Notizie dal B16F

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+PetaloNero+
00mercoledì 8 aprile 2009 16:30
Da Petrus

Il Capo dello Stato Napolitano offre un concerto in onore di Ratzinger per il suo quarto anniversario sulla Cattedra di Pietro



CITTA’ DEL VATICANO - In occasione del quarto anniversario dall'inizio del Pontificato, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, offrira' un concerto in onore di Papa Benedetto XVI. L'evento avra' luogo giovedi' 30 aprile, alle ore 17.30, nell'Aula Paolo VI (Sala Nervi), che ha una capienza di oltre 7 mila posti. Il concerto, eseguito dall'Orchestra Sinfonica e dal Coro Sinfonico Giuseppe Verdi di Milano - diretti rispettivamente dal Maestro Xian Zhang e da Erina Gambarini - verra' trasmesso in diretta televisiva da Rai Tre, oltre che da Radio Vaticana e reso disponibile per la diffusione anche ai Paesi del circuito Eurovisione. Il programma prevede i seguenti brani: Sinfonia n. 95 di Franz Joseph Haydn, Sinfonia n. 35 'Haffner' e 'Ave Verum Corpus' di Wolfgang Amadeus Mozart e Magnificat per soli, coro e orchestra di Antonio Vivaldi.


+PetaloNero+
00mercoledì 8 aprile 2009 16:31
I vescovi della Cerao contro la manipolazione pianificata delle parole del Papa sull'Aids


I vescovi della Cerao, la Conferenza episcopale regionale dell’Africa Occidentale francofona, che comprende le Conferenze episcopali di dieci Stati africani (Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea, Guinea-Bissau, Mali, Mauritania, Niger, Senegal e Togo), hanno pubblicato un documento in cui denunciano, in modo molto forte, le polemiche costruite ad arte sulle parole pronunciate dal Papa sull’Aids in occasione del suo recente viaggio in Africa. Il servizio di Sergio Centofanti.

I vescovi esprimono “stupore” e “sorpresa” di fronte a quella che definiscono “manipolazione oltraggiosa pianificata” delle parole del Papa sull’Aids: frasi tolte dal loro contesto e oggetto di pronunciamenti “irriverenti e ingiuriosi”. In particolare i presuli denunciano le trasmissioni di Radio France Internationale e di altri media francesi che hanno attuato un “occultamento sistematico” del messaggio di speranza, giustizia e pace, lanciato da Benedetto XVI nel suo viaggio in Africa. Una deformazione della verità che discredita professionalmente questi comunicatori, tra cui – affermano i vescovi – si ritrovano talvolta anche “degli africani che senza vergogna pongono la loro firma al soldo della ricchezza sporca di quelli che hanno spogliato i loro popoli”. L’informazione si trasforma così in un “sensazionale scandalistico” per attaccare la Chiesa e la sua missione evangelizzatrice. I vescovi si dicono attoniti anche di fronte a quanti “si dicono cattolici”, non solo francesi, ma anche spagnoli ed europei, e “se la sono presa col Papa con volgarità, arroganza e ingiurie”. Il documento condanna con forza “l’attentato contro la verità che è il peccato del nostro mondo post-moderno” e che provoca sempre più “gravi ferite” alla Chiesa. Il Papa viene disprezzato come persona “irresponsabile” da quanti si presentano come “benefattori” dell’umanità ma che in realtà vogliono eliminare i valori autenticamente umani dell’Africa come “le tradizioni che valorizzano la verginità prematrimoniale”. “Non si risolverà il problema dell’Aids – affermano i presuli – fiaccando le forze spirituali e morali ... soprattutto di adolescenti e giovani” riducendoli a “cumuli di desideri sessuali” e privandoli “dell’allenamento al dominio dello spirito sul corpo e le sue pulsioni”. “Distruggere la morale è un crimine contro l’umanità”. Si dicono così assolutamente d’accordo con Benedetto XVI quando dice che “non si può risolvere il problema dell'Aids soltanto con degli slogan pubblicitari” e “con la distribuzione dei preservativi”. I vescovi poi affermano con vigore che “gli africani hanno la capacità di pensare con la loro testa”. Denunciano il crimine di quanti li hanno trattati come “merci e beni mobili” e oggi “si accaniscono a pensare e a parlare” per gli africani che non sono ritenuti in grado di farlo da soli. Inoltre – aggiungono - a dei comunicatori africani è stato “abilmente” affidato “lo sporco lavoro di fare i pagliacci per divertire il mondo e rendere l’Africa doppiamente pietosa: non solo materialmente ma anche moralmente”. “Noi esigiamo – affermano – che si smetta di pensare per noi”. I vescovi dell’Africa occidentale infine esprimono il loro rispetto e affetto per il Papa con cui condividono “l’impegno comune in favore dei poveri, dei feriti della vita e dei piccoli”.



[Radio Vaticana]
+PetaloNero+
00mercoledì 8 aprile 2009 16:32
Il cardinale Levada ha ricordato a Roma i martiri della fede

“Quanti uomini e donne nei secoli, hanno accettato di attraversare il buio della Croce, di patire e, magari, di attraversare una morte ingiusta, infame e ignominiosa, di essere disprezzati e reietti dagli uomini per seguire Gesù, per amore a Lui e a tutto il Bene, tutta la Verità, tutta la Giustizia che vengono da Lui! Quanti uomini e donne che hanno patito il martirio ci sono davvero fratelli e sorelle - ci sono compagni di strada - su questa via!”. Lo ha detto ieri sera il card. William Joseph Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, presiedendo a Roma nella Basilica di Santa Maria in Trastevere una veglia di preghiera per i martiri della fede. “È un destino grandioso e drammatico insieme quello di chi accoglie il Vangelo: un destino – ha detto il porporato - che si compie quotidianamente nel segreto del cuore di ciascuno, nel quotidiano amare Gesù e spendersi per il Bene, e che per qualcuno diviene anche sorte del ‘martirio’, eclatante o meno, nelle mille forme in cui i carnefici di ogni tempo la sanno tragicamente realizzare”. Durante la veglia - riferisce l'agenzia Sir - si è pregato ricordando i nomi di chi è morto per il Vangelo in ogni parte del mondo. Veglie di preghiere si sono svolte in diverse città italiane e del mondo mentre oggi una veglia è prevista nella Chiesa di San Bernardino di Milano con la partecipazione di rappresentati di diverse chiese cristiane. (R.P.)



[Radio Vaticana]
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00mercoledì 8 aprile 2009 16:32
Il Papa dona oltre 15 mila euro per un nuovo centro per disabili a Cuba

Il centro medico psicopedagogico “La edad de oro” dell’Avana entro tre mesi avrà una nuova sede che amplierà e migliorerà l’assistenza sociosanitaria a centinaia di disabili fisici e mentali cubani. Secondo quanto riferisce l’Osservatore Romano, la struttura all’avanguardia sarà portata a termine anche grazie agli aiuti stanziati dal Benedetto XVI, che ha voluto destinare le offerte della Messa del Giovedì Santo presieduta dal Papa il 20 marzo 2008 a San Giovanni in Laterano. Si tratta di 15.956,86 euro che consentiranno al centro medico psicopedagogico “La edad de oro”, ospitato attualmente in un edificio fatiscente del Cerro, uno dei municipi più poveri della capitale cubana, di trasferirsi nel nuovo complesso che sorgerà nelle vicinanze. Il gesto assume un valore particolarmente significativo se si considera che l'istituto è di proprietà dello Stato cubano ed è amministrato e diretto dal ministero della Salute pubblica. D’altra parte la Chiesa ha sempre contribuito alla gestione delle struttura attraverso la preziosissima opera delle Suore vincenziane che vi hanno prestato servizio fin dalla sua nascita che risale al 1914. Ma adesso l'attuale sede del centro versa in grave stato di deterioramento come testimonia suor Fara Gónzalez Gónzalez, superiora della comunità: "Non abbiamo strutture adeguate per i bisogni dei nostri ospiti ed esistono barriere architettoniche considerevoli. Inoltre mancano aree di ricreazione e di svago, le condizioni sanitarie sono precarie e il sovraffollamento penalizza la qualità della vita delle persone". Il nuovo complesso, dunque, sarà concepito e realizzato "per corrispondere alle condizioni fisiche e sanitarie degli ospiti del centro, ma soprattutto - assicura la superiora - per garantire un'adeguata qualità della vita delle persone che vi risiedono". I lavori sono appena agli inizi. Si stanno scavando le fondamenta. Attualmente l'istituto ospita in regime assistenziale interno 180 persone fra maschi e femmine di età compresa fra i 3 e i 69 anni. Provengono per lo più dalla capitale e sono figli di genitori non in grado di mantenerli, molti hanno famiglie che si disinteressano completamente di loro: alcuni vengono abbandonati per strada e affidati alla tutela dello Stato. "Il nostro - puntualizza la superiora delle vincenziane - è un centro medico psicopedagogico che si occupa di persone con disabilità fisiche e intellettuali complesse. Nella maggior parte dei casi sono affette da patologie che limitano la loro capacità di muoversi autonomamente e di essere indipendenti a livello personale e sociale. Presentano inoltre un ritardo mentale grave e profondo unito alla loro patologia di base". Tutto questo fa di loro "persone con bisogni fisici, affettivi, sociali, educativi e spirituali che richiedono particolare attenzione". Il compito delle suore - che lavorano insieme a circa 380 operatori e collaboratori - è anzitutto quello di "rendere umana la vita degli ospiti del centro, soddisfacendo in modo personalizzato i loro bisogni fondamentali relativi all'alimentazione, l'igiene, l'affetto, la salute, lo svago, l'attenzione psicologica e spirituale". Si punta anche al recupero del rapporto con le famiglie di origine, deterioratosi nella maggior parte dei casi. "Comunque - aggiunge infine la religiosa - cerchiamo di aiutare il personale che lavora nel centro a prendere coscienza della dignità degli uomini e delle donne che vengono assistiti e, di conseguenza, della responsabilità che comporta questa missione". (M.G.)


[Radio Vaticana]
+PetaloNero+
00mercoledì 8 aprile 2009 16:33
Colloquio telefonico tra il Papa e l'arcivescovo dell'Aquila

Si terranno venerdì mattina, alle 11, nello stadio dell'Aquila i funerali delle vittime del terremoto. Le esequie saranno presiedute dall’arcivescovo Giuseppe Molinari, che questa mattina ha appreso con gioia del desiderio di Benedetto XVI di venire in visita sui luoghi del disastro, espresso sia all'udienza generale sia in una successsiva telefonata allo stesso mons. Molinari. Il portavoce della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha poi precisato che la visita papale non avverrà in questi giorni di festività pasquali. Le parole del presule al microfono di Luca Collodi:

R. - Il Santo Padre mi ha telefonato lui stesso dopo l’udienza generale e mi ha confermato quello che ha detto nell’udienza: che è contento di venire a mostrare la sua vicinanza anche fisica, ha promesso la sua preghiera e ha trasmesso una benedizione e un saluto a tutti quanti di solidarietà e di affetto paterno.

D. - Mons. Molinari, questo annuncio come è stato accolto tra i terremotati nelle tendopoli?

R. - Penso con tanta gioia da parte di tutti.

D. - La Caritas come si sta muovendo?

R. - Si stanno soprattutto adoperando per l’organizzazione del servizio religioso nelle varie tendopoli, anche per i funerali delle vittime, che ci saranno Venerdì Santo, la mattina alle 11.00.

D. - Per quanto riguarda lo stato d’animo delle popolazioni nelle tendopoli, lei ha avuto modo di incontrare queste persone?

R. - Ne ho incontrate diverse. Anche le comunità più provate aspettano una parola di speranza, soprattutto dai sacerdoti, e chiedono anche questo servizio religioso. (Montaggio a cura di Maria Brigini)


[Radio Vaticana]
+PetaloNero+
00mercoledì 8 aprile 2009 16:34
Benedetto XVI ai terremotati dell’Abruzzo: verrò a trovarvi appena possibile. Alla vigilia del Triduo, il Papa invita i fedeli ad aprire i cuori al Mistero Pasquale


Non siete soli, il Papa è con voi: all’udienza generale di stamani in Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha espresso, commosso, la sua vicinanza alle popolazioni abruzzesi sconvolte dal terremoto ed ha annunciato la sua visita all’Aquila appena possibile. Il Papa ha assicurato la sua preghiera ed ha incoraggiato quanti stanno portando aiuto e conforto ai terremotati. Nella catechesi il Pontefice ha spiegato l’importanza dei riti della Settimana Santa, fulcro dell’intero anno liturgico. Il servizio di Alessandro Gisotti:

L’Abruzzo sconvolto dal terremoto è nel cuore di Benedetto XVI che spera di poter presto visitare le popolazioni colpite. All’udienza il Papa rinnova la sua vicinanza spirituale alla “cara comunità dell’Aquila e degli altri paesi” sconvolti dal sisma che ha seminato morte e distruzione:


“Ancora una volta desidero dire a quelle care popolazioni che il Papa condivide la loro pena e le loro preoccupazioni. Carissimi, appena possibile spero di venire a trovarvi. Sappiate che il Papa prega per tutti, implorando la misericordia del Signore per i defunti, e per i familiari e i superstiti il conforto materno di Maria e il sostegno della speranza cristiana”.


“La sollecitudine con cui autorità, forze dell’ordine, volontari e altri operatori stanno soccorrendo questi nostri fratelli – ha detto ancora il Pontefice – dimostra quanto sia importante la solidarietà per superare insieme prove così dolorose”. Prima delle parole sull’Abruzzo, il Papa ha offerto la sua riflessione sulla Settimana Santa che, ha detto, ci permette di immergerci negli eventi centrali della Redenzione, aprendo i nostri cuori “alla comprensione del dono inestimabile che è la salvezza ottenutaci dal sacrificio di Cristo”:


“Quanto meraviglioso, e insieme sorprendente, è questo mistero! Gesù, pur essendo Dio, non volle fare delle sue prerogative divine un possesso esclusivo; non volle usare il suo essere Dio, la sua dignità gloriosa e la sua potenza, come strumento di trionfo e segno di distanza da noi. Al contrario ‘svuotò se stesso’ assumendo la misera e debole condizione umana”.


La “condivisione radicale e vera” della nostra natura, in tutto fuorché nel peccato, ha spiegato il Papa, condusse Cristo "fino a quella frontiera che è il segno della nostra finitezza, la morte”. Ma, ha sottolineato, tutto questo non è stato frutto di una cieca fatalità, “ma piuttosto di una sua libera scelta, per generosa adesione al disegno salvifico del Padre”:


“Tutto questo il Signore dell’universo lo ha compiuto per amore nostro: per amore ha voluto ‘svuotare se stesso' e farsi nostro fratello; per amore ha condiviso la nostra condizione quella di ogni uomo e di ogni donna”.


Benedetto XVI si è quindi soffermato sul significato dei riti che caratterizzano la settimana più importante dell’anno. Preludio del Triduo Pasquale, ha ricordato, è la solenne Messa Crismale, nella mattina del Giovedì Santo. In questa solenne celebrazione, ha detto, “vengono rinnovate le promesse sacerdotali pronunciate il giorno dell’Ordinazione”. E’ un’occasione, ha aggiunto, “quanto mai propizia in cui i sacerdoti ribadiscono la propria fedeltà a Cristo che li ha scelti come suoi ministri”. Quest’incontro sacerdotale, ha rilevato, è quasi “una preparazione all’Anno sacerdotale” indetto in occasione del 150.mo anniversario della morte del Santo Curato d’Ars. Con la Messa in Coena Domini nel pomeriggio, ha proseguito, la Chiesa commemora l’istituzione dell’Eucaristia, il Sacerdozio ministeriale e il Comandamento nuovo della Carità. “Sotto le specie del pane e del vino”, è stata la riflessione del Papa, Cristo “si rende presente col suo corpo dato e col suo sangue versato”:


“E’ il sacrificio della nuova e definitiva alleanza offerta a tutti, senza distinzione di razza e di cultura. E di questo rito sacramentale, che consegna alla Chiesa come prova suprema del suo amore, Gesù costituisce ministri i suoi discepoli e quanti ne proseguiranno il ministero nel corso dei secoli”.


Il Giovedì Santo, ha soggiunto, “costituisce pertanto un rinnovato invito a rendere grazie a Dio per il sommo dono dell’Eucaristia, da accogliere con devozione e da adorare con viva fede”. Per questo, ha detto, la Chiesa incoraggia, dopo la celebrazione della Santa Messa a vegliare in presenza del Santissimo Sacramento. E siamo così al Venerdì Santo, giorno in cui, ha ribadito, ci poniamo in silenzio di fronte a Gesù appeso al legno della Croce, che “ha voluto offrire la sua vita in sacrificio per la remissione dei peccati dell’umanità”:


“Come di fronte all’Eucaristia, così di fronte alla passione e morte di Gesù in Croce il mistero si fa insondabile per la ragione umana. Siamo posti davanti a qualcosa che umanamente potrebbe apparire assurdo: un Dio che non solo si fa uomo, non solo soffre per salvare l’uomo caricandosi di tutta la tragedia dell’umanità, ma muore per l’uomo”.


La morte di Cristo, ha aggiunto, “richiama il cumulo di dolore e di mali che grava sull’umanità di ogni tempo: il peso schiacciante del nostro morire, l’odio e la violenza che ancora oggi insanguinano la terra. La Passione del Signore continua nella sofferenza degli uomini”. Il Venerdì Santo, ha costatato, è “giorno pieno di tristezza”, ma al tempo stesso giorno “quanto mai propizio per ridestare la nostra fede” e “rinsaldare la nostra speranza e il coraggio di portare ciascuno la nostra croce, con umiltà, fiducia ed abbandono in Dio”. Una speranza, è stata la sua riflessione, che “si alimenta nel grande silenzio del Sabato Santo, in attesa della Risurrezione di Gesù”:


“Il raccoglimento e il silenzio del Sabato Santo ci condurranno nella notte alla solenne Veglia Pasquale, ‘madre di tutte le veglie’, quando proromperà in tutte le chiese e comunità il canto della gioia per la risurrezione di Cristo. Ancora una volta, verrà proclamata la vittoria della luce sulle tenebre, della vita sulla morte, e la Chiesa gioirà nell’incontro con il suo Signore”.


Il Papa ha quindi invitato i fedeli a vivere intensamente il Triduo Santo “per essere sempre più profondamente partecipi del Mistero di Cristo”. Al momento dei saluti ai pellegrini, il Santo Padre ha rivolto un pensiero speciale agli oltre 4 mila partecipanti al Convegno internazionale UNIV, promosso dalla Prelatura dell’Opus Dei. “Cari amici – ha detto il Papa - vi esorto a rispondere con gioia alla chiamata del Signore per dare un senso pieno alla vostra vita: nello studio, nei rapporti con i colleghi, in famiglia e nella società”.


Il dramma delle popolazioni abruzzesi è stato, dunque, molto presente nei pensieri e nelle preghiere dei fedeli all’udienza generale di stamani. Patrizio Ciprari ha raccolto alcune testimonianze in Piazza San Pietro:

R. – Sono presidente di un’associazione provinciale di protezione civile e sono qua a Roma per una riunione, per poi decidere dal nord alcuni interventi. Abbiamo provato un senso veramente di tristezza, di dolore, soprattutto per le vittime, perché ci sono decine di migliaia di persone sfollate e abbiamo il dovere, assolutamente, di poter aiutare queste persone in difficoltà. Pochissime parole e tanti fatti.


R. – Sarà una Pasqua di dolore, ma anche una Pasqua di speranza. La mettiamo nelle mani del Signore: Lui può arrivare in queste situazioni di oscurità e di dolore, laddove noi non possiamo vedere nulla.


D. – Cosa dire di fronte a questa tragedia in Abruzzo?


R. – Si può provare soltanto una grande sofferenza e anche un momento di smarrimento: “Ma guarda cosa può succedere su questa terra da un momento all’altro”. Dopo la riflessione, bisogna accettare... E’ stato molto bello che si sia innescata una gara di solidarietà per aiutare tutti. Nell’anima deve nascere subito questo desiderio di venire subito incontro a questi fratelli.


D. – Qual è l’immagine che le rimarrà più impressa di questa enorme catastrofe?


R. – Le vite che se ne sono andate e, comunque, anche la risposta di fede di voler aiutare, di calore umano, e la compassione che tutti dovremmo avere davanti a delle sofferenze così grandi.


D. – Occorre fare ma anche pregare...


R. – Con molta insistenza. E’ un momento di combattimento. Alla domanda “perché?” solo Dio può rispondere...


D. – Come vivrà questa Pasqua?


R. – Sarà una Pasqua più di preghiera che di festa. E’ davvero bella questa solidarietà che si sta scatenando e, nelle mie zone ad esempio, in Sicilia, in diverse amministrazioni comunali, stanno evitando fuochi o feste sfarzose per donare il tutto in favore della gente dell’Abruzzo. Sarà una Pasqua di cuore.(Montaggio a cura di Maria Brigini)




www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=784&sett...

www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=785&sett...
+PetaloNero+
00giovedì 9 aprile 2009 01:43
L'Ordine di Malta in aiuto degli sfollati dell'Abruzzo

ROMA, mercoledì, 8 aprile 2009 (ZENIT.org).- Dalla tarda mattinata di lunedì 6 aprile il Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta (CISOM) è operativo nell’area colpita dal sisma, in stretto coordinamento con la Protezione civile italiana.

In poche ore i 67 volontari (fra medici, infermieri e soccorritori specializzati) provenienti dalle altre province abruzzesi e dalle regioni limitrofe hanno allestito due tendopoli con 700 posti letto a Poggio di Roio, nell’epicentro del terremoto aquilano, e per altre 275 persone a San Felice d’Ocre.

Oltre a due presidi medici avanzati che hanno svolto fino a stamane più di 150 interventi di pronto soccorso, sono stati distribuiti nella sola giornata di ieri circa 400 pasti e da oggi ne verranno forniti più di 2000 al giorno.

L’unità cinofila del Corpo di Soccorso, composta di due cani addestrati alla ricerca delle vittime, ha avuto parte attiva nel ritrovamento di alcuni superstiti del sisma che martedì sera sono stati estratti vivi dalle maceriedi alcuni palazzi all’Aquila con i Vigili del Fuoco.

Su incarico della Protezione civile, il CISOM rimarrà responsabile della gestione dei due campi allestiti per gli sfollati a San Felice di Ocre e a Poggio di Roio per tutta la durata dello stato di emergenza.

Il CISOM, fondato nel 1970, compie operazioni di soccorso e assistenza alle popolazioni colpite da calamità naturali. E’ intervenuto in occasione delle emergenze sismiche in Irpinia, in Umbria e di quelle in Puglia, Basilicata e Molise.

In aggiunta all’impegno sul territorio italiano, il Corpo ha partecipato a iniziative umanitarie internazionali quali la consegna di aiuti alimentari per l’infanzia in Ungheria dopo il crollo del blocco sovietico (1990), e più recentemente in Kosovo e nell’intera regione balcanica.

Il CISOM attualmente è suddiviso in 3 Aree, 17 Raggruppamenti e 65 Gruppi. I volontari sono circa 2000.

[Per ulteriori informazioni: www.ordinedimaltaitalia.org]


+PetaloNero+
00giovedì 9 aprile 2009 01:44
Il Papa saluta i 4.200 universitari del mondo riuniti per UNIV
Iniziativa sorta con l'incoraggiamento di San Josemaría Escrivá


CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 8 aprile 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha salutato nell'Udienza generale di questo mercoledì i 4.200 universitari di circa 200 atenei del mondo riuniti a Roma per il Congresso Internazionale UNIV 2009, promosso dalla Prelatura dell'Opus Dei.

Nel suo incontro con i pellegrini in Piazza San Pietro, il Pontefice ha rivolto agli studenti e alle studentesse un saluto in italiano, portoghese e spagnolo, "augurando loro che questi giorni a Roma li aiutino a rinnovare la loro amicizia con Gesù Cristo e a seguirlo come Maestro di vita".

"Cari amici, vi esorto a rispondere con gioia alla chiamata del Signore per dare un senso pieno alla vostra vita: nello studio, nei rapporti con i colleghi, in famiglia e nella società", ha detto loro.

Poi, citando San Josemaría Escrivá (Cammino, 755), ha affermato: "Dal fatto che tu e io ci comportiamo come Dio vuole, non dimenticarlo, dipendono molte cose grandi".

Alla fine dell'udienza, alcuni degli universitari africani che partecipano al Forum hanno consegnato al Papa una lettera di ringraziamento per il suo recente viaggio in Camerun e Angola.

"Grazie, Santo Padre - dice il testo - per il coraggio e la chiarezza con i quali si è fatto portavoce dell'Africa anche di fronte ai Paesi ricchi, riuniti pochi giorni fa in Europa, a Londra. Le sue parole sulla necessità dell'etica pubblica sono divenute già un punto di riferimento nella vita sociale dei nostri Paesi, nelle settimane posteriori al viaggio".

Uno dei firmatari, Supriano Dembe, dottorando in comunicazione di Luanda (Angola), ha dichiarato: "Noi africani ci sentiamo compresi dal Papa, mentre siamo delusi da come i giornali occidentali hanno coperto la notizia del suo viaggio in Africa".

Dembe prosegue: "Avremmo voluto leggere sui vostri giornali qualcosa sulle mille parole che il Papa ci ha rivolto lungo le sue intense giornate africane e non le critiche strumentali intorno a una sola parola detta sul volo di andata!".

La lettera è firmata da studenti di 13 Paesi dell'Africa subsahariana. "I politici europei e occidentali che hanno criticato il Papa", conclude Supriano Dembe, "non conoscono la nostra realtà. Il Papa invece ci ha ascoltato, dimostrando fiducia. Mentre da Parigi, Madrid o Berlino sentiamo discorsi teorici, il Papa si è messo in gioco in prima persona, venendo da noi e parlando dell'importanza dell'educazione, dell'impegno personale, della lotta alla corruzione. Per questo gli siamo grati".

Gli incontri UNIV, organizzati dall'Istituto per la Cooperazione Universitaria (ICU), sono nati nel 1968 con l'ispirazione e l'incoraggiamento di San Josemaría Escrivá, fondatore dell'Opus Dei. Da allora, tutti gli anni i partecipanti sono stati ricevuti dal Pontefice, prima Paolo VI, poi Giovanni Paolo II e ora Benedetto XVI.

La Prelatura dell'Opus Dei organizza attività di formazione cristiana di complemento al programma generale. L'incontro costituisce anche un'opportunità per conoscere la città di Roma, seguendo le orme della storia della Chiesa sin dai primi secoli. Si calcola che circa 95.000 studenti universitari abbiano partecipato ai congressi UNIV nel corso degli anni.

Per ulteriori informazioni, www.univforum.org

+PetaloNero+
00giovedì 9 aprile 2009 01:44
Presidente Caritas: la Pasqua permette di migliorare la società
Messaggio del Cardinale Óscar Rodríguez Maradiaga



CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 8 aprile 2009 (ZENIT.org).- Il Cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga, presidente di Caritas Internationalis, ha inviato un messaggio in occasione della Pasqua in cui mostra come, grazie alla Resurrezione di Gesù, l'impegno volontario può trasformare la società "in qualcosa di meglio".

Allo stesso tempo, l'Arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras) auspica che i membri della federazione di organizzazioni di aiuto della Chiesa cattolica nel mondo siano "una dimostrazione dell'amore redentore di Dio per tutta l'umanità".

Ho visto un rapporto recente in cui si segnala che le donazioni di alcune delle nostre organizzazioni della Caritas, anziché diminuire, sono aumentate durante la crisi economica mondiale", spiega il presule.

"Questo è un segnale che il Cristo risorto può generare più amore che odio nel mondo, più preoccupazione per il prossimo bisognoso che egoismo e avarizia".

"Dobbiamo credere fermamente che possiamo trasformare la nostra società in qualcosa di meglio - dichiara -. Un luogo migliore in cui vivere, un luogo migliore in cui lavorare e un luogo migliore per lodare Dio".

Il porporato chiede a tutti i collaboratori della Caritas di tener presente nel loro cuore "le vittime del terremoto a L'Aquila, in Italia. Che la loro sofferenza sia trasformata dalla gioia del Signore risorto".

"La mia preghiera per la comunità della Caritas nel mondo è che siamo un segno e un sacramento dell'amore redentore di Dio per tutta l'umanità", conclude.


+PetaloNero+
00giovedì 9 aprile 2009 01:45
Da Petrus

Terremoto in Abruzzo, alle esequie il Cardinale Bertone e Monsignor Crociata

CITTA’ DEL VATICANO - Il segretario di Stato Tarcisio Bertone rappresentera' Benedetto XVI alle esequie delle vittime del terremoto. Lo ha confermato padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede. Le esequie dovrebbero essere pero' presiedute ugualmente dall'Arcivescovo dell'Aquila, Monsignor Giuseppe Molinari, in quanto Ordinario del luogo. Bertone dovrebbe tenere l'omelia. Il rito e' stato autorizzato dal Pontefice derogando a quanto e' previsto per il Venerdi' Santo, che e' l'unico giorno dell'anno liturgico in cui non si celebra la Messa. A rappresentare i Vescovi italiani, invece, sara’ il Segretario Generale della Cei, Monsignor Mariano Crociata.

+PetaloNero+
00giovedì 9 aprile 2009 16:01
Da Petrus

Il Cardinale Tettamanzi confermato per altri due anni alla guida della Diocesi di Milano



CITTA’ DEL VATICANO - Il Cardinale Dionigi Tettamanzi restera' per altri 2 anni alla guida della Diocesi di Milano. L’annuncio ufficiale e’ stata data dal vicario generale della Curia lombarda, Monsignor Carlo Redaelli, al termine della Messa crismale. In Duomo, il prelato ha letto la missiva inviata a Tettamanzi da Monsignor Giuseppe Bertello, Nunzio Apostolico in Italia, che recita: "Sono lieto di comunicarle che il Santo Padre Benedetto XVI ha accolto, 'donec aliter provideatur', le sue dimissioni, disponendo inoltre che Vostra Eminenza possa continuare ancora per due anni nel governo dell'Arcidiocesi".
+PetaloNero+
00giovedì 9 aprile 2009 16:02
Benedetto XVI ai terremotati dell’Abruzzo: verrò a trovarvi appena possibile. Il Papa invita i fedeli ad aprire i cuori al Mistero Pasquale


Non siete soli, il Papa è con voi: all’udienza generale di stamani in Piazza San Pietro, Benedetto XVI ha espresso, commosso, la sua vicinanza alle popolazioni abruzzesi sconvolte dal terremoto ed ha annunciato la sua visita all’Aquila appena possibile. Il Papa ha assicurato la sua preghiera ed ha incoraggiato quanti stanno portando aiuto e conforto ai terremotati. Nella catechesi il Pontefice ha spiegato l’importanza dei riti della Settimana Santa, fulcro dell’intero anno liturgico. Il servizio di Alessandro Gisotti:

L’Abruzzo sconvolto dal terremoto è nel cuore di Benedetto XVI che spera di poter presto visitare le popolazioni colpite. All’udienza il Papa rinnova la sua vicinanza spirituale alla “cara comunità dell’Aquila e degli altri paesi” sconvolti dal sisma che ha seminato morte e distruzione:

“Ancora una volta desidero dire a quelle care popolazioni che il Papa condivide la loro pena e le loro preoccupazioni. Carissimi, appena possibile spero di venire a trovarvi. Sappiate che il Papa prega per tutti, implorando la misericordia del Signore per i defunti, e per i familiari e i superstiti il conforto materno di Maria e il sostegno della speranza cristiana”.

“La sollecitudine con cui autorità, forze dell’ordine, volontari e altri operatori stanno soccorrendo questi nostri fratelli – ha detto ancora il Pontefice – dimostra quanto sia importante la solidarietà per superare insieme prove così dolorose”. Prima delle parole sull’Abruzzo, il Papa ha offerto la sua riflessione sulla Settimana Santa che, ha detto, ci permette di immergerci negli eventi centrali della Redenzione, aprendo i nostri cuori “alla comprensione del dono inestimabile che è la salvezza ottenutaci dal sacrificio di Cristo”:

“Quanto meraviglioso, e insieme sorprendente, è questo mistero! Gesù, pur essendo Dio, non volle fare delle sue prerogative divine un possesso esclusivo; non volle usare il suo essere Dio, la sua dignità gloriosa e la sua potenza, come strumento di trionfo e segno di distanza da noi. Al contrario ‘svuotò se stesso’ assumendo la misera e debole condizione umana”.

La “condivisione radicale e vera” della nostra natura, in tutto fuorché nel peccato, ha spiegato il Papa, condusse Cristo "fino a quella frontiera che è il segno della nostra finitezza, la morte”. Ma, ha sottolineato, tutto questo non è stato frutto di una cieca fatalità, “ma piuttosto di una sua libera scelta, per generosa adesione al disegno salvifico del Padre”:

“Tutto questo il Signore dell’universo lo ha compiuto per amore nostro: per amore ha voluto ‘svuotare se stesso' e farsi nostro fratello; per amore ha condiviso la nostra condizione quella di ogni uomo e di ogni donna”.

Benedetto XVI si è quindi soffermato sul significato dei riti che caratterizzano la settimana più importante dell’anno. Preludio del Triduo Pasquale, ha ricordato, è la solenne Messa Crismale, nella mattina del Giovedì Santo. In questa solenne celebrazione, ha detto, “vengono rinnovate le promesse sacerdotali pronunciate il giorno dell’Ordinazione”. E’ un’occasione, ha aggiunto, “quanto mai propizia in cui i sacerdoti ribadiscono la propria fedeltà a Cristo che li ha scelti come suoi ministri”. Quest’incontro sacerdotale, ha rilevato, è quasi “una preparazione all’Anno sacerdotale” indetto in occasione del 150.mo anniversario della morte del Santo Curato d’Ars. Con la Messa in Coena Domini nel pomeriggio, ha proseguito, la Chiesa commemora l’istituzione dell’Eucaristia, il Sacerdozio ministeriale e il Comandamento nuovo della Carità. “Sotto le specie del pane e del vino”, è stata la riflessione del Papa, Cristo “si rende presente col suo corpo dato e col suo sangue versato”:

“E’ il sacrificio della nuova e definitiva alleanza offerta a tutti, senza distinzione di razza e di cultura. E di questo rito sacramentale, che consegna alla Chiesa come prova suprema del suo amore, Gesù costituisce ministri i suoi discepoli e quanti ne proseguiranno il ministero nel corso dei secoli”.

Il Giovedì Santo, ha soggiunto, “costituisce pertanto un rinnovato invito a rendere grazie a Dio per il sommo dono dell’Eucaristia, da accogliere con devozione e da adorare con viva fede”. Per questo, ha detto, la Chiesa incoraggia, dopo la celebrazione della Santa Messa a vegliare in presenza del Santissimo Sacramento. E siamo così al Venerdì Santo, giorno in cui, ha ribadito, ci poniamo in silenzio di fronte a Gesù appeso al legno della Croce, che “ha voluto offrire la sua vita in sacrificio per la remissione dei peccati dell’umanità”:

“Come di fronte all’Eucaristia, così di fronte alla passione e morte di Gesù in Croce il mistero si fa insondabile per la ragione umana. Siamo posti davanti a qualcosa che umanamente potrebbe apparire assurdo: un Dio che non solo si fa uomo, non solo soffre per salvare l’uomo caricandosi di tutta la tragedia dell’umanità, ma muore per l’uomo”.

La morte di Cristo, ha aggiunto, “richiama il cumulo di dolore e di mali che grava sull’umanità di ogni tempo: il peso schiacciante del nostro morire, l’odio e la violenza che ancora oggi insanguinano la terra. La Passione del Signore continua nella sofferenza degli uomini”. Il Venerdì Santo, ha costatato, è “giorno pieno di tristezza”, ma al tempo stesso giorno “quanto mai propizio per ridestare la nostra fede” e “rinsaldare la nostra speranza e il coraggio di portare ciascuno la nostra croce, con umiltà, fiducia ed abbandono in Dio”. Una speranza, è stata la sua riflessione, che “si alimenta nel grande silenzio del Sabato Santo, in attesa della Risurrezione di Gesù”:

“Il raccoglimento e il silenzio del Sabato Santo ci condurranno nella notte alla solenne Veglia Pasquale, ‘madre di tutte le veglie’, quando proromperà in tutte le chiese e comunità il canto della gioia per la risurrezione di Cristo. Ancora una volta, verrà proclamata la vittoria della luce sulle tenebre, della vita sulla morte, e la Chiesa gioirà nell’incontro con il suo Signore”.

Il Papa ha quindi invitato i fedeli a vivere intensamente il Triduo Santo “per essere sempre più profondamente partecipi del Mistero di Cristo”. Al momento dei saluti ai pellegrini, il Santo Padre ha rivolto un pensiero speciale agli oltre 4 mila partecipanti al Convegno internazionale UNIV, promosso dalla Prelatura dell’Opus Dei. “Cari amici – ha detto il Papa - vi esorto a rispondere con gioia alla chiamata del Signore per dare un senso pieno alla vostra vita: nello studio, nei rapporti con i colleghi, in famiglia e nella società”.

Il dramma delle popolazioni abruzzesi è stato, dunque, molto presente nei pensieri e nelle preghiere dei fedeli all’udienza generale di stamani. Patrizio Ciprari ha raccolto alcune testimonianze in Piazza San Pietro:

R. – Sono presidente di un’associazione provinciale di protezione civile e sono qua a Roma per una riunione, per poi decidere dal nord alcuni interventi. Abbiamo provato un senso veramente di tristezza, di dolore, soprattutto per le vittime, perché ci sono decine di migliaia di persone sfollate e abbiamo il dovere, assolutamente, di poter aiutare queste persone in difficoltà. Pochissime parole e tanti fatti.

R. – Sarà una Pasqua di dolore, ma anche una Pasqua di speranza. La mettiamo nelle mani del Signore: Lui può arrivare in queste situazioni di oscurità e di dolore, laddove noi non possiamo vedere nulla.

D. – Cosa dire di fronte a questa tragedia in Abruzzo?

R. – Si può provare soltanto una grande sofferenza e anche un momento di smarrimento: “Ma guarda cosa può succedere su questa terra da un momento all’altro”. Dopo la riflessione, bisogna accettare... E’ stato molto bello che si sia innescata una gara di solidarietà per aiutare tutti. Nell’anima deve nascere subito questo desiderio di venire subito incontro a questi fratelli.

D. – Qual è l’immagine che le rimarrà più impressa di questa enorme catastrofe?

R. – Le vite che se ne sono andate e, comunque, anche la risposta di fede di voler aiutare, di calore umano, e la compassione che tutti dovremmo avere davanti a delle sofferenze così grandi.

D. – Occorre fare ma anche pregare...

R. – Con molta insistenza. E’ un momento di combattimento. Alla domanda “perché?” solo Dio può rispondere...

D. – Come vivrà questa Pasqua?

R. – Sarà una Pasqua più di preghiera che di festa. E’ davvero bella questa solidarietà che si sta scatenando e, nelle mie zone ad esempio, in Sicilia, in diverse amministrazioni comunali, stanno evitando fuochi o feste sfarzose per donare il tutto in favore della gente dell’Abruzzo. Sarà una Pasqua di cuore.(Montaggio a cura di Maria Brigini)


[Radio Vaticana]
+PetaloNero+
00giovedì 9 aprile 2009 16:03
Messa Crismale: il Papa invia gli oli santi all'Aquila. Nell'omelia invita i sacerdoti ad accettare la fatica della verità di fronte alle menzogne presenti nel mondo


Con la Messa in Coena Domini, presieduta dal Papa questo pomeriggio alle 17.30 nella Basilica di San Giovanni in Laterano, si apre oggi il Triduo Pasquale, culmine dell’Anno Liturgico. Stamani Benedetto XVI ha celebrato in San Pietro la Santa Messa del Crisma con il tradizionale rito della benedizione degli oli, parte dei quali saranno destinati alle zone terremotate dell’Abruzzo. Il servizio di Sergio Centofanti.

(canto)


Gli oli benedetti nella Messa del Crisma in San Pietro diventano segno di vicinanza alle popolazioni colpite dal sisma che attendono l’abbraccio del Papa che ieri ha annunciato la sua prossima visita in Abruzzo:


"Al nostro caro fratello mons. Giuseppe Molinari, arcivescovo dell'Aquila, che a motivo dei gravissimi danni causati dal terremoto non potrà riunire il suo presbiterio diocesano per la celebrazione della Messa Crismale, desidero far pervenire questi santi oli in segno di profonda comunione e vicinanza spirituale. (applausi) Possano questi santi oli accompagnare il tempo della rinascita e della ricostruzione sanando le ferite e sostenendo la speranza".


Benedetto XVI nell’omelia ha ricordato che alla vigilia della sua ordinazione sacerdotale, 58 anni fa, ha aperto la Sacra Scrittura, per ricevere una parola del Signore per il suo futuro cammino da sacerdote, e il suo sguardo cadde su questa preghiera di Gesù al Padre: “Consacrali nella verità; la tua parola è verità”. Consacrarsi a Dio – ha detto – significa “un passaggio di proprietà, un essere tolto dal mondo e donato a Dio”. Ma non è una segregazione. “Il sacerdote viene sottratto alle connessioni mondane e donato a Dio, e proprio così, a partire da Dio, è disponibile per gli altri, per tutti”. Il Papa chiama i sacerdoti ad un esame di coscienza, a domandarsi se c’è vera unione con Cristo:


“Siamo veramente pervasi dalla parola di Dio? È vero che essa è il nutrimento di cui viviamo, più di quanto non lo siano il pane e le cose di questo mondo? La conosciamo davvero? La amiamo? Ci occupiamo interiormente di questa parola al punto che essa realmente dà un’impronta alla nostra vita e forma il nostro pensiero? O non è piuttosto che il nostro pensiero sempre di nuovo si modella con tutto ciò che si dice e che si fa? Non sono forse assai spesso le opinioni predominanti i criteri secondo cui ci misuriamo? Non rimaniamo forse, in fin dei conti, nella superficialità di tutto ciò che, di solito, s’impone all’uomo di oggi? Ci lasciamo veramente purificare nel nostro intimo dalla parola di Dio?”


Quindi cita il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche che “ha dileggiato l’umiltà e l’obbedienza come virtù servili, mediante le quali gli uomini sarebbero stati repressi”:

“Ha messo al loro posto la fierezza e la libertà assoluta dell’uomo. Orbene, esistono caricature di un’umiltà sbagliata e di una sottomissione sbagliata, che non vogliamo imitare. Ma esiste anche la superbia distruttiva e la presunzione, che disgrègano ogni comunità e finiscono nella violenza. Sappiamo noi imparare da Cristo la retta umiltà, che corrisponde alla verità del nostro essere, e quell’obbedienza, che si sottomette alla verità, alla volontà di Dio?"


“L’unirsi a Cristo – ha proseguito – suppone la rinuncia”. Il sacerdote non segue più se stesso, la sua volontà, la sua autorealizzazione, ma attraverso la preghiera si immerge nella verità e nella santità di Dio, diventando “un corpo solo e un’anima sola con Cristo”:


“Ciò significa per noi anche accettare il carattere esigente della verità; contrapporsi nelle cose grandi come in quelle piccole alla menzogna, che in modo così svariato è presente nel mondo; accettare la fatica della verità, perché la sua gioia più profonda è presente in noi. Quando parliamo dell’essere consacrati nella verità, non dobbiamo neppure dimenticare che in Gesù Cristo verità e amore sono una cosa sola. Essere immersi in Lui significa essere immersi nella sua bontà, nell’amore vero”.


"L’amore vero – ha concluso il Papa - non è a buon mercato, può essere anche molto esigente. Oppone resistenza al male, per portare all’uomo il vero bene. Se diventiamo una cosa sola con Cristo, impariamo a riconoscerLo proprio nei sofferenti, nei poveri, nei piccoli di questo mondo".


(canto)



www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=786&sett...
+PetaloNero+
00giovedì 9 aprile 2009 16:06
Da Petrus

Terremoto in Abruzzo: alle esequie il Cardinale Bertone, Monsignor Gaenswein e Monsignor Crociata. Martedì la visita di Bagnasco

CITTA’ DEL VATICANO - Il segretario di Stato Tarcisio Bertone rappresentera' Benedetto XVI alle esequie delle vittime del terremoto. Lo ha confermato padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede. Le esequie dovrebbero essere pero' presiedute ugualmente dall'Arcivescovo dell'Aquila, Monsignor Giuseppe Molinari, in quanto Ordinario del luogo. Bertone dovrebbe tenere l'omelia. Il rito e' stato autorizzato dal Pontefice derogando a quanto e' previsto per il Venerdi' Santo, che e' l'unico giorno dell'anno liturgico in cui non si celebra la Messa. A rappresentare i Vescovi italiani, invece, sara’ il Segretario Generale della Cei, Monsignor Mariano Crociata. Presente alle sequie, inoltre, Monsignor Georg Gaenswein, assistente personale di Papa Benedetto XVI. Martedi' la visita del Presidente della Conferenza episcopale italiana, il Cardinale Angelo Bagnasco.




+PetaloNero+
00giovedì 9 aprile 2009 20:30
L'Osservatore Romano raccoglie fondi per le vittime dei terremoti


CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 9 aprile 2009 (ZENIT.org).- Il quotidiano della Santa Sede, "L'Osservatore Romano", ha dato vita a una raccolta fondi a favore delle vittime dei terremoti che hanno colpito l'Abruzzo.

L'iniziativa, secondo quanto affermato dal quotidiano, è un “segno di vicinanza a quanti sono in gravissime difficoltà", "su richiesta di alcuni colleghi".

I fondi saranno destinati, "attraverso la Protezione civile, al soccorso delle popolazioni colpite".

A questa raccolta — alla quale è possibile partecipare rivolgendosi alla Segreteria di redazione (telefono 06 69883461, fax o6 69883675, segreteria@ossrom.va) — ha aderito l'ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede, Antonio Zanardi Landi.
+PetaloNero+
00giovedì 9 aprile 2009 20:31
Il Papa a novembre in visita a Brescia
Per inaugurare la nuova sede dell'Istituto Paolo VI a Concesio



CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 9 aprile 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI si recherà a Brescia domenica 8 novembre per inaugurare la nuova sede dell'Istituto Paolo VI a Concesio.

L'annuncio della prossima visita è stato dato dal Vescovo di Brescia, monsignor Luciano Monari, guesto giovedì, durante la celebrazione della Messa crismale in cattedrale, secondo quanto riferito da "L'Osservatore Romano".

Dopo l'inaugurazione del centro, Benedetto XVI guiderà a mezzogiorno la preghiera mariana dell'Angelus Domini e, nel pomeriggio, celebrerà la Messa per l'intera comunità diocesana.

+PetaloNero+
00giovedì 9 aprile 2009 20:31
Il Papa nel Giovedì Santo: l'Eucaristia trasforma il mondo
Nella Messa nella Cena del Signore lava i piedi a dodici sacerdoti



ROMA, giovedì, 9 aprile 2009 (ZENIT.org).- "L'Eucaristia non può mai essere solo un'azione liturgica", ha avvertito Benedetto XVI nel pomeriggio di questo Giovedì Santo; richiede anche amore "quotidiano" e, in questo modo, trasforma il mondo.

Durante la Messa nella Cena del Signore, che ha presieduto nella Basilica romana di San Giovanni in Laterano, la sua Cattedrale, il Papa ha invitato i credenti a scoprire cos'è successo realmente più di duemila anni fa, nell'ultimo incontro di Gesù con i suoi apostoli nel Cenacolo di Gerusalemme.

Il Pontefice ha lavato i piedi a dodici sacerdoti, secondo il rito previsto dalla liturgia del giorno, ricordando che Gesù, alla vigilia della sua Passione, lavò i piedi ai suoi apostoli e ordinò loro di fare lo stesso.

Nel corso del rito, i presenti sono stati invitati a compiere un atto di carità in aiuto della comunità cattolica di Gaza. La somma raccolta è stata consegnata al Papa al momento della presentazione delle offerte.

L'Eucaristia, ha spiegato Benedetto XVI durante l'omelia, "è completa solo se l'agape liturgica diventa amore nel quotidiano. Nel culto cristiano le due cose diventano una - l'essere gratificati dal Signore nell'atto cultuale e il culto dell'amore nei confronti del prossimo".

"Chiediamo in quest'ora al Signore la grazia di imparare a vivere sempre meglio il mistero dell'Eucaristia così che in questo modo prenda inizio la trasformazione del mondo", ha esortato i fedeli.

Spiegando il momento in cui Gesù, durante l'Ultima Cena, spezzò il pane e lo diede ai suoi discepoli, il Santo Padre ha osservato che "nel pane spezzato, il Signore distribuisce se stesso".

"Il gesto dello spezzare allude misteriosamente anche alla sua morte, all'amore sino alla morte. Egli distribuisce se stesso, il vero 'pane per la vita del mondo'".

"Il nutrimento di cui l'uomo nel più profondo ha bisogno è la comunione con Dio stesso - ha aggiunto -. Ringraziando e benedicendo, Gesù trasforma il pane, non dà più pane terreno, ma la comunione con se stesso".

Questa trasformazione, ha osservato il Vescovo di Roma, "vuol essere l'inizio della trasformazione del mondo", "affinché diventi un mondo di risurrezione, un mondo di Dio. Sì, si tratta di trasformazione. Dell'uomo nuovo e del mondo nuovo che prendono inizio nel pane consacrato, trasformato, transustanziato".

Nella Preghiera dei Fedeli si è pregato in inglese per la fedeltà dei sacerdoti, e in polacco per la comunione visibile tra le Chiese cristiane attraverso il perdono e la riconciliazione.

Benedetto XVI presiederà questo Venerdì Santo la liturgia della Passione del Signore nella Basilica di San Pietro e la sera la Via Crucis al Colosseo.
+PetaloNero+
00venerdì 10 aprile 2009 01:27
Messaggio dei Vescovi abruzzesi-molisani per l'emergenza terremoto

CHIETI, giovedì, 9 aprile 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il messaggio reso noto dai Vescovi abruzzesi-molisani in seguito ai terremoti che hanno colpito l'Abruzzo.

* * *

Alle Famiglie e alle Persone colpite dal terremoto

Alle Autorità politiche e istituzionali e ai Responsabili della Protezione Civile

Ai Fedeli tutti delle nostre Chiese

Noi Vescovi della Conferenza Episcopale Abruzzese Molisana ci stringiamo con la preghiera e con il cuore alla nostra gente, così duramente provata dal terremoto che ha seminato distruzione e morte specialmente nella Provincia de L’Aquila, ed ha colpito in varia misura altre Diocesi del nostro territorio. Preghiamo per tutte le vittime, affidandole all’abbraccio misericordioso del Padre celeste. Ci uniamo allo strazio dei sopravvissuti, ai Genitori che hanno perso i loro figli, molti dei quali studenti universitari a L’Aquila, alle persone rimaste sole, a quanti sono stati privati di affetti cari, decisivi nella vita. Preghiamo per tutti costoro e per quanti non hanno più nulla di quanto costituiva il frutto del loro lavoro, il loro ambiente vitale. Invitiamo le nostre Comunità a elevare preghiere e suppliche al Dio della misericordia perché di tutti abbia pietà e mostri il Suo volto donando consolazione e pace a chi è in una prova così grande. Sebbene noi stessi affranti davanti allo spettacolo di tanto dolore, adoriamo i misteriosi disegni di Dio e invitiamo tutti ad affidarsi al Signore della vita e della storia che custodisce nel Suo cuore divino il senso di quanto è avvenuto.

Alla preghiera incessante e viva, uniamo l’impegno della carità di tutte le nostre Chiese: nessuno si chiuda al grido di dolore che ci ha raggiunto e continua a interpellarci. Esprimiamo apprezzamento alle Istituzioni civili per l’azione di soccorso, tempestiva e organizzata. Da parte nostra, abbiamo sin da subito messo a disposizione tutto quanto ci è possibile offrire: le Caritas diocesane - coordinate a livello regionale e in stretto rapporto con la Caritas nazionale - sono in continuo contatto con le Diocesi colpite e con la Protezione civile. Abbiamo potuto rispondere finora a non poche richieste, organizzando camion di aiuti indirizzati dove maggiore era il bisogno. Siamo vicini ai numerosi sfollati, ospitati in alberghi e strutture della costa adriatica. Chiediamo alle Parrocchie di questi luoghi di accoglienza di farsi presenti con il massimo di disponibilità e opportuni interventi, in collaborazione con i Centri diocesani. Sosteniamo le comunità parrocchiali che a causa della dichiarata inagibilità delle loro Chiese saranno costrette a celebrare la liturgia della Settimana Santa in sistemazioni di fortuna. In tutte le Chiese d’Italia si terrà una colletta Domenica 19 Aprile, soprattutto per venire incontro alle necessità che si profileranno una volta spenti i riflettori della grande informazione. Alcune Diocesi (come ad esempio Teramo) l’hanno già fissata alla domenica di Pasqua. Ogni offerta in denaro può comunque già essere versata sui conti correnti delle Caritas diocesane (dati reperibili nelle Parrocchie o sui siti diocesani), che sono pronte anche ad indicare di che cosa c’è bisogno e dove, in modo da coordinare gli aiuti.

In segno di speciale solidarietà con la martoriata Chiesa de L’Aquila e col Suo Pastore, Mons. Giuseppe Molinari, i Vescovi della Conferenza Abruzzese Molisana si riuniranno in assemblea straordinaria a L’Aquila nel mattino di lunedì 20 Aprile per fare il punto sulla situazione e programmare ulteriori interventi. Affidiamo al Signore, per intercessione di Maria, di San Gabriele dell’Addolorata e di tutti i nostri Santi, il popolo abruzzese, perché alla solidarietà e alla preghiera si unisca in ognuno la speranza del Risorto, più forte del dolore e della morte, capace di far rinascere la nostra terra, messa in ginocchio da questa terribile prova. A tutti giunga il segno del nostro affetto, della vicinanza dei nostri cuori e della nostra azione. Con rispetto e amore, a tutti inviamo la nostra benedizione di Pastori, mandati dal Signore.


+PetaloNero+
00venerdì 10 aprile 2009 16:10
Il Papa alla Via Crucis: in Cristo comprendiamo il mistero della sofferenza. Intervista col vescovo di Guwahati, autore delle meditazioni


Questo pomeriggio, alle 17.00, il Papa presiederà nella Basilica Vaticana la Celebrazione della Passione del Signore. Alle 21.15 la tradizionale Via Crucis al Colosseo con le meditazioni dell’arcivescovo indiano di Guwahati, mons. Thomas Menamparampil. Il servizio di Sergio Centofanti.

“Siamo venuti a cantare insieme un inno di speranza”: è quanto afferma Benedetto XVI nell’introduzione alla Via Crucis di questa sera, come riportato dal libretto già pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana e nell’edizione odierna dell’Osservatore Romano. “Vogliamo dire a noi stessi – sottolinea il Papa - che tutto non è perduto nei momenti di difficoltà. Quando le cattive notizie si susseguono, siamo oppressi dall'ansia. Quando la disgrazia ci colpisce più da vicino, ci scoraggiamo. Quando una calamità fa di noi le sue vittime, la fiducia in noi stessi è del tutto scossa e la nostra fede è messa alla prova”. Ma è “in Cristo che comprendiamo il pieno significato della sofferenza” e il “suo valore redentivo”– dice il Papa: “sotto la superficie di calamità naturali, guerre, rivoluzioni e conflitti di ogni genere, vi è una presenza silenziosa, vi è un'azione divina mirata” perché dal male nasca il bene. “Continuiamo a confidare nel Signore – afferma il Pontefice - poiché egli salva coloro che hanno perduto ogni speranza”. Quelli che non vedono “nessun motivo per credere e sperare”. Eppure sperano “contro ogni speranza” e “questa speranza alla fine non delude”. Questa sera porteranno la croce al Colosseo, oltre al cardinale vicario Agostino Vallini, una ragazza e due suore dell’India, due giovani del Burkina Faso, due frati della Custodia di Terra Santa, una famiglia romana, un giovane disabile, un malato. Il Papa nell’introduzione alla Via Crucis esorta tutti: "Siate forti, rendete saldo il vostro cuore, voi tutti che sperate nel Signore" (Salmi, 31, 25).

Ma quale messaggio vuole lanciare con le sue meditazioni mons. Menamparampil? Ascoltiamo il vescovo di Guwahati al microfono di Antonella Palermo:

R. – For me, the most important theme is the theme of hope: hope …
Per me, l’argomento più importante è la speranza: la speranza in tempi difficili, in tempi di prova, in tempi di persecuzione e anche in tempi di crisi economica per il mondo intero. Noi cristiani abbiamo sempre molta fiducia in Dio e crediamo nella sua presenza nella nostra vita. Guardiamo alla Croce come segno della sofferenza alla quale Nostro Signore stesso si è sottoposto, così da trovare il coraggio per seguirlo in questo cammino con fiducia e fede.


D. – Come ha reagito quando ha saputo che il Papa le aveva assegnato il compito di scrivere i testi per la Via Crucis di quest’anno?


R. – I was so taken aback, so surprised, that I didn’t know how to answer. …
Sono stato preso in contropiede ed ero talmente sorpreso che non ho saputo come rispondere. La prima risposta che ho dato è stata: “Non sarò capace di farlo”, ma poi ho pensato che il Santo Padre stava riponendo la sua fiducia in me e per manifestare il suo amore per l’India, per l’Asia, per i cristiani che soffrono. E così ho detto: anche se sarà molto impegnativo per me, voglio accettare. Ed è stato ancora più difficile, perché in quel periodo andavo nei villaggi con dei seminaristi e altri giovani a portare aiuto ai più poveri, persone che lottano ogni giorno per sopravvivere. Mi sono detto: il Signore mi aiuterà! Ho scritto quindi le meditazioni in questi villaggi e spero che per la vicinanza a quella realtà umana di dolore e forse anche di ingiustizia, spero che le mie parole possano avere un significato particolare.


D. – Lei vive in uno Stato indiano – l’Arunajal Pradesh – che fino al 1978 era proibito agli evangelizzatori cristiani. Grazie a lei, invece, il Vangelo è riuscito ad approdare anche in questa regione dell’India …


R. – What you said is true. In Arunajal Pradesh there were very few Christians …
E’ vero quello che lei dice. Nell’Arunjal Pradesh c’erano pochissimi cristiani e l’evangelizzazione non era consentita. Ma i giovani del Paese hanno detto: noi vogliamo Gesù, vogliamo la Chiesa, vogliamo il cristianesimo ed hanno accettato Gesù, si sono convinti sempre di più e per questo oggi abbiamo due diocesi nell’Arunjal Pradesh, che si sono sviluppate molto rapidamente. La mia diocesi è piccola, ha circa 20 anni e noi siamo circa 80 mila cattolici che sono molto legati alla loro fede; con l’aiuto della Chiesa, ricevono l’educazione scolastica e penso che abbiano grandi prospettive per il futuro. Abbiamo anche le prime vocazioni, molte vocazioni da questa Chiesa giovane. Esse aiutano oggi la nostra stessa Chiesa di Guwahati, ma forse domani potranno aiutare le altre diocesi e forse anche altri Paesi del mondo!


D. – La Chiesa universale sta scommettendo molto sulla Chiesa asiatica. In quali condizioni vive oggi la Chiesa in Asia?


R. – I think the Catholic Church in Asia, which is beginning to play a very important …
Credo che la Chiesa cattolica in Asia stia assumendo un ruolo sempre più importante non solo in Asia ma anche in altre parti del mondo. Il mio messaggio ai cristiani d’Asia è che essi debbono sentire la responsabilità e non orgoglio e gloria per il contributo che oggi possiamo dare alla Chiesa nel mondo: un grande, umile e profondo senso di responsabilità, perché quello che abbiamo ricevuto dalla Chiesa nel passato, ora, che ne siamo capaci, dobbiamo cercare di restituire alla Chiesa universale.


D. – Cosa si sente di chiedere al mondo occidentale per la Chiesa in India e in Asia in generale?


R. – We feel a brotherly affection and a great desire that Western Church will see …
Abbiamo un affetto fraterno ed un grande desiderio che la Chiesa d’Occidente possa vivere un rinnovamento dello Spirito, che ci sia un risveglio della fede e nuove vocazioni in modo che la Chiesa universale ne possa beneficiare. Preghiamo sempre affinché le comunità dei vari Paesi, dell’Europa, per esempio, possano guardare alle proprie radici e riconoscere come la Chiesa cattolica ha svolto nei loro Paesi lo stesso ruolo che sta svolgendo ora nei Paesi nuovi, in Asia e Africa. All’inizio, i missionari hanno svolto un duro lavoro – ricordiamo San Patrizio, San Bonifacio, Sant’Agostino ed i grandi pionieri: è un duro lavoro che stiamo continuando noi ora in Asia. D’altro canto, le Chiese in Europa possono guardare con orgoglio e con grande gioia alle loro radici perché esse portano nuova vita alla Chiesa universale. (Traduzione di Gloria Fontana)


[Radio Vaticana]
+PetaloNero+
00venerdì 10 aprile 2009 16:10
Funerali all'Aquila. Il Papa: Dio doni a tutti il coraggio di continuare a sperare. Il cardinale Bertone: Gesù crocifisso trasformi questa morte in amore


Duecentocinque bare - su 289 vittime totali - disposte su quattro file: è questo il commovente colpo d’occhio offerto dalla piazza d'Armi della Scuola Ispettori della Guardia di Finanza di Coppito, vicino L’Aquila, dove alle 11 di questa mattina si sono svolti i funerali di Stato delle vittime del terremoto in Abruzzo. A presiedere la cerimonia è stato, a nome di Benedetto XVI, il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, affiancato, fra gli altri, dal segretario particolare del Papa, mons. Georg Gänswein, dall'arcivescovo dell'Aquila, Giuseppe Molinari, e da 18 vescovi in rappresentanza delle diocesi abruzzesi e delle regioni italiane. Presenti alle esequie le massime autorità italiane, dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al capo del governo, Silvio Berlusconi, ai presidenti di Camera e Senato. Il racconto della celebrazione nel servizio di Alessandro De Carolis:

(canto)

Due ore prima dell’inizio, le esequie hanno già la loro icona di un dolore apparentemente inconsolabile: una bara di mogano - allineata come le altre lungo una guida rossa - e poggiata su di essa un’altra, in miniatura, solo poche dozzine di centimetri, una macchia bianca troppo piccola per essere lì, troppo piccola addirittura per essere pianta. Quella miniatura bianca non è la sola: altre quattro sono posizionate così, sopra o accanto alle loro mamme, in un ultimo contatto che sostituisce abbracci e coccole, spezzati per sempre alle 3.32 di una notte che ha seminato macerie anche nel cuore di chi è sopravvissuto.

(canto)

Quelle cinque bare, più di tutte, sono “l’enigma indecifrabile della morte”. Usa questa espressione il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, che il Papa, insieme con il suo segretario particolare, mons. Georg Gänswein, ha voluto accanto ai vivi e ai morti di una tragedia che ha scosso non solo l’Italia. Un enigma che parla di annientamento, di “assenza incolmabile”, se non fosse che l’apparente “silenzio di Dio” è preludio, come ricorda proprio il Venerdì Santo, di risurrezione. Benedetto XVI lo afferma in un Messaggio, cui presta voce il suo segretario particolare all’inizio della Messa:

“In momenti come questi, fonte di luce e di speranza resta la fede, che proprio in questi giorni ci parla della sofferenza del Figlio di Dio fattosi uomo per noi: la sua passione, la sua morte e la sua risurrezione siano per tutti sorgente di conforto ed aprano il cuore di ciascuno alla contemplazione di quella vita in cui 'non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate'”.

“Sono certo che con l’impegno di tutti si può far fronte alle necessità più impellenti”, aggiunge il Papa, assicurando che la Chiesa, in ogni ordine, grado e forma sarà in prima linea con le istituzioni italiane nell’assistenza ai terremotati, come del resto - sottolinea - già dimostra “la crescente onda di solidarietà” mostrata dai soccorritori. Benedetto XVI eleva la sua preghiera a Dio perché tutti abbiano "il coraggio di continuare a sperare senza cedere allo sconforto". Davanti all’altare è il momento in cui la memoria degli scomparsi cerca di ricomporsi, in chi li ricorda, in uno spazio oltre il dolore, pur fra le lacrime che quasi bagnano i feretri e i fiori che li ricoprono. E il cardinale Bertone accompagna questo difficile percorso interiore con delicatezza e rispetto. Come nel Crocifisso che si sentì abbandonato sul Calvario, afferma:

“Dio può sembrare assente, il dolore può apparire una forza bruta e senza senso, le tenebre degli occhi pieni di lacrime sembrano oscurare anche i più timidi raggi di sole e di primavera. Eppure è proprio mentre si fa provocatrice la domanda: ‘Dov'è il tuo Dio?’ che sentiamo emergere dal profondo la certezza dell'intervento amorevole di Dio”.

Una domanda e una certezza che squarciano il silenzio che gravò duemila anni fa sul Golgota e oggi sui tanti calvari che macerano gli occhi e l’anima di chi si addossa alle salme, le accarezza, sussurra parole. Nel silenzio della morte, la presenza di Dio diventa, afferma il cardinale Bertone, “una fiaccola di speranza":

“La morte ci fa toccare con mano che tutto in un attimo può cessare - sogni, progetti, speranze. Tutto finisce; solo resta l’amore. Resta solo Dio che è Amore. In quest’ora di dolore e di smarrimento profondo, è la Parola di Dio a sostenere la nostra fede, a confortarci e ad assicurarci che nulla può cancellare la forza dell'amore”.

Come il Papa nel suo messaggio, anche il segretario di Stato vaticano dà rilievo ai “valori della solidarietà e della fraternità” che - riconosce - “l’Italia intera”, idealmente unita alle vittime di questo dramma, ha una volta di più dimostrato di possedere “in profondità”:

“Riprendiamo dunque il cammino, fratelli e sorelle, insieme a Maria, portando insieme il dolore dell'incolmabile assenza dei defunti, con una presenza più assidua, fraterna e amichevole presso le loro famiglie, ancor più autenticamente diventate le nostre famiglie, nella grande famiglia dei figli di Dio. Grazie all’aiuto materno della Madonna cercheremo di trarre dalla morte una lezione di vita autenticamente cristiana. E sorretti dalla sua intercessione non temeremo le difficoltà che pur sono davanti a noi”.

Sentimenti che con diversa sensibilità religiosa, fa propri l’imam, Mohamed Nour Dacia, presidente dell’Unione delle comunità islamiche, che prega al termine della Messa per le sei persone di fede islamica rimaste senza vita sotto le macerie, ma anche - dice - per tutti gli altri.

Contro lo scenario delle montagne ancora imbiancate come la cima di quella piccolissima bara che continua ad attirare preghiere e lacrime, termina il Venerdì Santo di un pezzo d’Abruzzo e di tanti altri nel mondo. Sullo sfondo, la festa della Risurrezione. Sia la vostra consolazione, è l’augurio del cardinale Bertone: “Sarà la vostra Pasqua, una Pasqua che rinascerà ancora una volta dalle macerie di un popolo tante volte provato nella sua storia”. Gli fanno ecco le parole finali dell’arcivescovo dell’Aquila Giuseppe Molinari, piene di commozione quasi estenuata:

“Cari fratelli e sorelle, colpiti negli affetti più cari, è il momento della grande fede, come mi diceva il papà di due fratellini morti in questa tragedia. Una fede che è più forte del dolore, dello smarrimento, della paura, del dubbio e della disperazione (…) Signore, fa' che da questa insopportabile e assurda storia di morte nasca una nuova e luminosa storia di vita e di speranza”.

(applausi – canto)
Ma ascoltiamo alcune voci raccolte da Massimiliano Menichetti nel piazzale dove si sono svolti i funerali:

R. – Chiaramente, si vuole testimoniare la vicinanza a coloro i quali hanno in questo momento purtroppo perso delle cose che sono essenziali: hanno perso delle vite. Quindi, noi rispettiamo il loro dolore e siamo vicini e vogliamo testimoniare la nostra vicinanza. Noi siamo dei fortunati: abbiamo perso dei beni materiali, ma quelli li ricostruiremo …

D. – Una città che si stringe in un momento di dolore così grande …

R. – Sì. Sicuramente. Noi ci conosciamo tutti: noi, quando eravamo piccoli, eravamo pochi. Gli amici miei stanno tutti qui …

D. – Cosa si può dire in un momento di così grande dolore a chi soffre così tanto?

R. – Che da Gesù, dal Vangelo, viene sempre la speranza, che non è spiegabile, che non è comprensibile, che non è razionale però è qualcosa che è più forte di noi.

D. – Che cosa portate in questa giornata di tanto dolore?

R. – Portiamo il silenzio del cuore, portiamo un po’ di speranza. Abbiamo la scuola, qui: quella scuola di Via XX Settembre, vicino alla Casa dello Studente che è crollata. Hanno detto che forse abbiamo anche degli alunni che sono morti. Stavamo a Roma, ma oggi siamo qua per loro.

D. – Lei dice: portiamo anche della speranza …

R. – Portiamo il nostro affetto con il silenzio perché in queste circostanze è meglio non parlare.

R. – Oltre ai servizi materiali che si possono svolgere nei campi, stare vicino a loro e far sentire a queste persone che non sono sole, che non sono abbandonate, che qualcuno è loro vicino, che sono importanti.

D. – Qual è il suo pensiero per queste persone che oggi soffrono?

R. – Condividere con loro la sofferenza. Fermarmi, stare con loro, la preghiera con loro, l’affetto, cercare degli spiragli di luce in questo buio … (Montaggio a cura di Maria Brigini)
Sul mistero della sofferenza ecco la riflessione del vescovo di Avezzano mons. Pietro Santoro, al microfono di Federico Piana:

R. – Una sofferenza che quest’anno si riversa nella morte e nel dolore delle sorelle e dei fratelli della Chiesa aquilana. E’ un mistero di domande lancinanti, che sconvolgono e attraversano anche le dimensioni della fede, abbandonata ad invocazioni che chiedono risposte: ma risposte della ragione non ci sono, come non ci furono quel Venerdì Santo, quando sul Calvario moriva il Giusto, l’Innocente. Dice il Vangelo di Matteo: “Si fece buio su tutta la terra, il velo del Tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò e le rocce si spezzarono”. La prossimità della Croce di Cristo è stata e sempre sarà prossimità alle oscurità della sofferenza dell’uomo, perché dentro questa oscurità Cristo è voluto entrare non come spettatore impassibile ma come un abissale assunzione del dolore.

D. – La Pasqua è Risurrezione…

R. – E’ Risurrezione, ma la Risurrezione è soprattutto la dimensione della speranza perché il Cristo Risorto non è una pagina del passato, il Cristo Risorto continua a camminare nel volto e attraverso il volto delle persone. Non dimentichiamo che il Cristo Risorto conserva le piaghe della Croce e dentro queste paghe bisogna leggere anche il volto della speranza che per noi è Cristo, il Cristo che consola, che entra nelle dinamiche del dolore, fa sue le lacrime di ogni persona e dice: nel mistero di queste lacrime tu devi capire non soltanto le mie lacrime ma devi anche capire che c’è una certezza di Risurrezione. Certo, in questo momento è difficile capire tutto questo. Quando vedremo Cristo faccia a faccia e contempleremo il suo volto, allora sarà tolto il velo e capiremo il perché di tutto questo. Adesso si tratta semplicemente di affidarsi al cuore del Cristo Risorto e dire: tu, nonostante tutto cammini con noi, fai la nostra vita, sei impastato con la nostra storia: fa' che il nostro dolore possa essere anche un seme di Risurrezione per tutto quello che siamo riusciti a compiere e che riusciremo a fare con Te, per Te e per la tua Chiesa. (Montaggio a cura di Maria Brigini)


[Radio Vaticana]
+PetaloNero+
00venerdì 10 aprile 2009 16:11
“Accorata partecipazione” del Papa al lutto per le vittime del terremoto
Benedetto XVI invia un messaggio all'Arcivescovo de L'Aquila



CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 10 aprile 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI esprime la sua “accorata partecipazione al lutto di quanti piangono i loro cari travolti dalla sciagura” del terremoto che ha devastato la città de L'Aquila e numerosi centri limitrofi.

Lo afferma in un messaggio che ha inviato all’Arcivescovo del capoluogo abruzzese, monsignor Giuseppe Molinari, letto da monsignor Georg Gänswein, segretario particolare del Pontefice, all’inizio del rito di suffragio per le vittime del sisma, celebrato questo venerdì nella Scuola Ispettori della Guardia di Finanza di Coppito (AQ).

Il Papa ha permesso la celebrazione straordinaria del funerale pur essendo Venerdì Santo. Le bare di 205 delle 289 vittime accertate – alcune delle quali sono già state sepolte dopo cerimonie private nei luoghi d'origine – sono state allineate su quattro lunghe file, ognuna con un foglio bianco a indicare il nome del defunto. Sono purtroppo numerose le vittime tra i bambini, così come tra i giovani.

Nel suo messaggio a monsignor Molinari, il Papa si dice “spiritualmente presente” “in queste ore drammatiche in cui un’immane tragedia si è riversata su codesta terra”, “per condividere la vostra angoscia, implorare da Dio il riposo eterno per le vittime, la pronta ripresa per i feriti, per tutti il coraggio di continuare a sperare senza cedere allo sconforto”.

La celebrazione è stata presieduta dal Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano. A lui e a monsignor Gänswein il Pontefice ha affidato il compito di recare personalmente la sua “accorata partecipazione” al gravissimo lutto che ha colpito le popolazioni della zona.

“In momenti come questi, fonte di luce e di speranza resta la fede, che proprio in questi giorni ci parla della sofferenza del Figlio di Dio fattosi uomo per noi”, osserva il Papa nel testo.

“La sua passione, la sua morte e la sua risurrezione siano per tutti sorgente di conforto ed aprano il cuore di ciascuno alla contemplazione di quella vita in cui 'non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate' (Ap 21,4)”.

Benedetto XVI ha confessato di aver “seguito gli sviluppi del devastante fenomeno tellurico dalla prima scossa di terremoto, che si è avvertita anche in Vaticano”, notando “con favore il manifestarsi di una crescente onda di solidarietà, grazie alla quale si sono venuti organizzando i primi soccorsi, in vista di un’azione sempre più incisiva sia dello Stato che delle istituzioni ecclesiali, come anche dei privati”.

“La Santa Sede intende fare la sua parte, unitamente alle parrocchie, agli istituti religiosi e alle aggregazioni laicali – ha dichiarato –. Questo è il momento dell’impegno, in sintonia con gli organismi dello Stato, che già stanno lodevolmente operando”.

“Solo la solidarietà può consentire di superare prove così dolorose”, conclude il messaggio.

Nell'omelia del rito funebre, il Cardinal Bertone ha ricordato che il mistero della morte “ci riunisce, che ci fa inginocchiare davanti a Dio, ci fa adorare la sua volontà, ci immerge nel suo amore eterno, perché in Dio è la sorgente della vita, il senso, il valore della nostra vita”.

“Davanti a questo mistero, che ci spaventa, ci addolora, sentiamo però che non tutto è finito: anzi, siamo qui per pregare l’Autore della vita, sorretti dalla certezza, come afferma la Parola di Dio, che le anime dei giusti sono nelle mani di Dio buono e misericordioso”.

La morte, “enigma indecifrabile”, “è anche occasione preziosa per capire quale sia il valore e il senso vero della vita”, ha spiegato il porporato. “Ci fa toccare con mano che tutto in un attimo può cessare – sogni progetti, speranze. Tutto finisce; solo resta l’amore. Resta solo Dio che è Amore”.

Per questo motivo, “in quest’ora di dolore e di smarrimento profondo” ha sottolineato che “è la Parola di Dio a sostenere la nostra fede, a confortarci e ad assicurarci che nulla può vincere la forza dell'amore. Nulla può contro l'amore, questo grido del cuore che regge l'urto dello spazio e delle distruzioni, perché noi non siamo fatti per la morte, siamo fatti per la vita”.

In questo Venerdì Santo, il Cardinal Bertone ha ricordato che dopo il grido di Gesù sulla croce “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” “rimase il silenzio. Un silenzio lungo e faticoso, pieno di dubbi e d'angoscia. Il silenzio dell'uomo invaso dal dolore ma anche il silenzio di Dio”.

“Dio può sembrare assente, il dolore può apparire una forza bruta e senza senso, le tenebre degli occhi pieni di pianto sembrano spegnere anche i più timidi raggi di sole e di primavera”, ha ammesso. “Eppure è proprio mentre si fa provocatrice la domanda: 'dov'è il tuo Dio?' (Sal 42,4) che sentiamo emergere dal profondo la certezza dell'intervento amorevole di Dio”.

“Il nostro è un Dio che ha passione per l'uomo; un Dio che soffre con noi e per noi; un Dio che sceglie il silenzio per accasarsi tra le braccia di chi, soffrendo, si sforza di tenere accesa la fiaccola della speranza”.

Il Cardinale ha concluso la sua omelia esortando a riprendere il cammino “portando insieme il dolore dell'incolmabile assenza dei defunti, con una presenza più assidua, fraterna e amichevole presso le loro famiglie, ancor più autenticamente diventate le nostre famiglie, nella grande famiglia dei figli di Dio”.
+PetaloNero+
00venerdì 10 aprile 2009 16:13
Omelia del Cardinale Bertone per i funerali a L'Aquila


L'AQUILA, venerdì, 10 aprile 2009 (ZENIT.org).- Di seguito pubblichiamo il testo integrale dell’omelia pronunciata questo venerdì dal Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, nel presiedere, nel grande piazzale della Scuola della Guardia di Finanza di Coppito, i funerali per le vittime dei terremoti in Abruzzo.

* * *

“Stavano sotto la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Cleopa e Maria di Magdala…”. Queste parole dell’evangelista Giovanni, testimone addolorato della crocifissione di Cristo, sembrano ritrarre lo stato d’animo che riviviamo questa mattina, anche noi. Con immensa pietà ci siamo stretti idealmente attorno alle tante vittime, strappate immaturamente ai loro familiari da una morte crudele, e alle tante famiglie rimaste senza casa, privi delle cose più care. Ci ritroviamo numerosi in questo luogo per un atto di omaggio e di compianto, ma soprattutto per una celebrazione di preghiera. E’ il mistero della morte che ci riunisce, che ci fa inginocchiare davanti a Dio, ci fa adorare la sua volontà, ci immerge nel suo amore eterno, perchè in Dio è la sorgente della vita, il senso, il valore della nostra vita. Davanti a questo mistero, che ci spaventa, ci addolora, sentiamo però che non tutto è finito: anzi, siamo qui per pregare l’Autore della vita, sorretti dalla certezza, come afferma la Parola di Dio, che le anime dei giusti sono nelle mani di Dio buono e misericordioso.

“Stavano sotto la croce”… Accanto a queste bare, come accanto alla croce di Gesù, stanno afflitti e sgomenti i parenti, gli amici, i conoscenti. A testimoniare la solidale presenza dell’intero popolo italiano ci sono le molte autorità civili e militari e specialmente ci sono i responsabili di questa regione, provincia e città, alcuni dei quali piangono loro parenti e congiunti in queste bare; ci sono i volontari di tante associazioni venuti da ogni parte d’Italia, donne e gli uomini dell’esercito, della Protezione Civile, della Croce Rossa, i Vigili del fuoco. Come non ricordare uno di loro, Marco Cavagna, il pompiere-papà di Treviolo, venuto da Bergamo e qui colpito da un infarto mentre cercava di salvare altre vite! Ci sono il Pastore di questa Chiesa e i sacerdoti, che, assieme a voi, condividono l'esperienza dell'essere spogliati di tutto. In questa vostra città e nei paesi vicini, che hanno conosciuto altri momenti difficili nella loro storia, si raccoglie oggi idealmente l’Italia intera, che ha dimostrato, anche in questa difficile prova, quanto saldi siano i valori della solidarietà e della fraternità che la segnano in profondità. Accanto a voi, fratelli e sorelle, c’è il Santo Padre che sin dai primi momenti non ha smesso di pregare per voi, e che oggi ha voluto farsi particolarmente vicino a voi, oltre che con la presenza mia e del suo segretario particolare, mediante un suo messaggio.

Ci inchiniamo dinanzi all’enigma indecifrabile della morte che però è anche occasione preziosa per capire quale sia il valore e il senso vero della vita. La morte ci fa toccare con mano che tutto in un attimo può cessare – sogni progetti, speranze. Tutto finisce; solo resta l’amore. Resta solo Dio che è Amore. In quest’ora di dolore e di smarrimento profondo, è la Parola di Dio a sostenere la nostra fede, a confortarci e ad assicurarci che nulla può vincere la forza dell'amore. Nulla può contro l'amore, questo grido del cuore che regge l'urto dello spazio e delle distruzioni, perché noi non siamo fatti per la morte, siamo fatti per la vita. Gesù stesso ha detto: "Sono venuto perchè abbiano la vita, e l'abbiano in sovrabbondanza". A Gesù che ha pianto davanti alla morte di Lazzaro, suo amico, rivolgiamo la richiesta accorata di aumentare la nostra fede. Ci aiuti a trasformare questa morte in un atto di fede, di speranza e di amore, amore che si fa condivisione e fraternità.

A tenerci uniti in quest’ora di dolore - come popolo in cammino verso l'Eternità - è la consolazione che ci viene dalla fede, quel dolce sollievo che procura l'incontrare il volto dell'Uomo della Croce, quella vicinanza amorevole con tutti i crocifissi della storia che stanno attendendo l'inaugurazione della Gerusalemme Celeste dove tutte le cose ritrovano la loro bellezza originaria e dove le lacrime verranno asciugate e “non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perchè le cose di prima sono passate” (Ap 21). Penso a tutto questo e sento nascere la speranza nel cuore perchè s'avverte già nell'aria che sotto le macerie c'è la voglia di ripartire, di ricostruire, di tornare a sognare. Scriveva il profeta Isaia: un giorno “ricostruiranno le vecchie rovine, rialzeranno gli antichi ruderi, restaureranno le città desolate, devastate da più generazioni” (Is 61,4). E si tornerà con più forza, con più coraggio a ridare vita a questi luoghi; con la forza e la dignità d’animo che vi contraddistingue.

Quest’oggi, Venerdì Santo, tutta la Chiesa piange il suo Re Crocifisso. Dopo quell'urlo sulla croce - “Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato” (Mc 15,34) - rimase il silenzio. Un silenzio lungo e faticoso, pieno di dubbi e d'angoscia. Il silenzio dell'uomo invaso dal dolore ma anche il silenzio di Dio. Dio può sembrare assente, il dolore può apparire una forza bruta e senza senso, le tenebre degli occhi pieni di pianto sembrano spegnere anche i più timidi raggi di sole e di primavera. Eppure è proprio mentre si fa provocatrice la domanda: “dov'è il tuo Dio?” (Sal 42,4) che sentiamo emergere dal profondo la certezza dell'intervento amorevole di Dio. Il nostro è un Dio che ha passione per l'uomo; un Dio che soffre con noi e per noi; un Dio che sceglie il silenzio per accasarsi tra le braccia di chi, soffrendo, si sforza di tenere accesa la fiaccola della speranza.

Cari fratelli e sorelle, dopo il silenzio di questo Triduo che tanto c'interroga e ci consola, dopodomani celebreremo la Pasqua. Sarà la vostra Pasqua, una Pasqua che rinascerà ancora una volta dalle macerie di un popolo tante volte provato nella sua storia. E sarà come nascere una seconda volta, all’ascolto delle parole dell’Angelo: “Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. E' risorto, come aveva detto” (Mc 28,5).

Riprendiamo dunque il cammino, fratelli e sorelle, insieme a Maria, portando insieme il dolore dell'incolmabile assenza dei defunti, con una presenza più assidua, fraterna e amichevole presso le loro famiglie, ancor più autenticamente diventate le nostre famiglie, nella grande famiglia dei figli di Dio. Grazie all’aiuto materno della Madonna cercheremo di trarre dalla morte una lezione di vita autenticamente cristiana. E sorretti dalla sua intercessione non temeremo le difficoltà che pur sono davanti a noi. Ci aiuti Lei, la Stella della Speranza, a conservare salda la fiducia in Dio e in noi stessi, certi che un giorno rivedremo anche questi nostri cari defunti che ci hanno anticipato nell'avventura verso il Cielo. Per essi ripetiamo la preghiera che tante volte abbiamo recitato: “l'eterno risposo dona loro, o Signore. E splenda ad essi la luce perpetua. Riposino in pace. Amen”.

Paparatzifan
00venerdì 10 aprile 2009 17:21
Dal blog di Lella...

«Il nostro Papa mi ha detto al telefono: verrò all’Aquila a portare conforto»

Parla il vescovo Molinari: «Ho risposto: grazie Santità, questo popolo non verrà meno»

MARIO AJELLO

dal nostro inviato

L’AQUILA

«Abbia la cortesia di pazientare un po’. Devo rispondere al telefonino».

Gli passano il cellulare. Giuseppe Molinari, vescovo dell’Aquila, un settantenne con un volto aperto da pastore del popolo che sarebbe piaciuto a Ignazio Silone, e con le scarpe sporche per i tanti calcinacci che ha pestato e le dita rosse per le tante mani di sfollati e di dolenti che continua a stringere e a carezzare, comincia a parlare con il Papa che lo ha chiamato dal suo studio in Vaticano.

E’ proprio lui, Benedetto XVI?

(Monsignor Molinari fa di sì con la testa. E continua a parlare al telefono, rispondendo con naturalezza cristiana alle cose che gli sta dicendo Ratzinger: «Santità, grazie! Santità, sono commosso dall’affetto che ci state rivolgendo. Santità, la forza di questo popolo non verrà meno»).

Monsignor Molinari, Benedetto XVI le ha annunciato che è in arrivo?

«Era lui al telefono. Ha parlato voce affranta e con amore. Mi ha detto che verrà quaggiù, nelle zone colpite dal sisma, nelle prossime settimane. Chissà, magari arriva il primo maggio. Comunque, la data precisa ancora non c’è. Lo aspettiamo. Al telefono, è stato buono, paterno. Ha espresso la sua vicinanza affettuosa alla nostra comunità che soffre ma è anche dotata di una tenacia che viene da lontano e che sta nelle radici di questo popolo. Ha detto che condivide la pena e le preoccupazioni di questa gente. Il Pontefice mi ha pregato di portare il suo conforto alle persone colpite nei beni materiali e nei beni spirituali, come la fiducia e la speranza».

Porterà il saluto del Papa agli aquilani durante i funerali di Stato che si svolgono domani?

«Sarà un momento di raccogliemento profondo, di dolore, ma anche un’occasione per farsi forza. Mi viene spesso alla mente, in questi giorni, un film in cui a un certo punto c’è questa battuta: ”A un sindacalista a che cosa serve la fede? A lottare di più”. La nostra lotta è quella per risorgere dalle macerie che abbiamo dentro e che abbiamo intorno. Ai vivi, ai sopravvissuti, toccherà insomma lo sforzo di ridare un senso e un futuro alla propria esistenza. Capisco che non è facile. Nella mia omelia, durante le esequie, esorterò i cittadini ad abbandonarsi al Signore. Lui sa ciò di cui abbiamo bisogno. E pregherò, insieme a tutti, perchè cessi il flagello».

Dopo il terremoto di Lisbona del 1755, Voltaire mise nero su bianco un concetto che molti provano davanti a queste sciagure: «Se Dio c’è, ed è onnipotente, perchè non è anche buono e impedisce ciò che sta succedendo»?

«Queste sono domande che non conoscono risposta. Ma chi ha la fede sa che all’origine di tutto c’è un avvenimento devastante che noi, nel catechismo, chiamiamo peccato originale. Non sto parlando banalmente della mela, che è un simbolo. Voglio dire che quel fatto devastante non ha rotto soltanto il rapporto fra l’uomo e Dio. Ma anche quello fra l’uomo e la natura. Se già da allora l’uomo si fosse affidato a Dio, e non ci fosse stato il peccato originale, il cammino dell’umanità sarebbe potuto essere diverso. E l’armonia fra l’uomo e il creato sarebbe stata più completa».

Secondo lei, il Dio che ha fallito in questo caso è stata la scienza, che non ha saputo prevedere il sisma?

«La scienza ha mostrato i suoi limiti. Ma noi sappiamo benissimo, al contrario di chi l’ha messa sull’altare e ne ha fatto un idolo, che la scienza non è onnipotente. Galileo, per esempio, non ha mai sostenuto questo. Ho anche seguito le polemiche, a mio modo di vedere sorprendenti e poco utili, sul fatto che questo terremoto fosse prevedibile. Ma i terremoti non sono prevedibili. Non so se sia stato il Padreterno a non averci dato questa facoltà o se siamo noi che siamo testoni».

Ma sono razionalmente spiegabili le tragedie naturali?

«No, non lo sono. Non c’è una spiegazione umana di questi fenomeni, ce n’è soltanto una sulla base della fede, almeno per chi ha fede. E noi sappiamo bene, come scriveva il grande scrittore e poeta cristiano Charles Peguy, che Dio è venuto sulla terra non a spiegarci la croce ma a distendersi sulla croce. E il libro di Giobbe arriva a questa conclusione: nessuno può spiegarci il dolore umano, è un mistero che sa solo il Signore. La ragione non può nulla in questo campo. E la scienza e la tecnica certo non riescono a consolare. Mentre uno spirito che levi lo sguardo al cielo, e guardi contemporaneamente nel profondo della propria umanità, può trovare la forza di rispondere dinnanzi alle sofferenze e la forza di non abbandonarsi alla disperazione del nulla».

Quindi, l’uomo può tanto?

«Qui le darò una risposta molto pratica. Noi possiamo usare tutta la misericordia che abbiamo dentro, la pietà, la solidarietà, la dedizione in favore del nostro prossimo».

Sta parlando di tutte le tantissime cose pratiche che ci sono da fare?

«Io, in questi giorni, oltre a portare parole di conforto, aiuto a portare coperte, tende, cucine da campo, scarpe, vestiti, pannolini, medicine. C’è da rimettere in piedi un universo umano, da ricostruire tutto. La gente viene da me, e mi racconta che ha perduto la casa, o il lavoro, o la casa e il lavoro. E anche noi abbiamo perduto tutto. Non c’è più una chiesa che stia in piedi. Bertolaso ci ha assicurato che dopo Pasqua potremo avere grandi tende da adibire alle funzioni religiose. Intanto, celebriamo le messe all’aperto. E la Curia, in piazza Duomo, nel centro storico, è inagibile. Ora è costituita da due capanne piazzate nel giardino della casa di mia sorella. Io sono fuggito nella notte dal palazzo vescovile, e senza la croce pettorale, senza l’anello, senza nulla con me. Mi stanno prestando tutto gli altri. E c’è da ricominciare da capo».

Il presidente Obama vi darà i soldi per rifare le chiese.

«In Obama ho sempre visto una grande spiritualità. E comunque, qualcuno dice: ”Bisogna pensare prima alle case e poi alle chiese”. Per noi, va bene. Ma va anche bene, se Obama pensa pure alle chiese. E lo ringrazio anticipatamente».

© Copyright Il Messaggero, 9 aprile 2009


Paparatzifan
00venerdì 10 aprile 2009 19:55
Dal blog di Lella...

No del Vaticano a Obama: bocciati tre candidati ambasciatori

di Andrea Tornielli

Tra Barack Obama e la Chiesa statunitense è in atto un braccio di ferro che coinvolge la Santa Sede: l’inquilino della Casa Bianca è criticatissimo per le sue scelte in favore dell’aborto e dell’uso delle staminali embrionali, mentre continua l’impasse per la designazione del nuovo ambasciatore Usa in Vaticano. Almeno tre nomi – ma c’è chi assicura anche di più – di candidati per la successione a Mary Ann Glendon, l’ultima ambasciatrice presso la Santa Sede nominata da Bush, notoriamente vicinissima al Papa, sono stati «bruciati» prima ancora che potesse essere formalizzata la proposta di nomina, perché sgraditi alla Chiesa in quanto «pro choice» sull’aborto. Tra questi ci sono Caroline Kennedy (figlia del presidente John) e Douglas Kmiec, cattolico del Partito democratico che ha lavorato per Obama e ha pubblicato un libro spiegando perché i cattolici potevano sostenerlo.
Il ritardo nella nomina sta creando qualche problema in vista del vertice del G8 di luglio, in Sardegna: per quella occasione Obama vorrebbe incontrare Benedetto XVI, ma la mancata designazione dell’ambasciatore rischia di far rinviare l’udienza. Il raffreddamento dei rapporti col Vaticano s’intreccia con le polemiche sull’invito rivolto ad Obama da padre John Jenkins, rettore della Notre Dame University, il famoso campus cattolico dell’Indiana che ogni anno è visitato da una celebrità per il conferimento delle lauree. Già molti presidenti Usa vi hanno partecipato, ma ora la presenza di Obama, prevista per il 17 maggio, sta scatenando una reazione a catena da parte delle associazioni «pro life» e dei vertici dell’episcopato. Sono state raccolte oltre 150mila firme contro l’invito, la protesta corre sul Web (stopobamanotredame.com), si organizzano rosari e veglie di preghiera anti-Obama. Il leader antiabortista Randall Terry ha dichiarato: «Notre Dame si pentirà del giorno in cui ha invitato questo agente di morte a parlare». Mentre il cardinale Francis George, presidente della Conferenza episcopale Usa, ha osservato che «l’università Notre Dame non capisce cosa vuol dire essere cattolici».
Ufficialmente, la Santa Sede appare estranea alle polemiche d’Oltreoceano. L’Osservatore Romano tratta Obama con molto equilibrio, facendo notare le consonanze riguardanti l’approccio multilaterale alla politica internazionale. Ma i due registri – quello battagliero dei vescovi americani, e quello più moderato del Vaticano – sono due facce della stessa medaglia. Anche se ufficialmente la Santa Sede non si è espressa in alcun modo sul nuovo ambasciatore, e non ha peraltro ricevuto proposte ufficiose né tantomeno ufficiali, il veto preventivo della Chiesa Usa verso i candidati di Obama è condiviso nei sacri palazzi. In linea generale le caratteristiche richieste a un ambasciatore Usa sono l’essere cattolico e il non avere situazioni matrimoniali irregolari. La Segreteria di Stato di Papa Ratzinger, però, dopo anni di luna di miele con Bush – allineato con la Chiesa sulla difesa della vita, meno sulla politica internazionale – si aspetta un ambasciatore non solo cattolico, ma anche «pro life». Teme infatti quello che Massimo Franco, autore di «Imperi paralleli», il libro sui rapporti Vaticano-Usa, ha definito un «effetto Zapatero Oltreoceano». Teme che Obama si trasformi nello Zapatero planetario.

© Copyright Il Giornale, 9 aprile 2009


Paparatzifan
00venerdì 10 aprile 2009 20:41
Dal blog di Lella...

PAPA: PADRE LOMBARDI, GLI ATTACCHI NON LO INFASTIDISCONO MOLTO

di Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 8 apr.

Non ha turbato la serenita' di Papa Ratzinger la bufera mediatica e politica che ha fatto seguito alla sua risposta sul tema dell'Aids, pronunciata in aereo mentre andava in Africa e trasmessa in modo parziale dai media internazionali.
Lo rivela il suo portavoce, padre Federico Lombardi, in un'intervista diffusa dal sito cattolico Zenit.org.
"Il Papa - assicura - non era particolarmente infastidito dal clamore, e ha alluso alle altre volte in cui molti media occidentali si sono aggrappati a qualche aspetto della dottrina della Chiesa per speculare su di esso".
Per Lombardi, la virulenza delle reazioni politico-mediatiche, inoltre, non condiziona affatto Benedetto XVI e i suoi collaboratori: "chi ha una cattiva opinione del Papa e della Chiesa - rileva - ha deciso che non dovremmo pensare, che dovremmo essere assenti dal mondo, ma il Papa ha un messaggio molto chiaro di spiritualita', di pace e riconciliazione che cerca di trasmettere anche quando e' complicato".
Del resto, nell'immediato "la gente puo' essere contro cio' che si e' detto, ma poi puo' riflettere e constatare la verita' delle parole del Papa e qual era la sua intenzione".
Il che e' piu' facile se c'e' buona fede nei giornalisti e se quanti diffondono i loro commenti li focalizzano sulle parole effettivamente pronunciate: "e' molto chiaro - infatti - che quanti cercano di comprenderne il significato lo faranno, e se non ci provano non capiranno mai".
Per padre Lombardi, la dimostrazione che e' possibile volgere al positivo le reazioni negative e' proprio l'episodio della lectio magistralis all'Universita' di Ratisbona, nel 2006, che "alla fine ha portato a una migliore comprensione tra musulmani e cattolici". Nel caso della frase sull'Aids, per Lombardi, le polemiche sono state aggravate dal fatto che in Segreteria di Stato si e' cercato di rendere le parole dette a braccio sull'aereo in un italiano migliore finendo pero' con il modificarne leggermente il significato. In ogni caso, pero', subito "questa parte del testo e' stata corretta per recuperare le parole originali del Papa".
Il Pontefice - e' stato chiesto al portavoce - tornera' a parlare liberamente con i giornalisti nei suoi viaggi? "Penso di si'", la risposta di padre Lombardi, per il quale i fraintendimenti e problemi sono sempre in agguato, ma "se si teme questo bisognerebbe restare a Roma e non dire nulla".
Inoltre, "gli attacchi dei media non sono di tutti" e non manca nell'opinione pubblica chi "apprezza l'insegnamento del Papa e capisce che sta dicendo cose importanti per il mondo di oggi". Padre Lombardi infine non e' d'accordo con chi afferma che ha troppo lavoro (dirige Radio Vaticana' e Centro Televisivo oltre alla Sala Stampa della Santa Sede). "Spetta ai miei superiori giudicarlo. Non so - conclude - se qualcuno ha iniziato a diffondere queste voci per produrre qualche effetto. E' possibile, ma per me avere questo incarico non e' un problema speciale".

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00venerdì 10 aprile 2009 20:45
Dal blog di Lella...

8 aprile 2009

apr 8, 2009

Pensieri sparsi

Oggi udienza generale in piazza San Pietro.
La gente arriva fino alle due fontane a fianco dell’obelisco centrale. Non oltre. C’è il sole. Gli occhiali di Benedetto XVI sembrano avere le lenti leggermente oscurate. Certo, non come quelle del segretario di Stato Tarcisio Bertone che quando c’è il sole divengono scure fino a coprire gli occhi.
Il Papa legge su dei fogli A4 il testo della catechesi dedicata alla passione di Cristo. Cita Teodoreto di Ciro. Sovente alza lo sguardo e parla a braccio, senza tuttavia discostarsi dal testo scritto. Sembra conosca quanto deve dire a memoria. Guardandolo “recitare” la catechesi mi viene in mente che la stesura dei discorsi probabilmente occupa molto del suo tempo. Cerco di osservarlo bene in viso.
Non sembra affaticato. Anche il sorriso, quando la gente applaude, non è tirato.
La voce è squillante, più che altre volte.
Mentre parla gesticola leggermente con la mano destra. Anche questo movimento è lineare. Alla fine saluta tutti. Annuncia una prossima visita in Abruzzo e sorride alzando più volte le braccia verso il cielo. Quindi si ritira. Inizia il triduo pasquale. L’arco delle Campane si chiude alle spalle del Pontefice. Papa Ratzinger s’immerge nel mistero.

Dal blog di Paolo Rodari


Paparatzifan
00venerdì 10 aprile 2009 20:50
Dal blog di Lella...

Papa Ratzinger svegliato dalla scossa: «Prego per i bambini e per ogni vittima»

di Redazione

Alle 3.32, quando la terra ha tremato per un lungo minuto devastando L’Aquila e i paesi vicini, Papa Benedetto XVI è stato svegliato di soprassalto a causa dell’intensità della scossa, avvertita distintamente in tutto il palazzo apostolico vaticano così come in tutta Roma.
Il letto ha tremato a lungo, interrompendo il sonno del Pontefice, così come quello del segretario particolare, al piano superiore. Non c’è stata, al momento, particolare apprensione.
Soltanto nelle prime ore della mattina il Papa è stato avvertito delle conseguenze disastrose in Abruzzo, vicino all’epicentro. Benedetto XVI si è raccolto in preghiera e ha fatto subito arrivare, attraverso il Segretario di Stato Tarcisio Bertone, un messaggio di vicinanza ai familiari delle vittime e ai soccorritori, esprimendo la «sua viva partecipazione al dolore delle care popolazioni colpite».
«Nell’assicurare fervide preghiere per le vittime, in particolare i bambini», il Papa ha invocato da Dio «conforto per i loro familiari» e ha rivolto «una affettuosa parola di incoraggiamento ai superstiti» e ai soccorritori. Anche i vescovi italiani si sono associati invitando parrocchie e movimenti a mobilitarsi.

© Copyright Il Giornale, 7 aprile 2009


+PetaloNero+
00sabato 11 aprile 2009 01:37
Il Papa alla Via Crucis: in Cristo comprendiamo il mistero della sofferenza. Intervista col vescovo di Guwahati, autore delle meditazioni

Questo pomeriggio, alle 17.00, il Papa presiederà nella Basilica Vaticana la Celebrazione della Passione del Signore. Alle 21.15 la tradizionale Via Crucis al Colosseo con le meditazioni dell’arcivescovo indiano di Guwahati, mons. Thomas Menamparampil. Il servizio di Sergio Centofanti.

“Siamo venuti a cantare insieme un inno di speranza”: è quanto afferma Benedetto XVI nell’introduzione alla Via Crucis di questa sera, come riportato dal libretto già pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana e nell’edizione odierna dell’Osservatore Romano. “Vogliamo dire a noi stessi – sottolinea il Papa - che tutto non è perduto nei momenti di difficoltà. Quando le cattive notizie si susseguono, siamo oppressi dall'ansia. Quando la disgrazia ci colpisce più da vicino, ci scoraggiamo. Quando una calamità fa di noi le sue vittime, la fiducia in noi stessi è del tutto scossa e la nostra fede è messa alla prova”. Ma è “in Cristo che comprendiamo il pieno significato della sofferenza” e il “suo valore redentivo”– dice il Papa: “sotto la superficie di calamità naturali, guerre, rivoluzioni e conflitti di ogni genere, vi è una presenza silenziosa, vi è un'azione divina mirata” perché dal male nasca il bene. “Continuiamo a confidare nel Signore – afferma il Pontefice - poiché egli salva coloro che hanno perduto ogni speranza”. Quelli che non vedono “nessun motivo per credere e sperare”. Eppure sperano “contro ogni speranza” e “questa speranza alla fine non delude”. Questa sera porteranno la croce al Colosseo, oltre al cardinale vicario Agostino Vallini, una ragazza e due suore dell’India, due giovani del Burkina Faso, due frati della Custodia di Terra Santa, una famiglia romana, un giovane disabile, un malato. Il Papa nell’introduzione alla Via Crucis esorta tutti: "Siate forti, rendete saldo il vostro cuore, voi tutti che sperate nel Signore" (Salmi, 31, 25).

Ma quale messaggio vuole lanciare con le sue meditazioni mons. Menamparampil? Ascoltiamo il vescovo di Guwahati al microfono di Antonella Palermo:

R. – For me, the most important theme is the theme of hope: hope …
Per me, l’argomento più importante è la speranza: la speranza in tempi difficili, in tempi di prova, in tempi di persecuzione e anche in tempi di crisi economica per il mondo intero. Noi cristiani abbiamo sempre molta fiducia in Dio e crediamo nella sua presenza nella nostra vita. Guardiamo alla Croce come segno della sofferenza alla quale Nostro Signore stesso si è sottoposto, così da trovare il coraggio per seguirlo in questo cammino con fiducia e fede.


D. – Come ha reagito quando ha saputo che il Papa le aveva assegnato il compito di scrivere i testi per la Via Crucis di quest’anno?


R. – I was so taken aback, so surprised, that I didn’t know how to answer. …
Sono stato preso in contropiede ed ero talmente sorpreso che non ho saputo come rispondere. La prima risposta che ho dato è stata: “Non sarò capace di farlo”, ma poi ho pensato che il Santo Padre stava riponendo la sua fiducia in me e per manifestare il suo amore per l’India, per l’Asia, per i cristiani che soffrono. E così ho detto: anche se sarà molto impegnativo per me, voglio accettare. Ed è stato ancora più difficile, perché in quel periodo andavo nei villaggi con dei seminaristi e altri giovani a portare aiuto ai più poveri, persone che lottano ogni giorno per sopravvivere. Mi sono detto: il Signore mi aiuterà! Ho scritto quindi le meditazioni in questi villaggi e spero che per la vicinanza a quella realtà umana di dolore e forse anche di ingiustizia, spero che le mie parole possano avere un significato particolare.


D. – Lei vive in uno Stato indiano – l’Arunajal Pradesh – che fino al 1978 era proibito agli evangelizzatori cristiani. Grazie a lei, invece, il Vangelo è riuscito ad approdare anche in questa regione dell’India …


R. – What you said is true. In Arunajal Pradesh there were very few Christians …
E’ vero quello che lei dice. Nell’Arunjal Pradesh c’erano pochissimi cristiani e l’evangelizzazione non era consentita. Ma i giovani del Paese hanno detto: noi vogliamo Gesù, vogliamo la Chiesa, vogliamo il cristianesimo ed hanno accettato Gesù, si sono convinti sempre di più e per questo oggi abbiamo due diocesi nell’Arunjal Pradesh, che si sono sviluppate molto rapidamente. La mia diocesi è piccola, ha circa 20 anni e noi siamo circa 80 mila cattolici che sono molto legati alla loro fede; con l’aiuto della Chiesa, ricevono l’educazione scolastica e penso che abbiano grandi prospettive per il futuro. Abbiamo anche le prime vocazioni, molte vocazioni da questa Chiesa giovane. Esse aiutano oggi la nostra stessa Chiesa di Guwahati, ma forse domani potranno aiutare le altre diocesi e forse anche altri Paesi del mondo!


D. – La Chiesa universale sta scommettendo molto sulla Chiesa asiatica. In quali condizioni vive oggi la Chiesa in Asia?


R. – I think the Catholic Church in Asia, which is beginning to play a very important …
Credo che la Chiesa cattolica in Asia stia assumendo un ruolo sempre più importante non solo in Asia ma anche in altre parti del mondo. Il mio messaggio ai cristiani d’Asia è che essi debbono sentire la responsabilità e non orgoglio e gloria per il contributo che oggi possiamo dare alla Chiesa nel mondo: un grande, umile e profondo senso di responsabilità, perché quello che abbiamo ricevuto dalla Chiesa nel passato, ora, che ne siamo capaci, dobbiamo cercare di restituire alla Chiesa universale.


D. – Cosa si sente di chiedere al mondo occidentale per la Chiesa in India e in Asia in generale?


R. – We feel a brotherly affection and a great desire that Western Church will see …
Abbiamo un affetto fraterno ed un grande desiderio che la Chiesa d’Occidente possa vivere un rinnovamento dello Spirito, che ci sia un risveglio della fede e nuove vocazioni in modo che la Chiesa universale ne possa beneficiare. Preghiamo sempre affinché le comunità dei vari Paesi, dell’Europa, per esempio, possano guardare alle proprie radici e riconoscere come la Chiesa cattolica ha svolto nei loro Paesi lo stesso ruolo che sta svolgendo ora nei Paesi nuovi, in Asia e Africa. All’inizio, i missionari hanno svolto un duro lavoro – ricordiamo San Patrizio, San Bonifacio, Sant’Agostino ed i grandi pionieri: è un duro lavoro che stiamo continuando noi ora in Asia. D’altro canto, le Chiese in Europa possono guardare con orgoglio e con grande gioia alle loro radici perché esse portano nuova vita alla Chiesa universale. (Traduzione di Gloria Fontana)

[Radio Vaticana]



Via Crucis: il Papa unisce il dolore del mondo al dolore di Cristo
E rivolge un pensiero particolare alle vittime dei terremoti in Abruzzo



ROMA, venerdì, 10 aprile 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha voluto offrire la Via Crucis al Colosseo, da lui presieduta nella notte di questo Venerdì Santo, a tutte le persone sofferenti e in particolare alle vittime dei recenti terremoti in Abruzzo.

Parlando dalla collina del Palatino, posta di fronte all'anfiteatro Flavio, il Papa ha letto una meditazione, lasciando da parte alla fine il testo preparato per l'occasione per esortare i fedeli: "preghiamo con tutti gli addolorati, preghiamo soprattutto con tutti i sofferenti della terra terremotata de L'Aquila".

"Preghiamo perché anche a loro, in questa notte oscura, appaia la stella della speranza, la luce del Signore risorto", ha poi aggiunto.

Da lì il Papa aveva seguito, precedentemente, inginocchiato le quattordici stazione della Via Crucis di Gesù.

A sostenere la Croce nel lento incedere tra l'Anfiteatro Flavio e l’Arco di Tito, si sono alternati oltre al Cardinale Vicario di Roma, Agostino Vallini, che l'ha portata nella prima e nell'ultima stazione: anche un giovane sulla sedia a rotelle, aiutato da un medico dell'Ordine di Malta; una famiglia romana; un malato accompagnato da un infermiere e da una suora; una ragazza asiatica e due suore indiane; due giovani del Burkina Faso; e due frati francescani della Custodia di Terra Santa.



Nella meditazioni della Via Crucis, scritte da monsignor Thomas Menamparampil, SDB, Arcivescovo di Guwahati (India) è risuonata la sofferenza dei cristiani perseguitati in questo ultimo anno.

"Fermiamoci questa sera a contemplare il Suo volto sfigurato: è il volto dell’Uomo dei dolori, che si è fatto carico di tutte le nostre angosce mortali", ha invitato il Papa nella sua meditazione finale.

"Il suo volto – ha aggiunto – si riflette in quello di ogni persona umiliata ed offesa, ammalata e sofferente, sola, abbandonata e disprezzata".

Ed ha poi concluso: "Versando il suo sangue, Egli ci ha riscattati dalla schiavitù della morte, ha spezzato la solitudine delle nostre lacrime, è entrato in ogni nostra pena ed in ogni nostro affanno".

Benedetto XVI, che anche quest'anno prende parte a tutte le celebrazioni liturgiche della Settimana Santa, alle 21 di sabato presiederà nella Basilica Vaticana la Veglia di Pasqua.

Il giorno dopo, concluderà la Settimana Santa presiedendo la Messa della Domenica di Resurrezione alle 10:15 in piazza San Pietro.

Più tardi, alle 12, dal balcone della Loggia centrale della Basilica di San Pietro, impartirà la benedizione "Urbi et Orbi", che sarà seguita in diretta dalle televisioni di cinque continenti.

La Via Crucis, nella sua forma attuale – con le quattordici stazioni disposte nello stesso ordine – è attestata in Spagna nella prima metà del secolo XVII, soprattutto in ambienti francescani.

Dalla penisola iberica essa passò prima in Sardegna, allora sotto il dominio della corona spagnola, e poi nella penisola italica. Qui incontrò un convinto ed efficace propagatore in San Leonardo da Porto Maurizio (1676-1751).

Questo frate minore eresse personalmente oltre 572 Via Crucis. Tra queste è rimasta famosa quella eretta nel Colosseo, su richiesta di Benedetto XIV, il 27 dicembre 1750, a ricordo di quell'Anno Santo. Allora nel Colosseo vennero poste 14 edicolette e una grande croce al centro dell’Arena, tolti solamente più tardi nel 1874.

Dal 1964, con Papa Paolo VI, la pia pratica della Via Crucis si è svolta al Colosseo fino ad oggi ininterrottamente.




Via Crucis per i cristiani perseguitati al Colosseo
Guidata dalle meditazioni di un Arcivescovo indiano


ROMA, venerdì, 10 aprile 2009 (ZENIT.org).- La Via Crucis che Benedetto XVI ha presieduto la sera di questo Venerdì Santo al Colosseo si è trasformata in una preghiera e in un momento di vicinanza alle comunità cristiane perseguitate nel mondo.

Portavoce delle paure e delle sofferenze dei discepoli di Cristo è stato l'autore delle meditazioni, monsignor Thomas Menamparampil, SDB, Arcivescovo di Guwahati, in India, Paese in cui nell'autunno scorso i cristiani hanno subito una violenta persecuzione da parte dei fondamentalisti indù.

Nell'undicesima stazione, “Gesù promette il suo Regno al buon ladrone”, l'Arcivescovo indiano ha spiegato che “optare per Cristo è sempre un mistero. Perché si fa una scelta definitiva per Cristo, anche nella prospettiva di difficoltà o della morte? Perché i cristiani fioriscono nei luoghi di persecuzione?”.

“Non lo sapremo mai – ha risposto –. Ma succede continuamente. Se una persona che ha abbandonato la fede incontra il vero volto di Cristo, sarà stordita da ciò che vede realmente e potrebbe arrendersi come Tommaso: 'Mio Signore e mio Dio!'”.

“E' un privilegio svelare il volto di Cristo alle persone. E' una gioia anche più grande scoprirlo, o riscoprirlo”, ha riconosciuto.

Nella sua meditazione conclusiva, Benedetto XVI ha riflettuto sulla fecondità della sofferenza offerta a Gesù.

“Anche in questo nostro tempo, quante persone, nel silenzio della loro quotidiana esistenza, uniscono i loro patimenti a quelli del Crocifisso e diventano apostoli di un vero rinnovamento spirituale e sociale”, ha spiegato.

+PetaloNero+
00sabato 11 aprile 2009 01:38
Venerdì Santo: se Dio esiste, il non credente perde tutto
Predica di padre Cantalamessa nella celebrazione della Passione del Signore



CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 10 aprile 2009 (ZENIT.org).- Per molti non credenti, la fede in Dio è un ostacolo alla felicità. Nel Venerdì Santo, giorno in cui la Chiesa rivive la morte di Cristo, il predicatore della Casa Pontificia ha mostrato in Vaticano come il credente, avendo Dio, abbia tutto, soprattutto la felicità.

Nell'omelia che ha offerto nella celebrazione della Passione del Signore, presieduta da Benedetto XVI nella Basilica di San Pietro, padre Raniero Cantalamessa, ofm Cap., ha risposto allo slogan che circola sugli autobus di alcune città d'Europa: “Probabilmente Dio non esiste. Smetti di preoccuparti e goditi la vita”.

“Il messaggio sottinteso è che la fede in Dio impedisce di godere la vita, è nemica della gioia. Senza di essa ci sarebbe più felicità nel mondo!”, ha constatato, rispondendo alla provocazione ponendo la domanda che prima o poi si fa ogni persona, credente o non credente: qual è l'origine e il senso della sofferenza?

Il predicatore del Papa ha risposto come fa l'Apostolo San Paolo: il peccato è “la causa principale dell’infelicità degli uomini, cioè il rifiuto di Dio, non Dio!”.

Il peccato, ha spiegato, “rinchiude la creatura umana nella 'menzogna' e nella 'ingiustizia', condanna lo stesso cosmo materiale alla 'vanità' e alla 'corruzione' ed è la causa ultima anche dei mali sociali che affliggono l’umanità”.

Sulla Croce, ha osservato padre Cantalamessa citando San Paolo, Cristo “ha abbattuto il muro di separazione, ha riconciliato gli uomini con Dio e tra di loro, distruggendo l’inimicizia”.

“Da qui la primitiva tradizione svilupperà il tema della croce albero cosmico che con il braccio verticale unisce cielo e terra e con il braccio orizzontale riconcilia tra loro i diversi popoli del mondo”.

Si tratta, ha spiegato il sacerdote cappuccino, di un “evento cosmico e nello stesso tempo personalissimo: 'Mi ha amato e ha dato se stesso per me!'”.

Ogni uomo, ha aggiunto, è “uno per cui Cristo è morto”.

“Con la sua morte, Cristo però non ha soltanto denunciato e vinto il peccato; ha anche dato un senso nuovo alla sofferenza, anche a quella che non dipende dal peccato di nessuno, come, appunto, il dolore di tante vittime del terremoto”, ha commentato padre Cantalamessa.

Gesù, ha insistito, ha fatto della sofferenza uno strumento di salvezza, una via per la resurrezione e la vita. Il suo sacrificio esercita i suoi effetti non attraverso la morte, ma grazie al superamento della morte stessa, cioè grazie alla resurrezione.

“Cristo non è venuto ad aumentare la sofferenza umana o a predicare la rassegnazione ad essa; è venuto a darle un senso e ad annunciarne la fine e il superamento”, ha aggiunto.

Padre Cantalamessa ha ricordato che leggono gli slogan sugli autobus di Londra e di altre città anche i genitori di un figlio malato, le persone sole o che sono rimaste senza lavoro, gli esiliati che fuggono dagli orrori della guerra, quanti hanno subito gravi ingiustizie nella vita...

“Io cerco di immaginare la loro reazione nel leggere le parole: 'Probabilmente Dio non c’è: goditi dunque la vita!' E con che?”, ha chiesto.

Questa, ad ogni modo, “non è la sola incongruenza di quella trovata pubblicitaria”.

“'Dio probabilmente non esiste': dunque, potrebbe anche esistere, non si può escludere del tutto che esista. Ma, caro fratello non credente, se Dio non esiste, io non ho perso niente; se invece esiste, tu hai perso tutto!”.

“Dovremmo quasi ringraziare chi ha promosso quella campagna pubblicitaria; essa ha servito alla causa di Dio più che tanti nostri argomenti apologetici. Ha mostrato la povertà delle sue ragioni ed ha contribuito a scuotere tante coscienze addormentate”, ha constatato davanti al Papa e alle migliaia di fedeli che riempivano la Basilica.

Padre Cantalamessa ha concluso citando una preghiera della celebrazione della Croce che dice che gli uomini possono trovare la pace solo se trovano Dio, perché nel cuore hanno una profonda nostalgia di Lui.

Implorando il Signore, ha detto: “tutti riconoscano i segni della tua bontà e, stimolati dalla testimonianza della nostra vita, abbiano la gioia di credere in te, unico vero Dio e Padre di tutti gli uomini”.








La morte di Cristo da senso alla sofferenza, anche a quella dei terremotati in Abruzzo. Così padre Cantalamessa alla celebrazione della Passione in Vaticano

“Con la sua morte, Cristo ha dato un senso nuovo alla sofferenza, anche a quella che si è abbattuta questa settimana sull’Abruzzo con il terremoto”. Così il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, questo pomeriggio durante la celebrazione della Passione del Signore presieduta dal Papa nella Basilica Vaticana. Parole anche sulle gravi mancanze di chi ha costruito gli edifici crollati e sull’irresponsabilità di chi ha provocato la crisi economica in atto. Il peccato, cioè il rifiuto di Dio – ha detto padre Cantalamessa - è la causa principale dell'infelicità degli uomini, non Dio come l’ateismo vorrebbe far credere. Il servizio è di Paolo Ondarza.
“Senza Dio la vita è un giorno che termina nella notte; con Dio è una notte che termina nel giorno, e un giorno senza tramonto”. Le riflessioni di padre Cantalamessa nel venerdì santo, sono centrate sulla testimonianza di Paolo nell’anno a lui dedicato L’apostolo delle genti offre risposte alle sfide attuali della fede poste dalle contemporanee battaglie condotte da gruppi atei: come quella degli slogan sui bus di varie città italiane: “Dio probabilmente non esiste. Dunque smetti di tormentarti e goditi la vita”. Ma come può godersela – ha chiesto padre Cantalamessa – chi ha subito gravi ingiustizie dalla vita?
Il messaggio sottinteso è che la fede in Dio impedisce di godere la vita, è nemica della gioia. Senza di essa ci sarebbe più felicità nel mondo!
Una visione questa che ha radici antiche difficili da estirpare e che propone la sofferenza come necessaria per espiare il peccato. “E’ questo – ha notato padre Cantalamessa – che ha provocato in epoca moderna il rigetto di ogni idea di scarificio offerto a Dio e l’idea stessa di Dio”. Ma si tratta di un equivoco che san Paolo aiuta a smascherare quando afferma che non è l’uomo ad esercitare un’influenza su Dio perché questi si plachi, ma è Dio ad agire perché l’uomo desista dalla propria inimicizia contro di lui e verso il prossimo.
La salvezza non inizia con la richiesta di riconciliazione da parte dell’uomo, bensì con la richiesta di Dio: ‘Lasciatevi riconciliare con Lui”
Per l’apostolo delle genti è il peccato, cioè il rifiuto di Dio, la causa principale dell’infelicità, non Dio. Il peccato è dietro la crisi economica in atto, dietro le inadempienze di chi ha costruito gli edifici crollati in Abruzzo.
Perché tante famiglie ridotte al lastrico, masse di operai che rimangono senza lavoro, se non per la sete insaziabile di profitto da parte di alcuni?Perchè nel terremoto degli Abruzzi sono crollati tanti palazzi costruiti di recente? Cosa aveva indotto a mettere sabbia al posto del cemento?
Morendo Cristo ha vinto il peccato, ha dato senso alla sofferenza che non dipende dal peccato di nessuno. La sofferenza, specialmente quella degli innocenti – ha aggiunto padre Cantalamessa – è un mistero che, senza la fede in Dio diviene immensamente più assurda, le si toglie anche l’ultima speranza di riscatto. L’ateismo – ha proseguito – è un lusso che possono concedersi solo i privilegiati della vita, quelli che hanno avuto tutto”.
Con la sua morte Cristo - ha detto padre Cantalamessa– ha ribaltato il rapporto tra piacere e dolore, scegliendo non un piacere che termina in dolore come quello di chi cerca felicità dalla droga, dall’abuso del sesso, dalla violenza omicida; ma una sofferenza che porta alla vita e alla gioia.
I giovani dovrebbero conoscere questa rivoluzione. Loro a cui Satana tenta di far credere che Dio è il nemico della gioia, che se credono in Dio dovranno dire addio all’allegria. Cristo ha ribaltato, ha fatto una rivoluzione. E’ la gioia, in questo modo, ad avere l’ultima parola, non la sofferenza, e una gioia che durerà in eterno. “Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui” (Rom 6,9). E non lo avrà neppure su di noi.
Cristo – ha aggiunto il padre francescano - non è venuto a predicare la rassegnazione alla sofferenza, è venuto a darle senso, ad annunciarne la fine e il superamento. La vita di san Paolo – ha concluso padre Cantalamessa – insegna che Dio, attraverso l’esperienza della Croce di Cristo, è capace di fare dei suoi negatori più accaniti i suoi apostoli più appassionati.


[Radio Vaticana]
+PetaloNero+
00sabato 11 aprile 2009 16:00
Salgono a 292 le vittime del sisma in Abruzzo. La solidarietà del Papa per i terremotati

Una consistente offerta in denaro per le “necessità più urgenti” del post-terremoto e 500 uova di cioccolato per i piccoli rimasti senza casa. E’ il gesto di solidarietà di Benedetto XVI in favore dei terremotati abruzzesi, reso noto questa mattina dal direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Il contributo del Pontefice è stato consegnato ieri all’arcivescovo dell’Aquila, Giuseppe Molinari, dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, e dal segretario particolare del Papa, mons. Georg Gänswein. Intanto, in questa vigilia di Pasqua non si smette di cercare fra le macerie e, purtroppo, il corpo di una donna estratto poco prima delle 14.00 ha portato il bilancio dei morti a 292. Dal governo, poi, è stata varata una misura che assegna un contributo mensile in denaro ad ogni famiglia di terremotati, in base all’entità del nucleo familiare. Per gli ultimi aggiornamenti, ci riferisce il nostro inviato all’Aquila, Giancarlo La Vella:

Splende il sole oggi sulla città dell’Aquila e sui dintorni del capoluogo abruzzese. La paura del terremoto c’è sempre, così come il dolore per la perdita dei propri cari e degli amici, ma rispetto ai giorni scorsi sembra essere tornata la voglia di uscire da un’emergenza sia pure ancora così concreta. La notte scorsa è stata fredda, con temperature intorno allo zero, ma le tende ormai allestite per tutti i terremotati sono sufficientemente confortevoli, grazie al lavoro dei tanti volontari. Inoltre, la notte è stata la prima senza scosse di rilievo. La terra ha ripreso a tremare all’alba con alcuni movimenti tellurici intorno ai 3 gradi della scala Richter. Forse una tregua che consenta ai quasi 40 mila sfollati di vivere la Santa Pasqua in maniera più consona alle proprie tradizioni. La festa della Risurrezione di Cristo, così sentita in tutto l’Abruzzo, porta con sé un sentimento di rinascita e di speranza anche nelle tendopoli. E per l’occasione è in corso la distribuzione, nei vari centri colpiti dal sisma, di 500 uova di cioccolato donate dal Papa ai bambini terremotati. Stessa iniziativa da parte dei medici di “Operazione sorriso”. Sarà una Pasqua all’aperto: le chiese, infatti, hanno tutte subito danni gravissimi e in ogni tendopoli sono molti i sacerdoti già a disposizione per il Sacramento della Riconciliazione e che domani celebreranno la Pasqua.
Negli occhi di milioni di persone sono ancora vive le immagini della cerimonia funebre di ieri, quando il cardinale Tarcisio Bertone, ha presieduto i funerali di 205 vittime del sisma di lunedì scorso. Al microfono di Luca Collodi, il segretario di Stato parla con commozione di quei momenti:

R. - Di fronte ad una molteplicità di bare, anche di bambini, di giovani, e di fronte a tanta gente sofferente, il cuore manifesta la sua compassione nel senso letterale del termine. Quindi, non ci si può trattenere. Ho visto tanta fede, tanto ringraziamento per la vicinanza del Papa, tanto affidamento. Credo che questo sia un segno intanto di piena comunione e di partecipazione non solo del Papa con i feriti e i sofferenti, ma anche dei sofferenti col Papa stesso: è un segno di fede. La fede dà questo supplemento di forza per ricostruire, per ricostruirsi interiormente anzitutto, per ricostruire la speranza nel futuro e poi per ricostruire le nostre città, per ricostruire la pace e la speranza.

D. – Cardinale Bertone, girando in questi giorni i campi, molti si aggrappano alla fede. Molti però si chiedono perché Dio permette tutto questo...

R. – Questa è la domanda che ho posto anch’io, sul silenzio di Dio. Rispondiamo, però, che il nostro Dio è il Dio crocifisso per noi, per la nostra salvezza, è un Dio vicino, un Dio amico, un Dio che ci prende anche in questi momenti per farci rinascere e far rinascere la volontà di ripartire e la speranza.

D. – E qui c’è speranza, in Abruzzo?

R. – Qui c’è tanta speranza di ricostruire e di ripartire. E non dobbiamo attutire la speranza, ma dobbiamo alimentare la speranza e rafforzare la speranza con la solidarietà.
Come ricordato, la Santa Sede si sta adoperando in molte circostanze - anche con una sua squadra di Vigili del Fuoco presente sul posto - per alleviare i bisogni di chi ha perso tutto dopo la terribile scossa del 6 aprile, compresi i molti sacerdoti e suore che oggi vivono come sfollati. Il direttore dei Servizi di sicurezza e protezione civile, nonché comandante della Gendarmeria vaticana, Domenico Giani, racconta, al microfono di Luca Collodi, un episodio che ha visto protagonisti i suoi uomini:

R. - Una cosa molto bella è stata quella che il Santo Padre, tramite il suo segretario, ha voluto donare un calice e anche i paramenti per celebrare la Messa al parroco di Onna, che ha perso tutto e non aveva niente per poter celebrare la Santa Messa della Notte di Pasqua. Si è rivolto ai nostri Vigili del Fuoco, i quali hanno poi girato la domanda ai nostri superiori e immediatamente è stato inviato subito questo dono a nome del Santo Padre.

D. - Un gesto, attraverso i Vigili del fuoco dello Stato della Città del Vaticano, che riaccende la speranza della Pasqua nel dramma del terremoto …

R. – Accompagnando ieri il segretario di Stato e mons. Georg nell’ospedale da campo, una cosa molto bella è stata quella di vedere che comunque c’è una grande fede. Il popolo non ha perso la speranza e veramente ripone nel Signore questa speranza che è anche la speranza della Pasqua.
Tra le infinite storie drammatiche o a lieto fine degli scampati al sisma, figurano a buon diritto quelle di coloro che hanno subito cercato un gesto di riscatto dal disastro che aveva piegato loro e la loro città. E’ il caso di un panificio dell’Aquila, che poche ore dopo il terremoto ha riaperto i forni senza interruzione. Uno dei nostri inviati nel capoluogo abruzzese, Massimiliano Menichetti, ha raccolto la testimonianza della titolare del panificio:

R. - Il panificio aquilano panifica dal giorno proprio della scossa, cioè non ci siamo fermati mai: notte e giorno, notte e giorno.

D. - Quindi, in un certo qual modo è anche un segno di speranza...

R. - Certo, sia per noi, che abbiamo perso casa e tutto, e per gli altri. La vita deve continuare, non si deve fermare.

D. - Lei mi diceva che ha avuto la casa distrutta, eppure è qui con un bel sorriso...

R. - Esatto, perché non mi devo abbattere, devo andare avanti, altrimenti è tremendo. L’unica cosa è la notte, nel letto, quando il pensiero va alla casa, va a come si potrà continuare ... Il giorno, però, devo continuare.

D. - Dove dorme?

R. - Nella macchina, finora. Stiamo nella macchina.

D. - Domani è Pasqua e io vedo qui sul bancone dei dolci pasquali. Come passerete la Pasqua?

R. - Cerchiamo di passarla come le altre feste di Pasqua, tutti insieme. Dobbiamo far vedere che è Pasqua. Neanche questo ci deve distruggere, dobbiamo andare avanti.

D. - Qual è il suo appello, dato che un panificio e il pane, si sa, è il primo alimento...

R. - Il pane è vita, il pane è vita.

Instancabile, e anch’egli costretto nella condizione di sfollato, in questi giorni l’arcivescovo dell’Aquila, mons. Giuseppe Molinari, vive spostandosi fra le varie tendopoli per confortare i fedeli della sua diocesi e garantire assistenza spirituale, oltre che materiale. Un conforto che ieri, al termine dei funerali, lo ha portato a invocare con forza dal cielo la possibilità di una storia di rinascita, dopo “un’assurda storia di morte”. Fabio Colagrande gli ha chiesto di ritornare su queste sue parole:

R. - Il Signore deve aiutarci a fare questo passaggio e naturalmente lui ci vuole aiutare e noi dobbiamo aprirci alla sua grazia, alla sua potenza, alla sua bontà e alle sue parole proprio per guardare la nostra vita e il mondo con occhi diversi, con gli occhi della fede. Ha detto Gesù: cercate prima di tutto il regno di Dio e tutto il resto vi sarà dato. Se sappiamo vivere la fede come totale abbandono nelle mani del Signore, come un lasciarci guidare da lui, come un credere alle sue parole sul serio, allora troveremo anche la via della ricostruzione, di una speranza nuova, di un futuro pieno di speranza per tutti.

D. - Quale augurio di Pasqua può fare ai nostri ascoltatori in questo momento così doloroso anche personalmente per lei…

R. - Un augurio a tutti a guardare all’essenziale. Il terremoto ci fa fare a tutti questa esperienza dolorosa ma che è anche una liberazione: ci fa capire cosa è più importante, cosa vale di meno, a cui non vale la pena attaccare il nostro cuore. Quello che dobbiamo cercare con tutto il cuore è quello che ci ha detto Gesù Cristo, quello che dà senso e valore alla nostra vita, e lo auguro a me e a tutti. Tutti siamo invitati a tornare all’essenziale, a riscoprire i veri valori, della fede ma anche dell’amore, della solidarietà e della speranza. (Montaggio a cura di Maria Brigini)


[Radio Vaticana]
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