Notizie dal B16F

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+PetaloNero+
00giovedì 26 febbraio 2009 01:13
Benedetto XVI propone una Quaresima di conversione


Presiedendo il rito delle Ceneri




CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 25 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Presiedendo la Stazione quaresimale nella Basilica di Santa Sabina all'Aventino, in occasione del Mercoledì delle Ceneri, Benedetto XVI ha lanciato un sentito appello alla conversione.

Per raggiungere questo obiettivo, il Papa ha proposto di vivere i quaranta giorni che preparano ala passione, morte e risurrezione di Cristo nel permanente ascolto della Parola di Dio.

Il rito è iniziato alle 16.30 nella chiesa di Sant’Anselmo all’Aventino, a Roma, con un momento di preghiera, seguito dalla processione penitenziale verso la Basilica di Santa Sabina.

Alla processione hanno presso parte Cardinali, Arcivescovi, Vescovi, i monaci benedettini di Sant’Anselmo, i padri domenicani di Santa Sabina e i fedeli.

Al termine della processione, nella Basilica di Santa Sabina, il Pontefice ha presieduto la celebrazione eucaristica, nella quale ha ricevuto l'imposizione delle Ceneri.

Durante l'omelia, ha esortato i presenti a “ricevere le ceneri sul capo in segno di conversione e di penitenza”, aprendo “il cuore all’azione vivificante della Parola di Dio”.

“La Quaresima, contrassegnata da un più frequente ascolto di questa Parola, da più intensa preghiera, da uno stile di vita austero e penitenziale, sia stimolo alla conversione e all’amore sincero verso i fratelli, specialmente quelli più poveri e bisognosi”, ha auspicato.

Ma “come essere vittoriosi nella lotta tra la carne e lo spirito, tra il bene e il male, lotta che segna la nostra esistenza?”, si è chiesto il Santo Padre.

Facendo esercizio di ascolto della Parola di Dio, ha citato proprio il brano evangelico della liturgia del Mercoledì delle Ceneri, che indica tre utili mezzi: “la preghiera, l’elemosina e il digiuno”.

L’uso di celebrare in Quaresima la Messa “stazionale” risale ai secoli VII-VIII, quando il Papa celebrava l’Eucaristia assistito da tutti i preti delle Chiese di Roma, in una delle 43 Basiliche stazionali della Città.

Dopo una preghiera iniziale si snodava la Processione da una Chiesa ad un’altra al canto delle Litanie dei Santi, che si concludeva con la celebrazione dell’Eucaristia.

Alla fine della Messa i preti prendevano il pane eucaristico (fermentum) e lo portavano ai fedeli che non avevano potuto partecipare, ad indicare la comunione e l’unità fra tutti i membri della Chiesa.

L’imposizione delle ceneri era un rito riservato dapprima ai penitenti pubblici, che avevano chiesto di venir riconciliati durante la Quaresima. Tuttavia, per umiltà e riconoscendosi sempre bisognosi di riconciliazione, il Papa, il clero e poi tutti i fedeli vollero successivamente associarsi a quel rito ricevendo anch’essi le ceneri.

La Stazione Quaresimale indica la dimensione pellegrinante del popolo di Dio che, in preparazione alla Settimana Santa, intensifica il deserto quaresimale e sperimenta la lontananza dalla “Gerusalemme” verso la quale si dirigerà la Domenica delle Palme, perché il Signore possa completare – nella Pasqua – la sua missione terrena e realizzare il disegno del Padre.

+PetaloNero+
00giovedì 26 febbraio 2009 16:38
Emigrazione e speranza, “un binomio inscindibile”


Intervento del segretario del dicastero per i Migranti e gli Itineranti






CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 26 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Ogni storia di migrazione è legata alla speranza: a quella di trovare altrove migliori condizioni di vita per sé e per la propria famiglia, ma anche quella di poter un giorno tornare nella propria patria.

Lo ha affermato l'Arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, intervenendo questo giovedì sul tema “Emigrazione e speranza” all’Incontro di studio promosso dall’Associazione internazionale “Carità e Politica”, presso Caritas Internationalis, in Vaticano.

Durante l'incontro, organizzato a conclusione di un ciclo di conferenze sull’Enciclica di Benedetto XVI Spe salvi, il presule ha infatti osservato che emigrazione e speranza formano “un binomio inscindibile”.

Se “non può esserci emigrazione senza la speranza e il desiderio di una vita migliore, di lasciarsi dietro la 'disperazione' di un lavoro che non c’è e di un futuro impossibile da costruire”, al tempo stesso “i viaggi sono animati dalla speranza del ritorno, dal momento che le fatiche e la difficile vita del migrante sembrano più facili da sopportare se, un giorno, si potrà tornare a casa”, ha osservato.

L'Arcivescovo ricorda che l'Enciclica papale prende l’avvio dalle parole che San Paolo indirizza alla comunità cristiana di Roma, “Spe salvi facti sumus” (Rm 8,24) – “nella speranza siamo stati salvati” –, “per spiegare che in tale espressione è racchiuso il senso della fede in Cristo e, quindi, anche della redenzione, proprio perché essa – la salvezza – è offerta nella speranza”.

La speranza cristiana, osserva, “riguarda certo in modo personale ciascuno di noi, la salvezza eterna del nostro io e la sua vita in questo mondo”, ma è anche “speranza comunitaria, speranza per la Chiesa e per l’intera famiglia umana, è cioè sempre essenzialmente anche speranza per gli altri; solo così essa è veramente speranza anche per me”.

La sollecitudine pastorale della Chiesa verso i migranti, ha sottolineato il presule, ha proprio questo compito e questa forza, cioè generare speranza.

Chi parte, del resto, “è generalmente disposto a tutto e, talora, tutto deve subire pur di non essere costretto a tornare fallito da un’avventura mal riuscita”, ha constatato.

“E' la speranza umana che illumina le vie dell’emigrazione e che rende possibile sopportare anni di fatica, lavori umilianti e condizioni di vita proibitive. Alcuni falliscono, ma altri riescono e ricostituiscono possibilità di vita per sé e per i propri figli, senza dimenticare che lo sviluppo e il benessere di molti Paesi, nel mondo, sono stati costruiti proprio da migranti capaci di avere speranze, di nutrirsi di sogni e di credere alle promesse”.

“Così, essi hanno dato un notevole contributo sia ai Paesi d’origine che a quelli d’accoglienza: si compiono in tal modo anche le speranze delle Nazioni e non solo quelle individuali e familiari”.

L’annuncio della speranza, nei contesti migratori, ha proseguito il presule, “sospinge verso inediti orizzonti”.

“Le nostre comunità cristiane devono diventare grandi nell’amore che dà speranza e che va oltre le pur legittime speranze terrene, poiché queste ultime sono tali che, una volta raggiunte, vengono già superate e non riescono a permeare di quella gioia che può venire solo dall’Alto, dall’Eterno”.

L'Arcivescovo ha quindi rivolto un pensiero alla Vergine Maria, “icona vivente della donna migrante”: “Ella dà alla luce suo Figlio lontano da casa ed è costretta a fuggire in Egitto. La devozione popolare considera quindi giustamente Maria come Madonna del cammino”.
+PetaloNero+
00giovedì 26 febbraio 2009 16:39
Card. Kasper: il cammino ecumenico con gli ortodossi greci sarà lungo


Visita il nuovo Patriarca di Grecia, Hieronymos II




CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 26 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Il Cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, si è detto soddisfatto della sua visita ad Atene, all'inizio di questa settimana, per conoscere il nuovo Patriarca greco-ortodosso, Hieronymos II, pur avendo riconosciuto che il dialogo ecumenico incontra “ancora una notevole resistenza” che non crede si risolverà immediatamente.

In alcune dichiarazioni alla “Radio Vaticana”, il porporato ha spiegato che la visita attuale è stata “di cortesia”, visto che non conosceva ancora personalmente il nuovo Patriarca. “Avevo desiderio di conoscerlo e volevo proseguire nel dialogo attualmente in corso”.

“E’ un uomo veramente umile e modesto e il nostro è stato veramente un bell’incontro, anche quello con i suoi collaboratori”, ha affermato.

Il Cardinale Kasper ha aggiunto che il dialogo con il Patriarca si è concentrato su questioni di ordine pratico di intesa tra le due Chiese, visto che il dialogo teologico si svolge congiuntamente con tutte le Chiese ortodosse.

“Ovunque, in Europa, è la stessa cosa, si presentano le stesse sfide, come quella dell’immigrazione che è molto forte. E anche in Grecia c’è la sfida dei problemi sociali dovuti alla crisi economica, c’è la disoccupazione in aumento… Penso che in questo ambito si possa collaborare. Loro sono molto interessati ad imparare anche dalle nostre esperienze, e questo è molto importante”, ha spiegato.

In particolare, il porporato ha alluso alla situazione della minoranza cattolica di rito latino e ai greco-cattolici, il cui numero è “in forte crescita” grazie all'immigrazione.

“Le conseguenze di ciò vengono ora prese in seria considerazione. Finora non era stato così da parte della Chiesa ortodossa: io ho chiesto loro di non ignorarle completamente e me lo hanno promesso”, ha aggiunto.

Circa il dialogo ecumenico in corso, il Cardinale ha riconosciuto che esiste ancora una grande resistenza con gli ortodossi greci: “La Chiesa di Grecia ha una lunga e ricca tradizione, ma conserva brutti ricordi del passato, in particolare per quanto riguarda le Crociate”.

Per il presidente del dicastero vaticano, il gesto di Giovanni Paolo II di chiedere perdono per gli abusi commessi dai crociati è stato “molto importante”, ma nonostante questo “esiste ancora una notevole resistenza riguardo a un riavvicinamento ecumenico e per questo i nostri passi devono essere prudenti”.

“Con il nuovo Arcivescovo e con i suoi collaboratori vogliamo continuare a compiere questi passi e sono molto soddisfatto di questa visita. Non avevo aspettative altissime: non sarebbe stato nemmeno pensabile risolvere tutti i problemi in un solo giorno, ma era importante stabilire il contatto personale”, ha aggiunto.

Hieronymos di Tebe è stato consacrato Patriarca di Atene e di tutta la Grecia il 16 febbraio 2008, succedendo a Christodoulos I, il Patriarca che ha ospitato Giovanni Paolo II nella sua storica visita in Grecia nel 2000.

Il Patriarca precedente, come ha riconosciuto lo stesso Benedetto XVI nel messaggio di condoglianze reso pubblico alla morte di Christodoulos, è stato l'artefice dell'apertura di “una nuova epoca di cordiale collaborazione” tra cattolici e ortodossi, atteggiamento in cui era sostenuto, tra gli altri presuli greco-ortodossi, dallo stesso Hieronymos.




+PetaloNero+
00giovedì 26 febbraio 2009 16:40
Dichiarazione del Vescovo “lefebvriano” Richard Williamson



CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 26 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo di una dichiarazione del Vescovo “lefebvriano” Richard Williamson, divenuto noto di recente per le sue affermazioni negazioniste dell'Olocausto, inviato a ZENIT dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei.




* * *

Il Santo Padre e il mio Superiore, il Vescovo Bernard Fellay, mi hanno chiesto di riconsiderare le dichiarazioni da me rilasciate alla televisione svedese quattro mesi fa, per il fatto che le loro conseguenze sono state così gravi.

Tenendo conto di queste conseguenze, posso affermare in tutta sincerità che mi rammarico di aver espresso quelle dichiarazioni, e che se avessi saputo in anticipo il danno e il dolore che avrebbero arrecato, soprattutto alla Chiesa, ma anche ai sopravvissuti e ai parenti delle vittime che hanno subito ingiustizie sotto il Terzo Reich, non le avrei rilasciate.

Alla televisione svedese ho solo espresso l'opinione (... “Credo”... “Credo”...) di un non-storico, un'opinione formatasi 20 anni fa sulla base delle prove allora disponibili, e da allora raramente espressa in pubblico. Ad ogni modo, gli eventi delle ultime settimane e il consiglio dei superiori della Fraternità San Pio X mi hanno convinto di essere responsabile della pena che ne è derivata. Chiedo perdono davanti a Dio a tutte le anime che si sono onestamente scandalizzate per ciò che ho detto.

Come ha affermato il Santo Padre, ogni atto di violenza ingiusta contro un uomo ferisce tutta l'umanità.







+ Richard Williamson,

Londra, 26 febbraio2009




Il Vescovo Williamson chiede perdono alle vittime dell'Olocausto e alla Chiesa


Dichiarazione emessa questo giovedì





LONDRA, giovedì, 26 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Monsignor Richard Williamson, uno dei quattro Vescovi della Fraternità San Pio X a cui il Papa ha rimesso la scomunica, ha chiesto perdono questo giovedì alle vittime dell'Olocausto e alla Chiesa per le dichiarazioni in cui aveva negato l'ampiezza di questo crimine contro l'umanità.

In una dichiarazione emessa dopo essere tornato a Londra in seguito alla sua espulsione da parte del Governo argentino, il presule spiega: “Il Santo Padre e il mio Superiore, il Vescovo Bernard Fellay, mi hanno chiesto di riconsiderare le dichiarazioni da me rilasciate alla televisione svedese quattro mesi fa, per il fatto che le loro conseguenze sono state così gravi”.

“Tenendo conto di queste conseguenze, posso affermare in tutta sincerità che mi rammarico di aver espresso quelle dichiarazioni, e che se avessi saputo in anticipo il danno e il dolore che avrebbero arrecato, soprattutto alla Chiesa, ma anche ai sopravvissuti e ai parenti delle vittime che hanno subito ingiustizie sotto il Terzo Reich, non le avrei rilasciate”, osserva.

Il presule constata di aver espresso alla televisione svedese solo un'“opinione” “di un non-storico, un'opinione formatasi 20 anni fa sulla base delle prove allora disponibili, e da allora raramente espressa in pubblico”.

“Gli eventi delle ultime settimane e il consiglio dei superiori della Fraternità San Pio X mi hanno convinto di essere responsabile della pena che ne è derivata”, confessa.

“Chiedo perdono davanti a Dio a tutte le anime che si sono onestamente scandalizzate per ciò che ho detto”.

“Come ha affermato il Santo Padre, ogni atto di violenza ingiusta contro un uomo ferisce tutta l'umanità”.

Un portavoce della Conferenza dei Vescovi Cattolici dell'Inghilterra e del Galles ha spiegato questo mercoledì che monsignor Williamson, come gli altri Vescovi della Fraternità San Pio X, non è in comunione con la Chiesa, motivo per il quale non può celebrare i sacramenti nella Chiesa cattolica.

“La sua ordinazione episcopale è stata illecita e non è riconosciuta dalla Chiesa cattolica”, ha ribadito.
+PetaloNero+
00giovedì 26 febbraio 2009 16:40
Da Petrus

Il Cardinale Tarcisio Bertone omaggia la gloriosa memoria di Pio XI: “Un Pastore che operò senza paura e con coraggio in uno dei periodi più bui della storia”



CITTA’ DEL VATICANO - Pio XI fu un "grande Pastore" che si distinse "per il coraggio e la fermezza con cui seppe guidare la Chiesa in un mondo agitato da numerosi e gravi problemi", tra cui la prima guerra mondiale e l'ombra della seconda. Fu "un personaggio di primo piano nella Chiesa di fine Ottocento e prima metà del Novecento". In questi termini, il Cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, ricorda Papa Ratti, aprendo in Vaticano il Convegno Internazionale 'La sollecitudine ecclesiale di Pio XI alla luce delle fonti archivistiche", promosso dal Pontificio Comitato di Scienze storiche. "La vicenda umana ed ecclesiale di Pio XI è realmente stupefacente: la si potrebbe persino definire inverosimile", ha detto il braccio destro di Benedetto XVI. "Una volta divenuto Pontefice rivelò subito una straordinaria attitudine a reggere e a guidare con mano ferma e preveggente attenzione le sorti della Chiesa". Durante il suo pontificato, Pio XI incoraggiò "ogni sforzo compiuto dai popoli per guarire le ferite della prima guerra mondiale, e per impedire che si tornasse alle lotte fratricide. Eppure terminava il suo pellegrinaggio terreno proprio mentre andava acuendosi la tensione con il regime fascista a causa delle leggi razziali volute da Mussolini, e l'Europa si avviava drammaticamente verso un nuovo sanguinoso conflitto mondiale". Bertone ha poi ricordato che "la missione ecclesiale di questo Papa si è svolta in uno scenario che in verità non poteva essere più fosco. Si trovò a dover affrontare ben cinque dittatori: Mussolini, che ascese al potere otto mesi dopo la sua elezione, Salazar in Portogallo, Hitler in Germania, Franco in Spagna, Stalin in Urss; la crisi finanziaria del 1929; la persecuzione dei cattolici in Messico e la guerra civile in Spagna; la conquista italiana dell'Etiopia; le leggi razziali. In questo difficile contesto - ha aggiunto il segretario di Stato - il Papa agì con determinazione e coraggio coadiuvato validamente in primo luogo dai suoi segretari di Stato: il cardinale Pietro Gasparri e dal 1930 il cardinale Eugenio Pacelli", divenuto poi Pio XII. L'azione pastorale di Pio XI "fu veramente sorprendente, perchè riuscì ad abbracciare vari fronti. L'internazionalizzazione della Chiesa di Roma fece in quegli anni passi avanti fondamentali, segnati da scelte che si rivelarono poi decisive". "Questo Pontefice - ha ribadito il porporato - seppe governare la chiesa con vigore, guardando con occhi nuovi alle missioni e al radicamento cattolico al di fuori dell'Europa; fu sensibile alle questioni emergenti nella cultura e spinse i cattolici ad un impegno nel sociale". Infine, Bertone ha rammentato come "grazie all'apertura degli archivi vaticani, la storiografia del suo lungo pontificato ha ricevuto nuovi impulsi e ha prodotti nuovi risultati. Il 30 giugno 2006 Benedetto XVI ha annunciato l'accessibilità a tutte le fonti documentarie conservate nelle diverse serie degli archivi vaticani e principalmente nell'Archivio segreto vaticano".
+PetaloNero+
00giovedì 26 febbraio 2009 16:41
Da Petrus

Diocesi di Roma, la preoccupazione del Cardinale Vallini: “Viviamo un tempo ricco di sfide difficili per la Chiesa”



CITTA’ DEL VATICANO - "Viviamo un tempo non facile e molte sfide si pongono alla Chiesa; Roma e' profondamente mutata e anche i programmi pastorali e la prassi ordinaria del ministero hanno bisogno di essere meglio adeguati alle nuove esigenze". Lo ha detto il Cardinale Agostino Vallini (nella foto con il Pontefice), vicario del Santo Padre per la diocesi di Roma, nell'indirizzo di saluto a Benedetto XVI, che ha ricevuto - come tradizione - parroci e sacerdoti della Capitale per un incontro dialogato. I sacerdoti romani - ha aggiunto Vallini - vogliono dire al Papa "la nostra gioia, i nostri successi pastorali, ma anche le nostre fatiche, le nostre pene, i nostri dubbi, le nostre speranze". Quindi, ha continuato: "I nostri sacerdoti si prodigano generosamente con spirito di fede e di amore a Cristo e alla Chiesa, sentono forte il loro vincolo di comunione e di obbedienza al Papa, amano i poveri. Le nostre parrocchie sono comunita' vive e punti di riferimento dei quartieri e per l'intero territorio. Molte opere e iniziative di carita' e di solidarieta' danno sollievo e aiuto concreto a tante famiglie in difficolta' e a tante persone. Si fa tanto in favore dei poveri - ha concluso il porporato - anche se vorremmo fare molto di più".
+PetaloNero+
00giovedì 26 febbraio 2009 16:41
Benedetto XVI al clero romano: parola e testimonianza per raggiungere il cuore dell’uomo. E sulla crisi economica: le radici sono nell’egoismo

Le ragioni profonde della crisi economica, l’importanza del primo annuncio e, ancora l’emergenza educativa, il ruolo del parroco nella società di oggi e la centralità della liturgia nella vita del cristiano: sono alcuni dei temi forti affrontati stamani in Vaticano da Benedetto XVI nel suo tradizionale incontro con il clero romano, all’inizio della Quaresima, il primo con il nuovo cardinale vicario, Agostino Vallini. Introducendo l’evento, il porporato ha messo l’accento sulla dimensione famigliare dell’incontro nel quale i parroci romani hanno potuto raccontare al proprio vescovo successi e fatiche della propria attività pastorale. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Un incontro caratterizzato dall’affetto e dalla franchezza. Uno scambio famigliare, ha detto il Papa, sottolineando quanto sia importante per lui poter ascoltare le esperienze dei sacerdoti della sua diocesi. Benedetto XVI ha risposto ad otto domande di parroci, espressione della Chiesa di Roma, che hanno spaziato su diversi temi. Rispondendo ad un sacerdote della zona periferica di Tor Bella Monaca, dove si fa particolarmente sentire la crisi economica, il Papa ha ribadito che la Chiesa è chiamata a denunciare i fallimenti del sistema economico-finanziario senza moralismi:

"Denunciare questi errori fondamentali che si sono adesso dimostrati nel crollo delle grandi banche americane: l’avarizia umana è idolatria che va contro il vero Dio e la falsificazione dell’immagine di Dio con un altro dio – Mammona; dobbiamo denunciare con coraggio ma anche con concretezza, perché i grandi moralismi non aiutano se non sono sostenuti dalla conoscenza della realtà, che aiuta anche a capire che cosa si può in concreto fare!".

Da sempre, ha rilevato, la Chiesa non solo denuncia i mali, ma mostra le strade che portano alla giustizia, alla carità, alla conversione dei cuori. Non sempre è facile, ha riconosciuto, perché spesso si oppongono interessi di gruppo. Anche nell’economia, ha proseguito, la giustizia si costruisce dunque solo se ci sono i giusti e costoro si formano con la conversione dei cuori. Ha quindi ricordato che su questo tema sta preparando un'Enciclica. Due domande, in particolare si sono soffermate sulla sfida della missione evangelizzatrice. Il Papa ha esortato il clero romano a unire gli studi di teologia con l’esperienza concreta per tradurre la Parola di Dio all’uomo di oggi. Non dobbiamo perdere la semplicità della Verità, ha detto ancora, che non può essere assimilata ad una filosofia. Benedetto XVI ha poi messo l’accento sul ruolo del parroco che, ha affermato, come nessun altro conosce l’uomo nella sua profondità, al di là dei ruoli che ricopre nella società:

"Per l’annuncio abbiamo bisogno dei due elementi: testimonianza e parola. E’ necessaria la parola, che fa apparire la verità di Dio, la presenza di Dio in Cristo e quindi l’annuncio è una cosa assolutamente indispensabile, fondamentale, ma è necessaria anche la testimonianza che dà credibilità a questa parola, perché non appaia solo come una bella filosofia, una utopia. E in questo senso mi sembra che la testimonianza della comunità credente sia di grandissima importanza. Dobbiamo aprire, in quanto possiamo, luoghi di esperienza della fede".

Il Pontefice ha quindi offerto la sua riflessione su un tema a lui particolarmente caro quale è quello dell’emergenza educativa. Compito dei sacerdoti, ha rilevato, fin dall’oratorio è offrire ai giovani una formazione umana integrale. Ed ha ribadito che oggi viviamo in un mondo dove molte persone hanno tante conoscenze ma senza orientamento interiore etico. Per questo, la Chiesa ha il dovere di proporre una formazione umana illuminata dalla fede. Aprirsi dunque alla cultura del nostro tempo, ma indicando criteri di discernimento. Nell’incontro non sono mancati momenti simpatici come quando un parroco del quartiere della Casilina ha declinato un sonetto in romanesco per celebrare la prossima visita di Benedetto XVI in Campidoglio. Una poesia che il Santo Padre ha particolarmente gradito:

"Grazie! Abbiamo sentito parlare il cuore romano, che è un cuore di poesia. E’ molto bello sentire un po’ di romanesco e sentire che la poesia è profondamente radicata nel cuore romano. Questo forse è un privilegio naturale che il Signore ha dato ai romani, è un carisma naturale che precede i privilegi ecclesiali …" (risa - applausi)

Nel colloquio con il clero romano, durato quasi due ore, il Papa ha anche parlato della liturgia ribadendo che imparare a celebrare significa conoscere Gesù Cristo, entrare in contatto con Lui. La Liturgia, è stata la sua riflessione, deve sempre più essere il cuore del nostro essere cristiani. Ancora, il Pontefice ha indicato la peculiarità della Chiesa di Roma, chiamata a presiedere nella Carità. Un dono, ha affermato, che riguarda tutti i fedeli di Roma. Il ministero petrino, ha poi aggiunto, deve garantire l’unità e la ricchezza della Chiesa, prevenendo ogni assolutizzazione ed escludendo ogni particolarismo.



www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=721&set...
Paparatzifan
00giovedì 26 febbraio 2009 18:37
Dal blog di Lella...

VATICANO: CARD. POLETTO E VESCOVI PIEMONTE CONTRO KUNG E 'LA STAMPA'

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 26 feb

''Profondo dolore e disappunto'' per l'intervista, ''nella quale si esprimono critiche ingiustificate nei confronti di Benedetto XVI'', rilasciata dal teologo Hans Kung al quotidiano francese Le Monde e ripubblicata ieri da La Stampa: li esprime, interpellato dall'Osservatore Romano, l'arcivescovo di Torino, card. Severino Poletto.
''Non posso nascondere - spiega Poletto - l'amarezza e il dolore che ho provato di fronte a questa pagina di un giornale ancora letto da molti nella mia citta'''.
L'arcivescovo di Torino ricorda anche la prossima Ostensione della Sindone, organizzata per il 2010 ''in piena collaborazione con le istituzioni della citta', della provincia e della regione''. Alla luce di questo evento, ''l'intervista pubblicata da ''La Stampa' non e' certo di aiuto nel predisporre gli animi al tanto desiderato incontro col Papa nella nostra citta'''.

''Auspico percio' - prosegue - che proprio il giornale piu' diffuso a Torino assuma un atteggiamento maggiormente attento nei confronti della Chiesa cattolica e in particolare della persona del Santo Padre''.

Per Poletto, e' anche ''da respingere la provocazione di chi, come il prof. Kung, con la pretesa di essere lui a indicare al Papa le scelte che dovrebbe compiere per il bene della Chiesa, misconosce in modo pregiudiziale la generosa dedizione con cui Benedetto XVI svolge il suo servizio petrino in fedelta' alle Sacre Scritture e al Concilio, e con la volonta' di riunire nell'unica Chiesa di Cristo tutti i credenti, anche i piu' lontani''. Sulla stessa linea, anche la Conferenza Episcopale Piemontese che, in un comunicato, ''desidera unire la propria voce'' a quella di Poletto ''nell'esprimere amarezza e sconcerto per le ingiuste critiche rivolte'' al pontefice.
''Si tratta - scrivono i vescovi - di un attacco infondato che alimenta la disinformazione'', perche' ''ignora la linea del Papa e della Santa Sede, ribadita piu' volte anche di recente, fermamente contraria ad ogni rigurgito di antisemitismo'', perche' ''dimentica quanto e' stato autorevolmente chiarito da interventi ufficiali''.

''Forse - aggiungono ancora i presuli piemontesi criticando la descrizione fatta da Kung di papa Ratzinger - e' proprio il prof. Kung a vivere in un suo ''Kremlino' e ci meraviglia che un giornale di grande tradizione come La Stampa non sappia valutare per quello che sono certe posizioni, che vorrebbero presentarsi come aperte e innovatrici e che risultano invece sempre piu' ripetitive, provinciali e scontate''.

© Copyright Asca


Paparatzifan
00giovedì 26 febbraio 2009 19:12
Dal blog "Senza peli sulla lingua"...

giovedì 26 febbraio 2009

Deliri di un ottuagenario

Non so se abbiate avuto modo di leggere l'intervista rilasciata l'altro giorno da Hans Küng a Le Monde (e diligentemente divulgata in Italia da La Stampa). Nonostante l'avanzare degli anni, il "piú grande teologo contestatore cattolico vivente" non demorde e continua a pontificare ex cathedra. La cattedra, come al solito, sono i grandi mezzi di comunicazione, sempre pronti a fare da grancassa al suo infallibile magistero.

Dall'intervista traspare chiaramente la stizza del teologo tedesco per non essere lui il Papa, ma il suo coetaneo-concorrente Ratzinger. Dopotutto, era lui l'esperto invitato al Concilio da Giovanni XXIII; Ratzinger era un semplice teologo privato dell'Arcivescono di Colonia! Un altro motivo di astio è dato dal fatto che ai lefebvriani è stata rimessa la scomunica; lui invece non è stato ancora "riabilitato".

Secondo il profeta del progressismo cattolico, la revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani "non è stata un difetto di comunicazione o di tattica, ma ha costituito un errore di governo del Vaticano". Il vero problema non è il negazionismo di Mons. Williamson, "il problema fondamentale è l'opposizione al Vaticano II, e in particolare il rifiuto di un rapporto nuovo con l'ebraismo". Sembra di leggere il comunicato della Conferenza episcopale tedesca (vedi il mio primo post del 30 gennaio: che Küng sia il consulente teologico della CET?) Ancora una volta, il valore assoluto è il Vaticano II, ma un Vaticano II completamente ideologizzato: un sostenitore del Concilio dovrebbe essere ecumenico, dovrebbe avere a cuore il problema dell'unità della Chiesa. Ma, a quanto pare, anche l'ecumenismo di Küng è solo un'ideologia. E poi — che volete? — ormai anche l'ecumenismo non è piú di moda; la cosa piú importante del Concilio è il "rapporto nuovo con l'ebraismo". Viene il sospetto che abbiano ragione quanti sostengono che il Vaticano II sia stato voluto dalla massoneria e dagli ebrei.

Papa Ratzinger è un povero idiota, che vive fuori del mondo: "Ha viaggiato poco. È rimasto chiuso in Vaticano, che è come il Cremlino di una volta"; per cui "non è stato in grado di misurare l'impatto di una tale decisione nel mondo". Di quale mondo sta parlando? Del mondo virtuale dei mezzi di comunicazione (controllati sappiamo bene da chi), nel quale lui si trova tanto a suo agio? In Vaticano "non c'è nessun elemento democratico, nessuna correzione. Il papa è stato eletto dai conservatori, e oggi è lui che nomina conservatori". Che il Vaticano fosse un luogo insidioso per la salvezza dell'anima lo sapevamo da tempo (e per questo, pur essendo nati e cresciuti all'ombra del cupolone, preferiamo starne a distanza), ma mi chiedo: che democrazia c'è nel mondo di Küng, dove tutto è controllato da poteri oscuri che usano la democrazia unicamente per coprire le loro malefatte?

Benedetto XVI "è fedele al Concilio alla sua maniera. Insiste sempre, come Giovanni Paolo II, sulla continuità con la tradizione". E chiamala la "sua maniera"! Non dovrebbe essere la maniera cattolica di interpretare non solo un concilio, ma qualunque atto ecclesiale? Ma, a quanto pare, il Concilio di Küng non è quello contenuto nei documenti ufficiali, bensí quello contenuto nella sua mente (e probabilmente di molti altri che parteciparono al Concilio). Secondo lui "il Vaticano II ha provocato una rottura, per esempio, sul riconoscimento della libertà religiosa". Non si accorge di dar ragione cosí ai lefebvriani? "Benedetto XVI ha una posizione ambigua sui testi del Concilio, poiché non è mai stato a suo agio con la modernità e la riforma". Ma che dice? Se c'è un appunto che si può fare all'attuale Pontefice da parte tradizionalista è proprio la sua insistenza sulla libertà religiosa (ha letto Küng il discorso alla Curia Romana del 22 dicembre 2005?) e sulla modernità (nel suo dialogo con l'Islam, sembra talvolta che gli stiano piú a cuore i valori dell'illuminismo che non quelli del Vangelo). Quanto poi alla "riforma", che significa? Papa Ratzinger sta cercando di fare una "riforma della riforma": perché la prima riforma (quella del Concilio) era legittima e questa (quella di Benedetto XVI) non lo dovrebbe essere? Chi giudica sulla bontà delle riforme?

Peccato mortale: il Papa, in occasione del 50° anniversario del Concilio, non ha "fatto l'elogio del suo predecessore" [= Giovanni XXIII], ma ha "scelto di revocare la scomunica di persone in opposizione a quel Concilio". Meraviglia che tali "progressisti" siano cosí rivolti a commemorare il passato. Abbiamo appena terminato la commemorazione dei 40 anni dalla chiusura del Concilio; ora dobbiamo ricominciare da capo? Prima il 50° dell'elezione di Papa Roncalli (ed è stato fatto); ora il 50° dell'annuncio del Concilio; poi ci sarà da celebrare il 50° dell'inizio del Concilio; e poi, di nuovo, il 50° della fine del Concilio. Basta! Non se ne può piú.

Papa Ratzinger difende l'idea del "piccolo gregge" (che, essendo espressione evangelica, non significa "chiesa di élite"). Lo sapevamo, lo ha sempre pubblicamente dichiarato. Ma a me risulta che questa idea non era l'idea degli "integralisti" (che hanno sempre difeso una chiesa di potere), ma esattamente il contrario, l'idea dei "progressisti" (che dicevano di rifarsi al Vangelo). "È un'illusione pensare che si possa continuare cosí, senza preti, senza vocazioni". Oibò, che succede? È la prima volta che sento un nume conciliare lamentarsi della crisi delle vocazioni! Significa proprio che il povero Hans sta invecchiando. Ma come? Dopo aver fatto di tutto per declericalizzare la Chiesa e promuovere il laicato, ora si lamenta che non ci sono piú preti? E perché mai un giovane dovrebbe farsi prete, dopo tutto quel che è stato fatto per spogliarlo della sua importanza?

Ma il bello deve ancora venire. "La Chiesa rischia di diventare una setta". Ma non si accorge che, proprio grazie a gente come lui, la Chiesa è già diventata una setta? Quando si afferma che le religioni si equivalgono, costituendo ciascuna una via di salvezza, non si nega la cattolicità della Chiesa e non se ne fa in tal modo una setta? La Chiesa postconciliare, fatta di qualche (vecchio) prete e di tanti "operatori pastorali" (ministri straordinari dell'Eucaristia, lettori, catechisti, presidenti di consigli pastorali e comitati vari), rinchiusa nelle sagrestie senza alcun contatto col mondo esterno, non è forse una setta?

Che cosa dovrebbe fare Benedetto XVI? "Innanzitutto occorrerebbe che riconoscesse che la Chiesa cattolica sta attraversando una crisi profonda". Come se non lo avesse già fatto. Ci si potrebbe chiedere semmai: di chi è la colpa di questa crisi? Ma sentite quanto segue, perché, alla fine dell'intervista, viene fuori ciò che stava e continua a stare a cuore a certi teologi conciliari: l'ammissione dei divorziati alla comunione, la correzione dell'Humanæ vitæ (per dire che "in certi casi la pillola è possibile"), l'abolizione del celibato dei preti, un nuovo modo di elezione dei vescovi. Chissà come mai s'è scordato del sacerdozio alle donne! Ecco le grandi preoccupazioni degli esperti conciliari; ecco i veri motivi per cui è stato fatto il Vaticano II! E noi che pensavamo che la Chiesa avesse bisogno di un rinnovamento spirituale!

Visto che Küng & C. non sono riusciti a raggiungere i loro obiettivi col Vaticano II, continuano a sperare nel Vaticano III. Ma non ri rendono conto (loro che vivono nel loro mondo virtuale) che, se davvero si facesse un nuovo concilio oggi, probabilmente avrebbero delle brutte sorprese...

Pubblicato da Querculanus a 10.35

http://querculanus.blogspot.com/


Paparatzifan
00giovedì 26 febbraio 2009 19:20
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"Un'attitudine anticattolica alberga nel clero di Linz"

Don Joseph Bauer, portavoce del Circolo presbiterale di Linz (costituitosi due decenni orsono tra una trentina di preti, in reazione al Consiglio presbiterale ufficiale del quale non condividevano la deriva progressista) ha rilasciato un'intervista al Kirchenzeitung (=gazzetta della Chiesa) nella quale critica l'attitudine del vescovo di Linz, che non ha saputo difendere l'ausiliario appena nominatogli, Wagner appunto, dimessosi per le proteste sollevate in merito a sue controverse osservazioni su Harry Potter e sull'uragano Katrina e lo tsunami come punizioni celesti.
Bauer osserva come ci siano cartelli di potere a Linz, dove vescovo dopo vescovo sono costretti a seguire la linea. E se uno non è d'accordo, viene fatto secco come è avvenuto a don Wagner.
L'opposizione a Wagner ha mostrato, aggiunge, "che nella diocesi di Linz nelle ultime tre o quattro decadi ha albergato un'attitudine anticattolica"
Come fondamenti specifici del cattolicesimo, Bauer ha citato l'amore per l'eucarestia, l'amore di Maria e l'amore per il Papa [i tre candori di S. Giovanni Bosco].

Infine, ha parlato dei vicariati che hanno fatto mattane, rifiutando di riconoscere Wagner come vescovo, e ha parlato di un "indurimento contro il Papa"

Wagner sarebbe rimasto, conclude, se il vescovo Ludwig Scharz non l'avesse lasciato solo.

Fonte: Cathcon

Da Messainlatino.it


Paparatzifan
00giovedì 26 febbraio 2009 19:48
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Intelectualismo y arrogancia

José Luis Restán

Recuerdo un debate radiofónico en el que un católico autodenominado progresista rechazaba mi afirmación de que en la plaza de Colón, reunido en torno al Papa Juan Pablo II, había estado el pueblo cristiano. Hubo cerca de dos millones, de toda edad y condición, pero según el sabio allí no estaba el pueblo. Aquellas gentes que arrastraban consigo sus esperanzas y debilidades, que quizás no fueran ejemplares en esto o en aquello, pero que mostraban su alegría de reconocerse en torno al testimonio de Pedro, no reunían las condiciones dictadas por el “cristiano adulto” para reconocerles el carácter de pueblo.

Es lo que sucede al viejo Hans Küng, viejo no por su edad sino por el olor que despiden sus recauchutadas proclamas.

En Le Monde, el templo del progresismo europeo, el viejo Küng ha dicho que la Iglesia corre el riesgo de convertirse en una secta y que millones de católicos no esperan ya nada de este Papa. Es el mismo Küng que en las principales cabeceras europeas anatematizó a finales de los 70 el pontificado de Juan Pablo II, el mismo que anunciaba catástrofes durante el Cónclave que eligió a Benedicto XVI, el mismo que hace ya demasiados años abandonó la casa paterna y se entregó a sus propios ensueños.

Sí, él sabe mucho de sectas, puesto que sectario es quien se aparta de la enseñanza de los apóstoles para construir su propia imagen de la fe.

Su premio, triste y escaso, es el aplauso de quienes aborrecen la presencia histórica del cristianismo en nuestra sociedad, algo que parece hacerle reflexionar.

Pero el pueblo de Dios, a veces brillante como un ancho río y otras menguado y herido, como decía Pablo VI, está siempre junto su pastor, y no donde quisieran colocarle el partido de los sabios. El pasado domingo, tras el rezo del Ángelus, Benedicto XVI se dirigía a los peregrinos alemanes con estas significativas palabras: “Cristo ha elegido a Pedro como la roca sobre la que Él quiere construir su Iglesia… Pidamos a San pedro que por su intercesión, las confusiones y las tempestades no sacudan a la Iglesia, que permanezcamos fieles a una fe genuina, que nos mantengamos en la unidad y vivamos en el amor recíproco”.
Son palabras que expresan la plena conciencia que tiene el Papa de lo que está sucediendo. Pero al contrario de lo que algunos dicen con buena intención, él no ha perdido la paciencia, sino que mantiene con serenidad el pulso en el timón.

Como me decía recientemente uno de sus colaboradores, él sabe, como buen cristiano, que aunque debe poner todo de su parte, quien resuelve en última instancia los problemas de la Iglesia es el Señor.

Y mientras soplan los vientos, el Papa continúa sin desmayo su obra de insertar la novedad introducida por el Concilio Vaticano II en la continuidad de la tradición.

Es eso lo que desquicia a personas como Küng, que habían decretado el alumbramiento de una nueva iglesia.

A Pedro le corresponde defender las legítimas particularidades en la Iglesia, y al mismo tiempo procurar que éstas no perjudiquen a la unidad sino que cooperen a ella. Y es verdad que para realizar esta misión sólo puede exhibir la autoridad recibida de Cristo, y no los pomposos títulos de los sabios al estilo Küng. Viene al pelo la severa advertencia pronunciada por Benedicto XVI hace pocos días: allí donde la fe degenera en intelectualismo y la humildad es sustituida por la arrogancia de creerse unos mejores que los otros, nace una caricatura de la Iglesia, que debería ser una sola alma en un solo cuerpo.

www.paginasdigital.es/v_portal/apartados/pl_portada.asp?te=15


Paparatzifan
00giovedì 26 febbraio 2009 19:54
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Il retroscena

C’è chi soffia sulle polemiche contro il Pontefice

di Andrea Tornielli

Papa Benedetto è nell’occhio del ciclone.
Prima per il caso del prelato lefebvriano Richard Williamson, le cui dichiarazioni negazioniste sulle camere a gas sono state divulgate da una televisione svedese quasi in coincidenza con la pubblicazione della revoca della scomunica ai quattro vescovi consacrati nel 1988 da monsignor Lefebvre.
Poi per il caso, meno eclatante ma non meno dirompente, del nuovo vescovo ausiliare di Linz, Gerhard Maria Wagner, già dimissionario perché apertamente contestato nella Chiesa austriaca a causa di alcune sue dichiarazioni sul ciclone Katrina che nel 2005 distrusse New Orleans (da lui definito un castigo di Dio), sui romanzi di Harry Potter (da lui bollati come pericolosi e diabolici), sull’omosessualità.
Proprio in seguito a questi due casi la Santa Sede attraversa un momento delicato e difficile. Critiche e attacchi non sono mai mancati ai Papi e a Papa Ratzinger: oggi però queste critiche e questi attacchi non provengono soltanto dai tradizionali pulpiti del dissenso, da teologi come Hans Küng o come Vito Mancuso, ma anche da alcuni esponenti dell’episcopato tradizionalmente più vicini a Benedetto XVI, com’è accaduto in Austria, dove tra i critici verso Roma per la nomina di Wagner quale ausiliare di Linz si ritrova il cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn.
Nelle scorse settimane alcuni problemi sono stati ingigantiti, con strumentalizzazioni evidenti: si è voluto far credere che la Chiesa di Papa Ratzinger – Pontefice certamente amico degli ebrei, che da teologo ha riflettuto in modo particolare sul legame che unisce i cristiani al popolo dell’Antica Alleanza – avesse dimenticato se non rinnegato il Concilio Vaticano II, e avesse fatto marcia indietro rispetto alla ferma e inequivocabile condanna dell’antisemitismo.
È certo che Oltretevere, al di là delle strumentalizzazioni, si sono verificati intoppi e problemi, nel processo prima decisionale e quindi comunicativo, in relazione ad alcuni recenti eventi gestiti dai collaboratori di Benedetto XVI.
Tra gli inquilini dei sacri palazzi, dove peraltro non ci si nasconde l’esistenza di intoppi e problemi, c’è però chi è convinto che quella che si sta giocando in queste settimane sia una «battaglia» di dimensioni più vaste e più profonde di quanto appaia all’esterno, e che proprio i recenti episodi abbiano dato forza e riconquistata visibilità a quanti non hanno mai perdonato a Benedetto XVI di essere diventato Papa.
Gli stessi che avevano passato anni a dipingere Joseph Ratzinger come il «panzerkardinal», attribuendogli un ruolo frenante durante il pontificato di Giovanni Paolo II – una caricatura fuori dalla storia, dato che proprio Ratzinger è stato colui che più a lungo ha collaborato con Papa Wojtyla, e quest’ultimo non ha mai voluto accettare la richiesta di potersi ritirare avanzata a più riprese dal porporato – tornano ora ad affibbiargli gli stessi stereotipati cliché.

© Copyright Il Giornale, 26 febbraio 2009


Paparatzifan
00giovedì 26 febbraio 2009 21:02
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Ecco perché il Papa è finito sotto attacco

Teologi, intellettuali e giornali scatenati: accusano Benedetto XVI di essere un monaco chiuso nei suoi studi, di vivere arroccato a San Pietro «come se fosse al Cremlino» e di trasformare la Chiesa cattolica «in una setta»

di Gianni Baget Bozzo

Papa Benedetto è sotto la linea del fuoco, di «fuoco nemico» per la maggior parte ma anche di «fuoco amico». Anzi il fuoco nemico esiste con l’intenzione e nella speranza di potenziare il fuoco amico.
Repubblica è il centro di questa doppia strategia.
Nel libro di Marco Politi su «i no» della Chiesa è soprattutto il fuoco amico che parla, sono dei cattolici militanti che argomentano. Ieri, intervistato dalla Stampa, il teologo Hans Küng ha attaccato Ratzinger dicendo che ha «tradito lo spirito del Concilio». Ma non è Papa Benedetto a essere in discussione, è il ruolo del Papato.
Paolo VI dovette affrontare un dissenso ecclesiastico ben più radicale, pensò di dover formulare formalmente un nuovo credo, il credo del Popolo di Dio, tanto i fondamenti della fede gli sembravano scossi. E, molte volte, soprattutto in occasione della enciclica Humanae Vitae, il dissenso di vescovi e teologi fu clamoroso. Il Papa riempiva il suo compito di conservare l’unità della Chiesa nel tempo mantenendo intatta la tradizione come fondamento della Chiesa. Giovanni Paolo II aggirò vescovi e teologi con il suo pellegrinare apostolico verso le nazioni, facendo dei semplici fedeli una barriera contro il prevalere delle opinioni difformi dalla tradizione nell’episcopato e nella teologia. Essere polacco e avere espresso la libertà della Chiesa nella sua verità di fronte al comunismo ed essere stato il granello di sabbia che ha fatto crollare l’impero sovietico sul tema delle nazioni evocato dal Papa, ha conciliato a Giovanni Paolo II l’onore del mondo, ma non il consenso di quei vescovi e di quei teologi che pensavano che il potere papale dovesse essere ridotto a un potere di coordinamento interepiscopale. E che il dibattito teologico procedesse senza vincoli dogmatici e disciplinari.
Papa Benedetto è dunque in buona compagnia.
L’occasione dello scoppiare del «fuoco amico» è stata la cancellazione della scomunica ai vescovi di Ecône, tra cui un negazionista della Shoah. Da allora circola nel mondo cattolico l’idea di un Papa monaco e teologo chiuso nei suoi studi e nelle sue liturgie: un Papa che si vuole spirituale quando il tempo domanda di governare la comunicazione e la propria immagine costruita su modelli comunicativi come aveva fatto Giovanni Paolo II.
Con Papa Benedetto il rapporto tra Chiesa, culture e religioni è divenuto intenso e dottrinale. Egli ha agito in profondità sulle relazioni tra Chiesa cattolica, ebraismo ed islam.

Ha coinvolto le relazioni esterne nella identità dottrinale della Chiesa non riducendole soltanto a rapporti diplomatici e a relazioni formali.

È un Papato denso di significato che non si è rassegnato alla diplomazia vaticana, ma ha voluto dare ai rapporti con le religioni e con le culture una dimensione fondata sulla Chiesa come corpo di Cristo. Il limite di Giovanni Paolo II era dato appunto dal successo del suo tentativo di comunicare legato alle qualità personali di Karol Wojtyla, ma lasciando intatta la figura del Papato. E Benedetto XVI ha dato la misura del suo impegno nel cercare la conformità tra la dottrina e la vita della Chiesa facendo affrontare dal sinodo dei vescovi il punto cruciale del modernismo e dell’antimodernismo, cioè il rapporto tra analisi storico critica della Bibbia e il suo valore come documento della fede cristiana insegnato dalla Tradizione.
I decenni che dividono gli anni Duemila dagli anni Sessanta, gli anni del Vaticano II, pesano come secoli.
Il mondo moderno è finito con la fine del comunismo. La crisi del capitalismo aggiunge problemi nuovi a quelli antichi. La sfida islamica si unisce a quella laicista con lo scopo di ridurre la Chiesa a una minoranza insignificante. Occidente e comunismo erano più interni alla cultura cattolica che quello che possiamo chiamare postcapitalismo.

Benedetto ha dato un profilo spirituale e intellettuale alla Chiesa cattolica nel nostro tempo in cui la domanda religiosa si rafforza proprio in funzione delle contraddizioni in cui essa vive.

Nel mondo cristiano vivono con vitalità le Chiese ortodosse e le comunità pentecostali, tutte legate al fascino dell’esperienza spirituale, al mistero dell’evento cristiano.
La chiese che si sono consegnate alla modernità come la comunione anglicana e le Chiese luterane e calviniste, le Chiese della Riforma, sono consumate nella loro vita religiosa. Papa Benedetto come Papa ha continuato l’opera dei Papi e ha posto l’identità della Chiesa nella sua prassi storica, ha unito mistero e messaggio, ortodossia e comunicazione. Per questo il «fuoco amico» e quello «nemico» lo combattono.

© Copyright Il Giornale, 26 febbraio 2009


Paparatzifan
00giovedì 26 febbraio 2009 21:31
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PAPA: RINGRAZIA PARROCI, PORTATE LA REALTA' IN VATICANO

di Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 26 feb.

Per Benedetto XVi e' molto importante incontrare i sacerdoti della diocesi di Roma, "per conoscere la vita delle parrocchie".
"Vorrei anche io imparare - ha detto ai parroci romani ricevuti questa mattina - ad avvicinarmi alla realta', perche' nel Palazzo Apostolico sono anche un po' distante.
Voi vivete giorno per giorno la realta' delle vostre parrocchie". Rispondendo a braccio alle domande dei sacerdoti il Papa ha chiarito che considera quello di oggi un dialogo "in famiglia". "E' un momento - ha spiegato - di riposo spirituale. Non parla un oracolo, ma siamo in un momento di scambio familiare".
In un'ora e mezzo il Papa ha risposto a otto domande sui temi piu' diversi, come la liturgia, la pastorale giovanile fino alla crisi economica. E lo ha fatto con semplicita' partendo dalla propria esperienza personale. "Non e' sufficiente - ha ricordato - predicare o fare pastorale con il bagaglio prezioso della teologia ma deve essere personalizzato da una conoscenza accademica in visione personale della mia vita per arrivare alle altre persone". Da qui la raccomandazione di non perdere "la semplicita' della verita': Dio c'e' e non e' un essere ipotetico e lontano, ma e' vicino parla con me. Non proponiamo riflessioni o una filosofia, ma proponiamo l'annuncio semplice di Dio che ha agito anche con me". Per Papa Ratzinger, sempre, "il primo aiuto e' la nostra esperienza personale".
"Noi inviamo uomini sulla luna, siamo uomini di questo tempo, viviamo con i mass media di oggi", ma resta per tutti il problema di "farci capire anche agli altri: chi conosce meglio gli uomini di oggi se non il parroco?", si e' chiesto. "Vengono da noi - ha osservato - gli uomini spesso senza maschera, non con alti pretesti, nella situazione della sofferenza, della malattia, della morte, nel confessionale senza maschera, con il loro essere".
Nel suo dialogo con i parroci, il Papa ha offerto anche indicazioni pastorali concrete.
Ad esempio, in tema di pastorale giovanile ha ricordato che "e' necessaria la permanenza del giovane sacerdote in una parrocchia per dare orientamento ai giovani" in quanto, "senza dubbio, la relazione personale con l'educatore e' importante, e serve un certo periodo per orientare insieme".
"Dunque non si puo' cambiare parrocchia ogni giorno, se no si perde questo orientamento. Ma e' anche vero - ha aggiunto - che il giovane sacerdote deve fare esperienze diverse in ambienti culturali diversi, per arrivare alla maturita' come parroco e dedicarsi stabilmente a una comunita'".

Questo periodo, secondo il Pontefice, potrebbe essere di tre anni: "dai 16 ai 19 anni di eta', infatti, i giovani - ha spiegato - maturano una crescita e dei cambiamenti che sono paragonabili a quelli di un decennio, ad esempio a come si cambia tra i 40 e i 50, si forma loro personalita' e si avvia un cammino interiore di grande estensione esistenziale.

Ecco - ha detto il Papa - penso che tre anni per il vice parroco siano un tempo sufficiente per formare una generazione e dunque possono essere il tempo giusto per riconciliare i due bisogni: da una parte la crescita del sacerdote giovane per arricchire la sua esperienza unmana, dall'altra parte la crescita dei giovani".

Poi sorridendo Joseph Ratzinger si e' rivolto al cardinale vicario Agostino Vallini che in concreto deve poi decidere le destinazioni del clero: "non so cosa ne direbbe?", ha chiesto mentre i sacerdoti ridevano e applaudivano.

E Vallini non si e' sottratto: "Padre Santo - ha risposto il successore di Ruini - naturalmente condivido le due esigenze e la necessita' della composizione delle due esigenze. Mi sembra che gia' da prima del mio arrivo si stia cercando di conservare questa permanenza sufficiente dei giovani sacerdoti. Il problema talvolta nasce pero' nella relazione tra parroco e vicario parrocchiale, tocco un nervo scoperto, e poi c'e' anche il problema della scarsita' di giovani sacerdoti: per il numero delle vocazioni forse dovremo fare di piu', credo che il Signore continui a chiamare anche oggi i giovani al sacerdozio, si tratta di ascoltare questa chiamata".
I sacerdoti presenti nell'Aula delle Benedizioni sembravano ancora non soddisfatti e allora Vallini ha promesso: "per quello che potro' mi regolero' nelle linee che ci ha indicato il Santo Padre". E il Papa lo ha ringraziato "per la fiducia che Roma puo' dare piu' candidati. Dobbiamo tutti - ha esortato - fare il nostro meglio per incoraggiare i giovani e dire loro che e' bene lavorare per il Signore".
Al termine dell'incontro, un religioso ha letto un sonetto in romanesco dedicato alla visita che Benedetto XVI compira' il prossimo 9 marzo in Campidoglio.

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Paparatzifan
00giovedì 26 febbraio 2009 21:33
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CRISI: PAPA, DIETRO CROLLO GRANDI BANCHE PECCATO IDOLATRIA

(AGI) - CdV, 26 feb.

"Il crollo delle grandi banche americane mostra quello che e' l'erorre di fondo: l'avarizia e l'idolatria che oscurano il vero Dio, ed e' sempre la falsificazione di Dio in Mammona che ritorna". Lo ha detto Benedetto XVI rispondendo a una domanda sulla crisi economica mondiale nel corso del dialogo a braccio di oggi con i parroci romani. "La Chiesa - ha spiegato - ha sempre questo compito di essere vigilante, di cercare essa stessa, comprendendo le ragioni del mondo economico, di illuminare questo ragionamento con la fede che ci libera dal peccato. Per questo deve farsi sentire ai diversi livelli per aiutare a correggere tanti interessi personali e di gruppi, nazionali e sopranzionali, che si oppongono alle correzioni alla radice dei problemi". E anche se non riesce mai a promuovere "una correzione radicale e totale, dobbiamo fare di tutto perche' ci siano correzioni sufficienti per far vivere e ostacolare l'affermarsi dell'egoismo che si presenta anche sotto le forme della scienza".
Per il Papa e' anche sul terreno della riflessine sull'economia che bisogna saper rispondere, infatti, ha aggiunto, "i grandi moralismi non aiutano se non sono sostanziati con la conoscenza della realta' che aiuta a capire cosa si puo' in concreto fare per cambiare la situazione". "Prepariamo - ha confermato - un'enciclica su questi punti, e vedo come e' difficile parlare con competenza e consapevolezza etica, creata e educata da un'esperienza formata dai Vangeli".
Nella sua risposta Papa Benedetto ha ricordato i due livelli della presente crisi finanziaria: quello della "macroeconomia" e quello della vita concreta delle persone che perdono il lavoro o la casa. In entrambi, ha spiegato, la Chiesa deve impegnarsi. Ma in entrambi dobbiamo fare i conti con "la realta' del peccato originale, e dobbiamo fare appello a una ragione lucida". Se non esitesse il peccato originale, infatti, "la buona volonta' basterebbe a risolvere i problemi, ma non e' cosi': la ragione e' oscurata dalla tentazione di ciascuno di volere il mondo per se'. E' oscurata cioe' da false premesse che ci fanno fare grandi passi avanti sulla strada sbagliata". Per questo, ha osservato, il "dialogo e' difficile senza la luce della fede che entra nella nostra vita". Senza di essa, infatti, "non sappiamo vedere la strada da percorrere, che e' quella della rinuncia a me stesso, di correzione della mia volonta' in favore dell'altro"
Da parte sua la Chiesa deve alzare la sua voce con una "denuncia ragionevole e ragionata degli errori, nella quale le ragioni concrete si fanno comprensibili". E' questo, ha scandito Ratzinger, "un mandato della Chiesa da sempre: da Leone XIII si cerca di fare denunce, ma non sono sufficienti: l'assenso della ragione esige poi la correzione dei comportamenti". Il problema con il quale confrontarsi "non e' un concetto astratto di peccato, si riferisce alla giustizia che Dio ci da' e la giustizia non si puo' creare solo con modelli economici buoni, che sono necessari, ma si realizza solo se ci sono i giusti: se non ci sono, se non c'e' lavoro umile e quotidiano per convertire i curoi a Dio, allora non c'e' neanche la giustizia collettiva". Per il Pontefice, cioe', "le strutture buone non si realizzano se si oppone ad esse l'egoismo, anche quello di persone competenti". Cosi' "per arrivare ai grandi scopi dell'umanita' bisogna dare degli orientamenti, come gia' fanno i vescovi e le Conferenze Episcopali, perche' tutti dobbiamo erudire alla giustizia. Ma questo non basta: ce lo insegna il dialogo tra Dio e Abramo nel Vecchio Testamento, quando Abramo chiede di salvare la citta' perche' ci sono 100 giusti, e il Signore gli risponde che anche solo dieci sono sufficienti. Ma - ha affermato il Papa teologo - se mancano 10 giusti con tutta la dottrina la citta' non sopravvive: il nostro lavoro nelle parrocchie e' che ci siano tanti giusti e cosi' ci sia giustiza nel mondo". I due livelli quello della macroeconomia e quello della formazione delle coscienze, ha concluso, "sono inscindibili, come ricorda la mia prioma enciclica (la "Deus caritas est", ndr) la carita' rimane oltre la giustizia, la carita' e' educare alla fede e guidare a Dio".

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Paparatzifan
00giovedì 26 febbraio 2009 21:34
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PAPA: PRIMATO PETRINO GARANTISCE CHIESA DA NAZIONALISMI

(AGI) - CdV, 26 feb.

"Il ministero di Pietro garantisce l'universalita' della Chiesa e la trascendenza dai nazionalismi e da altre frontiere, e 'si realizza nella carita'".
Benedetto XVI lo ha ricordato oggi ai parroci di Roma. "Il primato - ha spiegato - non e' da intendere come una volonta' di supremazia, ma rappresenta il bisogno, avvertito anche da altre chiese, di un punto unificante, necessario per non cadere nel nazionalismo, per evitare cioe' l'identificazione con una determinata cultura e essere sempre costretti ad aprirsi a tutti gli altri".

Lo scopo del primato dunque e "garantire la cattolicita' nella ricchezza delle culture e nello stesso tempo escludere ogni tipo di assolutizzazione. E'una garanzia contro le mode, i particolarismi, le eresie sempre assunte in funzione di un aspetto, mentre la fede guarda all' integralita".

Solo cosi' la Chiesa, secondo il Papa, "puo' dare esempio della carita' che significa soprattutto 'amore per gli altri e responsabilita' per i poveri e gli abbandonati'.
Tra le domande dei parroci, una riguardava il problema delle indulgenze e delle pratiche tradizionali di pieta' cristiana come i 9 venerdi' del mese, un po' in disuso dopo il Concilio.
"Nessuno - ha risposto il Papa teologo - deve 'disprezzare' le indulgenze e le manifestazioni di devozione popolare: anche attraverso di esse si partecipa - ha concluso - alla comunione della Chiesa".

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Paparatzifan
00giovedì 26 febbraio 2009 21:34
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CATTOLICI: PAPA, IMPEGNO PER GIUSTIZIA, MORALITA' E VERITA'

(AGI) - CdV, 26 feb.

"I cristiani devono essere oggi fermento di giustizia, di integrita' morale, di carita', perche' la societa' ha bisogno di persone che vivano non per se stesse ma per gli altri". Lo ha detto Benedetto XVI nell'incontro di oggi con 500 sacerdoti della diocesi di Roma. "Questo aspetto della testimonianza - ha aggiunto - va unito a quello della parola: e' la prima, infatti, che da' credibilita' alla seconda, rivelando che la fede non e' una filosofia o un'utopia ma una realta' che fa vivere. A questa opera di evangelizzazione sono necessari percio' preti e catechisti formati culturalmente, ma soprattutto capaci di parlare all'uomo di oggi con la semplicita' della verita'. Per mostrargli che Dio, in realta', non e' un essere lontano ma una persona che parla e che agisce nella vita di ciascuno. Anche qui - ha sottolineato il Pontefice - risulta prezioso il ruolo del parroco, il quale nel suo lavoro pastorale incontra gli uomini senza maschera, nelle situazioni di gioia e di sofferenza che appartengono alla vita quotidiana".

Per il Papa, luogo privilegiato per fare esperienza della vicinanza di Dio e' la liturgia, che essenzialmente e' "una scuola per imparare l'arte di essere uomo e per sperimentare la familiarita' di Cristo.

In questo senso, la catechesi sacramentale e' anche una catechesi esistenziale, perche' mostra che la liturgia non e' una realta' misteriosa e distante, ma e' il cuore dell'essere cristiani e, allo stesso tempo, genera nel credente l'apertura all'altro e al mondo. L'Eucaristia, in particolare, va vissuta come segno e seme di carita'". Il Pontefice ha quindi offerto la sua riflessione su un tema a lui particolarmente caro quale e' quello dell'emergenza educativa. Compito dei sacerdoti, ha rilevato, fin dall'oratorio e' offrire ai giovani una formazione umana integrale. Ed ha ribadito che oggi viviamo in un mondo dove molte persone hanno tante conoscenze ma senza orientamento interiore etico. Per questo, la Chiesa ha il dovere di proporre una formazione umana illuminata dalla fede. Aprirsi dunque alla cultura del nostro tempo, ma indicando criteri di discernimento. Nell'incontro non sono mancati momenti simpatici come quando un parroco del quartiere della Casilina ha declinato un sonetto in romanesco per celebrare la prossima visita di Benedetto XVI in Campidoglio.

Una poesia che Papa Ratzinger ha particolarmente gradito: "Grazie! Abbiamo sentito parlare il cuore romano, che e' un cuore di poesia. E' molto bello sentire un po' di romanesco e sentire che la poesia e' profondamente radicata nel cuore romano. Questo forse - ha concluso il Pontefice - e' un privilegio naturale che il Signore ha dato ai romani, e' un carisma naturale che precede i privilegi ecclesiali ".

© Copyright (AGI)


+PetaloNero+
00venerdì 27 febbraio 2009 01:10
Due nuovi consultori per la Congregazione delle Cause dei Santi


Padre Priamo Etzi e padre Stéphane Oppes, entrambi francescani





CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 26 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha nominato due consultori francescani della Congregazione delle Cause dei Santi, secondo quanto rende noto la Sala Stampa della Santa Sede.

Sono i sacerdoti Priamo Etzi, O.F.M., Decano della Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università "Antonianum" di Roma, e Stéphane Oppes, O.F.M., Docente presso la Facoltà di Filosofia della medesima Università.

La Congregazione ha 34 membri – Cardinali, Arcivescovi e Vescovi –, un promotore della fede (Prelato Teologo), 5 relatori e 83 consultori.

La Congregazione ha avuto origine il 22 gennaio 1588, quando Sisto V ha creato la Sacra Congregazione dei Riti e le ha affidato il compito di regolare l'esercizio del culto divino e di studiare le cause dei Santi.

Paolo VI, con la Costituzione Apostolica “Sacra Rituum Congregatio” dell'8 maggio 1969, ha diviso la Congregazione dei Riti creando due Congregazioni, una per il Culto Divino e l'altra per le Cause dei Santi.

Giovanni Paolo II, con la Costituzione Apostolica “Pastor bonus” del 28 giugno 1988, le ha dato la fisionomia che ha oggi.

Secondo quanto stabilisce l'articolo 72 della Costituzione, la Congregazione “assiste con speciali norme e con opportuni suggerimenti i Vescovi diocesani, a cui compete l'istruzione della causa”.

Oltre a questo, “esamina le cause già istruite, controllando se tutto sia stato compiuto secondo la norma della legge. Indaga a fondo sulle cause così esaminate, al fine di decidere se risulti tutto quanto richiesto perché siano sottoposti i voti favorevoli al Sommo Pontefice, secondo i gradi prestabiliti delle cause”.

L'articolo 73 stabilisce che spetta alla Congregazione “giudicare circa il titolo di dottore da attribuire ai santi, dopo aver ottenuto il voto della Congregazione della Dottrina della Fede per quanto riguarda l'eminente dottrina”.

La Costituzione stabilisce inoltre che “tocca, ancora, ad essa di decidere intorno a tutto ciò che riguarda la dichiarazione di autenticità delle sacre reliquie e la loro conservazione”.
+PetaloNero+
00venerdì 27 febbraio 2009 01:10
Nuovo consultore vaticano, il responsabile della GMG di Toronto


Padre Thomas Rosica, C.S.B., fondatore di Salt and Light Television





CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 26 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha nominato Consultore del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali padre Thomas Rosica, C.S.B., direttore del canale cattolico della televisione canadese Salt and Light, secondo quanto ha reso noto questo giovedì la Sala Stampa della Santa Sede.

In alcune dichiarazioni a ZENIT dopo la nomina, padre Rosica ha spiegato che “è un privilegio servire la Chiesa universale attraverso l'importante opera del Consiglio delle Comunicazioni Sociali. Abbiamo visto tutti le grandi sfide e il potenziale delle buone comunicazioni a tutti i livelli della Chiesa, soprattutto nell'ultimo mese”.

“Questa nomina è una responsabilità e un tributo alla Chiesa in Canada, a tutti i giovani che lavorano con me nel primo canale televisivo cattolico nazionale canadese e ai generosi benefattori che hanno reso questo progetto di Nuova Evangelizzazione possibile in Canada”.

“Sono grato a Papa Benedetto XVI e ai membri del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali a Roma per il loro incoraggiamento e la loro fiducia”.

Nato nel 1959, padre Rosica è stato ordinato nel 1986. Ha la doppia cittadinanza, statunitense e canadese. E' esperto di Scrittura e fa parte del Consiglio Generale della Congregazione dei Sacerdoti di San Basilio dal luglio 2006.

P. Rosica è stato pastore e direttore esecutivo della Missione Cattolica del Newman Centre presso l'Università di Toronto dal 1994 al 2000, prima di essere nominato direttore nazionale e direttore esecutivo della Giornata Mondiale della Gioventù del 2002 e della visita papale in Canada.

Ha dato vita alla Salt and Light Television nel luglio 2003. Nell'ottobre 2008 è stato il responsabile dell'edizione linguistica inglese del Sinodo dei Vescovi in Vaticano.

+PetaloNero+
00venerdì 27 febbraio 2009 01:11
Visita del Cardinale Lajolo alla Specola Vaticana di Tucson




ROMA, giovedì, 26 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Il Cardinale Giovanni Lajolo, Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, sarà fino a sabato a Tucson, ospite dell'Università di Arizona, per una visita al Vatican Observatory Research Group (VORG), sede distaccata della Specola Vaticana.

L'iniziativa si colloca all'interno dell'Anno internazionale dell'astronomia, inaugurato ufficialmente il 15 gennaio scorso presso la sede dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO).

Il porporato, dopo aver visitato gli uffici del VORG - fondato nel 1981 come secondo centro di ricerca della Specola dopo quello di Castel Gandolfo - parteciperà all'annuale seminario della Vatican Observatory Foundation, alla presenza degli astronomi gesuiti della Specola, alla riunione del consiglio di amministrazione e al successivo incontro con i benefattori della fondazione.

Il Cardinale Lajolo – ricorda “L’Osservatore Romano” – incontrerà anche il personale tecnico dello Steward Observatory dell'Università di Arizona, responsabile del progetto e della costruzione del telescopio vaticano a tecnologia avanzata (Vatt), inaugurato nel 1993 sul Monte Graham, a 3.200 metri di altitudine.

Si tratta del primo telescopio per osservazioni nelle gamme ottiche e infrarossa facente parte del programma Mount Graham International Observatory (Mgio), che prevede la costruzione di alcuni dei più grandi e sofisticati telescopi del mondo.

È anche il primo telescopio dotato di uno specchio realizzato con la nuova tecnologia del forno rotante, ideata per la costruzione di grandi specchi, rigidi e relativamente leggeri.

Questo strumento consente agli astronomi della Specola di sviluppare programmi di ricerca a lungo termine che non era stato possibile realizzare nella sede di Castel Gandolfo prima del 1981.

Al termine della permanenza in Arizona, il porporato si trasferirà a Washington, dove parteciperà il prossimo 2 marzo ad un ricevimento in suo onore organizzato dal Nunzio Apostolico, l'Arcivescovo Pietro Sambi, presso la sede della Nunziatura.

Le origini dell’Osservatorio Astronomico Vaticano si fanno risalire ai tempi di Papa Gregorio XIII, il quale istituì appositamente una commissione scientifica incaricata di studiare i dati e le implicazioni relative alla realizzazione della riforma del calendario liturgico, che ebbe luogo nel 1582.

Dopo una lunga parentesi di inattività, fu Leone XIII a dare vita al nuovo Osservatorio Astronomico Vaticano con il Motu proprio “Ut mysticam” del 1891. E' però nel 1935 che la sede centrale dell’Osservatorio Vaticano venne trasferita nel Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo su iniziativa di Pio XI.
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00venerdì 27 febbraio 2009 01:11
L'appello del Papa alla conversione fa breccia tra i fedeli


Durante la Messa del Mercoledì delle Ceneri





di Carmen Elena Villa


ROMA, giovedì, 26 febbraio 2009 (ZENIT.org).- L'appello alla conversione lanciato da Benedetto XVI questo mercoledì durante la Messa del Mercoledì delle Ceneri è penetrato tra le migliaia di fedeli riuniti nella Basilica di Santa Sabina per dare inizio al tempo di Quaresima.

Altre centinaia di pellegrini che non hanno potuto entrare nella Basilica sono rimaste all'esterno partecipando alla cerimonia, trasmessa mediante maxischermi. Nonostante il freddo, il pomeriggio era assolato.

Un'antica tradizione

Anno dopo anno, il Papa celebra a Santa Sabina, sul colle dell'Aventino, la Messa con cui si dà inizio alla Quaresima. Fin dal V secolo, quando è stata costruita la Basilica, i cristiani si riunivano 40 giorni prima della Settimana Santa nella chiesa di Sant'Anastasia e andavano a piedi fino a Santa Sabina, facendo penitenza a piedi scalzi, chiedendo misericordia e proponendosi di praticare il digiuno e l'astinenza.

“Così è nata la tradizione che il Papa celebri ogni anno il Mercoledì delle Ceneri in questa chiesa, con Papa Sisto V, nel 1587. Nel 1700 Papa Clemente VI ha interrotto questa tradizione, ripresa poi da Giovanni XXIII nel 1962”, ha spiegato a ZENIT il sacerdote domenicano fr. Francesco Ricci, rettore di Santa Sabina.

Secondo padre Henry O'Shea OSB, segretario della Conferenza Benedettina, Giovanni XXIII decise che la processione iniziasse dalla chiesa di Sant'Anselmo, ubicata a pochi metri da Santa Sabina. “Ciò è dovuto alla devozione che aveva per questo santo e al fatto che stimava molto l'ordine benedettino”, ha riferito il sacerdote.

Da allora, è tradizione che la cerimonia si svolga all'Aventino, partendo sempre da Sant'Anselmo. La Messa a Santa Sabina presieduta dal Papa è stata interrotta solo nel 2005, a causa dello stato di salute di Giovanni Paolo II, morto un mese e mezzo dopo.

Pellegrini in tempo di Quaresima

Fedeli di questa chiesa che vengono anno dopo anno, così come pellegrini giunti da altri luoghi, si sono riuniti questo mercoledì per iniziare la Quaresima con l'Eucaristia presieduta da Benedetto XVI.

Tra i concelebranti c'erano 40 Vescovi nigeriani in visita a Roma per la conferenza sull'inculturazione del Vangelo in Africa in svolgimento presso l'Università Urbaniana.

La giovane Sandra Manzo, proveniente da Miami, è giunta per la prima volta a Roma per festeggiare qui il suo compleanno e ha espresso la sua gioia per aver partecipato a questa liturgia con il Papa: “E' un'opportunità unica che si verifica una sola volta nella vita. E' stato bello essere stata in una chiesa relativamente piccola e aver visto il Papa così da vicino”.

Sandra ha condiviso con ZENIT anche ciò che significa per lei questo tempo liturgico: “La Quaresima è un periodo di riflessione. Oggi ho chiesto a Dio molte cose personali, e spero che quest'anno sia per tutti tranquillo, pieno di pace e cambiamenti positivi non solo per il mio Paese, ma per molti altri che come il mio vivono questo tempo di transizione”.

Da parte sua Alessandra, di Roma, che ogni anno il Mercoledì delle Ceneri va nella sua parrocchia, ha detto a ZENIT di essersi recata stavolta a Santa Sabina per ascoltare le parole del Santo Padre: “Questo Papa è una persona molto colta e molto attenta a quelli che sono i problemi della società di oggi. Parla dei veri valori che dovrebbero essere rispettati e seguiti. La Quaresima significa riconciliarci con il Signore”, ha affermato.

Durante questo tempo liturgico, sostiene, i cattolici devono “riscoprire un modo di comportarsi migliore di quello che magari abbiamo messo in pratica durante la nostra vita”.

Per David, che arriva da Valencia (Spagna) con la moglie e quattro figli (il più piccolo ancora in gestazione), aver partecipato alla Messa con il Pontefice è stato il modo migliore di iniziare la Quaresima: “Abbiamo letto il Messaggio per la Quaresima diffuso dal Papa in questi giorni e abbiamo detto: 'Perché non proviamo ad andare? Sappiamo che è difficile ma dobbiamo provarci'”.

Questo padre di famiglia era commosso perché uscendo dalla chiesa il Papa ha benedetto i suoi figli e ha dato un bacio in fronte al suo secondo bambino, Simón. “E' stata una cosa che non ci aspettavamo. Sento che Dio ha voluto che vivessimo questo, ci ha condotti dal Papa e ci ha mostrato la via”.

David si è sentito toccato dal Messaggio del Santo Padre per la Quaresima e dall'omelia pronunciata durante la Messa, in cui ha invitato in modo particolare i cattolici a convertirsi giorno per giorno e a lottare contro l'uomo vecchio.

“Il messaggio del Papa è splendido – ha commentato –. Le sue parole sono state molto belle: convertire il proprio cuore. E' questo che chiedo a Dio”.







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00venerdì 27 febbraio 2009 16:07
Benedetto XVI: quando la povertà colpisce gli uomini, i cristiani non possono restare indifferenti


Allargare il cuore verso chi è colpito dal bisogno e lottare generosamente contro la povertà, perché un cristiano non può rimanere inerte “quando il pane manca sul tavolo degli uomini”. E’ l’esortazione che Benedetto XVI ha rivolto ai membri di due Associazioni benefiche - la “Pro Petri Sede” e la “Etrenne pontificales” - ricevuti oggi in udienza e ringraziati con calore per la loro azione svolta nei Paesi del Benelux, a sostegno della carità del Papa. Il servizio di Alessandro De Carolis:

La visita a Roma per portare al Papa il frutto di due collette che per il loro spirito sono del tutto simili all’Obolo di San Pietro. Alle 50 persone ricevute nella Sala del Concistoro in rappresentanza della “Pro Petri Sede” - che raccoglie donatori del Belgio, del Lussemburgo e dei Paesi Bassi - e della “Etrennes Pontificales” - antica iniziativa dei giornalisti cattolici belgi - Benedetto XVI ha rivolto un saluto interamente incentrato sul valore della carità secondo lo spirito del Vangelo. Ricordando, nel’Anno Paolino, l’insegnamento dell’Apostolo delle genti sull’unità del Corpo mistico di Cristo - le cui parti sono unite e sollecite fra loro - il Papa ha riaffermato un principio:


“Nourris du même pain eucharistique, les baptisés…
Nutriti dal medesimo pane eucaristico, i battezzati non possono rimanere indifferenti quando manca il pane sul tavolo degli uomini. Quest’anno, avete deciso di ascoltare l’appello ad allargare il vostro cuore alle esigenze delle persone svantaggiate, in modo che i membri del Corpo di Cristo, colpiti dalla povertà siano sollevati e diventino più forti e liberi di testimoniare la Buona Novella”.


“Affidando il frutto dei vostri risparmi al Successore di Pietro, voi - ha riconosciuto con gratitudine Benedetto XVI - gli consentite di esercitare un ruolo attivo e concreto di carità che è il segno della sua sollecitudine per tutte le Chiese, per ciascun battezzato e per ciascuna persona”:


“Soyez-en très vivamente remerciés au nom de toutes…
Vi ringrazio molto a nome di tutte le persone che la vostra generosità sosterrà nella lotta contro i mali che minacciano la dignità umana. Combattendo la povertà, diamo maggiori probabilità alla pace di realizzarsi e di mettere radici nei cuori”.



www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=722&set...


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00venerdì 27 febbraio 2009 16:07
Padre Lombardi sulla richiesta di scuse di Williamson: è inadeguata e non rispetta le condizioni richieste


Una dichiarazione non indirizzata al Papa e non rispettosa di quanto richiesto. Il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha commentato oggi con queste parole la richiesta di perdono che il vescovo lefebvriano negazionista, Richard Williamson, ha indirizzato alle vittime dell’Olocausto. “Non si tratta - ha affermato padre Lombardi - di una lettera indirizzata al Santo Padre o alla Commissione Ecclesia Dei. La ‘dichiarazione’ del vescovo - ha osservato - non sembra rispettare le condizioni stabilite nella nota della Segreteria di Stato del 4 febbraio 2009, dove si diceva - ha concluso padre Lombardi - che egli ‘dovrà anche prendere in modo assolutamente inequivocabile e pubblico le distanze dalle sue posizioni riguardanti la Shoah”.

Scusandosi per i commenti rilasciati tempo fa in un’intervista che misconoscevano la tragedia dell’Olocausto, mons. Wialliamson ha detto - secondo quanto riportato dalle agenzie - di rammaricarsi per “aver espresso quelle dichiarazioni”. Aggiungendo fra l’altro: “Se avessi saputo in anticipo il danno e il dolore che avrebbero arrecato, soprattutto alla Chiesa, ma anche ai sopravvissuti e ai parenti delle vittime che hanno subito ingiustizie sotto il Terzo Reich, non le avrei rilasciate”.


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00venerdì 27 febbraio 2009 16:09
Il metropolita ortodosso Kryštof in visita in Vaticano: intervista con il cardinale Kasper

E’ iniziata ieri la visita in Vaticano di Sua Beatitudine Kryštof, metropolita ortodosso delle Terre Ceche e di Slovacchia. Domani è in programma l’incontro col Papa. Su questa visita e sulla situazione di questa Chiesa ortodossa ascoltiamo il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, al microfono di Philippa Hitchen:

R. – It’s a young church and it’s also in a post-communist country with all the …
E’ una Chiesa giovane ed è una Chiesa in un Paese post-comunista con tutti i problemi della transizione; per questo noi siamo felici di incontrare l’arcivescovo Kryštof, siamo felici che venga a far visita al Santo Padre. Finora, non abbiamo avuto grandi contatti con lui e per questo è un buon segno il fatto che possiamo iniziare ad allacciare rapporti con questa giovane, piccola Chiesa che vive in un Paese ormai occidentalizzato. Il metropolita è una personalità molto aperta e penso che non sarà difficile instaurare buoni rapporti con lui. E’ il benvenuto qui, a Roma!

D. – La Chiesa cattolica e quella ortodossa hanno vissuto una storia comune di sofferenza e di martirio sotto il lungo regime comunista; eppure, ci sono ancora contrasti riguardo alle proprietà…

R. – Well, the conflict about Church property is going on in all these countries: …
In realtà il contrasto sulle proprietà della Chiesa è ancora attuale in tutti questi Paesi, non soltanto nella Repubblica Ceca e in Slovacchia: ovunque. Purtroppo, questa è l’eredità del comunismo, ed è molto più aspro di quanto non si possa pensare; ed è anche eredità della questione hussita, che è sempre presente: ecco perché la Chiesa lì non ha vita facile. Tra l’altro la Chiesa cristiana, nella Repubblica Ceca, è molto secolarizzata, la mentalità è simile a quella che abbiamo nella Germania dell’Est, con una secolarizzazione molto avanzata e la perdita della dimensione di Dio. Ecco, la Chiesa nella Repubblica Ceca vive - come dicevo - in un contesto ormai occidentalizzato, ma si tratta pur sempre di uno Stato ex-comunista nel quale c’è stata una forte persecuzione. Tuttavia ci sono anche ragioni di speranza perché il sangue dei martiri ha dato vita a nuovi cristiani. Penso che i tanti, tanti martiri che l’Est e l’Ovest hanno in comune nel secolo appena trascorso siano ragione di speranza per noi e per questo XXI secolo. (Traduzione a cura di Gloria Fontana)

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00venerdì 27 febbraio 2009 16:10
Giornata missionaria ispanoamericana: il messaggio della Pontificia Commissione per l’America Latina


“Annunciare il Vangelo, come constatiamo nell'azione missionaria dell'apostolo Paolo, non consiste nella fredda trasmissione di una dottrina, ma fondamentalmente nel testimoniare la propria esperienza di incontro con una persona, con Gesù Cristo stesso, il quale costituisce l’unica realtà che ha la forza di aprire il cuore degli uomini a contatto con la verità”. È per questo che “solo uniti a Cristo, solo con Cristo, l’America vive la missione!". E’ quanto si legge nel tradizionale messaggio annuale della Pontificia Commissione per l’America Latina (Cal) che il suo presidente, il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi e il suo vicepresidente, mons. José Octavio Ruiz Arenas, hanno inviato a tutte le diocesi della Spagna in occasione della giornata di solidarietà missionaria con le Chiese ispanoamericane prevista domenica prossima. Il servizio di Luis Badilla:

Il tema della giornata, “America con Cristo, vivi la missione”, rileva due realtà intimamente collegate: “Da una parte, ci ricorda la chiamata ad andare nel mondo intero per essere autentici discepoli’ di Gesù. Dall'altra, ci riconferma in una sicurezza che ha il suo fondamento nella promessa stessa del Maestro: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. "Davanti alla crisi di fede che si vive oggi in America Latina – prosegue il messaggio - urge far conoscere Cristo e annunciare la sua Parola con ardore agli uomini e alle donne del Continente; per fare ciò dobbiamo fondare il nostro impegno missionario e tutta la nostra vita sulla roccia della Parola di Dio”. Perciò si ricorda anche come la celebrazione della Giornata inviti a rivolgere lo sguardo alla realtà dell’America Latina, una realtà complessa sottoposta a rapidi cambiamenti in diversi ambiti della vita politica, economica, sociale e religiosa con ripercussioni non sempre positive sulla vita delle persone.


Davanti alla crisi della fede religiosa e al compito urgente dell’evangelizzazione, richiamato dal recente Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio e dalla Conferenza di Aparecida, il Messaggio esorta a lasciarsi ispirare dall’Apostolo Paolo, il quale per fronteggiare le sfide di un ambiente ostile all’annuncio del Vangelo ha trovato forza nell’incontro con la Persona, con il Dio fatto uomo venuto ad incontrare ogni creatura in modo personale. Per questo l'America Latina deve “riscattare e riaffermare i valori cristiani che sono alla radice della sua cultura e delle sue tradizioni”. E’ urgente e necessario “far giungere la luce del Vangelo alla vita pubblica, culturale, economica e politica”. Ma come rispondere a tali sfide? La Pontificia Commissione ricorda le parole del discorso tenuto da Benedetto XVI il 13 maggio 2007 per la sessione inaugurale dei lavori della quinta Conferenza generale dell'episcopato latinoamericano e dei Caraibi, ad Aparecida: “Solo chi riconosce Dio, conosce la realtà e può rispondere ad essa in modo adeguato e realmente umano”. Invocando infine l’intercessione di Maria Santissima, il Messaggio rinnova ai sacerdoti e ai religiosi l’invito a rispondere con generosità all’impegno missionario nel “Continente della Speranza” , facendosi portatori della Parola “fino ai confini della terra”.


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00venerdì 27 febbraio 2009 16:10
Da Petrus

Religione & Informazione, il giornalista Svidercoschi lancia l'idea di un Sinodo sui Media

CITTA’ DEL VATICANO - Gianfranco Svidercoschi, biografo di Papa Wojtyla ed ex vice direttore dell'Osservatore Romano, ha lanciato l'idea di un Sinodo sulle Comunicazioni Sociali, che ha subito riscosso l'approvazione dei vaticanisti presenti a un dibattito sull'informazione religiosa organizzato dall'Ufficio Nazionale delle Comunicazioni Sociali in collaborazione con il Servizo per il Progetto Culturale della Cei. "Benedetto XVI - ha chiesto Svidercoschi - convochi un Sinodo sulle comunicazioni sociali, perche' si e' creato un rapporto falsato tra fatto religioso e notizia". Per Svidercoschi, "la responsabilita' e' dei media, che banalizzano o politicizzano il fatto religioso: dei discorsi di diverse pagine del Papa, le agenzie - ha denunciato - riportano solo le due righe politiche dimenticando il resto. Ma ci sono anche responsabilita' della Chiesa che si dimostra incapace, a volte, di comunicare". Tra i relatori all'incontro promosso dalla Cei, c'era l'inviato storico della Stampa, Igor Man, che ha espresso una valutazione analoga a quella di Svidercoschi: "Oggi - ha detto - molti giornalisti sono impiegati della notizia". Per Man, "il mestiere del giornalista e' facile: raccontare i fatti, la vita, la morte. Non siamo piu' il quarto potere ma abbiamo il potere di fare bene, raccontando i fatti come sono, o male, storcendone la verità". Igor Man ha ricordato la centralita' dell'elemento religioso nella testimonianza di fatti storici degli ultimi 50 anni, vissuti in prima persona, come la guerra in Vietnam, il colpo di Stato in Sudan del 1975, dove rischio' di essere fucilato, o gli incontri con Madre Teresa e Giovanni Paolo II e l'intervista a Che Guevara, che gli confido': "Non mi sono mai posto il problema di Dio. Pero', se come dice mia madre, veramente esiste, mi auguro che nel suo cuore ci sia un piccolissimo posto anche per il comandante Che". "Testimonianza ma anche professionalita' e competenza", sono le "due strade per accorciare la distanza tra la fede e la notizia che ne potrebbe scaturire", ha affermato da parte sua don Domenico Pompili, direttore dell'Ufficio per le comunicazioni sociali, introducendo l'incontro su "Chiesa e comunicazione nell'Anno Paolino". La prima "strada", ha sottolineato Pompili, per "accorciare tale distanza" e' "pensare alla testimonianza come modo di esposizione attraverso i media, privilegiando le storie personali sui concetti astratti e le narrazione di storie di vita". Come "seconda strada", il direttore dell'Ufficio Cei ha suggerito "la professionalita' e la competenza che consentono di trasmettere una visione d'insieme, fatta di armonia e di senso". Perche', ha ricordato Pompili, "il cristianesimo e' una visione della realta' originale e integrale, di cui occorre conoscere tutto perche' in essa 'tutto si tiene'. Di sicuro il rapporto media e religione, per quanto sia tutto da verificare, racchiude una straordinaria possibilita', tenuto conto che la mediazione giornalistica e' quella che decide in larga misura della stessa coscienza diffusa". "Se Paolo fosse vissuto oggi - si e' chiesto da parte sua il biblista Romano Penna -, sarebbe stato un giornalista? Mi sembra anacronistico affermarlo - ha spiegato -, perche' l'interesse di Paolo era esclusivamente il rapporto con le comunita' cristiane".
Paparatzifan
00venerdì 27 febbraio 2009 18:13
Dal blog di Lella...

Il Papa: la crisi dall'idolatria del denaro

Alberto Bobbio

Città del Vaticano

È la seconda volta che ne parla. Parole semplici, ferme, parole severe. È il segno di una preoccupazione lunga, perché per ritrovare parole quasi uguali a quelle di ieri bisogna tornare indietro di qualche mese, all'apertura ad ottobre del Sinodo dei vescovi sulla Parola di Dio.
Anche allora Ratzinger aveva parlato a braccio, come ieri mattina davanti ai «suoi» parroci, perché il Papa è vescovo di Roma.
Di solito è un colloquio, una sorta di question time, cioè i preti interrogano e il Papa risponde. Ieri mattina la prima domanda è stata sulla crisi economica, sulla recessione che colpisce le famiglie, sui risparmi che se ne vanno come il vento. Benedetto XVI ha detto: «Il crollo delle grandi banche americane mostra quello che è l'errore di fondo: l'avarizia e l'idolatria che oscurano il vero Dio. È sempre la falsificazione di Dio in mammona che ritorna».
Alcuni mesi fa all'apertura del Sinodo aveva rilevato che «due sono le possibilità di costruire la casa della propria vita: sulla sabbia e sulla roccia». Sulla sabbia edifica «chi costruisce solo sulle cose visibili e tangibili, sul successo, sulla carriera e sui soldi e lo vediamo nel crollo delle grandi banche: questi soldi scompaiono, sono niente». Il concetto è lo stesso e richiama le fondamenta della vita, che vanno poste sulla roccia della Parola di Dio.
È il segno che il Papa e suoi collaboratori più stretti stanno da tempo studiando i risvolti non solo macroeconomici, ma anche etici e morali della crisi finanziaria. Un'analisi approfondita si troverà certamente nella prossima enciclica sociale, annunciata ormai da un anno e di cui si conosce anche il titolo «Caritas in veritate».
Ieri il Pontefice ha detto ai parroci che ci sta lavorando «da molto tempo».
La si attendeva prima di Natale, ma poi lo stravolgimento delle piazze finanziarie, la recessione in atto e la questione di una nuova etica pubblica rispetto al mercato, al liberismo, ma anche ai nuovi protezionismi degli Stati, hanno fatto slittare la pubblicazione e, secondo quanto si è appreso, il testo già quasi pronto alla fine dell'estate scorsa è stato completamente riscritto. Benedetto XVI, ai «suoi» parroci, ha confidato che si tratta di «temi difficili», perché da «un lato bisogna parlarne con competenza» e dall'altro bisogna farlo «con la consapevolezza ed un'etica guidata dalla coscienza formata dal Vangelo».
Era l'idea, appunto, proposta durante la riflessione all'inizio del Sinodo e confermata ieri.
Al parroco che gli chiedeva come la Chiesa deve porsi di fronte alla crisi, Benedetto XVI ha risposto «che la Chiesa ha sempre il compito di essere vigilante, comprendendo le ragioni del mondo economico e di illuminare questo ragionamento con la fede che ci libera dal peccato. Per questo deve farsi sentire ai diversi livelli per aiutare a correggere tanti interessi personali e di gruppi, nazionali e sovrannazionali, che si oppongono alle correzioni che devono essere fatte alla radice dei problemi».
Eppure il Papa è consapevole che «una correzione radicale e totale» è difficile da ottenere. Tuttavia, ha aggiunto, «dobbiamo fare di tutto perché ci siano correzioni sufficienti, e poi dobbiamo ostacolare l'affermarsi dell'egoismo che si presenta anche sotto le forme della scienza». Al fondo anche della crisi c'è il peccato originale, cioè il peccato di chi non riconosce Dio: «Se non esistesse il peccato originale, potremmo fare appello alla lucidità della ragione e riformare così l'umanità». Ma la ragione «è oscurata alla radice dall'egoismo e dall'avarizia di volere il mondo solo per sé».
Piegano cioè la volontà, che «non è più disponibile a fare il bene per gli altri, ma solo per se stessi».
Benedetto XVI ha sottolineato che di fronte a tutto ciò la Chiesa deve proporre denunce «ragionate, ragionevoli e concrete», lasciando da parte il «moralismo».
Ma ha ricordato che i modelli economici buoni si realizzano solo se ci sono «i giusti», cioè se si cambia la propria rotta di vita. E i «giusti non ci sono se non si fa il lavoro umile e quotidiano di convertire gli uomini».

© Copyright Eco di Bergamo, 27 febbraio 2009


Paparatzifan
00venerdì 27 febbraio 2009 21:53
Paparatzifan
00venerdì 27 febbraio 2009 22:01
+PetaloNero+
00sabato 28 febbraio 2009 01:30
Da Petrus

Brasile, sospeso sacerdote ‘ribelle’ favorevole ai profilattici e alle coppie omosessuali



CITTA’ DEL VATICANO - Un sacerdote cattolico brasiliano, Luiz Couto (nella foto), sostenitore dell'uso del preservativo e difensore dei diritti degli omosessuali, e' stato sospeso dall'Arcivescovo dello Stato di Paraiba, Monsignor Aldo Pagotto. Il provvedimento e' arrivato in seguito ad un'intervista rilasciata da padre Couto ad una testata locale, nella quale il religioso, che e' anche parlamentare del partito dei lavoratori (Pt) del presidente Lula, difendeva l'impiego del profilattico quale beneficio della salute collettiva, si schierava contro le discriminazioni agli omosessuali e criticava il celibato imposto al clero cattolico. Secondo quanto dichiarato dall'Arcivescovo Pagotto, tali parole sono ''intollerabili'' e drammaticamente opposte alla dottrina ufficiale della Chiesa. Per questa ragione, ha precisato Pagotto, sara' impedito al prete di svolgere la sua regolare attivita' sacerdotale, fino a che non ritrattera' le sue dichiarazioni. Padre Couto, distintosi in passato per numerose lotte per i diritti umani, ha fatto sapere attraverso il suo portavoce di non aver ricevuto alcuna notifica ufficiale della sospensione e di essere intenzionato a continuare a dire Messa agli amici nella sua abitazione.

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