidiana operatività.


Ovviamente una buona conoscenza delle norme e dei regolamenti applicativi è la base per l’esercizio consapevole delle responsabilità personali. L’A.I.F., dunque, provvede a dare la dovuta pubblicità legale alle prescrizioni che abbiano vigore nello Stato e nella Santa Sede con l’inserimento dei vari provvedimenti normativi negli Acta Apostolicae Sedis.

Oltre a tale forma di pubblicità legale, l’A.I.F. ha provveduto a dare comunicazione del Regolamento sul trasporto al seguito mediante avvisi, collocati in appositi spazi di maggiore frequentazione, contenenti una sintetica elencazione del contenuto e degli adempimenti richiesti dalla normativa.

L’Autorità ha seguito un approccio analogo anche per quel che concerne la Legge n. CXXVII ed il Motu Proprio, i quali, unitamente al Provvedimento sugli "Indici di anomalia per la segnalazione delle operazioni sospette", sono stati recapitati alle istanze della Santa Sede, dello Stato della Città del Vaticano e a quelle collegate con la Santa Sede che, sulla base di una prima ricognizione, relativa all’attività svolta da questi Uffici, si ritiene che potrebbero rientrare tra i soggetti obbligati di cui all’articolo 2, comma 1, della Legge n. CXXVII.

L’invio della normativa adottata a dette istanze è preordinato a rammentare e spiegare loro che, in forza della Legge, ove svolgano una delle attività previste nella Legge stessa, sono tenute:

a) ad osservare, principalmente, obblighi di adeguata verifica (artt. 28-31 della Legge); di registrazione dei rapporti e delle operazioni (art. 32 della Legge); di conservazione delle informazioni ad essi inerenti (art. 32 della Legge); di segnalazione all’A.I.F. delle eventuali operazioni sospette (art. 34 della Legge);

b) a predisporre i necessari assetti organizzativi e le procedure entro trenta giorni dall’entrata in vigore della Legge, dando comunicazione dei provvedimenti assunti, entro i successivi dieci giorni dalla loro adozione, all’A.I.F.

Come si diceva nella prima parte di questo testo, la Legge CXXVII è conforme a quanto previsto dai più recenti dispositivi normativi previsti da importanti organismi europei ed internazionali con i quali l’A.I.F. è già entrata in contatto.

In tal senso, il Prof. Marcello Condemi e l’Avv. Francesco De Pasquale, rispettivamente Sostituto del Presidente e Direttore dell’A.I.F., hanno partecipato lo scorso mese, in rappresentanza della Santa Sede e dell’Autorità medesima, alla terza riunione sull’applicazione della Convenzione del Consiglio d’Europa sul riciclaggio, il sequestro e la confisca dei proventi di reato e sul finanziamento del terrorismo. Detta Convenzione è stata firmata a Varsavia nel 2005.

I predetti rappresentanti, a margine dei lavori, hanno avuto modo di intrattenersi con esponenti di MONEYVAL, organismo del Consiglio d’Europa deputato alla valutazione dell’ordinamento antiriciclaggio ed antiterrorismo anche della Santa Sede.

Nei prossimi giorni, poi, i medesimi rappresentanti saranno presenti a Strasburgo alla 35° riunione Plenaria di MONEYVAL, nell’ambito della quale si discuterà anche della candidatura della Santa Sede a sottoporre alla valutazione di tale organismo il proprio assetto antiriciclaggio ed antiterrorismo.

+PetaloNero+
00venerdì 1 aprile 2011 16:20
STATEMENT OF THE BILATERAL COMMISSION MEETING OF THE DELEGATIONS OF THE CHIEF RABBINATE OF ISRAEL AND THE HOLY SEE’S COMMISSION FOR RELIGIOUS RELATIONS WITH THE JEWS (JERUSALEM, MARCH 29-31, 2011; ADAR II, 23-25, 5771)


1. The Bilateral Commission of the delegations of the Chief Rabbinate of Israel and the Holy See’s Commission for Religious Relations with the Jews held its tenth meeting to discuss the Challenges of Faith and Religious Leadership in Secular Society. The meeting opened with a moment of silence in memory of Chief Rabbi Yosef Azran who had been a member of the Chief Rabbinate’s delegation for many years. Chief Rabbi Shear Yashuv Cohen, co-chairman of the Bilateral Commission, welcomed the participants and reaffirmed the historic nature and importance of these meetings. His counterpart Cardinal Jorge Mejía brought the greetings of the Cardinal Kurt Koch, recently appointed President of the Holy See’s Commission for Religious Relations with the Jews, to the delegates. The Chief Rabbi of Israel, Rabbi Yona Metzger, graced the meeting and expressed his strong support and encouragement for the work of the Bilateral Commission, acknowledging its impact on the positive change in perceptions of Jewish-Christian relations in Israeli society.

2. Deliberations sought to define the challenges that modern secular society faces. In addition to its many benefits; rapid technological advancement, rampant consumerism, and a nihilistic ideology with an exaggerated focus on the individual at the expense of the community and collective wellbeing, have led to a moral crisis. Together with the benefits of emancipation, the last century has witnessed unparalleled violence and barbarity. Our modern world is substantially bereft of a sense of belonging, meaning and purpose.

3. Faith and religious leadership have a critical role in responding to these realities, in providing both hope and moral guidance derived from the awareness of the Divine Presence and the Divine Image in all human beings. Our respective traditions declare the importance of prayer, both as the expression of awareness of the Divine Presence, and as the way to affirm that awareness and its moral imperatives. In addition, the study of the Divine Word in Scripture offers the essential inspiration and direction for life. The Biblical description of Moses (Exodus 3:1-15) was presented as a paradigm of religious leadership who, through his encounter with God, responds to the Divine call with total faith, loving his people, declaring the Word of God without fear, embodying freedom and courage, and an authority that comes from obeying God always and unconditionally, and listening to all, ready for dialogue.

4. The responsibility of the faithful is accordingly to testify to the Divine Presence in our world, (Isaiah 43:10) while acknowledging our failures in the past to be true and full witnesses to this charge. Such testimony is also to be seen in education, focus on youth and effective engagement of the media. Similarly, in the establishment and operation of charitable institutions with special care for the vulnerable, sick and marginalized, in the spirit of ‘tikkun olam’ (healing the world). In addition, the religious commitment to justice and peace also requires an engagement between religious leadership and the institutions of civil law.

5. Modern secular society has brought with it many benefits. Indeed, if secular is understood in terms of a broad-based engagement of society at large, this is likely to provide for a society in which religion can flourish. Furthermore the abovementioned focus on the individual has brought much blessing and led to an overwhelming attention to the subject of civil rights. However, in order for such a focus to be sustainable, it needs to be rooted in a higher anthropological and spiritual framework that takes into account "the common good", which finds its expression in the religious foundation of moral duties. Society’s affirmation of such human duties, serves to empower and enshrine the human rights of its constituents.

6. Resulting from the discussion on the practical implications for religious leadership in relationship to current issues, the Bilateral Commission expressed the hope that the outstanding matters in the negotiations between the Holy See and the State of Israel would soon be resolved, and bilateral agreements speedily ratified for the benefit of both communities.

The Catholic delegation took the opportunity to reiterate the historic teaching of the Second Vatican Council’s declaration Nostra Aetate (No.4) regarding the Divine Covenant with the Jewish People that "the Jews still remain most dear to God because of their Fathers, for He, does not repent of the gifts He makes, nor of the calls He issues (cf. Romans 11:28-29)"; and recalled the prayer for peace of Pope Benedict XVI when receiving the Bilateral Delegation in Rome on March 12 2009, quoting Psalm 125 "As the mountains are round about Jerusalem, so the Lord is round about His people, from this time forth and for evermore."

Jerusalem
March 31, 2011, Adar II 25, 5771



Chief Rabbi Shear Yashuv Cohen
(Chairman of the Jewish Delegation)
Cardinal Jorge Maria Mejía
(Chairman of the Catholic Delegation)

Chief Rabbi Rasson Arussi

Chief Rabbi David Brodman

Chief Rabbi David Rosen

Mr Oded Wiener




Cardinal Peter Kodwo Turkson

Patriarch Fouad Twal

Archbishop Bruno Forte

Archbishop Antonio Franco

Bishop Giacinto-Boulos Marcuzzo

Mons. Pier Francesco Fumagalli

Father Pierbattista Pizzaballa, O.F.M.



+PetaloNero+
00venerdì 1 aprile 2011 16:21
SECONDA PREDICA DI QUARESIMA


Alle ore 9 di questa mattina, nella Cappella "Redemptoris Mater", alla presenza del Santo Padre Benedetto XVI, il Predicatore della Casa Pontificia, Rev.do P. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., ha tenuto la seconda Predica di Quaresima.

Tema delle meditazioni quaresimali è il seguente: "Al di sopra di tutto vi sia la carità" (Colossesi 3, 14).

Le due successive Prediche di Quaresima avranno luogo venerdì 8 aprile e venerdì 15 aprile.



Father Norbert Hofmann, S.D.B.










Seconda predica di Quaresima di padre Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap.
“Dio è amore”




CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 1° aprile 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il testo della seconda predica di Quaresima di padre Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., predicatore della Casa Pontificia, pronunciata questo venerdì mattina nella Cappella “Redemptoris Mater” alla presenza di Papa Benedetto XVI.

Il tema delle meditazioni quaresimali è “Al di sopra di tutto vi sia la carità” (Colossesi 3, 14).

La prima predica ha avuto luogo venerdì 25 marzo. Le due successive avranno luogo venerdì 8 aprile e venerdì 15 aprile.

* * *

DIO È AMORE

Il primo e fondamentale annuncio che la Chiesa è incaricata di portare al mondo e che il mondo attende dalla Chiesa è quello dell’amore di Dio. Ma affinché gli evangelizzatori siano in grado di trasmettere questa certezza, è necessario che ne siano essi stessi intimamente permeati, che essa sia luce della loro vita. A questo scopo vorrebbe servire, almeno in minima parte, la presente meditazione.

L’espressione “amore di Dio” ha due accezioni molto diverse tra loro: una in cui Dio è oggetto e l’altra in cui Dio è soggetto; una che indica il nostro amore per Dio e l’altra che indica l’amore di Dio per noi. L’uomo, più incline per natura a essere attivo che passivo, più a essere creditore che a essere debitore, ha sempre dato la precedenza al primo significato, a quello che facciamo noi per Dio. Anche la predicazione cristiana ha seguito questa via, parlando, in certe epoche, quasi solo del “dovere” di amare Dio (“De diligendo Deo”).

Ma la rivelazione biblica dà la precedenza al secondo significato: all’amore “di” Dio, non all’amore “per” Dio. Aristotele diceva che Dio muove il mondo “in quanto è amato”, cioè in quanto è oggetto d’amore e causa finale di tutte le creature[1]. Ma la Bibbia dice esattamente il contrario e cioè che Dio crea e muove il mondo in quanto ama il mondo. La cosa più importante, a proposito dell’amore di Dio, non è dunque che l’uomo ama Dio, ma che Dio ama l’uomo e lo ama “per primo”: “In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio ma è lui che ha amato noi” (1 Gv 4, 10). Da questo dipende tutto il resto, compresa la nostra stessa possibilità di amare Dio: “Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo” (1 Gv 4, 19).

1. L’amore di Dio nell’eternità

Giovanni è l’uomo dei grandi salti. Nel ricostruire la storia terrena di Cristo, gli altri si erano arrestati alla sua nascita da Maria, egli fa il grande balzo indietro, dal tempo all’eternità: “In principio era il Verbo”. Lo stesso fa a proposito dell’amore. Tutti gli altri, compreso Paolo, hanno parlato dell’amore di Dio manifestatosi nella storia e culminato nella morte di Cristo; lui risale a oltre la storia. Non ci presenta solo un Dio che ama, ma un Dio che è amore. “In principio era l’amore, l’amore era presso Dio e l’amore era Dio”: così possiamo sciogliere la sua affermazione: “Dio è amore” (1Gv 4,10).

Di essa Agostino ha scritto: “Se non ci fosse, in tutta questa Lettera e in tutte le pagine della Scrittura, nessun elogio dell’amore all’infuori di questa sola parola, cioè che Dio è amore, non dovremmo chiedere di più”[2]. Tutta la Bibbia non fa che “narrare l’amore di Dio”[3].Questa è la notizia che sostiene e spiega tutte le altre. Si discute a non finire, e non solo da oggi, se esiste Dio; ma io credo che la cosa più importante non sia sapere se Dio esiste, ma se è amore[4]. Se, per ipotesi, egli esistesse ma non fosse amore, ci sarebbe più da temere che da gioire per la sua esistenza, come infatti è avvenuto presso diversi popoli e civiltà. La fede cristiana ci assicura proprio su questo: Dio esiste ed è amore!

Il punto di partenza del nostro viaggio è la Trinità. Perché i cristiani credono nella Trinità? La risposta è: perché credono che Dio è amore. Là dove Dio è concepito come Legge suprema o Potere supremo non c’è evidentemente bisogno di una pluralità di persone e per questo non si capisce la Trinità. Il diritto e il potere possono essere esercitati da una sola persona, l’amore no.

Non c’è amore che non sia amore di qualcosa o di qualcuno, come –dice il filosofo Husserl - non c’è conoscenza che non sia conoscenza di qualcosa. Chi ama Dio per essere definito amore? L’umanità? Ma gli uomini esistono solo da alcuni milioni di anni; prima di allora, chi amava Dio per essere definito amore? Non può aver cominciato ad essere amore a un certo punto del tempo, perché Dio non può cambiare la sua essenza. Il cosmo? Ma l’universo esiste da alcuni miliardi di anni; prima, chi amava Dio per potersi definire amore? Non possiamo dire: amava se stesso, perché amare se stessi non è amore, ma egoismo o, come dicono gli psicologi, narcisismo.

Ed ecco la risposta della rivelazione cristiana che la Chiesa ha raccolto da Cristo e ha esplicitata nel suo credo. Dio è amore in se stesso, prima del tempo, perché da sempre ha in se stesso un Figlio, il Verbo, che ama di un amore infinito che è lo Spirito Santo. In ogni amore ci sono sempre tre realtà o soggetti: uno che ama, uno che è amato e l’amore che li unisce.

2. L’amore di Dio nella creazione

Quando questo amore fontale si dispiega nel tempo, abbiamo la storia della salvezza. La prima tappa di essa è la creazione. L’amore è, per sua natura, “diffusivum sui”, cioè tende a comunicarsi”. Siccome “l’agire segue l’essere”, essendo amore, Dio crea per amore. “Perché ci ha creati Dio?”: così suonava la seconda domanda del catechismo di una volta, e la risposta era: “Per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita e goderlo poi nell’altra in paradiso”. Risposta ineccepibile, ma parziale. Essa risponde alla domanda sulla causa finale: “per quale scopo, a che fine ci ha creati Dio”; non risponde alla domanda sulla causa causante: “perché ci ha creati, che cosa lo ha spinto a crearci”. A questa domanda non si deve rispondere: “perché lo amassimo”, ma “perché ci amava”.

Secondo la teologia rabbinica, fatta propria dal Santo Padre nel suo ultimo libro su Gesù, “il cosmo viene creato non perché ci siano molteplici astri e tante altre cose, ma perché ci sia uno spazio per l’’alleanza’, il ‘sì’ dell’amore tra Dio e l’uomo che gli risponde”[5]. La creazione è in vista del dialogo d’amore di Dio con le sue creature.

Come è lontana, su questo punto, la visione cristiana dell’origine dell’universo da quella dello scientismo ateo ricordato in Avvento! Una delle sofferenze più profonde per un giovane o una ragazza è scoprire un giorno di essere al mondo per caso, non voluti, non attesi, magari per uno sbaglio dei genitori. Un certo scientismo ateo sembra impegnato a infliggere questo tipo di sofferenza all’umanità intera. Nessuno saprebbe convincerci del fatto che noi siamo stati creati per amore, meglio di come lo fa santa Caterina da Siena in una sua infuocata preghiera alla Trinità:

“Come creasti, dunque, o Padre eterno, questa tua creatura? […]. Il fuoco ti costrinse. O amore ineffabile, benché nel lume tuo tu vedessi tutte le iniquità, che la tua creatura doveva commettere contro la tua infinita bontà, tu facesti vista quasi di non vedere, ma fermasti l’occhio nella bellezza della tua creatura, della quale tu, come pazzo ed ebbro d’amore, t’innamorasti e per amore la traesti da te, dandole l’essere all’immagine e similitudine tua. Tu, verità eterna, hai dichiarato a me la verità tua, cioè che l’amore ti costrinse a crearla”.

Questo non è solo agape, amore di misericordia, di donazione e di discesa; è anche eros e allo stato puro; è attrazione verso l’oggetto del proprio amore, stima e fascino della sua bellezza.

3. L’amore di Dio nella rivelazione

La seconda tappa dell’amore di Dio è la rivelazione, la Scrittura. Dio ci parla del suo amore soprattutto nei profeti. Dice in Osea: “Quando Israele era fanciullo, io lo amai […]. Io insegnai a Efraim a camminare, sorreggendolo per le braccia[…]. Io li attiravo con corde umane, con legami d'amore; ero per loro come chi solleva il giogo dalle mascelle, e porgevo loro dolcemente da mangiare […]. Come farei a lasciarti, o Efraim? […] Il mio cuore si commuove tutto dentro di me, tutte le mie compassioni si accendono.” (Os 11, 1-4).

Ritroviamo questo stesso linguaggio in Isaia: “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il frutto delle sue viscere?” (Is 49, 15) e in Geremia: “Efraim è il figlio che amo, il mio bambino, il mio incanto! Ogni volta che lo riprendo mi ricordo di ciò, mi si commuovono le viscere e cedo alla compassione” (Ger 31, 20).

In questi oracoli, l’amore di Dio si esprime contemporaneamente come amore paterno e materno. L’amore paterno è fatto di stimolo e di sollecitudine; il padre vuol far crescere il figlio e portarlo alla piena maturità. Per questo lo corregge e difficilmente lo loda in sua presenza, per paura che si creda arrivato e che non progredisca più. L’amore materno invece è fatto di accoglienza e di tenerezza; è un amore “viscerale”; parte dalle profonde fibre dell’essere della madre, là dove la creatura si è formata, e di lì afferra tutta la sua persona facendola “fremere di compassione”.

Nell’ambito umano, questi due tipi di amore – virile e materno – sono sempre, più o meno nettamente, ripartiti. Il filosofo Seneca diceva: “Non vedi come è diversa la maniera di voler bene dei padri e delle madri? I padri svegliano presto i figli perché si mettano allo studio, non permettono loro di starsene oziosi e li fanno grondare di sudore e talvolta anche di lacrime. Le madri invece se li coccolano in grembo e se li tengono vicini ed evitano di contrariarli, di farli piangere e di farli faticare”[6]. Mentre però il Dio del filosofo pagano ha verso gli uomini solo “l’animo di un padre che ama senza debolezza” (sono parole sue), il Dio biblico ha anche l’animo di una madre che ama “con debolezza”.

L’uomo conosce per esperienza un altro tipo di amore, quello di cui si dice che è “forte come la morte e che le sue vampe sono vampe di fuoco” (cf Ct 8, 6), e anche a questo tipo di amore Dio ha fatto ricorso, nella Bibbia, per darci un’idea del suo appassionato amore per noi. Tutte le fasi e le vicissitudini dell’amore sponsale sono evocate e utilizzate a questo scopo: l’incanto dell’amore allo stato nascente nel fidanzamento (cf Ger 2, 2); la pienezza della gioia del giorno delle nozze (cf Is 62, 5); il dramma della rottura (cf Os 2, 4 ss) e infine la rinascita, piena di speranza, dell’antico vincolo (cf Os 2, 16; Is 54, 8).

L’amore sponsale è, fondamentalmente, un amore di desiderio e di scelta. Se è vero, perciò, che l’uomo desidera Dio, è vero, misteriosamente, anche il contrario e cioè che Dio desidera l’uomo, vuole e stima il suo amore, gioisce per esso “come gioisce lo sposo per la sposa” (Is 62,5)!

Come fa notare il Santo Padre nella “Deus caritas est”, la metafora nuziale che attraversa quasi tutta la Bibbia ed ispira il linguaggio dell’“alleanza”, è la migliore riprova che anche l’amore di Dio per noi è eros e agape, è dare e cercare insieme. Non lo si può ridurre a sola misericordia, a un “fare la carità” all’uomo, nel senso più rimpicciolito del termine.

4. L’amore di Dio nell’incarnazione

Arriviamo così alla tappa culminante dell’amore di Dio, l’incarnazione: “Così Dio ha amato il mondo da dare per esso il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16). Di fronte all’incarnazione si pone la stessa domanda che ci siamo posti per la creazione. Perché Dio si è fatto uomo? Cur Deus homo? Per molto tempo la risposta è stata: per redimerci dal peccato. Duns Scoto approfondì questa risposta, facendo dell’amore il motivo fondamentale dell’incarnazione, come di tutte le altre opere ad extra della Trinità.

Dio, dice Scoto, per prima cosa, ama se stesso; in secondo luogo, vuole che ci siano altri esseri che lo amano (“secundo vult alios habere condiligentes”). Se decide l’incarnazione è perché ci sia un altro essere che lo ama con l’amore più grande possibile fuori di lui[7]. L’incarnazione avrebbe dunque avuto luogo anche se Adamo non avesse peccato. Cristo è il primo pensato e il primo voluto, il “primogenito della creazione” (Col 1,15), non la soluzione a un problema intervenuto in seguito con il peccato di Adamo.

Ma anche la risposta di Scoto è parziale e va completata in base a ciò che dell’amore di Dio ci dice la Scrittura. Dio ha voluto l’incarnazione del Figlio, non solo per avere qualcuno fuori di sé che lo amasse in modo degno di sé, ma anche e soprattutto per aver fuori di sé qualcuno da amare in modo degno di sé! E questi è il Figlio fatto uomo, in cui il Padre “trova tutta la sua compiacenza” e con lui tutti noi resi “figli nel Figlio”.

Cristo è la prova suprema dell’amore di Dio per l’uomo non solo in senso oggettivo, alla maniera di un pegno inanimato che si da a qualcuno del proprio amore; lo è in senso anche soggettivo. In altre parole, non è solo la prova dell’amore di Dio, ma è l’amore stesso di Dio che ha assunto una forma umana per potere amare ed essere amato dall’interno della nostra situazione. In principio era l’amore e “l’amore si è fatto carne”: così un antichissimo scritto cristiano, parafrasa le parole del Prologo di Giovanni[8].

San Paolo conia una espressione apposita per questa nuova modalità dell’amore di Dio, lo chiama “l’amore di Dio che è in Cristo Gesù” (Rom 8, 39). Se, come si diceva la volta scorsa, ogni nostro amore per Dio deve ormai esprimersi concretamente in amore per Cristo, è perché ogni amore di Dio per noi si è, prima, espresso e raccolto in Cristo.

5. L’amore di Dio effuso nei cuori

La storia dell’amore di Dio non termina con la Pasqua di Cristo, ma si prolunga nella Pentecoste che rende presente e operante “l’amore di Dio in Cristo Gesù” fino alla fine del mondo. Non siamo costretti, perciò, a vivere solo del ricordo dell’amore di Dio, come di una cosa passata. “L’amore di Dio è stato effuso nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo che ci è stato donato” (Rom 5,5).

Ma cos’è questo amore che è stato riversato nel nostro cuore nel battesimo? È un sentimento di Dio per noi? Una sua benevola disposizione a nostro riguardo? Un’inclinazione? Qualcosa, cioè, di intenzionale? È molto di più; è qualcosa di reale. È, alla lettera, l’amore di Dio, cioè l’amore che circola nella Trinità tra Padre e Figlio e che nell’incarnazione ha assunto una forma umana e ora viene partecipato a noi sotto forma di “inabitazione”. “Il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14, 23).

Noi diventiamo “partecipi della natura divina” (2 Pt 1, 4), cioè partecipi dell’amore divino. Veniamo a trovarci per grazia, spiega san Giovanni della Croce, dentro il vortice d’amore che passa da sempre, nella Trinità, tra il Padre e il Figlio[9]. Meglio ancora: tra il vortice di amore che passa ora, in cielo, tra il Padre e il suo Figlio suo Gesù Cristo, risorto da morte, di cui siamo le membra.

6. Noi abbiamo creduto all’amore di Dio!

Ecco, Venerabili padri, fratelli e sorelle, questa che ho tracciato poveramente è la rivelazione oggettiva dell’amore di Dio nella storia. Adesso veniamo a noi: che faremo, che diremo dopo aver ascoltato quanto Dio ci ama? Una prima risposta è: riamare Dio! Non è, questo, il primo e più grande comandamento della legge? Sì, ma esso viene dopo. Altra risposta possibile: amarci tra noi come Dio ci ha amati! Non dice l’evangelista Giovanni che, se Dio ci ha amato, “anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri” (1Gv 4, 11)? Anche questo, viene dopo; prima c’è un’altra cosa da fare. Credere nell’amore di Dio! Dopo aver detto che “Dio è amore”, l’evangelista Giovanni esclama: “Noi abbiamo creduto all’amore che Dio ha per noi” (1 Gv 4,16).

La fede dunque. Ma qui si tratta di una fede speciale: la fede-stupore, la fede incredula (un paradosso, lo so, ma vero!), la fede che non sa capacitarsi di quello che crede, anche se lo crede. Come è possibile che Dio, sommamente felice nella sua quieta eternità, abbia avuto il desiderio non solo di crearci, ma anche di venire di persona a soffrire in mezzo a noi? Come è possibile questo? Ecco, questa è la fede-stupore, la fede che fa felici.

Il grande convertito e apologeta della fede Clive Staples Lewis (l’autore, detto per inciso, del ciclo narrativo di Narnia, portato di recenti sugli schermi) ha scritto un singolare romanzo intitolato “Le lettere di Berlicche”. Sono lettere che un diavolo anziano scrive a un diavoletto giovane e inesperto che è impegnato sulla terra a sedurre un giovane londinese appena ritornato alla pratica cristiana. Lo scopo è di istruirlo sulle mosse da fare per riuscire nell’intento. Si tratta di un moderno, finissimo trattato di morale e di ascetica, da leggere alla rovescio, cioè facendo esattamente il contrario di quello che viene suggerito.

A un certo punto l’autore ci fa assistere a una specie di discussione che si svolge tra i demoni.. Essi non possono capacitarci che il Nemico (così chiamano Dio) ami veramente “i vermi umani e desideri la loro libertà”. Sono sicuri che non può essere. Ci deve essere per forza un inganno, un trucco. Ci stiamo indagando, dicono, dal giorno che il “Nostro Padre” (così chiamano Lucifero), proprio per questo motivo, si allontanò da lui; non l’abbiamo ancora scoperto, ma un giorno ci arriveremo[10]. L’amore di Dio per le sue creature è, per essi, il mistero dei misteri. E io credo che, almeno in questo, i demoni hanno ragione.

Sembrerebbe una fede facile e piacevole; invece è forse la cosa più difficile che ci sia anche per noi creature umane. Ci crediamo noi veramente che Dio ci ama? No che non ci crediamo veramente, o almeno che non ci crediamo abbastanza! Ché se ci credessimo, subito la vita, noi stessi, le cose, gli avvenimenti, il dolore stesso, tutto si trasfigurerebbe davanti ai nostri occhi. Oggi stesso noi saremmo con lui in paradiso, perché il paradiso non è che questo: godere in pienezza dell’amore di Dio.

Il mondo ha reso sempre più difficile credere nell’amore. Chi è stato tradito o ferito una volta, ha paura di amare e di essere amato, perché sa quanto fa male ritrovarsi ingannato. Sicché, si va sempre più ingrossando la schiera di coloro che non riescono a credere nell’amore di Dio; anzi, in nessun amore. Il disincanto e il cinismo è il marchio della nostra cultura secolarizzata. Sul piano personale c’è poi l’esperienza della nostra povertà e miseria che ci fa dire: “Sì, questo amore di Dio è bello, ma non è per me! Io non ne sono degno...”.

Gli uomini hanno bisogno di sapere che Dio li ama e nessuno meglio dei discepoli di Cristo è in grado di recare loro questa buona notizia. Altri, nel mondo, condividono con i cristiani il timore di Dio, la preoccupazione per la giustizia sociale e il rispetto dell’uomo, per la pace e la tolleranza; ma nessuno – dico nessuno – tra i filosofi, né tra le religioni, dice all’uomo che Dio lo ama, lo ama per primo, e lo ama con amore di misericordia e di desiderio: con eros e agape.

San Paolo ci suggerisce un metodo per applicare alla nostra concreta esistenza la luce dell’amore di Dio. Scrive: “Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati” (Rom 8, 35-37). I pericoli e i nemici dell’amore di Dio che egli enumera sono quelli che ha, di fatto, sperimentato nella sua vita: l’angoscia, la persecuzione, la spada... (cf 2 Cor 11, 23 ss). Egli li passa in rassegna nella sua mente e constata che nessuno di essi è così forte da reggere al confronto con il pensiero dell’amore di Dio.

Siamo invitati a fare come lui: a guardare la nostra vita, così come essa si presenta, a portare a galla le paure che vi si annidano, le tristezze, le minacce, i complessi, quel difetto fisico o morale, quel ricordo penoso che ci umilia, e a esporre tutto ciò alla luce del pensiero che Dio mi ama.

Dalla sua vita personale, l’Apostolo allarga lo sguardo sul mondo che lo circonda. “Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati; né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rm 8, 37-39). Osserva il “suo” mondo, con le potenze che lo rendevano allora minaccioso: la morte con il suo mistero, la vita presente con le sue lusinghe, le potenze astrali o quelle infernali che incutevano tanto terrore all’uomo antico.

Noi possiamo fare la stessa cosa: guardare il mondo che ci circonda e che ci fa paura. L’“altezza” e la “profondità”, sono per noi ora l’infinitamente grande in alto e l’infinitamente piccolo in basso, l’universo e l’atomo. Tutto è pronto a schiacciarci; l’uomo è debole e solo, in un universo tanto più grande di lui e divenuto, per giunta, ancora più minaccioso, in seguito alle scoperte scientifiche che ha fatto e che non riesce dominare, come ci sta drammaticamente dimostrando la vicenda dei reattori atomici di Fukushima.

Tutto può essere messo in questione, tutte le sicurezze possono venire a mancarci, ma mai questa: che Dio ci ama ed è più forte di tutto. “Il nostro aiuto è nel nome del Signore che ha fatto i cieli e la terra”.

[1] Aristotele, Metafisica, XII, 7, 1072b.

[2] S. Agostino, Trattati sulla Prima lettera di Giovanni, 7, 4.

[3] S. Agostino, De catechizandis rudibus, I, 8, 4: PL 40, 319.

[4] Cf. S. Kierkegaard, Discorsi edificanti in diverso spirito, 3: Il Vangelo delle sofferenze, IV.

[5] Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, II Parte, Libreria Editrice Vaticana, 2011, p. 93.

[6] Seneca, De Providentia, 2, 5 s.

[7] Duns Scoto, Opus Oxoniense, I,d.17, q.3, n.31; Rep., II, d.27, q. un., n.3

[8] Evangelium veritatis (dai Codici di Nag-Hammadi).

[9] Cf. S. Giovanni della Croce, Cantico spirituale A, strofa 38.

[10] C.S. Lewis, The Screwtape Letters, 1942, cap. XIX; trad. ital. Le lettere di Berlicche, Milano, Mondadori, 1998


+PetaloNero+
00sabato 2 aprile 2011 16:19
COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE: GIORNATA DI RIFLESSIONE, DIALOGO E PREGHIERA PER LA PACE E LA GIUSTIZIA NEL MONDO "PELLEGRINI DELLA VERITÀ, PELLEGRINI DELLA PACE" (ASSISI, 27 OTTOBRE 2011)



Il 1° gennaio scorso, al termine della preghiera dell’Angelus, Benedetto XVI ha annunciato di voler solennizzare il 25° anniversario dello storico incontro tenutosi ad Assisi il 27 ottobre 1986, per volontà del venerabile Servo di Dio Giovanni Paolo II. In occasione di tale ricorrenza, il Santo Padre intende convocare, il 27 ottobre prossimo, una Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo, recandosi pellegrino nella città di San Francesco e invitando nuovamente ad unirsi a questo cammino i fratelli cristiani delle diverse confessioni, gli esponenti delle tradizioni religiose del mondo e, idealmente, tutti gli uomini di buona volontà.

La Giornata avrà come tema: Pellegrini della verità, pellegrini della pace. Ogni essere umano è, in fondo, un pellegrino in ricerca della verità e del bene. Anche l’uomo religioso rimane sempre in cammino verso Dio: da qui nasce la possibilità, anzi la necessità di parlare e dialogare con tutti, credenti o non credenti, senza rinunciare alla propria identità o indulgere a forme di sincretismo; nella misura in cui il pellegrinaggio della verità è vissuto autenticamente, esso apre al dialogo con l’altro, non esclude nessuno e impegna tutti ad essere costruttori di fraternità e di pace. Sono questi gli elementi che il Santo Padre intende porre al centro della riflessione.

Per questo motivo, saranno invitate a condividere il cammino dei rappresentanti delle comunità cristiane e delle principali tradizioni religiose anche alcune personalità del mondo della cultura e della scienza che, pur non professandosi religiose, si sentono sulla strada della ricerca della verità e avvertono la comune responsabilità per la causa della giustizia e della pace in questo nostro mondo.

L’immagine del pellegrinaggio riassume dunque il senso dell’evento che si celebrerà: si farà memoria delle tappe percorse, dal primo incontro di Assisi, a quello successivo del gennaio 2002 e, al tempo stesso, si volgerà lo sguardo al futuro, con il proposito di continuare, con tutti gli uomini e le donne di buona volontà, a camminare sulla via del dialogo e della fraternità, nel contesto di un mondo in rapida trasformazione. San Francesco, povero e umile, accoglierà di nuovo tutti nella sua città, divenuta simbolo di fraternità e di pace.

Le delegazioni partiranno da Roma, in treno, la mattina stessa del 27 ottobre, insieme con il Santo Padre. All’arrivo in Assisi, ci si recherà presso la Basilica di S. Maria degli Angeli, dove avrà luogo un momento di commemorazione dei precedenti incontri e di approfondimento del tema della Giornata. Interverranno esponenti di alcune delle delegazioni presenti e anche il Santo Padre prenderà la parola.

Seguirà un pranzo frugale, condiviso dai delegati: un pasto all’insegna della sobrietà, che intende esprimere il ritrovarsi insieme in fraternità e, al tempo stesso, la partecipazione alle sofferenze di tanti uomini e donne che non conoscono la pace. Sarà poi lasciato un tempo di silenzio, per la riflessione di ciascuno e per la preghiera. Nel pomeriggio, tutti i presenti in Assisi parteciperanno ad un cammino che si snoderà verso la Basilica di San Francesco. Sarà un pellegrinaggio, a cui prenderanno parte nell’ultimo tratto anche i membri delle delegazioni; con esso si intende simboleggiare il cammino di ogni essere umano nella ricerca assidua della verità e nella costruzione fattiva della giustizia e della pace. Si svolgerà in silenzio, lasciando spazio alla preghiera e alla meditazione personale. All’ombra della Basilica di San Francesco, là dove si sono conclusi anche i precedenti raduni, si terrà il momento finale della giornata, con la rinnovazione solenne del comune impegno per la pace.

In preparazione a tale Giornata, Papa Benedetto XVI presiederà in San Pietro, la sera precedente, una veglia di preghiera, con i fedeli della Diocesi di Roma. Le Chiese particolari e le comunità sparse nel mondo sono invitate ad organizzare momenti di preghiera analoghi.

Nelle prossime settimane i Cardinali Presidenti dei Pontifici Consigli per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, del Dialogo Interreligioso e della Cultura dirameranno gli inviti, a nome del Santo Padre. Il Papa chiede ai fedeli cattolici di unirsi spiritualmente alla celebrazione di questo importante evento ed è grato a quanti potranno essere presenti nella città di San Francesco, per condividere questo ideale pellegrinaggio.
+PetaloNero+
00martedì 5 aprile 2011 16:09
CONFERENZA STAMPA SUI PREPARATIVI E PROGRAMMI PER LA BEATIFICAZIONE DEL SERVO DI DIO GIOVANNI PAOLO II


Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede si tiene una conferenza stampa sui preparativi e programmi per la cerimonia di Beatificazione del Servo di Dio Giovanni Paolo II e gli eventi correlati, dal 30 aprile al 2 maggio p.v..

Intervengono: l’Em.mo Card. Agostino Vallini, Vicario Generale di Sua Santità per la diocesi di Roma; il Rev.do P. Federico Lombardi, S.I., Direttore della Radio Vaticana, del Centro Televisivo Vaticano e della Sala Stampa della Santa Sede; il Rev.do don Caesar Atuire, Amministratore Delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi; il Rev.do Mons. Marco Frisina, Direttore dell’Ufficio Liturgico del Vicariato di Roma e il Rev.do don Walter Insero, Incaricato dell’Ufficio Comunicazioni Sociali del Vicariato di Roma.

Nel corso della Conferenza Stampa il Rev.do don Caesar Atuire presenta l’organizzazione logistica degli eventi a cura dell’ORP: lo Special JPII Pass; le proposte di trasporto e alloggio; il Coordinamento logistico (parcheggio pullman e auto; mezzi pubblici e viabilità; Veglia al Circo Massimo e Messa di Beatificazione), nonché la collocazione dei punti ristoro e dei maxi-schermi.

Pubblichiamo di seguito l’intervento di Mons. Marco Frisina; di don Walter Insero, e l’elenco delle Chiese del centro di Roma aperte per la Notte Bianca di Preghiera:


INTERVENTO DEL REV.DO MONS. MARCO FRISINA

BEATIFICAZIONE DI GIOVANNI PAOLO II


Alcuni appunti sulle celebrazioni che vivremo insieme il 30 aprile e il 1° e 2 maggio.

Ciascuna delle tre celebrazioni della Beatificazione è fortemente caratterizzata da alcuni elementi particolari che vogliono sottolineare la ricchezza della personalità del nuovo Beato e nel contempo il grande impatto che il suo pontificato ha avuto nella vita della Diocesi di Roma e nel mondo intero.

La Veglia del 30 aprile
(Circo Massimo, ore 20.00 - 22.30)

La celebrazione della Veglia sarà articolata in due parti.

La prima parte sarà una Celebrazione della Memoria che vivremo in compagnia delle parole e dei gesti di Giovanni Paolo II, con la conduzione della giornalista Safiria Leccese.

La celebrazione sarà animata dal Coro della Diocesi di Roma e dall’Orchestra del Conservatorio di S. Cecilia diretta da Mons. Marco Frisina.

Dopo una solenne processione in cui viene intronizzata l’immagine di Maria Salus Populi Romani, accompagnata dai rappresentanti di tutte le parrocchie e cappellanie diocesane.

Avremo poi le preziose testimonianze di alcuni stretti collaboratori del Papa, il Dr. Joaquín Navarro-Valls e il Card. Stanisław Dziwisz, e la toccante testimonianza di Sr. Marie Simon-Pierre, la cui guarigione miracolosa ha aperto la via per la beatificazione. Inoltre, in alcuni brevi filmati ascolteremo e vedremo il Papa Giovanni Paolo II in diversi momenti significativi del suo pontificato.

Al termine di questa prima parte canteremo il canto "Totus tuus", composto per il 50° dell’ordinazione sacerdotale di Giovanni Paolo II e tante volte eseguito alla sua presenza nelle celebrazioni diocesane.



La seconda parte sarà tutta imperniata sulla Celebrazione dei Misteri Luminosi del S. Rosario.

I Misteri Luminosi furono introdotti proprio dal Papa Giovanni Paolo II.

Dopo il canto dell’Inno del Beato Giovanni Paolo II "Aprite le porte a Cristo" ci sarà una introduzione del Card. Vicario Agostino Vallini, che presenterà in sintesi la personalità spirituale e pastorale del Beato.

Seguirà la recita del Rosario che verrà celebrato in collegamento diretto con 5 Santuari mariani sparsi nel mondo. Ognuno dei Misteri del Rosario sarà legato ad una intenzione di preghiera, cara a Giovanni Paolo II:

- il Santuario di Łagniewniki in Cracovia – Intenzione di preghiera: i Giovani.

- il Santuario di Kawekamo - Bugando (Tanzania) – Intenzione di preghiera: la Famiglia.

- il Santuario di Notre Dame du Lebanon - Harissa in Libano – Intenzione di preghiera: l’Evangelizzazione.

- la Basilica di Sancta Maria de Guadalupe - Città del Messico – Intenzione di preghiera: la speranza e la pace dei popoli.

- il Santuario di Fatima – Intenzione di preghiera: La Chiesa.

Nella parte finale avremo la gioia di avere la presenza del S. Padre che in collegamento dal Palazzo Apostolico reciterà l’Orazione finale e impartirà la Benedizione Apostolica a tutti i partecipanti.

La Messa di Beatificazione del 1° maggio

Domenica Ottava di Pasqua o della Divina Misericordia

(Piazza S. Pietro, ore 9 Ora di preparazione,

ore 10 Celebrazione presieduta dal S. Padre)



La solenne liturgia di Beatificazione sarà presieduta da un’ora di preparazione in cui pregheremo insieme la Coroncina della Divina Misericordia, questa devozione fu introdotta da Santa Faustina Kowalska ed era tanto cara al Beato Giovanni Paolo II. Questa preparazione terminerà con una Invocazione della Misericordia sul mondo con il canto dello Jezu ufam tobie.

La S. Messa avrà i testi della Domenica dell’Ottava di Pasqua.

La celebrazione sarà animata dalla Cappella Musicale Pontificia e dal Coro della Diocesi di Roma, parteciperà anche l’Orchestra del Conservatorio di S. Cecilia.

Al termine della formula di beatificazione, quando si scoprirà l’Arazzo che raffigura il nuovo Beato, verrà cantato l’Inno del Beato in lingua latina, che verrà eseguito per intero al termine della Celebrazione.


La Messa di Ringraziamento di lunedì 2 maggio

(Presieduta dal Card. Segretario di Stato Tarcisio Bertone,

Piazza S. Pietro, ore 10.30)



La Messa del lunedì 2 maggio è la prima messa celebrata in onore del nuovo Beato.

I testi saranno quelli della Messa del Beato Giovanni Paolo II.

La celebrazione sarà animata dal Coro della Diocesi di Roma con la partecipazione del Coro di Varsavia e dell’Orchestra Sinfonica di Wadowice.



ELENCO DELLE CHIESE DEL CENTRO DI ROMA APERTE PER LA NOTTE BIANCA DI PREGHIERA

30 aprile – 1° maggio 2011


CHIESA
INDIRIZZO

S. Agnese in Agone a Piazza Navona
Via di Santa Maria dell’Anima 30 A
00186 ROMA

S. Marco al Campidoglio
Piazza San Marco 48
00186 ROMA

S. Anastasia
Piazza di Sant’Anastasia
- 00186 ROMA

Santissimo Nome di Gesù all’Argentina
Piazza del Gesù
00186 ROMA

S. Maria in Vallicella
Via del Governo Vecchio 134
00186 ROMA

S. Giovanni dei Fiorentini
Via Acciaioli 2
00186 ROMA

S. Andrea della Valle
Piazza Vidoni 6
00186 ROMA

S. Bartolomeo all’isola
Isola Tiberina 22
00186 ROMA



INTERVENTO DEL REV.DO DON WALTER INSERO

«Sentinelle Digitali»

La proposta che vi presento ha un solo obiettivo, quello di permettere ai giovani di sentirsi più coinvolti nella preparazione e nella partecipazione alla Beatificazione di Giovanni Paolo II; l’abbiamo voluta chiamare "sentinelle digitali" e riguarda l’utilizzo dei Social Media. Nella parte finale messaggio per la XLV Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2011, Papa Benedetto XVI scrive: «invito soprattutto i giovani a fare buon uso della loro presenza nell’arena digitale»; e aggiunge «non vi può essere annuncio di un messaggio senza una coerente testimonianza da parte di chi annuncia».

Ricordiamo con emozione le parole che il Papa rivolse ai giovani radunati a Tor Vergata durante la veglia del 19 agosto 2000: «Cari amici, vedo in voi le "sentinelle del mattino" (cfr Is 21,11-12) in quest'alba del terzo millennio». Sentinelle che abitano il web e frequentano questa popolata piazza digitale, non per perdere tempo o isolarsi pur avendo tanti contatti, ma giovani che vogliono essere lì come testimoni ed evangelizzatori nel web.

Abbiamo pensato di accogliere questa sfida entusiasmante e di lanciare il nuovo progetto «sentinelle digitali», proprio in occasione della Beatificazione del Servo di Dio Giovanni Paolo II, utilizzando il portatale già noto Pope2You del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali che per sua natura è rivolto ai giovani. Questo progetto è realizzato dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali in collaborazione con la Radio Vaticana, il Centro televisivo Vaticano e l’Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Colgo l’occasione per ringraziare tutti quelli che hanno lavorato e stanno lavorando per la realizzazione di questa offerta.

Il servizio è già attivo, se volete potete «seguirci» cercando Pope2You oppure Pope2YouVatican.

Entrando in Pope2You, i giovani troveranno sulla schermata iniziale un bottone con scritto beatificazione, cliccando apparirà una pagina con un link per il canale Twitter, un link che rimanda alla pagina Facebook della Radio Vaticana che offre bellissimi video del CTV con immagini e discorsi di Giovanni Paolo II. All’interno troveremo inoltre la possibilità di inviare delle cartoline digitali di Pope2You, arricchite da frasi estratte dai discorsi di Giovanni Paolo II indirizzati ai giovani in diverse lingue. Le sentinelle digitali le potranno inviare conoscendo e comunicando con nuovi amici di Giovanni Paolo II che vivono in diverse parti del mondo. Sarà possibile condividere i ricordi, le esperienze, le emozioni e scambiare le foto e i video.

Queste cartoline diventeranno un biglietto d’invito che incoraggia i giovani a venire a Roma per non perdere questa meravigliosa esperienza da condividere con altri giovani. Nella schermata appare infine la finestra del player per seguire in streaming tutte le celebrazioni previste per la Beatificazione (Veglia, Messa di Beatificazione, Messa di Ringraziamento) visibile anche all’indirizzo più noto : www.vatican.va/video.

In questo modo, molte persone potranno unirsi spiritualmente ai fedeli radunati in Piazza san Pietro, potremo vedere l’abbraccio del colonnato del Bernini di Piazza san Pietro allargarsi sempre di più per accogliere tutti quelli che saranno in comunione di preghiera grazie alla mondovisione e allo streaming.

Questo progetto voluto per i giovani è animato da un gruppo di giovani volontari di Roma, da alcuni seminaristi dei collegi presenti a Roma che assicurano la traduzione nelle diverse lingue e da amici di altri continenti che sono già in rete e collaborano con noi.

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