Notizie dal B16F

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+PetaloNero+
00martedì 31 marzo 2009 16:28
Ore d'angoscia per gli operatori della Croce Rossa rapiti nelle Filippine. Appello del Papa


Sono ore di angoscia e preoccupazione nelle Filippine, dove è scaduto l’ultimatum dei ribelli che da 75 giorni tengono in ostaggio 3 operatori della Croce Rossa Internazionale. Secondo fonti locali, gli ostaggi sono ancora vivi e sono in corso negoziati per ottenerne il rilascio. Benedetto XVI, facendo propria la preoccupazione delle famiglie e di quanti hanno a cuore la salvezza dei tre operatori umanitari, ha lanciato un accorato appello. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

Il Papa desidera elevare “la sua voce e fare appello affinché il senso umanitario e la ragione abbiano il sopravvento sulla violenza e l’intimidazione”. Il Santo Padre – si legge nel comunicato diffuso dalla Sala Stampa della Santa Sede – chiede nel nome di Dio “la loro liberazione e sollecita le autorità a favorire ogni pacifica soluzione della drammatica vicenda". Gli ultimi sviluppi sono inquietanti: i guerriglieri, legati al gruppo islamico radicale di Abu Sayaf vicino ad Al Qaeda, minacciano di decapitare uno dei sequestrati se il governo non ritirerà le forze di sicurezza dispiegate nella provincia di Sulu. Le autorità del Paese asiatico hanno proclamato lo stato di emergenza sull’isola di Jolo e ribadiscono che “è materialmente impossibile soddisfare la richiesta dei rapitori”. Il governo filippino aveva già accettato di ritirare le truppe schierate nella parte meridionale dell’isola per consentire un corridoio umanitario finalizzato al rilascio degli ostaggi. Ma ha anche dichiarato che le condizioni poste dai sequestratori sono inaccettabili. Tutte le forze di sicurezza sono già state messe in allerta. Gli ostaggi - l'italiano Eugenio Vagni, la filippina Jean Mary Lacaba e lo svizzero Andreas Notter - sono stati rapiti lo scorso 15 gennaio. Nelle ultime ore è anche stato diffuso un video: "Per favore - chiede la donna filippina rapita dai ribelli - ritirate le truppe, abbiamo la speranza che uno di noi possa essere liberato, ma sono passati otto giorni da quando è stato fissato l'ultimatum e finora non è accaduto nulla. Possiamo ancora sperare?”. Il sequestro è avvenuto all'uscita da una struttura penitenziaria dove i tre operatori della Croce Rossa si erano recati per un sopralluogo nell’ambito di un progetto di ristrutturazione della rete idrica.


[Radio Vaticana]
+PetaloNero+
00martedì 31 marzo 2009 16:29
Visita Apostolica ai Legionari di Cristo


“Profonda gratitudine al Santo Padre” esprime padre Álvaro Corcuera, direttore generale dei Legionari di Cristo, annunciando quanto reso noto a tutti i confratelli, in una lettera del 29 marzo: la prossima Visita apostolica di un’équipe di prelati, per conto del Papa, alle istituzioni della Congregazione, così come era stato anticipato in una missiva del 10 marzo, a lui indirizzata dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone. Il servizio di Roberta Gisotti.
La notizia con allegato il testo delle due epistole appare oggi sul sito Internet della Congregazione, con l’invito - esteso oltre che ai membri del movimento Regnum Christi e a tutti i fratelli e amici in Cristo, anche ai lettori - di pregare e collaborare “perché questo aiuto speciale del Santo Padre abbondi in frutti di autentica devozione a Dio e di fecondità apostolica a servizio della Chiesa”.

Sottolinea a tale proposito il cardinale Bertone nella sua missiva l’importanza “fondamentale” dell’opera svolta dai Legionari di Cristo in varie parti del mondo, “mossi dal desiderio di far crescere, secondo le esigenze della giustizia e della carità, il Regno di Cristo tra gli intellettuali, i professionisti e le persone impegnate nel campo sociale e dell’educazione”. Per questo - riferisce il porporato – il Papa “rinnova ai Legionari di Cristo”, “la sua solidarietà e la sua preghiera in questi momenti delicati”, incoraggiandoli “a continuare la ricerca del bene per la Chiesa”, attraverso le loro iniziative ed istituzioni, potendo “contare sempre sull’aiuto della Santa Sede affinché, attraverso la verità e la trasparenza, in un clima di dialogo fraterno e costruttivo,” possano superare “le difficoltà esistenti”.

Da qui la riconoscenza di padre Corcuera verso la “sollecitudine paterna” offerta da Benedetto XVI “per affrontare le attuali vicende legate ai gravi fatti” emersi nella vita di padre Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo, sottoposto ad un’indagine dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, conclusasi nel maggio del 2006, con l’invito ad una vita riservata di preghiera e di penitenza, rinunciando ad ogni ministero pubblico; gravi fatti che sono poi tornati alla luce più di recente. “Siamo profondamente dispiaciuti - ribadisce nella sua lettera padre Corcuera - e chiediamo sincero perdono a Dio e a quanti sono stati feriti per questo motivo”.

Per questo, “ricolmi di fiducia” nella Provvidenza divina e nella Chiesa, “che vigila per l’autentico bene dei suoi figli”, ci prepariamo già da ora - assicura il direttore generale della Congregazione - ad accogliere i Visitatori apostolici, che durante i prossimi mesi verranno “a conoscere da vicino la vita e l’apostolato della Legione di Cristo”.


[Radio Vaticana]
+PetaloNero+
00martedì 31 marzo 2009 16:30
La preghiera del Papa: i popoli ricchi siano sensibili al dramma della fame nel mondo


Nella intenzione generale di aprile il Papa invita a pregare “perché il Signore benedica il lavoro degli agricoltori con un raccolto abbondante, e renda sensibili i popoli più ricchi al dramma della fame nel mondo”. Il servizio di Sergio Centofanti.

La fame nel mondo, invece di diminuire, aumenta: sono ormai quasi un miliardo le persone colpite dalla malnutrizione. Non si tratta – afferma il Papa - di “una mera fatalità, provocata da situazioni ambientali avverse o da disastrose calamità naturali” - sul pianeta ci sono infatti risorse a sufficienza per sconfiggerla – ma è un vero e proprio scandalo dovuto soprattutto a una logica che fa prevalere il profitto sulla dignità umana. Per Benedetto XVI ci vogliono “provvedimenti coraggiosi” che rispettino il principio della “destinazione universale dei beni della terra”, contrastando una globalizzazione attuata secondo la legge del più forte, nonché le politiche protezionistiche che impediscono l’accesso ai mercati ai più poveri e i fenomeni speculativi.


A pagare sono le popolazioni contadine dei Paesi in via di sviluppo: il loro lavoro “è sfruttato avidamente, e la loro produzione viene deviata verso mercati lontani, con poco o nessun beneficio per la comunità locale” con la conseguente emigrazione e disgregazione delle famiglie.


Il Papa segnala il tragico paradosso di un mondo “che sperimenta una ricchezza senza precedenti, tanto economica quanto scientifica e tecnologica” accanto ad una crescente e drammatica povertà. “Occorre riconoscere – sottolinea - che il progresso tecnico, pur necessario, non è tutto; vero progresso è solo quello che salvaguarda la dignità dell’essere umano nella sua interezza e consente ad ogni popolo di condividere le proprie risorse spirituali e materiali, a beneficio di tutti”.


E’ necessaria una collaborazione tra Paesi ricchi e poveri, tra istituzioni internazionali e organizzazioni non governative: un’azione congiunta che aiuti “le comunità indigene a prosperare sui propri territori e a vivere in armonia con le proprie culture tradizionali”.


Ognuno di noi – afferma Benedetto XVI - deve sentirsi impegnato in prima persona, anche cambiando stili di vita, nella lotta contro la malnutrizione. Un’antica sentenza dei Padri della Chiesa afferma: ‘Dà da mangiare a colui che è moribondo per fame, perché, se non gli avrai dato da mangiare, lo avrai ucciso’. Il Papa per questa Quaresima ha invitato al digiuno - che vuol dire “privarci di qualcosa per aiutare gli altri” - e ricorda che alla fine della vita saremo giudicati sull’amore: “avevo fame e mi avete dato da mangiare”.


[Radio Vaticana]
+PetaloNero+
00martedì 31 marzo 2009 16:30
Benedetto XVI: la vocazione, intreccio d'amore tra la chiamata di Dio e la libera risposta dell'uomo, sostenuta dalla preghiera della comunità cristiana


La risposta alla chiamata a servire Dio nel sacerdozio o nella vita religiosa non ceda alle difficoltà o ai dubbi, ma si rafforzi costantemente grazie alla preghiera e all’Eucaristia. L’auspicio di Benedetto XVI è contenuto nel suo Messaggio per la 46.ma Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che verrà celebrata il 3 maggio prossimo sul tema “La fiducia nell’iniziativa di Dio e la risposta umana”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Lungo la strada verso la santità, aperta a tutti, la storia della Chiesa ha visto stagliarsi in tempi e luoghi diversi molte chiamate di particolare radicalità evangelica. E’ uno “speciale dono divino” - spiega il Papa nel suo Messaggio - quello per cui alcuni uomini e donne diventano “ministri e testimoni privilegiati” di Cristo. Ma “chi può ritenersi degno di accedere al ministero sacerdotale? Chi può abbracciare la vita consacrata contando solo sulle sue umane risorse?”. Il Papa si addentra nel mistero che si cela dietro una vocazione, in particolare in quell’“intreccio d’amore” tra la “libera iniziativa” di chi chiama e la “libera risposta” di chi è chiamato. “Quando si è consapevoli che è Dio a prendere l’iniziativa ed è ancora lui a portare a termine il suo progetto salvifico”, scrive Benedetto XVI, la risposta dell’uomo “non si riveste mai del calcolo timoroso del servo pigro che per paura nascose sotto terra il talento affidatogli, ma si esprime in una pronta adesione all’invito del Signore, come fece Pietro quando non esitò a gettare nuovamente le reti pur avendo faticato tutta la notte senza prendere nulla, fidandosi della sua parola”. E questo, spiega il Papa, non è un “abdicare” alla responsabilità personale, ma un diventare “corresponsabile”, “in e con Cristo”, lungo la strada della propria vocazione.

Gesù che nel Getsemani si rende disponibile a “bere il calice della volontà di Dio” è l’esempio supremo di “dialogo vocazionale”. Il suo sacrificio, celebrato nell’Eucaristia, fa comprendere meglio - afferma il Pontefice - “come la fiducia nell’iniziativa di Dio modelli e dia valore alla risposta umana”. “Nella celebrazione eucaristica - osserva Benedetto XVI - è Cristo stesso che agisce in coloro che Egli sceglie come suoi ministri; li sostiene perché la loro risposta si sviluppi in una dimensione di fiducia e di gratitudine che dirada ogni paura, anche quando si fa più forte l’esperienza della propria debolezza o si fa più aspro il contesto di incomprensione o addirittura di persecuzione”. Il Papa ringrazia Dio per la fioritura di nuove vocazioni, nonostante - riconosce - “la preoccupante carenza di presbiteri” in “talune regioni della terra”, o le “difficoltà e ostacoli” che “accompagnano il cammino della Chiesa”.

Benedetto XVI chiede alle comunità cristiane, alle singole famiglie come alle parrocchie, di “mantenere viva con preghiera incessante”, “ininterrotta e fiduciosa”, l’invocazione perché quell’iniziativa divina non smetta “di chiedere ad alcuni - auspica - di impegnare liberamente la loro esistenza per collaborare con lui più strettamente nell’opera della salvezza”. Il Papa conclude invitando sacerdoti e consacrati a non scoraggiarsi di fronte alle difficoltà e ai dubbi, ma a seguire fedelmente Gesù. “Sarete - assicura - i testimoni della gioia che scaturisce dall’unione intima con lui”. E imitando Maria, conclude, “impegnatevi con ogni energia spirituale a realizzare il progetto salvifico del Padre celeste, coltivando nel vostro cuore, come Lei, la capacità di stupirvi e di adorare Colui che ha il potere di fare ‘grandi cose’ perché Santo è il suo nome”.


[Radio Vaticana]
Paparatzifan
00martedì 31 marzo 2009 20:45
Dal blog di Lella...

Benedetto XVI pensa a cristiani di nuovo conio

Benedetto XVI è un Papa che innova. Ma prima di rinnovare curia, strutture, piani pastorali, punta a innovare la mentalità e il cuore dei cristiani. Pensa a una riforma che parte da dentro poiché se il cuore non arde per Dio, sono solo apparenza tutti i cambiamenti esteriori.

E mentre all'interno egli spinge per questo cambio di mentalità, nei confronti dell'esterno, la città secolare, egli propone una reciproca e diversa attenzione: rispetto pieno, distinzione e dialogo aperto a tutto campo, modulandolo sulla ragione. Una ragione che anzitutto è chiamata a ricuperare la ragionevolezza del problema di Dio, senza il quale non si può cogliere neppure la natura della Chiesa, che va pensata e giudicata entro criteri religiosi e non secondo categorie economiche e politiche.
Benedetto XVI sa bene che è in primo piano la credibilità della Chiesa e perciò punta tutte le carte a renderla - in ogni sua espressione - credibile discepola del Vangelo.
Si comprende così anche l'insistenza del Papa sui temi della fede, della speranza e della carità che sono i segni distintivi dei cristiani, coloro cioè che si fidano di Dio e che perciò amano sempre, anche quando non se ne avrebbe voglia.
Sono i cristiani di nuovo conio a cui pensa Benedetto XVI. Aperti, non paurosi ma neppure tracotanti; miti come il loro fondatore, gente che vive spendendosi per gli altri, interessata a creare unità, che propone la propria fede senza imporla.
Quando il Papa invita a leggere il concilio Vaticano ii con l'ermeneutica della riforma pone un tema centrale, una possibile piattaforma di unità che garantisce l'aggiornamento con ogni sua esigenza, senza rinnegare la parte buona del patrimonio secolare della storia cristiana, meglio noto come la grande tradizione cattolica. I cattolici, progressisti o conservatori che si vogliano definire, ne sono ugualmente figli.
Ma per Papa Ratzinger la riforma va presa sul serio, non solo a parole. Perciò incalza e scomoda tutti perché sollecita a cambiare radicalmente il modo di pensare cristiano, passando da un pensiero animato dai saperi secolari, a un pensiero che si fa guidare anzitutto dal sapere biblico e teologico. Se Dio rappresenta il centro nella mente dei credenti, la fedeltà a lui esprime la misura per valutare la rispondenza delle istituzioni religiose alla missione di annunciare il Vangelo. E se egli legge il concilio nell'ottica della riforma, significa che tale riforma è necessaria e che non è ancora compiuta. Per questo occorre guardare piuttosto al presente e al futuro per essere buoni ascoltatori di Dio più di quanto siamo stati nel passato.
Può sembrare un paradosso che un Papa chieda ai fedeli di fidarsi maggiormente di Dio sopra ogni altra cosa, ma non lo è, perché il Dio con il quale egli chiede di aprire il colloquio non è un Dio generico, un idolo creato da noi, ma un Dio che "benché spesso nascosto, esiste, è vicino, ci aiuta e ci accompagna". È il Dio di Gesù Cristo che - in quanto volto umano di Dio - è diventato spartiacque della storia.
Anche la Chiesa di oggi ha bisogno, anzitutto, di un colloquio nuovo con Cristo se non vuole affidare le sue sorti a garanzie mondane.
Più la Chiesa si rende discepola del Vangelo - sostiene il Papa - e più è libera e anche capace di farsi percepire amica dell'uomo. Pur dicendo verità scomode.
Il messaggio del Papa per la prossima giornata mondiale di preghiera per le vocazioni è uno specchio fedele del suo modo di vedere la Chiesa in rapporto a Dio e alla storia. Il tema scelto è la fiducia nell'iniziativa di Dio e la risposta umana nella libertà. Pure per risolvere un problema quale le vocazioni al sacerdozio che oggi è davvero urgente. Ma prima di ogni altro rimedio a una crisi tuttora grave specialmente in occidente il Papa si affida all'iniziativa di Dio: "Dobbiamo pregare perché l'intero popolo cristiano cresca nella fiducia in Dio". E se chiede di farlo vuol dire che i cristiani non danno l'impressione di fidarsi abbastanza di Dio.

La fede di cui il Papa parla volentieri non è solo credere che Dio esiste, ma anche fidarci di Dio, tirando le conclusioni di questa fiducia. La storia viene vista come un "intreccio d'amore tra l'iniziativa divina e la risposta umana" che resta libera. Il fare che ne discende, pure nei periodi di crisi dell'umanità come l'attuale, ha la stessa qualità con cui si riesce a vivere questo intreccio d'amore.

Se può allora apparire un paradosso Benedetto XVI che invita i cristiani e i giovani chiamati alla vita sacerdotale o consacrata a fidarsi di Dio, altrettanto paradossale appare la difficoltà a riconoscere il Papa quale amico prezioso del tempo presente.

c. d. c.

(©L'Osservatore Romano - 1 aprile 2009)


Paparatzifan
00martedì 31 marzo 2009 20:48
Dal blog di Lella...

Visita apostolica ai Legionari di Cristo

Per aiutarli ad affrontare le attuali difficoltà

CITTA' DEL VATICANO, martedì, 31 marzo 2009 (ZENIT.org).

Benedetto XVI ha disposto la nomina di un'équipe di prelati (Vescovi o ecclesiastici) che realizzeranno una visita apostolica alle istituzioni dei Legionari di Cristo.
Il compito dei visitatori apostolici consisterà nel conoscere da vicino la vita e l'apostolato della Congregazione e nell'informare successivamente la Santa Sede.
La disposizione del Pontefice è stata comunicata dal Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, in una lettera inviata al Superiore dei Legionari di Cristo, padre Álvaro Corcuera, L.C., che la Congregazione ha reso pubblica questo martedì sulla sua pagina web (http://www.legionariesofchrist.org).

Il Cardinal Bertone afferma che “ Sua Santità Benedetto XVI rinnova ai Legionari di Cristo, ai membri del Movimento Regnum Christi e a tutti coloro che vi sono spiritualmente vicini, la sua solidarietà e la sua preghiera in questi momenti delicati”.
“Il Santo Padre – aggiunge –, cosciente degli alti ideali che vi animano, e della fortezza e spirito di preghiera con cui state affrontando le attuali circostanze, vi incoraggia a continuare la ricerca del bene per la Chiesa e per la società, mediante le iniziative e le istituzioni che sono a voi proprie”.
“A questo proposito, potrete contare sempre sull’aiuto della Santa Sede affinché, attraverso la verità e la trasparenza, in un clima di dialogo fraterno e costruttivo, superiate le difficoltà esistenti”, dichiara il Cardinal Bertone.

In una lettera indirizzata ai Legionari di Cristo in occasione dell'annuncio della visita apostolica, padre Corcuera ringrazia il Papa per questo ulteriore aiuto offerto loro per far fronte alle attuali vicissitudini.
“Pieni di fiducia nella Provvidenza divina e in nostra Madre, la Chiesa, che vigila per l’autentico bene dei suoi figli, ci disponiamo ora ad accogliere i Visitatori Apostolici che, durante i prossimi mesi, verranno a conoscere da vicino la vita e l’apostolato della Legione di Cristo”, scrive.
“Confermiamo la nostra donazione ed eleviamo la nostra preghiera affinché Dio ci conceda di continuare a cercare la santità alla quale Lui ci chiama e affinché possiamo portare a pienezza il carisma che ci ha affidato”, conclude il Superiore.

I testi delle lettere del Cardinal Bertone di padre Corcuera possono essere letti sul sito della Congregazione.

© Copyright Zenit


Paparatzifan
00martedì 31 marzo 2009 21:02
Dal blog di Lella...

Papa/ Bagnasco: Figura scomoda per certo mondo laicista

Suo stile non aggressivo forse suscita reazioni bigotte...

Roma, 31 mar. (Apcom)

Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, scende in campo per difendere il Papa dalle critiche sollevate nell'ultimo periodo. "La figura di questo pontefice - dice il porporato in una intervista al Settimanale 'Tempi' - sembra suscitare in un certo mondo laicista qualche problema in più, qualche maggiore apprensione perché sentono di aver di fronte un uomo e un Papa che si presenta alla Chiesa e al mondo con il linguaggio della fede non disgiunto dalla ragione".

"Questo stile non aggressivo, aperto e, starei per dire, laico, suscita probabilmente l'aggressività e le reazioni bigotte di qualcuno. Benedetto - sottolinea - è il Papa della fede non separata dalla ragione.

Il timore è che l'aggressione nei suoi confronti possa derivare dallo spiazzamento che produce in certi ambienti laicisti questa sollecitudine verso tutto ciò che è umano, quindi cristiano. Non si può proprio dire, come talvolta i superficiali usano dire, che il Papa fa semplicemente il suo mestiere, parla esclusivamente a chi ha la fede, non ci riguarda quel che dice perché non siamo credenti.
Non si possono più dire queste cose perché il Papa usa una ragionevolezza di fondo che si presenta e si offre a qualunque uomo di pensiero, di intelligenza e di riflessione".
Gli attacchi al Papa sono espressione di interessi politici ed economici: "Con la sua chiarezza, il Papa, ad esempio in Africa - risponde Bagnasco - ha messo il dito su argomenti di estrema importanza che vanno a toccare interessi economici e politici rilevanti.
Per questo, certi ambiti altolocati reagiscono con astio e irrisione". Infatti, "è lo stesso Papa Benedetto che ha parlato di 'neocolonialismi' e questa parola deve far riflettere il mondo occidentale. Mi chiedo se questo polverone creato attorno a un brevissimo passaggio sui preservativi non puntasse a distogliere l'attenzione sugli altri temi, decisivi, che il Papa ha toccato nel suo viaggio".
Bagnasco prende spunto dalle critiche mosse a Tony Blair per la rivalutazione che l'ex premier ha fatto del ruolo delle religioni nelle attuali società, per auspicare una svolta in Europa. "Quanto più l'Europa pretende di cancellare Dio dal suo orizzonte, tanto più questo atteggiamento determina nel resto del mondo un clima di sospetto. E anche di deprezzamento. Negare il valore della dimensione religiosa nella persona, con la ricaduta che ha nella società vuol dire andare fuori dalla realtà. Finito il tempo delle ideologie, l'Europa dovrebbe riconoscere con molta onestà intellettuale che la dimensione religiosa fa parte dell'impasto dell'uomo e quindi fa parte dell'impasto della società. Con le debite distinzioni, appunto, Cesare e Dio, ma anche senza separazioni e neutralismi".
Infine, sulla lettera che il Papa ha inviato ai vescovi di tutto il mondo, Bagnasco osserva: "Questa lettera passerà alla storia come la cifra di un Papa e di un papato. Di un Papa che non ha niente da nascondere di proprio e che non ha paura di presentarsi ai suoi confratelli nell'episcopato, alla Chiesa e al mondo intero con una straordinaria, grandiosa umiltà".

© Copyright Apcom


Paparatzifan
00martedì 31 marzo 2009 21:09
Dal blog di Lella...

Un Papa troppo umano per un mondo abituato a svaligiare le vite altrui

Il cardinale Angelo Bagnasco ci ha parlato di «usare gli strumenti» e di «formazione». Per rendere ragione della speranza che è in noi e liberarci dai luoghi comuni e dalle scemenze che ci inculcano come gioghi

di Tempi

Mentre cani randagi sbranavano un bambino e fu subito chiaro che non sarebbe stato cristiano abbattere le bestie feroci, un Papa mite e affettuoso veniva dichiarato cane perduto. E felici noi, figli di un’autodeterminazione al lattice, col diritto di utilizzare l’umano embrione come pezzo di ricambio, col diritto di far morire un bambino in pancia, col diritto di considerare “tragico”, “artificiale”, “sequestro dei corpi” il dovere elementare di dare da bere agli assetati, da mangiare agli affamati, specie se disabili.
Diceva una filosofa ebrea che il male non ha profondità, solo il bene ce l’ha, il male è solo una muffa che si diffonde sulla superficie della terra per l’incuria dei suoi abitanti. Entrare nei casi della vita altrui, svaligiarli e ricettarli al pubblico commerciando emozioni, ci sta. È il segno dello spettacolo cinico a cui siamo adusi. C’è un raptus di zelo in più quando a batter moneta si va in cattedrale, il Papa viene preso per un mercante, la Chiesa come un Cremlino. Qui non c’è solo il vuoto fornitore e il singolo fruitore più o meno ai ferri corti con la religione. C’è che finalmente sono uomini di governo, istituzioni internazionali e un’oliata macchina scandalistica a squillare la rivolta delle élite che tengono le mani sul mondo. Mentre il Papa è ancora in volo sui cieli dell’Africa e consegna ai giornalisti le dichiarazioni scientifiche che lo renderanno famoso come l’uomo che non benedisse l’ignoranza della pro-goldonia Annie Lennox e il profilattico delle multinazionali (come ha confermato al Sussidiario e al Foglio il boss della ricerca anti-Aids di Harvard, Edward Green: «Sono liberal, per me è difficile ammetterlo, ma il Papa ha ragione»), il primo ministro di Spagna annuncia la partenza di «una nave umanitaria» carica di preservativi in dono per il continente nero. La Francia chiede “abiura” al Papa e la Germania idem. Gran Bretagna e Stati Uniti deplorano. La Cina tace (l’Africa è già quasi tutta un suo campo privato di estrazione e lavorazione di materie prime).
Che Benedetto XVI sia ancora umano, troppo umano? Era partito da Roma supposto “solo”. “Solo” perché non aveva avuto paura a confessare in pubblico gli errori di casa vaticana. “Solo” perché aveva (ri)spiegato il senso e i limiti della scomunica tolta ai lefebvriani (a persone, non a istituzioni). Solo, nonostante gli amici e la stretta obbedienza al mandato di Pietro: «Tu… conferma i tuoi fratelli». Solo, perché con quelle sue idee all’antica, dicevano i conciliaristi che vorrebbero abrogare il primato di Pietro e fare un Vaticano III con tanti bei cloni di Obama (“clericali” li ha qualificati l’ottimo Vittorio Messori), il Papa si sarebbe messo ai margini del famoso “sentire” del “cristiano della strada”.

Che poi sarebbe il cristiano conforme alla individualistica, sentimentale, anaffettiva mentalità mondana, che non può non contrastare quella di un Santo Padre, Benedetto XVI, affettivo, facitore di unità popolare e razionale.

Bene. Sua eminenza il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, si è messo alla testa di una controffensiva mite. E ci ha detto, tra le tante cose importanti, una parola che i nostri lettori dovrebbero apprezzare come miele: «usare gli strumenti» e «formazione». Per rendere ragione della speranza che è in noi. E per imparare a morire non vittime del clima, ma come protagonisti e sentinelle a guardia dei fatti umani, in un mondo febbricitante di deliri superomistici e del fatto molto pratico di opinioni, luoghi comuni, pure e semplici scemenze, che ci vengono oggi inculcati allo stesso modo, se non peggio, con cui un tempo i contadini aggiogavano i buoi.

© Copyright Tempi, 31 marzo 2009


Paparatzifan
00martedì 31 marzo 2009 21:32
Dal blog di Lella...

FRANCIA: CARD. VINGT-TROIS SU VIAGGIO PAPA IN AFRICA, “UN URAGANO MEDIATICO”

“Un uragano mediatico” che ha occultato gli importanti messaggi del Papa per l’Africa di oggi.
Così il card. André Vingt-Trois, presidente della Conferenza episcopale francese, ha commentato le polemiche che sono state “montate” riguardo alle dichiarazioni rese dal Papa sull’aereo che lo stava portando in Camerun.
“La polarizzazione esclusiva sulla questione del preservativo – ha detto l’arcivescovo parlando ai 120 vescovi francesi riuniti a Lourdes in Assemblea plenaria – ha occultato il resto degli interventi del Papa sulla responsabilità umana nelle relazioni sessuali, sull’Aids, le sue parole di compassione, la sua richiesta di gratuità nelle terapie per l’africa, ecc.
Sono stati cancellati i discorsi importanti fatti dal Papa quando ha fatto appello affinchè si mettano in atto cambiamenti reali e profondi nella vita pubblica e quando ha denunciato una violenza endemica. I diretti interessati, gli africani, i vescovi, gli uomini di Stato e semplici cittadini non hanno mancato di dire ciò che pensavano di questa campagna mediatica arrivata dall’estero.
E l’accoglienza riservata al Papa dagli africani basterebbe da sola a darne testimonianza”.

© Copyright Sir


+PetaloNero+
00mercoledì 1 aprile 2009 01:44
Intervista al Prefetto della Congregazione per le Causa dei Santi Mons. Amato sulla causa di beatificazione di Giovanni Paolo II


Nel pomeriggio di giovedì 2 aprile, Benedetto XVI presiederà nella Basilica vaticana, la Santa Messa nel quarto anniversario della morte del Servo di Dio Giovanni Paolo II. In vista di questo importante appuntamento per tutta la Chiesa, si torna a parlare della causa di beatificazione di Papa Wojtyla. In proposito Roberto Piermarini ha chiesto al Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, mons. Angelo Amato di illustrarci l'iter di questa attesa beatificazione

Faccio subito una precisazione. La causa del grande Servo di Dio ricevette una grande accelerazione quando il nove maggio del 2005 il Santo Padre Benedetto XVI dispensò dai cinque anni previsti per la sua introduzione. Ciò ha messo la causa su una corsia preferenziale, che la farà procedere speditamente. Questo significa che non ci sarà il suo inserimento nella speciale graduatoria delle cause — più di un migliaio - in attesa di giudizio.

D. Siamo quindi prossimi a una beatificazione?

Trattandosi di una causa di un Papa così conosciuto e amato, la speditezza obbliga a una grande accuratezza metodologica e contenutistica, nel rispetto delle procedure previste. Speditezza non significa fretta o superficialità, ma, al contrario, essa implica sollecitudine e professionalità.

D. Ci può dire allora Eccellenza, a che punto è questa causa di beatificazione?

Come voi sapete, il processo diocesano si è concluso felicemente nel maggio del 2007. Si è così potuta approntare e consegnare alla Congregazione delle Cause dei Santi, alla fine di novembre del 2008, la cosiddetta Positio, per il primo esame dei Consultori teologi. Superato questo esame — e non possiamo prevedere i tempi precisi — la causa passerà al giudizio della Sessione Ordinaria dei Cardinali e dei Vescovi, per giungere infine alla decisione del Santo Padre per il decreto di Venerabilità. Anche il presunto miracolo viene sottoposto a una accurata procedura, che prevede i seguenti passaggi: parere di due periti medici, esame collegiale della Consulta medica, esame dei Teologi e sessione ordinaria dei Cardinali e dei Vescovi. Il risultato viene riferito al Santo Padre per la sua decisione finale.
Concluso questo procedimento — che ripeto, proprio per rispetto alla grandiosa figura del Servo di Dio deve essere fatto in modo particolarmente accurato -, si può
prospettare una eventuale data per la beatificazione

D. Mons. Amato, c’è grande interesse da parte non solo della Polonia ma di tutta la Chiesa per la figura di Giovanni Paolo 11. Cosa ci può dire al riguardo?

L’interesse non solo della nobile nazione polacca ma di tutta la Chiesa per il sollecito avanzamento della Causa è condiviso anche dal Santo Padre Benedetto XVI e dalla nostra Congregazione. Per questo procediamo con comprensibile sollecitudine. Giovanni Paolo II con la sua esistenza e con il magistero di Sommo Pontefice continua a illustrare la Chiesa con la sua grandezza. Ma soprattutto continua a ispirare in tutti i fedeli, soprattutto nei giovani, propositi di santità e di apostolato. L’attesa per la sua beatificazione è quindi un momento propizio per promuovere la conversione di tutti i fedeli alla buona novella del Vangelo di Gesù.
Il suo famoso motto mariano “Totus tuus” continui a suscitare nei nostri cuori una sequela Christi, guidati dalla mano materna di Maria, la madre della Chiesa e la madre dei Santi. Questo tempo di attesa sia quindi un tempo di fervore spirituale, di preghiera e anche di apostolato missionario.


[Radio Vaticana]
+PetaloNero+
00mercoledì 1 aprile 2009 01:45
La Cei ribadisce la propria solidarietà al Papa


“Stare con il Papa”, cioè esprimergli vicinanza e solidarietà per gli attacchi di cui è stato oggetto di recente: mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, ha delineato in questo modo il significato dei lavori del Consiglio episcopale permanente che si è tenuto a Roma dal 23 al 26 marzo. Nella conferenza stampa di questa mattina, nella sede della nostra emittente, mons. Crociata ha anche annunciato la nascita di un fondo a favore di circa 30 mila famiglie numerose messe in ginocchio dalla crisi. Sul tema dell'immigrazione, i vescovi hanno ribadito che chi sbarca sul territorio nazionale va accolto. Il servizio di Alessandro Guarasci.

La Chiesa interviene concretamente nella crisi che sta scuotendo il mondo. La Cei, in collaborazione con l’Associazione Bancaria Italiana, ha varato un fondo da 30 milioni di euro, ma il cui valore nei fatti sarà di 300 milioni, per tutte quelle famiglie con almeno tre figli a carico, o con un familiare malato, e dove non vi sia più reddito. Saranno quindi erogati 500 euro mensili da restituire in dodici o 24 mesi. Il commento di mons. Mariano Crociata:

“Innanzitutto, il suo carattere e la sua finalità è tipicamente, propriamente, ecclesiale. Si esprime nel primato della colletta, cioè del suo essere frutto di un coinvolgimento delle Chiese, dei fedeli, delle comunità ecclesiali di tutta Italia”.

In politica, poi, nessuna scelta di campo e ancor meno di partito, rispetto dell’autonomia del parlamento, attenzione ai valori. Sui temi più eticamente sensibili, il segretario dei vescovi italiani ha ricordato che la Chiesa non ha “mai avuto simpatie per uno Stato etico” ed è contro l’accanimento terapeutico. Ancora, mons. Crociata, sulla legge sul fine vita:

“In termini più possibili rapidi e nella forma più possibile condivisa, concordata, si giunga alla approvazione di questa legge”.

I vescovi italiani sono poi tornati stingersi attorno al Papa. Nel comunicato finale si è fatto notare come in occasione del viaggio in Africa, nei confronti del Pontefice, “da parte di alcuni organi di informazione e addirittura di soggetti istituzionali internazionali non ci si è limitati a un libero dissenso, ma si è arrivati a un ostracismo che esula dagli stessi canoni laici”. Sull’uso del preservativo per combattere l’Aids, mons. Crociata è stato chiaro:

“Il Papa ha mostrato di essere interessato alla persona e alle cause che generano i problemi e a ciò che permette veramente di superare i problemi e le difficoltà. E, dunque, il suo sguardo è uno sguardo alto che cerca il bene pieno, il bene vero della persona”.

Il Consiglio episcopale permanente ha poi approvato il programma dell’Assemblea generale della Cei, dal 25 al 29 maggio, che avrà al centro la questione educativa.


[Radio Vaticana]
+PetaloNero+
00mercoledì 1 aprile 2009 16:13
DVD sulla morte di Giovanni Paolo II e l'elezione di Benedetto XVI
Prodotto dal Centro Televisivo Vaticano


CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 1° aprile 2009 (ZENIT.org).- Gli ultimi momenti di vita di Giovanni Paolo II, il periodo di sede vacante e del Conclave e l'inizio di pontificato di Benedetto XVI si possono rivivere in un DVD prodotto dal Centro Televisivo Vaticano.

"Tu es Petrus - Le chiavi del Regno" propone immagini inedite, come la preparazione del Conclave secondo il Protocollo voluto dallo stesso Giovanni Paolo II, e anche momenti indimenticabili come l’emozionante raccoglimento della folla riunita in preghiera in Piazza San Pietro.

Il DVD è disponibile in 7 lingue – italiano, inglese, spagnolo, francese, tedesco, portoghese e polacco – sul sito totalmente rinnovato della HDH Communications, dal 1998 distributore esclusivo mondiale del Centro Televisivo Vaticano (www.hdhcommunications.com).

Per il mese di aprile viene proposto con uno sconto del 20% sul prezzo al pubblico.

[Per informazioni: www.hdhcommunications.com/index.php?main_page=product_info&cPath=47_74&products_id=184&lang...
+PetaloNero+
00mercoledì 1 aprile 2009 16:13
Nei prossimi mesi, inviati del Papa effettueranno una Visita apostolica alla Congregazione dei Legionari di Cristo


“Profonda gratitudine al Santo Padre” esprime padre Álvaro Corcuera, direttore generale dei Legionari di Cristo, annunciando quanto reso noto a tutti i confratelli, in una lettera del 29 marzo: la prossima Visita apostolica di un’équipe di prelati, per conto del Papa, alle istituzioni della Congregazione, così come era stato anticipato in una missiva del 10 marzo, a lui indirizzata dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone. Il servizio di Roberta Gisotti.

La notizia con allegato il testo delle due epistole è apparsa ieri sul sito Internet della Congregazione, con l’invito - esteso oltre che ai membri del movimento Regnum Christi e a tutti i fratelli e amici in Cristo, anche ai lettori - di pregare e collaborare “perché questo aiuto speciale del Santo Padre abbondi in frutti di autentica devozione a Dio e di fecondità apostolica a servizio della Chiesa”.


Sottolinea a tale proposito il cardinale Bertone, nella sua missiva, l’importanza “fondamentale” dell’opera svolta dai Legionari di Cristo in varie parti del mondo, “mossi dal desiderio di far crescere, secondo le esigenze della giustizia e della carità, il Regno di Cristo tra gli intellettuali, i professionisti e le persone impegnate nel campo sociale e dell’educazione”. Per questo - riferisce il porporato - il Papa “rinnova ai Legionari di Cristo”, “la sua solidarietà e la sua preghiera in questi momenti delicati”, incoraggiandoli “a continuare la ricerca del bene per la Chiesa”, attraverso le loro iniziative ed istituzioni, potendo “contare sempre sull’aiuto della Santa Sede affinché, attraverso la verità e la trasparenza, in un clima di dialogo fraterno e costruttivo,” possano superare “le difficoltà esistenti”.


Da qui la riconoscenza di padre Corcuera verso la “sollecitudine paterna” offerta da Benedetto XVI “per affrontare le attuali vicende legate ai gravi fatti” emersi nella vita di padre Marcial Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo, sottoposto ad un’indagine dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, conclusasi nel maggio del 2006, con l’invito ad una vita riservata di preghiera e di penitenza, rinunciando ad ogni ministero pubblico; gravi fatti che sono poi tornati alla luce più di recente. “Siamo profondamente dispiaciuti - ribadisce nella sua lettera padre Corcuera - e chiediamo sincero perdono a Dio e a quanti sono stati feriti per questo motivo”.


Per questo, “ricolmi di fiducia” nella Provvidenza divina e nella Chiesa, “che vigila per l’autentico bene dei suoi figli”, ci prepariamo già da ora - assicura il direttore generale della Congregazione - ad accogliere i Visitatori apostolici, che durante i prossimi mesi verranno “a conoscere da vicino la vita e l’apostolato della Legione di Cristo” , per poi riferirne alla Santa Sede.


[Radio Vaticana]

+PetaloNero+
00mercoledì 1 aprile 2009 16:14
Santa Sede: in Asia e nel Pacifico serve “un'effettiva sicurezza alimentare”
Esorta a rimediare all'“inadeguato processo di sviluppo delle aree rurali”


BANGKOK, mercoledì, 1° aprile 2009 (ZENIT.org).- Per assicurare all'Asia e al Pacifico “un'effettiva sicurezza alimentare” bisogna in primo luogo affrontare l'“inadeguato processo di sviluppo delle aree rurali”, ha avvertito monsignor Renato Volante, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Organizzazioni e gli Organismi delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura.

Intervenendo il 28 marzo a Bangkok alla 29ª Conferenza Regionale della FAO per questa zona, il presule ha affermato che bisogna identificare “nuove necessità nelle strategie per garantire un'effettiva sicurezza alimentare” e “ricercare gli strumenti più idonei per proseguire, con efficacia e coerenza, nello sforzo di liberare dalla fame e dalla malnutrizione i più vulnerabili e svantaggiati”.

“Si tratta di una preoccupazione che richiede un diretto e responsabile impegno dei Governi e di tutte le forze che operano nella società, oltre a confermare la necessità di una maggiore efficacia delle attività della FAO, in linea con gli orientamenti di riforma adottati dagli Stati membri che vogliono l'Organizzazione sempre più funzionale nella struttura e quindi nell'azione”, ha riconosciuto.

Secondo monsignor Volante, è “l'inadeguato processo di sviluppo delle aree rurali” a rappresentare nella regione “il principale ostacolo alla eliminazione della povertà”, oltre a manifestare “le sue conseguenze sulle aspettative di vita dalle persone”.

Per affrontare queste “situazioni evidenti”, osserva, servono “decisioni di politica interna ed internazionale, ad iniziare da linee-guida per l'attività agricola e per la produzione alimentare rispondenti alla realtà attuale”.

Nonostante i “segnali positivi per raggiungere un livello minimo di sicurezza alimentare”, riconosce, “la crisi che tocca i mercati, le attività finanziarie, il livello dei prezzi degli alimenti richiede una revisione delle politiche agricole facendo emergere la necessità di operare con tutti gli strumenti e gli accorgimenti possibili”.

In questo contesto, l'Osservatore Permanente ha ricordato la necessità di collegare le nuove metodologie alle pratiche tradizionali di coltivazione, “tanto apprezzate perché espressione di culture e di valori propri della Regione e legate alle diverse esperienze radicate nella vita delle persone dedite al lavoro dei campi”.

Allo stesso modo, devono essere prese decisioni “per garantire non solo i consumi, ma anche un livello nutrizionale sano e sicuro, come pure migliori condizioni nel lavoro agricolo, specie in quelle aree strutturalmente a rischio o rese tali da fattori ambientali o dall'azione dell'uomo”.

“Qualunque strategia o normativa rivolta al mondo rurale deve tenere presente la centralità della persona e i suoi concreti bisogni”, ha dichiarato.

Il rappresentante vaticano ha quindi ricordato che la Santa Sede “segue da vicino ogni iniziativa che, anche sul piano internazionale, è volta a promuovere il valore fondamentale della dignità di ogni persona, preoccupandosi delle condizioni di vita di milioni di persone e sostenendo ogni sforzo che possa efficacemente concorrere a concretizzare adeguate scelte politiche e interventi all'altezza delle odierne necessità”.

Per questo, è “fiduciosa nelle capacità di quanti sono impegnati quotidianamente nelle differenti funzioni e responsabilità nella Regione, dove ci sono tanti segni positivi di un miglioramento della situazione” che “possono essere rafforzati da un ulteriore sviluppo della vita culturale e sociale” e “approfonditi così che l'antico valore della solidarietà realmente permei le vite quotidiane delle persone, delle comunità e degli Stati, e nessuno si senta solo o abbandonato”.

In questa prospettiva, il presule ha ribadito la disponibilità della Chiesa cattolica a collaborare “non solo continuando a dare il sostegno delle sue strutture presenti anche nelle aree rurali più remote”, ma aiutando a dare “significato e primaria importanza al lavoro degli agricoltori come attività economica fondamentale”.

“Ciò – ha concluso – pone il fine della sicurezza alimentare in un clima di rispetto autenticamente condiviso e di mutuo amore, riconoscendo e rafforzando la verità delle fondamentali dignità ed uguaglianza di ogni persona”.
+PetaloNero+
00mercoledì 1 aprile 2009 16:14
Il Cardinal Bertone: all'economia serve una “dimensione umana”
Messaggio per il Vertice Sociale del G8 a Roma



CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 1° aprile 2009 (ZENIT.org).- “Ridare una dimensione umana all’economia” è il modo per uscire dalla “più grave crisi finanziaria della storia”, ha dichiarato il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano.

Il porporato ha scritto un Messaggio al Vertice Sociale del G8, che ha riunito a Roma dal 29 al 31 marzo i Ministri del Lavoro degli Stati membri del G8 (Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti, Giappone, Canada e Federazione Russa) e quelli di altre 6 grandi economie mondiali in rappresentanza di diverse culture e aree geografiche (Cina, India, Brasile, Messico, Sudafrica e Egitto) sotto la presidenza dell’onorevole Maurizio Sacconi, Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali del Governo italiano.

Nel testo, indirizzato al Ministro Sacconi, il Cardinal Bertone ha riconosciuto che l’iniziativa di porre il lavoro al centro del dibattito internazionale “è quanto mai opportuna, perché non ci sono ormai dubbi sulla dimensione etica della crisi, causata da una gestione globalizzata delle finanze che ha mirato solo al profitto e non al bene comune e alla dignità della persona”.

A questo proposito, il Segretario di Stato vaticano ha ricordato che il principio della dignità umana, base della Dottrina Sociale della Chiesa, deriva dal fatto che “la persona, in quanto centro e vertice di tutto ciò che esiste sulla terra, è il fine di tutte le istituzioni sociali e di tutto l’agire economico”.

Il servizio alle necessità più fondamentali di tutti gli uomini, specialmente dei più poveri, è dunque “pilastro fondamentale e pietra di paragone di ogni misura indirizzata a risolvere la crisi economica che ormai affetta tutte le Nazioni senza eccezione”.

Per questo, “al di là delle misure congiunturali necessarie per bloccare le turbolenze finanziarie e per uscire dalla recessione generalizzata, occorre fare ogni sforzo per ridare una dimensione umana all’economia”, ha sottolineato.

Scopo dell'incontro è stata infatti la formulazione di proposte affinché le soluzioni alla crisi prendano nella dovuta considerazione il sostegno all’occupazione e i diritti dei lavoratori.

Il paradigma della sostenibilità sociale dell'incontro di Roma, ha osservato il Cardinale, dovrà “essere corroborato da una coscienza sociale mondiale, la coscienza che nel mondo l’umanità è una sola famiglia”.

Dalle numerose discussioni multilaterali sulla crisi, “il mondo si attende proposte concrete ed efficaci, capaci di garantire a tutti, compresi quelli che hanno perduto il lavoro o sono a rischio di perderlo, un livello di reddito e di sicurezza essenziale”.

Allo stesso modo, conclude, si chiede “che siano sempre rispettati e potenziati i diritti fondamentali dei lavoratori” e che “il coordinamento tra i Governi includa il dialogo con le parti sociali e con la società civile, anche per riuscire a stimolare le economie nazionali, senza però pregiudicare la cooperazione internazionale allo sviluppo, ma piuttosto cercando di potenziarla”.


+PetaloNero+
00mercoledì 1 aprile 2009 16:15
Il Papa all’udienza generale: la Chiesa al fianco dei popoli africani per un futuro di pace. Il Papa prega per la Beatificazione di Giovanni Paolo II


Per costruire realmente “un futuro di riconciliazione e di stabile pacificazione per tutti”, i popoli africani, devono fondare la loro speranza nella Parola di Dio: è l’esortazione di Benedetto XVI all’udienza generale di stamani in Piazza San Pietro, gremita da almeno 20 mila fedeli, nonostante la pioggia. Il Papa ha ripercorso i momenti salienti del suo recente viaggio apostolico in Camerun e Angola. Salutando i pellegrini polacchi, Benedetto XVI ha ricordato l’eredità spirituale di Papa Wojtyla alla vigilia del quarto anniversario della morte. A margine dell’udienza, il commovente incontro con le suore missionarie italiane, rapite in Kenya e liberate dopo oltre tre mesi di prigionia. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Una visita per abbracciare idealmente tutti i popoli africani: così Benedetto XVI ha tratteggiato il suo 11.mo viaggio apostolico internazionale. Ritornando con la memoria alla tappa camerunense della visita pastorale, il Papa ha messo l’accento sull’importanza dell’Instrumentum Laboris del secondo Sinodo per l’Africa. Un documento consegnato alla Chiesa africana al termine della grande Messa di Yaoundé, nella Festa di San Giuseppe:


“L’Assemblea sinodale si svolgerà a Roma, ma essa è in un certo senso già iniziata nel cuore del continente africano, nel cuore della famiglia cristiana che là vive, soffre e spera. Per questo mi è parsa felice la coincidenza della pubblicazione dello 'Strumento di lavoro' con la festa di San Giuseppe, modello di fede e di speranza come il primo Patriarca Abramo”.


La fede in Dio, ha proseguito, “è la garanzia di una speranza affidabile, per l’Africa e per il mondo intero, garanzia di un futuro di riconciliazione, di giustizia e di pace”. Ed ha aggiunto: “Nella stagione attuale, che vede l’Africa impegnata a consolidare l’indipendenza politica e la costruzione delle identità nazionali in un contesto ormai globalizzato, la Chiesa accompagna gli africani, richiamando il grande messaggio del Concilio Vaticano II”:


“In mezzo ai conflitti purtroppo numerosi e drammatici che ancora affliggono diverse regioni di quel continente, la Chiesa sa di dover essere segno e strumento di unità e di riconciliazione, perché tutta l’Africa possa costruire insieme un avvenire di giustizia, di solidarietà e di pace, attuando gli insegnamenti del Vangelo”.


Il Papa non ha mancato di ricordare i suoi incontri con i vescovi del Camerun. L’urgenza dell’evangelizzazione, la formazione dei seminaristi, la promozione della pastorale familiare, la difesa dei poveri e il contrasto delle sette religiose sono stati i temi forti affrontati dal Papa con i presuli camerunensi. Nella nunziatura di Yaoundé, ha rammentato, si è svolto l’incontro con i rappresentanti della comunità musulmana. Incontro nel quale è stata ribadita “l’importanza del dialogo interreligioso e della collaborazione tra cristiani e musulmani per aiutare il mondo ad aprirsi a Dio”. Quindi, ha rivolto il pensiero alla sua toccante visita al Centro Cardinal Léger di Yaoundé per disabili e malati. Qui, ha affermato, vediamo “un segno forte dell’azione umanizzante del messaggio di Cristo” e si condivide con i sofferenti “la speranza che proviene dalla fede”. Benedetto XVI ha quindi svolto la sua riflessione sulla visita in Angola. Un Paese, ha rilevato, uscito da una lunga guerra interna ed impegnato ora in un’opera di riconciliazione e ricostruzione che, è stato il suo monito, non può avvenire a scapito dei più poveri:


“In Angola, si tocca veramente con mano quanto più volte i miei venerati Predecessori hanno ripetuto: tutto è perduto con la guerra, tutto può rinascere con la pace. Ma per ricostruire una nazione ci vogliono grandi energie morali. E qui, ancora una volta, risulta importante il ruolo della Chiesa, chiamata a svolgere una funzione educativa, lavorando in profondità per rinnovare e formare le coscienze”.

Ha così ricordato la grande Messa del 21 marzo a Luanda, il cui Patrono è San Paolo. Ancora una volta, ha detto, l’esperienza dell’Apostolo delle Genti ci ha parlato dell’incontro con il Risorto che trasforma le persone e le società:


“Cambiano i contesti storici - e bisogna tenerne conto - ma Cristo resta la vera forza di rinnovamento radicale dell’uomo e delle comunità umane. Perciò ritornare a Dio, convertirsi a Cristo significa andare avanti, verso la pienezza della vita”.


Per esprimere la vicinanza della Chiesa agli sforzi di ricostruzione dell’Angola, ha proseguito, si sono tenuti due incontri speciali con i giovani e con le donne. Il primo evento purtroppo rattristato dalla morte di due ragazze rimaste schiacciate nella calca all’ingresso dello stadio:


“L’Africa è un continente molto giovane, ma troppi suoi figli, bambini e adolescenti hanno già subito gravi ferite che solo Gesù Cristo, il Crocifisso Risorto può sanare infondendo in loro, con il suo Spirito, la forza di amare e di impegnarsi per la giustizia e la pace”.


Alle donne, ha spiegato il Papa, ho ribadito “il loro pieno diritto ad impegnarsi nella vita pubblica”, senza che venga però mortificata la loro missione fondamentale nella famiglia. Benedetto XVI ha dunque ringraziato quanti si sono prodigati per la riuscita della visita pastorale. Né ha mancato di ricordare l’azione generosa dei missionari, dei religiosi e dei volontari ed ha esortato tutti i fedeli a pregare per le popolazioni africane, affinché “possano affrontare con coraggio le grandi sfide sociali, economiche e spirituali del momento presente”.

Al momento dei saluti, rivolgendosi ai pellegrini polacchi, il Papa ha ricordato Giovanni Paolo II, nel quarto anniversario della morte. “Che l’eredità spirituale del vostro Grande Connazionale - è stato il suo auspicio - ispiri la vostra vita personale, familiare, sociale e nazionale. Insieme con voi chiedo nella preghiera il dono della sua Beatificazione”.
Momento particolarmente emozionante, a margine dell’udienza, l’incontro del Papa con suor Maria Teresa Olivero e suor Caterina Giraudo, le missionarie prigioniere in Somalia per 102 giorni. Le religiose del Movimento contemplativo missionario Padre Charles de Foucauld di Cuneo sono state presentate al Santo Padre dal cardinale arcivescovo di Torino, Severino Poletto. Significativo anche il saluto ad una delegazione della Campagna italiana contro le mine antiuomo, che ha voluto ringraziare il Papa per il suo impegno contro le cluster bomb.
Sempre in italiano, il Pontefice ha rivolto un cordiale saluto, tra gli altri, ai fedeli di Genova guidati dal loro arcivescovo, il cardinale Angelo Bagnasco, venuti a ricambiare la visita alla loro diocesi. Un saluto anche alle Suore Calasanziane in occasione della chiusura dell’anno dedicato alla fondatrice, la Beata Celestina Donati.
Benedetto XVI ha infine ricordato la figura di don Primo Mazzolari in occasione del suo 50.mo anniversario della morte. Il Papa ha auspicato che venga riscoperta “l’eredità spirituale” e promossa “la riflessione sull’attualità del pensiero di un così significativo protagonista del
cattolicesimo italiano del Novecento”:


“Auspico che il suo profilo sacerdotale limpido di alta umanità e di filiale fedeltà al messaggio cristiano e alla Chiesa, possa contribuire a una fervorosa celebrazione dell’Anno Sacerdotale, che avrà inizio il 19 giugno prossimo”.


Nell'imminenza della Settimana Santa “in cui ripercorreremo i momenti della passione, morte e risurrezione di Cristo”, ha concluso il Papa, “desidero invitarvi a compiere una pausa di intimo raccoglimento, per contemplare questo sommo Mistero, da cui scaturisce la nostra salvezza”.




www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=772&sett...
Paparatzifan
00mercoledì 1 aprile 2009 18:34
Dal blog di Lella...

Dal Papa le due suore rapite in Kenya

Perdonare i rapitori è stato naturale perché "siamo missionarie per amore di Cristo": ecco la testimonianza che Maria Teresa Olivero e Caterina Giraudo - le due religiose missionarie in Kenya liberate il 19 febbraio dopo centodue giorni passati nelle mani dei sequestratori - hanno portato stamani a Benedetto XVI. Sono venute all'udienza innanzitutto a dire grazie al Papa per le preghiere e gli appelli in loro favore. Erano accompagnate dal cardinale Severino Poletto, arcivescovo di Torino. Entrambe originarie della provincia di Cuneo, fanno parte del movimento contemplativo missionario Charles de Foucauld e hanno iniziato la loro opera in Africa nel 1972.
Le due religiose stanno ora vivendo "un tempo di silenzio e preghiera nello stile della loro comunità che rimarca la centralità dell'Eucaristia e la condivisione della vita dei poveri dove essi vivono, senza grandi strutture". Spiegano che "con questa difficile esperienza Dio ci ha dato tantissimo, ma ci ha chiesto anche tantissimo.
Ora è il momento di trovare le perle dentro questa nostra storia". Tornerete in Africa? "Adesso non è possibile perché le nostre due missioni sono chiuse a causa della mancanza di sicurezza" rispondono.
"Quella gente è diventata la nostra gente. Forse anche per questo non abbiamo mai provato risentimento e men che mai odio per chi ci ha rapite. Anzi, a quella gente noi vogliamo bene, la sentiamo nostra. Sì, anche quei ragazzi che ci hanno rapite con violenza li sentiamo nostri". Li hanno perdonati subito.
Ci tengono a ricordare che "dire oggi grazie al Papa per il sostegno nei giorni della prigionia è come dirlo a tutti". E raccontano un episodio: "Eravamo nelle mani dei rapitori da due mesi quando ci venne data l'opportunità di parlare al telefono con le nostre consorelle di Nairobi. Suor Gianna ci disse che tutta la Chiesa stava pregando per noi e che persino il Papa ci aveva ricordate nella preghiera, aveva chiesto la nostra liberazione. Ci prese una grande commozione e quando i rapitori ci tolsero il telefono iniziammo a piangere di gioia. Pur separate con la forza dalla nostra comunità, abbiamo sentito di essere in comunione, che la Chiesa è una e ci unisce sempre".
A Benedetto XVI hanno portato il libro L'impossibile è possibile che racconta la storia della loro comunità, nata nel 1951 a Cuneo quando don Andrea Gasparino accolse cinque ragazzi rimasti senza famiglia per via della guerra. Negli anni questo servizio ai poveri si è diffuso in Europa, America Latina, Asia e Africa.
Anche per la presenza delle due missionarie, l'udienza generale di stamani è stata una nuova "espressione dell'amore e della gratitudine che il popolo italiano ha per il Papa, per la sua testimonianza e per il suo magistero": è con queste parole che il cardinale Angelo Bagnasco commenta la grande partecipazione di migliaia di persone giunte in piazza San Pietro da tutta Italia per incontrare Benedetto XVI. In particolare, il presidente della Conferenza episcopale ha accompagnato trecentocinquanta fedeli per ricambiare la visita compiuta dal Papa a Genova nel maggio di un anno fa.
"Siamo venuti innanzitutto per dire grazie. È una riconoscenza che a Genova non sentono solo i credenti. Tutta la città - ha detto - ricorda con affetto la visita del Papa e conserva nel cuore le sue parole, i suoi insegnamenti". Accanto ai pellegrini genovesi c'erano quelli venuti dalle diocesi di Isernia-Venafro, Carpi e Udine e da tantissime parrocchie, scuole, associazioni. Un'altra ricchezza per la Chiesa italiana è il ricordo vivo di don Primo Mazzolari a cinquant'anni dalla morte: all'udienza erano presenti i rappresentanti della fondazione intitolata al sacerdote
che hanno donato al Papa la medaglia commemorativa e alcuni libri. A guidare la delegazione il vescovo di Mantova, monsignor Roberto Busti, e il presidente della fondazione, don Giuseppe Giussani, che sottolinea la forza della vivace testimonianza di don Mazzolari, come "apostolo di pace, precursore del concilio e prete sempre in prima linea contro le ingiustizie, accanto ai poveri". Una forza che può incidere ancora oggi nella società.
"Riscoprire il suo profilo è anche un passo importante per il prossimo anno sacerdotale indetto del Papa" dice don Giussani, e annuncia che il 14 aprile le poste italiane emetteranno un francobollo commemorativo.

(©L'Osservatore Romano - 2 aprile 2009)


+PetaloNero+
00giovedì 2 aprile 2009 01:39
Presentati a Roma due libri sul continente africano
Giovanni Paolo II e l'“Ecclesia in Africa” attraverso lo sguardo di un giornalista



CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 1° aprile 2009 (ZENIT.org).- All'indomani della prima visita apostolica di Benedetto XVI come Pontefice in Africa (in Camerun e Angola dal 17 al 23 marzo), sono stati presentati questo lunedì a Roma due libri sul continente africano opera di Jean-Baptiste Sourou, giornalista e docente di Comunicazione all’Università Gregoriana.

I due volumi, intitolati “Jean-Paul II: Pape blanc et Africain” ed “Ecclesia in Africa à la lumière de l'esprit d'Assise”, appaiono a pochi mesi dalla celebrazione del secondo Sinodo dei Vescovi per l'Africa, che si svolgerà in Vaticano dal 4 al 25 ottobre sul tema “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo (Mt 5, 13.14)”.

Nel Sinodo, ha spiegato Sourou alla “Radio Vaticana”, “si parlerà di giustizia, pace, riconciliazione”. Se la Chiesa vuole testimoniare questo, ha osservato, può prendere esempio da San Francesco d'Assisi.

“Lo spirito di Assisi è prima di tutto l’esperienza di San Francesco a contatto con il Vangelo di Gesù Cristo”, ha ricordato, sottolineando che “se siamo fedeli al Vangelo, possiamo dire davvero che stiamo diventando altri San Francesco per la Chiesa in Africa”.

L'esperto ha riconosciuto che Papa Wojtyła è stato e rimane un punto di riferimento per gli africani, che “come hanno accolto Giovanni Paolo II, così hanno accolto anche Benedetto XVI”, perché la sua è la figura del successore di Pietro.

“Lo hanno accolto come la persona che assicura unità, come il padre di famiglia che viene a visitare i suoi figli. C’è stata grande gioia ovunque: nelle strade, nelle liturgie”.


Circa le polemiche sulla questione del preservativo, Suorou ha dichiarato che “i media europei hanno perso un’occasione di tacere”.

“Non possono continuare a pensare per gli africani, a voler rispondere sempre al posto degli africani – ha denunciato –. Siamo abbastanza adulti e capaci di riflettere con il nostro cervello. Siamo in grado di aprire la bocca e dire cose sensate. Ne abbiamo abbastanza, siamo stanchi di questo. Siamo adulti, siamo capaci”.

“E' il momento di prendere in mano il nostro destino e di pensare ad altri modi per far sentire la nostra voce”.

In occasione della presentazione dei due libri, il segretario della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, l'Arcivescovo Robert Sarah, si è soffermato sui titoli dei testi.

“Giovanni Paolo II: Papa bianco e africano”, ha constatato, “colpisce subito i lettori” perché il Pontefice polacco in effetti “ha amato e s'è lasciato coinvolgere, e per così dire, integrare dal e nel continente africano”.

L'altro libro, invece, “presenta la via maestra del dialogo, interreligioso ed ecumenico, a partire dalla povertà che Assisi ispira – ha spiegato –. Cioè, un distacco da tutto e da tutti che permetta di abbracciare in Cristo, tutto e tutti”.

Il fatto che Giovanni Paolo II abbia visitato ben 16 volte l'Africa dal 1980 al 2000 “dimostra un interesse, addirittura un affetto preferenziale, una immedesimazione crescente nello stile di vita del mondo africano”, ha affermato il presule, secondo quanto riportato da “L'Osservatore Romano”.

“Incoraggiava chi soffriva o veniva perseguitato a causa della fede o della carità”. “A ogni costo, egli voleva rendersi conto delle situazioni; e con questo ruolo, voleva che le Chiese locali da lui visitate, fossero coinvolte in prima persona per il recupero della carità e della pace e la propagazione della fede cristiana. Desiderava che le rispettive gerarchie e anche le rispettive autorità civili cogliessero il suo stile di servizio”.

“Percepiva la profonda influenza delle religioni tradizionali africane e delle culture che ne sono maturate, a monte del cristianesimo e dell'islam; e ne voleva il rispetto”, “ma sentiva pure l'imperativo di Cristo, anzi del Figlio di Dio stesso fattosi anche uomo, alfa e omega di ogni rivelazione e di ogni profeta”.

“Pensando a quanti in Africa non conoscono il Cristo a quanti potrebbero, anzi dovrebbero far conoscere il Cristo”, Papa Wojtyła “ha sollecitato dei Sinodi per l'Africa stessa, come coesione di forze autoctone per uno slancio missionario o meglio, per un rilancio della missione nel continente stesso così che il Vangelo raggiunga e, se possibile, penetri nel cuore di ogni africano. Anche in quelle terre dove il cristianesimo è stato fatto sparire”.

Secondo monsignor Sarah, “le aperture di Giovanni Paolo II non potevano che essere accolte e sviluppate dal suo successore”, che lo fa “con la promozione di 'cantieri di teologia e di solidarietà' che, d'altra parte, non devono svilupparsi che a partire da ciascuna Chiesa locale africana”.

“Da ciascuna di esse, devono a poco a poco maturare risorse umane, intellettuali ed economiche per una autosufficienza tale che possa in breve diventare dono a chi è o ha ancora meno di loro”, ha spiegato.

In questo modo, la speranza “diventa fiducia e coraggio a dispetto della scarsità dei mezzi economici e la non sovrabbondanza delle persone. Fiducia e coraggio delle persone e nelle persone già disponibili a rischiare tutto. Persone pronte a essere adulte; non più 'oggetto da assistere o da sostenere' ma 'soggetti responsabili' che si slanciano in nuove avventure missionarie innanzitutto nello stesso continente africano”.

+PetaloNero+
00giovedì 2 aprile 2009 01:39
L’Imperatore d’Austria che Papa Wojtyla tanto ammirava
di Renzo Allegri

ROMA, mercoledì, 1° aprile 2009 (ZENIT.org).- Il primo di aprile di 87 anni fa moriva Carlo d’Asburgo Lorena, ultimo Imperatore d’Austria proclamato beato nell’ottobre del 2004. Alla morte aveva soltanto 34 anni ed era in esilio a Madeira, cacciato dal trono dalle nuove forze politiche che si erano rafforzate nel Paese dopo la prima guerra mondiale e che si opponevano a Carlo perché cattolico osservante e rappresentante di quell’antico Sacro romano impero che difendeva la Chiesa.

Il 2 aprile, invece, ricorre il quarto anniversario della morte di un altro grande, grandissimo uomo: Carlo Wojtyla e cioè Papa Giovanni Paolo II.

In due giorni si ricordano gli anniversari di un Imperatore già beato e di un Papa, che dovrebbe essere proclamato beato a breve. Austriaco il primo, polacco il secondo. Due eccezionali protagonisti della storia del secolo Ventesimo. Due persone che non si sono mai conosciute su questa terra, ma che erano legate dalla fede cristiana, dalla pratica eroica delle virtù evangeliche nella vita quotidiana e anche da un sottile e misterioso dettaglio affettivo: avevano avuto al battesimo lo stesso nome, Carlo.

In genere, nei libri biografici di Papa Giovanni Paolo II non si trova alcun cenno a questo dettaglio. Dai registri parrocchiali si sa che venne battezzato con due nomi: Karol Jozef (Carlo Giuseppe). Tutti i biografi hanno sempre scritto che il primo nome ricordava il padre del futuro Papa, che si chiamava appunto Karol (Carlo), mentre il secondo, Jozef, gli era stato dato in omaggio al generale Pilsudski, l’eroe fondatore della Repubblica Polacca.

Ma recentemente su questo argomento ho raccolto una testimonianza nuova e inedita. Uno dei tre figli viventi dell’Imperatore Carlo I Suoi altezza imperiale reale Arciduca Rodolfo, mi ha raccontato che lo stesso Giovanni Paolo II gli ha rivelato perché al battesimo fu chiamato Carlo. "Fu durante un’udienza privata che Papa Wojtyla concesse alla mia famiglia", mi ha raccontato l’Arciduca Rodolfo. "C’erano i miei figli, con le loro famiglie e c’era anche mia madre, l’Imperatrice Zita. Il Papa ci accolse con grande cordialità. Parlò con grande entusiasmo di mio padre, l’Imperatore Carlo. E rivolgendosi a mia madre, la chiamava “la mia Imperatrice” e ogni volta si inchinava verso di lei. Ad un certo momento disse: “Sapete perché al battesimo io fui chiamato Carlo? Proprio perché mio padre aveva una grande ammirazione per l’Imperatore Carlo I, di cui è stato un soldato".

Testimonianza molto significativa che spiega la costante ammirazione manifestata sempre da Giovanni Paolo II per l’Imperatore austriaco. Aveva imparato a conoscerlo dal proprio genitore, Karol Wojtyla senior, che era stato sottufficiale del 56° reggimento di fanteria dell’esercito austroungarico, quindi soldato dell’Imperatore Carlo I°. Fin da allora, Karol Wojtyla senior aveva intuito la grandezza morale e spirituale del suo Imperatore e se ne era entusiasmato al punto da dare al proprio figlio quel nome. E, mano a mano che il figlio cresceva, gli trasmetteva la vera storia di quell’Imperatore, confutando le dicerie e le calunnie diffuse da coloro che lo avevano cacciato dal trono.

Così, anche il futuro Papa imparò ad apprezzare il giovane e sfortunato Imperatore austriaco, vedendo in lui una rara e fulgida figura di sovrano giusto e leale, generoso e amorevole, pronto a qualsiasi sacrificio personale per il bene del popolo. Per questo, da Papa, ne sostenne apertamente e con entusiasmo il processo di beatificazione e quando potè celebrare la solenne cerimonia lo fece con gioia, indicando il sovrano austriaco come modello per tutti gli uomini politici.

Quando, nel 2004, venne diffusa la notizia che l’Imperatore Carlo I° d’Austria sarebbe stato beatificato, molti, anche in ambito cattolico, si meravigliarono. Trovavano strano che un Imperatore, cioè un uomo appartenente al mondo dei nobili, dei ricchi, dei potenti della terra potesse diventare santo.

I giornali ricordarono figure del passato: Re Stefano d’Ungheria, Sant’Agnese di Praga, Sant’Elisabetta d’Ungheria, Sant’Enrico II Imperatore, Santa Brigida di Svezia, San Luigi IX re di Francia, San Ferdinando re del Portogallo eccetera, sottolineando, però, che si trattava di “regnanti” vissuti in tempi molto lontani, quando i processi di beatificazione non erano rigorosi come lo sono ora, mentre Carlo I d’Austria era morto nel 1922, all’inizio del secolo scorso, meno di cento anni prima. Era un uomo giovane, intelligente, colto, bello, marito di una principessa bellissima, Zita dei Borboni Parma, dalla quale aveva avuto otto figli. Per la mentalità moderna, sembrava impossibile che una persona del genere avesse esercitato le virtù evangeliche in maniera eroica al punto da meritare la gloria degli altari.

Su di lui inoltre circolavano molti pregiudizi. Gli storici laici lo avevano sempre definito “un debole e un incapace”. Salito al trono nel 1916, quando era in pieno svolgimento la Prima guerra mondiale, lo incolpavano di non essere stato capace di vincere la guerra. Per questo, dopo il conflitto era stato esiliato dal suo Paese. Ma, poi, alla luce di una grande mole di documenti emersi al processo di beatificazione e di altri studi pubblicati dopo quel processo, si è scoperto invece che l’Imperatore Carlo I fu un politico lungimirante, che voleva il “bene vero” dei suoi sudditi, che aveva grandi idee d’avanguardia per l’Europa.

"Sì, il processo di beatificazione ha molto contribuito a cambiare il giudizio che gli storici avevano sempre dato su mio nonno", dice l’arciduchessa Catharina d’Austria, figlia dell’arciduca Rodolfo. "Finalmente, molti studiosi hanno cominciato a mettere da parte i pregiudizi derivanti dal fatto che mio padre era un cattolico praticante, e hanno iniziato a valutarne obbiettivamente le idee politiche, constatando che erano geniali".

Trentasei anni, laureata in Giurisprudenza e specializzata in Scienze politiche, Catharina d’Austria è autrice di vari saggi storici sui personaggi della propria famiglia e, naturalmente, anche lei grande appassionata della storia del suo illustre nonno

"Oggi per fortuna, molti riconoscono che mio nonno fu un illuminato pacifista, uno dei primi convinti sostenitori di una Grande Europa Unita, basata non sui conflitti armati ma sulla cooperazione, sul rispetto delle minoranze, delle autonomie, delle culture e delle singole persone. Se fosse stato ascoltato, l’Europa unita sarebbe nata molto prima, e certamente non ci sarebbero stati gli orrori della terribile Seconda guerra mondiale".

L’arciduchessa Catharina d’Austria, che ha sposato un italiano, il conte Massimiliano Secco d’Aragona, cittadino bresciano, è promotrice di varie iniziative a favore della conoscenza vera dell’Imperatore Carlo I d’Austria. A Brescia, dove spesso vive con il marito e i due figli, Costantino, 8 anni, e Nicolò, 6, ha patrocinato un centro culturale e religioso che ha lo scopo di far conoscere ed apprezzare la vita, l’opera e la santità del Beato Imperatore Carlo d’Austria. Questo centro ha sede nella parrocchia di San Gottardo, dove si conservano alcune reliquie dell’Imperatore. Al movimento hanno aderito importanti personalità del mondo cattolico, uomini politici, professori universitari, vescovi e prelati illustri. In quel centro, gestito dal parroco monsignor Arnaldo Morandi, si tengono convegni, conferenze, dibattiti per approfondire la conoscenza della politica cristiana di Carlo I Imperatore.

"Io sono la più piccola dei nipoti dell’Imperatore Carlo I", dice l’arciduchessa Catharina. "Ho imparato a conoscerlo soprattutto attraverso i racconti di mia nonna, l’Imperatrice Zita dei Borboni Parma. Passava molto tempo nella nostra casa a Bruxelles e io, essendo la più piccola, ero un po’ la sua coccola. Era religiosissima. Fu lei a insegnarmi il catechismo e a prepararmi per la Prima Comunione. Parlava sempre del nonno. Ne parlava con tale trasporto che era impossibile non rimanere affascinati. E, dai suoi racconti, mi sono fatta l’idea che il nonno non fu un santo solo da adulto, da Imperatore, ma da sempre, da ragazzo, da giovane, da fidanzato. Un grande santo".

A Roma, intanto, l’avvocato Andrea Ambrosi, postulatore della causa di beatificazione dell’Imperatore Carlo I d’Austria, sta lavorando per l’ultima tappa del processo: la “canonizzazione”, cioè la proclamazione della santità. Per raggiungere questo traguardo, la Chiesa richiede l’approvazione di un nuovo miracolo, avvenuto dopo che il soggetto era stato proclamato beato. E questo miracolo per l’Imperatore d’Austria Carlo I c’è già. Riguarda una signora americana, Tamara Staggs, di Orlando, in Florida. Nel 2002 fu colpita da tumore maligno alla mammella. Fu operata e sottoposta a chemioterapia, ma nel 2004 il male si ripresentò più grave, con metastasi anche al fegato. Medicine e terapie risultarono inutili. La situazione precipitava. I medici dissero che all’ammalata restavano pochi mesi di vita.

I coniugi Melancon, amici della signora Tamara, ma amici anche della famiglia del beato Carlo, dalla quale avevano ricevuto in dono una reliquia, cominciarono a pregare l’Imperatore per la guarigione della signora Tamara. La cosa sembrava un po’ “difficile” perchè la signora Tamara non era di religione cattolica, ma riuscirono egualmente a coinvolgerla nelle preghiere e, all’improvviso, arrivò la guarigione.

Il 19 gennaio 2005, una TAC evidenziava, in modo del tutto inatteso, la completa scomparsa delle metastasi epatiche. Successivi controlli, ripetuti periodicamente – l’ultimo nell’ottobre 2008 – hanno dimostrato che del male non c’è più alcuna traccia.

A Orlando è già stato fatto il processo diocesano per questa guarigione con le deposizioni giurate di tutti i testimoni e dei medici. L’incartamento è già a Roma. "Sono trascorsi tre anni dalla guarigione, quindi va ritenuta inconfutabile", dice il postulatore avvocato Ambrosi. "Ho già fatto esaminare il caso anche a un famoso oncologo dell’Università 'La Sapienza' di Roma, che lo ha ritenuto validissimo. Però, per avere la certezza assoluta, ho deciso di aspettare fino al 2010, cioè cinque anni dopo la guarigione. E sono certo che questo miracolo farà diventare presto Santo l’Imperatore d’Austria".


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00giovedì 2 aprile 2009 16:09
Messa presieduta da Benedetto XVI a quattro anni dalla morte di Papa Wojtyla


Sono passati esattamente quattro anni dalla morte del Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II. Nella Basilica Vaticana alle 18.00 sarà celebrata la Santa Messa presieduta da Benedetto XVI. Al termine del rito, Benedetto XVI scenderà nelle Grotte Vaticane e pregherà insieme con alcuni giovani davanti alla tomba di Giovanni Paolo II. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

Benedetto XVI ha invitato specialmente i giovani a partecipare alla Santa Messa nel quarto anniversario della morte di Giovanni Paolo II per ricordare “l’amato predecessore” e preparare insieme la Giornata mondiale della Gioventù che si celebrerà domenica a livello diocesano. Si vuole così rinnovare lo stretto legame con i giovani protagonisti del pontificato di Giovanni Paolo II, come spiega al microfono di Gabriella Ceraso il vaticanista e scrittore Gian Franco Svidercoschi:

“Credo che l’attenzione ai giovani sia stata una cosa prioritaria del Papa, fin dal primo momento, fin dal primo giorno, dalla prima Messa: 'voi siete il futuro della Chiesa - disse - siete il mio futuro'. In qualche modo lui ha ribaltato un atteggiamento delle nuove generazioni che allora, alla fine degli anni ’70, si stavano distaccando dalla Chiesa. Penso che questo sia dovuto, soprattutto, al fatto che lui ha parlato e annunciato il Vangelo in maniera radicale: ha parlato di doveri, di diritti. I giovani hanno sentito di avere questo punto di riferimento per i loro problemi fondamentali, un punto di trascendenza: lui gli ha fatto capire che c’era qualcosa di più oltre questa vita, anche se quella trascendenza si poteva cominciare a vivere già ora, qui. I giovani si sentivano coinvolti in questa responsabilità. Wojtyla ha plasmato una nuova spiritualità, una nuova maniera di essere cristiani nella società di oggi senza rinunciare alla propria identità, ma senza nemmeno aver paura della società di oggi”.

Le pagine del Vangelo sfogliate dal vento durante il funerale di Giovanni Paolo II sono rimaste scolpite nella memoria e la testimonianza data da Papa Wojtyla è oggi un messaggio di speranza soprattutto per i giovani. E’ quanto sottolinea, sempre al microfono di Gabriella Ceraso, la responsabile del Centro Internazionale dei giovani nei pressi di San Pietro, Leen Den Blauwen:

“Il suo atteggiamento forse ha aperto la Chiesa ad un mondo di giovani che non era stato ancora molto scoperto ma penso che sia una scoperta della società, della cultura in generale. Penso che Papa Giovanni Paolo II abbia dato ai giovani il messaggio della speranza, speranza di poter cambiare il mondo in sé o la speranza anche per la propria vita. Penso che i giovani di oggi abbiano bisogno di una guida ed è questo che abbiamo trovato in Papa Giovanni Paolo II e adesso anche in Benedetto XVI. Quando Papa Karol Wojtyla è morto c’è stato da un lato il dolore ma anche poi la gioia di avere un intercessore molto forte per la Chiesa ed anche per i giovani”.

Giovanni Paolo II - scrive sull’Osservatore Romano il direttore dei Programmi della nostra emittente, padre Andrezej Koprowski – “è stato il vero mistico che ha saputo vedere non le folle ma le singole persone”: ha guidato il cristianesimo nell’areopago sociale, culturale e politico del mondo contemporaneo. In molti cuori sono custodite emozioni, immagini e parole, oggi ricordate con grande commozione dai tanti pellegrini che si sono recati alla tomba di Giovanni Paolo II. Ecco alcune testimonianze:

R. - Era molto dolce, dava tanta serenità.


R. - Per me, è il “mio” Papa, sono nata nel ’79, quindi sono cresciuta con lui e per me sarà sempre il “mio” Papa.


R. - Secondo me Giovanni Paolo II è stato un Papa che ha dato un grande esempio, per il suo spiccato senso di partecipazione verso i giovani. E’ stato un personaggio importante per la storia del ’900.


R. - Giovanni Paolo II è stato un Papa veramente straordinario e ogni cosa e ogni pensiero ci riporta a lui. E’ una presenza forte che continua a vivere nei nostri cuori.


R. - E’ venuto a Como e quando è passato si è fermato, mi ha dato la mano, ho baciato l’anello. Non lo dimenticherò mai!


[Radio Vaticana]
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00giovedì 2 aprile 2009 16:10
Mons. Migliore: i Paesi ricchi rendano i popoli poveri protagonisti del loro sviluppo


Intervento critico ieri dell’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu, alla Commissione su Popolazione e sviluppo, riunita nel Palazzo di Vetro a New York. Il servizio di Roberta Gisotti.


Per raggiungere il progresso globale si deve puntare “primariamente sui programmi e i valori che sostengono lo sviluppo personale e sociale”. Lo ha ribadito a nome della Santa Sede l’arcivescovo Migliore. “Accesso all’educazione, opportunità economiche, stabilità politica, sanità di base e supporto per le famiglie devono restare i fondamenti per raggiungere gli obiettivi di sviluppo”, fissati nel 2000 dalle Nazioni Unite nel Vertice del Millennio. Invece – ha notato il presule – nel leggere i documenti preparatori della Commissione si ha “l’impressione che le popolazioni siano viste come un ostacolo” piuttosto che “contributrici essenziali” per il successo di quegli obiettivi e di uno sviluppo sostenibile.


E se prima della Conferenza sulla popolazione e lo sviluppo al Cairo nel ’94 – ha ricordato il rappresentante vaticano - molti demografi e politici paventavano un incremento della popolazione mondiale che avrebbe creato un carico opprimente con terribili possibili conseguenze, quali penurie alimentari, fame generalizzata, distruzioni ambientali e conflitti, ora dopo 15 anni la crescita demografica ha cominciato a rallentare e la produzione di cibo continua a crescere al punto che è in grado di sostenere una popolazione più numerosa. E per ironia – ha rimarcato mons. Migliore - la maggior distruzione ambientale è perpetrata dagli Stati con più bassa crescita demografica, che in patria sostengono la crescita ma contemporaneamente lavorano per ridurla nei Paesi in via di sviluppo.


La Chiesa e i tutti i suoi diversi organismi – ha sottolineato ancora il presule - mostrano con le loro opere ed attività che l’attenzione verso il povero - assieme alla riduzione generale della povertà - “serve da modello per un approccio allo sviluppo centrato sull’uomo”. E per questo la Santa Sede conferma le sue “riserve” poste alla Conferenza del Cairo e a quella di Pechino sulla donna nel ’95, e così anche rinnova la “ferma dichiarazione” riguardo l’aborto che “non è forma legittima” che possa rientrare nei campi della salute sessuale e riproduttiva, dei diritti o dei servizi.


[Radio Vaticana]
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00giovedì 2 aprile 2009 16:11
Nelle meditazioni della Via Crucis di mons. Menamparampil i mali del mondo letti con gli occhi della fede

Un percorso lungo le vie dell’umanità, 14 stazioni dove si incontrano le ingiustizie e le sofferenze di oggi, gli odi e le guerre che distruggono intere nazioni: sarà tutto questo la Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo presieduta dal Papa e meditata dall’arcivescovo di Guwahati, in India, mons. Thomas Menamparampil. I testi del presule indiano, salesiano, alla guida di una diocesi che conta 50 mila cattolici su 6 milioni di abitanti, arriveranno nei tre punti vendita della Libreria Editrice Vaticana – in piazza San Pietro, piazza Pio XII e via di Propaganda – il 6 aprile, Lunedì Santo. Le meditazioni offrono un ampio sguardo sulla realtà di oggi, dove spesso il senso del sacro e lo slancio verso Dio sono soffocati dall’effimero e da scelte opportunistiche. Il servizio di Tiziana Campisi:

“Tutto non è perduto nei momenti di difficoltà. Quando le cattive notizie si susseguono” e “siamo oppressi dall’ansia”, quando la disgrazia scoraggia, le calamità fanno vittime e la “fede è messa alla prova”: è questo il cuore del messaggio delle meditazioni dell’arcivescovo di Guwahati. I testi della Via Crucis di mons. Thomas Menamparampil fanno riflettere sul mistero della sofferenza cristiana, sulla violenza che dilania gruppi etnici e religiosi e imperversa in alcune nazioni, sui conflitti tra interessi economici e politici. Mali che scaturiscono dall’avarizia, dall’orgoglio e dalla concupiscenza, dal nostro rincorrere “soddisfazioni effimere e idee indimostrate”.


C’è da farsi un esame di coscienza di fronte ad odio e guerre, scrive il presule, “quando la giustizia viene amministrata in modo distorto nei tribunali, quando la corruzione è radicata, le strutture ingiuste schiacciano i poveri, le minoranze sono soppresse, i rifugiati e i migranti maltrattati”. Non c’è da puntare il dito verso gli altri “quando la persona umana è disonorata sullo schermo, … le donne sono costrette ad umiliarsi” e “i bambini dei quartieri poveri vanno in giro per le strade a raccogliere i rifiuti”, c’è invece da domandarsi quanta parte possiamo avere avuto in queste forme di disumanità. Nella realtà di oggi, osserva mons. Menamparampil, ci si “preoccupa di ciò che procura … soddisfazione immediata. Ci si accontenta di risposte superficiali. Si prendono decisioni non sulla base di principi di integrità, ma di considerazioni opportunistiche”, non si scelgono “opzioni moralmente responsabili” e “si danneggiano gli interessi vitali della persona umana e della famiglia”. Il cristiano, invece, deve avere una condotta giusta, integra e onesta, deve avere il “coraggio di assumere decisioni responsabili” quando rende “un servizio pubblico”, deve combattere per la giustizia sfidando “il nemico con la giustezza della propria causa” e suscitando “la buona volontà dell’oppositore”, perché “desista dall’ingiustizia con la persuasione e la conversione del cuore”. Gli esempi ce li hanno offerti Gandhi e tanti “piccoli di Dio”.


Sono arricchite da citazioni di Dante, Shakespeare, Tagore, Newman, le 14 stazioni del vescovo indiano; hanno parole semplici, che colpiscono per la loro chiarezza, soprattutto quando propongono similitudini fra il Calvario di Gesù e il mondo contemporaneo. Così, le umiliazioni subite da Cristo oggi possono essere intraviste nella banalizzazione del sacro, nel riporre il sentimento religioso “tra i resti sgraditi dell’umanità”. Eppure, medita mons. Menamparampil, i Simone di Cirene ci sono ancora. In quei “milioni di cristiani di umili origini con un profondo attaccamento a Cristo”, in uomini e donne “d’Africa, d’Asia” e di lontane isole, terre dove fioriscono vocazioni, dove “piccole comunità e tribù” sono profondamente radicate nei valori etici e si aprono al Vangelo e dove si scopre “la grandezza di ciò che sembra piccolo”, come ci ha mostrato Madre Teresa di Calcutta.


E non dimentica, l’arcivescovo di Guwahati, di denunciare le iniquità che colpiscono l’universo femminile quando ricorda l’incontro di Gesù con le donne di Gerusalemme. E il pianto per i propri figli oggi è ciò che aspetta le nuove generazioni in un ambiente degradato, dove si sprecano risorse e vi è noncuranza per il futuro, si abbandonano i valori familiari, le tradizioni religiose e non si rispettano norme etiche.


Attraverso la figura di Maria, poi, il vescovo indiano cerca di far capire che il perdono va vissuto nella fede e nella speranza. La madre di Gesù non ha mostrato segni di risentimento sotto la croce, non ha avuto parole di amarezza; così, dinanzi alle “offese storiche che per secoli feriscono le memorie delle società”, il perdono deve farci trasformare l’“ira collettiva in nuove energie d’amore”.


Quello del vescovo indiano è un continuo richiamo alla morte che conduce a vita. Morendo Cristo ci ha portato redenzione, sicché tragedie come uno tsunami ci dicono che “la vita va presa seriamente”, e città come Hiroshima e Nagasaki sono da guardare come luoghi di pellegrinaggio. Poiché “quando la morte colpisce da vicino, un altro mondo ci si fa accanto. Allora ci liberiamo dalle illusioni ed abbiamo la percezione di una realtà più profonda". Realtà che per i cristiani è Gesù, potenza e sapienza di Dio.


[Radio Vaticana]
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00giovedì 2 aprile 2009 16:15
Conclusa in Vaticano la riunione della Commissione per la Chiesa in Cina

Si è conclusa ieri in Vaticano la seconda riunione della Commissione che Benedetto XVI ha istituito nel 2007 per studiare le questioni di maggiore importanza, relative alla vita della Chiesa in Cina. In un contesto di intensa partecipazione e di un vivo desiderio di offrire un servizio alla Chiesa in Cina – riferisce un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede - la Commissione, i cui lavori sono iniziati il 30 marzo, ha approfondito il tema della formazione dei seminaristi e delle persone consacrate e la formazione permanente dei sacerdoti.

“In unione con i Vescovi della Chiesa in Cina, principali responsabili delle comunità ecclesiali – riporta il comunicato della Sala Stampa - si cercherà di promuovere una più adeguata formazione umana, intellettuale, spirituale e pastorale del clero e delle persone consacrate che hanno l’importante compito di agire come fedeli discepoli di Cristo e come membri della Chiesa e di contribuire al bene del loro Paese come esemplari cittadini”. Al riguardo sono risuonate illuminanti le parole della Lettera che Benedetto XVI ha indirizzato nel 2007 ai cattolici in Cina: “La Chiesa, sempre e dovunque missionaria, è chiamata alla proclamazione e alla testimonianza del Vangelo. Anche la Chiesa in Cina deve sentire nel suo cuore l’ardore missionario del suo Fondatore e Maestro. (…) Ora spetta a voi, discepoli cinesi del Signore, essere coraggiosi apostoli del Regno di Cristo. Sono sicuro – scrive il Papa - che grande e generosa sarà la vostra risposta” (n. 17).

“I partecipanti – prosegue la nota - facendo anche riferimento alla propria esperienza, a volte sofferta, hanno messo in risalto problematiche complesse dell’attuale situazione ecclesiale in Cina, che derivano non solamente dalle difficoltà all’interno della Chiesa ma anche dai rapporti non facili con le Autorità civili. In questo contesto – si legge nel comunicato - si è appresa con profondo dolore la notizia del nuovo arresto di mons. Giulio Jia Zhiguo, vescovo della diocesi di Zhengding. Situazioni di questo genere creano ostacoli a quel clima di dialogo con le competenti Autorità … auspicato vivamente” dal Papa. “Non si tratta, purtroppo, di un caso isolato – precisa la Sala Stampa: anche altri ecclesiastici sono privati della libertà o sono sottoposti a indebite pressioni e limitazioni nelle loro attività pastorali”. A tutti costoro, i partecipanti assicurano la loro “vicinanza fraterna” e la “costante preghiera, in questo tempo quaresimale, illuminato dal Mistero Pasquale”.

La riunione si è conclusa con un incontro con il Santo Padre, che “come successore di Pietro, perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità dell’Episcopato (cf. ivi, n. 5), ha sottolineato l’importanza di aiutare i cattolici in Cina a far conoscere agli altri la bellezza e la ragionevolezza della fede cristiana e a presentarla come la proposta che offre le migliori risposte dal punto di vista intellettuale ed esistenziale”. Benedetto XVI ha infine “ringraziato i presenti per il loro impegno nel campo della formazione e li ha incoraggiati a continuare il loro servizio per il bene della Chiesa in Cina”.


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00giovedì 2 aprile 2009 16:16
Il cordoglio del Papa per la morte del cardinale Betti

Si è spento ieri nel convento di San Francesco a Fiesole, in provincia di Firenze, il cardinale Umberto Betti, dell'Ordine dei Frati Minori e già rettore della Pontificia Università Lateranense: aveva compiuto 87 anni il 7 marzo scorso. Il Papa, in un telegramma inviato a padre José Rodriguez Carballo, ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori, ha espresso il suo “profondo dolore” per la scomparsa del porporato ricordando “con animo grato al Signore” il ministero da lui svolto “con zelo … particolarmente quale illustre teologo perito del Concilio Vaticano II” e come “apprezzato consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede e della Segreteria di Stato e magnifico rettore della Pontificia Università Lateranense”.

Nato a Pieve Santo Stefano, diocesi di Arezzo, era stato ordinato sacerdote il 6 aprile 1946.
Professore di teologia dogmatica ha collaborato attivamente alla elaborazione delle Costituzioni dogmatiche Lumen gentium e Dei verbum durante il Concilio. Nel 1995 Giovanni Paolo II gli aveva conferito la Croce pro Ecclesia et Pontifice. Benedetto XVI lo aveva creato cardinale il 24 novembre del 2007. Le esequie si svolgeranno domani nella cattedrale di Fiesole alle 16 e saranno celebrate dal prefetto della Congregazione per i Vescovi il cardinale Giovanni Battista Re.

Con la sua scomparsa il Collegio Cardinalizio è ora composto da 186 porporati, di cui 115 elettori e 71 ultraottantenni.


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00giovedì 2 aprile 2009 16:16
Il Papa ai vescovi argentini: annuncio e testimonianza del Vangelo, primo servizio dei cristiani al mondo


L’urgenza di realizzare una vasta e incisiva azione evangelizzatrice” che “porti a una rinascita spirituale e morale” delle comunità ecclesiali e della società è stata sottolineata stamani dal Papa durante l’incontro con un altro gruppo della Conferenza episcopale argentina in visita ad Limina. Il servizio di Sergio Centofanti.

“L'annuncio e la testimonianza del Vangelo – ha ribadito Benedetto XVI - sono il primo servizio che i cristiani possono rendere a ogni persona e all'intero genere umano” perché “non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con Lui”.


“Evangelizzare – ha proseguito il Papa - è anzitutto testimoniare, in maniera semplice e diretta, Dio rivelato da Gesù Cristo, nello Spirito Santo. Testimoniare che nel suo Figlio ha amato il mondo”. Pertanto non significa soltanto “trasmettere o insegnare una dottrina, ma annunciare Cristo, il mistero della sua Persona e del suo amore”.


“Questo annuncio chiaro ed esplicito di Cristo come Salvatore degli uomini – ha aggiunto - si inserisce nella ricerca appassionante della verità, della bellezza e del bene che caratterizza l’essere umano” e tenendo conto che “la verità non si impone che per la forza della verità stessa”.


Ogni attività evangelizzatrice – ha sottolineato il Pontefice - nasce da “un triplice amore”: amore “per la Parola di Dio, per la Chiesa e per il mondo”. “Compito prioritario della Chiesa, all'inizio di questo nuovo millennio, è innanzitutto nutrirsi della Parola di Dio” che "non si può comprendere separata e al margine della Chiesa" ma va accolta “in spirito di comunione e fedeltà al Magistero”.


Il Papa ricorda che “la prima forma di evangelizzazione è la testimonianza della propria vita”:
oggi più che mai – ha concluso – c’è bisogno di sacerdoti, religiosi e laici santi che possano attrarre a Cristo gli uomini del nostro tempo con la testimonianza chiara di una vita coerente ed esemplare.



www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=773&sett...

Paparatzifan
00giovedì 2 aprile 2009 22:37
Dal blog di Lella...

L'evento

"Sarà un bel mondiale"
Il Papa saluta il volley


Gli organizzatori della rassegna iridata del prossimo anno sono stati ricevuti da Benedetto XVI. Una festa, con 300 bambini nei campetti allestiti in Piazza San Pietro

di FULVIO BIANCHI

ROMA

"Sarà un bellissimo Mondiale": queste le parole rivolte da S. S. Benedetto XVI al presidente del Comitato Organizzatore dei Mondiali di pallavolo maschile 2010, Carlo Salvatori, a quello della Federazione Italiana Pallavolo, Carlo Magri, e al direttore generale del Comitato, Francesco Ghirelli, al termine dell'udienza che si è tenuta questa mattina in Piazza San Pietro. E%u2019 stata una bella festa, con circa 300 bambini che hanno giocato a minivolley in San Pietro, per la prima volta. Il Pontefice, al termine dell%u2019 udienza, si è intrattenuto con la delegazione dopo aver ricevuto dalle mani di Mauro e Vittoria, due piccoli pallavolisti romani, la maglia della Nazionale Italiana con la scritta Benedetto XVI, il pallone ufficiale dei Mondiali che l'anno prossimo si terranno in 10 città italiane dal 24 settembre al 10 ottobre (Milano, Catania, Roma, Reggio Calabria, Trieste, Modena, Verona, Torino, Ancona e Firenze) e una targa ricordo della giornata.

FESTA CON 300 BAMBINI

Il Santo Padre ha anche chiesto informazioni sulle date del Mondiale e su quali città verranno coinvolte, chiudendo l'incontro con una benedizione "speciale" per tutta la delegazione composta da oltre 150 persone. Prima dell'udienza, come detto, un altro momento unico quando 300 bambini coordinati dal Comitato Provinciale e Regionale di Roma e Lazio, hanno giocato per la prima volta a minivolley in Piazza San Pietro, dove sono stati montati 16 campetti.

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+PetaloNero+
00venerdì 3 aprile 2009 01:36
"Un ardito e intrepido testimone di Cristo". Benedetto XVI ricorda Giovanni Paolo II a quattro anni dalla morte


Un ardito e intrepido testimone di Cristo che riusciva a comunicare una forte carica di speranza. Benedetto XVI ha ricordato così questo pomeriggio durante la Santa Messa nella Basilica Vaticana il Servo di Dio Giovanni Paolo II nel IV annniversario della morte. “Il suo ricordo – ha detto il Papa – continua ad essere vivo nel cuore della gente, come dimostra l’ininterrotto pellegrinaggio di fedeli alla sua tomba, nelle Grotte Vaticane”. In preparazione della gmg che a livello diocesano si celebra domenica prossima sul tema “Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente, erano presenti giovani romani e di altre parti del mondo. Il Papa ha chiesto loro di diventare un’oasi di speranza per la società contemporanea. Al termine della celebrazione Bendetto XVI si è recato in preghiera sulla tomba del suo predecessore. Il servizio è di Paolo Ondarza

Un’esortazione a divenire piccole sorgenti di speranza nel mondo e a non fare della speranza cristiana un’ideologia, o slogan di gruppo. L’ha lanciata Benedetto XVI ai giovani partecipanti alla cappella papale per il defunto pontefice Giovanni Paolo II. Solo vivendo di Cristo e in Cristo – ha spiegato il Papa – è possibile propagare la fiamma di quell’amore che Gesù ha acceso sulla terra, portare alta la fiaccola della fede e della speranza.



E’ la fiaccola che il Papa Giovanni Paolo II ci ha lasciato in eredità. L’ha consegnata a me, come suo successore; ed io questa sera la consegno idealmente, ancora una volta, in un modo speciale a voi, giovani di Roma, perché continuiate ad essere sentinelle del mattino, vigili e gioiosi in quest’alba del terzo millennio.


Rendere testimonianza a Cristo senza mezzi termini richiede coraggio: Benedetto XVI ricorda come Karol Wojtyla sin da giovane si mostrò intrepido e ardito difensore di Cristo: “per Lui non esitò a spendere ogni energia al fine di diffonderne dappertutto la luce, non accettò di scendere a compromessi quando si trattava di proclamare e difendere la sua Verità”.


Il Santo Padre ha constatato come l’esperienza spirituale di Giovanni Paolo II mostri che Dio rende fecondo l’impegno sincero e generoso di chi, pur nelle difficoltà, sceglie di testimoniare il Vangelo. Basti pensare ai molti figli e figlie generati alla fede nel suo lungo pontificato:


Quante vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, quante giovani famiglie decise a vivere l’ideale evangelico e a tendere alla santità sono legate alla testimonianza e alla predicazione del mio venerato Predecessore! Quanti ragazzi e ragazze si sono convertiti, o hanno perseverato nel loro cammino cristiano grazie alla sua preghiera, al suo incoraggiamento, al suo sostegno e al suo esempio!



A pochi mesi dall’inizio dell’anno sacerdotale il Papa ha chiesto disponibilità alla chiamata di Gesù. Poi ha ricordato i tanti giovani raccolti in preghiera nell’ora dell’agonia e della morte di Giovanni Paolo II.


Speriamo vivamente che dal Cielo non cessi di accompagnarci e di intercedere per noi. Aiuti ciascuno di noi a vivere, come lui ha fatto, ripetendo giorno dopo giorno a Dio, per mezzo di Maria con piena fiducia: Totus tuus.

Rivolto ai numerosi pellegrini polacchi ha rinnovato l’indimenticabile l’appello della gmg di Tor Vergata:



Nie lękajcie się zawierzyć Chrystusowi. On was poprowadzi, da wam siłę, byście szli za Nim każdego dnia i w każdej sytuacji”

“Non abbiate paura di affidarvi a Cristo. Egli vi guiderà, vi darà la forza di seguirlo ogni giorno e in ogni situazione»


Quindi pensando al luminoso esempio di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI ha ribadito l’urgenza educativa che oggi concerne famiglie, chiesa, società e specialmente le nuove generazioni:

“nell’età della crescita i ragazzi avvertono il bisogno di persone che sappiano insegnare con la vita ancor prima che con le parole, a spenderdi per alti ideali”.


[Radio Vaticana]




Benedetto XVI: i giovani, "oasi di speranza" nel mondo
Omelia per il quarto anniversario della morte di Giovanni Paolo II
di Inma Álvarez


CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 2 aprile 2009 (ZENIT.org).- "Giovanni Paolo II riusciva a comunicare una forte carica di speranza, fondata sulla fede in Gesù Cristo", e questa è l'eredità spirituale che ha voluto trasmettere ai giovani, ha affermato Benedetto XVI questo giovedì pomeriggio nella Messa celebrata nella Basilica di San Pietro in occasione del quarto anniversario della morte del suo predecessore.

In una Basilica piena di giovani, presenti a Roma per la celebrazione diocesana della Giornata Mondiale della Gioventù (la Domenica delle Palme), il Papa ha evocato "l'entusiasmo che Giovanni Paolo II sapeva infondere nelle nuove generazioni".

"Cari amici, meditando su questa pagina del Vangelo di Giovanni, viene spontaneo considerare quanto sia difficile in verità rendere testimonianza a Cristo. Ed il pensiero va all'amato Servo di Dio Karol Wojtyła - Giovanni Paolo II, che sin da giovane si mostrò intrepido e ardito difensore di Cristo", ha affermato.

Il Papa ha sottolineato la fecondità spirituale del pontificato del suo predecessore, soprattutto con i giovani: "egli ha generato alla fede molti figli e figlie. Ne siete segno visibile voi, cari giovani presenti questa sera: voi, giovani di Roma e voi, giovani venuti da Sydney e da Madrid, a rappresentare idealmente le schiere di ragazzi e ragazze che hanno partecipato alle ormai 23 Giornate Mondiali della Gioventù, in varie parti del mondo".

"Quante vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, quante giovani famiglie decise a vivere l'ideale evangelico e a tendere alla santità sono legate alla testimonianza e alla predicazione del mio venerato Predecessore! Quanti ragazzi e ragazze si sono convertiti, o hanno perseverato nel loro cammino cristiano grazie alla sua preghiera, al suo incoraggiamento, al suo sostegno e al suo esempio!", ha aggiunto.

La chiave, ha spiegato, è che Giovanni Paolo II "riusciva a comunicare una forte carica di speranza, fondata sulla fede in Gesù Cristo".

E' proprio questo il tema scelto per la Giornata diocesana di quest'anno: "Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente". Questa speranza, ha aggiunto, è "una fiducia non basata su idee o previsioni umane, bensì su Dio, il 'Dio vivente'".

"Cari giovani, non si può vivere senza sperare. L'esperienza mostra che ogni cosa, e la nostra vita stessa sono a rischio, possono crollare per qualche motivo a noi interno o esterno, in qualsiasi momento. È normale: tutto ciò che è umano, e dunque anche la speranza, non ha fondamento in se stesso, ma necessita di una 'roccia' a cui ancorarsi", ha detto il Pontefice.

Per questo, ha invitato ciascuno a essere "una piccola sorgente di speranza per il suo prossimo", auspicando che tutti insieme i giovani diventino "un'oasi di speranza per la società all'interno della quale siete inseriti".

Ha avvertito anche contro la tentazione di ridurre la speranza cristiana a "ideologia, a slogan di gruppo, a rivestimento esteriore. Nulla di più contrario al messaggio di Gesù!".

In particolare, ha invitato a essere generosi con la propria vita: "Durante l'Anno Sacerdotale che inizierà il 19 giugno prossimo, rendetevi prontamente disponibili, se Gesù vi chiama, a seguirlo nella via del sacerdozio e della vita consacrata".

Grande educatore

Il Papa ha voluto sottolineare l'importanza che Giovanni Paolo II dava all'educazione dei giovani e alla necessità di proporre modelli. "Nell'età della crescita, i ragazzi hanno bisogno di adulti capaci di proporre loro principi e valori; avvertono il bisogno di persone che sappiano insegnare con la vita, ancor prima che con le parole, a spendersi per alti ideali".

"Come padre affettuoso e attento educatore, indicava sicuri e saldi punti di riferimento indispensabili per tutti, in special modo per la gioventù".

"Anch'io come sapete ho voluto riprendere questa sua ansia, soffermandomi in diverse occasioni a parlare dell'urgenza educativa che concerne oggi le famiglie, la chiesa, la società e specialmente le nuove generazioni", ha detto Benedetto XVI.

Questa fecondità spirituale, ha segnalato, è stata particolarmente evidente in occasione dell'agonia e della morte di Giovanni Paolo II.

In quei momenti, "questa nuova generazione volle manifestargli di aver compreso i suoi ammaestramenti, raccogliendosi silenziosamente in preghiera in Piazza San Pietro e in tanti altri luoghi del mondo. Sentivano, i giovani, che la sua scomparsa costituiva una perdita: moriva il 'loro' Papa, che consideravano 'loro padre' nella fede. Avvertivano al tempo stesso che lasciava loro in eredità il suo coraggio e la coerenza della sua testimonianza", ha aggiunto.

Nel suo discorso, il Papa si è anche rivolto in polacco ai giovani presenti nella Basilica, esortandoli ad accogliere l'appello di Giovanni Paolo II: "Non abbiate paura di affidarvi a Cristo. Egli vi guiderà, vi darà la forza di seguirlo ogni giorno e in ogni situazione".
+PetaloNero+
00venerdì 3 aprile 2009 01:37
Benedetto XVI, “il Papa della fede non separata dalla ragione”
Parla il Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della CEI



ROMA, giovedì, 2 aprile 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI è “il Papa della fede non separata dalla ragione”, afferma il Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), in un'intervista a Tempi.


Nel testo, il porporato ripercorre alcune delle questioni che hanno suscitato più dibattiti di recente, partendo dalla Lettera che il Papa ha scritto ai Vescovi del mondo per spiegare le ragioni della remissione della scomunica ai quattro Vescovi “lefebvriani”, che il Cardinale definisce un testo che “passerà alla storia come la cifra di un Papa e di un papato”.

“Di un Papa che non ha niente da nascondere di proprio e quindi non ha paura di presentarsi ai suoi confratelli nell’episcopato, alla Chiesa e al mondo intero con una straordinaria, grandiosa umiltà”, specifica.

“Il candore del Papa è disarmante e colpisce tutti, credenti e non credenti. È un candore che non ha paura ad entrare direttamente nei problemi – anche i più spinosi, i più delicati – di fronte ai quali il Papa sente la sua profonda responsabilità di pastore e di maestro a cui non può sottrarsi”.

“In questo quadro di estrema trasparenza e umiltà disarmante il Santo Padre ha dato la corretta interpretazione del suo Pontificato e del servizio petrino”, “che è per confermare la fede del popolo di Dio, per custodire e promuovere l’unità della comunità cristiana”, dichiara il Presidente della CEI.

Allo stesso tempo, aggiunge, “mette anche in evidenza ciò che gli sta più a cuore: la conferma della fede dei fratelli, l’unità della Chiesa, il cammino ecumenico, il dialogo interreligioso”, “facendo appello a tutta la cristianità perché si stringa attorno al servizio di Pietro per questi stessi scopi”.

“La passione per l’evangelizzazione”, osserva il Cardinal Bagnasco, “è propria di Pietro e si declina in Benedetto XVI all’insegna di una particolare chiarezza di predicazione e di una particolare profondità”; “profondità che non è oscurità di linguaggio perché arriva al cuore di tutti in quanto l’attuale magistero petrino usa sia della fede, che è la chiave interpretativa di accesso alla rivelazione, ma anche della ragione”.

Per questo motivo, constata, “la figura di questo Pontefice sembra suscitare in un certo mondo laicista qualche problema in più, qualche maggiore apprensione”, perché si sente di aver di fronte “un uomo e un Papa che si presenta alla Chiesa e al mondo con il linguaggio della fede non disgiunto dalla ragione”.


Il timore, confessa, “è che l’aggressione nei suoi confronti derivi dallo spiazzamento che produce in certi ambienti laicisti questa sollecitudine verso tutto ciò che è umano, quindi cristiano”. Il Papa, infatti, “usa una ragionevolezza di fondo che si presenta e si offre a qualunque uomo di pensiero, di intelligenza e di riflessione”.

La polemica sui preservativi e il caso Englaro

Il Cardinal Bagnasco affronta quindi le polemiche suscitate dalle affermazioni del Papa sui preservativi durante la sua visita pastorale in Africa, chiedendosi “se questo polverone creato attorno a un brevissimo passaggio”, in cui Benedetto XVI ha esposto “nient’altro che la posizione della Chiesa di sempre, nulla di nuovo”, “non puntasse a distogliere l’attenzione sugli altri temi, decisivi, che il Papa ha toccato nel suo viaggio”.


“Mi è stato riferito di illustri studiosi e comunque operatori impegnati in prima linea nella ricerca e lotta contro l’Aids, che hanno espresso pieno accordo con le parole del Pontefice”, ricorda.

“Mi pare quindi – aggiunge – che a volte certe contestazioni sono un po’ enfatizzate. Ci sono, per carità, le critiche ci sono e sono legittime. Il problema è che spesso vengono presentate come universali quando in realtà sono unilaterali”.


Quanto al caso di Eluana Englaro, il porporato commenta che “innanzitutto rimane un grande dolore. Perché è successo quello che si sperava non accadesse mai nel nostro Paese”.

“Il dolore non dovrebbe passare – dichiara –. Non dovrebbe passare in fretta. Non dovrebbe passare mai. È una ferita che deve lasciare il segno per farci più attenti e pensosi, più lucidi e meno ideologici nell’affrontare il grande tema della vita e della morte”.

In questo contesto, auspica “una legge che sia veramente promotrice della vita, soprattutto della vita fragile, che solleciti la società ad accompagnare la vita ferita. Senza permettere, come il Santo Padre ha detto, che ci siano scorciatoie come quella dell’eutanasia, o di altra natura, che non portano il bene della persona”.

L'Europa riscopra la religione

Il Cardinale osserva quindi che l'Europa deve riscoprire la religione, perché fuori dal continente “la religione non è ostracizzata”, ma “inclusa, riconosciuta, valorizzata, proprio nella costruzione della società civile e della cultura”.

“Quanto più l’Europa pretende di cancellare Dio dal suo orizzonte, tanto più questo atteggiamento determina nel resto del mondo un clima di sospetto. E anche di deprezzamento”, osserva.

“Negare il valore della dimensione religiosa nella persona, con la ricaduta che ha nella società – perché la persona non può vivere scissa tra privato e pubblico, la persona è sintesi non schizofrenia tra privato e pubblico – vuol dire andare fuori dalla realtà”.


+PetaloNero+
00venerdì 3 aprile 2009 16:17
Il Cardinale Stanisław Ryłko loda il lavoro delle Giornate Mondiali della Gioventù
Durante l'incontro a Roma con leader di questo evento ecclesiale

di Carmen Elena Villa

ROMA, venerdì, 3 aprile 2009 (ZENIT.org).- Il presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, il Cardinale Stanisław Ryłko, ha affermato questo venerdì che grazie alle Giornate Mondiali della Gioventù "è nata una nuova generazione di giovani capaci di andare controcorrente".

Il porporato si è riferito a questo tema durante il saluto ai partecipanti all'incontro dei responsabili della GMG, iniziato in mattinata a Roma e al quale prendono parte circa 120 rappresentanti di varie Diocesi e movimenti ecclesiali del mondo, soprattutto di Europa, Nordamerica, Asia e Oceania.

Ryłko ha iniziato il suo intervento ringraziando la Conferenza Episcopale Australiana per la sua ospitalità e ha ricordato le parole di Giovanni Paolo II, che ha definito questo evento ecclesiale un "laboratorio della fede dei giovani".

L'incontro, in svolgimento fino a domenica 5 aprile, vuole compiere un bilancio dell'organizzazione e delle esperienze della Giornata Mondiale della Gioventù celebrata a Sydney (Australia) nel 2008 per proiettarsi verso la celebrazione dell'edizione dell'estate 2011, a Madrid (Spagna).

"Alla Giornata Mondiale della Gioventù si deve infatti non solo la nascita di una nuova generazione di giovani, ma anche la nascita di una nuova generazione di operatori pastorali capaci di rispondere ai problemi del nostro tempo e alla nostalgia del loro cuore", ha segnalato il Cardinale Ryłko.

Il porporato ha indicato che la fede dei giovani è "una provocazione che vince la pusillanimità" e un invito "a indicare ai giovani la strada", "affinché l'entusiasmo trovi un giusto ordine".

Il Cardinale ha anche avvertito che questo evento non può essere visto come "un'appendice all'azione pastorale della Chiesa", sostenendo piuttosto che questa deve prestare speciale attenzione alla pastorale giovanile, "che non può permettersi la routine, ma richiama alla conversione del cuore e alla continua ricerca di vivere sempre per l'annuncio di Cristo".

Il Cardinale Ryłko ha quindi segnalato l'importanza del lavoro congiunto tra la Chiesa universale e la pastorale locale e ha lodato il lavoro di catechesi che centinaia di Diocesi in tutto il mondo hanno realizzato con i giovani, sia prima che dopo la Giornata Mondiale della Gioventù.

"Le Giornate Mondiali della Gioventù sono diventate provvidenziali catalizzatori a favore della giovane generazione", ha aggiunto, osservando che questi eventi si trasformano in un'opportunità unica per i giovani che vogliono vivere coerentemente la loro fede e che "difficilmente trovano spazio nei media, nei giornali e nella televisione".

Il porporato ha constatato di sperare che nel percorso che porta verso Madrid "discenda in noi la fiamma viva della passione pastorale per i giovani".

Grazie alle Giornate Mondiali della Gioventù, ha concluso, i giovani "dicono sì a Cristo, alla Chiesa, alla ricerca del senso vero della vita".

+PetaloNero+
00venerdì 3 aprile 2009 16:18
Tanti giovani alla Messa presieduta da Benedetto XVI a quattro anni dalla morte di Papa Wojtyla


Un ardito e intrepido testimone di Cristo che riusciva a comunicare una forte carica di speranza. Benedetto XVI ha ricordato così ieri pomeriggio, durante la Santa Messa nella Basilica Vaticana, il Servo di Dio Giovanni Paolo II nel quarto annniversario della morte. “Il suo ricordo – ha detto il Papa – continua ad essere vivo nel cuore della gente, come dimostra l’ininterrotto pellegrinaggio di fedeli alla sua tomba, nelle Grotte Vaticane”. In preparazione della Gmg che a livello diocesano si celebra domenica prossima sul tema “Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente", erano presenti tanti giovani romani e di altre parti del mondo. Il Papa ha chiesto loro di diventare un’oasi di speranza per la società contemporanea. Al termine della celebrazione Bendetto XVI si è recato in preghiera sulla tomba del suo predecessore. Il servizio è di Paolo Ondarza:

"La vostra presenza mi richiama alla mente l'entusiasmo che Giovanni Paolo II sapeva infondere nelle nuove generazioni".


Un’esortazione a divenire piccole sorgenti di speranza nel mondo e a non fare della speranza cristiana un’ideologia o slogan di gruppo. L’ha lanciata Benedetto XVI ai giovani partecipanti alla cappella papale per il defunto Pontefice Giovanni Paolo II. Solo vivendo di Cristo e in Cristo – ha spiegato il Papa – è possibile propagare la fiamma di quell’amore che Gesù ha acceso sulla terra, portare alta la fiaccola della fede e della speranza:


"E’ la fiaccola che il Papa Giovanni Paolo II ci ha lasciato in eredità. L’ha consegnata a me, come suo successore; ed io questa sera la consegno idealmente, ancora una volta, in un modo speciale a voi, giovani di Roma, perché continuiate ad essere sentinelle del mattino, vigili e gioiosi in quest’alba del terzo millennio".


Rendere testimonianza a Cristo senza mezzi termini richiede coraggio: Benedetto XVI ricorda come Karol Wojtyla sin da giovane si mostrò intrepido e ardito difensore di Cristo: “per Lui non esitò a spendere ogni energia al fine di diffonderne dappertutto la luce, non accettò di scendere a compromessi quando si trattava di proclamare e difendere la sua Verità”. Il Santo Padre ha constatato come l’esperienza spirituale di Giovanni Paolo II mostri che Dio rende fecondo l’impegno sincero e generoso di chi, pur nelle difficoltà, sceglie di testimoniare il Vangelo. Basti pensare ai molti figli e figlie generati alla fede nel suo lungo pontificato:


"Quante vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, quante giovani famiglie decise a vivere l’ideale evangelico e a tendere alla santità sono legate alla testimonianza e alla predicazione del mio venerato Predecessore! Quanti ragazzi e ragazze si sono convertiti, o hanno perseverato nel loro cammino cristiano grazie alla sua preghiera, al suo incoraggiamento, al suo sostegno e al suo esempio!"

A pochi mesi dall’inizio dell’anno sacerdotale il Papa ha chiesto disponibilità alla chiamata di Gesù. Poi ha ricordato i tanti giovani raccolti in preghiera nell’ora dell’agonia e della morte di Giovanni Paolo II:


"Speriamo vivamente che dal Cielo non cessi di accompagnarci e di intercedere per noi. Aiuti ciascuno di noi a vivere, come lui ha fatto, ripetendo giorno dopo giorno a Dio, per mezzo di Maria con piena fiducia: Totus tuus".


Rivolto ai numerosi pellegrini polacchi ha rinnovato l’indimenticabile appello della Gmg di Tor Vergata:


Nie lękajcie się zawierzyć Chrystusowi. ...
“Non abbiate paura di affidarvi a Cristo. Egli vi guiderà, vi darà la forza di seguirlo ogni giorno e in ogni situazione".


Quindi pensando al luminoso esempio di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI ha ribadito l’urgenza educativa che oggi concerne famiglie, chiesa, società e specialmente le nuove generazioni:


“Nell’età della crescita i ragazzi avvertono il bisogno di persone che sappiano insegnare con la vita ancor prima che con le parole, a spendersi per alti ideali”.


Tanti i giovani presenti in San Pietro: cosa ha lasciato in loro la figura di Giovanni Paolo II? Ascoltiamo alcune testimonianze raccolte da Marina Tomarro.

R. – E’ stato uno dei volti più importanti per quanto riguarda noi giovani, perché ha dato sempre gran voce ai ragazzi e questa è stata una cosa molto importante.


R. – E’ stato lui che, comunque, mi ha dato l’esempio del Cristo in Croce, del Cristo Risorto, perché anche quando era malato ha detto: “Cristo non è sceso dalla Croce, e io non scendo”.


R. – Per noi è molto emozionante essere qui oggi, anche perché eravamo qui in piazza quattro anno fa. Giovanni Paolo II ha segnato un po’ la nostra vita; i suoi gesti, le sue parole sono rimasti nella mia formazione. Penso soprattutto alla Gmg di Roma: io sono della diocesi di Roma, per me il momento della Gmg di Roma è stato un momento di grazia.


R. – Era una persona che non aveva assolutamente paura di dire quello che pensava, ha infuso questo coraggio e questa voglia anche a noi.


R. – Giovanni Paolo II ha dato tanto ai giovani perché si è saputo rapportare con noi. Comunque, se dopo quattro anni ancora veniamo qua, è perché vediamo anche in Benedetto XVI una figura che vuole continuare questo amore, questo coinvolgimento verso i giovani.


D. – La figura di Benedetto XVI quanto è importante nella tua vita?


R. – Il 19 aprile, quando è stato eletto, io ero qua ed è stato bello perché l’abbiamo accolto con amore, subito. Noi Benedetto XVI lo amiamo proprio perché è il Successore di Pietro.


R. – Ha uno stile diverso, ma è un punto di riferimento che chiama ciascuno di noi a seguire Cristo che è la Verità, la Via e la Vita.


[Radio Vaticana]
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