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Paparatzifan
00martedì 19 febbraio 2013 18:58
Dal blog di Lella...

Papa: don Nicola Bux, rinuncia e' sua croce ma indirizza riforma Chiesa

(ASCA) - Napoli, 15 feb

''La decisione di Benedetto XVI di rinunciare al ministero petrino non e' una 'discesa dalla croce'. E', piuttosto, il gesto di chi, sull'esempio di Gesu' che spoglio' se stesso, accoglie la croce dell'eta' avanzata, che toglie le forze e rende ancor piu' impotente. Anche cosi' mette in pratica l'essere 'servo dei servi di Dio'''. Don Nicola Bux non ha alcun dubbio sulla corretta interpretazione della scelta di Benedetto XVI che il 28 febbraio lascera' la guida della Chiesa Cattolica. E vede, nel gesto del Papa qualcosa in piu': ''nella rinuncia si puo' intravedere quasi un atto di indirizzo per la Chiesa e il futuro Papa a continuare la riforma della Chiesa''.
A pochi giorni dalla rinuncia di papa Ratzinger, l'Asca ha chiesto al sacerdote amico di Benedetto XVI di esprimere il suo personale pensiero. Dell'arcidiocesi di Bari, Nicola Bux ha studiato e insegnato a Gerusalemme e Roma. Professore di liturgia orientale e di teologia dei sacramenti nella Facolta' Teologica Pugliese, e' consulente della rivista teologica internazionale ''Communio''. Benedetto XVI lo ha nominato perito ai sinodi dei vescovi sull'eucaristia del 2005 e sul Medio Oriente cinque anni dopo.
Teologo, tra i piu' vicini a Benedetto XVI soprattutto in materia liturgica, Don Nicola Bux ha conosciuto Joseph Ratzinger intorno alla meta' degli anni '80, quando l'attuale Pontefice e' giunto a Roma da Monaco di Baviera per svolgere il ruolo di Prefetto della Dottrina della Fede. Racconta Don Bux ''in quel periodo ho partecipato agli Esercizi spirituali che Ratzinger teneva ai sacerdoti di Comunione e Liberazione''.

D. Che cosa l'ha colpita di lui, quali le affinita' intellettuali e teologiche fra di voi?.

R - ''Mi hanno colpito lo spirito di Fede e il realismo; il suo 'realismo' nel guardare la realta' della Chiesa e quella del mondo. Mi hanno colpito queste cose e anche il suo modo di affrontare i problemi in maniera ragionevole e non emotiva, con un sentire che e' ben lontano sia da quello intriso di 'ottimismo romantico' - come lo definisce lo stesso Benedetto XVI - sia dal 'catastrofismo'. Che poi e' il modo con cui un uomo di Fede deve affrontare la vita''.

D. Come interpreta la scelta di rinuncia fatta da Benedetto XVI?.

R. - ''Innanzitutto, per capire il gesto bisogna mettersi nell'ottica della Fede, non in quella mondana, che sempre tende a infeudare anche la Chiesa. Si sono date varie interpretazioni del gesto: dalla desacralizzazione del papato alla rivoluzione del potere ecclesiastico, dalla democratizzazione dell'autorita' alla ferita portata al corpo ecclesiale, persino scambiando la richiesta di perdono per i suoi difetti, con la messa in discussione dell'infallibilita' pontificia... Ma, le rinunce di Benedetto IX, Celestino V e Gregorio XII hanno prodotto tutto cio'? Ratzinger stesso ha approfondito nei suoi studi che il primato petrino ha una struttura martirologica: la responsabilita' del Vescovo di Roma e' assolutamente personale e non si puo' diluire nella collegialita' episcopale, sebbene interagisca sempre con essa. E' mirabile la circostanza del decreto di canonizzazione dei Martiri d'Otranto''.

D. La responsabilita' di cui parla e' connessa alla 'coscienza' cui il Papa ha sempre fatto riferimento specialmente nelle sue battaglie contro il relativismo contemporaneo?.

R. - ''Si'. Responsabilita' intesa in questo senso come la risposta personale al Signore. Esiste un limite invalicabile della coscienza, ed esiste non solo per i credenti ma per tutti gli uomini. Ricorda il Grillo parlante? Pinocchio poteva anche far finta che non ci fosse e infine prenderlo a martellate, ma continuava a parlare. Benedetto XVI ha approfondito questo tema anche richiamando 'L'elogio della coscienza' del Beato John Henry Newman, che nella lettera al duca di Norfolk propone un brindisi alla coscienza e al Papa.
Il ministero petrino in fin dei conti e' l'emergenza ultima dell'appello alla coscienza di ogni uomo.
Nel discorso in latino pronunciato per annunciare al mondo la sua decisione, il Santo Padre dice chiaramente: 'ho interrogato ripetutamente la mia coscienza davanti a Dio'.
Rispetto al relativismo contemporaneo che riduce la coscienza al fare quel che si vuole, per noi e' la capacita' di distinguere fra bene e male, fra vero e falso. E' la 'voce di Dio'. L'unico baluardo per preservare la dignita' dell'uomo nel rapporto con il mondo''.

D. Il Papa si e' interrogato a lungo e, dunque, con grande sofferenza spirituale. Per questo lei parla di ''struttura martirologica del primato petrino''?.

R. - ''Si'. Il ministero petrino ha in se' una struttura martirologica che permette di interrogarsi continuamente, in coscienza, se quello che si e' e quello che si fa siano adeguati a quanto e' insito del ministero di Pontefice Romano. Un tale lavoro quotidiano puo' diventare martirio.
Questo e' il vero 'martirio'. Sia chiaro, il compito di interrogarsi e' di ogni essere umano. Anche il padre di famiglia deve chiedere a se' stesso se si comporta bene per il bene dei suoi cari. Si immagini cosa vuol dire cio' per un Successore di Pietro! E poi c'e' una cosa di cui bisogna rendersi conto...''.

D. Quale?

R. - ''Credo fermamente che quel che conta nel realismo di questo Papa sia il non considerare come personale proprieta' il ministero, ma intenderlo come 'servizio' a cui e' stato chiamato, per il quale si ritiene 'servo inutile' cosi' come ha detto lo stesso Gesu'. Cio' che conta e' la successione apostolica sempre garantita dallo Spirito Santo.
Il Papa, ogni Papa, e' un 'anello' nella 'catena' della successione apostolica, da Pietro alla fine dei tempi, quando il Signore vorra'. Tenendo presente questo, allora si comprende molto bene che sulla successione vegli costantemente il Signore''.

D. Il Papa e' anziano, il fisico provato. Quanto possono aver inciso le sue condizioni fisiche sulla scelta fatta?.

R. - ''Hanno inciso. E' vero che il benessere fisico non e' mai stato un criterio di governo della Chiesa. Ce lo ha mostrato Giovanni Paolo II. Ma con il venir meno della salute diminuiscono le capacita' di governo della Chiesa che, pur essendo compito del Papa, verrebbe esercitata da altri a lui prossimi. Se il Santo Padre avesse ragionato cosi' sarebbe venuto meno quel realismo di cui e' sempre stato capace''.

D. Lei vuol dire che l'interrogare la propria coscienza davanti a Dio e' stato un modo di chiedersi se e quanto fosse in grado di governare ancora la Chiesa in modo adeguato, soprattutto rispetto al relativismo che Benedetto XVI ha combattuto?.

R. - ''Il relativismo ha generato una grande confusione, anche nella Chiesa a livello di dottrina e di pastorale.
Secondo me la rinuncia del Papa potrebbe essere intesa come un atto di governo, un invito a riflettere sulle divisioni, come ha accennato nell'omelia del Mercoledi' delle Ceneri, e sulla confusione provocata da idee non cattoliche nella teologia. Ha fatto, si direbbe, un passo indietro. Un passo indietro compiuto affinche' la Chiesa possa fare due passi in avanti''.

D. In sostanza ha pensato al bene della Chiesa, come d'altronde ha detto lunedi' scorso, e non a se stesso.

R. - ''Rimanere nascosto al mondo, come il Signore dopo l'Ascensione, e' il modo per essere ancora piu' presente alla Chiesa. Lui e' e rimarra' Benedetto XVI nella storia della Chiesa, pur avendo rinunciato ad esercitarne il munus fino alla morte''.

D. In molti, a cominciare da persone vicine a Karol Woityla, hanno letto questa rinuncia come una 'discesa dalla Croce'.

R. - ''Lei ha visto la foto che ha fatto il giro del mondo? Quella della cupola di San Pietro con il fulmine? Si e' detto addirittura che quello era un segno di collera divina per l'atto del Santo Padre. E se lo si interpretasse come un segno diretto a tutti noi? Cosi' come il terremoto e il buio sul Golgota non erano diretti al Figlio di Dio ma agli uomini che non lo avevano riconosciuto come tale''.

D. Cosa intende per riforma della Chiesa?.

R. - ''Il concetto di riforma non va inteso nell'accezione protestante oppure politica ma in quella etimologica di 'ridare forma', rimettere in forma. Oggi questo vuol dire correggere nella Chiesa le deformazioni della liturgia che, come il Santo Padre piu' volte ha osservato, sono giunte al limite del sopportabile; cosi' pure a livello morale... e in questo senso il gesto del Papa e' un atto di efficace ammonimento''.

D. Governare oggi la Chiesa Cattolica vuol dire...?.

R. - ''Vuol dire superare le divisioni interne provocate soprattutto dai conflitti, anche virulenti, su interpretazioni post conciliari del Vaticano II. Benedetto XVI ha lanciato messaggi precisi in direzione della continuita' nel rapporto fra tradizione e innovazione, un messaggio che non puo' essere in alcun modo disatteso.
L'appello ai cattolici e' di serrare i ranghi per superare unilateralita' e faziosita'''.

D. Benedetto XVI si e' speso molto per l'unita' della chiesa.
Ha revocato la scomunica alla Fraternita' San Pio X, fondata da Monsignor Marcel Lefebvre, che pero' non e' stata riammessa a pieno titolo nella Chiesa romana.

R. - ''Bisogna continuare su questa strada. Anche in questo il Santo Padre e' stato molto, molto paziente nel cercare l'unita': meta che si costruisce giorno per giorno. E' stato e rimane un esempio di carita' paziente verso tutti, come dice l'Apostolo, e per il futuro Papa. Finche' non si formi un solo ovile sotto un solo pastore''.

D. Chi pensa che possa essere il suo successore? Sara' un Papa italiano? Africano?.

R. - ''Non mi sento di fare alcuna previsione. Quel che e' certo e' che, come lo stesso Ratzinger ha indicato, sara' persona dotata di energia nel portare avanti la barca di Pietro. Un'energia non solo fisica e psicologica ma spirituale che viene dalla Fede. Io credo sia poco importante chiedersi chi verra' dopo di lui. Nel Conclave c'e' sempre qualcosa che va al di la' delle previsioni umane. Se i cardinali si lasceranno guidare dalla fede, lo Spirito Santo fara' la scelta piu' adeguata. Il Papa non e' il 'padrone' della Chiesa ma colui che in prima persona deve rendere conto a Gesu' Cristo del bene della Chiesa intera''.

D. C'e' chi ha detto che la rinuncia del Pontefice sia stata un gesto di umilta'.

R. - ''Bisogna intendere 'umilta'' nel senso etimologico del termine che viene da humus, terra. Umile e' colui che e' ben ancorato alla terra, insomma, un realista. Siamo tutti chiamati ad essere umili. Nella fase finale di molti pontificati, e' stata diffusa la mormorazione: il Papa non governa piu', lo fa il suo entourage... Ecco, Benedetto XVI quando si e' accorto di non poter piu' esercitare il ministero di Supremo Pastore della Chiesa universale ha rinunciato in piena coscienza e liberta' per il bene della Chiesa cattolica''.

© Copyright Asca


Paparatzifan
00martedì 19 febbraio 2013 19:08
Dal blog di Lella...

Castel Gandolfo si prepara per il 28 febbraio. Intervista con don Pietro Diletti

Una città raccolta in preghiera, per accogliere il Papa che si accinge a ritirarsi in preghiera. È così che si presenterà agli occhi di Benedetto XVI la popolazione di Castel Gandolfo il prossimo 28 febbraio, quando nel pomeriggio il Pontefice giungerà nel Palazzo apostolico al termine del suo ministero petrino. Beatrice Guarrera ha chiesto a don Pietro Diletti, parroco della chiesa castellana di Tommaso da Villanova, quali preparativi siano in atto:

R. - Vogliamo accoglierlo prima di tutto con la preghiera, perché sappiamo che è un uomo di preghiera e che sarà in mezzo a noi nella preghiera, anche se "invisibile" da un punto di vista fisico, come ha detto. Ci ritroveremo alle ore 16 del 28 febbraio e alle ore 17 inizieremo il Rosario alternato a delle piccole riflessioni del Papa, e quando arriverà – molto probabilmente alle 17.30 – e si affaccerà, noi smetteremo la preghiera e ci raduneremo lì, con tutti i flambeaux, nella piazza strapiena: stiamo mobilitando tutti e sappiamo che molti verranno anche da fuori. Sarà, quindi, veramente una manifestazione di affetto, di stima e di solidarietà per il Papa.

D. – Lei personalmente che cosa dirà al Papa, quando lo incontrerà?

R. – Io spero di incontrarlo, come l’ho incontrato sempre, avendolo incontrato, in due estati, dodici volte. In brevi incontri, ma anche lunghi incontri, abbiamo parlato tantissimo. Lui fa domande su tutte le cose. E’ un uomo che s’interessa dei particolari. Fa domande precise, per cui vuole risposte precise. Per esempio, riguardo alla campana che gli avevamo fatto, chiedeva in che tonalità fosse: in sol. E così per tutte le altre cose. Questo è veramente molto bello. Nonostante io sia qui da poco tempo - due anni e qualche mese – abbiamo già fatto amicizia in qualche modo e ogni volta che mi vede esclama: “Oh, il nostro caro parroco!” Ed io, una volta, arditamente ho detto: “Oh, il mio caro parrocchiano, che non sempre frequenta!”

© Copyright Radio Vaticana


Paparatzifan
00martedì 19 febbraio 2013 19:22
Da "Vatican Insider"...


19/02/2013

La candela che si spegne

La decisione di papa Ratzinger imprevista ma fino ad un certo punto. I tanti segni premonitori

MARCO TOSATTI
CITTÀ DEL VATICANO

Si fa un gran parlare di complotti e di documenti, in questi giorni collegati alla rinuncia di Benedetto XVI. Tutto possibile, naturalmente. Ma in questi giorni sono andato a rivedere una serie di appunti, che ho preso negli anni e nei mesi passati, sullo stato di salute del Papa. Confidenze ricevute da chi gli è vicino, e che avevo promesso di non rivelare finché fosse in carica.

La sua rinuncia mi ha liberato dall’impegno. E esaminando quelle carte, il quadro è quello di un progressivo deterioramento della sua salute e della sua energia; un quadro che giustifica pienamente la decisione difficile che il Papa ha preso.


Due anni fa: “Il Papa non riesce a dormire la notte, e si rifiuta di prendere dei tranquillanti. Per questo ha un’aria molto stanca, spesso. E chi gli vuole bene insiste perché nel pomeriggio non si organizzi nessun appuntamento prima delle 17, in modo che abbia tempo di riposarsi, specialmente durante i viaggi.


Ma invece gli affastellano gli appuntamenti subito dopo pranzo, alle 15.30 e così via. Il medico, il dott. Polisca dice che può andare avanti, se lo si tiene tranquillo e lo si gestisce, in particolare se si tiene sotto controllo la pressione. Quello, in questo momento, è il problema principale, perché la pressione sta avendo degli sbalzi fortissimi. Polisca ha detto: soprattutto attenti agli aerei. Insiste perché passi meno tempo possibile in aereo, perché i pericoli vengono da lì”.

E in effetti sembra che al Pontefice abbiano espressamente detto che il viaggio intercontinentale fino a Rio de Janeiro, per la Giornata Mondiale della Gioventù sarebbe stato da escludere.

Ancora due anni fa: “Un altro problema, durante i viaggi è che cade dal letto, se è troppo piccolo. In Val d’Aosta, quando si è rotto il polso, è perché sembra che sia caduto dal letto. Così a Malta gli hanno preparato una stanza bellissima, piena di oggetti d’arte e di mobili d’epoca, con un letto di epoca napoleonica, con il baldacchino, bellissimo, ma stretto stretto. Non ha chiuso occhio tutta la notte per paura di cadere. E la mattina dopo, durante la messa, si è addormentato, e uno degli assistenti ha dovuto svegliarlo, toccandogli il braccio. ‘Non ho chiuso occhio tutta la notte’ gli ha detto Benedetto XVI a mo’ di scusa”.

Il biografo di Benedetto XVI, Peter Seewald, ha confermato in questi giorni quanto trovo in un appunto di un anno e mezzo fa: “E’ confermato che da un occhio, il sinistro, non ci vede quasi più; e questo crea problemi quando ci sono dei gradini, e particolarmente durante le messe solenni quando deve girare intorno all’altare con il turibolo”.

“Si stanca con grande rapidità”; questa affermazione la troviamo con sempre maggiori sottolineature man mano che ci avviciniamo al presente. “Ha un’enorme difficoltà ad alzarsi al mattino; qualche volta dorme anche nove ore di fila. Perché ha bisogno di riposo”. E siamo ormai agli ultimi mesi; l’estate e l’autunno scorsi. “Si sente debole, e lo dice, mentre prima non lo si sentiva dirlo”. Porta il bastone anche in casa, perché l’anca e il ginocchio destro gli fanno male.

Probabilmente di tanto in tanto gli danno del cortisone, per alleviare il dolore. Ma anche da chi lo osserva durante la passeggiata pomeridiana, vede che mentre prima camminava, andava a vedere i nuovi fiori piantati dai giardinieri, ora fa pochi passi, e poi si siede sulla panchina più vicina; come se non avesse più né l’energia, né lo stimolo, la curiosità di andare.

Se ormai i problemi della pessima-ottima salute di Benedetto XVI sono noti (l’ictus del ’92, i bypass al cuore, la pressione, l’insonnia, la vista, la deambulazione) sono meno noti quelli del suo braccio destro, il Segretario di Stato. Che ahimè sembra avere qualche problema di vista, e che ha subito in tutta discrezione, secondo quanto si mormora sotto la Lanterna, un intervento ortopedico di rilievo tempo fa in una clinica gestita da suore a Genova.


Paparatzifan
00martedì 19 febbraio 2013 19:39
Da "Vatican Insider"...

19/02/2013

La voce di “Habemus Papam”

Colloquio con il cardinale Tauran, il cardinale protodiacono che proclamerà il nuovo Papa

ANTOINE-MARIE IZOARD
CITTÀ DEL VATICANO


Dopo la fumata bianca, alla fine del Conclave, se non verrà scelto lui dai cardinali, annuncerà il nome del nuovo successore di Pietro e di Benedetto XVI.

Il francese Jean-Louis Tauran, 69 anni, è stato nominato da papa Benedetto due anni fa cardinale protodiacono. Sarà lui dunque l’alto prelato al quale spetterà di apparire alla loggia centrale della Basilica vaticana e di pronunciare la famosissima frase in latino che tutti aspettano: “Annuntio vobis gaudium magnum : Habemus Papam…“

Il cardinale originario di Bordeaux confessa che l’annuncio di papa Ratzinger è stato “una sorpresa totale perché nessuno era informato“ soprattutto perchè pronunciato “con una calma e una serenità fuori dal comune”.

Torna sulle motivazioni della clamorosa decisione di Benedetto XVI, i suoi quasi 86 anni e il ruolo immensamente impegnativo del pontefice nel mondo contemporaneo.

Per Tauran, Ratzinger “uomo riservato“, ha dovuto compiere un grande sforzo psicologico nel suo contatto con le folle. Ma la sua scelta ci ha mostrato una forza interiore davvero speciale: “Passare della sede di Pietro a un ritiro quasi come quello di un monaco certosino suppone una vita interiore intensa e un grande distacco”.

Dal mondo musulmano, il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso rivela di avere “ricevuto messaggi di gente che ammirano il coraggio, e anche la modernità di Benedetto XVI”.

Il futuro Papa ? “Innanzitutto credo che debba continuare quello che ha fatto Benedetto XVI: insegnare il contenuto della fede“, dice il cardinale Jean-Louis Tauran, perché “nel mondo odierno, i cristiani devono essere capaci di rendere ragione della loro fede avendo una conoscenza del contenuto di questa fede, perché non si trasmettono impressioni”.

Poi, spiega Tauran, “ci vorrà anche un Papa molto aperto al dialogo con le culture e le religioni, che possa effettuare una riforma della Curia affinché ci sia maggiore coordinamento nella vita e nelle decisione della chiesa universale”. Joseph Ratzinger voleva questa riforma prima di salire sul trono di Pietro, ricorda il cardinale francese, la Curia è “una enorme macchina“ è riformarla è un compito lungo e arduo anche per questo “forse ci vorrebbe un Papa più giovane”.

L'età ideale del prossimo pontefice? “Più o meno 65 anni, anche 70 anni se è in buona forma fisica“, risponde il cardinale francese prima di augurare che il nuovo papa abbia “la virtù della speranza, perché siamo in un mondo disincantato“, è anche “le idee chiare sui contenuti della fede“.

Si sta preparando ad annunciare il nome del nuovo Papa? “Non mi preparo per niente all’Habemus papam, mi preparo al conclave, leggendo attualmente tre libri: la Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis, la Costituzione conciliare Gaudium et Spes, e un libro del padre Henri de Lubac Méditation sur l’Eglise, magnifica presentazione della Chiesa, da uno dei grandi padri della chiesa in epoca contemporanea.


Paparatzifan
00martedì 19 febbraio 2013 21:41
Da "Vatican Insider"...

19/02/2013

Il grande abbraccio per Benedetto XVI

Riunione straordinaria in Prefettura per lo straordinario afflusso di pellegrini. La mobilitazione di parrochi e associazioni per gli ultimi appuntamenti del Pontefice il 24 Angelus e 27 udienza generale

REDAZIONE
ROMA

Le parrocchie di Roma e di tutta Italia si preparano a salutare Papa Benedetto XVI. L'Angelus di domenica, con una piazza San Pietro strapiena e commossa, era solo l' «antipasto» del bagno di folla atteso per gli ultimi due appuntamenti pubblici del Papa: l'Angelus di domenica 24 e l'udienza di mercoledì 27 febbraio. L'annuncio del pontefice era arrivato solo ad inizio settimana e dunque ad accorrere domenica scorsa sono stati per lo più fedeli di Roma. Ma per gli ultimi due incontri pubblici è già scattata la macchina organizzativa in tutta Italia.

Un «viaggio lampo» per l'ultimo Angelus è già stato fissato da Verona. Lo ha organizzato la pastorale giovanile della diocesi e attraverso i social network già sono arrivate le iscrizioni per un primo pullman. «Lo abbiamo organizzato in modo molto spontaneo, il vescovo ha dato l'ok. Partiamo alle 11 di sabato sera, viaggiamo durante la notte e domenica alle 12 saremo a Roma con i nostri giovani per salutare il Papa», dice conversando con l'ANSA don Nicola Giacomi, vice direttore della pastorale giovanile diocesana. Stesso «tour de force» da Genova, ma per l'udienza del 27. Lo schema è uguale: si partirà la sera, alle 23 di martedì 26, per arrivare la mattina a Roma, partecipare all'udienza e poi tornare a casa. Anche qui il tam-tam su Facebook riguarda innanzitutto i giovani. L'Ufficio diocesano pellegrinaggi di Novara ha pure già messo in moto la macchina organizzativa: i pullman partiranno sabato sera per l'Angelus di domenica.

Le parrocchie romane restano comunque le prime ad essere mobilitate. L'appello è arrivato dai parroci domenica scorsa: in tutte le chiese di Roma infatti è stata recitata, durante le Messe, la preghiera per il Papa chiesta dal cardinale Agostino Vallini e in quell'occasione i parroci hanno invitato i fedeli ad organizzarsi per stare `vicini´ a Papa Benedetto.

«L'invito è stato rivolto a tutti, immagino che ci sarà una partecipazione spontanea, ci organizzeremo nei prossimi giorni», dice don Gianni Contino, vicario parrocchiale a Santa Maria Regina dei Martiri in via Ostiense. Un vero e proprio «pellegrinaggio» partirà invece dalla parrocchia di San Crispino, zona Labaro. Il parroco don José Domingo Zambrana riferisce che è stato già rivolto l'invito a tutti i parrocchiani. «Faremo un pellegrinaggio a piazza San Pietro, tutta la parrocchia è coinvolta». La parrocchia di San Filippo Neri (Pineta Sacchetti) era in piazza già al penultimo Angelus con una cinquantina tra ragazzi e catechisti della pastorale giovanile. Gli altri gruppi si stanno organizzando in queste ore per partecipare invece in massa all'ultima udienza la prossima settimana.

Rimbalza infine sui blog cattolici l'appello delle monache dell'Adorazione eucaristica. Per la sera del 27 febbraio, quando Papa Benedetto lascerà l'appartamento papale, l'invito delle suore dal convento di Pietrarubbia nelle Marche è di recarsi in piazza San Pietro con una fiaccola. Luce e silenzio. Per coloro che non riusciranno a raggiungere la Capitale l'invito è ad accendere un lume, ovunque si trovino, in quelle stesse ore e raccogliersi in preghiera.


Paparatzifan
00mercoledì 20 febbraio 2013 15:42
Dal blog di Lella...

Il Papa amico dei bambini

Don Di Noto (Meter): un ''grazie'' a Benedetto XVI perché ha ''iniziato un percorso, un cammino ancora lungo, impervio''. Nella Chiesa va continuata ''quest'opera di rinnovamento, di purificazione''. I rischi del ''deep web'' e dei social network

Benedetto XVI è stato “un Papa straordinario. Ha fatto tanto per Meter e per la lotta alla pedofilia nel clero indicando una nuova pastorale di prossimità e vicinanza ai piccoli, ai deboli e ai vulnerabili. Gliene saremo per sempre grati”. Lo ha detto don Fortunato Di Noto, presidente e fondatore dell’associazione Meter Onlus (www.associazionemeter.org), presentando oggi il Rapporto annuale Meter 2012 nella sala Marconi di Radio Vaticana. “Lo scandalo della pedofilia, nella Chiesa - ha detto il sacerdote siciliano - sarà la ragione del rinnovamento. È dalle grida dei bambini che si innalza la magnificenza e la lode a Dio, ma è anche il grido di giustizia, di revisione della vita, è quel grido che lacera e consuma, abbatte e calpesta i potenti. Perché chi abusa di un bambino manifesta una potenza perversa e malvagia: un bambino stenta a difendersi, se non con il suo farfugliamento, un linguaggio impercettibile ma allo stesso modo potente”. Benedetto XVI, secondo il presidente di Meter, “amico dei bambini, ha ascoltato questo grido e lo ha amplificato con la sua umile ma ferma ragione e con fede ha detto basta, iniziando e testimoniando un cammino, difficile, ma possibile”. “Non solo nella repressione e negli interventi canonici, dovuti e ora possibili con celerità”, ma offrendo durante tutto il suo pontificato “norme e linee guida efficaci”, linee “sul suono delle grida degli innocenti”, e dunque “linee preziose, anche se fatte di norme e commi”.

Benedetto XVI, un Papa che “ha fatto tanto” per i bambini. Il Papa, ha sintetizzato don Di Noto presentando il Rapporto Meter, ha ribadito a tutti che “chi non è dalla parte dei bambini, non è di Gesù Cristo, è fuori dalla comunione ecclesiale”. Quanto alla rinuncia al soglio di Pietro, don Di Noto la definisce un “profondo gesto d’amore per la Chiesa”, fatto “a causa delle forze che gli stanno venendo a mancare” e che “richiama chi, a maggior ragione per questi scandali e non lo ha fatto, dovrebbe dimettersi e ritirarsi a pregare e chi ha responsabilità penali - con un giusto processo, nell’accertamento della verità - a scontare la pena, si spera riabilitativa e riconciliante per le vittime, per le famiglie, per la Chiesa e per la società”. Con Benedetto XVI, per don Di Noto, “è iniziato un percorso, un cammino ancora lungo, impervio”. “Al Papa - precisa il sacerdote - non possiamo rimproverare nulla: ha operato scendendo in campo e affondando nel dolore delle vittime tutta la sua umanità di padre e pastore che ha portato e porta con sé la croce di queste anime sporcate da chi è stato indegno dei bambini, della Chiesa e di Dio. È il momento di continuare quest’opera di rinnovamento, di purificazione”. “Mentre il Pontefice decide di lasciare, preghiamo ancora per lui”, ha concluso don Di Noto, affinché sospinga la Chiesa “verso una stagione più felice rispetto a questi anni di spine che ha dovuto amaramente sopportare”.

Il “pedo deep web”. Un mondo “sommerso, incontrollabile”, 500 volte più grande del web, dove “prosperano” non solo la mafia o la criminalità organizzata, ma anche i pedocriminali. È il “deep web”, nuova frontiera della pedofilia, fenomeno “drammatico” ed “enorme” nelle sue proporzioni che “non è diminuito”, ma ha “spostato” i suoi confini in questa “free zone” che è “il luogo ideale di coloro che delinquono”, i quali la utilizzano “nel quasi perfetto anonimato”. È la novità del Rapporto Meter 2012, presentato dall’associazione siciliana “in prima linea” da 23 anni nella lotta alla pedofilia e alla pedopornografia. Stando ai dati dell’Osservatorio mondiale contro la pedofilia, istituito da Meter lo scorso anno, “non c’è nazione esclusa da questo fenomeno”, le cui vittime “non sono generiche” ma comprese in una fascia di età da 0 a 12 anni, in cui si può “distruggere la vita di un bambino”. Ciò di cui i media non parlano mai è, ad esempio, “l’infantofilia”, cioè il crescente abuso sui neonati. Per don Di Noto, si tratta di una tragica “omissione”: “È più facile gridare allo scandalo di qualcuno”, ha commentato il sacerdote.

Social network “sempre più protagonisti”. È l’altro dato saliente del Rapporto Meter 2012, dal quale risulta che i social network hanno avuto nell’anno appena trascorso un “coinvolgimento maggiore” nel cosiddetto “grooming”, cioè l’adescamento in Rete dei minori. L’aumento degli indirizzi virtuali riferiti a comunità e social network, infatti, è avvenuto nonostante la quantità di siti sospetti individuati sia calata nel suo complesso. Aumenta, inoltre, la tendenza a crearsi un falso profilo su Facebook: il 99% dei bambini di 9-10 anni, informa Meter facendo riferimento a uno studio effettuato nelle scuole primarie di Avola su 770 studenti, apre un profilo sul social network attualmente più popolare in Italia, ma solo dopo aver falsato età e identità. Per quanto riguarda la segnalazione di siti sospetti, secondo i dati dell’Osservatorio mondiale di Meter si conferma il ruolo centrale dell’Europa, con il 50,7%, seguita da Asia (30,38%), Africa (10,19%), America (5,71%), Oceania. Scorporando i dati per Paesi, il gruppo Russia, India, Cina - potenze economiche in forte crescita - raccolgono insieme quasi il 50% di segnalazioni (757) sul totale; da solo, il Giappone riesce a superare e assorbire India e Cina. Tra i fenomeni in aumento, quello del “sexting”, l’autoproduzione di materiale a sfondo sessuale che viene poi messo in Rete: nel 2012 sono state 5.640 le vittime. Nel 2012, Meter ha ricevuto 22.987 chiamate e seguito 951 casi. Oltre 140 i convegni, 13 le diocesi incontrate (57 dal 2012 ad oggi), 53 le attività organizzate negli istituti scolastici, con 8.190 studenti coinvolti. L’ultima “nata” è Casa Meter, una comunità di accoglienza per minori in difficoltà che ospita bambini abusati, maltrattati, abbandonati o che si trovano in condizioni di disagio.

© Copyright Sir


Paparatzifan
00mercoledì 20 febbraio 2013 15:51
Dal blog di Lella...

IL PROFESSORE E IL PASTORE

Gli allievi raccontano il professor Ratzinger

Andrea Galli

​Padre Joseph Fessio, gesuita americano con origini altoatesine, classe 1941, fece un dottorato con il professor Joseph Ratzinger a Ratisbona, sull’ecclesiologia di Hans Urs von Balthasar, ed è uno dei membri più conosciuti del «Ratzinger Schülerkreis»: il gruppo di allievi di Benedetto XVI, rimasti in contatto negli anni e impegnati nell’approfondimento e nella divulgazione del suo pensiero.
Fessio, fra i «ratzingeriani», si è distinto per lo spirito imprenditoriale: ha fondato un College cattolico a San Francisco e l’associazione liturgica «Adoremus», è stato tra i protagonisti della nascita dell’Ave Maria University, avvenieristica università cattolica con sede in Florida, ma soprattutto è stato ed è tuttora il padre della Ignatius Press, una delle più importanti case editrici del mondo cattolico di lingua inglese. «Il lascito più ovvio di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI sono i suoi scritti, che stanno conoscendo una diffusione mondiale, anche quelli prima del papato» dice Fessio al telefono dal suo ufficio di San Francisco, «poi aggiungerei due momenti: il 12 settembre 2006, ovvero il discorso di Ratisbona, che ha chiarito, tra le altre cose, alcuni principi in base ai quali impostare il rapporto con l’islam; e il 7 luglio 2007, ovvero il motu proprio Summorum Pontificum, che ha aperto la strada a un recupero degli elementi più validi del rito antico, per un rinnovamento liturgico, e che penso avrà delle ricadute importanti nel futuro».
Fessio cita poi un contributo di Benedetto XVI che rischia di essere sottovalutato dagli osservatori europei: «Per gli Stati Uniti ha fatto una serie di nomine episcopali che hanno veramente cambiato il paesaggio ecclesiale: vescovi solidi dottrinalmente, preparati culturalmente e con un grande zelo apostolico».
Fessio racconta di non essere potuto andare agli ultimi due incontri a Castel Gandolfo del «Ratzinger Schülerkreis», ma di aver un ricordo nitido del 2010: «In quell’occasione, nel seminario che si tenne il sabato mattino, mi sembrò per la prima volta di vedere Benedetto XVI anziano e fragile. Non l’avevo mai visto prima così debole.
Ma dopo pranzo, dopo la siesta, è riapparso fresco e in forma e mi ha colpito. Se in alcuni momenti in questi anni è quindi apparso affaticato, è stato comunque sempre per un problema di età, una questione fisica, perché psicologicamente non mi è mai sembrato oppresso dalla responsabilità del suo ministero. Non l’ho mai visto perdere la sua proverbiale calma – anche se una volta mi hanno riferito che è accaduto – e l’ho sempre trovato tranquillo, con il suo fare da gentiluomo: incline all’ascolto, con il suo eloquio lento e chiaro».
Per quanto riguarda le sue attese per il futuro, Fessio dice: «Negli anni ’50, ’60 e ’70 abbiamo avuto dei veri giganti in teologia: von Balthasar, De Lubac, Bouyer, Ratzinger stesso. Poi abbiamo avuto due giganti come Papi: Giovanni Paolo e Benedetto XVI. Durante il conclave del 2005 ero sicuro che Ratzinger sarebbe stato eletto, perché non c’erano altre personalità alla sua altezza. Penso che oggi non abbiamo bisogno di un altro gigante, ma di un buon pastore, che continui o porti a compimento quello che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno fatto, nel senso di un rinnovamento della Chiesa seguendo il vero Concilio Vaticano II».

© Copyright Avvenire, 20 febbraio 2013


Paparatzifan
00mercoledì 20 febbraio 2013 15:57
Dal blog di Sandro Magister...

L'estremo appello: il papa ritiri le dimissioni

Le reazioni dei tradizionalisti alla rinuncia di Benedetto XVI. Legittima ma inopportuna, secondo Roberto de Mattei. Impossibile filosoficamente e teologicamente, secondo Enrico Maria Radaelli

di Sandro Magister

ROMA, 20 febbraio 2013 – Come hanno reagito alle dimissioni di Benedetto XVI i più risoluti difensori della tradizione cattolica?

Lo storico della Chiesa Roberto de Mattei ha commentato la decisione di papa Joseph Ratzinger con una nota sul sito web da lui diretto "Corrispondenza Romana":

> Considerazioni sull'atto di rinuncia di Benedetto XVI

De Mattei non contesta la legittimità della rinuncia di Benedetto XVI al pontificato.

Riconosce che "è contemplata dal diritto canonico e si è storicamente verificata nei secoli".

E dice che è anche fondata teologicamente, perché pone termine non alla potestà di ordine conferita dal sacramento, che è indelebile, ma alla sola potestà di giurisdizione.

Dal punto di vista storico, però, de Mattei sostiene che la rinuncia di papa Joseph Ratzinger "appare in assoluta discontinuità con la tradizione e la prassi della Chiesa":

"Non si può fare un paragone né con Celestino V, che si dimise dopo essere stato strappato a forza dalla sua cella eremitica, né con Gregorio XII, che fu costretto a sua volta a rinunciare per risolvere la gravissima questione del Grande Scisma d’Occidente. Si trattava di casi di eccezione. Ma qual è l’eccezione nel gesto di Benedetto XVI? La ragione ufficiale, scolpita nelle sue parole dell’11 febbraio, esprime, più che l’eccezione, la normalità".

È la "normalità" che coinciderebbe semplicemente con "il vigore sia del corpo, sia dell'animo'".

Ma allora "c'è da chiedersi":

"In duemila anni di storia, quanti sono i papi che hanno regnato in buona salute e non hanno avvertito il declino delle forze e non hanno sofferto per malattie e prove morali di ogni genere? Il benessere fisico non è mai stato un criterio di governo della Chiesa. Lo sarà a partire da Benedetto XVI?".

Se sarà così – scrive de Mattei – il gesto di Benedetto XVI assume una portata "non semplicemente innovativa, ma rivoluzionaria":

"L’immagine dell’istituzione pontificia, agli occhi dell’opinione pubblica di tutto il mondo, sarebbe infatti spogliata della sua sacralità per essere consegnata ai criteri di giudizio della modernità".

E sarebbe così raggiunto l'obiettivo rivendicato più volte da Hans Küng e da altri teologi progressisti: quello di ridurre il papa "a presidente di un consiglio di amministrazione, ad un ruolo puramente arbitrale, con a fianco un sinodo permanente di vescovi, con poteri deliberativi".

*

Molto più radicali sono le conclusioni a cui arriva il filosofo e teologo Enrico Maria Radaelli.

Egli ha argomentato le sue critiche al gesto di Benedetto XVI in una nota di 13 pagine, pubblicata sul suo sito web:

> Aurea Domus

Il titolo della nota non lascia margini a dubbi:

"Perché papa Ratzinger-Benedetto XVI dovrebbe ritirare le sue dimissioni. Non è ancora il tempo di un nuovo papa perché sarebbe quello di un antipapa".

Radaelli muove dalle parole di Gesù risorto all'apostolo Pietro, nel capitolo 21 del vangelo di Giovanni. Ne ricava che "la croce è lo status di ogni cristiano" e quindi "ribellarsi al proprio status, rigettare una grazia ricevuta, parrebbe per un cristiano colpa grave contro la virtù della speranza, contro la grazia e contro il valore soprannaturale dell’accettazione della propria condizione umana, tanto più grave se la condizione ricopre ruoli 'in sacris', come è la condizione, di tutte la più eminente, di papa".

Come il Pietro del "Quo vadis" che fuggendo da Roma si imbatte in Gesù che va a morire al suo posto, così "succede quando un papa (ma anche l'ultimo dei fedeli) fugge dal luogo dove l'ha spinto Cristo a penare, a soffrire, forse a morire: succede che Cristo va a penare, a soffrire, forse anche morire, sì, al posto suo".

È vero – riconosce Radaelli – che il canone 333 del codice di diritto canonico stabilisce che un papa ha il potere di dimettersi, "ma io dico che tale potere non l'ha neanche il papa, perché sarebbe l'esercizio di un potere assoluto che contrasta con l'essere di se stesso medesimo". Ed "è impossibile persino a Dio" non essere quel che si è.

Quindi le dimissioni di un papa – prosegue –, anche se permesse legalmente, "non sono permesse metafisicamente e misticamente, perché nella metafisica sono legate al nodo dell’essere, che non permette che una cosa contemporaneamente sia e non sia, e nella mistica sono legate al nodo del Corpo mistico che è la Chiesa, per il quale la vicarietà assunta [dal successore di Pietro] con il giuramento dell’elezione pone l’essere dell’eletto su un piano ontologico sostanzialmente diverso da quello lasciato: sul piano più metafisicamente e spiritualmente più alto di vicario di Cristo".

E ancora:

"Non considerare questi fatti è a mio parere un colpo micidiale al dogma. Dimissionarsi è perdere il nome universale di Pietro e regredire nell’essere privato di Simone, ma ciò non può darsi, perché il nome di Pietro, di Cephas, di Roccia, è dato su un piano divino a un uomo che, ricevendolo, non fa più solo se stesso, ma 'fa Chiesa'. Senza contare che non potendo in realtà dimettersi il papa autodimessosi, il papa subentrante, suo malgrado, in realtà non sarà che un antipapa. E regnante sarà lui, l’antipapa, non il vero papa".

Conclude Radaelli:

"La considerazione finale è dunque questa: papa Joseph Ratzinger-Benedetto XVI non dovrebbe dimettersi, ma dovrebbe recedere da tale sua suprema decisione riconoscendone il carattere metafisicamente e misticamente inattuabile, e così anche legalmente inconsistente. Non le dimissioni, ma il loro ritiro diventa un atto di soprannaturale coraggio, e Dio solo sa quanto la Chiesa abbia bisogno di un papa soprannaturalmente, e non umanamente, coraggioso. Un papa cui inneggino non i 'liberal' di tutta la terra, ma gli angeli di tutti i cieli. Un papa martire in più, giovane leoncello del Signore, porta più anime al cielo che cento papi dimissionati".


Paparatzifan
00mercoledì 20 febbraio 2013 16:07
Da "Finesettimana.org"...

Nell’eremo prezioso di Castel Gandolfo qui Benedetto sarà “nascosto al mondo”

di Paolo Griseri

in “la Repubblica” del 20 febbraio 2013

Quel giorno la musica era scivolata tra gli ulivi nel giardino che guarda il lago, sulla collina che era stata la sede dell’antica Alba Longa della leggenda di Enea e della Villa di Domiziano pochi anni
dopo il martirio di Pietro a Roma. «A sorpresa, pochi mesi dopo la sua elezione, era stato regalato un pianoforte a Benedetto XVI perché potesse utilizzarlo nella sua residenza estiva», ricorda Joaquin Navarro Valls che visse con il Papa tedesco i primi mesi del pontificato. Negli anni precedenti, da cardinale, Ratzinger aveva frequentato quel palazzo poche ore al giorno, per lavorare insieme a Giovanni Paolo II nei mesi estivi: «Aveva avuto tempo di apprezzare il giardino solo da Papa». E da Papa aveva gradito i luoghi: «A Castel Gandolfo c’è gente buona. Arriva l’aria fresca dei boschi e da lontano si vede anche il mare». L’elogio papale campeggia sulla lapide che
abbellisce la facciata del Municipio, proprio di fronte all’ingresso del palazzo pontificio.

Che cosa rimarrà tra una settimana della serenità di un tempo, delle passeggiate nel giardino, delle uscite a sorpresa sulla piazza del paese? Il 28 febbraio tramonterà anche sulla tranquillità scoperta
da Benedetto XVI nei suoi otto anni di villeggiatura nell’antico castello dei Gandolfi-Savelli? «Una delle cose belle di Castel Gandolfo — confessa Navarro — è l’incredibile possibilità di isolarsi
completamente dal mondo». Ecco ciò di cui il Papa dimissionario ha bisogno. Saranno due mesi di isolamento, di “deserto evangelico” come dicono i biblisti. Il mondo del vescovo emerito di Roma sarà rinchiuso nelle sei stanze al secondo piano dell’appartamento privato. Un eremo.
Non come quello dove era precipitosamente tornato Pietro di Morrone dopo lo scandalo dell’abdicazione da Papa nel 1294. L’eremo di Ratzinger è una residenza patrizia seicentesca voluta da Urbano VIII Barberini, abbellita da Alessandro VII Chigi, ristrutturata all’inizio del Nocevento, quando i Patti Lateranensi restituirono la villa al Vaticano. L’anticamera e lo studio hanno allepareti i dipinti del fiorentino Carlo Dolci e di Paolo Veronese. Cristoforo Unterberger ha decorato la Sala da Pranzo di Clemente XIV, papa romagnolo dell’inizio del Settecento.

Nella cappella privata c’è una copia della Madonna nera di Czestochowa. Non risale, come si potrebbe pensare, al papato
di Wojtyla, ma a quello d’inizio Novecento di Achille Ratti che prima di diventare Pio XI era stato nunzio apostolico in Polonia. Così, per coincidenza e per destino, nel luogo dei suoi quotidiani colloqui con Dio Joseph Ratzinger avrà inevitabilmente di fronte l’immagine del suo predecessore, l’amico cheper decenni aveva incontrato in queste stanze quando il tedesco era Prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede e il polacco guidava con vigore Santa Romana Chiesa.

Il resto dell’eremo prezioso di Castel Gandolfo è una stanza da letto di dimensioni modeste, con la finestra che affaccia sul giardino e un semplice tavolo da lavoro. A fianco, una sala da bagno con affreschi medievali che risalgono al primitivo castello dei Gandolfi-Savelli e due stanze originariamente riservate alla servitù, quella dello Scalco e, a lato, l’antica camera dello Scopatore segreto, un tempo addetto alle pulizie dell’appartamento papale.

In questi locali, il teologo bavarese di Marktl imparerà la difficile arte di rimanere «nascosto al mondo» nell’ultima parte della sua vita terrena, nel singolare rovesciamento dell’esperienza di Cristo. Non sarà un apprendistato facile per Benedetto XVI. Ma sarà la fine di un inedito calvario del distacco: l’ultimo Angelus, domenica a mezzogiorno; l’ultima udienza pubblica, mercoledì in piazza San Pietro; l’ultimo incontro con i cardinali, giovedì mattina nella Sala Clementina del Vaticano.

Poi, l’arrivo in elicottero nel piccolo borgo sul lago: «Ci riuniremo in preghiera già alle sedici », promette, Pietro Diletti, parroco di Castel Gandolfo. Il paese si radunerà per l’ultimo saluto pubblico, un affaccio dalla finestra del cortile papale prima di quel singolare «extra omnes» che saràla chiusura del Palazzo pontificio e l’inizio della vita nascosta del 265esimo successore di Pietro.

«Ritengo che trascorrerà le giornate nella preghiera e nello studio. Nella biblioteca rimangono i libri che ha portato in questi anni», spiega Navarro. Sarà impossibile vederlo uscire dal Palazzo come era
accaduto anni fa, quando aveva sorpreso tutti comparendo sulla piazza del paese con una piccola auto elettrica. Il suo impegno ormai sarà quello di non essere più nel mondo, fuori dai clamori, dentro una sorta di clausura virtuale imposta dalla particolarissima condizione di un Papa che vive ai tempi del suo successore.

Dalla prossima settimana e per i due mesi necessari a ristrutturare la sua nuova residenza in Vaticano, Joseph Ratzinger cercherà di recuperare quella serenità d’animo che trovava su questa collina Benedetto XIV Lambertini, suo predecessore quasi omonimo alla guida della chiesa a metà del Settecento. «Quando arrivo a Castel Gandolfo — raccontava agli amici quell’altro Benedetto — posso finalmente tirar fuori la mia anima dal torchio».


Paparatzifan
00mercoledì 20 febbraio 2013 16:09
Dal blog di Lella...

Messico: 1.800 lettere dei bambini per dire “Grazie” al Papa

1.800 lettere per dire grazie a Benedetto XVI e chiedergli di pregare per i bambini del mondo sono state inviate dai partecipanti al primo Congresso Regionale dell'Infanzia e Adolescenza Missionaria (Coriam) a Hermosillo, Sonora (Messico). “Non avevamo dove mettere tutte queste lettere indirizzate al Papa, non bastavano i pochi scatoloni che c'erano lì in quel momento. E ci siamo pure impegnati a spedirli subito a Benedetto XVI, a Roma, prima del 28 febbraio” ha affermato padre Aldo Israel Estrella Garcia, segretario della Santa Infanzia del Messico (Iam). Secondo un comunicato inviato all’agenzia Fides, all’incontro che si è tenuto dal 15 al 17 febbraio hanno partecipato più di 1.800 bambini e adolescenti della Iam delle tre province ecclesiastiche Baja California, Chihuahua e Hermosillo, nel nord del Messico. L’iniziativa ha visto la partecipazione dell'arcivescovo di Hermosillo, mons. José Ulises Macías Salcedo, di padre Guillermo Alberto Morales Martinez, direttore nazionale delle Pom. I bambini hanno effettuato anche una Marcia missionaria dalla cattedrale al Palasport della città. Durante il percorso i bambini hanno cantato e pregato per i missionari del mondo, per poi chiedere la fine della violenza in Messico in un momento di forte emozione e di silenzio totale, davanti alle croci collocate dove era scoppiato un incendio nel 2009 che aveva provocato la morte di 49 bambini di un asilo infantile. (R.P.)

© Copyright Radio Vaticana


Paparatzifan
00mercoledì 20 febbraio 2013 16:12
Dal blog di Lella...

LE DIMISSIONI DI BENEDETTO XVI

Vaticano, padre Lombardi: «In arrivo "Motu proprio" del Papa sul Conclave»

Il Pontefice vuole precisare punti della costituzione apostolica

(Ap)
Il Papa sta prendendo in considerazione la pubblicazione di un «Motu proprio» per precisare alcuni punti sul conclave. Lo ha precisato padre Federico Lombardi che poi ha aggiunto: «Non so se riterrà necessario fare una precisazione sulla questione del tempo dell'inizio».
LA COSTITUZIONE APOSTOLICA - Il Vaticano sta esplorando tutte le ipotesi, visto che si è trovato in una situazione inedita. Cioè le dimissioni di Benedetto XVI e le elezioni del successore quando il Papa precedente è ancora in vita. Normative ecclesiastiche ancora da varare. Per questo il "motu proprio" del Pontefice , sottolinea padre Lombardi, ha l'obiettivo di «precisare alcuni punti particolari della costituzione apostolica sul Conclave che nel corso degli ultimi anni gli erano stati presentati». «Non so - continua il gesuita - se riterrà necessario ed opportuno fare una precisazione sulla questione del tempo dell'inizio del Conclave».

ALL'ESTERO - In ogni caso c'è grande attesa per le elezioni del nuovo Pontefice. Anche all'estero. Angela Merkel ha spiegato che «quando la chiesa cattolica elegge il suo Papa, questo fatto è di grande portata per tutto il mondo». Per poi aggiungere : «Per noi in Germania l'ecumenismo rimane di importanza particolare. La Germania è il paese della Riforma. Nel 2017 si celebrano i 500 anni dalle tesi di Martin Lutero».

Redazione Online
20 febbraio 2013 | 15:37


Paparatzifan
00mercoledì 20 febbraio 2013 16:16
Dal blog di Lella...

Le campane di Roma suoneranno per il Papa in volo verso Castel Gandolfo

Tra otto giorni, Benedetto XVI si recherà nella residenza di Castel Gandolfo, poco prima della fine del Pontificato. La cittadina laziale si sta già preparando a riceverlo. Luca Collodi ha intervistato il vescovo di Albano, mons. Marcello Semeraro:

R. – So che la diocesi di Roma - ne parlavo con il cardinale Vallini - farà suonare le campane nel momento in cui il Santo Padre partirà dall’eliporto del Vaticano; noi faremo altrettanto a Castel Gandolfo al momento dell’arrivo. Intanto le comunità della diocesi si sono già organizzate. Stiamo preparando una veglia di preghiera che avrà inizio alle ore 16.30 circa. Dalle città vicine le comunità si raduneranno ad Albano per andare in pellegrinaggio a piedi verso Castel Gandolfo; si ritroveranno nella piazza in preghiera e accoglieranno il Santo Padre con la recita del Santo Rosario e con altri momenti di canti, di riflessioni sul suo magistero. Prevedibilmente, se partirà alle ore 17, egli dovrebbe giungere all’eliporto di Castel Gandolfo intorno alle 17.15 e poi entrare nel Palazzo Apostolico, da dove - mi è stato confermato dalla Prefettura della Casa Pontificia - si affaccerà per salutare la diocesi di Albano e i fedeli. Questo per noi è davvero un grande privilegio. Dopo di che ho chiesto alla diocesi di stringersi attorno al Papa nel silenzio dell’amore e della preghiera.

D. - Nei giorni successivi voi accompagnerete con la preghiera la presenza del Papa a Castel Gandolfo…

R. – Intanto, ho già dato disposizioni in tutte le parrocchie. Da domenica prossima ci saranno particolari intercessioni sia per il Santo Padre Benedetto XVI, sia preghiere di ringraziamento per la sua presenza, per il suo magistero. D’altra parte, noi non possiamo dimenticare che negli ultimi anni in particolare Benedetto XVI ha mostrato di prediligere e di gradire molto il soggiorno a Castel Gandolfo. Nel luglio del 2011, durante il primo incontro, egli usò un’espressione che poi è stata trascritta e murata sulla piazza centrale della cittadina castellana. Diceva: “Io qui trovo tutto. Vedo i monti, vedo il mare, vedo il lago e gente buona. Vi benedico nel Nome del Signore”. Questa è una frase che ci è rimasta impressa, tanto che noi nei giorni successivi, nelle nostre comunità, nelle parrocchie - soprattutto la Domenica - non soltanto pregheremo per il Papa, ma ringrazieremo il Signore per il dono della sua presenza, per il dono della sua Parola, per il dono del suo servizio.

© Copyright Radio Vaticana


Paparatzifan
00mercoledì 20 febbraio 2013 19:00
Dal blog di Lella...

Papa: enciclica incompiuta di Benedetto XVI forse diventera' un libro

Citta' del Vaticano, 20 feb. (Adnkronos)

''Le riflessioni che dovevano essere contenute nell'enciclica sulla fede cui lavorava il Pontefice, potrebbero rientrare in uno dei testi, degli studi ai quali il Papa si dedichera' nel periodo successivo alla sua rinuncia''. In ogni caso la pubblicazione di un libro del futuro 'papa-emerito' ''e' cosa ancora da valutare, da parte dello stesso Ratzinger, anche per l'impatto che puo' avere sull'attivita' e il magistero del suo successore''. E' quanto apprende l'Adnkronos da fonti vaticane.
L'enciclica sulla fede era in cantiere gia' da qualche tempo e lo stesso Vaticano ne aveva annunciato la lavorazione. Una volta dato l'annuncio delle dimissioni per il prossimo 28 febbraio, e' stato il direttore della Sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, a spiegare che l'enciclica sulla fede - sarebbe stata la quarta del pontificato - non avrebbe visto la luce in quanto la sua lavorazione era ancora troppo indietro.
Questo, spiegava Lombardi, ''rimane un documento che non avremo nella forma dell'enciclica''.
E' anche possibile che il materiale raccolto venga poi consegnato al successore di Benedetto XVI, che decidera' poi come procedere. Le encicliche di Benedetto XVI sono: Deus caritas est del 25 dicembre 2005, Spe Salvi, del 30 novembre 2007, Deus Caritas est, del 29 giugno 2009.

© Copyright Adnkronos


Paparatzifan
00mercoledì 20 febbraio 2013 19:06
Dal blog di Lella...

Pedofilia, i cardinali elettori che imbarazzano il Vaticano

di Franca Giansoldati

La legge è la legge. E così nessuno, nemmeno Joseph Ratzinger in persona, può costringere un cardinale elettore a non prendere parte al conclave. Nemmeno se sulla sua coscienza gravano pesi enormi. Magari macigni, come l’avere spostato un prete pedofilo da una parrocchia all’altra pur conoscendo la pericolosità del soggetto. «Nessun cardinale elettore potrà essere escluso dall’elezione sia attiva che passiva per nessun motivo o pretesto» recita il punto 35 della costituzione che regola l’elezione del Sommo Pontefice.
E così, a meno che le norme non vengano ritoccate in extremis con un Motu Proprio da Benedetto XVI prima di ritirarsi a Castelgandolfo, non si intravedono ostacoli di sorta per il tragitto Los Angeles-Roma che si agginge a fare l’ex arcivescovo di Los Angeles. Mahony potrà tranquillamente prenotare l’aereo e presentarsi per eleggere il successore di Benedetto XVI. E sicuramente non mancherà di essere presente il 28 febbraio, nella sala Clementina, al saluto finale di Benedetto XVI ai cardinali.
Il clamore dell’affaire Mahony ripropone ciò che già accadde nel conclave del 2005 con il cardinale Bernard Law, l’ex arcivescovo di Boston trasferito da Papa Wojtyla in Vaticano tre anni prima per evitargli seri guai giudiziari dato che coprì in diocesi crimini di predatori seriali. Una storia orribile.

LA POSSIBILE RINUNCIA

In Vaticano si evitano commenti. C’è imbarazzo. E anche se l’eco delle proteste naturalmente scuote si cerca di gettare acqua sul fuoco, di minimizzare un po’. «Se la sua presenza crea difficoltà o imbarazzi potrebbe essere opportuno rinunciare. La decisione però spetta solo alla coscienza del cardinale Mahony» afferma il Penitenziere, padre Girotti. Servirebbe un esame di coscienza, cosa che non guasterebbe forse ad altri cardinali in conclave. Basta spulciare qui e là l’elenco dei 117 elettori, fare una ricerca su un database per individuare l’esistenza di altri porporati lambiti da scandali, colpiti da critiche per la gestione degli abusi, episodi scottanti legati ad un passato che si vorrebbe rimuovere per il buon nome della Chiesa. Insomma, il caso Mahony non risulta isolato.
Un altro cardinale statunitense colpito dallo scandalo pedofilia è Justin Francis Rigali.
Nel 2011 si dimise dal governo della diocesi di Philadelphia ufficialmente per raggiunti limiti di età, ma negli
ultimi mesi del suo mandato si è trovato ad affrontare il peso di un report del Grand Jury che accusava l’arcidiocesi di non essere riuscita a fare chiarezza sulle accuse a carico di 37 sacerdoti. In Belgio, invece, ancora fanno male le accuse contro Godfried Danneels, per anni simbolo di un cattolicesimo moderno. Tre anni fa la polizia gli sequestrò il computer personale per verificare se avesse coperto i preti-orchi. E ancora. In Irlanda ha fatto scalpore la chiamata del cardinale Séan Baptist Brady, primate dei vescovi irlandesi che l’anno scorso Benedetto XVI ha commissariato senza pensarci un attimo. Anche Brady non avrebbe fatto pulizia e isolato le mele marce esistenti, aggiungendo alla già lunga lista dei ragazzini stuprati, altre piccole vittime. Dai racconti un inferno sulla terra.
Una commissione parlamentare ha accertato tutto, portando alla luce situazioni scabrose avvenute decenni fa all’interno di istituti religiosi, orfanotrofi, scuole, parrocchie. Brady alla Bbc ha spiegato che all’epoca dei fatti il Vaticano non aveva diffuso delle linee guida chiare in caso di denuncia o di abusi. Come se il bene e il male dovessero per forza essere codificati per essere riconosciuti. La bufera degli scandali non ha risparmiato nemmeno il cardinale australiano Pell; diverse associazioni di vittime lo ritengono responsabile di una governance omertosa. Un altro cardinale è quello messicano Rivera Carrera, tirato in ballo dalla Corte Suprema di Los Angeles per avere coperto violenze su minori di un sacerdote che aveva prestato servizio nella sua diocesi. Lui si è difeso sostenendo che erano tutte calunnie per infangare la Chiesa messicana.

MACIEL

Su di lui così come su altri cardinali (elettori) da Dziwisz (segretario di Wojtyla), a Sandri, a Rodè l’ombra inquietante di padre Maciel si allunga con la sua scia di crimini orrendi, stupri, bugie, droghe. Persino figli naturali (anche questi abusati). Eppure erano in tanti a conoscere la doppia vita del fondatore dei Legionari di Cristo, morto nel 2008 e punito da Benedetto XVI. Ma preferirono far finta di non vedere. Come Pilato. Un brutto esempio per iniziare un conclave.

© Copyright Messaggero, 20 febbraio 2013


Paparatzifan
00mercoledì 20 febbraio 2013 19:10
Dal blog di Lella...

L'enciclica non scritta di Benedetto XVI

Potenza e fecondità dell'umiltà

Pubblichiamo in una nostra traduzione un articolo apparso su «Le Figaro Magazine» del 15 febbraio con il titolo L'encyclique non écrite de Benoît XVI.

di Jean-Marie Guénois

Benedetto XVI non pubblicherà l'enciclica -- seppur in stato avanzato -- sulla fede che doveva presentare a primavera. Non ne ha più il tempo. E nessun successore è tenuto a riprendere un'enciclica incompiuta del proprio predecessore. Ma esiste un'altra enciclica di Benedetto XVI, celata nel suo cuore, un'enciclica non scritta. O piuttosto scritta non dalla sua penna ma dal gesto del suo pontificato.
Questa enciclica non è un testo ma una realtà: l'umiltà.
Il 19 aprile 2005 un uomo che appartiene alla razza delle aquile intellettuali, temuto dai suoi avversari, ammirato dai suoi studenti, rispettato da tutti per l'acutezza delle sue analisi sulla Chiesa e sul mondo, si presenta, appena eletto Papa, come un agnello portato al macello.

Utilizzerà addirittura la terribile parola “ghigliottina” per descrivere il sentimento che lo ha invaso nel momento in cui i suoi fratelli cardinali, nella cappella Sistina, ancora chiusa al mondo, si sono voltati verso lui solo, eletto fra tutti, per applaudirlo. Nelle immagini riprese allora, la suo sagoma incurvata e il suo volto sorpreso lo testimoniano.
Poi ha dovuto imparare il mestiere di Papa.
Ha strappato, quali radici rannicchiate sotto l'humus della terra, l'eterno timido, lucido nella mente ma maldestro nel corpo, per proiettarlo di fronte al mondo. È stato uno shock da entrambi le parti. Non riusciva a calarsi nella disinvoltura del compianto Giovanni Paolo II. Il mondo capiva male quel Papa senza effetto. Benedetto XVI non ha neppure avuto i cento giorni di “stato di grazia” che si attribuiscono ai presidenti profani. Ha avuto, senza dubbio, la grazia divina, fine ma così poco mondana. Ma ha avuto, ancora e sempre, l'umiltà di imparare sotto gli occhi di tutti.
Ci sono stati infine quei sette anni di pontificato, terribili. Mai un Papa aveva avuto, in un certo senso, così poco “successo”. È passato di polemica in polemica: crisi con l'islam dopo il suo discorso di Ratisbona dove ha evocato la violenza religiosa; deformazione delle sue parole sull'Aids durante il suo primo viaggio in Africa che ha suscitato una protesta mondiale; vergogna subita per l'esplodere della questione dei preti pedofili da lui affrontata; l'affare Williamson, dove il suo gesto di generosità verso i quattro vescovi ordinati da monsignor Lefebvre (il Papa revocava le scomuniche) si è trasformato in biasimo mondiale contro Benedetto XVI perché non era stato informato dei discorsi negazionisti della Shoah di uno di essi; incomprensione e difficoltà nel mettere in atto la sua volontà di trasparenza riguardo alle finanze del Vaticano; tradimento di una parte del suo entourage nell'affare Vatileaks, con il suo maggiordomo che ha sottratto lettere confidenziali per pubblicarle...
Non ha avuto un solo anno di tregua. Non gli è stato risparmiato nulla.
Alle violente prove fisiche del pontificato di Giovanni Paolo II, attentato e malattia di Parkinson, sembrano corrispondere le prove morali di rara violenza di questa litania di contraddizioni subita da Benedetto XVI. Dimettendosi, il Papa dunque si eclissa. A immagine stessa del suo pontificato. Ma solo Dio conosce la potenza e la fecondità dell'umiltà.

(©L'Osservatore Romano 20 febbraio 2013)


Paparatzifan
00mercoledì 20 febbraio 2013 19:12
Dal blog di Lella...

CONCLAVE: PADRE LOMBARDI, PAPA STUDIA POSSIBILE MOTU PROPRIO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 20 feb. - Non c'e' nulla di deciso su un Motu Proprio che Benedetto XVI potrebbe pubblicare prima dell'inizio della Sede Vacante.
In merito, il portavoce padre Federico Lombardi ha detto che "il Papa sta prendendo in considerazione la pubblicazione per precisare alcuni punti della Costituzione Apostolica sul Conclave". Ma, ha aggiunto, "non so se riterra' necessario e opportuno fare una precisazione sulla questione del tempo d'inizio del Conclave".
"Il Papa - ha detto testualmente Lombardi - sta prendendo in considerazione la pubblicazione di un Motu Proprio, nei prossimi giorni, ovviamente prima dell'inizio della Sede Vacante, per precisare alcuni punti particolari della Costituzione Apostolica sul Conclave, che nel corso degli ultimi anni gli erano stati presentati".
"Non so - ha continuato Lombardi - se riterra' necessario od opportuno fare una precisazione sulla questione del tempo dell'inizio del Conclave. Se e quando il documento sara' pubblicato, lo vedremo". Padre Lombardi ha anche aggiunto (usando significativamente la formula "a me risultava") che l'eventuale ultimo documento del Pontificato di Joseph Ratzinger potrebbe limitarsi ad aspetti liturgici relativi alle formule e preghiere del Conclave, cioe' a "qualche punto di dettaglio per la piena armonizzazione con un altro documento che riguarda il Conclave, l'Ordo Rituum Conclavis". "In ogni caso - ha concluso - la questione dipende dalla valutazione del Papa, e se vi sara' questo documento verra' reso noto nel modo opportuno".

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CONCLAVE: PIAZZONI, NORME NON OBBLIGANO AD ATTENDERE 15 GIORNI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 20 feb.

"Le norme vigenti, stabilite da Giovanni Paolo II con la Costituzione Apostolica 'Universi Dominici gregis', prescrivono che i cardinali debbano "attendere gli assenti" per 15 giorni, al massimo 20, prima di iniziare il Conclave. Dunque se tutti si trovassero a Roma prima di questa scadenza si puo' ritenere che l'apertura anticipata del Conclave sarebbe possibile". Lo ha detto il professor Ambrogio Piazzoni, viceprefetto della Biblioteca Vaticana, che ha tenuto un briefing nella Sala Stampa della Santa Sede in qualita' di esperto sui Conclavi. E non ha escluso che il Papa possa emanare una norma, forse interpretativa, per rendere piu' facile l'eventuale decisione della Congregazione Generale nella quale i cardinali saranno riuniti quotidianamente dall'inizio della Sede Vacante, cioe' dal primo marzo. "Fino alle 19,59 del 28 febbraio - ha spiegato - il Papa e' l'unico supremo legislatore".
"Solo il Papa puo' cambiare le regole", ha ricordato il professor Piazzoni ai giornalisti, al termine di un excursus sui 74 Conclavi che si sono tenuti fino ad oggi (fino a 750 anni fa il Papa, in quanto Vescovo di Roma, veniva eletto dal clero e dal popolo romano, senza bisogno dei cardinali che rappresentassero l'universalita' della Chiesa). Tra le diverse curiosita', l'esperto ha ricordato che non e' la prima volta che un Papa "codifica in anticipo" le proprie dimissioni: e' accaduto anche a Pio XII che quando nel 1944 rischiava di essere deportato da Hitler aveva stabilito che in quel caso ad essere arrestato sarebbe stato un ex Papa e non il Papa. Pacelli non voleva trovarsi infatti ostaggio di un dittatore, come era capitato a Pio VII nel 1813, quando a Fontanbleau firmo' sotto costrizione un Concordato da lui stesso poi abrogato in quanto "un atto di debolezza". Nel caso di Benedetto XVI ad essere codificata e' una data e non una condizione. Il sito "Vaticaninsider" ipotizza oggi che Benedetto XVI possa promulgare in questi giorni che restano prima della Sede Vacante un "motu proprio" per chiarire la questione dell'apertura del Conclave e eventuali altri "dettagli" della Sede Vacante che inizia il 1 marzo, essendo al rinuncia annunciata un fatto del tutto inedito che Papa Wojtyla probabilmente non aveva messo in conto nello stendere la "Universi Dominici gregis".

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VATICANO: DA OGGI IN FUNZIONE SECONDA SALA STAMPA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 20 feb.

Allestita in via dell'Ospedale 1, e' entrata in funzione da oggi la "Sala di accoglienza per tutti i giornalisti e gli operatori dei media" che non potranno accedere alla tradizionale Sala Stampa di via Conciliazione 54. La nuova struttura godra' tuttavia di un collegamento video con la Sala Stampa della Santa Sede per consentire di seguire in tempo reale i briefing.

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Paparatzifan
00mercoledì 20 febbraio 2013 22:57
Dal blog di Lella...

PAPA: GIORNALISTI VISITANO I GIARDINI, FINO A CANCELLO MONASTERO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 20 feb.

Un cancello su un vialetto separa dai Giardini Vaticani il Monastero "Ecclesia Mater", dove Joseph Ratzinger alloggera' dopo le dimissioni e un breve soggiorno (al massimo due mesi) a Castelgandolfo. L'edificio e' piuttosto piccolo, anche se si sviluppa su quattro piani. Infatti sembra una qualunque casa di campagna, sul lato della quale Giovanni Paolo II, che lo destino' alle suore di cluasura, ha fatto costruire una cappella che sara' utilizzata dall'ex Papa per celebrare la messa e per pregare con la piccola comunita' (composta dall'arcivescovo Georg Gaenswein e da alcune "memores domini", cioe' le laiche consacrate dei Comunione e Liberazione che hanno servito in questi 8 anni nell'Appartamento Pontificio) che lo accompagna nella nuova dimora.
Qui Ratzinger potra' anche ospitare per dei periodi suo fratello, il sacerdote musicista Georg Ratzinger, piu' grande di lui di due anni e piuttosto malandato.
Ai giornalisti che hanno potuto vedere il Monastero dall'esterno, quella scelta da Joseph Ratzinger e' apparsa come una dimora molto modesta rispetto ai fasti del Palazzo Apostolico e anche alla bellezza della Villa Pontificia di Castelgandolfo. Il non esteso terrazzo che fa da tetto all'edificio e' schermato da grate di legno gia' dal tempo delle suore e quindi non si potra' riprendere con il teleobiettivo chi eventualmente riposa o passeggia. Gli operai sono al lavoro all'interno, dove le piccole stanze delle suore vengono unite per creare ambienti un po' piu' accoglienti e dotati di maggiori comodita'.
A pochi passi, sempre alle spalle del mastodontico palazzo del Governatorato, c'e' la palazzina torrita della Radio Vaticana che sorge proprio sulla cima del Colle Vaticano e in qualche modo domina il Monastero. Scendendo verso la Basilica di San Pietro, lungo il viale alberato, si incontra quasi subito la Grotta che riproduce fedelmente quella dove la Vergine apparve a Lourdes, e che durante il Pontificato e' stata notoriamente la meta delle passeggiate di Benedetto XVI nei Giardini Vaticani.

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Paparatzifan
00giovedì 21 febbraio 2013 14:00
Da "La Stampa.it"...

21/02/2013

BXVI: l'addio porta soldi (a Roma)

I due ultimi appuntamenti pubblici di Benedetto XVI hanno fatto salire di molto le prenotazioni per voli e alberghi. L’addio del Papa, e probabilmente anche l’elezione del suo successore portano soldi a Roma.

MARCO TOSATTI

L’addio del Papa, e probabilmente anche l’elezione del suo successore portano soldi a Roma. Manca ormai meno di una settimana all'ultimo saluto pubblico di Papa Benedetto XVI e, in questo nuovo clima di incertezza, migliaia di pellegrini ma anche semplici turisti attratti dall'avvenimento storico, vogliono essere a Roma per assistere all'ultimo Angelus del 24 febbraio o per dare un saluto al Pontefice uscente il 27 febbraio in piazza San Pietro. “Lastminute.com” rivela che nell'ultima settimana c'e' stato un notevole aumento delle prenotazioni per gli hotel e i voli su Roma, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, soprattutto da parte di tedeschi, francesi e italiani. In particolare, le cifre sono straordinarie per quanto riguarda le prenotazioni alberghiere con l'80% di crescita nelle prenotazioni da parte dei tedeschi che accorreranno per salutare il “loro” Papa; e si registra anche un aumento del 36% da parte dei francesi; che non è altrettanto facilmente spiegabile. Ma crescono del 10% le prenotazioni di turisti e pellegrini italiani che, in molti casi, opteranno per un viaggio in giornata. "E' davvero interessante notare come il pubblico sia attratto e voglia presenziare ad avvenimenti storici", ha dichiarato Francesca Benati, amministratore delegato di Lastminute.com per l'Italia e la Spagna, all’AGI "dopo l'annuncio delle dimissioni del Papa, nell'arco di una settimana sono aumentate in modo significativo le prenotazioni su Roma da parte di tanti cittadini europei. Si tratta di un avvenimento unico ed è naturale che la gente voglia essere presente per potersi sentire parte della storia".


Paparatzifan
00giovedì 21 febbraio 2013 15:06
Da "Vatican Insider"...

21/02/2013

"L'inizio del Conclave lo decidono i cardinali. Il nuovo Papa si occuperà dei lefebvriani"

Nel briefing di Padre Federico Lombardi ha fornito alcune notizie e puntualizzazioni. Restano aperte ipotesi e possibili scenari sulla data di convocazione.

REDAZIONE
ROMA

Lefebvriani e Chiesa cattolica

Uno dei casi aperti è sicuramente quello con i tradizinalisti. A questo ruguardo «I rapporti con la Fraternità sacerdotale San Pio X vengono affidati dal Santo Padre al prossimo Papa», ha affermato padre Federico Lombardi.

La sicurezza

L'ultima udienza non avrà un carattere speciale, dice padre Lombardi. Anche se è prevedibile il contrario. Ciò che invece si sta mettendo a punto è l'apparato di massima sicurezza, con l'incremento dei portali metal detector in diversi punti di piazza San Pietro e oltre 600 uomini impegnati per l'ultimo Angelus di Benedetto XVI domenica prossima. La Questura di Roma sta mettendo a punto la macchina di sicurezza in occasione del grande evento del Vaticano.

In campo scenderanno artificieri, polizia e carabinieri, impegnati già da sabato notte nell'attività di bonifica della zona, con controlli capillari in strada fino all'apertura di tombini e altri luoghi per scongiurare qualsiasi rischio terroristico. È previsto inoltre un incremento dei tiratori scelti e nuove installazioni dei portali metal detector, oltre ai dispositivi di controllo utilizzati anche a mano.

Conclave: Motu Proprio e ipotesi sulla data di convocazione

Il Papa incontrerà e saluterà personalmente tutti i cardinali presenti a Roma giovedì 28 febbraio alle ore 11 nella Sala Clementina. Ha riferito Padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, leggendo la notificazione della Prefettura della Casa pontificia. Non è possibile al momento dire la data esatta dell'inizio del Conclave.

C'é dunque molta cautela in Vaticano sull'argomento, ma si inizia a ragionare concretamente sulla possibilità di anticipare di qualche giorno, anche di una settimana l'extra omnes che, a norma della relativa Costituzione Apostolica, dovrebbe invece avvenire non prima di 15 e non oltre 20 giorni dall'inizio della Sede Vacante.

Intanto, ha annunciato padre Federico Lombardi, è possibile che il Papa promulghi un "motu proprio" per chiarire alcuni aspetti del Conclave, anche se non è detto che tra questi ci sia proprio la questione "inizio".

In ogni caso, qualcuno nei palazzi apostolici ha cominciato a pensare ad una data possibile che possa partire da dopo l'8 marzo: questa potrebbe consentire il regolare svolgimento delle congregazioni generali con tutti i cardinali già presenti a Roma e, intanto, permettere di arrivare ai "ritardatari". Non solo: come viene fatto notare Oltretevere, si eviterebbe il rischio di arrivare troppo a ridosso di Pasqua, nel caso le votazioni e le "fumate" si protraessero.

Il 24 marzo, appena 4 giorni dopo il limite "massimo" di convocazione del conclave, è già la domenica delle Palme e, viene sottolineato, sarebbe opportuno che il nuovo Papa fosse già insediato per quel giorno. Ma, viene anche ribadito da più fonti, siamo sempre nel campo delle ipotesi.

Infatti, se da un lato sono numerose le richieste, venute anche da importanti porporati di Curia, di poter anticipare la data di chiusura delle porte della Sistina, ma non sono mancati autorevoli cardinali, come l'arcivescovo di Parigi André Vingt-Trois o il cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York, che nei giorni scorsi hanno chiesto, invece, più o meno espressamente, di non anticipare i tempi.

L'unica certezza sono le parole del portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, che confermando in parte l'anticipazione di Vatican Insider, ha spiegato che Benedetto XVI "sta prendendo in considerazione la pubblicazione di un Motu proprio, nei prossimi giorni, ovviamente prima dell'inizio della Sede vacante, per precisare alcuni punti particolari della Costituzione apostolica sul Conclave, che nel corso degli ultimi anni gli erano stati presentati".

Padre Lombardi ha poi soggiunto di non sapere se il Pontefice "riterrà necessario od opportuno fare una precisazione sulla questione del tempo dell'inizio del Conclave".

"Se e quando il documento verrà pubblicato - ha detto - lo vedremo. A me - ha proseguito padre Lombardi - risultava, ad esempio, lo studio di qualche punto di dettaglio per la piena armonizzazione con un altro documento che riguarda il Conclave, cioè l'Ordo Rituum Conclavis. In ogni caso - ha concluso il direttore della Sala Stampa Vaticana - la questione dipende dalla valutazione del Papa e se vi sarà questo documento verrà reso noto nel modo opportuno".

Ma se Benedetto XVI non dovesse intervenire con il Motu proprio sulla tempistica di convocazione, chi dovrà decidere? La decisione spetta al decano del Collegio Cardinalizio, il cardinale Angelo Sodano, che in quanto ultraottantenne non parteciperà al conclave ma che guiderà le congregazioni generali. E c'é chi assicura come la decisione sui tempi, in mancanza di un intervento papale (ma anche parallelamente ad esso) dovrà essere presa in occasione delle prime riunioni ufficiali dei cardinali. Che però, ad 8 giorni dall'inizio delle sede vacante, ancora non hanno ricevuto alcuna comunicazione ufficiale.

Struttura Media della Sala Stampa Vaticana
Si rafforza il 'media team' della sala stampa della Santa Sede. Al direttore, il gesuita Federico Lombardi, e al vice-direttore, il passionista, Ciro Benedettini, si aggiungono, in vista della Sede vacante, altri due sacerdoti, per la lingua inglese (il canadese Tom Rosica) e spagnolo (Gil Tamajo).


Paparatzifan
00giovedì 21 febbraio 2013 15:13
Dal blog di Lella...

Così il Papa ha azzerato la sua Curia

di CARLO SILINI

Il Papa si è dimesso perché conosce i propri limiti, oppure perché teme quelli della Curia romana che lo circonda? La domanda è più che pertinente visto che le prime parole pronunciate da Joseph Ratzinger dopo l’annuncio del suo ritiro erano non sassolini, ma macigni, tolti dalle scarpe e gettati contro non meglio precisati uomini di Chiesa divisi fra bande nemiche e abitati dal demone del carrierismo. Già durante la cerimonia del mercoledì delle Ceneri Benedetto XVI aveva denunciato le «colpe contro l’unità della Chiesa», le «divisioni nel corpo ecclesiale» e la necessità di superare «individualismi e rivalità». A chi si riferiva? I commentatori italiani non hanno dubbi: alle spaccature interne al Vaticano. Ma è davvero possibile che il Papa si sia tirato indietro per uscire dal pantano delle rivalità curiali? Proviamo a chiarire fino a che punto l’idea di congiure e veleni nella Santa Sede sia sostenibile. Le divisioni interne alla Curia romana sono un fatto, non una leggenda nera.
Sono, per esempio, evidentissime le reciproche cardinalizie antipatie tra l’ex segretario di Stato, il felpato Angelo Sodano e il suo successore, l’irruente Tarcisio Bertone. Il primo venne rimosso dal suo incarico un anno dopo l’insediamento di Benedetto XVI e sostituito col secondo, che in breve tempo rimpiazzò gli uomini chiave di Sodano con altrettanti suoi protetti. Ma un avvicendamento del personale di Curia è un fatto del tutto normale quando si passa da un pontificato all’altro. È così che funziona il potere. Perché non dobbiamo dimenticare che la Santa Sede, cuore gerarchico del cattolicesimo, è un immenso centro di potere da cui si irradiano decisioni che riguardano 2.966 circoscrizioni ecclesiastiche (Annuario Pontificio del 2012) disseminate in ogni angolo del mondo. Non è bello da vedere, e certamente non rispecchia l’irenismo evangelico, ma è «politicamente» normale che le varie correnti ecclesiali cerchino di avere propri autorevoli rappresentanti in Vaticano per cercare di influire sulle scelte che toccano l’intera Chiesa cattolica. Ciò detto, in questi anni è emerso qualcosa di più inquietante della semplice rivalità fra correnti ecclesiali: VatiLeaks. Si tratta dell’improvvisa fuga di documenti riservati dalla Santa Sede, da cui sono emerse irregolarità nella gestione finanziaria dello Stato Vaticano e nell’applicazione delle normative antiriciclaggio.
Ma soprattutto è emerso che nell’ambiente nel quale Benedetto XVI vive ci sono alti prelati dediti allo sport del reciproco sgambetto, gole profonde («corvi») in numero imprecisato, utili idioti e scaltri mandanti di chissà quali piani e quali mire poco o punto spirituali.
Francamente, a parte non meglio precisate accuse attorno allo IOR e tentativi di mettere in cattiva luce questo o quel monsignore agli occhi del Papa, non ci si capisce un granché. Eppure, secondo il settimanale «Panorama», Benedetto XVI avrebbe deciso di dimettersi il 17 dicembre scorso, dopo aver ricevuto l’ultimo rapporto su VatiLeaks consegnatogli dalla Commissione di inchiesta da lui istituita per far chiarezza sul furto di documenti. Spunteranno novità sconvolgenti? Non scomodiamo improbabili rivelazioni alla Dan Brown per spiegare le mosse del Papa.
È più verosimile che VatiLeaks abbia messo sotto i suoi occhi lo spettacolo di una Curia troppo inaffidabile per pensare di invecchiare sereno in sua compagnia. Perché, come dimostra la fine del pontificato di Giovanni Paolo II, il massimo potere della Curia è quando il Papa si ammala e non è più padrone di sé. Benedetto XVI si è davvero dimesso perché non ha più sufficienti energie, ma ritirandosi ha anche azzerato la Curia mettendo al riparo la Chiesa dalla prospettiva di essere gestita da chi non sembra volerle molto bene.

© Copyright Il Corriere del Ticino, 21 febbraio 2013


Paparatzifan
00giovedì 21 febbraio 2013 15:46
Dal blog di Lella...

Vaticano: a Castelgandolfo l'ultimo saluto del Papa

A Castelgandolfo lo aspettano tutti: i cittadini, il parroco e i dipendenti vaticani. E per accogliere Benedetto XVI fervono gli ultimi preparativi. Dal 28 febbraio, giorno conclusivo del suo pontificato, Papa Ratzinger si trasferirà nella residenza estiva a una ventina di chilometri da Roma, per restarci circa due mesi. E proprio agli abitanti del piccolo paese sui Colli Albani - dove grandi sono la sorpresa per le dimissioni e insieme l'attesa per il suo arrivo - il papa dedicherà quello che sarà probabilmente il suo ultimo saluto pubblico.

L'elicottero atterrerà a Castelgandolfo circa un quarto d'ora le 17, orario in cui partirà da Città del Vaticano, come ha spiegato Saverio Petrillo, direttore delle Ville Pontificie. Il tempo di giungere nel Palazzo Apostolico e qualche minuto dopo Ratzinger si affaccerà dal balcone sul cortile interno, lo stesso dove si riuniscono i fedeli durante l'Angelus. Per salutare chi in piazza è venuto a manifestargli calore e rispetto per una decisione, che anche qui ha lasciato tutti stupiti. Un'ultima attenzione che gli abitanti ricambieranno - sono attese fino a settemila persone - con una fiaccolata di benvenuto già in preparazione in questi giorni. Poi si ritirerà negli appartamenti per una vita isolata,"in preghiera e nascondimento" come l'ha definita Petrillo durante una visita del piano terra del Palazzo Apostolico e dei giardini delle Ville Pontificie, eccezionalmente aperti a giornalisti, fotografi e operatori televisivi.

Lontana dalla "solennità del Vaticano", l'abitazione ospiterà il Papa insieme a quattro Memores Domini e al segretario personale padre Georg Gaenswein, in un ambiente "a carattere familiare e per questo molto gradito", ha raccontato il direttore delle Ville Pontificie.

© Copyright Ansa


Paparatzifan
00giovedì 21 febbraio 2013 21:13
Da "Avvenire.it"...

21 febbraio 2013

Benedetto XVI, i sentimenti e la fede dei credenti

Pietro è sempre con noi

Mentre scorrono veloci questi giorni irripetibili per la vita della Chiesa, che stiamo vivendo quasi condotti per mano da Benedetto XVI, accompagnati dai suoi gesti e dalla sua parola, possiamo porci delle domande che ci aiutino a capire meglio il significato di un cammino così nuovo, azzardarne un primissimo bilancio.

Possiamo interrogarci sul quel groviglio di sentimenti, sensazioni, reazioni, che si è formato e poi esploso nell’animo di tanti di noi, romani vicinissimi al Papa, fedeli d’ogni parte del mondo, ma anche non praticanti e perfino agnostici e atei, quando abbiamo appreso della rinuncia di Benedetto XVI quel mattino dell’11 febbraio, che rimarrà come ricordo indelebile nella nostra mente.

E possiamo cercare di coglierne lo spessore, analizzarne le componenti, distinguere la paura e l’incredulità, la sorpresa e l’amarezza, ma anche l’immenso affetto che abbiamo provato subito, quasi istintivamente, per il Papa, e ancora la percezione che stava avvenendo qualcosa di inedito che interrogava la coscienza, chiedeva di riflettere, capire, magari (l’idea è affiorata presto) di pregare per capire. Molti di quei pensieri e sentimenti che ci hanno investito in modo travolgente sono ancora vivi, non sono evaporati in poche ore o giorni, ci accompagnano nei ragionamenti che elaboriamo, nelle convinzioni che maturiamo.

Essi hanno già fatto emergere un elemento che non era scontato. La figura del Pontefice in quanto tale, ma anche la figura di questo nostro Papa, Benedetto XVI, si è talmente incarnata nella coscienza, nell’interiorità di ciascuno di noi, che la consideriamo inamovibile, luogo di contatto fra il trascendente e l’umano, garanzia per l’ideale più grande di cui abbiamo bisogno per credere, sperare, guardare al futuro. Questo sottofondo della coscienza l’abbiamo potuto confrontare con amici e conoscenti, anche lontani (qualcuno addirittura ostile) dalla Chiesa: questi ultimi hanno manifestato stupore per l’evento dell’11 febbraio e hanno usato, forse per la prima volta, parole dolci per il Papa, si sono sentiti figli suoi, quasi sfiorati dal timore, dalla paura dell’abbandono.

Lo stupore che la rinuncia di Benedetto XVI ha provocato conferma il valore ontologico che la cattedra di Pietro ha per tutti gli uomini, cattolici, cristiani, di altre fedi e opinioni, un valore universale a volte trascurato che ci parla dell’eco del magistero del Papa nei confini della Chiesa e in ogni spazio esterno. Guardiamo un po’ più dentro lo choc multiforme che abbiamo provato, che sentiamo ancora vivo e forte, e che cominciamo a superare anche perché Benedetto XVI è presente, ci parla, ci conforta, ci dice di pregare per lui e per il futuro Papa. Questo suo insegnamento ha diradato le prime nubi che pensavamo si addensassero, interpretate da alcuni come timore e paura circa la forza, la stabilità, dell’istituzione pontificia, della cattedra di Pietro. Ma il Papa ci ha ripetuto che non ci abbandona, pregherà con la Chiesa e per la Chiesa e ha chiesto di fare altrettanto per lui e il futuro pontefice.

Queste parole stanno scendendo nel nostro animo, provocano un rasserenamento, assicurano che non ci sarà alcun vulnus, o stravolgimento, che il successore di Pietro è con noi, e con nome diverso lo sarà di nuovo tra breve. L’amarezza, invece, ha trovato compensazione in un altro sentimento che per la verità a livello popolare è stato avvertito fortissimo sin dalla prima ora: una profonda ammirazione per la forza, l’abnegazione, la sincerità di un Papa che dichiara al mondo di non sentirsi più adeguato a sostenere il peso di quel ministero petrino che richiede sempre più energie per sostenere le fatiche che il suo esercizio comporta.

Quante volte abbiamo sussurrato: chi gli ha dato la forza di compiere questo gesto, di dichiarare la sua inadeguatezza per l’età che avanza, di spiegarlo alla Chiesa e all’umanità? Dal quel momento, e da quel sentimento di ammirazione, abbiamo iniziato un cammino che ci ha portato a riconoscere che la scelta del Papa era dettata da una grandezza interiore, che solo la fede poteva spiegare, giustificare. Così, giorno dopo giorno (il processo non è compiuto), ora dopo ora, stiamo entrando in un orizzonte più ampio, in una dimensione che dà nuova serenità, quella della fede che si intreccia con la storia, e che rende chiare tante cose che resterebbero oscure se fossero lasciate alle sensazioni superficiali.

Siamo stati indotti, in questo modo, a un esame di coscienza personale e collettivo, forse uno dei più intensi dell’epoca moderna, che ci fa riflettere sulla presenza della Chiesa nella storia, sulla garanzia che essa dà di agire e operare perché la parola di Dio non si affievolisca, il messaggio del Vangelo continui a diffondersi, e ciascuno di noi veda in essa il luogo e la sede della speranza di cui non possiamo fare a meno. Stiamo così imparando ad amare più di prima la nostra Chiesa, consapevoli che a questo traguardo ci sta conducendo Benedetto XVI con la sua scelta e il suo magistero.

Carlo Cardia


Paparatzifan
00giovedì 21 febbraio 2013 21:21
Dal blog di Antonio Socci...

CARI CARDINALI, PERCHE’ NON CHIEDETE A BENEDETTO XVI UN RIPENSAMENTO, ANCHE METTENDO SUL PIATTO I VOSTRI INCARICHI?

21 FEBBRAIO 2013 / IN NEWS

C’è una domanda che mi urge da quando Benedetto XVI ha dato l’annuncio choc delle sue dimissioni.

Perché i cardinali, che sono i prìncipi della Chiesa e indossano vesti rosse per significare la disponibilità al martirio, quindi una dedizione totale alla Chiesa, i cardinali che conoscono la grandezza di papa Benedetto XVI e anche lo smarrimento del popolo cristiano per le sue dimissioni, perché – dicevo – non fanno almeno un tentativo per chiedergli di ripensarci?

E’ una domanda che mi pongo da semplice cristiano, che stima immensamente questo Pontefice e ama la Chiesa. Sono tanti i fedeli che hanno espresso questo desiderio e voglio dunque lanciare pubblicamente questo piccolo appello.

Prima che arrivi quel fatale 28 febbraio e prima che si metta in moto la macchina del Conclave, ratificando queste storiche dimissioni di un Vicario di Cristo.

I porporati potrebbero, tutti insieme, in perfetta unità e comunione, fare (almeno) un passo verso il Santo Padre perché riconsideri la sua decisione e – imitandone il distacco dalle cose terrene – potrebbero accompagnare questa accorata richiesta mettendo a sua disposizione i loro mandati e incarichi, in modo da permettergli le eventuali scelte che gli sarebbero di aiuto nella ripresa del suo ministero.

Questa “disponibilità totale” infatti sarebbe un grande gesto, una risposta consona da parte del collegio cardinalizio a quanto scritto da Benedetto XVI nella sua dichiarazione di dimissioni, che sono state motivate così: “nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di san Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell’animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato”.

Ciò che ha colpito tutti non è solo il riferimento al venir meno del “vigore del corpo” (che è del tutto comprensibile, ma che è una condizione di tutti i pontefici).

Ha sorpreso soprattutto il riferimento al diminuito “vigore dell’animo”. Qualcosa che ha a che fare con un senso di sconforto e di solitudine e che potremmo considerare anche come una preghiera di aiuto, di vicinanza, di collaborazione.

Il popolo cristiano ha giustamente “interpretato” queste parole come un appello alla preghiera e alla conversione.

Io stesso ho ricevuto tanti messaggi e lettere dove dei semplici fedeli mi dicono che si sentono chiamati dal gesto del papa a impegnarsi in un vero cammino di santità.

Analogamente una eventuale iniziativa dei cardinali, corredata di “rinuncia” e di piena disponibilità, potrebbe essere una grande risposta cristiana al “grido” del Santo Padre, che – facendo tesoro del loro passo indietro – potrebbe disporre un ringiovanimento generale, capace di portare nuove energie (fisiche e spirituali) al pontificato.

A un gesto straordinario come quello del Papa si addice almeno una risposta che sia allo stesso livello, che mostri lo stesso amore per la barca di Pietro, la stessa abnegazione.

Probabilmente un simile appello corale del collegio cardinalizio, a nome del popolo di Dio, non otterrebbe comunque dal papa l’auspicato ripensamento, ma di certo sarebbe un grande segno di affetto e stima al Pontefice (per lui stesso molto confortante).

E sarebbe pure una bellissima testimonianza, data al mondo, di distacco dalle cose terrene, di slancio evangelico e di amore esclusivo a Gesù Cristo.

In un momento in cui, sui media, si rappresenta la Curia e l’insieme del collegio cardinalizio come un qualsiasi consesso mondano, diviso da lotte di potere, ambizioni, fazioni e interessi, questa iniziativa mostrerebbe cosa è veramente la Chiesa e cosa è Pietro per la Chiesa di Dio.

Non ho nessun titolo per dare consigli ai porporati. E anche nessuna voglia di farlo. Questo è semplicemente un desiderio, espresso da chi vive la fede sul fronte della prova e sulla trincea del mondo.

E’ comprensibile che nessuno ci abbia pensato finora, vista l’assoluta novità di questa situazione. In effetti, sebbene le dimissioni siano una facoltà prevista dal Codice di diritto canonico, bisogna riconoscere che si tratta di un caso unico nella storia della Chiesa. Che ha sorpreso tutti.

Nessun Papa aveva finora rinunciato per motivi di età (gli stessi Pio XII, Paolo VI e Giovanni Paolo II avevano considerato la possibilità, ma per seri motivi di salute e infine scelsero di restare).

Gli altri due casi storici evocati – Celestino V e Gregorio XII sono del tutto diversi da quello di Benedetto XVI e, in un certo senso, non costituiscono dei precedenti.

Certo la rinuncia di per sé non deve scandalizzare ed è – lo ripeto – perfettamente conforme alle norme del Codice di diritto canonico. Ma è possibile ragionare sulle motivazioni?

Si può tentare ancora qualcosa per aiutare il Papa e per indurlo a tornare sui suoi passi?

La Cristianità, in questo momento storico veramente drammatico per la fede, può privarsi (definitivamente e totalmente) di una voce così alta, di una presenza così illuminante e di un magistero straordinario come quello di Benedetto XVI?

Che questa grande figura di padre e maestro scompaia totalmente (e di colpo) per il mondo, come ha preannunciato, dà profonda tristezza.

Senza nulla togliere al prossimo pontefice che certo svolgerà al meglio il ministero petrino, possiamo dire che dalle ore 20 del 28 febbraio si sentirà un vuoto immenso?



Antonio Socci

Da “Libero”, 21 febbraio 2013



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Paparatzifan
00giovedì 21 febbraio 2013 21:28
Dal blog di Lella...

PAPA: IN 4 ANNI UN CRESCENDO DI ALLARMI SUL MALE NELLA CHIESA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 21 feb.

"Se vi mordete e vi divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni con gli altri… Camminate secondo lo Spirito".
Esattamente 4 anni fa, il 20 febbraio del 2009, il Papa ha scelto di commentare a braccio questo richiamo di San Paolo ai Galati, una delle prime comunita' cristiane, che, spiega ai seminaristi del Laterano che lo ascoltano, "non era piu' sulla strada della comunione con Cristo, ma della legge esteriore della 'carne'.
"Vediamo bene - scandisce tra la meraviglia dei presenti nella Cappella della Madonna della Fiducia - che anche oggi ci sono cose simili".
"Invece di inserirsi nella comunione con Cristo, nel Corpo di Cristo che e' la Chiesa, ognuno - denuncia il Papa teologo - vuol essere superiore all'altro e con arroganza intellettuale vuol far credere che lui sarebbe migliore. E cosi' nascono le polemiche che sono distruttive, nasce una caricatura della Chiesa, che dovrebbe essere un'anima sola ed un cuore solo". Ed ecco lanciato il primo monito, che non e' stato raccolto.
Meno di un mese dopo, il Pontefice oggi dimissionario prende carta e penna e torna sullo stesso concetto: "purtroppo ancora oggi nella Chiesa c'e' il mordersi e il divorarsi a vicenda, come espressione di una liberta' male intesa", scrive nella Lettera a tutti i vescovi del mondo, in risposta alle polemiche sul perdono concesso ai vescovi lefebvriani (tra i quali il negazionista Williamson, della cui sottovalutazione dell'Olocausto pero' Papa Benedetto none era a conoscenza a causa dell'incapacita' della Curia di gestire situazioni cosi' delicate).
Nelle Lettera del 12 marzo 2009, Benedetto XVI parla con amarezza delle polemiche planetarie: "A volte si ha l' impressione che la nostra societa' abbia bisogno di un gruppo, almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio". E ancora: "Se qualcuno osa avvicinarglisi, in questo caso il Papa, perde anche lui il diritto alla tolleranza e puo' pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo".
Parole queste ultime che lasciano comprendere come si senta avvilito per gli attacchi subiti. E siamo solo alla vigilia del 2010, l'annus horribilis nel quale sono venuti fuori gli scandali sugli abusi negli Stati Uniti, in Germania e Irlanda.
Ai cattolici di questo paese, in una lettera datata 19 marzo, giorno del suo onomastico, Joseph Ratzinger confida di aver versato le sue lacrime venendo a conoscenza delle sofferenze di tanti innocenti, ma questo non gli ha risparmiato lo strazio di false accuse con le quali soprattutto nel 2010 si e' tentato di coinvolgere prima il fratello ("colpevole" di aver dato forse un ceffone a qualche piccolo corista della Cattedrale di Ratisbona) e poi addirittura il Papa stesso nello scandalo, facendolo passare ingiustamente come un insabbiatore, mentre in realta' altri cardinali di Curia gli avevano impedito di procedere contro il fondatore dei Legionari Marcial Maciel e l'arcivescovo di Vienna, cardinale Groer, spingendo l'allora prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede a chiedere di lasciare il suo incarico. Giovanni Paolo II volle che restasse al suo posto e consenti' che le inchieste fossero alla fine avviate.
L'11 maggio successivo sull'aereo che lo porta a Lisbona, Benedetto XVI pronuncia parole inequivocabili: "non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall'interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa. Anche questo si e' sempre saputo, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la piu' grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa e che la Chiesa quindi ha profondo bisogno di ri-imparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, ma anche la necessita' della giustizia. Il perdono non sostituisce la giustizia".
C'e' poi l'autentica "via Crucis" degli incontri con le vittime della pedofilia (in Vaticano, negli Stati Uniti, in Australia, a Malta, in Gran Bretagna e in Germania), con l'incoraggiamento costante alle vittime (al maltese Lawrence Grech, il 18 aprile 2010 ha detto: "sono molto orgoglioso di te, preghero' per te per avere il coraggio di raccontare la tua storia. Spero che questa esperienza cambi la mia vita e che mi dia la forza di andare da mia figlia e dirle: io credo". E nella cappella della Nunziatura a Washington, dove il Papa ha ricevuto un piccolo gruppo di persone vittime di abusi sessuali da parte di esponenti del clero l'arcivescovo di Boston, cardinale Sean O'Malley che li accompagnavano ha consegnato al Papa un libretto con mille nomi di vittime che hanno denunciato i loro carnefici in talare per i crimini compiuti nella sola diocesi di Boston. Pochi mesi dopo a Sydney, incontrando le vittime dell'Australia il Papa ha pronunciato parole molto forti confessando "la vergogna che tutti abbiamo sentito a seguito degli abusi sessuali sui minori da parte di alcuni sacerdoti o religiosi in questa Nazione".
Ecco, il Papa forse si e' sentito schiacciato da quella "sporcizia" che aveva denunciato nella famosa meditazione del Venerdi' Santo del 2005, e che non e' riuscito a rimuovere del tutto, e che si annida anche nella Curia Romana, come dimostra il "Caso Vatileaks" e certifica la relazione dei tre "saggi" che hanno indagato, il cardinali ultraottantenni Julian Herranza, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi. Quelle pagine ha forse in mente quando l'11 ottobre scorso Benedetto XVI, che si era affacciato per ricordare lo straordinario discorso di Giovanni XXIII "alla Luna", quello della carezza inviata ai bambini, gela l'entusiasmo dei 40 mila ragazzi dell'Azione Cattolica che stavano ancora scandendo il suo nome (guidati dal giornalista Rosario Carello che aveva animato l'incontro).
"Cinquant'anni fa in questo giorno - sono le sue parole - anche io sono stato qui in Piazza, con lo sguardo verso questa finestra, dove si e' affacciato il buon Papa, il Beato Papa Giovanni e ha parlato a noi con parole indimenticabili, parole piene di poesia, di bonta', parole del cuore. Eravamo felici e pieni di entusiasmo. Anche oggi siamo felici, portiamo gioia nel nostro cuore, ma direi una gioia forse piu' sobria, una gioia umile". "In questi cinquant'anni - confessa - abbiamo imparato ed esperito che il peccato originale esiste e si traduce, sempre di nuovo, in peccati personali, che possono anche divenire strutture del peccato. Abbiamo visto che nel campo del Signore c'e' sempre anche la zizzania.
Abbiamo visto che nella rete di Pietro si trovano anche pesci cattivi. Abbiamo visto che la fragilita' umana e' presente anche nella Chiesa, che la nave della Chiesa sta navigando anche con vento contrario, con tempeste che minacciano la nave e qualche volta abbiamo pensato: 'il Signore dorme e ci ha dimenticato'". Esattamente quattro mesi dopo, l'11 febbraio, Benedetto XVI annuncia a sorpresa la propria volonta' di lasciare il Ministero Petrino.
Nessuno si aspettava questo gesto, anche se le dimissioni del Papa erano considerate una teorica possibilita' dopo l'intervista del 2010 a Peter Seewald, nella quale - si era nel pieno della bufera dello scandalo degli abusi - aveva dichiarato: "Quando il pericolo e' grande non si puo' scappare. Ecco perche' non e' il momento di dimettersi. Ci si puo' dimettere in un momento di serenita' o semplicemente quando non ce la si fa piu'. Ma non ci si puo' tirare indietro e dire: ci pensi un altro".
Al giornalista che lo incalzava per sapere se era immaginabile allora una situazione in cui sarebbe stato opportuno dimettersi, la risposta era stata: "quando giunge alla chiara consapevolezza di non essere in grado di continuare, in questo caso il Papa ha il diritto e in alcune circostanze anche il dovere di dimettersi".

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Paparatzifan
00giovedì 21 febbraio 2013 21:35
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Il sindaco di Castel Gandolfo: pronti per accogliere Benedetto XVI

Castel Gandolfo si appresta ad accogliere Benedetto XVI il prossimo 28 febbraio, ultimo giorno del suo Pontificato. Gian Giacomo Martinetti ha intervistato il sindaco della cittadina laziale, Milvia Monachesi:

R. – Castel Gandolfo è conosciuta in tutto il mondo per la presenza del Santo Padre. Questo ci dà un grande onore, ma anche un grande onere: dobbiamo essere all’altezza dell’accoglienza sia nei confronti del Papa, sia anche dei tanti pellegrini che vengono.

D. – Il 28 febbraio sarà, quindi, un giorno eccezionale sia a livello mondiale che per tutta Castel Gandolfo…

R. – Castel Gandolfo è una cittadina molto credente e tutti si stanno preparando per accogliere il Papa: ci sono incontri in diocesi, in parrocchia, ma anche in Comune. Ieri io mi sono vista con il parroco, con il comandante delle guardie municipali per organizzare i pullman, per organizzare il suo arrivo, per fare in modo che sia accolto nel migliore dei modi.

D. – E’ possibile immaginare il gran fermento che accompagna la vita di Castel Gandolfo in questi giorni. Come vi state organizzando a livello istituzionale per il 28 febbraio?

R. – C’è una grande collaborazione, in particolare per quanto riguarda la Messa nella chiesa parrocchiale. Noi ci rapportiamo, insieme anche alla Polizia di Stato, per organizzare tutta la sicurezza: i negozi sulla piazza – ad esempio – devono tenere dentro tutte le cose, devono togliere tutto. C’è una grande organizzazione, anche riguardo al servizio sanitario… Sono giorni impegnativi.

D. – Come hanno risposto emotivamente i suoi concittadini alla notizia della rinuncia di Papa Benedetto XVI?

R. – Le reazioni di noi castellani sono state diverse. Noi ci ponevamo più dalla parte umana del Papa: eravamo più preoccupati per lui. C’è un affetto filiale e noi siamo felicissimi del fatto che il Papa voglia venire qui il 28 febbraio. Lo consideriamo davvero un grande onore e lo consideriamo un suo tornare a casa: la nostra è più una presenza e una vicinanza di affetto filiale.

D. – Lei cosa ricorda del suo primo incontro con Benedetto XVI?

R. – Ero emozionatissima per la figura alta che rappresenta: mi sono sentita davvero accolta. Avevo una tensione molto, molto alta, poi quando lo ho incontrato, si è sciolta. C’era un po’ l’immaginario di una persona severa… Anche la sua grandissima formazione teologica: una persona così preparata intellettualmente, ci si aspetta sia un po’ fredda, un po’ più sulle sue, un po’ severo forse. Invece ha dimostrato tutto il contrario: ha dimostrato un’umanità, una semplicità, una capacità di entrare in relazione con le persone. Questo mi ha colpito tantissimo!

D. – Che cosa può, invece, raccontare del vostro ultimo colloquio?

R. – Quello che mi ha colpito l’ultima volta è stato lo sguardo, uno sguardo penetrante: non era il saluto scontato di chi dà la mano e basta… Ti guarda dentro. Mi ha detto: “Pregate per me”. Io ho risposto: “Tutto Castel Gandolfo le è vicino, tutto Castel Gandolfo l’accoglie, tutto Castel Gandolfo la saluta”. E lui mi ha detto nuovamente: “Pregate per me”. Questa cosa mi è rimasta dentro.

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Paparatzifan
00giovedì 21 febbraio 2013 21:39
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CONCLAVE, PAPA NON CAMBIA REGOLE ALL'ULTIMO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 21 feb.

"'Motu Proprio' o meno la data di inizio del Conclave la stabiliscono i cardinali riuniti in Congregazione Generale durante la Sede Vacante. Non esiste una possibilita' di dire in anticipo la data prima di una decisione dei cardinali.
Nessuno, nemmeno autorevole, puo' dire adesso quando inizia il Conclave". Lo ha affermato il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, in un briefing tenuto oggi. "Possiamo essere tranquilli che un eventuale 'Motu Proprio' toccherebbe solo punti di precisazione, non sostanziali", ha poi aggiunto invitando i giornalisti ad aspettare "di avere il documento, se sara' pubblicato per verificare che non riguardera' questioni decisive.
"Non e' che negli ultimi giorni - ha esemplificato Lombardi - il Papa potra' fare altri cardinali, quelli che sono sono". In merito, il portavoce ha poi ricordato che come sempre, "il Papa opera con dei collaboratori: non e' che prepari i documenti tutto da solo. Tanto piu' che sono punti gia' presentati alla luce dell'esperienza del precedente Conclave, per piccoli aggiustamenti, non certo per un cambiamento". "Il Papa - ha poi rassicurato padre Lombardi - e' molto attento alle formulazioni. Non avrei preoccupazione che firmi qualcosa di cui non sia del tutto consapevole: della preparazione, della formula e del contenuto".
Nel briefing, inoltre, Lombardi ha escluso anche che negli ultimi giorni del Pontificato ci si possano attendere decisioni clamorose. Ad esempio sui Lefebvriani, che dovevano rispondere alle aperture della Santa Sede entro il 22 febbraio, festa della Cattedra di San Pietro. "E' bene che sappiate che in queste circostanze straordinarie le disposizioni - ha detto il direttore della Sala Stampa - vengono affidate dal Santo Padre al prossimo Papa". Ugualmente, Lombardi ha smentito che i tre cardinali che indagarono su Vatileaks possano essere ricevuti dal Papa come ultimo atto del Pontificato. "La Commissione composta dai cardinali Julian Herranza, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi ha consegnato le sue conclusioni nelle mani del Santo Padre da cui aveva avuto il mandato e quindi non ha senso correre dietro a fantasie e opinioni che vengono dette ora. Posso solo precisare che il Papa non ricevera' i tre cardinali in udienza privata il 28 febbraio, cosi' come non andra' a Santa Maria Maggiore il 27 per incontrare i fedeli slovacchi".

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PAPA: LOMBARDI, SABATO VEDE NAPOLITANO ALLE 11,30

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 21 feb.

"Sabato mattina alle 11,30, cioe' subito dopo la conclusione degli esercizi spirituali, il Santo Padre ricevera' il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e consorte in visita privata".
Lo ha confermato il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, nel briefing di oggi. Tra le notizie comunicate alcune riguardano l'agenda del Pontefice che, ha ricordato, "si affaccera' domenica alle 12 per l'Angelus su una piazza San Pietro che si prevede molto affollata, cosi' come lo sara' mercoledi' 27 per l'ultima Udienza Generale che seguira' lo schema tradizionale delle Udienze Generali, ma prima della quale Benedetto XVI fara' un piu' ampio giro della piazza con la Papamobile passando vicino alle persone che vogliono salutarlo. Tutti - ha aggiunto - vivremo questo evento con grandissima emozione e partecipazione".
Infine, l'ultimo atto. Giovedi' 28 alle 11 nella Sala Clementina il Papa dimissionario incontrera' e salutera' personalmente tutti gli eminentissimi signori cardinali che saranno presenti in Roma.
"Non c'e' convocazione ma certo molti vorranno arrivare e partecipare", ha spiegato Lombardi confermando che nel pomeriggio poi ci saranno le immagini Centro Televisivo Vaticano in diretta dalle 16,45 per documentare la partenza del Pontefice dal Vaticano, prevista alle 17.
"Prima - ha detto padre Lombardi - si commiatera' nel Cortile di San Damaso con il segretario di Stato Tarcisio Bertone, poi all'eliporto dal decano Angelo Sodano. A Castelgandolfo sara' accolto dal presidente e dal segretario del Governatorato, Giuseppe Bertello e Giuseppe Sciacca. Poi, vestito di bianco per l'ultima volta, "salutera' i fedeli alle 18 e si aspetta una bella presenza di popolo nella piazza antistante la Villa Pontificia".
E sara' tutto. Di Joseph Ratzinger infatti dopo questo saluto, quando si chiudera' la portafinestra di quel balcone, non si avranno piu' immagini pubbliche, ne' si ascoltera' piu' la voce del grande Papa teologo.

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Paparatzifan
00venerdì 22 febbraio 2013 11:19
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L'eredità di Ratzinger
Lontani dal potere


Andrea Tornielli

Benedetto XVI ha annunciato la sua rinuncia al pontificato perché sente venir meno il vigore fisico e dell'animo. Il suo intervistatore Peter Seewald ha confidato a «Focus» di aver trovato, dieci mesi fa, il Papa molto dimagrito, con un occhio da cui ormai non ci vede e con l'udito compromesso. Tutto lascia pensare dunque che la ragione della sua clamorosa scelta, destinata a pesare significativamente come precedente anche sui pontificati futuri, siano le sue condizioni fisiche.
Nei suoi briefing con i giornalisti, il portavoce vaticano ha smentito in più occasioni che all'origine dell'annuncio papale vi siano i problemi di governo della Curia romana o i veleni di vatileaks.
È però altrettanto vero che, da quanto ha annunciato la decisione di lasciare il pontificato, in più discorsi il Papa ha parlato delle lotte di potere e delle divisioni nella Chiesa.
Un tema per lui assolutamente non nuovo, dato che le critiche al potere e al carrierismo sono state sempre presenti. Eppure le sue parole sono suonate come un richiamo significativo per comprendere il momento particolare che la Chiesa sta vivendo.
Nell'omelia del Mercoledì delle Ceneri, il Papa ha parlato del fatto che il volto della Chiesa viene «a volte deturpato». «Penso in particolare - ha aggiunto - alle colpe contro l'unità della Chiesa, alle divisioni nel corpo ecclesiale». Nell'Angelus di domenica scorsa ha quindi invitato a «non strumentalizzare Dio per i propri fini, dando più importanza al successo».
Esattamente un anno fa, in occasione del penultimo concistoro per la creazione di nuovi cardinali, Benedetto XVI aveva detto loro: «Il servizio a Dio e ai fratelli, il dono di sé: questa è la logica che la fede autentica imprime e sviluppa nel nostro vissuto quotidiano e che non è invece lo stile mondano del potere e della gloria». E il giorno dopo aveva ricordato ai porporati che «la Chiesa non esiste per se stessa, non è il punto d'arrivo, ma deve rinviare oltre sé, verso l'alto, al di sopra di noi. La Chiesa è veramente se stessa nella misura in cui lascia trasparire l'Altro - con la “A” maiuscola - da cui proviene e a cui conduce».
Da sempre lontano anni luce dalle cordate, dal sottobosco del potere, dalle lotte intestine nella Curia, Ratzinger ha cercato, con pazienza, in questi otto anni, di richiamare alla conversione, all'umiltà, alla purificazione. È arrivato a dire che la persecuzione più grande e terrificante per la Chiesa non arriva dai nemici esterni, ma dal peccato dentro la Chiesa.
Gli ultimi anni del suo pontificato sono stati un susseguirsi di incidenti, scandali e tradimenti, fino all'epilogo del tradimento del suo aiutante di camera.
Appare evidente agli occhi di tutti che il Papa non sia stato aiutato a dovere e talvolta sia stato poco ascoltato proprio da chi doveva dare l'esempio. L'interesse talvolta spasmodico che appare per le questioni finanziarie, le nomine fatte in extremis dopo la pubblicazione della rinuncia, le parole in libertà dei cardinali stanno facendo venire a galla quella «persecuzione».
Il messaggio papale, la sua straordinaria predicazione, sono sempre stati chiarissimi e illuminanti proprio su questo punto: la Chiesa non è un azienda, non ha bisogno di manager, non vive per se stessa, non cerca - o non dovrebbe cercare - egemonie, non esiste per permettere il protagonismo o la carriera di qualcuno, non vive per trasmettere una luce propria, ma quella di Cristo. E in questi tempi dovrebbe essere sempre più capace di una testimonianza vera e limpida di distacco da tutto ciò che richiama il potere mondano.
Con la sua rinuncia per motivi di salute e per il venir meno del vigore dell'animo, in fondo, Benedetto XVI ha compiuto anche un estremo atto di governo. Come sempre accade con ogni nuovo pontificato, a cambiare non è soltanto il Papa, ma anche, gradualmente, la squadra dei suoi collaboratori nella Curia romana.

© Copyright La Provincia, 22 febbraio 2013


Paparatzifan
00venerdì 22 febbraio 2013 11:33
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PAPA: POTREBBE TOGLIERE SEGRETO SU RELAZIONE CARDINALI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 21 feb.

Prima di lasciare il Vaticano, Benedetto XVI potrebbe togliere il segreto pontificio alla loro relazione dei tre saggi sul "Caso Vatileaks", in modo che i cardinali ne prendano visione alle Congregazioni Generali che iniziano il 1 marzo, con la Sede Vacante. Lo anticipa il sito "Vaticaninsider".
I tra "commissari" (cioe' i porporati ultraottantenni Julian Herranz, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi) saranno ricevuti dal Papa prima di giovedi' 28, come ha lasciato capire questa mattina il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi.
La loro relazione, rivela il sito, "certifica quella sporcizia che Joseph Ratzinger aveva denunciato nella famosa meditazione del Venerdi' Santo del 2005, che non e' riuscito a rimuovere del tutto e che si annida anche nella Curia Romana, come dimostra il furto delle carte private nell'appartamento papale".
"E' una questione di cui abbiamo riferito al Papa esclusivamente", ha assicurato intanto il cardinale Herranz a Radio 24 soffermandosi sull'ipotesi che proprio la relazione dei saggi abbia innescato nel Pontefice la volonta' di dimettersi.
"Certo - ha ammesso il cardinale - si e' parlato anche di questa ipotesi dietro alle dimissioni del Papa, ma io credo che bisogna rispettare la coscienza delle persone. La coscienza delle persone e' il posto sacro di ogni uomo, sono decisioni che si prendono nel profondo della coscienza".

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00venerdì 22 febbraio 2013 11:55
Da "Asianews.it"...

22/02/2013 09:31

VATICANO-CINA

Card. Zen: Gli enormi passi del Papa verso la Cina, frenati dal Vaticano e dal Partito

di Card. Joseph Zen

Benedetto XVI ha compiuto gesti importanti verso la Cina e la sua Chiesa. Ma il governo di Pechino pretende ancora adesso il potere assoluto sui fedeli e sui vescovi. I dicasteri vaticani troppo preoccupati del compromesso, non hanno sostenuto a sufficienza la linea del papa, fatta di coraggio, di verità e di apertura. Il Partito rischia di crollare per la troppa corruzione. La Chiesa in Cina è salvata dai tanti fedeli che accettano anche la sofferenza, ma non abbandonano la fede. Il nuovo papa deve ripartire dalla Lettera di Benedetto XVI ai cattolici cinesi. Il card. Zen è in viaggio verso l'Italia. Il prossimo 27 febbraio sarà presente all'ultima udienza generale di Benedetto XVI.


Hong Kong (AsiaNews) - Benedetto XVI è un grande papa, un uomo innamorato della verità. Per lui Dio è verità e l'uomo non può vivere senza verità. Purtroppo, oggi la verità non è "di moda" e domina quello che proprio Benedetto XVI ha definito "la dittatura del relativismo". Ma egli ha sempre tenuto il timone diritto secondo la verità. Questo è il suo contributo alla cultura mondiale e anche verso la Cina. Va detto pure che per la Cina questo pontefice ha fatto cose che non ha fatto per nessun altro Paese: a nessun altra Chiesa particolare ha scritto una Lettera specifica; nessun Paese ha una Commissione apposita di circa 30 elementi, dei due dicasteri più importanti della Santa Sede. Noi dobbiamo essergli riconoscenti in modo profondo.

Ma purtroppo devo aggiungere che spesso lui è stato una voce nel deserto. L'ho detto e lo ripeto: il suo lavoro è stato sprecato da altri vicini a lui, che non hanno seguito la sua linea. Non sto qui a giudicare le coscienze: è probabile che questi suoi collaboratori abbiano pensato che forse lui non conosceva bene la situazione, che non sapeva prendere la giusta strategia. In ogni caso queste persone non hanno attuato quanto Benedetto XVI ha stabilito come linea per la Chiesa in Cina.

Dicendo "altri" intendo persone del Vaticano, ma anche esterni che, senza l'aiuto della Santa Sede, non avrebbero fatto così tanti danni.

È una cosa molto spiacevole, anche se mostra un altro aspetto della personalità di Benedetto XVI: egli è fermissimo nel trattare della verità, ma è molto rispettoso delle persone attorno a lui, estremamente - forse fin troppo - gentile; un uomo dolce, che non usa la forza.

Questa non è forse una sua debolezza; è l'altra faccia di un grande suo valore, la dolcezza, il rispetto, la misericordia: proprio il contrario di come lo hanno spesso dipinto (il "conservatore", il "panzer", "l'inquisitore", ecc..).

Anch'io qualche volta mi sono spazientito e mi è sembrato che lui fosse troppo corrivo. In questi ultimi anni ho continuato a sottolineare questo punto perché in Cina la gente è molto semplice e facilmente indentifica la Santa Sede col papa. Invece bisogna dire che molto di quello che è stato fatto in Cina, non è sempre attribuibile al Santo Padre.

Il Vaticano e il compromesso a oltranza

Che influenza hanno avuto la Lettera e la Commissione sulla Chiesa in Cina?

La Lettera ha un'importanza ancora attuale: è uno scritto e questo rimane e possiamo riferirci ad essa anche in seguito. Spero che il papa che verrà partirà di nuovo da questa Lettera. Essa è scritta da Benedetto XVI, anche se con la partecipazione di tante persone. Ed ha mostrato la sua chiarezza nella verità, come pure la sua misericordia e gentilezza. C'è un perfetto equilibrio fra la sua nettezza e la sua apertura. Questo equilibrio è stato turbato da una manipolazione nella traduzione cinese e da una interpretazione tendenziosa.

Per quanto riguarda la Commissione, penso che essa abbia sprecato l'occasione. Come è possibile che un incontro di 30 persone, in annuale raduno plenario di tre giorni, sia stato vanificato? Occorre un esame di coscienza che faccia comprendere come questo organismo non abbia funzionato... Significa che nella Santa Sede c'è qualcosa che non funziona.

Occorre trovare un modo serio per vedere come deve funzionare questa Commissione e sia efficace. Certo, essa è consultiva ed è il papa a decidere, ma che metta in atto davvero la decisione del papa! Talvolta ho avuto l'impressione che siano stati i capi di dipartimento a suggerire al papa politica e gesti, scavalcando il parere importante e, qualche volta, unanime della Commissione[1].

Per me fin dall'inizio si è seguita una strategia sbagliata, che è quella del compromesso con Pechino a tutti i costi.

Una volta , davanti al Santo Padre, ho detto a lui che si sta seguendo un compromesso ad oltranza. Lui mi ha corretto: "Bè, forse, non proprio ad oltranza, ma è una questione di misura". Si può dire allora che talvolta si è esagerato, cedendo alle pressioni, pensando che questo fosse l'unico modo di far sopravvivere la Chiesa in Cina [2]. In tal modo invece di incoraggiare alla fermezza, si incoraggia la sudditanza. Certo, i vescovi in Cina sono davanti a un muro e a pressioni poderose, ma noi che possiamo parlare con libertà, dobbiamo dire le cose giuste, incoraggiando alla testimonianza di fede.

Il papa stesso, davanti alle cose che succedono in Cina, ha sempre richiamato al "coraggio". Invece, attorno a lui, si parlava di "compassione", "comprensione", "pazienza", esagerando e cedendo oltre il giusto limite, contro il parere maggioritario della Commissione.

Occorre la compassione, ma anche il rispetto per la verità e per la dottrina della fede cattolica. Per quanto riguarda la verità, noi ci possiamo basare sulle informazioni che ci giungono da molti fedeli e sacerdoti cinesi, la pars potior, la parte migliore della Chiesa in Cina, che non appartengono né alla parte radicale o alla parte lassa. Il popolo fedele, che ha ancora senso della Chiesa - non solo i clandestini, ma anche quelli nella Chiesa ufficiale - sta soffrendo profondamente per questo atteggiamento di compromesso. Varrebbe la pena tradurre da internet tutti questi lamenti del popolo cristiano in Cina, un popolo che geme per le ambiguità che dominano fra vescovi e opportunisti.

Siamo davanti a un nemico che non solo nuoce alla Chiesa, ma anche alla Cina, nostra patria. Sono rappresentanti del governo e personalità della Chiesa che stanno facendo i loro interessi in modo indecente, schiavizzando i vescovi della Chiesa ufficiale con pressioni enormi; menandoli per il naso; obbligandoli a ordinazioni illegittime; facendo alleanze con gli elementi peggiori,. Ho un sospetto molto fondato: se un giorno i dirigenti supremi della Cina si metteranno a guardare l'operato di questi loro rappresentanti, scopriranno orrori e nefandezze difficili.

Testimoni più forti degli opportunisti

Quali speranze per la Chiesa in Cina? Pochi giorni fa, il portavoce del ministero degli esteri Hong Lei, ha dato i "consigli" per il futuro papa, dicendo che il Vaticano "non deve intromettersi negli affari interni della Chiesa" e che deve rompere i rapporti con Taiwan. Per me la Santa Sede deve ignorare questi luoghi comuni, queste frasi che la Cina sa ripetendo da decenni. Nascondersi dietro queste frasi fatte è una vergogna perché sono i leader cinesi che hanno distrutto il dialogo e la fiducia. Non solo in passato, ma anche di recente. Hanno voluto sempre aver ragione e quando la Santa Sede non ha potuto compromettersi di più, essi sono passati alle prepotenze. È tempo per i leader cinesi di mostrare un minimo di sincerità. Purtroppo ancora adesso vi sono persone fra noi che si nutrono di illusioni, dicendo che forse, con la nuova leadership - che prenderà il potere a marzo - vi saranno nuove possibilità.

È ovvio, occorre conservare un po' di ottimismo. Quando, come ora, stanno per subentrare nuovi dirigenti, bisogna dare una possibilità, ma occorre essere realisti: occorre denunciare a questi dirigenti una situazione davvero orribile.

Per me, vedendo il nuovo capo, Xi Jinping, comincio a perdere un po' di speranza. Quando ha fatto il viaggio nel sud, nel Guangdong [3], egli ha detto che occorre guardarsi da quanto è successo in Russia: se si cede un po' troppo, si rischia di perdere il potere conquistato. Ciò significa che egli pensa ancora a una dittatura del Partito. Invece a Pechino egli sgrida i suoi quadri, avvertendoli che se non sono onesti e se non cambiano e rigettano la corruzione, potrebbero perdere il potere [4]. Allora significa che egli ha in mente la perpetuazione del potere del Partito. Per me questo è impossibile: ormai il Partito è così corrotto che senza una partecipazione del popolo, non si purificherà mai. Senza un minimo di democrazia, è impossibile che il Partito guarisca da sé.

Allo stesso modo nella Chiesa ufficiale, soprattutto fra i suoi vertici. Ma ho molta fiducia nel popolo e nei sacerdoti che pur essendo disorientati - sotto vescovi indegni di questo nome - accettano di soffrire, di andare in prigione per la fede e continuano ad evangelizzare. Per me queste persone sono quelle che salvano la fede in Cina.

Vi sono sacerdoti che vengono arrestati, interrogati, picchiati, torturati, messi in prigione per giorni, eppure non cedono nella loro fede e nell'amore al Santo Padre; molti sacerdoti non accettano le ordinazioni illecite; vi è il caso di mons. Ma Daqin, il vescovo ausiliare di Shanghai, che ha deciso di uscire dall'Associazione patriottica e per questo è costretto agli arresti domiciliari [5].

Purtroppo, anche per questo caso, la Santa Sede è stata troppo tiepida, non ha appoggiato in modo poderoso questa sua scelta, usando troppa prudenza e misura. E si è persa un'occasione di aiutare anche altri vescovi in Cina: mentre mons. Ma è privato della libertà, loro - soprattutto i leader della cosiddetta Conferenza episcopale dei vescovi cinesi - vengono portati in giro in macchine blu, a spese del Partito, a mangiare e bere nei banchetti, in cambio dell'obbedienza al Partito nel fare gesti contro il papa.

Il Comitato dei vescovi che ha condannato Ma Daqin era presieduto dal direttore dell'Amministrazione sociale degli affari religiosi, Wang Zuoan. Costui non è nemmeno capace di mostrarsi responsabile delle scelte sulla Chiesa e si nasconde dietro i vescovi, usati come burattini. In realtà, e questa è la tristezza, attraverso di lui, un Partito ateo gestisce la vita della Chiesa e di tutte le religioni.


Paparatzifan
00venerdì 22 febbraio 2013 12:09
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INIZIATI I CONFRONTI PER L’ELEZIONE DEL FUTURO PONTEFICE

Il Papa pronto a togliere il segreto sul caso Vatileaks

I documenti potrebbero aiutare il conclave a scegliere il successore di Benedetto XVI

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

Sul conclave incombe come una mannaia l’incognita della relazione cardinalizia sugli scandali sessuali e finanziari in Curia. Prima di lasciare il Vaticano, Benedetto XVI potrebbe togliere il segreto pontificio alla relazione dei tre saggi sul «Caso Vatileaks» in modo che i cardinali elettori ne prendano visione alle Congregazioni Generali che inizieranno il 1° marzo, con la Sede Vacante. I tre «commissari» (cioè i porporati ultraottantenni Julian Herranz, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi) saranno ricevuti dal Papa prima di giovedì 28, come ha lasciato intendere ieri mattina il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi. La loro relazione certifica quella «sporcizia» che Joseph Ratzinger aveva denunciato nella famosa meditazione del Venerdì Santo del 2005, che non è riuscito a rimuovere del tutto e che si annida anche nella Curia Romana, come dimostra il furto delle carte private nell’appartamento papale. «È una questione di cui abbiamo riferito al Papa esclusivamente», ha assicurato il cardinale Herranz a Radio 24 soffermandosi sull’ipotesi che proprio la relazione dei saggi abbia innescato nel Pontefice la volontà di dimettersi. «Certo ha ammesso il cardinale - si è parlato anche di questa ipotesi dietro alle dimissioni del Papa, ma io credo che occorra rispettare la coscienza delle persone. La coscienza delle persone è il posto sacro di ogni uomo, sono decisioni che si prendono nel profondo della coscienza».È all’inizio della prossima settimana che Benedetto XVI potrebbe incontrare i tre cardinali. Il Papa li ringrazierà del lavoro svolto per il bene della Chiesa e intende togliere il segreto pontificio alla loro relazione in modo che i conclavisti ne prendano visione. Nonostante i sospetti, la Santa Sede per ora nega che ci sia Vatileaks all’origine della rinuncia papale. «La determinazione del Pontefice non è stata in alcun modo influenzata dalla vicenda Vatileaks - chiarisce l’Osservatore Romano - L’episodio infatti non ha sconvolto il Papa né gli ha fatto sentire il carico del suo ministero, anche se per Benedetto XVI si tratta di un atto incomprensibile. Nella risoluzione del caso per il Pontefice è comunque importante che in Vaticano vi sia stata l’indipendenza della giustizia e che non si sia verificato l’intervento di un monarca».
Ieri Padre Lombardi ha evidenziato che la commissione cardinalizia su Vatileaks «ha fatto il suo lavoro, ha fatto il suo rapporto, lo ha consegnato nelle mani del Santo Padre». E ha aggiunto: «Non stiamo a correre dietro a tutte le illazioni, fantasie, opinioni che vengono espresse su questo, non aspettatevi commenti, conferme, smentite su punti particolari».Nel frattempo fervono i preparativi per il conclave e si cominciano a delineare le alleanze tra i cardinali chiamati all’elezione del successore di Benedetto XVI. «La data di inizio del conclave la stabiliranno i cardinali riuniti in congregazione generale - chiarisce il portavoce vaticano padre Federico Lombardi -. Fino al 1° marzo è impossibile indicare la data. Un eventuale “Motu Proprio” toccherebbe solo punti di precisazione, non sostanziali». Di certezze ce ne sono poche. Forse solo una: che non esiste, al contrario di quanto accadde nel 2005, un candidato che spicca. Non c’è, insomma, un Ratzinger. Candidature solide si stanno delineando. La situazione inedita creata dal Papa con l’annuncio choc della rinuncia al Soglio petrino rende friabile ogni prospettiva e non esclude sorprese, colpi di scena, alleanze impreviste. Un ruolo centrale verrà svolto dagli statunitensi. Sono tra i primi ad aver affrontato lo scandalo della pedofilia, sono all’avanguardia in questioni chiave della Chiesa cattolica nella società secolarizzata, e, più prosaicamente, rappresentano il maggior contributore delle casse della Santa Sede. Difficile che la Chiesa sia pronta per un Pontefice africano o asiatico, continenti numericamente esigui in conclave.

© Copyright La Stampa, 22 febbraio 2013


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