Notizie dal B16F

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+PetaloNero+
00venerdì 3 aprile 2009 16:18
Padre Lombardi: stupore per la risoluzione del parlamento belga sul Papa


I vescovi del Belgio hanno espresso il proprio “rammarico” per la risoluzione approvata ieri dalla Camera dei deputati del Paese che definisce “inaccettabili” le recenti dichiarazioni del Papa riguardo alla lotta all’Aids. In una nota diffusa oggi, i presuli affermano il proprio rispetto per il “carattere democratico” della decisione, ma sottolineano che “non tiene conto di ciò che Benedetto XVI ha realmente voluto esprimere”: e cioè che “senza una educazione alla responsabilità sessuale, gli altri mezzi di prevenzione resteranno deficitari”. “Ci auguriamo – affermano i vescovi belgi - che con l'avvicinarsi della Pasqua, la polemica emotiva possa smorzarsi. Ciò di cui il nostro Paese e l'Africa hanno bisogno è una riflessione serena su tutti i mezzi da mettere in campo per frenare l'epidemia dell'Aids". Ma ascoltiamo una riflessione del nostro direttore padre Federico Lombardi:

“La risoluzione approvata dalla Camera dei deputati belga suscita stupore, dato che in ogni Paese democratico appare ovvia la libertà del Santo Padre e della Chiesa cattolica di esprimere le proprie posizioni e linee di azione su argomenti che hanno evidente attinenza con la visione della persona umana e della sua responsabilità morale, con le prospettive di impegno educativo e formativo delle persone, con il servizio di cura dei malati e dei sofferenti. La grande tradizione ed esperienza della Chiesa nel campo formativo e in quello sanitario, in particolare anche nei Paesi più poveri, è così evidente da non aver bisogno di dimostrazioni o commenti. Viene anche da domandarsi se le posizioni del Santo Padre siano state considerate con sufficiente attenzione e serietà, o piuttosto attraverso il filtro non obiettivo ed equilibrato di echi nei media occidentali”.


[Radio Vaticana]
+PetaloNero+
00venerdì 3 aprile 2009 16:19
Messaggio del cardinale Tauran ai buddisti per la festa di Vesakh

Scegliere la povertà interiore, che purifica dall’egoismo, e combattere quella esteriore che offende la dignità umana. E’ la sfida che impegna i cattolici, secondo gli insegnamenti del Papa, e che trova affinità con la “testimonianza di distacco” offerta dai buddisti. Lo scrive il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, nel tradizionale Messaggio inviato ai seguaci del buddismo in occasione della loro prossima festa di Vesakh. “Questa celebrazione annuale - si legge nel Messaggio - offre ai cattolici l’opportunità di scambiare auguri con gli amici ed i vicini buddisti e di rafforzare, in tal modo, i legami di amicizia già esistenti e crearne di nuovi”. Legami che inoltre dimostrano in “modo sempre più chiaro che, insieme, noi - afferma il cardinale Tauran - siamo in grado non solo di contribuire, nella fedeltà alle nostre rispettive tradizioni spirituali, al benessere delle nostre comunità, ma anche a quello di tutta la comunità umana”.

In particolare, prosegue il Messaggio, nella lotta a quel tipo di povertà che, figlia del consumismo, “impedisce alle persone e alle famiglie di vivere secondo la loro dignità”, perché “offende la giustizia e l’uguaglianza” e “minaccia la convivenza pacifica”. Tuttavia, osserva il presidente del dicastero pontificio, questo tipo di lotta presuppone una “povertà da scegliere”, cioè uno “svuotamento del proprio io”, dei propri egoismi, che riesce a suscitare nei cristiani “una volontà disponibile ad ascoltare Dio” e ad aiutare il prossimo. Ed è qui, prosegue il cardinale Tauran, che i cattolici guardano all’“illuminante testimonianza di distacco e di appagamento per ciò che si ha” vissuta dai “cari amici buddisti”. “Monaci, monache e molti laici devoti tra di voi - riconosce il porporato - abbracciano la povertà ‘da scegliere’, che nutre spiritualmente il cuore umano, arricchendo in maniera sostanziale la vita con uno sguardo più profondo sul significato dell’esistenza e sostenendo l’impegno a promuovere la buona volontà dell’intera comunità umana”.


[Radio Vaticana]
+PetaloNero+
00venerdì 3 aprile 2009 16:21
Benedetto XVI all'ambasciatore dominicano: trovare nell'identità cristiana la forza per sconfiggere povertà, corruzione e narcotraffico


Sradicare povertà, narcotraffico e corruzione politica facendo leva sui valori cristiani che da più di cinque secoli modellano il volto della Repubblica Dominicana. E’ uno dei pensieri che Benedetto XVI ha espresso durante l’udienza concessa questa mattina al nuovo ambasciatore dello Stato dell’America centrale presso la Santa Sede - il 58.enne Victor Manuel Grimaldi Céspedes - ricevuto per la presentazione delle Lettere credenziali. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Fu sul territorio oggi appartenente alla Repubblica Dominicana che più di 500 anni fa fu celebrata la prima Messa del continente americano. Da quel luogo partì l’evangelizzazione che ha permesso al Paese centroamericano di coltivare e irrobustire le “profonde radici cattoliche”, che oggi fanno parte del “ricco patrimonio culturale profondamente inscritto nell’anima del popolo”, e che il prossimo 8 agosto troveranno una solenne espressione nei festeggiamenti per il quinto centenario della creazione dell’arcidiocesi di Santo Domingo.

E’ su questa piattaforma di valori spirituali e umani che Benedetto XVI ha fondato la sua analisi e i suoi auspici per la Repubblica Dominicana. Il Papa si è congratulato, attraverso il neo ambasciatore, con le autorità del suo Paese per i “significativi cambiamenti politico-sociali” che hanno portato a ribadire “la difesa e la diffusione dei valori umani basilari”, come il riconoscimento e la tutela della dignità umana, la difesa della vita dal concepimento alla morte naturale e la salvaguardia della famiglia fondata sul matrimonio. Nonostante ciò, ha osservato Benedetto XVI:

“C’è ancora un lungo cammino da percorrere per assicurare una vita degna ai dominicani e sradicare le piaghe della povertà, il narcotraffico, l’emarginazione e la violenza. Così come tutto ciò che è volto a rafforzare la istituzioni è essenziale per il benessere della società, che poggia su pilastri come il perseguimento dell’onestà e della trasparenza, l’indipendenza giuridica, la cura e il rispetto dell’ambiente e il potenziamento dei servizi sociali, sanitari e educativi per tutta la popolazione”.
Un’azione a tutto campo per la quale il Papa ha assicurato l’appoggio della Chiesa cattolica locale, già in prima linea - ha ricordato il Pontefice - proprio nei settori dell’educazione e dell’assistenza ai poveri e ai malati, agli anziani e agli orfani:

“La Chiesa, che non può mai confondersi con la comunità politica, converge con lo Stato nel promuovere la dignità e la ricerca del bene comune della società”.
Un bene comune che proprio per essere tale, ha proseguito Benedetto XVI, deve combattere la deriva della corruzione, che grava - ha affermato - soprattutto sulle fase della popolazione più povere e indifese. In definitiva, ha concluso il Papa, “nell’instaurare un clima di reale concordia e di ricerca di risposte e soluzioni efficaci e stabili per i problemi più urgenti. Le autorità dominicane incontreranno sempre la mano tesa della Chiesa, per la costruzione di un civiltà più libera, pacifica, giusta e fraterna”.


[Radio Vaticana]
+PetaloNero+
00venerdì 3 aprile 2009 16:22
La predica quaresimale di padre Cantalamessa: il dono più bello è diffondere ovunque speranza

Lo Spirito Santo è la forza che ci fa sempre sperare nonostante le difficoltà e le tribolazioni: è quanto ha detto stamani padre Raniero Cantalamessa nella quarta ed ultima meditazione quaresimale svolta nella Cappella Redemptoris Mater alla presenza del Papa e della Curia Romana. Ce ne parla Sergio Centofanti.

Lo Spirito Santo – ha detto il predicatore della Casa Pontificia – “mette ali alla nostra speranza”, “ci spinge in avanti”, “ci mantiene in cammino” non permettendoci “di adagiarci e diventare un popolo sedentario”: è “potenza dall’alto” che ci rende “capaci di portare la salvezza ai confini della terra”. E’ l’anima stessa della nostra speranza in virtù della quale – come dice Benedetto XVI - noi possiamo vivere anche un presente faticoso, perché sappiamo che conduce ad una meta “così grande da giustificare la fatica del cammino”:


“Noi abbiamo bisogno di speranza per vivere e abbiamo bisogno di Spirito Santo per sperare! Ogni tempo è buono per sperare ma soprattutto il tempo della tribolazione, ben sapendo – scrive l’apostolo delle genti – che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza è dunque la virtù più necessaria in questo tempo di crisi per il mondo e di tribolazione per la Chiesa”.


Padre Cantalamessa segnala un pericolo:


“Uno dei pericoli principali nel cammino spirituale è quello di scoraggiarsi di fronte al ripetersi degli stessi peccati e all'apparentemente inutile succedersi di propositi e ricadute. La speranza ci salva. Essa ci dà la forza di ricominciare sempre da capo, di credere ogni volta che sarà la volta buona, della vera conversione. Così facendo, si commuove il cuore di Dio il quale verrà in nostro soccorso con la sua grazia tenendo conto di tutte le volte che abbiamo avuto il coraggio di ricominciare”.


E il compito del cristiano è portare la luce in un mondo spesso dominato dalle tenebre:


“Non possiamo accontentarci di avere speranza solo per noi. Lo Spirito Santo vuole fare di noi seminatori di speranza. Non c'è dono più bello che diffondere in casa, in comunità, nella Chiesa locale e universale, speranza. Essa è come certi moderni prodotti che rigenerano l'aria, profumando tutto un ambiente”.


La fede in Cristo – ha concluso padre Cantalamessa – ci invita a “sperare, sperare sempre, e se abbiamo già sperato mille volte e invano, tornare a sperare ancora!” .



www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=775&sett...

+PetaloNero+
00venerdì 3 aprile 2009 16:22
Siamo fedeli al Vangelo se solleciti verso i poveri: così il Papa ai soci del Circolo San Pietro

Benedetto XVI ha ricevuto in udienza una delegazione del Circolo San Pietro. Il Papa ha espresso gratitudine per il contributo offerto alla comunità cristiana di Roma, specialmente verso poveri e indigenti. Con le vostre iniziative di solidarietà umana ed evangelica - ha detto il Santo Padre - “rendete presente la premura del Successore di Pietro verso chi si trova in condizioni di particolare necessità” soprattutto in un tempo, quello attuale, segnato dalla crisi economica mondiale. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

Rivolgendosi ai soci del Circolo San Pietro, Benedetto XVI ricorda le parole di Papa Leone Magno secondo cui la Croce di Cristo è “sorgente di tutte le benedizioni” e “causa di tutte le grazie”:

“Dalla Croce scaturisce anche la gioia e la pace del cuore, che rende testimoni di quella speranza di cui si avverte un grande bisogno in questo tempo di crisi economica diffusa e generalizzata”.

L’autenticità della fedeltà al Vangelo - afferma il Papa – si verifica anche in base alla sollecitudine che “ci sforziamo di manifestare verso il prossimo, specialmente verso i più deboli ed emarginati”. Il servizio caritativo, che può dispiegarsi in una molteplicità di forme, diventa una privilegiata forma di evangelizzazione, alla luce dell’insegnamento di Gesù:

“Perché allora il nostro servizio non sia soltanto azione filantropica, pur utile e meritevole, è necessario alimentarlo con costante preghiera e fiducia in Dio. Occorre armonizzare il nostro sguardo con lo sguardo di Cristo, il nostro cuore con il suo cuore”.

Tra qualche giorno - ricorda poi il Papa - avremo la possibilità nella Settimana Santa di “rivivere intensamente la manifestazione dell’Amore divino”:

“Il Triduo Pasquale sia per ciascuno di voi, cari fratelli, occasione propizia per rinsaldare e purificare la vostra fede; per aprirvi alla contemplazione della Croce che è mistero di amore infinito a cui attingere forza per fare della vostra esistenza un dono ai fratelli”.

Come ogni anno i soci hanno consegnato al Papa l’Obolo di San Pietro, raccolto nelle parrocchie romane per offrire un aiuto concreto al Santo Padre perché possa rispondere alle tantissime richieste che gli pervengono:

“Grazie per questo segno di comunione ecclesiale e di concreta partecipazione allo sforzo economico che la Sede Apostolica dispiega per andare incontro alle crescenti urgenze della Chiesa, specialmente nei Paesi più poveri della terra”.

Il Circolo San Pietro, fondato a Roma nel 1869, offre una silenziosa ed eloquente testimonianza evangelica. Il motto del sodalizio “Preghiera, Azione, Sacrificio” ricorda le direttrici delle molteplici iniziative caritatevoli che si articolano in diverse e preziose attività. Tra queste ci sono le cucine economiche che distribuiscono oltre 70 mila pasti all’anno e gli asili notturni per persone senza fissa dimora.



www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=776&sett...


+PetaloNero+
00venerdì 3 aprile 2009 16:23
Il Papa nomina mons. Nichols nuovo arcivescovo di Westminster

Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell'arcidiocesi di Westminster presentata dal cardinale Cormac Murphy O'Connor, per raggiunti limiti di età. Nuovo arcivescovo metropolita di Westminster è mons. Vincent Gerard Nichols, che il Pontefice ha trasferito dalla sede di Birmingham. Mons. Nichols è nato a Crosby, arcidiocesi di Liverpool. Ha 63 anni. Entrato nel Venerabile Collegio Inglese a Roma nel 1963, ha conseguito la Licenza in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana. Tornato in Inghilterra, ha continuato gli studi presso l’Università di Manchester dove ha ottenuto il grado di “Master of Arts”, con una tesi sulla teologia di San Giovanni Fisher. Ordinato sacerdote a 24 anni è stato responsabile di un gruppo di sacerdoti incaricati della pastorale per i poveri a Liverpool. Nel 1979 è stato nominato vice-cancelliere dell’arcidiocesi e, nell’anno seguente, direttore dello “Upholland Northern Institute”. Nel 1983 è stato eletto segretario generale della Conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles.Eletto vescovo titolare di Othona e ausiliare di Westminster il 5 novembre 1991, è stato consacrato il 24 gennaio 1992. Ha avuto la cura pastorale della zona settentrionale dell’arcidiocesi. Ha partecipato a diversi Sinodi a Roma, inclusi quelli per la Vita Consacrata, per l’Oceania e per l’Europa. Dopo la morte del cardinale Hume, è stato eletto amministratore dell’arcidiocesi di Westminster. Il 15 febbraio 2000 è stato promosso arcivescovo metropolita di Birmingham. Mons. Nichols è membro dello Standing Committee della Conferenza episcopale e presidente del Department of Catholic Education and Formation.
Il cardinale Cormac Murphy-O'Connor, che compirà 77 anni il prossimo 24 agosto, era arcivescovo di Westminster dal 2000. Ha svolto un ruolo significativo nell'ecumenismo in particolare per il dialogo con la Chiesa anglicana.


[Radio Vaticana]
Paparatzifan
00venerdì 3 aprile 2009 20:46
Dal blog di Lella...

Troppe repressioni in terra di Cina. Il Papa abbandona la soft diplomacy

di Paolo Rodari

apr 3, 2009 il Riformista

La lunga e filantropica lettera che Benedetto XVI scrisse oramai quasi due anni fa (giugno 2007) ai cattolici cinesi stava iniziando a sortire gli effetti sperati. Seppure non fosse una lettera prettamente politica (i destinatari, appunto, erano i cattolici del Paese), aveva indicato tra le pieghe dei suoi venti capitoli un cambiamento di rotta “politico” ben preciso.
Il Papa, per la prima volta, chiedeva alla Chiesa Patriottica, l’unica ufficialmente riconosciuta (voluta e istituita) dal governo, di collaborare con quella sotterranea e, quindi, seppure con le dovute cautele, di assoggettarsi all’autorità della Santa Sede. Un compito impervio visto il controllo che sulla Chiesa Patriottica esercita il regime. Un compito in parte attuato dai moltissimi vescovi patriottici i quali, nonostante il continuo indottrinamento subito da Pechino intorno all’ingerenza vaticana negli affari cinesi, da mesi sono in sostanziale comunione con Roma e con la Chiesa sotterranea.
L’unità tra Chiesa sotterranea e Chiesa Patriottica cementatasi a seguito della lettera papale non è andata giù al governo. Il quale ha reagito con l’atteggiamento di sempre e, nei giorni scorsi, con l’arresto del vescovo Giulio Jia Zhuigo. Un arresto che ha scosso la Santa Sede costringendola a indire (nei giorni scorsi in Vaticano) una sessione straordinaria della Commissione speciale sulla Cina.
La Commissione venne istituita da Benedetto XVI nel 2007.
Prima dei giorni scorsi si era riunita una sola volta. Dal 30 marzo al primo aprile di quest’anno, ai lavori hanno partecipato vescovi cinesi (è stato reso noto l’elenco) e diversi capi dicastero della curia romana.
Il risultato è stato reso noto in un comunicato ufficiale della Santa Sede che, per la prima volta dall’uscita della lettera di Ratzinger, prende le distanze in modo deciso dall’operato di Pechino.
Secondo la nota, infatti, l’arresto di Giulio Jia Zhuigo non rappresenta «un fatto isolato». «Purtroppo - si legge nel testo - anche altri ecclesiastici sono privati della libertà o sono sottoposti a indebite pressioni e limitazioni nelle loro attività pastorali».
La controffensiva vaticana è particolarmente significativa. Dice la nota che i lavori della Commissione si sono focalizzati sulla «formazione dei seminaristi e delle persone consacrate» e sulla «formazione permanente dei sacerdoti». Il messaggio indirizzato a Pechino è dunque chiaro: anche se il governo continua con le vessazioni contro i religiosi, il Vaticano insiste per offrire al Paese sacerdoti formati nel giusto modo, sacerdoti fedeli a Roma e che continuino il prezioso lavoro di evangelizzazione verso tutti i cinesi e di sostengo a tutti i cattolici residenti nel paese.
Spiega Bernardo Cervellera, direttore di Asianews, che «i circa 3 mila sacerdoti (ufficiali e sotterranei), gli oltre 1500 seminaristi (ufficiali e sotterranei), le oltre 5 mila suore e novizie (ufficiali e sotterranee) mancano spesso di formatori a causa delle persecuzioni passate e presenti». Hanno tutti «carenza di strumenti (pubblicazioni, contatti); soffrono di un dislivello grande fra sacerdoti anziani e giovani, mancando la generazione intermedia, corrispondente al periodo della Rivoluzione culturale (1966-1976), quando sono rimasti chiusi seminari, chiese e conventi. Più di tutto, hanno bisogno di aiuti per affrontare le nuove situazioni in cui vive la società: urbanesimo, consumismo, materialismo, migranti, ateismo scientista, ecc.».
Il Vaticano è a sostengo di questo piccolo “contingente religioso” che intende rivolgere le proprie attenzioni ed energie. Insieme, non mancherà di spingere questo contingente in avanti, verso un’azione missionaria che proprio nei posti del mondo dove la libertà religiosa è negata, come accade in Cina, vede sbocciare i suoi frutti migliori.
Del resto, lo disse lo stesso Benedetto XVI nella lettera del 2007: «La Chiesa - scrisse il Papa - sempre e dovunque missionaria, è chiamata alla proclamazione e alla testimonianza del Vangelo. Anche la Chiesa in Cina deve sentire nel suo cuore l’ardore missionario del suo Fondatore e Maestro». Un programma che la Commissione dei giorni scorsi ha sostanzialmente confermato.

© Copyright Il Riformista, 3 aprile 2009


Paparatzifan
00venerdì 3 aprile 2009 20:56
Dal blog di Lella...

Les nouveaux hussards du pape

Stéphanie Le Bars

Un collectif de "cathos fiers de leur pape" appelle à manifester "pacifiquement" devant les cathédrales de France, samedi 4 avril, en soutien à "notre très cher Saint-Père". "Montrons que les cathos ne sont pas morts. Mais faites attention de ne pas transmettre l'info à des anti-cathos", prévient le courrier qui circule sur le réseau social Facebook depuis quelques jours.
Dans la même veine, d'autres fervents fidèles de la "Génération Benoît XVI" ont offert au pape un site Internet pour lui manifester leur "entière confiance". En un mois d'existence, ce "Manifeste de carême", intitulé "Benoît, j'ai confiance en toi", a collecté plus de 27 000 signatures. Lors du week-end de Pâques, les laïcs à l'origine de cette initiative devraient "se rendre à Rome" pour remettre au pape la "liste des signataires".
"Nous voulons assurer Benoît XVI, très affecté par la tempête médiatique déchaînée contre lui, de notre attachement filial et de notre entière communion dans son effort de réconciliation. Les accusations mensongères proférées quotidiennement dans les médias jettent un discrédit profond sur la personne du pape", écrivent les promoteurs du site. Parmi eux, les inventeurs de Touche pas à mon pape !, qui ont repeint la petite main levée, symbole de l'antiracisme, aux couleurs du Vatican, jaune et blanc.
Tout aussi réactifs, au risque de dérapages, comme l'ont montré les altercations devant Notre-Dame de Paris, dimanche 22 mars, d'autres jeunes catholiques ont fondé le collectif Act Hope, en écho à l'association Act up. Leur combat : défendre Benoît XVI après le tollé suscité par ses propos sur les méfaits du préservatif dans la lutte contre le sida et dénoncer "les partis irrespectueux des bonnes moeurs et des croyants", Parti communiste et Verts.
Très présents sur Internet, militants et organisés, proches pour certains de la droite nationaliste, ces nouveaux hussards du pape à la "loyauté indéfectible" multiplient les initiatives en réaction aux critiques qu'essuie Benoît XVI depuis fin janvier. Après la levée de l'excommunication de quatre évêques intégristes, une série de déclarations ou de décisions venues de Rome ont suscité l'incompréhension d'une partie des catholiques et de l'opinion publique. Contre-feux allumés face à la crise de confiance que connaît l'Eglise, notamment en France, les prises de position identitaires et parfois radicales de soutien au pape entretiennent à leur tour de nouvelles crispations, confortant au passage certains fidèles dans une posture de repli.
"La période crée des tensions entre fidèles", reconnaît Emmanuel Delhoume, membre du Forum des républicains sociaux, le mouvement de Christine Boutin, et défenseur du courant traditionaliste dans l'Eglise. "Parce qu'il clarifie les choses, ce pontificat fait souffrir certains catholiques."

"SERRER LES RANGS"

"Ce climat provoque des crispations", estime aussi Jean-Yves Naudet, universitaire, président de l'Association des économistes catholiques. "La volonté de Benoît XVI de refaire l'unité de l'Eglise n'enchante pas toutes les sensibilités. Pourtant, pour éviter les tensions, mieux vaut serrer les rangs. Car le rôle des catholiques consiste à comprendre ce que veut le pape, pas à crier avec les loups."
"Il y a dans l'Eglise beaucoup de blessures et de divisions ; il nous faut retrouver le chemin du dialogue", défend Guillaume de Prémare, porte-parole du Comité Urgence pape. "La stratégie de la citadelle assiégée, ces raidissements sont un danger pour l'Eglise, car ils représentent des obstacles à la diffusion de l'Evangile", assure ce consultant en communication, qui juge "les violences contre-productives".
Avec Patrice de Plunkett et Vincent Neymon, deux autres professionnels de la communication convaincus du bien-fondé des orientations de Benoît XVI, M. de Prémare vient de lancer l'association Médias et Evangile. Visant une action à long terme, ces "catholiques fidèles au pape" veulent essayer de pallier "les erreurs de communication, le déficit d'explications et le manque de réactivité".
"Face à cette situation incroyable d'incommunicabilité entre l'Eglise et le monde, il y a un besoin de pédagogie pour dissiper les malentendus et traduire le message de l'Eglise auprès du grand public", explique M. de Prémare. Médias et Evangile aurait déjà reçu les offres de service d'une trentaine de professionnels de la communication.

© Copyright Le Monde, 3 aprile 2009


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Paparatzifan
00venerdì 3 aprile 2009 21:18
Dal blog di Lella...

PRIMO PIANO

Di Andrea Bevilacqua

Navarro Valls vuole piazzare un uomo Opus Dei. Cei infuriata per l'Osservatore pro-Pdl

Padre Lombardi sarà sostituito. Ma non immediatamente

Passano le tempeste mediatiche.
Vanno oltre gli autogol comunicativi ma anche di governo della Santa Sede, eppure la curia romana sembra capace d'un solo esercizio: quello di rimanere sempre uguale a se stessa. Immobile, immutabile, non cambia nemmeno quando tutto sembra dire: «Basta, è il tempo di una svolta». Non è stato sufficiente il caso Richard Williamson. E nemmeno il caso Gerhard Wagner, vescovo di Linz costretto alle dimissioni per volere della conferenza episcopale austriaca nonostante una previa decisione del Papa. Il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone naviga tra promesse di cambiamento (avrebbe dovuto sostituire a breve il suo secondo in segreteria di Stato, ovvero Fernando Filoni), ma tutto lascia oggi pensare che sia Bertone che Filoni rimarranno lì dove sono ancora per parecchio tempo. Forse, soltanto il portavoce vaticano padre Federico Lombardi sarà costretto ad abbandonare la nave dopo il viaggio del Pontefice in Terra Santa - pare che Joaquin Navarro-Valls si stia muovendo per piazzare un uomo targato Opus Dei al suo posto - ma i tempi del cambio vanno avanti così per le lunghe che nessuno, a oggi, scommetterebbe un penny sul fatto che davvero, entro un mese e mezzo, Lombardi se ne vada. Forse soltanto sul fronte europeo qualcosa si muoverà a breve. Westminster e Toledo debbono trovare i sostituti di Cormac Murphy-O'Connor e Antonio Cañizares Llovera ma, seppure Benedetto XVI in un primo momento aveva pensato a due nomine in linea con le sue idee (una nomina di forte discontinuità col passato a Westminter e una di continuità a Toledo) pare che, invece, a prevalere siano esattamente due linee opposte.
Dietro le stesse nomine, insomma, l'importante influenza del cardinale Giovanni Battista Re continua a farsi sentire.
Poi l'Osservatore Romano: nei giorni scorsi in terza pagina è uscito un articolo smaccatamente pro Pdl. La cosa ha fatto infuriare i vertice della conferenza episcopale italiana che da tempo immemore lavorano su una linea equilibrata: nessun appoggio esplicito ad alcun partito, valutazione dell'operato quotidiana senza compromissioni di sorta. E anche se pare che la cosa sia scappata dalla penna del notista politico dell'Osservatore senza pressioni dall'alto, ciò che lascia perplessi è una convinzione di fondo che serpeggia con sempre maggiore insistenza dentro le sacre mura: il segretario di Stato è davvero filo Pdl e ciò che ha scritto il giornale vaticano, seppure un errore, rispecchia comunque il pensiero del porporato.
Tutto, comunque, si potrà appianare il prossimo maggio. In concomitanza con il viaggio del Papa in Terra Santa, infatti, si terranno le consuete settimane sociali organizzate dalla Cei. Per la prima volta si terranno in Vaticano, presso la Radio Vaticana: a conti fatti, sarà l'occasione perché le due parti si vedano e si confrontino. O almeno ci provino.

© Copyright Italia Oggi, 3 aprile 2009


+PetaloNero+
00sabato 4 aprile 2009 01:34
Giovanni Paolo II e Benedetto XVI nel ricordo di Navarro-Valls
Conferenza dell’ex portavoce vaticano, a Berlino, sui “Papi della modernità”

di Hartwig Bouillon

ROMA, venerdì, 3 aprile 2009 (ZENIT.org).- Berlino. Ci ritorna alla mente questa scena: Papa Giovanni Paolo II, già curvo, che attraversa la porta di Brandeburgo al fianco di Helmut Kohl. Accadde a sette anni dalla caduta del muro. Tanto volle aspettare il Papa. Non doveva essere un trionfo, ma solo la realizzazione di un desiderio.

Anche l’allora portavoce del Papa, Joaquín Navarro-Valls, passò sotto i piccoli archi laterali: “Il Papa volle espressamente camminare senza bastone e il Cancelliere dovette sostenerlo”. ha raccontato Navarro-Valls lunedì 9 marzo a Berlino davanti a 500 ospiti nell’Aula Magna della Deutsche Bank, in una conferenza dal titolo “Papi della modernità”. Ad invitarlo è stato il Feldmark-Forum, un’iniziativa di amici dell’Opus Dei nella capitale.

Un’immagine è più eloquente di mille parole. In quella serata si andò oltre le parole e le immagini, perché le nostre parole e i nostri concetti sono inequivocabili, questa la prima tesi di Navarro-Valls. Questo aveva visto Giovanni Paolo: Dio, vita eterna, coscienza, anima, matrimonio, famiglia, sessualità – le parole-chiave dell’esistenza umana non hanno più per gli uomini lo stesso significato. Manca quindi un sistema comune di idee, un comune vocabolario.

Ecco la sfida del filosofo Giovanni Paolo II. In quattordici encicliche, egli ha cercato di chiarire perché Dio è il punto di riferimento dell’uomo. Infatti, quando Dio è irrilevante, l’uomo diventa il riferimento di se stesso e il risultato è un grande punto interrogativo.

Devo essere convinto

Da qui nasce la spiegazione fondamentale di Giovanni Paolo II, secondo cui una cosa è la speculazione filosofica, altro è una reale comprensione con la testa e il cuore. Per poter capire veramente, devo essere convinto della credibilità di colui che mi sta parlando. Per questo il Papa parlava “con” gli uomini e non solamente “a” loro.

“Santo Padre, perché viaggi così dappertutto?”, gli chiese un bambino romano durante una visita in una parrocchia di periferia. Risposta: “Perché gli uomini di altri posti hanno problemi diversi dai tuoi!”. Il Papa era consapevole che, per capire ed essere capito, doveva rendersi presente all’interno delle altre culture.

Non tutti leggono le encicliche. Ma la quindicesima l’hanno immediatamente capita tutti, credenti e non credenti. La sofferenza del Papa e, appena guarito, l’incontro con il suo attentatore. Questa, secondo Navarro-Valls, è stata la quindicesima enciclica.

La pallottola fu guidata

Ecco un’altra immagine che ha fatto il giro del mondo. Il messaggio non ha bisogno di parole: riconciliazione. Ali Agcà è uno strano personaggio. Prima afferma di non capire come mai lui, provetto tiratore, non sia riuscito a colpire il Papa da così breve distanza. Poi, in prigione, legge sui giornali notizie su Fatima: la Vergine Maria è apparsa la prima volta ai piccoli veggenti proprio il 13 maggio.

Da fedele musulmano, ne trae le sue conseguenze. Conclusione di Agcà: non è riuscito a uccidere il Papa proprio il 13 maggio, perché la Provvidenza ha voluto diversamente. Quando Agcà scopre pure che la suora che gli ha tagliato la strada in modo da farlo catturare dalle guardie di sicurezza si chiama Fatima, si convince (anche lui) del tutto: la pallottola è stata guidata.

L’immagine è il messaggio. Gli ultimi due Papi dimostrano – questa è la seconda tesi di Navarro-Valls – che le idee vengono colte solo se visualizzate. Noi viviamo di immagini.

Nella Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia, Papa Benedetto scendeva da Düsseldorf lungo il Reno in battello. Centinaia di migliaia di giovani si accalcavano sulle sponde, salutandolo entusiasti. Il pensatore Ratzinger si fermò a riflettere : “Questa è la teologia del papato” , bisbigliò poi all’orecchio di un Vescovo che gli stava accanto. Come dire: l’applauso non è rivolto a me, ma a Pietro, al carisma del Papato.

Gli incontri pubblici lo dimostrano: la realtà fattuale è più convincente di quella virtuale. Queste immagini sono la realtà. Certi verbosi attacchi del mondo mediatico, formulati rabbiosamente o elegantemente contro il Papa e la Chiesa, non reggono il confronto.

Il cristiano è uno che vive in modo che le sue parole e il suo agire formino un tutt’uno. Con la sua vita mostra la verità di ciò in cui crede.

Giovanni Paolo, alla fine del XX secolo, è stato uno dei più forti creatori di simboli dell’epoca. Ha costruito con i suoi gesti un linguaggio delle immagini, che portava con sé un contenuto impossibile da trasmettere con le sole parole. Noi vediamo come il Papa attraversa la porta di Brandeburgo, come batte il tempo con il pastorale durante la Giornata Mondiale della Gioventù, come canticchia divertito, come, da forte e giovane Papa, solleva un giovane indio; come, infine, già segnato dalla morte, si affaccia alla finestra senza poter parlare. I media non hanno più bisogno di parole.

Per forza, autenticità e verità questi gesti di Giovanni Paolo II superano le parole più eloquenti.

Allo stesso modo, Navarro-Valls guarda all’immagine del primo Papa tedesco moderno ad Auschwitz e Birkenau nel maggio 2006. Perciò, a suo avviso, è incomprensibile che qualcuno possa avere dubbi sull’atteggiamento di Papa Benedetto verso il popolo ebreo e l’immane tragedia della Shoà. Navarro-Valls dice testualmente: “Se fossi tedesco, sarei molto orgoglioso di questo Papa”.

Attualizzare il Papato

Navarro-Valls è quindi passato alla sua terza tesi. Giovanni Paolo II ha attualizzato il papato in modo mai visto prima e cioè sempre attraverso le immagini: il Papa in canoa, il Papa che gioca a calcio. Fino alla fine si è mostrato come un uomo che fa con grande libertà interiore ciò che ama e che gli sembra giusto. Non recita una parte. Dice ciò che è necessario che il Papa dica.

Giovanni Paolo ha detto una volta al suo portavoce: “Prima la gente andava dal parroco, oggi il parroco deve andare a cercare la gente”. Con ciò il Papa non intendeva riconoscere un dato di fatto, quanto viverlo in prima persona: amministrava tutti e sette i sacramenti; ogni anno battezzava e confessava. Con i suoi viaggi ha portato avanti un tipo di evangelizzazione tale da dare un volto nuovo all’esercizio del ministero papale. La domenica, il suo unico giorno libero, andava regolarmente a visitare le parrocchie di Roma.

Con il suo deciso esempio personale, ci ha fatto capire che il Papa non cerca di sopravvivere in una Chiesa in crisi. Il papato è piuttosto il centro dal quale si irradia la missione apostolica dei cristiani in tutto il mondo.

I media: un rischio

Questa attualizzazione istituzionale è particolarmente evidente nel rapporto del Papa con i media. Il Papa si è rivolto personalmente e sistematicamente ai giornalisti, come nessuno dei suoi predecessori aveva mai fatto. Questo ha avuto inizio sin dal suo primo viaggio in Messico nel 1979. Nessuno nell’aereo, né i giornalisti, né l’entourage se lo aspettava. Il Papa semplicemente si presentò e fece discorsi e domande in sei lingue. Poiché nei viaggi successivi ciò accadeva sempre più spesso, alcune persone del suo seguito cercarono di dissuaderlo, pensando al rischio rappresentato da un incontro informale. Il Santo Padre non si lasciò mai intimidire e continuò questa radicale innovazione.

Questi incontri diretti con i giornalisti si sono rivelati un efficace mezzo per comunicare con l’opinione pubblica di tutto il mondo. Non avevamo quindi a che fare – ha detto Navarro-Valls – con un Papa che in determinate occasioni esponeva qualcosa su cassetta registrata, ma piuttosto si era lasciato coinvolgere nella dialettica del giornalismo moderno, accettandone le regole per trasmettere i suoi valori cristiani.

Ambedue i Papi si sono comportati in maniera del tutto uguale con le proprie pubblicazioni. In precedenza i Papi avevano scritto solo documenti del Magistero. Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, invece, hanno scritto anche libri per credenti e non credenti, che si possono comperare nelle comuni librerie.

Navarro-Valls si è detto particolarmente colpito dall’annotazione nella prefazione di Gesù di Nazareth: “Questo libro non è in alcun modo un atto magisteriale, ma è unicamente espressione della mia ricerca personale del 'volto del Signore' (cfr. Sal 27,8). Perciò ognuno è libero di contraddirmi.”

Non è ancora finita.

Naturalmente, questa analisi non aveva esaurito la serata. Un partecipante ha voluto sapere se Navarro-Valls fosse l’unico dei presenti a non aver sentito parlare degli eventi delle ultime settimane, chiedendo poi in tono quasi di supplica: “E ora, per favore, ci dica come possiamo difendere la Chiesa nel nostro ambiente!”.

L'ex portavoce vaticano ha risposto, seriamente e inaspettatamente: “Ma noi qui presenti preghiamo davvero così tanto per il Papa?”. Poi ha ammesso: “Ci sono momenti in cui determinate informazioni dei media vanno affrontate criticamente”. Per il resto, ha detto di non vedere una situazione particolarmente drammatica.

Poi c’è stata la domanda apparentemente inoffensiva della serata: “In quale paese si capisce meglio che la Chiesa Cattolica è una Chiesa mondiale?”. Risposta: “Mi hanno impressionato gli uomini della Guinea Bissau, con la loro certezza che il Papa rappresenta una realtà che supera se stessa. Lì esiste la comunione dei santi!”.


+PetaloNero+
00sabato 4 aprile 2009 01:35
Da Petrus

Roma, esposta per la prima volta in mille anni la Bibbia Carolingia



CITTA’ DEL VATICANO - Per la prima volta nella storia, il Codice unico voluto da Carlo il Calvo e custodito da mille anni nell'abbazia di San Paolo fuori le Mura, sara' esposto al pubblico. La mostra rimarra' aperta (ingresso gratuito) dal 19 aprile al 29 giugno L'esposizione della Bibbia Carolingia risalente al IX secolo avviene in occasione dell'Anno Paolino indetto Benedetto XVI. L'evento, reso possibile grazie al volere dell'abate di San Paolo, Dom Edmund Power, e di tutta la comunita' monastica benedettina che da 1300 anni custodisce la tomba dell'Apostolo delle Genti, prendera' il via domenica 19 aprile e si concludera' il 29 giugno, giorno della festivita' dei santi Pietro e Paolo. Ad inaugurare solennemente l'esposizione sara' il Segretario di Stato Vaticano, il Cardinale Tarcisio Bertone. In questi due mesi e mezzo i visitatori potranno entrare gratuitamente nella millenaria abbazia di San Paolo fuori le Mura, normalmente chiusa al pubblico, e ammirare da vicino uno dei Codici storici della civilta' cristiana. La Bibbia Carolingia e' un manoscritto in pergamena di 366 pagine preziosamente miniato, commissionato da Carlo il Calvo nell'866 al monaco Ingolberto, massimo esponente della scuola miniaturistica di Reims. Il Codice fu poi donato nell'875 dallo stesso imperatore, in occasione della sua incoronazione, a Papa Giovanni VIII. Per tutto il Medioevo, questa Bibbia fu utilizzata per i giuramenti di fedelta' degli imperatori ai pontefici. Fedeli, pellegrini, studiosi e amanti dell'arte e della cultura potranno entrare dall'androne d'onore dell'abbazia, appena rinnovato e giungere fino al luogo ideato come se fosse una cappella, in cui e' custodito il pregiato manoscritto, volutamente aperto alla pagina della miniatura che apre le lettere di San Paolo, proprio per sottolineare questo tempo speciale dell'anno paolino. Su un monitor posizionato nella sala antistante quella in cui e' custodita la Bibbia sara' invece possibile scoprire altre splendide pagine del Codice, appositamente riprese per i visitatori. Il 19 aprile giorno di apertura, alle ore 19.00 nella Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura, accanto alla tomba dell'Apostolo San Paolo si terra' un Concerto di inaugurazione della Ensemble di musica antica "Giardini d'Orfeo". L'ingresso e' libero e sara' consentito fino a esaurimento posti. La straordinaria esposizione della Bibbia Carolingia si concludera' il prossimo 29 giugno, giorno della festivita' di Pietro e Paolo, in concomitanza con la visita di Papa Benedetto XVI alla tomba di San Paolo. Nei primi giorni di luglio, infine, l'abbazia ospitera' la prima assoluta dello spettacolo "Epistola Ultima" (musica di Adriana Del Giudice, testi di Rosa Stipo), ispirato alla figura dell'Apostolo delle Genti, messo in scena dall'Associazione Mondi Vicini.



+PetaloNero+
00sabato 4 aprile 2009 01:35
Da Petrus

A fine mese visita in Italia e in Vaticano del Principe Carlo e della moglie Camilla



CITTA’ DEL VATICANO - Il Principe di Galles e la Duchessa di Cornovaglia saranno in visita ufficiale in Italia, nella Santa Sede e in Germania dal 26 al 30 aprile. "In un periodo di recessione economica mondiale e di crescenti preoccupazioni per i cambiamenti climatici - si legge in un comunicato dell'ambasciata britannica - queste visite testimoniano l'importanza che il Regno Unito attribuisce alle relazioni con i propri partner europei". La visita vertera' sulla questione centrale dei cambiamenti climatici. Durante la visita in Italia, il Principe Carlo e la consorte Camilla saranno ospiti del Presidente Napolitano e della Signora Napolitano. A Roma, il Principe terra' un discorso alla Camera dei Deputati; partecipera' quindi ad un incontro con gli imprenditori italiani sulle questioni ambientali e ad un ricevimento per celebrare ed incoraggiare la cultura "Slow Food" dell'approvvigionamento locale e della coltivazione con metodi biologici. A Venezia, il Principe partecipera' ad un seminario sulla riprogettazione della Laguna prima di osservare da vicino un esempio di rigenerazione edilizia sostenibile nella citta'. La visita alla Santa Sede prevede un'udienza con Papa Benedetto XVI ed un incontro con il Cardinale Segretario di Stato per discutere, fra vari temi, i cambiamenti climatici e la comprensione interreligiosa.



+PetaloNero+
00sabato 4 aprile 2009 15:49
L’appello dei leader cristiani in Terra Santa: “Non lasciateci soli”

“Non lasciateci soli”: è questo il grido d’allarme lanciato dai leader di varie Chiese cristiane che si sono riuniti con una delegazione ecumenica, in visita in Terra Santa, per parlare della sempre più difficile situazione che si trovano ad affrontare i cristiani residenti nella regione. La delegazione, come riferisce l’agenzia Zenit, era composta da un’equipe di "Living Letters", piccoli gruppi ecumenici internazionali che viaggiano in luoghi in cui i cristiani lottano per superare la violenza e hanno come obiettivo portare la solidarietà della famiglia ecumenica: “La già scarsa popolazione di cristiani palestinesi continua a diminuire – hanno constatato di persona – e la loro vita è resa sempre più difficile dall’occupazione israeliana”. Tra i leader delle Chiese locali che hanno partecipato all’incontro, il patriarca latino di Gerusalemme mons. Fouad Twal, il patriarca ortodosso greco Teofilo III, il vescovo luterano Munib Younan e il chierico Robert Edmunds, rappresentante del vescovo anglicano Suheil Dawani. “Continuiamo a pregare e crediamo nel potere della preghiera – ha commentato mons. Twal – riponiamo la nostra speranza nella nuova amministrazione Usa, ma abbiamo bisogno del sostegno dei Paesi di tutto il mondo”. “I cristiani hanno bisogno di sostegno morale, hanno bisogno di sentire che non sono soli – gli ha fatto eco Teofilo III – la Terra Santa ha bisogno di una forte presenza cristiana”. “È la prima volta che vedo bambini senza sorriso – ha concluso il vescovo Munib Younan – i bambini di Gaza non possono sorridere. Dov’è la coscienza del mondo? Le Chiese non devono restare in silenzio su questo”. (R.B.)


[Radio Vaticana]
+PetaloNero+
00sabato 4 aprile 2009 15:50
Costruire sulla fiducia: l'editoriale di padre Lombardi


Negli Stati Uniti nel mese di marzo sono stati persi oltre 660 mila posti di lavoro, con un tasso di disoccupazione salito all’8,5%. Dall’inizio della recessione, ovvero dalla fine del 2007, sono più di 5 milioni gli statunitensi che hanno perso il lavoro. I provvedimenti presi al recente vertice del G20 a Londra, con lo stanziamento di nuovi fondi per le economie in difficoltà, la decisione di mettere fine ai paradisi fiscali e imporre nuove regole ai mercati finanziari, mirano a contrastare la crisi mondiale. Con l’auspicio che non siano dimenticati i Paesi più poveri. Ascoltiamo in proposito l’editoriale di padre Federico Lombardi per “Octava dies”, il settimanale informativo del Centro Televisivo Vaticano:

“La fattiva fiducia nell’uomo, soprattutto la fiducia negli uomini e nelle donne più povere, sarà la prova che veramente si vuole uscire dalla crisi senza esclusioni e che si vuole evitare decisamente il ripetersi di situazioni simili a quelle che oggi ci tocca vivere”. Così ha scritto il Papa al Primo Ministro inglese Gordon Brown alla vigilia del G20 di Londra appena concluso. Di ritorno dall’Africa, Benedetto XVI porta negli occhi e nel cuore i problemi drammatici e la povertà di quel continente, ma anche la volontà di vivere e la speranza di riscatto dei suoi abitanti, e ammonisce i ricchi che non devono e non possono costruire il futuro senza tener conto dei poveri.


Ma il punto cruciale è individuare il fondamento da cui ricominciare a edificare un ordine mondiale giusto, solidale, stabile. “L’unico fondamento vero e solido è la fiducia nell’uomo”, scrive il Papa. Non più dunque una fiducia cieca nella finanza, nel commercio o nei sistemi di produzione, priva di solidi riferimenti etici, ma una economia che porta proprio “dentro” di sé la consapevolezza della dignità di tutte le persone umane e della sua responsabilità di servire il loro sviluppo integrale.


Tutti vogliamo uscire dalla crisi attuale, ma sarebbe illusorio pensare di uscirne lasciando al margine chi ne soffre di più e che ha oggi una voce più debole, ma può offrire moltissimo per il futuro della famiglia umana. Lottare per eliminare la povertà estrema e così liberare la vera ricchezza del mondo: le creature di Dio, fatte a sua immagine. Questa è la priorità più degna di essere perseguita da chi guida oggi le sorti del nostro mondo.


[Radio Vaticana]
+PetaloNero+
00sabato 4 aprile 2009 15:50
Intervento di mons. Marchetto sulla corretta ermeneutica del Concilio, sintesi di Tradizione e rinnovamento


L’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti e storico del Concilio Vaticano II, è intervenuto oggi all’Accademia dei Ponti a Firenze con una relazione sulle letture ermeneutiche dell’assise conciliare. Ce ne parla Sergio Centofanti.

Mons. Marchetto ha affrontato la questione di “una ermeneutica veritiera, cioè di una interpretazione fondata e rispettosa” di ciò che è stato il Concilio. Una “corretta esegesi” che – se vuole essere tale - si deve basare sugli Atti ufficiali raccolti in ben “62 grossi tomi”. Molti però – ha rilevato – sono ricorsi a scritti privati e diari personali di padri ed esperti conciliari al fine di diminuire l’importanza dei documenti finali per far emergere il cosiddetto “spirito” del Concilio: tutto questo in contrasto con gli esiti ufficiali dell’assise che sarebbero stati egemonizzati dagli uomini di Curia e che quindi non rappresenterebbero l’anima vera del Vaticano II. Si tratta – ha detto – di una tendenza storiografica “ideologica”, che “punta solo sugli aspetti innovativi, sulla discontinuità rispetto alla Tradizione” quasi che col Concilio fosse nata “una nuova Chiesa”, fosse cioè avvenuto il passaggio “ad un altro Cattolicesimo”.


In particolare gli studiosi del Gruppo di Bologna – ha sottolineato mons. Marchetto – “sono riusciti con ricchezza di mezzi, industriosità di operazioni e larghezza di amicizie, a monopolizzare ed imporre” un’immagine del Concilio “distorta e contraddittoria, del tutto mistificatrice”. Secondo questi studiosi da quell’evento sarebbe dovuta nascere una Chiesa “democratizzata” con l’abbandono “del riferimento alle istituzioni ecclesiastiche, alla loro autorità e alla loro efficienza come il centro e il metro della fede”. Il Concilio avrebbe partorito cioè un nuovo tipo di fedele cattolico non più legato “alla dottrina, e soprattutto a una singola formulazione dottrinale”: premessa “per un superamento dell’ecclesiocentrismo, e perciò per una relativizzazione della stessa ecclesiologia”. “Ancora più radicale” del “vortice ideologico” del gruppo di Bologna – nota il presule - è la posizione di Hans Küng.


Corretta ermeneutica invece – sottolinea – è vedere nel Concilio una “sintesi di Tradizione e rinnovamento” non “una rottura, una rivoluzione sovvertitrice” ma una “evoluzione fedele” come ha ricordato Benedetto XVI nel celebre discorso alla Curia Romana, il 22 dicembre 2005: “l’ermeneutica della discontinuità e della rottura” - disse – “si è potuta avvalere della simpatia dei mass-media” ma “ha causato confusione”. Invece, “l'ermeneutica della riforma, del rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa … che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso”, “silenziosamente ma sempre più visibilmente, ha portato frutti”.


[Radio Vaticana]
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00sabato 4 aprile 2009 15:51
Don Manlio Sodi nuovo presidente della Pontificia Accademia di Teologia

Il Papa ha nominato presidente della Pontificia Accademia di Teologia don Manlio Sodi, salesiano, professore ordinario presso la Facoltà di Teologia della Pontificia Università Salesiana e finora membro ordinario della medesima Accademia. Don Manlio Sodi è nato 65 anni fa a Sinalunga, in provincia di Siena: è titolare della cattedra di Liturgia, Sacramentaria e Omiletica presso l’Ups. Ha conseguito la Licenza in Teologia presso l’Università Pontificia Salesiana (1973); la Licenza in Liturgia (1975) e il Dottorato in Liturgia presso l’“Anselmianum” (1978).



[Radio Vaticana]
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00sabato 4 aprile 2009 15:52
Domenica delle Palme. Benedetto XVI apre i riti della Settimana Santa: l’amore di Cristo vince la morte per sempre


Benedetto XVI presiederà domani mattina in Piazza San Pietro, alle ore 9.30, la solenne celebrazione liturgica della Domenica delle Palme. Il Papa benedirà le palme e gli ulivi e, al termine della processione, celebrerà la Santa Messa della Passione del Signore. L’evento sarà seguito in radiocronaca diretta dalla nostra emittente. Con la Domenica delle Palme inizia dunque la Settimana Santa, culmine dell'Anno liturgico al quale Benedetto XVI ha dedicato profonde riflessioni nei suoi primi quattro anni di Pontificato. Il servizio di Alessandro Gisotti:

(musica)

Nella Settimana Santa, possiamo davvero sperimentare che il nostro Dio non è lontano. Benedetto XVI mette in luce questa verità iscritta nel cuore di ogni uomo: Dio si è fatto carne per essere vicino alla nostra sofferenza e per aprirci la porta del Cielo. Con la Croce, spiega il Papa, “Gesù ha spalancato la porta di Dio, la porta tra Dio e gli uomini”. Nella Domenica delle Palme, con la quale si apre la Settimana Santa, ricorda il Santo Padre, “professiamo la regalità di Cristo”. Ma in cosa consiste questa regalità del Signore? Ecco la riflessione del Pontefice, il primo aprile del 2007:


“Riconoscerlo come Re significa: accettarlo come Colui che ci indica la via, del quale ci fidiamo e che seguiamo. Significa accettare giorno per giorno la sua parola come criterio valido per la nostra vita. Significa vedere in Lui l’autorità alla quale ci sottomettiamo. Ci sottomettiamo a Lui, perché la sua autorità è l’autorità della verità”.


All’ingresso di Gerusalemme, la folla lo acclama come figlio di Davide. Ma quando il Signore arriva al Tempio, trova commercianti di bestiame e cambiavalute che occupano con i loro affari il luogo di preghiera. Un avvenimento che, sottolinea il 16 marzo dell’anno scorso, deve interrogarci anche oggi:


“Tutto ciò deve oggi far pensare anche noi come cristiani: è la nostra fede abbastanza pura ed aperta, così che a partire da essa anche i ‘pagani’, le persone che oggi sono in ricerca e hanno le loro domande, possano intuire la luce dell’unico Dio, associarsi negli atri della fede alla nostra preghiera e con il loro domandare diventare forse adoratori pure loro? (…) Non lasciamo forse in vari modi entrare gli idoli anche nel mondo della nostra fede?”.


Nel tenere “sveglio il mondo per Dio”, combattendo i falsi idoli del nostro tempo, avverte il Papa, è fondamentale la figura del sacerdote. Il Pontefice si sofferma sul ministero sacerdotale nell’omelia della Messa Crismale, che la mattina del Giovedì Santo precede il Triduo Pasquale. Il 20 marzo dell’anno scorso, Benedetto XVI tratteggia con queste vibranti parole il modello di sacerdote, servo di Cristo nella verità e nell’amore:


“Il sacerdote deve essere uno che vigila. Deve stare in guardia di fronte alle potenze incalzanti del male. Deve tener sveglio il mondo per Dio. Deve essere uno che sta in piedi: dritto di fronte alle correnti del tempo. Dritto nella verità. Dritto nell’impegno per il bene. Lo stare davanti al Signore deve essere sempre, nel più profondo, anche un farsi carico degli uomini presso il Signore che, a sua volta, si fa carico di tutti noi presso il Padre. E deve essere un farsi carico di Lui, di Cristo, della sua parola, della sua verità, del suo amore”.


Farsi carico l’uno dell’altro. Il Papa ribadisce che l’amore, un amore smisurato, è l’insegnamento più grande che il Figlio di Dio lascia all’umanità. E’ questo il testamento che Cristo ci consegna nell’Ultima Cena. E’ quello di Dio un amore che redime, purifica e risana. Nella Messa in Coena Domini del 13 aprile 2006, il Papa spiega il significato delle parole rivolte da Gesù ai discepoli nel Cenacolo:


“’Anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri’… significa soprattutto perdonarci instancabilmente gli uni gli altri, sempre di nuovo ricominciare insieme per quanto possa anche sembrare inutile. Significa purificarci gli uni gli altri sopportandoci a vicenda e accettando di essere sopportati dagli altri; purificarci gli uni gli altri donandoci a vicenda la forza santificante della Parola di Dio e introducendoci nel Sacramento dell'amore divino”.


Un amore che vince la morte: questo lo straordinario insegnamento di Gesù nel suo percorso di sofferenza verso il Calvario. Un viaggio nel male e nella morte che risveglia in noi l’amore per i sofferenti e i bisognosi. Cosi, Benedetto XVI alla Via Crucis al Colosseo il 6 aprile 2007:


“Seguendo Gesù nella via della Sua passione vediamo non soltanto la passione di Gesù, ma vediamo tutti i sofferenti del mondo ed è questa la profonda intenzione della preghiera della Via Crucis: di aprire i nostri cuori e aiutarci a vedere con il cuore”.


Vedere con il cuore, aprirlo a Cristo lasciandoci interpellare dal Suo sacrificio sulla Croce. Un mistero, afferma il 21 marzo scorso, Venerdì Santo, che pone in crisi le nostre umane certezze:


“Tanti, anche nella nostra epoca, non conoscono Dio e non possono trovarlo nel Cristo crocifisso, tanti sono alla ricerca di un amore o di una libertà che escluda Dio, tanti credono di non aver bisogno di Dio … che il Suo sacrificio sulla croce ci interpelli; permettiamo a Lui di porre in crisi le nostre umane certezze, apriamogli il cuore. Gesù è la verità che ci rende liberi di amare”.


La Croce, dunque, è “segno di riconciliazione, segno dell’amore che è più forte della morte”. E proprio per questo, è l’esortazione di Benedetto XVI, non dobbiamo arrenderci al male, ma vincerlo con il bene:


“Ogni volta che ci facciamo il segno della Croce dobbiamo ricordarci di non opporre all'ingiustizia un'altra ingiustizia, alla violenza un'altra violenza; ricordarci che possiamo vincere il male soltanto con il bene e mai rendendo male per male.” (Domenica delle Palme, 9 aprile 2006)


(musica)


Com’è tradizione nella Domenica delle Palme, Piazza San Pietro sarà abbellita domani dai parmureli, caratteristiche composizioni di foglie di palma intrecciate, offerte dai comuni di Bordighera e Sanremo. Quello di portare in Vaticano i parmureli della Riviera dei Fiori è un antico privilegio che risale al 1586, quando Papa Sisto V decise di ringraziare in questo modo il sanremese Capitan Bresca. La tradizione racconta che col provvidenziale grido "Aiga ae corde!" (Acqua alle corde) Bresca interruppe il silenzio imposto durante l’elevazione dell’obelisco in Piazza San Pietro: lo slancio del sanremese scongiurò l’eccessivo surriscaldamento delle gomene usate per issare il monolite, evitando così una strage di fedeli accorsi per l’occasione.

I parmureli preparati per farne regalo ai cardinali e ai vescovi saranno alti un metro e mezzo, mentre uno di tre metri sarà donato al Santo Padre. L’addobbo degli ulivi in Piazza San Pietro è offerto dalla Regione Puglia, mentre i rami di ulivo sono offerti dalla Ville Pontificie di Castel Gandolfo.







Giornata mondiale della gioventù: i giovani mobilitati dall'invito del Papa a porre la loro speranza in Dio


Tra il ricordo di Sydney e l’attesa di Madrid del 2011, centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi in tutto il mondo si apprestano a vivere la 24.ma Giornata mondiale della gioventù a livello diocesano, che cade come da tradizione la Domenica delle Palme. Per l’appuntamento di domani, Benedetto XVI ha proposto nel suo Messaggio scritto per l’occasione, e già reso noto, un tema di riflessione che si rifà a una frase di San Paolo “Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente”. Una speranza, scrive il Papa, che può davvero condizionare in positivo la vita di un giovane se radicata nel Vangelo, piuttosto che sulle fragili opzioni che il mondo di oggi offre come surrogato alla fiducia in Dio. Il servizio di Alessandro De Carolis:

“Diventare testimoni credibili della speranza cristiana” in un mondo che ha in gran parte smarrito la “grande speranza” in Dio e vive di piccole speranze che spesso si dissolvono in solitudini e sfiducia. E’ la consegna che Benedetto XVI ha affidato ai giovani che domani vivranno la 24.ma Giornata mondiale della gioventù. Nel suo Messaggio, il Papa descrive la giovinezza come “il tempo delle speranze”, perché intrisa di “ideali, sogni, progetti”. Ogni ragazzo misura il futuro su queste aspettative e le sue domande si fanno stringenti, osserva Benedetto XVI, allorché la vita è lastricata di ostacoli: difficoltà negli studi, crisi in famiglia, mancanza di soldi, l’insorgere di una malattia. In queste circostanze il cuore ha bisogno di una “grande speranza” che, afferma il Papa, “può essere solo Dio”. E tuttavia il giovane che si guarda attorno non è aiutato a sperare in Dio. Le società, nota il Pontefice, presentano “risvolti di solitudine e violenza” e dunque la “crisi di speranza colpisce più facilmente i giovani in contesti socioeconomici privi di certezze, di valori”.


E qui, specie ai giovani cristiani, Benedetto XVI indica la concretezza di San Paolo. Per lui, scrive, la speranza “non è solo un ideale o un sentimento, ma una persona viva: Gesù”. E come si incontra Gesù, oggi? Il Papa è chiaro: anzitutto, nella “preghiera perseverante”. Quindi, nei Sacramenti, nella lettura della Parola. E poi, aggiunge, ci sono movimenti e gruppi che offrono vari modi “per familiarizzare con Lui”. Animati da una fede così irrobustita, conclude Benedetto XVI, “diffondete questa speranza intorno a voi, fate scelte che manifestino la vostra fede”. E davanti alle chimere di carriera o successo vissuti solo per sé preferite, soggiunge, “l’amore per il prossimo”, sapendo che “il cristiano autentico non è mai triste”, perché “la presenza di Gesù è il segreto della sua gioia e della sua pace”.


Su questa dinamica tra crisi dei valori e ricerca di una speranza che non delude, al centro del messaggio di Benedetto XVI si sofferma Silvia Sanchini, giovane presidente nazionale della Fuci, la Federazione universitaria cattolica italiana, intervistata da Fabio Colagrande:

R. - La parola “crisi” è una parola che in questi tempi ritorna con insistenza fortissima: si parla di crisi etica, di crisi educativa e ultimamente anche di crisi finanziaria ed economica. E’ un po’ un paradigma che sembra incombere sulle nostre vite e, in un modo o nell’altro, i giovani ne risentono in maniera particolare, perché quando si parla di crisi necessariamente si mette in discussione la nozione di futuro. E il futuro, proprio per sua natura, appartiene prima di tutto ai giovani. Quindi sicuramente i giovani, nel sentire parlare di crisi e nello sperimentare la crisi nella loro vita, vivono questo momento storico con una particolare paura e sfiducia. Sicuramente, alla nostra generazione è richiesto un supplemento di speranza, di amore proprio per affrontare questa crisi in maniera più consapevole e coraggiosa.


D. - Ci sono giovani feriti dalla vita, condizionati da immaturità, conseguenza di un vuoto familiare - come scrive il Papa - di scelte educative permissive? Chi sono questi “cattivi maestri” di cui parla il Papa nel Messaggio, secondo te?


R. - Una cosa che mi pare di riscontrare in molti ambiti educativi - quindi la famiglia, la scuola e l’università - è la mancanza di adulti che svolgano un ruolo educativo: adulti che hanno un po’ abdicato a questo ruolo di maestri, di testimoni, di accompagnatori dei giovani, lasciandoli in una profonda solitudine, che spesso ha anche le conseguenze disastrose che il Papa descrive nel suo messaggio.


D. - La tua generazione spesso sente la mancanza di maestri. Secondo la tua esperienza, cos’è che fa presa sui giovani?


R. - In primo luogo, una testimonianza di vita coerente: non ha senso predicare certi valori, annunciarli ad alta voce, se poi non si è capaci di tramutarli in una testimonianza di vita coerente. I giovani sono alla ricerca di persone che sappiano, con la loro vita, testimoniare che una esistenza di fede è possibile anche nel tempo attuale. E poi, mettersi in ascolto dei giovani: questa è una dimensione che manca oggi. Tutti parlano dei giovani, tutti danno ricette, categorie, definizioni del mondo giovanile, ma pochi li ascoltano veramente. (Montaggio a cura di Maria Brigini)


I giovani, dunque, chiedono ascolto e su questa esigenza - e sulla proposta di un itinerario di formazione alla fede - che si muove il Servizio di Pastorale giovanile del Vicariato di Roma. Lo conferma il direttore del Servizio, don Maurizio Secondo Mirilli, al microfono di Fabio Colagrande:

R. - L’impegno che il Papa lascia ai giovani attraverso questo Messaggio è quello di essere protagonisti, soggetti attivi, costruttori di comunità impregnate di amore, perché è quella poi la prima forma di evangelizzazione. Costruendo comunità che si vogliono bene, così come il Signore ci ha insegnato - comunità che si amano con lo stesso amore che il Signore ci ha donato - allora queste comunità diventano attraenti ed è la prima forma di evangelizzazione e di annuncio. I giovani non devono essere più soggetti passivi, ma devono sentirsi pienamente responsabili, inseriti in questa costruzione di una Chiesa che è impregnata di amore. I giovani hanno bisogno di speranza, ma anche noi abbiamo bisogno di giovani che diano speranza alla Chiesa.


D. - Don Maurizio, il Papa scrive che il cristiano autentico non è mai triste…


R. - E’ vero, ci sono troppe facce tristi in giro. Certo, bisogna essere realisti, la situazione è quella che è: c’è la crisi, ci sono le difficoltà, c’è lo smarrimento. Però, il cristiano sa navigare in mezzo alle difficoltà della vita e proprio a partire da Cristo, dal suo esempio, è capace di passare per la croce e mostrare la gioia della Risurrezione. Se noi non mostriamo questo non siamo credibili e coloro che sono lontani dalla Chiesa continueranno ad essere lontani perché ci diranno: ma perché mi devo avvicinare a un qualcosa che non mi cambia la vita e che non mi porta gioia e felicità in questa vita che è già tanto brutta? Gesù propone una vita di gioia non una vita di tristezza. (Montaggio a cura di Maria Brigini)




www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=778&sett...
Paparatzifan
00sabato 4 aprile 2009 19:47
Dal blog di Lella...

A Westminster un nuovo vescovo: un po’ “liberal” un po’ no

apr 4, 2009

il Riformista

di Paolo Rodari

È Stato un parto difficile per il Pontefice la scelta del successore del cardinale Cormac Murphy-O’Connor alla guida dell’arcidiocesi di Westminster.
Nei giorni scorsi, un incontro con il prefetto della congregazione dei vescovi, il cardinale Giovanni Battista Re, ha risolto gli ultimi dubbi e la scelta è caduta sull’arcivescovo di Birmingham, Vincent Nichols. Nato a Crosby, arcidiocesi di Liverpool, da piccolo sognava di fare l’autotrasportatore, ma poi ha aderito alla chiamata al sacerdozio. In Vaticano in molti pensavano che Benedetto XVI avrebbe scelto l’ausiliare Bernard Longley, ma all’ultimo momento le cose sono cambiate.
Il 63enne Nichols, seppure presente nella terna presentata da Re a Ratzinger, non era il favorito di Murphy-O’Connor.
Questi avrebbe preferito un vescovo più allineato alla sua visione di Chiesa. Una visione che venne appoggiata anni addietro anche da Nichols ma dalla quale l’arcivescovo di Birmingham seppe in qualche modo prendere le distanze in tempi recenti. Seppure non del tutto. Vediamo perché.
Nichols venne nominato vescovo ausiliare di Westminster nel 1992, il più giovane vescovo all’epoca. Nel 1996 giocò un ruolo importante nella preparazione del documento “Common Good” in cui i vescovi condannavano l’ideologia dell’avidità, un documento interpretato come un esplicito appoggio al New Labour. Per questo motivo Nichols giudicato “liberal” e l’appoggio al cosiddetto “Magic Circle” di Murphy-O’Connor (appunto a chi nella conferenza episcopale, dal 1996 in poi, ha promosso sistematicamente documenti e azioni di stampo sociale invece di privilegiare un azione a servizio dell’insegnamento cattolico) è un’etichetta dalla quale non è mai riuscito a distanziarsi del tutto.
Eppure Nichols è stato ben altro che un paladino del “Magic Circle”: ha preso ripetutamente posizioni trancianti sulle tematiche di bioetica. Nel 2006 difese il Papa accusato di aver coperto gli abusi sessuali dei preti statunitensi in un video sui preti pedofili in Usa mandato in onda dalla Bbc e successivamente in Italia da Annozero. Sempre contro la Bbc si è scagliato per una serie tv che “caricaturizzava” Benedetto XVI. E ancora, lottò duramente (con successo) contro una legge del Parlamento che riservava una quota specifica di non-credenti alle scuole confessionali e, inoltre, in difesa (qui senza successo) delle agenzie cattoliche per le adozioni e contro invece il “Sexual orientation regulations” che ammette l’adozione anche per coppie gay.
Sono tutte azioni giudicate positivamente anche dal Pontefice e che fanno credere che quanto dice di lui il suo portavoce, Peter Jennings, corrisponda al vero. Jennings lo descrive come un uomo di preghiera, ponderato nelle decisioni, e con un approccio al governo della diocesi di tipo collegiale. Gran lavoratore ma anche affabile nei rapporti interpersonali, sia nella cura dei suoi sacerdoti, sia verso i fedeli che incontra.
Eppure tutto poteva essere compromesso. Proprio in concomitanza con l’uscita della lettera del Papa di spiegazione della revoca della scomunica ai lefebvriani nella quale prometteva più attenzione nelle nomine e particolarmente più attenzione a quanto Internet pubblicava, alcuni siti web inglesi riportavano la notizia che Nichols, nella cappella dell’università cattolica di Birmingham, aveva autorizzato una celebrazione della Nascita di Maometto organizzata dalla Società Islamica d’Inghilterra. Insomma, nella cappella dove abitualmente viene celebrata la Messa, è andata in scena una celebrazione di tutt’altro genere.
Ma Nichols è fatto così. Non lo si può definire un presule “liberal” seppure, a volte, prenda scelte non propriamente di stampo conservatore. Di un certo tenore, invece, sono le scelte che Murphy O’Connor intende compiere ora che si trova in pensione. In particolare, la scelta di rispondere positivamente a un incarico offertogli direttamente dalla camera dei Lord - sarebbe il primo vescovo cattolico a farne parte dai tempi di Enrico VIII - viene giudicata in patria ma anche a Roma come una scelta in stile “liberal”.

© Copyright Il Riformista, 4 aprile 2009


+PetaloNero+
00domenica 5 aprile 2009 16:19
Il nuovo arcivescovo di Westminster, mons. Nichols: lavorerò per stabilire buoni rapporti tra fede e cultura e con le altre religioni


Venerdì scorso, Benedetto XVI ha nominato nuovo arcivescovo di Westminster, mons. Vincent Gerard Nichols, finora alla guida dell’arcidiocesi di Birmingham. Succede al cardinale Cormac Murphy O'Connor, che lascia per raggiunti limiti di età. Il nuovo arcivescovo di Westminster, 63 anni, ha conseguito la Licenza in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma. Ordinato sacerdote a 24 anni, è stato responsabile della pastorale per i poveri a Liverpool. Nel 1983 è stato eletto segretario generale della Conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles. Philippa Hitchen gli ha chiesto come ha accolto la nomina del Papa:

R. - Well, when I was approached by the nuncio and he told me that there was the …
Quando il nunzio mi ha contattato e mi ha detto che era desiderio del Santo Padre che io succedessi al cardinale Cormac Murphy-O’Connor, mi sono fatto coraggio ed ho detto di sì, perché la mia vita è svolgere il mio ruolo al servizio della Chiesa nell’obbedienza alla Chiesa. In realtà, non è stata una decisione che ho dovuto prendere, quanto piuttosto qualcosa che dovrò imparare ad affrontare: è una prospettiva che, in certo modo, mi spaventa.


D. - Qual è la sfida più grande che come arcivescovo di Westminster dovrà affrontare?


R. - Well, the challenges that faces the archbishop of Westminster …
Le sfide che deve affrontare l’arcivescovo di Westminster sono, essenzialmente, né più né meno quelle che deve affrontare qualsiasi vescovo nel Paese - per quanto, a volte, considerando che l’intensità di azione dei media è ovviamente concentrata a Londra - le voci che si levano contro la Chiesa sono probabilmente più forti a Londra che altrove. In molte parti del Paese, i rapporti tra la Chiesa e le autorità pubbliche sono molto buoni; nella capitale sembra siano più tesi. Mi piacerebbe - e spero di esserne capace - stabilire buoni rapporti tra la cultura e la fede nella capitale, insieme con gli altri capi religiosi.


D. - Lei si è espresso in termini molto franchi parlando dei media di ispirazione laica in Gran Bretagna, ed ha parlato - mi sembra - anche di una sorta di programma anti-cattolico, in particolare alla Bbc…


R. - The Bbc is a very large and complicated organization, and I don’t recall ever …
La Bbc è un’organizzazione molto ampia e molto complessa, e non ricordo di avere mai detto che la Bbc nel suo insieme sia anticattolica. Penso ci siano delle sacche e delle iniziative all’interno della Bbc che certamente - dal mio punto di vista - si sono poste nel modo sbagliato, e contro questo ho protestato. In altre occasioni, la Bbc è collaborativa in modo meraviglioso. Basti pensare ai funerali di Giovanni Paolo II, quando la Bbc ha fornito una copertura tra le migliori in assoluto. C’è tantissima collaborazione e tanto lavoro condiviso con i media, nel nostro Paese, e non mi piacerebbe etichettarlo semplicemente come “di opposizione”, perché non lo è.


D. - Lei è conosciuto per il suo impegno nel campo dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso, in particolare con la comunità islamica a Birmingham, dove lei risiedeva. Considera questo impegno una priorità nell’arcidiocesi di Westminster?


R. - Well, I look forward to learning a lot about the pattern of interfaith dialogue …
Mi aspetto di imparare molto dal modello di dialogo interreligioso di Westminster. So che questo dialogo è una tradizione basilare, e che nella diocesi è stato svolto un grande lavoro tramite la rete interreligiosa, anche se non so bene cosa avvenga a livello di leadership. Certo, a Birmingham questo è stato un nostro grande caposaldo, e sono felice di poterlo affermare oggi, sapendo per certo che nella città di Birmingham molte persone pregheranno per me, compresi musulmani, ebrei e sikh, in particolare. E poter fare questa affermazione è meraviglioso. (Traduzione a cura di Gloria Fontana)


[Radio Vaticana]

+PetaloNero+
00domenica 5 aprile 2009 16:19
Benedetto XVI alla Messa delle Palme: le rinunce per amore di Dio rendono autentica la vita. Il Papa benedice la croce della Gmg e lancia un appello contro le mine antiuomo e per gli immigrati vittime delle tragedie in mare


Di fronte ai mali del mondo “non dobbiamo rifugiarci in pie frasi”. La verità esigente del cristianesimo è che quanto più si compiono gesti di rinuncia per amore di Dio, “tanto più grande e ricca diventa la vita”. Con questo insegnamento, che ha detto di aver sperimentato più volte nella sua vita, Benedetto XVI ha concluso questa mattina la Messa solenne della Domenica delle Palme in una Piazza San Pietro affollata di fedeli. All’Angelus, il Pontefice ha poi levato due appelli: per la firma della Convenzione che mette al bando le mine antiuomo, da parte degli Stati che non l’hanno ancora sottoscritta, e perché la comunità internazionale si impegni per far cessare le tragedie in mare degli immigrati. Quindi, il Papa ha benedetto il passaggio della Croce della Gmg dai giovani australiani a quelli spagnoli, che organizzeranno il prossimo raduno a Madrid nel 2011. La cronaca della celebrazione nel servizio di Alessandro De Carolis:

(canto)

Viaggi della speranza che si spengono tra le onde di un mare affrontato da disperati. Persone, soprattutto bambini, mutilati dalla crudeltà di armi invisibili e disumane nella loro concezione come possono essere una mina antiuomo o una bomba a grappolo. Due drammi che hanno strappato un grido di dolore al Papa nel giorno in cui la Chiesa apre la Settimana Santa rivivendo il dolore supremo di Gesù, la repentina dissolvenza dagli osanna delle palme all’atrocità del Golgota. Un passaggio che da 24 anni è simboleggiato, nel giorno della Giornata mondiale della gioventù, proprio dalla Croce che passa di mano in mano ai giovani, cristiani di oggi e soprattutto di domani.


(canti)


Ed è proprio in mezzo alla piazza “giovane”, tra gli striscioni e gli ulivi alzati dalle migliaia di ragazze e ragazzi riversatisi nel colonnato del Bernini illuminato dal sole, che Benedetto XVI è passato a piedi, guidando la processione delle Palme - resa più suggestiva dalla composizione floreale donata dalla Regione Puglia - e ricordando poco dopo all’omelia l’“essenziale” di quel pellegrinaggio che Cristo compì entrando a Gerusalemme a dorso d’asino ma come Signore di un nuovo Regno:


“Il vero scopo del pellegrinaggio deve essere quello di incontrare Dio; di adorarlo e così mettere nell’ordine giusto la relazione di fondo della nostra vita (…) Cari amici, per questo ci siamo riuniti qui: Vogliamo vedere Gesù. A questo scopo, l’anno scorso, migliaia di giovani sono andati a Sydney. Certo, avranno avuto molteplici attese per questo pellegrinaggio. Ma l’obiettivo essenziale era questo: Vogliamo vedere Gesù”.


Le caratteristiche del Regno instaurato da Cristo, ha detto il Papa, sono due: la cattolicità e l’universalità. Un Regno che non poggia sulla “regalità di un potere politico, ma si basa unicamente sulla libera adesione dell’amore”. “L’universalità - ha soggiunto - è sempre un superamento di se stessi, rinuncia a qualcosa di personale. L’universalità e la croce vanno insieme. Solo così si crea la pace”. E tuttavia, ha continuato Benedetto XVI, questi resterebbero solo principi spirituali se nella vita l’uomo non fosse in grado di “osare il grande sì” a Dio: ovvero, “metterci a disposizione, quando in fondo vorremmo aggrapparci al nostro io”. E qui, il Papa ha enunciato una verità che la mentalità odierna troppo spesso cerca di rimuovere:


“Ad una vita retta appartiene anche il sacrificio, la rinuncia. Chi promette una vita senza questo sempre nuovo dono di sé, inganna la gente. Non esiste una vita riuscita senza sacrificio. Se getto uno sguardo retrospettivo sulla mia vita personale, devo dire che proprio i momenti in cui ho detto ‘sì’ ad una rinuncia sono stati i momenti grandi ed importanti della mia vita”.


Anche Gesù ha saputo offrire a Dio il suo “sì” assoluto, superando il “terrore della passione” che lo attendeva:


“Anche noi possiamo lamentarci davanti al Signore come Giobbe, presentargli tutte le nostre domande che, di fronte all’ingiustizia nel mondo e alla difficoltà del nostro stesso io, emergono in noi. Davanti a Lui non dobbiamo rifugiarci in pie frasi, in un mondo fittizio. Pregare significa sempre anche lottare con Dio, e come Giacobbe possiamo dirGli: ‘Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!’”


Una circostanza, ha sottolineato Benedetto XVI, che ci insegna, in quanto cristiani, che la volontà di Dio “è sempre più importante e più vera” della nostra e che “la sua volontà è la verità e l’amore”. Un pensiero che il Pontefice ha diretto in particolare ai giovani che di lì a poco avrebbero passato di mano la Croce della Gmg:


“Quanto più per amore della grande verità e del grande amore – per amore della verità e dell’amore di Dio – possiamo fare anche qualche rinuncia, tanto più grande e più ricca diventa la vita. Chi vuole riservare la sua vita per se stesso, la perde. Chi dona la sua vita – quotidianamente nei piccoli gesti, che fanno parte della grande decisione – questi la trova. È questa la verità esigente, ma anche profondamente bella e liberatrice, nella quale vogliamo passo passo entrare durante il cammino della Croce attraverso i continenti”.


(canto)


In sette lingue Benedetto XVI ha salutato al termine dell’Angelus la folla dei fedeli, non prima di essersi appellato ai governi di tutto il mondo circa due problemi che richiedono interventi solleciti. A 10 anni dall’entrata in vigore della Convenzione per la messa al bando delle mine antipersona e dopo la recente apertura alla firma per la convenzione per l’interdizione delle munizioni a grappolo, ha detto anzitutto il Papa:


“Desidero incoraggiare i Paesi che non lo hanno ancora fatto a firmare senza indugio questi importanti strumenti del diritto internazionale umanitario, ai quali la Santa Sede ha dato da sempre il proprio appoggio. Esprimo altresì il mio sostegno a qualsiasi misura intesa a garantire la necessaria assistenza alle vittime di tali armi devastanti”.


Poi, con toni accorati, Benedetto XVI ha affrontato il temi dei viaggi che migliaia di immigrati intraprendono dall’Africa verso l’Europa con esiti spesso devastanti, come accaduto giorni fa quando 200 persone salpate dalla Libia sono naufragate nel Mediterraneo. “Non possiamo rassegnarci a tali tragedie, che purtroppo si ripetono da tempo”, ha esclamato il Pontefice pregando per le vittime e invitando Unione Europea e nazioni africane ad adottare strategie “urgenti” e “adeguate misure di carattere umanitario, per impedire - ha incalzato - che questi migranti ricorrano a trafficanti senza scrupoli”:


"Mentre prego per le vittime, perché il Signore le accolga nella sua pace, vorrei osservare che questo problema, ulteriormente aggravato dalla crisi globale, troverà soluzione solo quando le popolazioni africane, con l’aiuto della comunità internazionale, potranno affrancarsi dalla miseria e dalle guerre".

Al termine dell’Angelus, Benedetto XVI ha dato spazio alla 24.ma Giornata mondiale della gioventù - nel 2009 celebrata a livello diocesano - salutando le delegazioni di ragazzi provenienti con i loro vescovi da Australia e Spagna per la consegna della Croce. “Questo ‘passaggio di testimone’ – ha affermato - assume un valore altamente simbolico, con cui esprimiamo immensa gratitudine a Dio per i doni ricevuti nel grande incontro di Sydney e per quelli che vorrà concederci in quello di Madrid”. Sul tema della speranza, che fa da filo conduttore alla Gmg di quest’anno, Marina Tomarro ha raccolto le impressioni di alcuni giovani presenti alla Messa in Piazza San Pietro:

R. La speranza è la speranza in un mondo di pace, sicuramente. Nella mia vita questo sentimento vuol dire avere la speranza di superare tutte le difficoltà, nella consapevolezza e certezza che il Signore è comunque una presenza costante: da quando sono nato mi ha portato fino qua e mi conduce anche per il resto dei miei giorni.


R. - Tutta la nostra speranza è in Cristo, perché uno che scopre Cristo tutto ciò cui aspira è di reincontrarlo il più possibile nella propria vita.


R. - Nella vita si fanno delle esperienze sia in famiglia che fuori casa. L’unica conferma che c’è nella vita è che veramente Gesù Cristo ti ama così come sei e quindi ci rimane questa speranza che lui ci ama senza giudicare.


R. - Speranza per me è sapere che Gesù ci è sempre vicino e quindi dobbiamo avere questa certezza grande che il suo amore ci segue e ci accompagna.


R. - Per mè è vivere ogni giorno secondo i principi che Gesù stesso ci ha trasmesso nel corso della sua vita, quindi vivendo alla luce dei principi di Cristo con la speranza di avere anche la presenza del Signore ogni giorno accanto.


D. - La prossima domenica sarà Pasqua, come vivrai questo tempo di attesa…


R. - Come gli altri giorni magari con un pensiero in più verso gli altri… Riflettendo di più su quello che poi si fa quotidianamente.


R. - E’ una grazia, perché noi dobbiamo in questo momento avvicinarci a Gesù, alle sue sofferenze. In questo tempo dobbiamo imparare ad amare con molta forza il nostro Salvatore che è Gesù Cristo.


R. - Cercando di sforzarci, di mettere con più fervore in atto gli insegnamenti di Cristo…


R. - Pregando, meditando, pensando che Lui è morto per noi, cogliendo magari veramente l’essenza di questo mistero.


R. - Affrontando i momenti difficili e belli che la vita ci pone davanti, come un rivivere anche la presenza di Cristo all’interno della propria esistenza.




www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=779&sett...

www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=780&sett...

www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=781&sett...
Paparatzifan
00domenica 5 aprile 2009 16:23
Dal blog di Lella...

PAPA: PENA PER IMMIGRATI MORTI, DAVANTI A INGIUSTIZIE "PIE FRASI NON BASTANO"

(AGI) - CdV, 5 apr.

(di Salvatore Izzo)

Citta' del Vaticano

"Urgenti strategie coordinate tra Unione Europea e Stati africani" in tema di immigrazione sono state chieste dal Papa al termine della messa celebrata questa mattina in piazza San Pietro per circa 100 fedeli.
Benedetto XVI, pero', ha prima voluto "ricordare con grande pena i nostri fratelli e sorelle africani, che pochi giorni fa hanno trovato la morte nel Mare Mediterraneo, mentre cercavano di raggiungere l'Europa".
"Non possiamo - ha esortato - rassegnarci a tali tragedie, che purtroppo si ripetono da tempo".
Secondo Papa Ratzinger, ocorrono in particolare "adeguate misure di carattere umanitario, per impedire che questi migranti ricorrano a trafficanti senza scrupoli", un problema "aggravato dalla crisi globale e che - ha tenuto a ripetere Papa Ratzinger, che in Africa sembra aver lasciato il suo cuore - trovera' soluzione solo quando le popolazioni africane, con l'aiuto della comunita' internazionale, potranno affrancarsi dalla miseria e dalle guerre". Nell'omelia della messa celebrata per 100 mila fedeli (le riprese dall'alto hanno mostrato infatti che piazza San Pietro era gremita in tutti i settori e che una parte della folla ha dovuto assistere alle celebrazioni della Domenica delle Palme dalla limitrofa piazza Pio XII), il Papa teologo ha parlato cme e' tradizione dell'ingresso trionfale di Gesu' a Gerusalemme, seguito pero' dall'angoscia di Gesu' nel Getsemani.
"Come essere umano - ha ricordato - anche Gesu' si sente spinto a chiedere che gli sia risparmiato il terrore della passione: anche noi possiamo pregare in questo modoAnche noi possiamo lamentarci davanti al Signore come Giobbe, presentargli tutte le nostre domande che, di fronte all'ingiustizia nel mondo e alla difficolta' del nostro stesso io, emergono in noi.
Davanti a Lui non dobbiamo rifugiarci in pie frasi, in un mondo fittizio". La celebrazione di questa mattina era iniziata con una suggestiva processione guidata da Benedetto XVI da piazza San Pietro al sagrato della Basilica. Seguivano il Papa i cardinali vestiti con l'abito color porpora e i ragazzi venuti da Roma ma anche da Madrid e Sydney per la celebrazione diocesana della Giornata Mondiale della Gioventu'.
Migliaia di ramoscelli d'ulivo sono stati alzati dai fedeli al passaggio del Pontefice che indossava un piviale color oro e la mitria. Benedetto XVI ha invece indossato i paramenti rossi una volta arrivato sul sagrato della Basilica, dove erano state poste la Croce e l'icona delle Gmg arrivate da Sydney (la Gmg vi si e' tenuta lo scorso luglio) e che saranno portate a Madrid, luogo del prossimo raduno dei "Papapboys" previsto per il 2011.
"La Croce pellegrina - ha detto in porposito il Papa - reca a tutti i giovani della terra il messaggio dell'amore di Cristo. Questo 'passaggio di testimone' assume un valore altamente simbolico, con cui esprimiamo immensa gratitudine a Dio per i doni ricevuti nel grande incontro di Sydney e per quelli che vorra' concederci in quello di Madrid". Domani la Croce, accompagnata dall'Icona della Vergine Maria, partira' per la capitale spagnola, e la' sara' presente alla grande processione del Venerdi' Santo. In seguito iniziera' un lungo pellegrinaggio che, attraverso le Diocesi della Spagna, la riportera' a Madrid nell'estate 2011.
Ai ragazzi il Papa ha fatto oggi una confidenza personale: "devo dire che proprio i momenti in cui ho detto 'si'' ad una rinuncia sono stati i momenti grandi ed importanti della mia vita", ha rivelato nell'omelia della messa riferendosi con grande semplicita' alle scelte sofferte che caratterizzano la sua biografia: prima il sacerdozio e l'impegno di teologo e docente, abbandonato quando Paolo VI lo volle arcivescovo di Monaco, quindi la chiamata di Papa Wojtyla a Roma quale prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede e quattro anni fa quella dei cardinali che lo hanno eletto Papa.

Un'esperienza di cambiamenti mai indolori che e' stata vissuta da Joseph Ratzinger ma che in un certo senso e' comune a tutti in quanto "non esiste una vita riuscita senza sacrificio".

"Ad una vita retta - ha sottolineato il Pontefice - appartiene anche il sacrificio, la rinuncia. Chi promette una vita senza questo sempre nuovo dono di se', inganna la gente". L'opportunita' di rivelare questa sua esperienza di sofferenza e' stata offerta al Pontefice dalla frase evangelica "Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto".
"Nella realta' concreta - ha spiegato alla folla che gremiva tutti i settori di piazza San Pietro - non si tratta di semplicemente riconoscere un principio, ma di vivere la sua verita', la verita' della croce e della risurrezione. E per questo, di nuovo, non basta un'unica grande decisione". Parole quelle riguardo a un "si'" che l'uomo e' chiamato aripetere ogni giorno, che si applicano pero' anche agli Stati che ancora non hanno firmato e applicato il trattato contro gli ordigni piu' famigerati della guerra convenzionale: "a dieci anni dall'entrata in vigore della Convenzione per la messa al bando delle mine anti-persona e dopo la recente apertura alla firma della Convenzione per l'interdizione delle munizioni a grappolo, desidero incoraggiare - ha concluso il Papa - i Paesi che non lo hanno ancora fatto a firmare senza indugio questi importanti strumenti del diritto internazionale umanitario, ai quali la Santa Sede ha dato da sempre il proprio appoggio".

© Copyright Agi


+PetaloNero+
00lunedì 6 aprile 2009 01:24
Il Papa ai giovani: il senso della croce è la rinuncia di sé
Benedetto XVI benedice la Croce della GMG che viaggerà fino a Madrid



CITTA' DEL VATICANO, domenica, 5 aprile 2009 (ZENIT.org).- La verità esigente del cristianesimo è che quanto più si compiono gesti di rinuncia per amore di Dio, “tanto più grande e ricca diventa la vita”. E' quanto ha detto Benedetto XVI durante la Messa solenne della Domenica delle Palme in una piazza San Pietro gremita di fedeli.

Tanti erano infatti i giovani, riversatisi nel colonnato di Bernini con striscioni e ramoscelli di ulivi, che oggi hanno voluto prendere parte alla Giornata Mondiale della Gioventù (GMG), celebrata a livello diocesano nella domenica che segna l'inizio della Settimana Santa.

Richiamando il brano evangelico odierno sull’ingresso trionfale di Cristo a Gerusalemme, il Papa ha ricordato ai giovani che “il vero scopo del pellegrinaggio deve essere quello di incontrare Dio; di adorarlo e così mettere nell’ordine giusto la relazione di fondo della nostra vita”.

Il Regno instaurato da Cristo, ha continuato il Papa, “passa attraverso la croce”, ed è “universale”; non si fonda sulla “regalità di un potere politico, ma si basa unicamente sulla libera adesione dell’amore”.

“L’universalità - ha spiegato - è sempre un superamento di se stessi, rinuncia a qualcosa di personale. L’universalità e la croce vanno insieme. Solo così si crea la pace”.

E tuttavia, ha continuato, questi resterebbero solo principi spirituali se nella vita noi uomini non fossimo in grado di “osare il grande sì” a Dio, e cioè di “metterci a disposizione, quando in fondo vorremmo aggrapparci al nostro io”.

“Ad una vita retta appartiene anche il sacrificio, la rinuncia – ha infatti osservato il Papa – . Chi promette una vita senza questo sempre nuovo dono di sé, inganna la gente. Non esiste una vita riuscita senza sacrificio”.

“Se getto uno sguardo retrospettivo sulla mia vita personale – ha proseguito –, devo dire che proprio i momenti in cui ho detto ‘sì’ ad una rinuncia sono stati i momenti grandi ed importanti della mia vita”.

Anche Gesù ha saputo offrire a Dio il suo “sì” assoluto, superando il “terrore della passione” che lo attendeva.

“Anche noi possiamo lamentarci davanti al Signore come Giobbe – ha aggiunto ,– presentargli tutte le nostre domande che, di fronte all’ingiustizia nel mondo e alla difficoltà del nostro stesso io, emergono in noi”.

“Davanti a Lui non dobbiamo rifugiarci in pie frasi, in un mondo fittizio – ha affermato il Papa –. Pregare significa sempre anche lottare con Dio, e come Giacobbe possiamo dirGli: ‘Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!’”.

Questo, ha sottolineato Benedetto XVI, ci insegna che la volontà di Dio “è sempre più importante e più vera” della nostra e che “la sua volontà è la verità e l’amore”.

Rivolgendosi direttamente ai giovani, il Papa ha poi affermato che “quanto più per amore della grande verità e del grande amore – per amore della verità e dell’amore di Dio – possiamo fare anche qualche rinuncia, tanto più grande e più ricca diventa la vita”.

“Chi vuole riservare la sua vita per se stesso, la perde. Chi dona la sua vita – quotidianamente nei piccoli gesti, che fanno parte della grande decisione – questi la trova”.

“È questa la verità esigente, ma anche profondamente bella e liberatrice, nella quale vogliamo passo passo entrare durante il cammino della Croce attraverso i continenti”, ha concluso.

Al termine dell'Angelus, Benedetto XVI ha salutato in 7 lingue diverse i fedeli presenti in piazza San Pietro oltre a rivolgere un pensiero speciale alle delegazioni di ragazzi provenienti con i loro Vescovi da Australia e Spagna per la consegna della Croce e dell'icona della GMG, che viaggeranno fino al prossimo raduno dei giovani in programma a Madrid dal 15 al 21 agosto del 2011 sul tema: "Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede (cfr Col 2,7)".

“Questo ‘passaggio di testimone’ – ha detto il Papa – assume un valore altamente simbolico, con cui esprimiamo immensa gratitudine a Dio per i doni ricevuti nel grande incontro di Sydney e per quelli che vorrà concederci in quello di Madrid”.

“Domani la Croce, accompagnata dall’Icona della Vergine Maria, partirà per la capitale spagnola, e là sarà presente alla grande processione del Venerdì Santo”, ha detto.

“In seguito inizierà un lungo pellegrinaggio che, attraverso le Diocesi della Spagna, la riporterà a Madrid nell’estate 2011. Possano questa Croce e questa Icona di Maria essere per tutti segno dell’amore invincibile di Cristo e della sua e nostra Madre!”, ha poi concluso.




Benedetto XVI chiede di porre fine alle tragedie del mare
E invoca “strategie coordinate tra Unione Europea e Stati africani”



CITTA' DEL VATICANO, domenica, 5 aprile 2009 (ZENIT.org).- Questa domenica Benedetto XVI ha chiesto un'azione coordinata per impedire che si ripetano tragedie come quelle della settimana scorsa, in cui quasi 300 persone sono morte annegate al largo della Libia, quando la loro imbarcazione diretta verso l'Europa si è rovesciata.

“Non possiamo rassegnarci a tali tragedie – ha detto il Papa – , che purtroppo si ripetono da tempo!”.

“Le dimensioni del fenomeno rendono sempre più urgenti strategie coordinate tra Unione Europea e Stati africani, come pure l’adozione di adeguate misure di carattere umanitario, per impedire che questi migranti ricorrano a trafficanti senza scrupoli”, ha poi sottolineato.

“Mentre prego per le vittime, perché il Signore le accolga nella sua pace – ha quindi aggiunto – , vorrei osservare che questo problema, ulteriormente aggravato dalla crisi globale, troverà soluzione solo quando le popolazioni africane, con l’aiuto della comunità internazionale, potranno affrancarsi dalla miseria e dalle guerre”.

Secondo quanto riferito all'agenzia ASCA dal responsabile Caritas per l'Immigrazione, Oliviero Forti, sebbene sia impossibile fare delle stime accurate sui decessi nel Mediterraneo, “di certo, per ora, ci sono gli oltre 13 mila corpi recuperati in mare negli ultimi dieci anni”.



Il Papa invita gli Stati a bandire mine antiuomo e cluster bomb
A dieci anni dall'entrata in vigore del Trattato di Ottawa



CITTA' DEL VATICANO, domenica, 5 aprile 2009 (ZENIT.org).- Questa domenica Benedetto XVI ha rivolto un pressante appello a tutta la comunità internazionale alla messa al bando delle mine antiuomo e delle bombe a grappolo (cluster bomb).

L'invito del Papa è giunto all'indomani della IV Giornata Internazionale per la sensibilizzazione sul problema delle mine antiuomo indetta dalle Nazioni Unite per il 4 aprile.

L'appuntamento ha sottolineato il Papa riveste maggiore significato a dieci anni dall’entrata in vigore il 1° marzo 1999 del Trattato di Ottawa per la messa al bando delle mine antipersona, e dopo gli impegni sottoscritti da 107 Paesi, il 3 dicembre 2008 ad Oslo, con la firma del Trattato di messa al bando delle munizioni a grappolo.

“Desidero incoraggiare i Paesi che non lo hanno ancora fatto – ha detto il Papa all'Angelus – a firmare senza indugio questi importanti strumenti del diritto internazionale umanitario, ai quali la Santa Sede ha dato da sempre il proprio appoggio”.

“Esprimo altresì il mio sostegno a qualsiasi misura intesa a garantire la necessaria assistenza alle vittime di tali armi devastanti”, ha poi affermato.

Fino ad oggi sono 156 gli Stati (l’80% delle Nazioni al mondo) ad aver aderito al Trattato di Ottawa. 39 Stati – 2 dei quali firmarono originariamente il Trattato, senza però poi ratificarlo – non hanno ancora formalmente aderito al Trattato e rimangono quindi in disaccordo rispetto al rifiuto globale di questi ordigni. Tra questi ultimi figurano: Cina, Russia e Stati Uniti.

Dal 1997, circa 42 milioni di mine antipersona contenute negli arsenali sono state distrutte. Solo 13 dei più di 50 Paesi che fabbricarono mine antipersona nei primi anni ’90 hanno ancora una capacità di produzione.

Le bombe a grappolo costituite da un contenitore che racchiude centinaia di bombe più piccole che spesso rimangono inesplose al contatto col terreno, colpendo così la popolazione civile, sono state utilizzate in 21 Paesi tra i quali Bosnia, Iraq, Serbia, Kosovo, Libano.

Ad Oslo, solamente tre Paesi presenti alla riunione non avevano approvato il documento: Giappone, Romania e Polonia; mentre tra gli assenti figuravano Stati Uniti, Russia e Cina.

Finora sono stati 6 i Paesi al mondo ad avere presentato alla sede di New York delle Nazioni Unite i documenti di ratifica sull’accordo per la messa al bando delle bombe a grappolo.


+PetaloNero+
00lunedì 6 aprile 2009 17:01
TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DEL SANTO PADRE PER LE VITTIME DEL TERREMOTO A L’AQUILA E IN ABRUZZO

Pubblichiamo di seguito il telegramma di cordoglio per le vittime del terremoto che ha colpito alle prime ore di questa mattina la città de L’ Aquila e l’Abruzzo, inviato dal Santo Padre Benedetto XVI all’Arcivescovo de L’Aquila, S.E. Mons. Giuseppe Molinari, tramite il Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone:


TELEGRAMMA DEL SANTO PADRE

ECC.MO MONSIGNOR GIUSEPPE MOLINARI

ARCIVESCOVO DE L’AQUILA

DRAMMATICA NOTIZIA VIOLENTO TERREMOTO CHE HA SCOSSO TERRITORIO CODESTA ARCIDIOCESI HA RIEMPITO DI COSTERNAZIONE ANIMO SOMMO PONTEFICE IL QUALE INCARICA VOSTRA ECCELLENZA TRASMETTERE ESPRESSIONE SUA VIVA PARTECIPAZIONE AT DOLORE CARE POPOLAZIONI COLPITE DA TRAGICO EVENTO (.) NELL’ASSICURARE FERVIDE PREGHIERE PER VITTIME IN PARTICOLARE PER BAMBINI SUA SANTITA’ INVOCA DAL SIGNORE CONFORTO PER LORO FAMILIARI ET MENTRE RIVOLGE AFFETTUOSA PAROLA DI INCORAGGIAMENTO AT SUPERSTITI ET QUANTI IN VARIO MODO SI PRODIGANO NELLE OPERAZIONI DI SOCCORSO INVIA A TUTTI SPECIALE BENEDIZIONE APOSTOLICA

CARDINALE TARCISIO BERTONE SEGRETARIO DI STATO DI SUA SANTITA’




Disastro in Abruzzo: terremoto provoca decine di morti. Il dolore del Papa, solidarietà da tutto il mondo


Si fa sempre più drammatico il bilancio del violento terremoto, che stanotte alle ore 3.32, ha colpito l’Abruzzo e in particolare la zona dell’Aquila. L’epicentro del sisma è stato individuato a una decina di chilometri a nord del capoluogo abruzzese. L’ultimo tragico aggiornamento parla di oltre 92 morti, molti dei quali bambini, centinaia di feriti, migliaia di case distrutte o lesionate e circa 50 mila sfollati. Il sisma, dell’ottavo-nono grado sulla scala Mercalli, è stato avvertito distintamente in tutto il centro Italia. Profondo dolore è stato espresso da Benedetto XVI. In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, indirizzato a mons. Giuseppe Molinari, arcivescovo dell’Aquila, il Papa manifesta la sua viva partecipazione al dolore delle popolazioni colpite dal tragico evento. La drammatica notizia, si legge nel telegramma, ha riempito di costernazione l’animo del Santo Padre. Nell’assicurare le sue fervide preghiere per le vittime, in particolare i bambini, il Papa invoca dal Signore conforto per i famigliari e incoraggia quanti in vario modo si stanno prodigando nelle operazioni di soccorso. Per fare il punto della situazione ci riferisce Alessandro Gisotti:

L’Abruzzo è in ginocchio, sconvolto da un terribile terremoto che ha devastato L’Aquila, soprattutto nel centro storico, e i paesi vicini al capoluogo abruzzese. Una delle situazioni più drammatiche si registra nella frazione di Onna, pressoché rasa al suolo, dove si contano al momento 8 morti e decine di dispersi. A Poggio Picenze i morti sono almeno cinque, tre bambini e due mamme. Grave la situazione pure a Paganica dove le vittime accertate sono almeno sei, tra i quali Gemma Antoniucci, 61 anni, madre superiora del monastero di Santa Chiara di Paganica, il cui corpo è stato estratto dalle macerie dai Vigili del Fuoco. L’Aquila si presenta oggi come una città di profughi con migliaia di persone accampate nelle piazze principali, mentre le vie sono disseminate di detriti e calcinacci. Ecco alcune drammatiche testimonianze di cittadini aquilani, raggiunti telefonicamente da Antonella Palermo e Roberta Rizzo:

(Tatiana):
R. - Che le posso raccontare: una catastrofe, un incubo. E pensare che c’è gente sotto le macerie che è morta, bambini. E’ indescrivibile. Non si può descrivere una cosa del genere. La prima forte scossa c’è stata a mezzanotte e 40, dopo c’è n'è stata una alle 3.30 ma non ci ha lasciato neanche il tempo di capire che cosa stesse succedendo, non abbiamo avuto nemmeno il tempo di scappare in strada. Ora stanno arrivando notizie di persone morte, nostri amici, nostri parenti... è che il centro storico è stato completamente devastato. Purtroppo è venuta a mancare una bimba, la sorella di un mio amico ... una bambina di cinque anni ... Ci sono ancora persone sotto le macerie, sotto i palazzi e non si sa se sono vivi o morti. E’ una cosa terrificante. Ed anche ora, che sto parlando con lei, la terra continua a tremare perché dalle 3.30 non ha mai smesso. C’è uno sciame sismico continuo. Comunque, si sta mobilitando tutta la città. Il nostro ospedale civile è stato evacuato e quindi stanno allestendo un ospedale mobile vicino all’attuale ospedale e le sale operatorie purtroppo non sono agibili, quindi è un caos, un caos.


(Concetta)
R. - Praticamente la casa è tutta aperta, tutta lesionata, tutta spaccata. Stiamo qua fuori, c’è qualche vigile del fuoco, le autoambulanze.


D. – Signora, ma lei dove abita di preciso?


R. – Praticamente al centro vecchio, la vecchia zona dell'Aquila. E’ stata una cosa terribile, mai vista: le case vecchie sono state spaccate, lesionate, non c’è rimasto proprio niente, ci sono solo sassi.


D. – Voi state tutti bene?


R. – Noi sì, grazie a Dio.


(Giorgio)
R. - Abbiamo dormito tutti fuori, oltretutto senza luce perché è saltata. Al freddo, abbiamo dormito in pigiama in macchina e adesso, per fortuna, è tornata la luce. Sono rientrato in casa per vedere cosa è successo. Ci sono diverse lesioni e ne vedo una anche sopra la mia testa ma non sono in grado di dire quanto sia pericolosa.


(Anna)
R. - I primi campanelli di allarme li abbiamo avuti ieri sera verso le 11, quando è arrivata la prima scossa. Dopo due ore ne è arrivata subito un’altra, verso l’una, diciamo. Dopo ci siamo rimessi a letto e, alle 3.30, è arrivata questa scossa molto più forte delle altre. E’ da gennaio che all'Aquila avvertiamo scosse sismiche quindi un po’ c’eravamo abituati alle tipiche tre o quattro scosse al giorno. Subito ci siamo alzati dal letto e ci siamo messi sotto i muri portanti. Il terremoto è durato circa una quindicina di secondi. Appena finito il tremore, c’è stato un grande boato e poi siamo usciti fuori e ci siamo recati in piazza dove sono arrivati i soccorsi per le persone che sono rimaste bloccate nei palazzi perché non tutti sono riusciti a scappare subito. Ho visto che la zona più danneggiata è quella di Via XX Settembre: sono crollati dei palazzi e la Casa dello Studente si è letteralmente piegata su se stessa.


D. – Vi avevano preparato al terremoto, vi avevano detto come comportarvi?


R. – Più che altro, c’eravamo preparati da soli perché comunque sapevamo che sarebbe successo.


Si scava, dunque, senza sosta per estrarre i superstiti dalle macerie. Tuttavia, le operazioni di soccorso sono rese difficili dal protrarsi delle scosse di assestamento. All’Aquila sono numerosi i palazzi e gli alberghi crollati in parte o completamente, mentre l’ospedale cittadino è stato dichiarato inagibile al 90 per cento. Per questo, sono stati allestiti quattro punti di primo soccorso. Distrutti o gravemente lesionati anche numerosi monumenti simbolo dell’Aquila: dalla Cattedrale alla Chiesa di Collemaggio, ancora la Chiesa di San Bernardino e la cinquecentesca fortezza spagnola. D’altronde, oltre all’aquilano, sono almeno 26 i comuni abruzzesi interessati in modo serio dal terremoto. “È la peggiore tragedia dall'inizio di questo millennio”, ha dichiarato il capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, aggiungendo che, nonostante l’Abruzzo sia interessato da uno sciame sismico da diverse settimane, non era prevedibile una scossa di tale intensità.

Colonne mobili di vigili del fuoco, carabinieri e poliziotti di tutta Italia stanno convergendo all’Aquila, almeno 1500 uomini informa il Viminale, ma anche i collegamenti verso la zona colpita risultano difficili: chiuse per verifiche tecniche le autostrade A24 Roma-L'Aquila e l'A25 Roma-Pescara. Dal canto suo, il premier italiano, Silvio Berlusconi, ha convocato per stasera alle 19 un Consiglio dei ministri straordinario. Stamani, Berlusconi aveva firmato lo stato d’emergenza mobilitando anche le forze armate. Intanto, mentre il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è detto profondamente colpito dalle tragiche notizie provenienti dall’Abruzzo si moltiplicano di ora in ora gli appelli di solidarietà in Italia e all’estero. Mobilitate in particolare la rete Caritas, le Misericordie d’Italia e la Croce Rossa. Solidarietà e condoglianze al popolo italiano sono state espresse, tra gli altri, dal presidente della Commissione europea, Barroso, dal presidente americano Obama e russo Medvedev.

La frazione di Onna dunque è tra le più devastate. L’ha raggiunta da Paganica, Lorenzo Colantonio, un giornalista del quotidiano locale “Il Centro”. La sua testimonianza al microfono di Antonella Palermo:

R. – A Paganica ho potuto assistere in diretta ad una scossa che ha staccato la facciata della Chiesa principale. Poi ho proseguito e sono venuto qui ad Onna che è il punto più devastato in assoluto: il paese è stato letteralmente raso al suolo. Finora hanno recuperato otto corpi. E’ tutto distrutto e mi dicono che sotto queste macerie ci sono almeno 50 corpi. C’è un silenzio irreale. Ecco... hai sentito la scossa adesso?


D. – Sì...


R. – Nell’ultima ora ce ne sono state almeno cinque. Devo dire che qui sono l’unico giornalista in questo momento e sto qui solo ed esclusivamente perché un mio collega, una persona con cui lavoro da 20 anni, ha sotto queste macerie i due figli e il papà e stiamo aspettando che qualcuno venga a toglierle per recuperare due ragazzi di 16 e 18 anni. Siamo entrambi vicecaporedattori del giornale quotidiano “Il Centro” e siamo vicini in questo momento terribile...


“Il terremoto è un fenomeno imprevedibile. Ciò che si può fare per contenerne le conseguenze è costruire edifici antisismici”: molti esperti interpellati in queste ore hanno sostanzialmente concordato su questa posizione. L’Italia in particolare - considerata in gran parte a rischio sismico - dovrebbe svolgere un’adeguata politica di prevenzione. Lo conferma, ai nostri microfoni, anche il direttore del Centro nazionale terremoti, Giulio Selvaggi:

R. – Purtroppo l’Italia è un Paese sismico. La sua storia è segnata da eventi sismici che hanno fatto nel tempo danni, simile alla tragedia che stiamo vivendo adesso.


D. – La serie di sciami sismici registrata da molto tempo non poteva far prevedere quello che è accaduto la scorsa notte?


R. - No, perché questo tipo di sequenze sismiche non è un fatto eccezionale. In Italia abbiamo tantissime sequenze sismiche anche di questo tipo, alle quali non segue un forte terremoto. La normalità è che ci sono sequenze che poi si esauriscono. In questo caso, come in altri casi, non è stato così.


D. - Ovviamente, quando c’è un terremoto si parla e si cerca di individuare subito l’epicentro, e poi si parla della profondità cui il sisma è avvenuto. Significa che più è profonda, più è debole la scossa in superficie? C’è qualche legame?


R. - E’ abbastanza chiaro che più il terremoto è vicino alla superficie più i suoi effetti sono distruttivi, proprio perché siamo più vicini al terremoto, questo è semplicemente un fatto geometrico. Se il terremoto è più in profondità, quello che osserviamo è che i danni, a parità di magnitudo, sono inferiori.





Le testimonianze dei vescovi dell'Aquila e di Avezzano e del direttore della Caritas italiana


Ferita, ma in prima linea nei soccorsi, è ovviamente la diocesi dell’Aquila. Molti i racconti di sacerdoti, religiosi e suore che, nei luoghi colpiti dal sisma, stanno prodigandosi per portare conforto ai sopravvissuti. Luca Collodi ha raccolto la testimonianza dell’arcivescovo del capoluogo abruzzese, Giuseppe Molinari, la cui sede arcivescovile è stata danneggiata in modo grave:

R. - Noi in questi giorni abbiamo pregato - io ho esortato tutti a pregare - ho ripetuto che bisogna affidarci al Signore, perché è Lui che ha nelle sue mani la storia di ognuno di noi, sa tutto, e ho citato anche le parole che dice Gesù: “I capelli del vostro capo sono tutti contati e non ne cade neppure uno se il Padre celeste non lo permette”. E’ il momento di credere sul serio a queste parole e affidarci totalmente al Signore. Non ci rimane altro. Poi, certo, anch’io esorterò tutti a stare molto attenti alle direttive della Protezione civile, a fare tutto quello che umanamente è possibile per prevenire altri pericoli, per metterci al sicuro. Fondamentalmente, però, resta l'affidarsi totalmente al Signore. Ringrazio quelli che già hanno mostrato solidarietà e anche a tutti quelli che ci daranno una solidarietà concreta. E’ scattata già una gara di solidarietà e questo ci fa piacere. Ringrazio già tutti. Soprattutto grazie alla Protezione civile.

Analoghi i sentimenti di dolore che si registrano in altre aree dell’Abruzzo. Il vescovo di Avezzano, Pietro Santoro, descrive al microfono di Luca Collodi la situazione nella sua città e la disponibilità ad accogliere eventuali sfollati in arrivo dall’epicentro del terremoto:

R. - Ovviamente, la scossa è stata avvertita in maniera fortissima questa notte anche qui ad Avezzano, tenendo conto che Avezzano è zona sismica. Non dimentichiamo che nel 1915 è stata completamente distrutta - sia Avezzano che la Marsica - con 30 mila vittime. Per quanto riguarda la mia diocesi stiamo aprendo un canale per accogliere eventuali sfollati, perché in provincia dell’Aquila la notte è molto fredda, e quindi siamo in contatto con la protezione civile per tutto quello che può servire per l’occasione. E’ un momento di grande dolore. Ovviamente, però, la speranza ce l’abbiamo nel cuore tutti. E soprattutto la Chiesa vuol farsi carico di questa situazione, camminando dentro le sofferenze del nostro popolo.

D. - Mi sembra di capire che il territorio della diocesi di Avezzano potrebbe ospitare gli sfollati di questo terremoto...

R. - Stiamo cercando appunto dei canali, ma è un momento di grande confusione. Noi, comunque, apriamo il cuore e anche le nostre strutture. Tenendo conto che anche qui abbiamo tantissimi edifici lesionati. Anche l’episcopio di Avezzano ha delle lesioni.
La Caritas Italiana – come abbiamo detto – è già all’opera per i soccorsi. Sulla modalità dell’intervento ecco quello che ha detto il direttore mons. Vittorio Nozza, al microfono di Luca Collodi:

R. – Andremo a costituire una modalità di presenza attraverso un coordinamento che possa servire sia per la realtà locale colpita da questo pesante terremoto, sia per quanti, soprattutto dall’Italia – delegazioni, Caritas diocesane e altre realtà – vogliano, nel giro di pochi giorni, incominciare, a mettere in atto una modalità di intervento a sollievo delle persone. Si tratta di una presenza continuativa, che faciliti, diremmo così, la lettura dei bisogni delle persone e, contemporaneamente, si vada anche, nel tempo, a costruire tutta una serie di interventi che certamente potranno essere messi in atto nella misura in cui ci sarà anche un ampia solidarietà da parte della popolazione italiana.
Per inviare offerte a Caritas Italiana: causale “TERREMOTO ABRUZZO” C/C POSTALE N. 347013 o tramite CartaSi e Diners telefonando a Caritas Italiana tel. 06 66177001. Intanto anche le Misericordie hanno aperto una raccolta di fondi per le popolazioni dell'Abruzzo. Chi vuole partecipare può farlo con un versamento bancario su un conto corrente appositamente aperto presso il Monte dei Paschi di Siena. Per effettuare il versamento il codice Iban è: IT03 Y010 3002 8060 0000 5000 036.




Mobilitazione della Caritas Italiana dopo il terremoto


ROMA, lunedì, 6 aprile 2009 (ZENIT.org).- A seguito del terremoto che ha colpito questo lundì mattina l’Abruzzo, la Caritas Italiana si è prontamente attivata per coordinare gli sforzi delle Caritas che hanno già offerto disponibilità ad intervenire da tutta Italia e anche dall’estero.

La Caritas Italiana, secondo quanto si legge in una nota diramata dalla Conferenza Episcopale Italiana, in stretto contatto anche con il delegato regionale, con i direttori delle Caritas diocesane di Abruzzo-Molise e con i Vescovi locali, cerca di farsi prossima con la preghiera e con il sostegno materiale, valutando in questa prima fase le esigenze che emergono nelle comunità e nei luoghi provati dal sisma, per poter attivare interventi adeguati.


Per sostenere gli interventi in corso (causale “TERREMOTO ABRUZZO”) si possono inviare offerte a Caritas Italiana tramite C/C POSTALE N. 347013 o tramite UNICREDIT BANCA DI ROMA S.P.A. IBAN IT38 K03002 05206 000401120727

Offerte sono possibili anche tramite altri canali, tra cui:

Intesa Sanpaolo, via Aurelia 796, Roma - Iban: IT19 W030 6905 0921 0000 0000 012

Allianz Bank, via San Claudio 82, Roma - Iban: IT26 F035 8903 2003 0157 0306 097

Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma - Iban: IT29 U050 1803 2000 0000 0011 113

CartaSi e Diners telefonando a Caritas Italiana tel. 06 66177001 (orario d’ufficio)
+PetaloNero+
00lunedì 6 aprile 2009 17:05
Benedetto XVI ai ragazzi spagnoli: la Croce della Gmg rappresenta l'incontro con Colui che è morto e risorto per noi

Benedetto XVI ha incontrato questa mattina in udienza i giovani spagnoli che ieri, durante la Messa della Domenica delle Palme, hanno ricevuto dai loro coetanei australiani la Croce della Giornata mondiale della gioventù, che si svolgerà a livello internazionale nel 2011 a Madrid. Parlando di questo prossimo appuntamento, il Papa ha detto che il periodo di preparazione della Gmg è già “una straordinaria opportunità di sperimentare la grazia di appartenere alla Chiesa”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Le Giornate mondiali della gioventù mostrano “l’eterna giovinezza della Chiesa”. Una Chiesa che affascina, perché casa dove si respira gioia e si percepisce l’amore personale di Dio per ognuno. Benedetto XVI si è rivolto con queste parole ai circa settemila ragazzi spagnoli - e al cardinale arcivescovo di Madrid, Antonio Maria Rouco Varela - riuniti in Aula Paolo VI per questo incontro ravvicinato con il Papa, dopo la solenne Messa di ieri. La Croce della Gmg ricevuta dai giovani di Sydney rappresenta, ha detto, l’incontro con Colui che è morto ed è risorto per noi. “Sono lieto di sapere - ha detto il Pontefice - che questa croce che avete ricevuto la innalzerete il Venerdì Santo, durante la processione per le strade di Madrid perché sia acclamata e venerata”. Ed ha aggiunto:

“Responded vosotros al amor de Cristo...
Rispondete all'amore di Cristo, donando la vostra vita con amore. Così, i preparativi per la Giornata Mondiale della Gioventù, i cui lavori sono iniziati con grande entusiasmo e impegno, saranno premiati con il frutto che che si attende da questa Giornata: rinnovare e rafforzare l'esperienza dell’incontro con Cristo morto e risorto per noi”.

Vi invito “a formarvi nella fede che dà senso alla vostra vita e a rafforzare la vostra fede, per poter restare saldi nelle difficoltà di ogni giorno”, è stata l’esortazione di Benedetto XVI ai giovani spagnoli. E sulla strada che porta a Cristo, ha proseguito:

“Sepais atraer a vuestros jovenes amigos...
Sappiate attirare i vostri giovani amici, compagni di studio e di lavoro, perché anche loro lo conoscano e lo professino come Signore della loro vita (…) I giovani di oggi hanno bisogno di scoprire la vita nuova che viene da Dio, saziarsi della verità che ha la sua sorgente in Cristo morto e risorto, e che la Chiesa ha ricevuto come un tesoro per tutti gli uomini”.

Possa questo “atteggiamento profondamente cristiano”, ha concluso Benedetto XVI, rendere Madrid un luogo che irradi fede e vita, dove giovani di tutto il mondo celebrino con entusiasmo Cristo:
“Orad en comun, abriendo las puertas...
Pregate insieme, aprendo le porte delle vostre parrocchie, associazioni e movimenti in modo che tutti possano sentirsi nella Chiesa come a casa propria, amati con lo stesso amore di Dio. Celebrate e vivete la vostra fede, con grande gioia, che è il dono dello Spirito. Così, i vostri cuori e quelli dei vostri amici si prepareranno a celebrare la grande festa che è la Giornata della Gioventù e tutti faranno l’esperienza di una nuova epifania della giovinezza della Chiesa".





www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=783&sett...

Paparatzifan
00lunedì 6 aprile 2009 21:20
Da "Messainlatino.it"...

LUNEDÌ 6 APRILE 2009

L'opposizione romana al Papa secondo l'abbé Barthe. Quarta parte

E’in causa l’Humanae Vitae

Il card. Martini [nel suo ultimo libro Conversazioni notturne a Gerusalemme] si oppone in modo frontale all’enciclica Humanae Vitae (i quaranta anni trascorsi dall’Humanæ Vitæ sono da lui comparati ai quarant'anni di esilio degli Ebrei nel deserto). Ma esalta soprattutto un cattolicesimo, se non adogmatico, nel quale la predicazione del dogma venga messa quanto meno in sordina: « Dobbiamo imparare a vivere l’immensità dell’essere cattolici. E a conoscere gli altri. (…) Per proteggere questa immensità, non conosco niente di meglio che continuare sempre di più a leggere la Bibbia. (…) Se noi ascoltiamo Gesù e se ci rivolgiamo ai poveri, agli oppressi, ai malati, (…) Dio ci condurrà al di fuori, nell’immensità. Ci insegnerà a pensare in modo aperto».

Allo stesso modo, secondo il cardinale [anonimo] intervistato da Olivier Le Gendre, la teologia del celibato sacerdotale è di fatto superata: «Siamo la religione dell’Incarnazione» ; non dobbiamo pertanto più separare il prete dalla vita concreta. Ma prima di tutto, ritiene che si debba rompere con una logica «difensiva» nei confronti del mondo moderno. E a questo punto s’infiamma : è il modo di proporsi del governo della Chiesa che deve sparire per sempre, «è fare leggi ininterrottamente, è il tentativo di limitare la vita da una lunga enunciazione di leggi, è voler centralizzare sempre e ad oltranza il timore di fughe all’esterno che ci paralizza. E’ questo comportamento da monarca benevolente nel migliore di casi, ma autoritario in quello peggiore. In breve, è questo essere ‘romani’ prima di tutto ridando vita in questi tempi moderni a quel sistema imperiale che a forza di dipendere da una sola testa è, di fatto, crollato in periferia. E’ la sacralizzazione ad oltranza dell’autorità, è questo mettere alla gogna del liturgicamente corretto ogni emozione e ogni sua espressione, è il tenere a freno la spontaneità perché risulterebbe pericolosa. Insomma, è voler dominare, dominare ancora e sempre dominare, nonché controllare in permanenza».


Papa Benedetto XVI irrita alla Curia

19 aprile 2005. Il significato di un’elezione


Alla morte di Giovanni Paolo II, la situazione della Chiesa era preoccupante. Il cardinale Ratzinger pareva quello meglio piazzato per porvi rimedio. Ma l’azione del Papa ha deluso le speranze dei più liberali che speravano in un semplice Papa di transizione.

Cos’è successo al conclave del 2005, s’interroga l’anonimo cardinale ? «Nulla, risponde sarcastico, perché tutto è avvenuto prima». E questo è vero. L’ondata che ha fatto confluire a Roma milioni di pellegrini per salutare le spoglie mortali Giovanni Paolo II è moralmente incanalata dal decano del Sacro Collegio, Joseph Ratzinger, assolutamente a suo agio nel dare il senso storico ad una emozione di questo tipo. E’ forse esagerato affermare che il cardinale Ratzinger ha beneficiato di un sorta di «primarie» per mezzo d’una specie di referendum informale? «Sono stato, dice l’anonimo cardinale, il testimone interessato e un po' perplesso di un processo assai appassionante, quello che spinge un numero relativamente importante di uomini, rappresentanti di molte nazioni unite dalla stessa fede, ad accordarsi per amore o per forza sulla scelta di colui che li deve dirigere, essi stessi e la Chiesa tutta intera».

Una formidabile inquietudine

In effetti, al termine delle riunioni cardinalizie che hanno preceduto l’entrata in conclave, e dove i rapporti più che allarmanti sulla situazione del sacerdozio cattolico nel mondo hanno di fatto cristallizzato una formidabile inquietudine in tutto il collegio cardinalizio, a quel punto tutto era ormai praticamente giocato. Fra le altre qualità, Joseph Ratzinger appariva ai cardinali elettori come l’uomo giusto che poteva tentare di raddrizzare l’immagine morale e ecclesiale del prete in America, in Africa, nelle Filippine e altrove. E, rassicurati che Joseph Ratzinger sarebbe stato colui la cui elezione poteva essere la più entusiasticamente accolta dall’opinione pubblica cattolica, dimenticarono tutte le riserve che provenivano dalle sue idee liturgiche. «Nessun altro, oltretutto era più accreditato per la possibilità d’essere papa. Come se non ci fossero più stati altri candidati da coinvolgere! L’inquietudine dei cardinali risultava talmente forte da riallinearsi a quello che conoscevano meglio, quali che fossero gli inconvenienti della sua candidatura».

Questo passaggio chiave del libro di Olivier Le Gendre – il capitolo sul conclave del 2005 – mostra come la Confessione di un cardinale dati a circa due anni fa. La tesi che vi è sviluppata, per delegittimare il Papa, è esattamente la stessa che voleva accreditare un’operazione molto simile, una «confessione» di cardinale, montata – con molta probabilità dallo stesso Silvestrini – nel settembre 2005. Un cardinale, anch’esso anonimo – forse il cardinal Pompedda, ormai deceduto – avrebbe redatto un «Diario segreto del conclave» nei giorni 18 e 19 aprile 2005. Rischiava poco la scomunica ipso facto riservata a chiunque violi il segreto, giurato sul Vangelo all’apertura del conclave, in quanto infrangeva quel segreto solo indirettamente: il cardinal Pompedda e altri elettori avevano raccontato tutto ad amici cardinali di più di 80 anni i quali, tutto sommato, avevano bene il diritto si sapere. Poi questi confidenti, i quali non avevano giurato, ritenevano di avere diritto di rivelare tutto. In questo modo il cardinale Achille Silvestrini e i suoi amici avevano escogitato, nella miglior tradizione dell’informazione/disinformazione, un sedicente «Diario» passato a Lucio Brunelli, vaticanista televisivo del TG2, il quale l’aveva pubblicato nella prestigiosa rivista di geopolitica Limes – del gruppo di sinistra dell’Espresso. Il libro di Olivier Le Gendre riprende integralmente le «rivelazioni» del settembre 2005, delle quali nessuno del resto discute la veridicità limitata ai fatti: il cardinale Joseph Ratzinger venne eletto al quarto turno di scrutinio con 84 voti a favore. Avendo scartato al primo turno tutti i grandi nomi dell’opposizione, i liberali portarono i loro voti sul cardinal Bergoglio, di Buenos Aires, che non risultava propriamente dei loro.


Una schiacciante maggioranza

L'elezione del Papa richiedeva i due terzi dei voti, ossia 77. I liberali speravano che la minoranza di blocco (39 voti) si potesse impegnare sul suo nome, per obbligare poi i partigiani del card. Ratzinger a transigere. Il cardinale che si "confessava" con Lucio Brunelli qualche mese dopo il conclave, come del resto quello che si "confessa" con Olivier Le Gendre, fingono di credere (o piuttosto finge, perché sicuramente è lo stesso cardinale) che, dato che Bergoglio aveva ottenuto 40 voti contro 72 di Ratzinger al terzo voto, l'elezione del card. Ratzinger è avvenuta per il rotto della cuffia: "Se i quaranta voti di Bergoglio si fossero mantenuto negli scrutini successivi, Ratzinger non avrebbe potuto ottenere la maggioranza dei due terzi". In realtà, tutti gli specialisti dei conclavi, e il card. Silvestrini meglio di tutti, sanno giustamente che con una tale avanzata ottenuta tanto rapidamente su un nome - quello di Joseph Ratzinger – nessuna minoranza di blocco è capace di formarsi. E' evidente che l'elezione di Joseph Ratzinger è stata una delle più "confortevoli" dopo quella di Eugenio Pacelli nel 1939, con un fenomeno identico di immediata e irresistibile ascensione di un nome fin dall'inizio del conclave.

segue


+PetaloNero+
00martedì 7 aprile 2009 15:40
La Caritas al G20: mantenere la promessa degli aiuti internazionali

CITTA' DEL VATICANO, martedì, 7 aprile 2009 (ZENIT.org).- La Caritas ha lodato i nuovi impegni del vertice del G20 per raggiungere aiuti e obiettivi di sviluppo, ma teme che i leader non facciano abbastanza per evitare che milioni di persone sprofondino nella povertà.

I leader del G20, che rappresentano Paesi sviluppati e in via di sviluppo, si sono incontrati il 2 aprile a Londra nel contesto dell'enorme sfida costituita dalla crisi economica globale degli ultimi tempi.

Blandine Bouniol, responsabile Caritas per la Cooperazione Internazionale, ha affermato che il G20 “ha ribadito gli obiettivi e gli impegni per lo sviluppo, come il fatto di dedicare lo 0,7% del PIL agli aiuti esteri, ma la Caritas rimane scettica sul fatto che queste promesse vengano mantenute, visto che alcuni donatori stanno già annunciando drastici tagli di budget e la mancanza di misure concrete, come programmi per la distribuzione”.

“Il pacchetto del G20 per i Paesi in via di sviluppo resta condizionato dalle performance di buon governo, come valutate dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale, ma la Banca e il Fondo promuovono un tipo di economia liberale che ha portato a drammatiche perdite di posti di lavoro e tagli nei servizi pubblici”.

“Volevamo che la Banca e il Fondo avessero una maggiore rappresentanza democratica”, ha confessato, come ricorda un comunicato Caritas inviato a ZENIT.

La Bouniol ha ricordato che “ci sono stati primi passi incoraggianti verso la rimozione del segreto bancario e la pubblicazione delle liste dei paradisi fiscali”, e “come risultato nessun Paese sulla lista nera è rappresentato nel G20”.

Allo stesso modo, ha constatato che “non c'è stata una regolamentazione per rafforzare la trasparenza dei pagamenti e delle tasse pagate dalle compagnie ai Governi”.

“Il ruolo del business multinazionale nel condizionare lo sviluppo di un Paese è sottovalutato e la responsabilità delle compagnie multinazionali che operano nei Paesi in via di sviluppo è ignorata”, ha aggiunto.

La rappresentante Caritas ha quindi lamentato il fatto che non sia stato compiuto “alcun passo decisivo” per far fronte ai cambiamenti climatici e costruire una nuova economia a basso uso di carbonio.

Non è stata menzionata neanche la Conferenza ONU sull'impatto della crisi sullo sviluppo, in programma per giugno.

“Il G20 chiede alle Nazioni Unite di svolgere un ruolo nel monitorare l'impatto della crisi sui più poveri e sui più vulnerabili – ha dichiarato la Bouniol –; ma al di là di questo l'ONU, in quanto forum più inclusivo, con rappresentanti di tutti i Paesi, compresi quelli più poveri, è il forum moderno più legittimato a predisporre soluzioni alle crisi globali”.

+PetaloNero+
00martedì 7 aprile 2009 15:41
Terremoto in Abruzzo: tra le macerie di Onna al lavoro anche otto Vigili del Fuoco vaticani. Interviste con il comandante Giani e l'ing. De Angelis


Il bilancio delle vittime del terremoto in Abbruzzo, riferito dal governo italiano, parla di 207 morti accertati, 17 dei quali non identificati, una quindicina di dispersi e circa 17 mila senza tetto, ma anche di 150 persone estratte in vita dalle macerie. Benedetto XVI continua a seguire con attenzione l’evolversi della situazione e a pregare per le vittime, i sopravvissuti, i soccorritori. Tra questi ultimi, figura anche una squadra di otto Vigili del Fuoco vaticani, giunta ieri sull’area del sisma e da subito al lavoro, come conferma, al microfono di Luca Collodi, il direttore dei Servizi di sicurezza e protezione civile, nonché comandante del Corpo di Gendarmeria vaticano, Domenico Giani:

R. - Nella notte, appena abbiamo saputo di questa immane tragedia che si è verificata, ho parlato con i nostri superiori, con mons. Boccardo e con il cardinale Lajolo. Poi abbiamo informato il Santo Padre, il segretario di Stato e tutta la Segreteria di Stato. C’era sembrato doveroso, in questo momento di grande dolore, far sì che anche una nostra squadra di Vigili del Fuoco fosse presente a dare una mano in questo momento di grande emergenza.


D. - Comandante Giani, quanti uomini e quanti mezzi dei Vigili del Fuoco vaticani sono presenti in Abruzzo?


R. - In questo momento, sono impegnati sul posto l’ufficiale responsabile dei Vigili del Fuoco, l’ingegnere De Angelis, che è un ingegnere strutturale, esperto in questo campo. C’è una squadra composta da otto elementi, con alcuni mezzi dotati anche di sofisticati sistemi di protezione civile, e proprio per questi casi hanno portato dei materiali e delle altre cose per la popolazione, e si trovano ad Onna, in questo paese che è stato completamente distrutto, e stanno lavorando con i Vigili del Fuoco italiani e con le forze di polizia italiane in questo momento.


D. - Come stanno operando sul posto?


R. - Hanno operato anche questa notte, hanno recuperato delle salme, ma in questo momento il loro compito è quello di prestare una certa assistenza alla popolazione, ritornare presso le abitazioni, recuperare quello che è recuperabile. Stanno anche dando un aiuto morale.


D. - Comandante Giani, come è nata l’idea di inviare dei Vigili del Fuoco vaticani in una zona di emergenza terremoto?


R. - Da quando è stata formata la Direzione dei Servizi di sicurezza e protezione civile, è nato proprio anche un nuovo concetto che è quello della difesa civile, dell’emergenza civile. Quindi, ho ritenuto importante che i miei uomini, non solo della Gendarmeria ma anche dei Vigili del fuoco fossero preparati anche in questo settore.


R. - Un gesto di solidarietà da parte del Vaticano alle popolazioni colpite dal sisma…


R. - La Santa Sede sempre, con le varie strutture - penso in particolar modo a Cor Unum, la Caritas - in tutto il mondo, quando c’è un’emergenza porta subito degli aiuti a nome del Santo Padre. In questo caso, credo che oltre ad un aiuto materiale ed economico, ci sia stato anche un aiuto professionale con la presenza di Vigili del Fuoco esperti nella ricerca e nell’aiuto alle popolazioni che soffrono.


I Vigili del Fuoco vaticani - come abbiamo detto - prestano la loro opera di soccorso nella frazione di Onna, luogo simbolo di questa tragedia, che conta circa 40 morti su 250 abitanti. Ecco la testimonianza dell’ing. Paolo De Angelis, ufficiale addetto della squadra dei Vigili del Fuoco vaticani, intervistato da Luca Collodi:

R. - Attualmente, stiamo facendo lavori di bonifica e di verifica statica.


D. - Che situazione avete trovato?


R. - La situazione è disastrosa. Qui il paese è distrutto. Soltanto da questo paese hanno tirato fuori dalle macerie 40 corpi.


D. - Vi state coordinando anche con i Vigili del Fuoco italiani?




Colletta della Chiesa italiana per i terremotati. Testimonianze del cardinale Bagnasco e mons. Forte

Oltre che la situazione civile delle località terremotate, molto grave è, certamente, anche la realtà specifica in cui versano molte delle parrocchie della diocesi aquilana, a partire dal suo arcivescovo, Giuseppe Molinari, anch’egli costretto nella condizione di sfollato. Nell’intervista di Gabriella Ceraso, l'arcivescovo di Genova e presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, esprime il conforto cristiano e la solidarietà concreta della Chiesa italiana all’Abruzzo:

R. - Il primo sentimento è certamente quello di un grande dolore per quanti hanno perso la vita e per tutti coloro che hanno perso i loro cari, oltre alle cose che sono il frutto della propria vita, del proprio lavoro. Ma, nello stesso tempo, questo dolore è segnato dalla speranza, dalla fiducia che il Signore si farà sempre presente nell’intimità dei cuori di ciascuno, anche attraverso la solidarietà e la vicinanza dei fratelli, innanzitutto delle comunità cristiane.


D. - Avete in programma la possibilità di una vera e propria colletta …


R. - Sì. Innanzitutto, la Caritas nazionale, collegata con le Caritas regionali, ha indicato alcuni numeri utili per le sottoscrizioni. Oltre a questo, come vescovi italiani abbiamo pensato ad una colletta nazionale straordinaria, che sarà fatta nelle singole diocesi Domenica in albis, quindi domenica dopo Pasqua.


D. - Eminenza, sono stati ingenti i danni subiti anche da luoghi-simbolo, da chiese di molte zone dell’Abruzzo. Ha notizie di quale sia la situazione sul terreno?


R. - La situazione è disastrosa anche sotto questo profilo. Lo stesso episcopio dell'Aquila è stato fortemente danneggiato, così come tanti altri edifici di culto, simboli per la religiosità e per l’arte. Però so anche che i nostri sacerdoti si mobilitano in modo particolare, con quell’energia che viene dalla fede, con quella generosità che caratterizza la loro vita, per cercare di reagire.


D. - Questa sciagura in Abruzzo è avvenuta in prossimità del Triduo pasquale, momento di forte vita comunitaria. Come restituire, proprio attraverso la Chiesa, questo senso di comunità alla gente che in questo momento è impaurita e anche dispersa sul territorio?


R. - Intanto, la celebrazione del Venerdì Santo di quest’anno sarà particolarmente sentita, proprio perché nella luce del Venerdì Santo - la Passione e la morte del Signore - penseremo anche alla passione e a queste morti. Per quanto riguarda questi giorni così importanti, l’arcivescovo con i suoi sacerdoti provvederanno nei modi possibili alla celebrazione dei santi riti. Poi, per il futuro, sul piano pratico, si ricostruirà tutto quello che è possibile. Ma innanzitutto, bisogna ricostruire la fiducia nel cuore della gente.

Il terremoto di ieri condizionerà dunque i riti conclusivi della Settimana Santa, nella città dell’Aquila e nelle zone colpite. Mons. Molinari ha detto oggi che è stata annullata la processione del Venerdì Santo, per l'inagibilità del centro cittadino, e che momenti di preghiera saranno organizzati nelle tendopoli. Tra Giovedì Santo e lo stesso giorno di Pasqua, inoltre, potrebbero essere celebrati i funerali delle vittime. Il giorno verrà concordato con il capo della Protezione civile, Bertolaso. Al microfono di Luca Collodi, l’arcivescovo di Chieti-Vasto, Bruno Forte, si dice tuttavia convinto che il dramma del terremoto non spegnerà i sentimenti spirituali propri della Pasqua:

R. - Paradossalmente, li intensificherà. Perché, se c’è un messaggio che il Vangelo ci dona come centro e cuore della nostra fede, è proprio che Dio non è lontano da chi soffre, anzi, ha fatto sua la sofferenza del mondo. Certo, la grande domanda "perché Dio permette questo?" tornerà, tornerà nelle nostre preghiere, nelle nostre riflessioni. Ma tornerà anche la certezza che Dio non abbandona il suo popolo nell’ora della prova e che Dio accoglie nelle sue braccia di misericordia quanti sono stati vittime di questo cataclisma naturale. Non dimentichiamo che l’ateismo moderno da molti viene fatto nascere con il terremoto di Lisbona del 1755, le riflessioni del poema di Voltaire su quel terremoto che, appunto, ragionavano dicendo: “Se c’è Dio ed è onnipotente, perché non è anche buono ed impedisce quello che sta succedendo?”. Ma questo è troppo facile a dirsi, perché il Dio di cui noi siamo testimoni è ben altro dal Grande Burattinaio del mondo: è un Dio che ha fatto sua la croce e la sofferenza, anche la croce delle nostre incapacità a prevedere, a conoscere, Come dire: un Dio che ci chiama all’umiltà. Ma credo che anche una scienza seria, rigorosa, non possa che sentirsi profondamente chiamata all’umiltà davanti a questi danni che essa non riesce a prevedere e a controllare.


R. - Assolutamente sì. Stiamo dando piena collaborazione: accompagniamo anche le persone all’interno delle case per recuperare i loro effetti personali. Io sto collaborando con i funzionari dei Vigili del Fuoco per fare delle verifiche statiche sugli immobili che sono rimasti in piedi.


D. - Come siete stati accolti dalla popolazione, con le insegne ed i mezzi dello Stato della Città del Vaticano?


R. - Siamo stati accolti in maniera molto positiva: era questo il messaggio che veniamo a portare, un messaggio di solidarietà che la popolazione ha colto in pieno. Adesso qui, in questo momento, manca soprattutto il conforto alle persone che vedono che tutto è stato strappato loro dal sisma.


D. - Un gesto concreto di solidarietà da parte dello Stato della Città del Vaticano…


R. - E’ un’iniziativa che per noi significa moltissimo, e a livello umano, e a livello professionale.


D. - Il clima tra gli abitanti qual è?


R. - Il clima tra gli abitanti adesso è di sgomento: è gente che nella maggior parte dei casi non ha più nulla, ma è in questi casi che si manifesta la solidarietà tra le persone. (Montaggio a cura di Maria Brigini)



[Radio Vaticana]
+PetaloNero+
00mercoledì 8 aprile 2009 01:39
La CEI stanzia tre milioni di euro per le vittime del terremoto
E indice una colletta nazione per il 19 aprile



ROMA, martedì, 7 aprile 2009 (ZENIT.org).- I Vescovi italiani hanno indetto lo stanziamento di tre milioni di euro, dai fondi derivanti dall'otto per mille, in favore delle popolazioni colpite dal terremoto in Abruzzo oltre a una colletta nazionale straordinaria, da tenersi in tutte le chiese italiane, il 19 aprile prossimo, per la Domenica in albis.

In una nota la presidenza della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), a nome dei presuli italiani, ha rinnovato “profonda partecipazione” alle sofferenze e ai problemi delle popolazioni provate dal terremoto avvenuto nella notte di lunedì e che ha causato finora, nella città de L'Aquila e nei paesi limitrofi, 207 vittime, poco più di 1.000 feriti – un centinaio dei quali in condizioni difficili – e decine di migliaia di sfollati.

La somma stanziata dalla CEI per far fronte alle prime urgenze e ai bisogni essenziali, continua la nota, “sarà erogata tramite Caritas Italiana, già attiva per alleviare i disagi causati dal sisma e a cui è affidato il coordinamento degli interventi locali”.

In una intervista alla Radio Vaticana, l'Arcivescovo di Genova e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), il Cardinale Angelo Bagnasco, ha detto che “il primo sentimento è certamente quello di un grande dolore per quanti hanno perso la vita e per tutti coloro che hanno perso i loro cari, oltre alle cose che sono il frutto della propria vita, del proprio lavoro”.
“Ma, nello stesso tempo – ha proseguito –, questo dolore è segnato dalla speranza, dalla fiducia che il Signore si farà sempre presente nell’intimità dei cuori di ciascuno, anche attraverso la solidarietà e la vicinanza dei fratelli, innanzitutto delle comunità cristiane”.

Innanzitutto, però, ha sottolineato il porporato, “bisogna ricostruire la fiducia nel cuore della gente”.

Intanto, monsignor Giuseppe Molinari, Arcivescovo de L'Aquila, ha fatto sapere questo martedì che è stata annullata la processione del Venerdì Santo, per l'inagibilità del centro cittadino, e che momenti di preghiera saranno organizzati nelle diverse tendopoli allestite per gli sfollati.

Mentre, tra Giovedì Santo e lo stesso giorno di Pasqua, potrebbero essere celebrati i funerali delle vittime. Il giorno verrà comunque concordato con il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso.

In una intervista all'agenza SIR, mons. Giuseppe Molinari, che ha deciso di condividere la sorte degli sfollati dormendo anche lui in tenda, ha rivelato di essere andato questa mattina a benedire le salme nella scuola della Guardia di Finanza, dove è stato allestito l’obitorio.

“E’ importante continuare a credere e sperare soprattutto in questo momento, quando la fede è più difficile, e non perdere la fiducia nel Signore”, ha detto.

La popolazione, ha poi sottolineato l’Arcivescovo, “ha reagito molto dignitosamente, non ci sono state manifestazioni scomposte o rabbia”.

“Queste situazioni ci sovrastano in un modo così enorme che è inutile prendersela con qualcuno – ha aggiunto –. Forse solo con chi ha costruito queste strutture. Anche se è una situazione strana, perché ci sono quartieri periferici con case nuove che hanno avuto danni enormi”.

“L’unico problema – ha continuato monsignor Molinari – è che le scosse continuano. Tutte le chiese hanno subito danni gravissimi, ma in questo momento la ricostruzione è la preoccupazione minore. Quello che mi interessa di più è che sia salvato il maggior numero di persone”.

Ai microfoni sempre della Radio Vaticana, l’Arcivescovo di Chieti-Vasto, monsignor Bruno Forte, si è detto convinto che il dramma del terremoto non spegnerà i sentimenti spirituali propri della Pasqua.

“Paradossalmente, li intensificherà – ha affermato –. Perché, se c’è un messaggio che il Vangelo ci dona come centro e cuore della nostra fede, è proprio che Dio non è lontano da chi soffre, anzi, ha fatto sua la sofferenza del mondo”.

“Certo, la grande domanda 'perché Dio permette questo?' tornerà, tornerà nelle nostre preghiere, nelle nostre riflessioni – ha ammesso –. Ma tornerà anche la certezza che Dio non abbandona il suo popolo nell’ora della prova e che Dio accoglie nelle sue braccia di misericordia quanti sono stati vittime di questo cataclisma naturale”.

“Non dimentichiamo che l’ateismo moderno da molti viene fatto nascere con il terremoto di Lisbona del 1755”, ha continuato, quando Voltaire si domandava: “Se c’è Dio ed è onnipotente, perché non è anche buono ed impedisce quello che sta succedendo?”.

“Ma questo è troppo facile a dirsi – ha affermato monsignor Forte –, perché il Dio di cui noi siamo testimoni è ben altro dal Grande Burattinaio del mondo: è un Dio che ha fatto sua la croce e la sofferenza, anche la croce delle nostre incapacità a prevedere, a conoscere”.

“Come dire: un Dio che ci chiama all’umiltà. Ma credo che anche una scienza seria, rigorosa, non possa che sentirsi profondamente chiamata all’umiltà davanti a questi danni che essa non riesce a prevedere e a controllare”, ha poi concluso.





Terremoto in Abruzzo: prima riunione operativa della Caritas
Le anticipazioni di mons. Vittorio Nozza, direttore di Caritas italiana

di Chiara Santomiero

ROMA, martedì, 7 aprile 2009 (ZENIT.org).- “In un solo colpo, una distruzione molto pesante. Non c’è una casa che sia stata risparmiata dai crolli”: è la prima impressione della tragedia avvenuta in Abruzzo di mons. Vittorio Nozza, direttore di Caritas italiana, giunto questo martedì smattina a L’Aquila per incontrare il Vescovo della diocesi, mons. Giuseppe Molinari, e il responsabile regionale della Caritas di Abruzzo-Molise, don Alberto Conti.

Diverse le decisioni prese in questa prima riunione operativa e anticipate a ZENIT da mons. Nozza: “Nelle prossime ore incontreremo i parroci della diocesi per sentire dalla loro voce le necessità emergenti così da programmare interventi adeguati nell’immediato e in tempi medio-lunghi”.

E’ stato concordato di “dividere il territorio colpito dal sisma in sette aree, per facilitare un intervento omogeneo di assistenza e mettere insieme gruppi di parrocchie che anche nel tempo possano agire in maniera unitaria”.

In breve si arriverà alla costituzione, nella parrocchia di S. Francesco de L’Aquila, “di un Centro di coordinamento di Caritas italiana e della Caritas diocesana con il duplice obiettivo di sostenere gli interventi della Chiesa locale e di favorire nelle sette aree individuate, i gemellaggi delle delegazioni regionali Caritas che assicureranno una azione di accompagnamento anche nel lungo periodo, fino alla ricostruzione”.

La Caritas si impegna da subito, non solo a fornire gli aiuti necessari per l’emergenza ma “a garantire nei luoghi di accoglienza – tendopoli, strutture allestite sul territorio – la presenza di operatori provenienti soprattutto dalle Caritas di Abruzzo-Molise, ma anche dalle altre regioni, per l’animazione e la presa in carico di bambini, anziani, malati, in modo da lasciare libere le persone adulte di occuparsi delle questioni che impegneranno la loro attenzione nei prossimi giorni per la riorganizzazione della vita quotidiana”.

Tre operatori di Caritas italiana, arrivati con mons. Nozza, resteranno a L’Aquila per completare il monitoraggio della situazione e la programmazione degli interventi necessari.

“C’è molta compostezza nella popolazione che abbiamo incontrato – ha aggiunto mons. Nozza – ma laddove si è perso un congiunto, o anche più di uno, è molto forte la domanda: ‘Dio dov’è?’”. “A questa domanda – ha concluso il direttore di Caritas italiana – rispondiamo con la preghiera e la nostra vicinanza”.





+PetaloNero+
00mercoledì 8 aprile 2009 16:29
Migliaia i sacerdoti colpiti dalla crisi finanziaria
Aiuto alla Chiesa che Soffre sostiene l'Anno Sacerdotale


KÖNIGSTEIN, mercoledì, 8 aprile 2009 (ZENIT.org).- “Anche migliaia di sacerdoti condividono la povertà dei poveri nella crisi finanziaria attuale”, ha ricordato il presidente dell'associazione cattolica internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), p. Joaquín Alliende.

In occasione del Giovedì Santo, il sacerdote ha sottolineato che molti presbiteri di tutto il mondo subiscono le conseguenze della crisi e che numerosi sono vittime di persecuzione, minacce e privazione della libertà a causa della loro fede.

Visto che AC sostiene da 61 anni i sacerdoti dei cinque continenti, ha accolto con gratitudine la proclamazione da parte di Papa Benedetto XVI di un Anno Sacerdotale.

In una lettera al Pontefice, p. Alliende ha infatti scritto, come ricorda un comunicato dell'associazione inviato a ZENIT: “Santo Padre, il nostro desiderio è assistere lei e tutti i sacerdoti del mondo in questo Anno Sacerdotale e sostenerli con la nostra preghiera, la nostra vita e le nostre opere”.

Allo stesso modo, si auspica che l'Anno sia “di enorme gratitudine verso i sacerdoti e la loro vocazione, e che permetta loro di riscoprire l'identità sacerdotale a beneficio di se stessi, ma anche di tutta la Chiesa”.

Il sacerdote, scrive p. Alliende, “non è mai solo”, perché vive “in unione fondamentale con Cristo, che condivide tutto con lui: tutti i suoi tesori, ma anche la solitudine e il sacrificio per la redenzione del mondo”.

Nell'Anno Sacerdotale, il presidente di ACS si augura che anche i fedeli “riscoprano il dono del sacerdote e imparino a valorizzarlo”, perché è “attraverso il sacerdote che devono accedere al cuore di Dio”.

Aiuto alla Chiesa che Soffre, sottolinea, è “profondamente segnata dal carattere sacerdotale della Chiesa grazie al carisma del suo fondatore, p.Werenfried van Straaten”, il quale sapeva che “come associazione pastorale possiamo alleviare le necessità delle persone solo se operiamo con e per i sacerdoti”.

Per questo motivo, per ACS continueranno ad essere prioritari la formazione religiosa dei presbiteri e l'aiuto alla pastorale sacerdotale in più di 150 Paesi.

Il presidente dell'associazione ha anche spiegato che Cristo “ha assunto un grande rischio mettendo in mani umane una missione così sacra e sensibile”, e visti i “dolorosi avvenimenti” recenti l'Anno Sacerdotale implica un invito a “riscoprire un'immagine purificata del sacerdozio”.

L'Anno Sacerdotale, proclamato dal Papa, prenderà il via il 19 giugno prossimo, festa del Cuore di Gesù, e terminerà il 19 giugno 2010. Il suo tema è “Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote”.


+PetaloNero+
00mercoledì 8 aprile 2009 16:30
I frutti di Sydney 2008, secondo il Cardinale Pell
Intervenendo all'incontro dei leader della Giornata Mondiale della Gioventù

di Carmen Elena Villa


ROMA, mercoledì, 8 aprile 2009 (ZENIT.org).- In un Paese secolarizzato come l'Australia, la Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney, svoltasi nel luglio 2008, continua a dare frutti dentro e fuori la Chiesa.

Lo ha affermato l'Arcivescovo della città, il Cardinale George Pell, nel suo intervento durante il congresso dei leader della Giornata Mondiale della Gioventù (GMG), celebrato a Roma dal 3 al 5 aprile.

Nell'incontro, 150 leader di varie Diocesi, Conferenze Episcopali e movimenti ecclesiali del mondo si sono riuniti per valutare la GMG di Sydney e preparare alcuni aspetti dell'edizione dell'evento che verrà ospitata da Madrid (Spagna) nel 2011.

L'impatto fuori dalla Chiesa

Il Cardinale Pell ha affermato che dopo la Giornata, in un Paese in cui i cattolici sono solo il 27,8% della popolazione, “molti hanno visto la Chiesa cattolica a Sydney in modo diverso”.

Prima dell'evento, un gran numero di australiani vedeva la Chiesa solo come “tradizionale, conservatrice, in qualche modo chiusa, istituzionale e anche autoritaria”, ha riconosciuto, ma poi ha visto una Chiesa che “ha assunto una vita nuova, si è trasformata in una Chiesa internazionale viva, partecipativa, piena di gioventù nelle strade”.

Il porporato ha sottolineato alcuni momenti importanti di queste giornate, come la Via Crucis, in cui molti australiani “sono rimasti piacevolmente sorpresi per il fatto di incontrare migliaia di giovani così felici, credenti, che vivono in amicizia e preghiera. Questo ha fatto sì che molti vedessero Cristo ancora una volta sotto una nuova luce”.

I funzionari di polizia, ha aggiunto, sono rimasti sorpresi per il buon comportamento dei giovani nelle vie di Sydney durante quei giorni.


Frutti all'interno della Chiesa

Il porporato ha segnalato che prima della Giornata Mondiale della Gioventù i gruppi giovanili nelle parrocchie di Sydney erano molto rari. Durante gli anni che hanno preceduto l'evento, l'Arcidiocesi ha formato 60 leader universitari che hanno lavorato con i pellegrini in 51 centri intorno a Sydney e ora continuano a lavorare nelle attività successive alla GMG.

“Molti gruppi etnici delle parrocchie hanno iniziato a raccogliere fondi per assistere alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid nel 2011”, ha rivelato il Cardinale.

“Il rapporto tra i giovani e i loro sacerdoti si è stretto ancor di più”, ha aggiunto.

Secondo il Cardinale Pell, un altro frutto è stato il fatto che molti adulti hanno rafforzato la propria fede grazie alla testimonianza dei giovani. Lo stesso è accaduto con decine di famiglie che hanno accolto i pellegrini nelle proprie case. “Li hanno accolti e molti di loro hanno deciso di convertirsi al cattolicesimo”.

Il porporato ha ricordato che durante quei giorni “nelle scuole cattoliche gli insegnanti hanno manifestato più interesse per i ritiri scolastici”.

Dopo la Giornata, inoltre, l'Arcidiocesi ha aperto una rete sociale su Internet (http://www.xt3.com) che ha 48.000 membri, che vi condividono le esperienze vissute a partire da quell'evento.

Come frutto della Giornata, l'Arcidiocesi di Sydney ha anche inaugurato il centro per ritiri Benedetto XVI, per riunire nuovi leader nella fede, giovani e adulti.

Al termine del suo intervento, in alcune dichiarazioni esclusive a ZENIT, il Cardinale ha affermato che “è stato un privilegio ospitare la Giornata Mondiale della Gioventù 2008. E' costata molto denaro, molti sforzi, ma è stato un privilegio e un onore accoglierla”.

[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]


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