Notizie dal B16F

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+PetaloNero+
00sabato 28 febbraio 2009 01:30
Da Petrus

Liturgia, l’inno di lode di Monsignor Marini alla Comunione in ginocchio: “Mette meglio in luce la presenza di Gesù nell’Eucaristia”

CITTA’ DEL VATICANO - "Benedetto XVI, cominciando a distribuire la Comunione in bocca e in ginocchio in occasione della solennita' del 'Corpus Domini' dello scorso anno, in piena consonanza con quanto previsto dalla normativa liturgica attuale, ha inteso forse sottolineare una preferenza per questa modalita'. D'altra parte si puo' anche intuire il motivo di tale preferenza: si mette meglio in luce la verita' della presenza reale nell'Eucaristia, si aiuta la devozione dei fedeli, si introduce con piu' facilita' al senso del mistero". Lo afferma il maestro delle cerimonie pontificie, Monsignor Guido Marini, in un'intervista alla rivista "Radici Cristiane". Il sacerdote genovese chiamato da dal Papa a curare le liturgie vaticane definisce nell'intervita "un passo molto significativo nella direzione di una riconciliazione all'interno della Chiesa", il motu proprio che liberalizza l'uso del messale in latino "non solo perche' esprime il desiderio che si arrivi a un reciproco arricchimento tra le due forme del rito romano, quello ordinario e quello straordinario, ma anche perche' e' l'indicazione precisa, sul piano normativo e liturgico, di quella continuita' teologica che il Santo Padre aveva presentato come l'unica corretta ermeneutica per la lettura e la comprensione della vita della Chiesa e, in specie, del Concilio Vaticano II".
+PetaloNero+
00sabato 28 febbraio 2009 01:31
Da Petrus

'Introibo ad altare Dei' - Autorizzate due Messe in latino nella Basilica di San Giovanni in Laterano, una sarà presieduta dal Cardinale Canizares

CITTA’ DEL VATICANO - Il Papa ha autorizzato la celebrazione di due Messe con il rito antico nella basilica di San Giovanni in Laterano. Giovedì 16 aprile, alle 10, sarà padre Stefano Maria Manelli, superiore dell'ordine dei frati francescani dell'Immacolata, a celebrare la cosiddetta Messa in latino (seguendo, cioè, il messale pre-conciliare liberalizzato di recente dal Papa con un 'motu proprio) e martedì 21 aprile, sempre alle 10, a celebrare con lo stesso rito sarà invece il Cardinale Antonio Canizares Llovera, neoprefetto della congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti. Lo rende noto il sito 'www.messainlatino.it', solitamente ben informato sui lefebvriani e tutta la nebulosa dei tradizionalisti. Il sito annuncia anche una celebrazione con il vecchio rito prevista per il 25 marzo nella chiesa di San Francesco a Tarquinia, in provincia di Viterbo, presieduta dal presidente del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, Monsignor William Burke, vescovo noto in Usa per le sue posizioni anti-abortiste e ostili ai democratici 'pro choice'.

+PetaloNero+
00sabato 28 febbraio 2009 01:31
Reazioni alle critiche di Hans Küng al Papa


“Una critica amara non contribuisce all’unità della Chiesa”




CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 27 febbraio 2009 (ZENIT.org).- “Una critica fraterna è sempre possibile nella Chiesa, fin dai tempi di San Pietro e di San Paolo. Una critica amara, invece, tanto più se generica, non contribuisce all’unità della Chiesa”.

Lo ha affermato questo mercoledì il Cardinale Angelo Sodano, Decano del Collegio Cardinalizio, in alcune dichiarazioni diffuse dalla “Radio Vaticana”. Il porporato rispondeva all'intervista concessa dal teologo Hans Küng al quotidiano francese Le Monde, ripubblicata in Italia da La Stampa.

Nell'intervista, il teologo svizzero, docente a Tubinga sospeso dalla Santa Sede nel 1979 per le sue opinioni contrarie alla fede cattolica, ha criticato in particolare la decisione di Papa Benedetto XVI di rimettere la scomunica ai Vescovi “lefebvriani”.

Tra le altre cose, Küng ha criticato anche il mantenimento del celibato dei sacerdoti e della condanna della contraccezione, e ha affermato che questi atteggiamenti portano la Chiesa ad avere una posizione “minoritaria”.

Circa la remissione della scomunica, il Cardinal Sodano ha affermato che il Papa, “che lo Spirito Santo ha collocato a reggere la Santa Chiesa di Dio”, “tanto sta lavorando” per l'unità “in quest’ora importante della sua storia”.

Il porporato si è detto ferito leggendo l'intervista, e ha aggiunto che si tratta di affermazioni generiche e non provate, ricordando di essere testimone dell'impegno del Pontefice per fare della Chiesa una famiglia, la famiglia dei figli di Dio.

Allo stesso modo, si è detto stupito che un quotidiano ben al corrente del lavoro del Papa come La Stampa abbia voluto offrire pubblicità all'intervista in questione.

Dal canto suo, l'Arcivescovo di Torino, il Cardinale Severino Poletto, ha espresso “profondo dolore e disappunto” per l'intervista, che contiene “critiche ingiustificate nei confronti di Benedetto XVI”.

Ricordando che nel 2010 avverrà la prossima Ostensione della Sindone, ha osservato che l'intervista pubblicata dal quotidiano torinese “non è certo di aiuto nel predisporre gli animi al tanto desiderato incontro col Papa nella nostra città”.


“Auspico perciò che proprio il giornale più diffuso a Torino assuma un atteggiamento maggiormente attento nei confronti della Chiesa cattolica e in particolare della persona del Santo Padre”, ha affermato.

Secondo il Cardinale, “è da respingere la provocazione di chi, come il professor Küng, con la pretesa di essere lui a indicare al Papa le scelte che dovrebbe compiere per il bene della Chiesa, misconosce in modo pregiudiziale la generosa dedizione con cui Benedetto XVI svolge il suo servizio petrino in fedeltà alle Sacre Scritture e al Concilio, e con la volontà di riunire nell’unica Chiesa di Cristo tutti i credenti, anche i più lontani”.

La Conferenza Episcopale Piemontese ha unito la propria voce in un comunicato a quella del Cardinal Poletto “nell'esprimere amarezza e sconcerto per le ingiuste critiche” al Papa.

I Vescovi definiscono l'intervista “un attacco infondato che alimenta la disinformazione” perché “ignora la linea del Papa e della Santa Sede fermamente contraria ad ogni rigurgito di antisemitismo”.

“Ci meraviglia che un giornale di grande tradizione come La Stampa non sappia valutare per quello che sono certe posizioni, che vorrebbero presentarsi come aperte e innovatrici e che risultano invece sempre più ripetitive, provinciali e scontate”, aggiungono.
+PetaloNero+
00sabato 28 febbraio 2009 15:46
Presentato al Papa l'Annuario Pontificio 2009: cattolici in aumento nel mondo, soprattutto in Oceania e Africa. Vocazioni in calo in Europa


I cattolici aumentano nel mondo, in particolare in Oceania e Africa: lieve flessione invece in America. Sono i dati rilevati dall’Annuario Pontificio 2009, presentato questa mattina in Vaticano al Papa dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e dal sostituto, mons. Fernando Filoni. La redazione del nuovo Annuario è stata curata da mons. Vittorio Formenti, incaricato dell’Ufficio Centrale di Statistica della Chiesa, dal prof. Enrico Nenna e dai loro collaboratori. Il complesso lavoro di stampa è stato invece curato da don Pietro Migliasso, dal comm. Antonio Maggiotto e dal comm. Giuseppe Canesso, rispettivamente direttore generale, direttore commerciale e direttore tecnico della Tipografia Vaticana. Il volume sarà prossimamente in vendita nelle librerie. Il Papa ha mostrato vivo interesse per i dati illustrati e ha ringraziato per l’omaggio tutti coloro che hanno collaborato alla nuova edizione dell’Annuario. Il servizio di Sergio Centofanti.

I cattolici nel mondo (i dati si riferiscono al 2007) sono aumentati a un miliardo e 147 milioni circa (nel 2006 erano un miliardo e 131 milioni) seguendo sostanzialmente il ritmo dell’incremento demografico (1,1%), stabile dunque a livello di percentuale, attorno al 17,3%. Rilevante l’incremento dei fedeli battezzati in Oceania (+4,7%) e in Africa (+3,0%). Positivi i dati dell’Asia (+1,7%) e dell’Europa (+0,8%) mentre lievemente negativo quello dell’America (–0,1%) che tuttavia conta la metà dei cattolici di tutto il Pianeta.


I vescovi sono passati, dal 2006 al 2007, da 4.898 a 4.946. Il numero dei sacerdoti si mantiene sul trend di crescita moderata inaugurato nel 2000, dopo oltre un ventennio di performance piuttosto deludente. I sacerdoti, infatti, sono aumentati nel corso degli ultimi otto anni, passando dai circa 405 mila nel 2000 agli oltre 408 mila nel 2007.


I sacerdoti aumentano soprattutto in Africa e Asia (nel periodo 2000-2007, +27,6% e +21,2%); stabile la situazione in America, mentre Europa e Oceania registrano (nello stesso periodo) una forte diminuzione (-6,8% e -5,5%).


Il numero dei diaconi permanenti continua a mostrare una significativa dinamica evolutiva. Aumentano, al 2007, di oltre il 4,1%, rispetto al 2006, passando da 34.520 a 35.942. La consistenza dei diaconi migliora a ritmi sostenuti sia in Africa, Asia e Oceania, dove essi non raggiungono ancora il 2% del totale, sia in aree dove la loro presenza è quantitativamente più rilevante. In America ed in Europa, dove al 2007 risiede circa il 98% della popolazione complessiva, i diaconi sono aumentati, dal 2006 al 2007, del 4,0% .


Infine, a livello globale, il numero dei candidati al sacerdozio è aumentato dello 0,4% raggiungendo quasi quota 116 mila. Anche in questo caso, Africa e Asia hanno mostrato una sensibile crescita, mentre l’Europa e l’America hanno registrato una contrazione, rispettivamente, del 2,1 e dell’1 per cento.



www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=723&set...
+PetaloNero+
00sabato 28 febbraio 2009 15:46
Il Papa nomina l'arcivescovo Antonio Maria Vegliò presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti


Il Santo Padre ha accolto la rinuncia, presentata per raggiunti limiti d'età, dal cardinale Renato Raffaele Martino all'incarico di presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti ed ha chiamato a succedergli nel medesimo incarico mons. Antonio Maria Vegliò, finora segretario della Congregazione per le Chiese Orientali. Mons. Vegliò, nato 71 anni fa a Macerata Feltria, in provincia di Pesaro e Urbino, nelle Marche, è arcivescovo titolare di Eclano.

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+PetaloNero+
00sabato 28 febbraio 2009 15:47
Benedetto XVI invita a pregare affinché il ruolo delle donne sia sempre più valorizzato in ogni parte del mondo


“Perché il ruolo delle donne sia più apprezzato e valorizzato in ogni nazione del mondo”: è l’intenzione per il mese di marzo che Benedetto XVI ha affidato all’Apostolato della preghiera. Il Papa rinnova dunque l’invito ai fedeli a pregare per il rispetto della dignità della donna, tema al quale ha dedicato catechesi e riflessioni. Il servizio di Alessandro Gisotti:


L’uomo e la donna “uguali in dignità sono chiamati ad arricchirsi vicendevolmente in comunione e collaborazione” in famiglia come nelle altre dimensioni della società: Benedetto XVI lo sottolinea con forza il 15 novembre dell’anno scorso, parlando alla plenaria del Pontificio Consiglio dei Laici. Il Papa mette l’accento sul contributo delle donne nella diffusione del Vangelo:


“Alle donne cristiane si richiedono consapevolezza e coraggio per affrontare compiti esigenti, per i quali tuttavia non manca loro il sostegno di una spiccata propensione alla santità, di una speciale acutezza nel discernimento delle correnti culturali del nostro tempo, e della particolare passione nella cura dell’umano che le caratterizza. Mai si dirà abbastanza di quanto la Chiesa riconosca, apprezzi e valorizzi la partecipazione delle donne alla sua missione di servizio alla diffusione del Vangelo”.


Al ruolo delle donne “effettivo e prezioso” per lo sviluppo del cristianesimo, Benedetto XVI dedica una catechesi, nell’udienza generale del 14 febbraio 2007. E sottolinea che tale testimonianza “non può essere dimenticata”:


“La storia del Cristianesimo avrebbe avuto uno sviluppo ben diverso se non ci fosse stato il generoso apporto di molte donne. (...) La Chiesa ringrazia per tutte le manifestazioni del ‘genio’ femminile apparse nel corso della storia, in mezzo a tutti i popoli e nazioni”.


Già, un anno prima, nella visita alla parrocchia di Sant’Anna in Vaticano, il 5 febbraio 2006, Benedetto XVI aveva ringraziato le donne che si impegnano nella Chiesa:


“… sono anima della famiglia, anima della parrocchia… un grazie sentito a tutte le donne che animano questa parrocchia, alle donne che servono in tutte le dimensioni, che ci aiutano sempre di nuovo a conoscere la Parola di Dio non solo con l’intelletto, ma col cuore”.


La dignità della donna è stata poi al centro del discorso per il 20.mo della Lettera Apostolica di Papa Wojtyla “Mulieris Dignitatem”, il 9 febbraio scorso. Un intervento tutto incentrato sull’uguaglianza in dignità dell’uomo e della donna, sulla loro vocazione alla reciprocità e alla complementarietà. In quest’occasione, Benedetto XVI ha criticato con vigore la persistenza di “una mentalità maschilista” che ignora la novità del cristianesimo che “riconosce e proclama l’uguale dignità e responsabilità della donna rispetto all’uomo”:


“Ci sono luoghi e culture dove la donna viene discriminata o sottovalutata per il solo fatto di essere donna, dove si fa ricorso persino ad argomenti religiosi e a pressioni familiari, sociali e culturali per sostenere la disparità dei sessi, dove si consumano atti di violenza nei confronti della donna rendendola oggetto di maltrattamenti e di sfruttamento nella pubblicità e nell'industria del consumo e del divertimento”.


Dinanzi a “fenomeni così gravi e persistenti”, è stato il monito del Papa, è “ancor più urgente” l’impegno dei cristiani “perché diventino dovunque promotori di una cultura che riconosca alla donna, nel diritto e nella realtà dei fatti, la dignità che le compete”.


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+PetaloNero+
00sabato 28 febbraio 2009 15:47
Senza maschere: l’editoriale di padre Lombardi


La Quaresima è un tempo favorevole per scrutare la verità di ciò che siamo: diceva Pascal che “il mondo si divide in due categorie di persone: i giusti, che si credono peccatori, e i peccatori, che si credono giusti”. E in questo tempo forte la Chiesa ci propone un cammino di conversione - al di là delle apparenze – per riscoprire l’essenziale della vita: l’amore di Dio e del prossimo. Ascoltiamo in proposito la riflessione di padre Federico Lombardi per Octava Dies, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

Parlando ai parroci di Roma, il Papa ha detto che il compito del pastore di anime è speciale, perché gli uomini vengono a lui “senza maschere”, nella loro verità, senza essere nascosti o protetti dal ruolo che si riveste nella società. E ha insistito sul fatto che la fede può essere annunciata con efficacia agli uomini e alle donne di oggi se passa attraverso l’esperienza vissuta di chi la annuncia, e se viene annunciata nella sua semplicità essenziale, senza appesantirla troppo con considerazioni erudite.


La Quaresima va vissuta in questo spirito. Tempo per presentarsi a Dio senza maschere, per cercare di rimettere il rapporto con Lui al centro della vita di ognuno di noi e per semplificare i nostri comportamenti e le nostre parole riportandoli a ciò che è veramente importante. Nel Mercoledì delle Ceneri il Papa ha detto: “Gesù è nel fondo del nostro cuore. La relazione con Lui è presente anche se parliamo, agiamo secondo i nostri doveri professionali... Questa relazione a volta a volta diventa anche preghiera esplicita”. Nel Messaggio per la Quaresima ci ha ricordato il valore del digiuno, ci ha invitato a riscoprirne le forme adatte nella nostra vita quotidiana come esercizio di liberazione dell’attaccamento a noi stessi, per aprirci all’amore di Dio e alla carità solidale verso gli altri.


Un tempo, dunque, per ritrovare il giusto posto di Dio e l’attenzione agli altri con l’aiuto di semplici gesti concreti e quotidiani: preghiera, digiuno, elemosina. Un tempo per ritrovare così anche noi stessi e la nostra verità, senza maschere. Non perdiamo questa occasione!


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+PetaloNero+
00sabato 28 febbraio 2009 15:48
In Italia le suore rapite in Africa: "senza Dio non ce l'avremmo fatta"

Sono tornate a casa, finalmente, dopo 102 giorni di prigionia tra Kenya e Somalia, suor Maria Teresa Olivero e suor Caterina Giraudo, 67 e 61 anni, le missionarie del Movimento contemplativo di padre Charles Foucauld sequestrate la notte tra il 9 e il 10 novembre 2008. Ieri sera l’aereo che le riportava all’affetto dei loro cari e nella loro comunità, a Cuneo, è atterrato all’aeroporto torinese di Caselle intorno alle 22 e immediatamente le religiose sono state ascoltate per quattro ore dagli inquirenti. “È stata dura, tanto dura – hanno detto – senza l’aiuto del Signore non ce l’avremmo fatta”. Con gli investigatori hanno ripercorso i tragici momenti di quella lunga notte, raccontando in particolare quanto sia stato difficile per loro, missionarie in Africa da decenni, togliere dal collo il crocifisso di legno, “un simbolo che da quelle parti crea non pochi problemi”. Anche considerato il fatto che i presunti rapitori apparterrebbero a Sbabaab, braccio armato di al Qaeda. “Ringraziamo tutti coloro che in questi mesi hanno pregato per noi – hanno concluso le suore – abbiamo sentito la loro invisibile presenza”. Dopo il lungo interrogatorio, le religiose sono partite alla volta di Cuneo, dove domani festeggeranno il ritorno con la comunità e sarà celebrata una Messa dall’arcivescovo della città, Giuseppe Cavallotto. (R.B.)



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Paparatzifan
00sabato 28 febbraio 2009 16:44
Dal blog di Lella...

Papa/ Via Martino da Pontificio Migranti, arriva Veglio'

Scinde dicastero Giustizia e Pace da quello dei Migranti

Città del Vaticano, 28 feb. (Apcom)

Il Papa scinde il dicastero Giustizia e Pace e quello dei Migranti. Benedetto XVI, infatti, ha annunciato questa mattina che a guidare il Pontificio Consiglio per i Migranti sarà monsignor Antonio Maria Vegliò, finora segretario della Congregazione per le Chiese Orientali, al posto del cardinale Renato Raffaele Martino, che lascia per raggiunti limiti di età.
Il cardinale Martino rimane invece alla guida del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, almeno fino alla pubblicazione dell'Enciclica sociale, prevista entro l'estate.
Monsignor Agostino Marchetto rimane invece segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti. L'arcivescovo, protagonista recentemente di dure prese di posizioni sul tema della sicurezza e dell'immigrazione, resta il numero due del dicastero che si occupa di itineranti e migranti.
Il cardinale Martino era stato nominato presidente del dicastero dei Migranti nel 2006, quando Papa Benedetto XVI accolse la rinuncia del cardinale Stephen Fumio Hamao, che lasciò per raggiunti limiti di età. In questo senso, dunque, anche se i due dicasteri vivevano di vita proprio, facevano capo allo stesso presidente, Martino appunto. Ora il porporato rimane alla guida di 'Giustizia e Pace', incarico che gli affidò Giovanni Paolo II e per per il quale circola già una rosa di nomi come successori, tra i quali l'attuale arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin e l'arcivescovo di Accra, monsignor Charles Palmer-Buckle.


Paparatzifan
00sabato 28 febbraio 2009 16:56
Dal blog di Lella...

Benedetto XVI ai parroci di Roma

La fede personalizzata

L'incontro con i parroci di Roma conferma che Benedetto XVI è un Papa disarmato, umanissimo, per nulla arroccato come sbrigativamente si persiste talora a presentarlo.
All'appuntamento quaresimale con i suoi preti, il Papa parla a braccio, ossia improvvisa le risposte, si sottopone a una specie di esame utile per capire davvero dove batte il suo cuore, dove va la sua mente, senza schermi e filtri protettivi. Non ci sono mediazioni che possano far pensare a un pensiero addomesticato. Papa Benedetto si mostra in tutta sincerità anche negli incontri con i giovani o quando gli si chiede di rispondere a domande.
È stato così anche questa volta. Dal taccuino del cronista si ricava una scaletta dell'incontro che dipana uno scambio progressivo di riflessioni sulla fede nel nostro tempo all'interno di contesti di vita concreti.
"Non direi che qui parla un oracolo, al quale voi chiedete" mette subito in chiaro il Pontefice. Il vescovo di Roma non teme di rilevare "il limite" delle sue risposte, ma allo stesso tempo riesce a dimostrare la "semplicità della verità" cristiana rivestita con parole che la gente capisce. "Non viviamo sulla luna. Sono un uomo di questo tempo se io vivo sinceramente la mia fede nella cultura di oggi". Non predica, spiega, attento agli uomini di oggi. "Non posso dare ricette" per situazioni diverse, ma poi sul taccuino leggo che l'annuncio cristiano ha bisogno di parola e testimonianza. I cristiani vengono definiti dal Papa persone di "vita giusta", fermenti di giustizia. La fede si apprende poco per volta, facendo esperienza. Batte molto sulla conoscenza e l'esperienza personale di Dio rivelato in Gesù. Il sapere teologico non basta.
E poi il parlare di Dio viene inserito da Ratzinger all'interno della vita concreta, storica della gente. Oggi - egli osserva - è tempo di crisi economica, grave, causata da errori, avarizia ed egoismi. Occorre fare una denuncia ragionevole e ragionata della crisi. Senza superficialità. Serve competenza nell'analisi, ma anche conversione dei cuori: senza giusti la giustizia non si realizza. Occorre educare le persone alla giustizia. I preti devono insegnare la grande arte di come essere uomini e lo possono fare solo se sanno vivere il mistero racchiuso nella preghiera e nei sacramenti. Anche le pratiche devozionali, argomento su cui non di rado accadono dispute e perfino rotture tra i fedeli, trovano una puntualizzazione equilibrata: "Non sono cose necessarie, ma cresciute nella ricchezza della meditazione del mistero" cioè delle possibilità per avvicinarsi a Cristo, unica luce.
È una forza tranquilla Benedetto XVI, abituato a cogliere l'essenziale e a puntare sull'essenziale su cui convergere, lasciando ampi spazi di libertà. Nel medesimo tempo egli può sembrare paradossale: nelle sue parole troviamo toni e indicazioni che si percepiscono nel vero spessore solo se si esce dagli schemi. Joseph Ratzinger è sempre stato un teologo libero, difficilmente catalogabile negli schemi semplificati di progressismo e conservazione. Interessato e fedele a scrutare le convergenze tra fede e ragione considerate in profondità.
Si pensa di frequente che sia un Papa poco mediatico. Secondo certi parametri può essere. Eppure, mentre rifugge da toni polemici, sempre egli riesce a porre ai media grandi questioni da cui non si può prescindere. Costringe a guardarsi dentro, a investigare senza contentarsi delle apparenze.
Non ci sono categorie politiche nel suo pensare la Chiesa. Lo ha ripetuto da ultimo anche questa volta ai parroci parlando di Maria, la madre di Gesù, presentata come "donna dell'ascolto". La Chiesa pensata e proposta costantemente quale comunità di donne e uomini in ascolto attivo della Parola di Dio, Parola che trasforma il mondo.

c. d. c.

(©L'Osservatore Romano - 28 febbraio 2009)


Paparatzifan
00sabato 28 febbraio 2009 20:59
Dal blog di Lella...

Dal 1° al 7 marzo diciassette meditazioni

Iniziano il 1° marzo, prima domenica di Quaresima, nella cappella Redemptoris Mater in Vaticano, gli esercizi spirituali con la partecipazione di Benedetto XVI.
Le meditazioni sono proposte quest'anno dal cardinale Francis Arinze, prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, sul tema "Il sacerdote incontra Gesù e lo segue".
Gli esercizi hanno il seguente svolgimento: domenica 1° marzo, alle ore 18, esposizione eucaristica, celebrazione dei vespri, meditazione introduttiva, adorazione, benedizione eucaristica; nei giorni successivi, alle ore 9, celebrazione delle lodi, meditazione; alle ore 10.15, celebrazione dell'ora terza, meditazione; alle ore 17, meditazione; alle ore 17.45, celebrazione dei vespri, adorazione e benedizione eucaristica; sabato 7 marzo, alle ore 9, celebrazione delle lodi, meditazione conclusiva. Diciassette in tutto le meditazioni che saranno dettate dal cardinale Arinze a partire da alcuni passi della Sacra Scrittura. La prima riflessione di domenica sera inizierà proprio dall'esortazione ad "accettare l'invito di Gesù di seguirlo e restare con lui" e si riferirà, in particolare, alle espressioni evangeliche "Venite dietro a me" (Matteo, 4, 19; Marco, 1, 17), "Seguimi" (Luca, 5, 27; Giovanni 1, 43) e "Quel giorno rimasero con lui" (Giovanni, 1, 39). L'ultima meditazione, invece, proporrà sabato mattina una lettura escatologica del tema, con riferimenti a Qoelet, 3, 2 ("C'è un tempo per nascere e un tempo per morire"), a Ebrei, 13, 14 (Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura") e al Salmo 122, 1 ("Quale gioia, quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore").

Nella settimana degli esercizi spirituali vengono sospese tutte le udienze private e speciali, compresa l'udienza generale di mercoledì 4 marzo.

(©L'Osservatore Romano - 1 marzo 2009)


Paparatzifan
00sabato 28 febbraio 2009 21:07
Dal blog di Lella...

Il cardinale Arinze anticipa i temi degli esercizi spirituali che predicherà a Benedetto XVI e alla Curia romana

Se il prete non incontra e segue Gesù la sua vocazione non ha senso

di Nicola Gori

"Il sacerdote incontra Gesù e lo segue": è questo il tema degli esercizi spirituali per il Papa e la Curia romana che il cardinale Francis Arinze, prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, tiene nella cappella Redemptoris Mater dal 1° al 7 marzo. Un tema scelto per sottolineare che l'incontro e la sequela non rappresentano solo il centro del sacerdozio ma anche l'essenza di ogni autentica esperienza di fede. "Le riflessioni che offrirò a Benedetto XVI - spiega il porporato in questa intervista al nostro giornale alla vigilia dell'inizio degli esercizi - non sono esclusivamente sacerdotali ma valgono per tutti, perché il cristianesimo è l'incontro di ogni uomo con Gesù".

Perché ha scelto questo tema per gli esercizi spirituali del Papa?

Ho pensato che nell'incontrare e seguire Gesù possiamo vedere la sintesi di tutto il cristianesimo. Da una parte c'è Gesù che ci chiama. Dall'altra ci siamo noi con la nostra risposta: lo incontriamo, lo seguiamo e questo diventa un programma per tutta la vita. Così accadde per i primi apostoli: Gesù li vide e disse loro di seguirli. Nella sequela sono compresi l'ascolto, il suo insegnamento, i miracoli, la preghiera. Possiamo dire che gli apostoli hanno fatto tre anni di seminario maggiore e il rettore era il Figlio di Dio.

Però la chiamata di Gesù non vale soltanto per i preti.

Certo. Anche le riflessioni che offrirò al Papa non sono esclusivamente sacerdotali ma valgono per tutti, perché il cristianesimo è l'incontro di ogni uomo con Gesù. Ciascuno può applicarlo a se stesso secondo la propria vocazione e missione. E ciascuno può dare una risposta diversa. Tra i discepoli, c'è stato chi subito ha lasciato le reti e si è messo alla sua sequela. Ma c'è stato anche chi è rimasto attaccato alle cose materiali, ha chiesto tempo, ha voluto prima tornare dai suoi cari per congedarsi.

Da allora sono passati duemila anni. L'uomo di oggi può ancora incontrare Gesù?

Se vuole può incontrarlo. Sempre che riesca a superare due grandi ostacoli. Il primo è la superficialità, la distrazione. E il secondo è la paura. Ponzio Pilato rappresenta il paradigma di quelli che hanno paura di incontrare la verità. Gesù gli parla, ma lui ha paura. Gli dice: "Io vengo per dare testimonianza alla verità". E Pilato domanda "Cos'è la verità?". Ma la sua domanda non è quella di un filosofo che attende la risposta. Infatti se ne va senza ascoltare, senza aspettare. Senza rendersi conto che la verità sta proprio davanti a lui. Anche oggi tante persone mancano all'appuntamento con la verità, perché hanno paura di ciò che Gesù rappresenta e del suo messaggio. Non si rendono conto che la fede non è un intralcio all'esistenza, ma una promessa di vita e di verità che va oltre il contingente.

Quali sono i luoghi in cui può avvenire questo incontro?

Uno dei luoghi fondamentali - non fisico ma spirituale - è la preghiera. La preghiera è lasciare posto a Dio. È fare silenzio non solo esternamente, ma soprattutto internamente. È ascoltare. Nelle meditazioni che proporrò al Papa parlerò in particolare di questo, ricordando le lunghe ore di preghiera che Gesù trascorreva da solo e sottolineando che gli stessi discepoli gli hanno chiesto: "Signore, insegnaci a pregare".
Un altro luogo di incontro è la Scrittura: Gesù è la Parola di Dio che diventa uomo. La Scrittura è Parola di Dio scritta. Quando leggiamo la Bibbia e quando la proclamiamo durante la liturgia, è Dio che parla. Il Vangelo non è un libro polveroso del passato. È la voce di Dio oggi.
Un terzo luogo è la Chiesa, corpo mistico di Cristo. Egli stesso ne ha scelto i primi pilastri, ha dato la garanzia di essere sempre con lei e ha promesso lo Spirito Santo. Nelle meditazioni sottolineerò proprio questa dimensione: la Chiesa è il corpo di Cristo che ne è il capo. E come tale si ritrova nella liturgia, dove incontra realmente e sostanzialmente Gesù attraverso la comunione eucaristica. E si riconosce nella carità, soprattutto verso gli ammalati, gli anziani, i rifugiati, i poveri. Gesù può parlarci in tutte queste situazioni. Paolo VI ha detto che la Chiesa guarda al volto di ogni persona che soffre e vede Gesù. Non attendiamo che Gesù ci appaia, perché ce lo abbiamo già vicino.

Se per il cristiano incontrare Gesù vuol dire seguirlo, che cosa succede quando questo atteggiamento di sequela manca da parte del sacerdote?

È Gesù che dà senso alla vita del prete. Senza di Lui il sacerdote non si comprende, non ha più senso. Direi che la sua vocazione diventa come una farsa. In nome di chi, infatti, celebra, predica, agisce? San Paolo ha detto: per me vivere è Cristo. Il sacerdote è ambasciatore di Cristo. Perciò se è necessario per ogni cristiano seguire Gesù, a maggior ragione lo è per il sacerdote. La sua testimonianza è sotto gli occhi di tutti, soprattutto di chi non crede. Certo, è possibile che ci siano mancanze anche nei sacerdoti. Non tutti i preti sono stati e sono santi. Lo stesso Vangelo non nasconde debolezze e cadute dei discepoli di Cristo. C'è stato chi ha chiesto a Gesù di incendiare una città di Samaria o chi si è attribuito il diritto di essere il primo fra tutti. E poi c'è Giuda iscariota, che è stato con Gesù ma non lo ha amato. Ha indurito il suo cuore, lo ha chiuso all'amore. Questo dimostra che il cuore umano può venir meno, che la libertà dataci da Dio può essere usata male. Nella storia della Chiesa questo purtroppo è successo altre volte.

La dimensione penitenziale della quaresima può aiutare il sacerdote a rinnovare l'esperienza dell'incontro con Cristo?

Sì, a cominciare dal gesto di ricevere le ceneri, che vuol dire accettare di essere peccatori. La Chiesa chiede di pregare molto durante la quaresima non solo in segno di adorazione a Dio ma anche di pentimento per i peccati commessi. E non basta ricevere il perdono da Dio, bisogna anche riconoscere che abbiamo offeso l'amore di Dio. E poi c'è il digiuno, al quale il Papa ha dedicato il suo messaggio quaresimale. È un gesto oggi poco considerato, ma che va inteso nel giusto significato. Il suo senso autentico è fare a meno di qualche cosa che piace e condividere i beni con i poveri. La solidarietà con chi soffre è anche un modo di mostrare l'autenticità della nostra celebrazione eucaristica. Alla fine della messa il sacerdote ci dice: andate e vivete ciò che è stato celebrato, ascoltato, meditato e pregato. Aiutare chi è anziano, solo, carcerato, disabile, è un modo di vivere l'Eucaristia. Benedetto XVI lo dice chiaramente nella Deus caritas est: l'Eucaristia che non si traduce in opere di carità è frammentata, incompleta.

Ma è ancora attuale il richiamo alla sobrietà che il Papa ha rilanciato nel messaggio di quest'anno?

Digiunare è accettare che siamo peccatori. È fare a meno di qualcosa. È anche uno strumento di "allenamento" spirituale, simile a quello che praticano gli atleti per riuscire in una disciplina sportiva. C'è poi la dimensione più dinamica, che è appunto quella di aiutare i poveri. Spendere meno e aiutare i fratelli che hanno meno: è lo stile di vita raccomandato dal Papa anche nel messaggio per la Giornata mondiale della pace di quest'anno. Lo spirito cristiano deve andare nella direzione opposta rispetto al consumismo senza freni. Avere le credenze e gli armadi pieni - colmi di cose che spesso non ci servono o che usiamo appena qualche volta - è un'offesa ai poveri.

Cosa significa per lei predicare gli esercizi spirituali a Benedetto XVI?

Non è una cosa da poco. Si può immaginare i sentimenti di chi riceve questo invito. Posso dire che non me lo attendevo, ma proprio per questo è un impegno che prendo molto sul serio. Mi sono detto: il Papa poteva trovare un bravo teologo, come mai si è rivolto a me? Ma poi ho pensato: è lui che lo chiede, allora questa è la volontà di Dio. Perché non avere la semplicità di condividere quel poco che ho? È con questo spirito che ho accolto l'invito.

(©L'Osservatore Romano - 1 marzo 2009
)

+PetaloNero+
00domenica 1 marzo 2009 16:05
All'Angelus appello del Papa per i lavoratori colpiti dalla crisi: a loro e alle famiglie va data la priorità. Poi l'invito a rompere con il peccato e lottare contro le tentazioni


Il Papa all’Angelus lancia un appello in favore degli operai della Fiat di Pomigliano d’Arco, presenti in Piazza San Pietro, e di tutti i lavoratori colpiti dall’attuale crisi economica. Quindi, ricordando il Vangelo della prima Domenica di Quaresima - che ci presenta Gesù nel deserto tentato da satana e servito dagli angeli - ha esortato a rompere con il peccato e lottare contro le tentazioni invocando l’aiuto degli angeli. Il servizio di Sergio Centofanti.

Il pensiero del Papa va ai lavoratori dello stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco, presenti in Piazza San Pietro per « manifestare la loro preoccupazione per il futuro di quella fabbrica e delle migliaia di persone che, direttamente o indirettamente, dipendono da essa per il loro lavoro ». E ricorda anche altre situazioni "ugualmente difficili, come quelle che stanno affliggendo i territori del Sulcis-Iglesiente, in Sardegna, di Prato in Toscana e di altri centri in Italia e altrove":


"Mi associo ai vescovi e alle rispettive Chiese locali nell’esprimere vicinanza alle famiglie interessate dal problema, e le affido nella preghiera alla protezione di Maria Santissima e di San Giuseppe, patrono dei lavoratori. Desidero esprimere il mio incoraggiamento alle autorità sia politiche che civili, come anche agli imprenditori, affinché con il concorso di tutti si possa far fronte a questo delicato momento. C’è bisogno, infatti, di comune e forte impegno, ricordando che la priorità va data ai lavoratori e alle loro famiglie". (applausi)


Ricordando poi il Vangelo della prima domenica di Quaresima, che ci presenta Gesù nel deserto, il Papa invita a riscoprire il senso del digiuno che “ci aiuta a un maggior dominio di noi stessi, a combattere il peccato, ad amare più il prossimo, e in definitiva a compiere con più prontezza la volontà di Dio”. L’esortazione di Benedetto XVI è a "rompere con il peccato", e a “cambiare radicalmente vita” lottando contro tutte le tentazioni. Quindi si sofferma sul significato della permanenza di Gesù nel deserto, tentato da satana:


“Nel deserto, luogo della prova, come mostra l’esperienza del popolo d’Israele, appare con viva drammaticità la realtà della kenosi, dello svuotamento di Cristo, che si è spogliato della forma di Dio (cfr Fil 2,6-7). Lui, che non ha peccato e non può peccare, si sottomette alla prova e perciò può compatire la nostra infermità (cfr Eb 4,15). Si lascia tentare da Satana, l’avversario, che fin dal principio si è opposto al disegno salvifico di Dio in favore degli uomini”.


Nel deserto Gesù è servito dagli angeli “figure luminose e misteriose”. “La presenza rassicurante dell’angelo del Signore - ricorda il Papa - accompagna il popolo d’Israele in tutte le sue vicende buone e cattive”:


“Cari fratelli e sorelle, toglieremmo una parte notevole del Vangelo, se lasciassimo da parte questi esseri inviati da Dio, i quali annunciano la sua presenza fra di noi e ne sono un segno. Invochiamoli spesso, perché ci sostengano nell’impegno di seguire Gesù fino a identificarci con Lui. Domandiamo loro, in particolare quest’oggi, di vegliare su di me e sui collaboratori della Curia Romana che questo pomeriggio, come ogni anno, inizieremo la settimana di Esercizi spirituali. Maria, Regina degli Angeli, prega per noi!”.




www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=724&sett...
+PetaloNero+
00domenica 1 marzo 2009 16:06
Esercizi spirituali di Quaresima in Vaticano: intervista con il cardinale Arinze


Come abbiamo già sentito dal Papa, inizierà oggi alle 18, con la celebrazione dei Vespri nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico, la tradizionale settimana di esercizi spirituali della Quaresima in Vaticano. A tenere le meditazioni al Papa e alla Curia Vaticana sarà quest’anno il cardinale Francis Arinze, prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, sul tema “Il sacerdote incontra Gesù e lo segue”. Durante la settimana di esercizi, che si concluderà sabato prossimo con l’ultima meditazione, saranno sospese come di consueto tutte le udienze pontificie, compresa quella generale di mercoledì prossimo. Sul contenuto delle riflessioni, Alessandro De Carolis ha sentito l’autore, il cardinale Arinze:

R. - Tutta la vita cristiana si può considerare come un sentire la chiamata di Gesù a seguirlo. E siccome la maggioranza di quelli che parteciperanno agli esercizi con il Santo Padre sono sacerdoti - presbiteri, vescovi, cardinali - ho pensato a questo titolo. E’ un titolo programmatico: il primo giorno, il sacerdote segue Gesù per incontrare Dio, che deve avere il primo posto nella nostra vita. Il secondo giorno, il sacerdote crede in Gesù nell’Eucaristia, nella Sacra Scrittura. Il terzo giorno, crede in Gesù nella Chiesa, lo incontra nella Chiesa e nelle altre persone che ne fanno parte, come pure nell’opera missionaria. Il quarto giorno, il sacerdote incontra Gesù nella preghiera: personale, comunitaria, nella liturgia. E poi, l’ultimo giorno, incontra Gesù che ha pietà per il popolo che è ammalato, che ha fame di verità.


D. - Non si insiste mai troppo su questo punto, sulla sequela di Cristo…


R. - Certamente, non smettiamo mai di insistere. Le mie riflessioni non saranno profonde come quelle del Santo Padre, ma vi sarà sempre quello sforzo di riflettere sul seguire Gesù: non solo incontrarlo, ma seguirlo, ogni giorno. E’ impegnativo, certo. Gesù non ci promette una gita, ma ci promette una vita che ha un senso. Non stiamo battendo l’aria: noi conosciamo Gesù, che seguiamo, e così, guardando indietro, non ci sentiamo di aver perso il nostro tempo o la nostra vita, ma possiamo essere rinnovati ogni giorno e non finiremo mai di seguirlo.


D. - Le sue meditazioni, eminenza, saranno essenzialmente spirituali o saranno anche accompagnate da esempi di vita sacerdotale concreta, vissuta?


R. - Sì: ci saranno alcuni esempi. Io sono stato sacerdote e vescovo in Nigeria per 25 anni, e altri 25 anni nella Curia Romana. Ci sarà qualche esperienza da condividere: più si condividono le esperienze vissute, più autentica è la testimonianza. Certo, l’esperienza di una persona non sarà esattamente uguale a quella di un’altra, ma la grazia di Dio può aiutarci. Alla fine, è lo Spirito Santo che illumina i cuori nei modi che sa Lui. Il risultato dipende dalla risposta della singola persona, che è diversa.


D. - Lei è stato per tanti anni diretto collaboratore di due Papi, e molte volte ha vissuto gli esercizi spirituali della Quaresima. Che cosa rappresenta per gli uomini della Curia Romana questa pausa dalle loro numerose responsabilità?


R. - La risposta, in senso generale, è uguale per tutti. Tutta la nostra vita deve essere per Dio. Però, essendo noi persone umane, siamo soggetti a distrazioni. Allora è bene, e la storia della Chiesa lo dimostra, che di quando in quando dedichiamo un tempo speciale a Dio, anche se tutta la nostra vita è per Dio. Non abbiamo la capacità di concentrarci tanto, sempre. E allora, ecco sei giorni di concentrazione, nei quali noi non ci preoccuperemo dei doveri di ogni giorno ma, con Gesù al centro, davanti a lui - ascoltando, meditando, pregando, cantando - cerchiamo di capire meglio ciò che Egli vuole. Come potremmo svolgere meglio tutti i nostri, pur importantissimi, doveri quotidiani.


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+PetaloNero+
00domenica 1 marzo 2009 16:06
A Bari la cerimonia di consegna al Patriarcato di Mosca della chiesa russa di San Nicola


Si svolge nel pomeriggio di oggi a Bari la cerimonia di consegna al Patriarcato di Mosca della Chiesa russa di San Nicola. Presenti all’evento, il capo di Stato italiano Giorgio Napolitano, e quello russo Medvedev. In rappresentanza di Benedetto XVI, ci sarà il cardinale Salvatore De Giorgi, arcivescovo emerito di Palermo, mentre per il Patriarcato di Mosca interverrà il vescovo Mark. Ma quale valore ha questo evento? Isabella Piro lo ha chiesto all’arcivescovo di Bari-Bitonto, mons. Francesco Cacucci:

R. – E’ un segno ulteriore, di una cordiale vicinanza da parte del Patriarcato ortodosso-russo a Bari, perché i pellegrini russi sono costantemente presenti presso la tomba di San Nicola; anche i metropoliti russi sono di casa, qui a Bari, a San Nicola. Devo ricordare che l’attuale Patriarca Kirill è venuto più volte qui a Bari, ed anche io l’ho visitato a Mosca; esiste cioè, con lui, un rapporto di amicizia.


D. – Ecco, è sicuramente una cerimonia dal forte carattere ecumenico; a che punto si è, secondo Lei, su questo cammino?


R. – Dei passi in avanti si sono fatti. C’è un atteggiamento di grande rispetto da parte del Patriarcato di Mosca nei confronti di Benedetto XVI; contemporaneamente, bisogna dire che un clima di maggiore comprensione e di preoccupazione reciproca di fronte ai fenomeni culturali di radicalismo nell’ambito della cultura occidentale, credo che sia anche un motivo per poter accelerare il cammino verso una comunione più piena.


D. – Questa cerimonia, lo ricordiamo, si sarebbe dovuta svolgere a dicembre; è stata poi rinviata per la scomparsa del Patriarca Alessio II. Cosa è cambiato, nel frattempo?


R. – E’ cambiata soltanto la data, perché il clima di fraternità, di attesa, di desiderio di comunione è lo stesso. Naturalmente, in quella circostanza, il dolore per la morte del Patriarca Alessio II ha coinvolto anche la città di Bari, tant’è che è stato indetto il lutto cittadino, e questo è stato molto apprezzato dal Patriarcato di Mosca.


D. – Durante la cerimonia, verranno letti due messaggi: uno da parte di Benedetto XVI e uno da parte del nuovo Patriarca di Mosca, Kirill. Cosa ci si aspetta da questi documenti?


R. – Due messaggi di cordialità reciproca e di desiderio di camminare ancora più strettamente insieme.


D. – San Nicola cosa rappresenta per i baresi e cosa rappresenta per i russi?


R. – San Nicola e Bari sono una sola cosa; questo denota non solo una devozione, nei confronti di questo santo, ma il respiro che Bari vive sempre, guardando ad Oriente. Cioè, la devozione verso San Nicola ha un’universalità che, per gli ortodossi, non ha pari, dopo la Vergine Santissima.


D. – Eccellenza, la Chiesa di San Nicola era stata fondata nel 1913, per raccogliere i pellegrini russi; quali sono stati, poi, i passaggi successivi della sua storia?


R. – I passaggi successivi sono stati riferiti alla vendita di questa Chiesa al comune di Bari, a motivo anche di situazioni storiche legate alla caduta dello zar. E’ chiaro che, anche durante il regime comunista russo, non è stato possibile avere dei rapporti con le autorità religiose russe. Quando, con l’avvento di Alessio II, si è creato un clima nuovo, allora è venuto un sacerdote, rappresentante del Patriarcato di Mosca, ed ha creato le condizioni perché ci fosse la proposta e l’offerta – da parte del governo italiano – della Chiesa russa. Il governo italiano, naturalmente, la acquisisce - con una permuta - dal comune di Bari, la consegna al governo russo che, a sua volta, la offre al Patriarcato di Mosca.


D. – In conclusione, lei cosa si auspica che emerga da questo gesto così significativo?


R. – Un amore ancora più grande per l’ecumenismo, un desiderio di comunione ancora più grande, che mi auguro possa avere segni ulteriori qui a Bari.


www.radiovaticana.org
Paparatzifan
00domenica 1 marzo 2009 19:22
Dal blog di Lella...
AVVOLTO DAL NOSTRO AMORE

MA IL PAPA NON È MAI SOLO PROPRIO MAI

CESARE CAVALLERI

Leggo qua e là: «Il Papa è solo», «Il Pa pa è stato lasciato solo». Ascolto an che volenterose esortazioni: «Non la sciamo solo il Papa!».
Il Papa è solo? O gni giorno, in tutto il mondo, vengono celebrate centinaia di migliaia di Mes se a cui partecipano milioni di fedeli, nelle quali il Sommo Pontefice è evo cato, nominativamente, nel momento culminante: «Ricordati, Padre, della tua Chiesa diffusa su tutta la terra: rendila perfetta nell’amore in unione con il no stro Papa Benedetto...».
Che solitudine è mai questa? Quale al tra persona al mondo è quotidiana mente affidata per nome al Signore da un così grande numero di persone?
Certo, della Chiesa bisogna avere una visione realistica, cioè teologica. La Chiesa non è soltanto il 'popolo di Dio', ma innanzitutto (san Paolo dixit) è il Corpo mistico di Cristo. E il Papa, che di Cristo è il vicario, lo rappresenta sul la terra.
Il Papa non è mai solo. Noi a miamo il Papa, e il Papa è avvolto, pro tetto, dal nostro amore.
Alcuni 'vaticanisti' (che al più fre quentano i corridoi degli uffici vatica ni, ma non s’intendono di Chiesa), so prattutto a proposito della recente re missione della scomunica ai vescovi lefebvriani hanno sfoderato ipotesi com plottistiche e illazioni di isolamento. La smentita viene dalla serena fermezza del magistero di Benedetto XVI.
All’An gelus di domenica scorsa, in cui ricor reva anche la festa della Cattedra di san Pietro, il Papa chiedeva: vi chiedo «di accompagnarmi con le vostre preghie re, perché possa compiere fedelmente l’alto compito che la Provvidenza divi na mi ha affidato quale successore del­l’apostolo Pietro».
Sì, dobbiamo pregare per il Papa, e pre gare con maggiore insistenza e fervore, perché il Papa è ben consapevole del proprio ruolo: «La Cattedra di Pietro simboleggia l’autorità del vescovo di Roma, chiamato a svolgere un peculia re servizio nei confronti dell’intero po polo di Dio».
È in questa ampia pro spettiva che dobbiamo sempre pensa re il Papa che non è mai solo in quanto egli è e si sente servitore e interprete «dell’ intero popolo di Dio». E accanto a sé il Papa avverte la presenza di Ma ria, invocata domenica scorsa «con il bel titolo di Madonna della Fiducia».
Il Papa ha una straordinaria confidenza con Maria. Non ho mai dimenticato che la prima volta in cui Benedetto XVI si af facciò alla finestra del Palazzo aposto lico, il 1° maggio 2005, non recitò, ma cantò l’antifona Regina Caeli. Era Papa da soli dodici giorni, aveva 78 anni, ed è stato bellissimo ascoltarlo innalzare, con la sua voce intonata, una serenata alla Madonna.
E c’è un altro aspetto, nel magistero di Benedetto XVI, che non finisce di sor prendere. È la sua straordinaria sinto nia con la sensibilità del nostro tempo. Quando parla ai giovani, sa mettersi al loro livello. Durante la scorsa Giornata mondiale della Gioventù, a Sidney, ha detto: «Per le persone della vostra età, comunque, ogni volo è una prospetti va eccitante. Ma per me, questo volo è stato in qualche misura causa di ap prensione.
E tuttavia la vista del nostro pianeta dall’alto è stata davvero magnifica. Ma vi è di più, qualcosa di dif ficile percezione dall’alto dei cieli: uo mini e donne creati niente di meno che ad immagine e somiglianza di Dio (cfr Gn 1,26). Al cuore della meraviglia del la creazione ci siamo voi ed io, la fami glia umana 'coronata di gloria e di o nore' (cfr Sal 8,6)».
È sempre così, nei discorsi di Benedet to XVI. Fino ai recentissimi interventi sulle cause morali profonde della crisi economica, anche con suggerimenti concreti.
Qual è il segreto di tanto illu minata pertinenza? Il segreto della san tità. Chi è in intimità con Dio, trova im mediatamente la sintonia con gli uo mini e con le donne di ogni latitudine e di ogni età. Per questo il Papa non è un solitario, mai.

© Copyright Avvenire, 1° marzo 2009


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+PetaloNero+
00lunedì 2 marzo 2009 00:59
Da Petrus

Ecumenismo, restituita agli ortodossi la Chiesa di San Nicola a Bari. Presenti Napolitano e Medvedev. Il messaggio del Pontefice: “Nostalgia per l’unità dei cristiani”



CITTA’ DEL VATICANO - Una chiave che apre sempre piu' al dialogo: e' quella della Chiesa di San Nicola consegnata a Bari dal presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, al capo di Stato della Russia, Dmitrji Medvedev. D’ora in poi, in nome del culto di questo Santo, il Santo di Myra, Patrono dei baresi e 'protettore di tutte le Russie', quella chiave aprira' forse una porta 'politica', favorendo di piu' il dialogo tra la Chiesa cattolica e quella Ortodossa. E' questo il significato profondo della cerimonia che si e' svolta nella Chiesa Russa: il tempio religioso ortodosso e' stato restituito a Medvedev, che donera’ la chiave al Patriarcato di Mosca. La consegna della Chiesa e' avvenuta alla presenza del legato pontificio, il Cardinale Salvatore De Giorgi, del numero tre del Patriarcato, il vescovo di Egorievsk, Mark, del ministro degli esteri italiano, Franco Frattini, e del viceministro russo, Aleksander Grushko. Presenti anche.Massimo D'Alema, che come ministro degli Esteri era a Bari il 14 marzo 2007 al vertice italo-russo nel quale fu dato l'annuncio della consegna della Chiesa alla Federazione russa, e Simone di Cagno Abbrescia (Pdl), che era sindaco di Bari quando nel 1998 il comune e il Patriarcato Ortodosso siglarono un'intesa in base alla quale nella Chiesa poteva risiedere un sacerdote russo. Accompagnati dal sindaco di Bari, Michele Emiliano, dal presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, e da autorita' religiose delle Chiese cattolica e ortodossa, i due capi di Stato hanno sottolineato l'importanza storica del momento. Una Chiesa che viene restituita diventa, secondo Napolitano, ''il simbolo di un impegno comune a rafforzare la cultura della pace, della comprensione''. E anche per Frattini non ci sono dubbi: ''San Nicola e' un Santo che unisce perche' incarna il rapporto tra Oriente ed Occidente, mondo musulmano, ortodosso e cattolico''. Un evento storico, dunque, suggellato dalle chiare parole del Papa lette dal Cardinal De Giorgi: ''Questa bella Chiesa risveglia in noi - dice Papa Benedetto XVI - la nostalgia per la piena unita' e tiene vivo in noi l'impegno a lavorare per l'unione tra tutti i discepoli di Cristo''. E dalla Puglia, regione segnata profondamente dalla presenza del mondo orientale, Benedetto XVI auspica con il suo messaggio che anche la cerimonia di questa Domenica ''contribuisca a far si' che Bari continui ad essere, come ebbe a dire Papa Giovanni Paolo II, di venerata memoria, un 'ponte naturale verso l'Oriente', offrendo il suo prezioso contributo al cammino verso la piena comunione tra i Cristiani''. Quello compiuto e', quindi, ''un passo giusto'', come lo ha definito il Patriarca ortodosso Kirill nel messaggio letto dal vescovo Mark. Il Patriarca ha espresso gratitudine alla Chiesa cattolica e ai domenicani che custodiscono attualmente le reliquie del Santo, ''il 'nostro' Santo amato'', ha detto Kirill. La Chiesa Russa di San Nicola, dal 1937 di proprieta' del Comune di Bari, venne realizzata agli inizi del secolo scorso per ospitare i pellegrini che, soprattutto durante i viaggi verso la Terra Santa, facevano tappa a Bari, punto di incontro tra l'Oriente e l'Occidente, per venerare le reliquie del Santo. Cosi' come hanno fatto, al termine della cerimonia, i due capi di Stato. Raggiunta la Basilica di San Nicola, nella citta' vecchia di Bari, Napolitano e Medvedev, accompagnati dalle mogli, sono scesi nella cripta dove sono custodite le reliquie e proprio come un pellegrino il presidente russo si e' voluto inginocchiare dinanzi all'altare per pregare.


+PetaloNero+
00lunedì 2 marzo 2009 01:01
Iniziati in Vaticano gli esercizi spirituali di Quaresima


Parla il Cardinale Francis Arinze, autore delle meditazioni





CITTA' DEL VATICANO, domenica, 1° marzo 2009 (ZENIT.org).- Questa domenica sera, è iniziata con la celebrazione dei Vespri nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico la tradizionale settimana di esercizi spirituali della Quaresima in Vaticano.

A tenere le meditazioni al Papa e alla Curia romana sarà quest’anno il Cardinale Francis Arinze, Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.

Durante la settimana di esercizi, che si concluderà sabato prossimo con l’ultima meditazione, saranno sospese come di consueto tutte le udienze pontificie, compresa quella generale di mercoledì prossimo.

Il tema delle meditazioni è "Il sacerdote incontra Gesù e lo segue".

“E’ un titolo programmatico – ha detto alla Radio Vaticana il Cardinale Arinze –: il primo giorno, il sacerdote segue Gesù per incontrare Dio, che deve avere il primo posto nella nostra vita. Il secondo giorno, il sacerdote crede in Gesù nell’Eucaristia, nella Sacra Scrittura”.

“Il terzo giorno – ha continuato –, crede in Gesù nella Chiesa, lo incontra nella Chiesa e nelle altre persone che ne fanno parte, come pure nell’opera missionaria. Il quarto giorno, il sacerdote incontra Gesù nella preghiera: personale, comunitaria, nella liturgia. E poi, l’ultimo giorno, incontra Gesù che ha pietà per il popolo che è ammalato, che ha fame di verità”.

Seguire Gesù ogni giorno “è impegnativo, certo. Gesù non ci promette una gita, ma ci promette una vita che ha un senso”, ha detto detto il porporato che recentemente ha pubblicato sull'argomento un volume dal titolo "Riflessioni sul sacerdozio, lettera a un giovane sacerdote" (Libreria Editrice Vaticana, pagine 138, euro 12).

“Non stiamo battendo l’aria – ha proseguito – : noi conosciamo Gesù, che seguiamo, e così, guardando indietro, non ci sentiamo di aver perso il nostro tempo o la nostra vita, ma possiamo essere rinnovati ogni giorno e non finiremo mai di seguirlo”.

Il Cardinale Arinze, che è stato sacerdote e vescovo in Nigeria per 25 anni e che ha lavorato per altri 25 anni nella Curia Romana, ha rivelato di voler attingere alle sue esperienze personali: “più si condividono le esperienze vissute, più autentica è la testimonianza”.


“Non abbiamo la capacità di concentrarci tanto, sempre. E allora, ecco sei giorni di concentrazione, nei quali noi non ci preoccuperemo dei doveri di ogni giorno ma, con Gesù al centro, davanti a lui - ascoltando, meditando, pregando, cantando - cerchiamo di capire meglio ciò che Egli vuole”, ha quindi concluso.


+PetaloNero+
00lunedì 2 marzo 2009 01:01
Il Papa: i lavoratori e le loro famiglie, innanzitutto


Solidarietà di Benedetto XVI con gli operai della Fiat di Pomigliano D'Arco





CITTA' DEL VATICANO, domenica, 1° marzo 2009 (ZENIT.org).- Di fronte alla crisi economica che rischia di travolgere l'Italia con disoccupazione e chiusure di aziende, Benedetto XVI ha lanciato questa domenica un appello a tutelare come priorità i lavoratori e le loro famiglie.

Al termine dell'Angelus in piazza San Pietro, il Papa ha rivolto un saluto particolare a un gruppo di operai e impiegati dello stabilimento Fiat di Pomigliano D'Arco, la cittadina industriale alle porte di Napoli, venuti a manifestare la loro preoccupazione per il futuro della fabbrica e delle migliaia di persone che da essa dipendono.

Accennando poi a situazioni simili che interessanto anche i territori del Sulcis-Iglesiente, in Sardegna, di Prato in Toscana e di altri centri in Italia, il Papa ha detto di unirsi ai Vescovi e alle rispettive Chiese locali nell’esprimere “vicinanza alle famiglie interessate dal problema”.

“Desidero esprimere il mio incoraggiamento alle autorità sia politiche che civili, come anche agli imprenditori, affinché con il concorso di tutti si possa far fronte a questo delicato momento – ha poi aggiunto –. C’è bisogno, infatti, di comune e forte impegno, ricordando che la priorità va data ai lavoratori e alle loro famiglie.

In una intervista al quotidiano “Il Mattino”, mons. Beniamino Depalma, Vescovo di Nola e Pomigliano d'Arco (Na), che il 27 febbraio ha partecipato alla manifestazione degli operai di Pomigliano preoccupati per il rinnovo della cassa integrazione ha detto: "Non facciano pagare agli operai i costi della crisi".

Il lavoro, ha spiegato il Vescovo, “vuol dire dignità. Senza lavoro, per le famiglie non c'è ombra di futuro”. E se lo stabilimento “Gian Battista Vico” dovesse chiudere, “si aprirebbe un capitolo terribile. Nell'area campana. Anzi, in tutto il Sud”.

“Mi reco spesso nelle mense Caritas – ha raccontato il Vescovo di Nola – e da mesi vedo persone che prima non erano mai venute a mangiare da noi. Uomini, donne e giovani. Facce nuove: tristi addolorate. Sto conoscendo i nuovi poveri, le famiglie che per colpa della crisi davvero non arrivano alla terza settimana del mese”.

Intervistato dalla Radio Vaticana, don Peppino Gambardella, parroco di San Felice in Pincis, a Pomigliano d'Arco, ha detto che nello stabilimento “si producono due grosse macchine per le quali non sono previsti incentivi, per cui la macchina non viene acquistata, a causa della crisi generale, e lo stabilimento praticamente è fermo. Sono circa 5.500 operai in cassa integrazione, senza contare l'indotto, composto da altre 9 mila persone”.


Da settembre sono state solo cinque le settimane di lavoro, per questi operai e “si prevede che fino ad aprile non lavoreranno. Ma il problema più serio è che viene messo in gioco il futuro industriale di questa città!”.

“Noi, come comunità parrocchiale, abbiamo fatto nostro questo problema, abbiamo istituito un consiglio pastorale particolare – ha aggiunto il sacerdote – chiamando un sindacalista a spiegarci bene i termini della questione, e poi abbiamo tenuto un'assemblea parrocchiale - molto frequentata - con tutte le sigle sindacali”.

“Sentiamo che come credenti dobbiamo esprimere questo nostro impegno a favore dei lavoratori”, ha sottolineato.


Paparatzifan
00lunedì 2 marzo 2009 16:26
Dal blog di Lella...

Il sacerdote aveva firmato la rinuncia dopo le contestazioni suscitate dalla sua nomina a vescovo

Aveva tacciato di "satanismo" i libri di Harry Potter e affermato che Katrina era una punizione divina

Papa dispensa monsignor Wagner parroco austriaco ultraconservatore

CITTÀ DEL VATICANO

Benedetto XVI ha dispensato monsignor Gerhard Wagner, contestato parroco austriaco ultraconservatore, "dall'accettare l'ufficio di vescovo ausiliare di Linz, in Austria". La dispensa papale chiude una vicenda iniziata il 31 gennaio scorso, con la nomina da parte del Papa a nuovo ausiliare della diocesi di Linz del sacerdote ultraconservatore, salito alla ribalta delle cronache anni addietro per aver tacciato di "satanismo" i libri di Harry Potter e affermato che l'uragano Katrina era stato una sorta di punizione divina per l'immoralità dei cittadini di New Orleans.

In una breve nota la sala stampa vaticana si è limitata ad annunciare che "il santo padre ha dispensato il reverendo Gerhard Wagner dall'accettare l'ufficio di vescovo ausiliare di Linz (Austria)". Il direttore della sala stampa vaticana ha poi precisato all'Ansa che il Papa ha risposto così positivamente a una richiesta avanzata dallo stesso Wagner, annunciata circa due settimane fa ma giunta in Vaticano "nelle forme dovute" dopo qualche tempo.

Wagner era stato contestato in particolare per alcune affermazioni. Durante l'uragano Katrina il monsignore aveva detto: "Non è stato un caso se sono state distrutte cinque cliniche abortiste nella città" e si era poi domandato se "la catastrofe naturale non sia stata conseguenza di un inquinamento spirituale". Ma in una successiva dichiarazione aveva spiegato di non aver mai inteso parlare di "retribuzione divina", volendo solo aprire un dibattito sulla connessione di eventi. Altre polemiche c'erano state anche nel 2001, quando Wagner aveva messo in guardia i giovani dalla lettura dei romanzi del ciclo di Harry Potter di J.K. Rowling, che, secondo lui, portano a forme di "satanismo".

La nomina di Wagner aveva subito suscitato accese polemiche tra i vescovi austriaci, già in fermento dopo la revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani e le dichiarazioni negazioniste di uno di loro. Con un gesto senza precedenti la conferenza episcopale austriaca, convocata d'urgenza il 16 febbraio scorso aveva chiesto al pontefice una "maggiore attenzione" nelle future nomine.

In seguito a una vera e propria campagna di stampa contro di lui, il prelato aveva chiesto al Papa di poter rinunciare alla nomina. "Ho preso questa decisione liberamente", aveva affermato il sacerdote in una nota pubblicata due settimane fa sul sito della diocesi austriaca. "Dall'inizio, quando sono stato nominato, ho sentito una resistenza", espressa, spiegava monsignor Wagner, "con modalità prive di amore e di misericordia". "Alla luce delle pesanti critiche, ho deciso, dopo preghiere e un consulto con il vescovo, di chiedere al santo padre di ritirare la mia nomina", concludeva il sacerdote assicurando di sentirsi ora "più leggero in confronto alle scorse notti".

Queste dichiarazioni sull'iter che lo ha portato alla rinuncia erano però state considerate in un primo momento ambigue in Vaticano, in quanto la rinuncia di un vescovo per essere valida non deve essere forzata. La santa sede aveva infatti negato, fino a pochi giorni fa, di avere ricevuto alcuna richiesta formale. Ora, con la pubblicazione della dispensa, Gerhard Wagner, potrà ufficialmente tornare a fare il parroco di Windischgarsten, nell'Alta Austria.

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+PetaloNero+
00lunedì 2 marzo 2009 16:27

"Nostalgia di unità": così il Papa nel messaggio per la riconsegna della Chiesa russa di Bari al Patriarcato di Mosca


La Chiesa di San Nicola “risveglia in noi la nostalgia per la piena unità”. E’ un passo del messaggio del Papa, letto dal cardinale Salvatore De Giorgi, ieri a Bari in occasione della riconsegna della chiesa ortodossa di San Nicola al Patriarcato di Mosca. Il Pontefice ha colto anche l’occasione per rinnovare gli auguri al nuovo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Kìrill, “chiedendo allo Spirito Santo che illumini il suo impegnativo ministero”. Da Bari, Mimmo Muolo:

Il Papa si compiace per la restituzione della Chiesa ortodossa russa di Bari al Patriarcato di Mosca, avvenuta ieri nel capoluogo pugliese. Il saluto di Benedetto XVI è stato portato dal cardinale Salvatore De Giorgi ai presidenti di Italia e Russia, Giorgio Napolitano e Dimitry Medvedev, presenti alla cerimonia insieme con altre autorità e con l’arcivescovo di Bari, mons. Francesco Cacucci. Bari continui ad essere un ponte naturale verso l’Oriente – ha auspicato il cardinale a nome del Pontefice – offrendo il suo prezioso contributo al cammino verso la piena comunione tra i cristiani. Questa chiesa (che fu edificata ai primi del ‘900 nel quartiere Carrassi e non va confusa con la Basilica in cui si venerano le reliquie di San Nicola) - si legge ancora nel messaggio - risveglia in noi la nostalgia per la piena unità. A nome del Patriarcato moscovita ha risposto il vescovo Mark, inviato del Patriarca Kirill, che ne ha letto un messaggio in cui il successore di Alessio II definisce un passo giusto, la restituzione della chiesa ed esprime gratitudine alla diocesi di Bari e ai domenicani, custodi della Basilica. La cerimonia si è svolta in un clima di grande amicizia e, come ha rimarcato il presidente Napolitano, non mancherà di rafforzare i rapporti tra le due nazioni e le due chiese. Al termine i due presidenti e il seguito si sono recati nella Basilica di San Nicola, dove da più di 800 anni riposano le spoglie del Santo.


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00lunedì 2 marzo 2009 16:28
Prime meditazioni quaresimali del cardinale Arinze al Papa e alla Curia. Sull'importanza degli esercizi spirituali la riflessione di padre Scicolone


Con la celebrazione dei Vespri di ieri pomeriggio, Benedetto XVI e la Curia Romana sono entrati nella tradizionale Settimana di esercizi spirituali della Quaresima, durante la quale udienze papali e attività sono sospese. Il cardinale Francis Arinze, prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha tenuto ieri la meditazione di apertura dal titolo “Accettare l’invito di Gesù di seguirlo e restare con lui”: tema poi sviluppato nella seconda e terza riflessione di questa mattina. Il silenzio interiore e il distacco dalle occupazioni quotidiane sono elementi fondamentali di ogni “ritiro” spirituale, che mira a creare le condizioni per un ascolto profondo della Parola di Dio. Lo conferma padre Ildebrando Scicolone, monaco benedettino e professore di Liturgia al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma, intervistato da Alessandro De Carolis:

R. - Per ascoltare Dio che parla nel silenzio, bisogna fare silenzio, questo è chiaro. Perché se uno è distratto da tante cose, non può sentire la voce interiore e riflettere profondamente su quello che è il suo essere, nel suo rapporto con Dio. Ecco perché si dice che devono essere giorni di silenzio, possibilmente di solitudine, anzi si parla proprio di “deserto”, nel senso che non ci devono essere distrazioni né esterne, né interiori. In quel periodo, uno si estrania da quello che fa normalmente e segue la Parola di Gesù: “Venite in disparte e riposatevi un poco”, non per riposarsi nel senso di non far niente, ma per dedicarsi alla contemplazione delle cose di Dio.

D. - Parlando ai parroci di Roma, qualche giorno fa, Benedetto XVI ha detto che le persone vanno dal pastore di anime “senza maschere”. Anche il ritiro spirituale è un modo di porsi senza maschera davanti alla propria anima…

R. - Questo è l’aspetto principale. In quel periodo, ognuno dovrebbe scoprire qual è la verità su di sé: non tanto la verità che dice di essere, ma la verità effettiva. Se uno davanti al Signore si riconosce per quello che è, deve far cadere la maschera. Però è anche vero che poi deve essere coerente e vivere secondo la verità. San Paolo diceva: “Facendo la verità nella carità”, non “dicendo la verità” ma “essendo veri”. Noi, tante volte, siamo presi da compromessi, da prudenza - come spesso la chiamiamo - da diplomazia. Invece, nella settimana di esercizi uno si mette davanti a Dio così com’è. E’ un impegno ad essere più autentici, più veri.

D. - Un erroneo modo di vedere, ma duro a morire, considera la Quaresima un periodo triste. Come è possibile insegnare che la gioia - che è un elemento centrale di un cristianesimo autenticamente vissuto - è un “ingrediente”, per così dire, tipico anche della Quaresima?

R. - Gesù ha predicato sempre la penitenza, non nel senso di fare penitenza ma di pentirsi, cioè di convertirsi. Non ha mai predicato la tristezza, anzi, ha annunciato la gioia: “Vi porto la gioia”. Io sono un Benedettino e San Benedetto ha scritto un capitolo sulla Quaresima dove dice: “Nella gioia dello Spirito Santo, aspetti la Santa Pasqua”. Questa deve essere la caratteristica anche della Quaresima. Quando Gesù, al primo giorno di Quaresima ci ha detto: “Quando voi digiunate, lavatevi il viso, profumati il volto perché la gente non sappia”, significa che bisogna viverlo con gioia questo impegno di conversione, e non con tristezza. Purtroppo, nel secondo millennio, del cristianesimo ne abbiamo fatto quasi una religione di passione, di morte, di mortificazione, di penitenza. Bisognerebbe far capire che noi ci prepariamo a “risorgere”, ci prepariamo alla nostra Pasqua: la Veglia pasquale non è solo la resurrezione di Cristo, che celebriamo peraltro ogni domenica, ma è il ricordo forte della nostra risurrezione in Cristo.

D. - Lei predica esercizi spirituali da tanti anni. Quale esperienza ne ha maturato?

R. - Io, che sono un monaco, penso agli esercizi come ad una lectio divina, cioè come un contemplare, gioiosamente, quelle meraviglie che il Signore ha fatto nella storia della salvezza e nella storia personale di ognuno. Leggendo la Scrittura viene fuori questo respiro, perché alla luce di Dio uno capisce qual è il senso della sua vita, qual è il senso della storia. Poi, il nostro modo di vivere è semplicemente una risposta di amore a quest’amore di Dio che abbiamo riscoperto e vedo che è incoraggiante, è apertura, è un respiro di aria pura. Questo dovrebbero essere gli esercizi.




www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=725&sett...
Paparatzifan
00lunedì 2 marzo 2009 19:24
Dal blog di Lella...

Il vescovo di Linz richiamato a Roma

Il feuilleton della nomina di don Wagner quale vescovo ausiliare di Linz, costretto a rinunziare per la protesta sia di gruppi progressisti, sia dello stesso episcopato austriaco, si arricchisce di ulteriori colpi di scena e congetture.

Sembra che nella scorsa settimana il card. Schoenborn di Vienna si sia recato a Linz per discutere della situazione; indi, venerdì scorso 27 febbraio, il vescovo di Linz Schwarz ha dovuto improvvisamente lasciare la diocesi (annullando all'ultimo momento un previsto incontro mensile coi giovani) per recarsi a Roma. Il bollettino della Sala Stampa vaticana nulla riferisce circa un suo incontro col Papa: resta il dubbio quindi se abbia visto il Pontefice o solo alti ranghi vaticani. Sempre secondo il bollettino, sabato scorso il Papa ha ricevuto in udienza il card. Re, Prefetto della Congregazione per i vescovi; ma potrebbe anche trattarsi di incontro di routine.

Tuttavia i commentatori, a cominciare da Kath.net (che non è certo di impronta tradizionalista), riferiscono che il presule è stato convocato con poco preavviso alla Congregazione per i vescovi, per discutere della spinosa questione del quasi-vescovo Wagner. Il quale ha bensì inviato al card. Re la sua rinunzia, ma ha anche fatto sapere in una pubblica intervista che essa non è stata "totalmente volontaria" ma causata dalla pressione ostile ecclesiale, tra l'altro effettuata in modi "privi di carità".

Il che basta e avanza, anche a prescindere dal fatto che quella rinunzia non è stata ancora accolta e Wagner potrebbe esser richiesto di ripensarci, a viziare di nullità la rinunzia stessa per violenza (metus, ossia timore incusso), a mente del canone 188 c.j.c.: Renuntiatio ex metu gravi, iniuste incusso, dolo vel errore substantiali aut simoniace facta, ipso iure irrita est.

Ma al di là delle finezze giuridiche, il fatto che l'episcopato austriaco e lo stesso vescovo di Linz si siano posti chiaramente e, quel che più conta, pubblicamente contro una decisione del Papa, è quel che suscita le maggiori irritazioni in Vaticano. Non solo: secondo una fonte vaticana di Kath.net, il Papa stesso intende seguire personalmente la vicenda e le ha attribuito priorità assoluta.

In Vaticano si parla sempre più apertamente di un visitatore apostolico a Linz e, cosa inaspettata, questa prospettiva sembra non dispiacere nemmeno ad alcuni dei vescovi austriaci che si sono accorti di essersi spinti troppo oltre nella questione e temono ora di diventare ostaggio delle frange progressiste, rivitalizzate dal successo insperato (e episcopalmente spalleggiato) della loro rumorosa opposizione.

A Roma, considerato lo stato di crisi in cui versa la diocesi di Linz, non si escluderebbe nemmeno la nomina di un vescovo coadiutore (ossia di un vescovo ausiliare con diritto di successione quando il titolare si ritirerà).

Ecco ad esempio, tra i vari orrori, quello che un visitatore apostolico o un coadiutore troverebbe a Linz (e specificamente nella chiesa delle Orsoline: maggiori dettagli qui): il santuario per "l'amico Giuda Iscariota".

Ribadiamo quindi quanto scrivemmo in un nostro post, poi riportato anche da un'agenzia di stampa: ossia che un cedimento vaticano sulla questione di Linz avrebbe effetti rovinosi, poiché aprirebbe la strada a continue contestazioni, a rivolte mediaticamente sobillate, costituirebbe un’abdicazione delle prerogative pontificie che, lungi dall’apparire una concessione alla collegialità tanto decantata, sarebbe in realtà una china precìpite verso l’anarchia e, nel lungo periodo, verso l’autocefalia delle chiese nazionali. E’ sotto gli occhi di tutti (e lo disse anche il card. Ratzinger) che la crisi nella Chiesa è in primo luogo una crisi nella selezione dei vescovi.

Se migliorassero le "risorse umane" tutto andrebbe probabilmente al suo posto, come succede nelle aziende. Ma il compito è erculeo e le stalle di Augia smisurate.

Cedere adesso significherebbe rinunziare in partenza al compito, quanto mai indispensabile.

da Messainlatino.it


Paparatzifan
00lunedì 2 marzo 2009 21:04
Dal blog di Lella...

VATICANO/ Dove sbaglia Küng nel parlare del popolo di Dio

José Luis Restan lunedì 2 marzo 2009

Ricordo un dibattito radiofonico in cui un cattolico che si autodefiniva progressista respingeva la mia affermazione sul fatto che in Plaza de Colon, riunito intorno al papa Giovanni Paolo II, c’era il popolo cristiano. C’erano circa due milioni di persone, di ogni età e condizione, ma secondo il sapiente lì non c’era il popolo.
Quelle persone che portavano con loro le proprie speranze e debolezze, che forse non erano particolarmente brillanti in un campo piuttosto che in un altro, ma che mostravano la loro gioia di riconoscersi intorno al testimone di Pietro, non riunivano in sè le condizione dettate dal “cristiano adulto” per riconoscergli la caratteristiche di popolo.

Questo è ciò che succede al vecchio Hans Küng, vecchio non per la sua età ma per l’odore che emana dai suoi proclami rifatti. Su Le Monde, il tempio del progressismo europeo, il vecchio Küng ha detto che la Chiesa corre il rischio di trasformarsi in una setta e che milioni di cattolici non si aspettano più nulla da questo Papa.

È lo stesso Küng che, tra i principali intellettuali europei, alla fine degli anni ’70 ha lanciato un anatema contro il pontificato di Giovanni Paolo II, lo stesso che annunciava catastrofi durante il Conclave che ha eletto Benedetto XVI, lo stesso che da fin troppi anni ha abbandonato la casa del padre per rinchiudersi nei propri sogni.
Certamente, lui sa molto di sette, dato che settario è chi fugge dall’insegnamento degli apostoli per costruire la sua propria immagine della fede. Il suo premio, triste e scarso, è l’applauso di coloro che eliminano la presenza storica del cristianesimo nella nostra società, qualche cosa che sembra farlo riflettere.
Ma il popolo di Dio, a volte brillante come un ampio fiume e altre volte consumato e ferito, come ha detto Paolo VI, è sempre vicino al suo pastore, e non dove vorrebbe metterlo il partito dei sapienti.
La scorsa domenica, dopo l’Angelus, Benedetto XVI si è rivolto ai pellegrini tedeschi con queste significative parole: «Cristo ha scelto Pietro come roccia su cui costruire la sua Chiesa [...]. Chiediamo a San Pietro che, per sua intercessione, le confusioni e le tempeste non colpiscano la Chiesa, che permaniamo fedeli a una fede genuina, che ci manteniamo in unità e viviamo nell’amore reciproco».
Sono parole che esprimono la piena coscienza che ha il Papa di ciò che sta succedendo. Ma, al contrario di quel che alcuni dicono in buona fede, egli non ha perso la pazienza, ma mantiene con serenità il comando del timone. Come mi ha detto recentemente uno dei suoi collaboratori, egli sa, come un buon cristiano, che sebbene debba fare tutta la sua parte, in ultima istanza chi risolve i problemi della Chiesa è il Signore.

E mentre soffiano i venti, il Papa continua senza tregua la sua opera di inserire la novità introdotta dal Concilio Vaticano II nella continuità della tradizione. È questo che dà fastidio a persone come Küng, che avevano decretato la nascita di una nuova chiesa.

A Pietro compete di sostenere le legittime particolarità nella Chiesa, e allo stesso tempo fare in mdo che queste non pregiudichino l’unità, ma che anzi cooperino a essa. Ed è vero che per realizzare questa missione può solamente esibire l’autorità ricevuta da Cristo, e non i pomposi titoli dei sapienti sullo stile di Küng.

Viene al pettine il severo avvertimento pronunciato da Benedetto XVI alcuni giorni fa: là dove la fede degenera in intellettualismo e l’umiltà è sostituita dall’arroganza di credersi migliori degli altri nasce una caricatura della Chiesa, che dovrebbe essere una sola anima e un solo corpo.

© Copyright Il Sussidiario, 2 marzo 2009


+PetaloNero+
00martedì 3 marzo 2009 01:26
L’arte della verità teologica nelle icone bizantine


Dopo 5 anni riapre la Sala delle Icone dei Musei vaticani




di Elizabeth Lev



CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 2 marzo 2009 (ZENIT.org).- Mentre sul colle del Quirinale si celebra il dinamismo con la mostra pittorica “Futurismo. Avanguardia-Avanguardie”, in Vaticano è in scena la stabilità. Dopo oltre cinque anni di restauri, è stata riaperta, a fine gennaio, la Sala delle Icone dei Musei vaticani.

Nascosta in un angolo della Pinacoteca vaticana, la sala delle icone bizantine contiene 115 immagini di tempera su legno, che risalgono al periodo fra il XV e il XIX secolo. In questa parte, spesso trascurata, del museo, le icone erano un tempo esposte in uno spazio scuro con scarse didascalie.

Da quest’anno, la collezione di icone è curata in modo specifico ed il suo spazio espositivo è stato migliorato. L’illuminazione consente ai visitatori di apprezzare i raffinati dettagli che spesso caratterizzano queste opere d’arte.

Il pezzo più importante nella sala è un’iconostasi del 1808. Questa struttura, posta come divisorio fra l’altare e i fedeli, è alta circa un metro e mezzo e larga tre, ed è coperta di immagini. Giovanni il Battista è raffigurato nella gloria nella parte superiore, mentre più in basso è visibile la sua decapitazione. San Cristoforo ha un’analoga sistemazione nel lato opposto. Le immagini centrali rappresentano Maria e Cristo. Tra queste vi è una raffigurazione piuttosto rara nell’arte occidentale di una Madonna con Bambino seduti in un calice. Il titolo dell’icona è “Maria, fonte della vita”, ed è un esempio lampante della base teologica delle icone orientali.

Le icone rappresentano la verità teologica. A differenza dell’arte rinascimentale, in cui gli artisti si ponevano come mediatori dei racconti sacri, traducendoli nel linguaggio visivo del tempo, le icone raffigurano un insegnamento e ne assicurano la continuità. Gli occhi rigonfi del Cristo indicano che egli è onniveggente, la gola ingrossata evidenzia che egli è la Parola. Le vesti viola sono espressione della sua regalità e le due dita allungate rappresentano la sua duplice natura divina e umana.

La staticità dell’immagine cristallizza la Verità perché questa sia contemplata dall’uomo. Le icone sono di dimensioni ridotte e molte sono in formato da viaggio, per consentire all’uomo di trovare sempre, nel cammino della sua vita, un momento di quiete con il suo Salvatore.

Una splendida icona del funerale di Efron lo Stilobate del 1630 mostra un paesaggio di grotte all’interno delle quali meditano degli eremiti. In ciascuna di queste celle spoglie, prive di arredi e di comodità, pende un’icona, un tributo all’importanza devozionale di quest’arte.

Numerose le scene mariane disseminate nella sala. Tra queste, la famosa immagine della “Dormizione della Vergine”. L’onnipresenza di Maria in queste opere ricorda il fatto che molte delle nostre devozioni, per esempio l’Immacolata Concezione, hanno origine in Oriente e sono state portate in Occidente durante l’epoca dell’iconoclastia.

La controversia iconoclastica si è sviluppata tra il 730 e l’847, con una breve interruzione alla fine dell’VIII secolo. Durante questo periodo innumerevoli icone sono state distrutte, a causa del timore di alcuni governanti orientali che la loro debolezza rispetto ai musulmani fosse dovuta alla pratica dell’idolatria. Gli iconofili fuggirono in Occidente, molti a Roma, influenzando profondamente l’arte italiana, fino all’epoca del Rinascimento.

Questa parte dei Musei riapre in un momento significativo per la Chiesa bizantina. La prima domenica di Quaresima, nel rito bizantino, è nota come Domenica dell’Ortodossia in cui si celebra la definitiva sconfitta dell’iconoclastia nel 847. Come celebrazione del trionfo delle immagini sacre, per tradizione, tutte le icone mobili venivano portate in processione attorno alla chiesa.

In questo tempo di preparazione quaresimale, le icone offrono un momento di ritiro dalle distrazioni della vita moderna, per meditare nella quiete del silenzio sulla nostra fede e la nostra salvezza.

Paparatzifan
00martedì 3 marzo 2009 15:06
Dal blog di Lella...

Il portavoce vaticano difende la comunicazione della Santa Sede

Padre Lombardi afferma che è il momento di voltare pagina

di Kris Dmytrenko*

CITTA' DEL VATICANO, martedì, 3 marzo 2009 (ZENIT.org).

Il sacerdote gesuita Federico Lombardi ha chiesto ai media di non cedere a tentazioni riduzioniste nel puntare il dito contro le pecche comunicative all'interno della Chiesa.
In una intervista a ZENIT, il direttore della Sala Stampa vaticana ha difeso il sistema di comunicazione interno ed esterno alla Santa Sede, fortemente criticato negli ultimi tempi. In particolare, i commentatori vaticani hanno descritto in vari modi il gesto di Benedetto XVI di rimettere le scomuniche ai quattro Vescovi “lefebvriani”, giudicandolo a volte un “tracollo” quando non un “disastro”.

“Parlare di questa crisi in termini apocalittici mi sembra eccessivo”, ha osservato padre Lombardi. “L'anno passato è stato un anno di grandi successi comunicativi per il pontificato”. Il portavoce ha infatti ricordato il viaggio apostolico del 2008 negli Stati Uniti, che ha definito “splendido”, e ha sottolineato l' “ottima comunicazione” che si è avuta durante il Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio e durante la visita papale in Francia.

“Si fa troppo presto a dimenticare tutti questi aspetti e queste esperienze positive”, ha commentato. “Questo non è giusto ma, purtroppo, fa parte del nostro mondo così come della comunicazione”. Di fronte, invece, ai rischi derivanti dall'adottare prospettive limitate capaci di generare “grandi rumori”, padre Lombardi ha esortato i giornalisti a “guardare le cose con un po' di distanza e obiettività”.
Il sacerdote ha quindi riconosciuto le tensioni suscitate all'interno dei meccanismi comunicativi vaticani dalla messa in onda, il 21 gennaio, dell'intervista alla televisione svedese di mons. Richard Williamson, in cui il Vescovo lefebvriano minimizzava il numero delle vittime dell'Olocausto.

“Chiarire le cose non è stato sicuramente facile”, ha confessato il portavoce, riferendosi alla differenza esistente tra le dichiarazioni negazioniste di Williamson e l'ordinazione episcopale illegittima che lo ha condotto alla scomunica. “Non è stato sicuramente il periodo più tranquillo, soprattutto per la Sala Stampa vaticana. Non posso quindi negare che ci siano stati dei problemi”.

In un'intervista pubblicata il 5 febbraio sul quotidiano francese La Croix, padre Lombardi aveva sottolineato tra le cause alla base di queste confusioni da parte dell'opinione pubblica, la mancanza di note esplicative che accompagnassero le dichiarazioni. Allo stesso modo, ha auspicato la creazione di una “cultura delle comunicazioni” all'interno della Curia, che porti a un maggior coordinamento tra i dicasteri e la Sala Stampa (cfr. ZENIT, 6 febbraio 2009).

Alcuni commentatori hanno osservato che la ragione per la quale Benedetto XVI non era stato informato sul punto di vista del Vescovo Williamson in merito allo Shoah, prima della remissione della scomunica, va rintracciata nella mancanza di consultazioni interne.

Padre Lombardi ha tuttavia detto a ZENIT che le comunicazioni interne seguono i protocolli della Segreteria di Stato vaticana, anche se questi variano in base alle differenti situazioni.

“Per ogni argomento e per ogni decisione ci sono degli itinerari specifici per la comunicazione”, ha spiegato.
Il sacerdote ha quindi riconosciuto che “in Vaticano, poiché siamo tutti in cammino, possiamo imparare a fare meglio il nostro dovere.

Spero che ciò voglia dire usare un linguaggio appropriato, prepararsi adeguatamente in anticipo, pensare a quali questioni verranno affrontate e quali risposte dobbiamo aver pronte quando comunichiamo”.

A più di un mese dalle polemiche innescate dalle dichiarazioni del Vescovo Williamson, padre Lombardi esorta quindi i cattolici a guardare ai prossimi viaggi papali in Africa e in Terra Santa.
“Ora che tutto è stato chiarito, credo che possiamo riprendere tranquillamente il nostro cammino e andare avanti”, ha concluso infine. “Nel servizio al Papa, stiamo percorrendo la via del Signore e la via della Chiesa in uno spirito di continua fiducia”.

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* Kris Dmytrenko è produttore associato del network televisivo canadese “Salt and Light” e lavora attualmente a Roma.

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Paparatzifan
00martedì 3 marzo 2009 15:09
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PAPA: VESCOVO LINZ, DOPO RINUNCIA WAGNER CHIESA RITROVI UNITA'

(ASCA) - Roma, 2 mar

''Le turbolenze nella diocesi di Linz e nella Chiesa austriaca sono giunte ufficialmente ad un punto finale. Adesso e' ora di ricompattarci tutti e di realizzare l'unita' come interesse comune''.
E' il commento del vescovo di Linz, mons. Ludwig Schwarz, alla notizia che papa Benedetto XVI ha accettato la rinuncia di p. Gerhard Maria Wagner alla nomina a vescovo ausiliare della citta' austriaca. Il vescovo ha diffuso il suo commento attraverso una nota pubblicata sul sito della sua diocesi.

Asca


Paparatzifan
00martedì 3 marzo 2009 15:22
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Inchiesta. Il governo della curia romana al tempo di Ratzinger: difficoltà e strategie per il dopo “caso Williamson” (Parte I)

mar 3, 2009 il Riformista

di Paolo Rodari

La crisi che nelle ultime settimane ha investito violentemente il governo della curia romana - oltre alle critiche ebraiche per la preghiera del venerdì santo reintrodotta col Motu proprio Summorum Pontificum e alle polemiche austriache per le dimissioni che è stato costretto a rendere (sono state accettate ieri dal Papa) il vescovo ausiliare di Linz Gerhard Maria Wagner, importanti sono i malumori per la scomunica revocata ai lefebvriani e al vescovo negazionista quanto alla Shoah Richard Williamson - sembra non aver toccato più di tanto Joseph Ratzinger. Una dimostrazione di ciò la si è avuta sabato scorso.

Mentre la maggioranza dei presuli e dei porporati parlava della necessità di “sfruttare” il caso Williamson per mettere in campo quella riforma della curia che porti nei posti di comando gente più capace di tradurre in azioni di governo la mente illuminata del Pontefice, lui, Benedetto XVI, ha preso una decisione che è sembrata andare nella direzione opposta. Invece di mantenere l’accorpamento di due dicasteri sulla cui utilità sono in molti a nutrire dubbi - il pontificio consiglio di Giustizia e Pace e quello per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti - li ha di nuovo smembrati, lasciando al cardinale Renato Raffaele Martino (anche se ancora per poco) Giustizia e Pace e affidando i Migranti e gli Itineranti al segretario della congregazione per le Chiese Orientali, ovvero monsignor Antonio Maria Vegliò, presule di 71 anni compiuti.
Un controsenso, dicono in molti. Possibile? Possibile che il Papa non si renda conto che è di altri interventi che la macchina della Chiesa necessita?
Possibile non capisca che quella «sporcizia» che nel 2005 - nella Via Crucis che aveva preceduto di pochi giorni il conclave che lo elesse al soglio di Pietro - aveva denunciato essere presente nella Chiesa, sia ora da spazzare via con atti di comando forti, trancianti? Possibile che non comprenda come, senza un governo capace e competente, azioni come la lectio di Ratisbona, la nomina del polacco Stanislaw Wielgus ad arcivescovo di Varsavia, la revoca della scomunica ai lefebvriani, e ancora (tanto per fare qualche esempio significativo) la puntualizzazione della differenza esistente tra le «chiese» cattoliche e ortodosse e le «comunità» protestanti (quante polemiche seguirono il documento “Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina della Chiesa” redatto nel 2007 dalla congregazione per la Dottrina della Fede!), non possano non essere destinate a subire forti critiche le quali, proprio perché provenienti anche dall’interno della Chiesa, ne minano valore e importanza?
Non si può rispondere a queste domande senza capire come Benedetto XVI concepisca il governo della Chiesa, lui che più di altri cardinali ne conosce meccanismi e ingranaggi. E, per farlo, occorre necessariamente tornare al 1968, a quell’Einführung in das Christentum (Introduzione al cristianesimo), nel quale, a un certo punto (pagine 333-334 dell’edizione Queriniana-Vaticana, 2005), egli scrive queste parole: «I veri credenti non danno mai eccessivo peso alla lotta per la riorganizzazione delle forme ecclesiali. Essi vivono di ciò che la Chiesa è sempre. E se si vuole sapere che cosa realmente sia la Chiesa, bisogna andare da loro. La Chiesa, infatti, non è per lo più là dove si organizza, si riforma, si dirige, bensì è presente in coloro che credono con semplicità, ricevendo in essa il dono della fede che diviene per loro fonte di vita. [...] Ciò non vuol dire che bisogna lasciar tutto così com’è e sopportarlo così com’è. Il sopportare può esser anche un processo altamente attivo…».

Quella di Ratzinger non è una scomunica dell’attività governativa della Chiesa. Ma, semmai, è una presa di coscienza che non è innanzitutto lì, nell’attività di comando, che la Chiesa gioca la sua partita più decisiva. Il Ratzinger Pontefice, l’uomo delle grandi idee, di una visione della modernità filosofica ma insieme religiosa e pneumatica, dell’ancoraggio alla rivelazione, ai padri della Chiesa, il sacerdote che ha vissuto il Vaticano II in pienezza d’effervescenza e che gode di una preparazione teologica sinfonica come pochi all’interno dell’attuale collegio cardinalizio, è ben consapevole del fatto che gli servano i giusti canali per tradurre il proprio pensiero in azioni di governo, ma è anche consapevole che il governo, il comando, non è tutto e soprattutto non è il tutto del suo pontificato. Nonostante vi sia chi ritiene che adesso, nelle scelte che Ratzinger sarà chiamato a prendere nel post “caso Williamson” - perché qualche decisione importante verrà pur presa: sono, infatti, parecchi i capi dicastero in scadenza, e di loro parleremo nelle prossime puntate di questa inchiesta - egli si giochi la credibilità dell’intero pontificato, lui, Benedetto XVI, è invece conscio che la partita più importante si gioca altrove, ovvero nel popolo che crede, che vive la fede con semplicità. Ciò non significa che per il Papa il “lavoro sporco”, quello del governo, sia da disprezzare, ma significa che quest’ultimo risiede su un piano inferiore rispetto alla prima attenzione che tutti, cardinali, vescovi e semplici fedeli debbono avere: la cura della fede, l’unico dono che porta la vita rigenerando e riformando, dall’interno e all’occorrenza, la Chiesa stessa.
Non si può comprendere Benedetto XVI e il suo pontificato senza tornare qui. Ogni analisi sul governo della Chiesa di Ratzinger non può non avere questa premessa. Non per niente, quanto a governo, quanto a spostamento di uomini da un posto all’altro, la pazienza di Ratzinger è proverbiale, a tratti addirittura eccessiva: «sopportazione attiva» è il termine che lui usa in Einführung in das Christentum. Lui è fatto così. Lui che dal 25 novembre 1981 al 19 aprile 2005 è stato prefetto della Dottrina della Fede, il dicastero dove sono custodite pagine e pagine dettagliate riguardanti tutti gli uomini di governo del Vaticano, sulle nomine, su quella riforma della curia attesa e auspicata da tutti e che lui più di altri potrebbe mettere in campo con cognizione di causa, ha deciso d’essere magnanimo. Ha deciso di lasciare in posti cruciali uomini probabilmente meno competenti di altri, al fine di salvaguardare le singole sensibilità di ognuno e, insieme, il desiderio di tutti d’essere, più o meno, utili.

Certo, a volte servirebbe altro. E Ratzinger lo sa, tanto che nelle prossime settimane finalmente qualcosa si muoverà. Anche lui è stato ed è consapevole di quanto ci sarebbe bisogno di una scure per tagliare il marcio e far crescere un nuovo germoglio.

Ma spesso ha voluto non agire. Perché lui, Benedetto XVI, preferisce avere pazienza, consapevole - qui sta il punto - che il governo non è tutto e che sopportare può comunque essere un’azione che porta frutti postivi.
E forse, oggi, molti di coloro che accusano il Papa e il suo più stretto collaboratore, il segretario di Stato Tarcisio Bertone, di una certa inefficienza rimpiangendo, nel contempo, il pontificato precedente, farebbero bene a ricordare. Molti di coloro che oggi rimpiangono il governo wojtyliano (sia il primo Wojtyla, quello con Agostino Casaroli segretario di Stato, che il secondo, quello con Angelo Sodano), infatti, sono gli stessi che con Giovanni Paolo II al comando rimpiangevano Paolo VI, Giovani XXIII e, addirittura, Albino Luciani: «Quanto sarebbe potuto avvenire - dicono costoro - se Luciani fosse vissuto più a lungo…». Ma dimenticano che anche il governo di Wojtyla aveva dei punti deboli. Anche Giovanni Paolo II «Il Grande», per usare una definizione coniata dal cardinale Angelo Sodano nella messa di suffragio celebrata per lui il 4 aprile 2005, anche il Papa di un indiscusso carisma e sguardo profetico, dovette fare i conti con una gestione del potere non sempre facile, una gestione che dopo ventisei anni e mezzo di pontificato rappresenta un lascito pesante per le spalle, pur larghe, del suo successore. (continua)

© Copyright Il Riformista, 3 marzo 2009 consultabile online anche qui, sul blog di Rodari
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Paparatzifan
00martedì 3 marzo 2009 15:49
Dal blog di Lella...

FEDE E PREGIUDIZI

Quanti salgono in cattedra se il Papa parla del diavolo

Franco Cardini

INSOMMA, siamo alle solite. Quello anticattolico è sul serio «l'ultimo pregiudizio praticabile», com'è stato più volte detto.

Guai a esser men che politically correct quando si parla di musulmani, di ebrei, di ortodossi, di protestanti, di buddhisti, di massoni e di quel che volete.

Ma, almeno nei paesi cosiddetti «a maggioranza cattolica», anche se al mezzogiorno di tutte le domeniche tutte le TV ritraggono l'Angelus del Papa, qualunque "esternazione" del pontefice o dei vescovi che non rientri nella più banale ed ovvia moralità viene regolarmente additata o come «interferenza dell'autorità religiosa nella vita civile» o come espressione d'integralismo; nella migliore delle ipotesi, ci si chiede come queste cose «medievali» si possano predicare ancora, «all'inizio del terzo millennio». I fatti. Nei giorni scorsi, i mass media hanno riferito in toni talora scandalizzati che i vescovi hanno richiamato i sacerdoti a una maggior attenzione alla loro funzione esorcistica, che a quanto pare alcuni di loro trascurano.
Ora, all'Angelus di ieri, papa Benedetto XVI parla della contrapposizione tra angeli e demoni: quando lo fa Dan Brown, diventa un best seller; quando al cinema o in tv si propongono filmacci "neri" su satanassi e anticristi, tutti ci vanno a nozze; quando si scoprono confraternite di satanisti, c'è sempre chi grida al nuovo medioevo e chi invece inneggia alla libertà di coscienza. Ma se il pontefice assolve alla sua funzione di guida dei cattolici, e ricorda che la fede in sostanze spirituali dotate d'intelligenza alcune delle quali sono volte al Male è parte del cattolicesimo, tutti si scandalizzano.

La fede cattolica va bene, ma solo se accetta di far da cornice benevola e discreta ai nostri ricordi d'infanzia o alla nostra cattiva coscienza. State buoni, se potete. E tutto dovrebbe fermarsi lì.

MISERIE dell'incultura odierna. Nessuno che si sia ricordato che ieri era la prima domenica di quaresima: e che la chiesa, nell'ordinario della messa di quel giorno, chiama abitualmente a meditare sulla pagina del Vangelo dove si narra della penitenza di Gesù sulla montagna "della Quarantena", presso Gerico, e di come neppure egli in quanto vero uomo si sia potuto sottrarre alla prova dell'Accusatore, Shatan in ebraico, lo spirito che nel libro di Giobbe esamina l'autenticità della fede di cui il credente è provvisto. Questa pagina è nel Vangelo di Matteo (4, 1-11), in quello di Marco (1, 12-13) e in quello di Luca (4, 1-13). Il Papa ha richiamato alla realtà del Male come forza spirituale che agisce nel mondo: basterebbe girarsi un attimo intorno, per rendersene conto.
D'ALTRONDE, prima di Benedetto XVI, era stato Paolo VI a evocare la «terribile realtà» dell'esistenza del demonio come entità spirituale intelligente effettiva (né simbolo né metafora) e della sua «misteriosa e paurosa» azione nel mondo: «il male non è più soltanto una deficienza, ma un'efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore».

È la dottrina cattolica, che si può accettare o rifiutare; non la si può né camuffare, né ignorare.

Fate un po' voi. Quanto agli esorcismi, niente oscuri magici riti. Per accedere al rango di sacerdote, cioè di "prete", si debbono passare sei precedenti livelli iniziatici: si tratta degli "Ordini canonici", quattro dei quali sono "minori" (ostiario, esorcista, lettore, accolito) e tre "maggiori" (suddiacono, diacono, prete). I ragazzi dei seminari, dal concilio di Trento a oggi, divengono "esorcisti" quasi subito: si tratta di una funzione elementare. l'«esorcista», cioè il «purificatore», è colui che appunto è chiamato a purificare gli elementi materiali e anche le anime con appositi riti. Se non si è cattolici, padronissimi di non credere a queste cose: ma si ha comunque il dovere di saperle, almeno nella nostra Europa le radici dell'identità della quale sono profondamente cristiane. Se si è cattolici, si sa che anche gli esorcismi fanno parte della nostra realtà religiosa ed è bene dar loro la giusta importanza. Senza isterismi e senza forme di "progressismo" e di "razionalismo" che nella fede cattolica sono del tutto fuori luogo.

© Copyright Il Resto del Carlino, 2 marzo 2009


+PetaloNero+
00martedì 3 marzo 2009 16:54
Mons. Ravasi: scienziati e teologi dialoghino con umiltà e nell’ascolto reciproco


Scienziati e teologi sono chiamati ad “incrociare gli sguardi”: è l’esortazione dell’arcivescovo Gianfranco Ravasi, intervenuto stamani alla Conferenza internazionale su “Evoluzione biologica. Fatti e teorie. Una valutazione critica 150 anni dopo L’origine delle specie”, presso la Pontificia Università Gregoriana. L’evento, che si protrarrà fino al 7 marzo, è promosso, oltre che dall’ateneo romano, anche dall’Università americana Notre Dame dell’Indiana. Secondo il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura - riferisce l’agenzia Sir - “è necessario che teologi e scienziati si guardino a viso aperto, si ascoltino, abbiano un confronto sereno”.

Per mons. Ravasi, il dialogo tra scienza e fede richiede “umiltà e fatica nella ricerca e nell’ascolto”. Di qui, “l’importanza della ricerca paziente, fatta di analisi proprie e altrui”. La ricerca, è stata la riflessione del presule, “è umiltà, è consapevolezza che la verità è più grande”. Ed ha aggiunto: “Il grande scienziato e il grande teologo non è colui che dà tutte le risposte, ma colui che pone sempre le vere domande, le domande necessarie”. “La fede se non è pensata, è nulla”, ha detto ancora riprendendo l’Enciclica Fides et Ratio di Giovanni Paolo II.

“L’intelligenza ha percorsi diversi - ha affermato mons. Ravasi - non c’è un unico percorso: c’è il rigore scientifico, c’è la logica formale, ma ci sono anche altri percorsi conoscitivi e intellettuali, come la filosofia e la teologia ma anche l’arte e la poesia, ciascuno con i propri statuti, con i propri metodi, con la propria coerenza”. Riferendosi all’Anno Paolino, l’arcivescovo Ravasi ha poi spiegato che l’Apostolo delle Genti ha assicurato per sempre nel cristianesimo il diritto di pensare: “Egli fonda per sempre la fiducia che la fede non ha nulla da temere dal pensiero”. (A.G.)


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