Notizie dal B16F

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Paparatzifan
00domenica 22 febbraio 2009 19:51
Da "Quotidiano.net"...

L'ATTACCO DEL SUNDAY TIMES AL PONTEFICE

"Benedetto XVI è come un monarca, lontano dai fedeli e fuori dal mondo"

A sferrare dure critiche nei confronti del Papa non è un’organizzazione anticlericale, ma il quotidiano conservatore britannico Sunday Times in un articolo firmato dal corrispondente in Vaticano, John Follain che cita fonti, alcune anche anonime

Londra, 22 febbraio 2009 - Papa Benedetto XVI guida il Vaticano e i suoi 1,2 miliardi di fedeli come un monarca, tagliato fuori dal mondo, arroccato nel suo palazzo, aiutato solo dai suoi fedeli ma inetti consiglieri. A sferrare dure critiche nei confronti del pontefice non è un’organizzazione anticlericale, ma il conservatore britannico Sunday Times in un articolo firmato dal corrispondente in Vaticano, John Follain.

”Cardinali contro il Papa invisibile, il pontefice criticato per il suo stile distante e regale” scrive il giornalista citando fonti, alcune anonime altre no. “Le persone si sentono destabilizzate, sia i tradizionalisti che i riformisti. La nostra impressione è che non ci sia nessuno al timone” spiega un alto funzionario della Santa Sede.

Il cardinale tedesco Walter Kasper, responsabile delle relazioni con gli ebrei, va oltre lanciando un duro attacco nei confronti di Ratzinger, affermando che ci sono state “molte incomprensioni ed errori all’interno della curia”.
A fomentare il malcontento sarebbe stata la recente revoca da parte di Benedetto XVI della scomunica di monsignor Williamson e di tre altri vescovi negazionisti.

Successivamente, scrive il Times, Benedetto XVI ha nominato padre Gerhard Maria Wagner vescovo di Linz, Austria, provocando ulteriori polemiche: Wagner aveva infatti elogiato l’uragano Katrina come risposta alle attività degli abortisti, prostitute e omosessuali a New Orleans.
”I fedeli sentono che il Papa sta governando come un re. Non si consulta con i vescovi e si è isolato ignorando i consigli di chi potrebbe aiutarlo ad evitare errori” scrive il Times citando il vaticanista italiano Marco Politi. Il domenicale ricorda come, rispetto al suo predecessore Giovanni Paolo II, Benedetto XVI spenda gran parte della giornata chiuso nel suo studio e immerso nella lettura di testi di teologia, piuttosto che incontrando ospiti e recandosi in visita.


Articolo da buttare nella spazzatura... Basta vedere gli angelus, udienze, messe e viaggi di B16 per rendersi conto che il Sunday Times mente!
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Paparatzifan
00domenica 22 febbraio 2009 22:01
Dal blog di Lella...

Papa: In discontinuità di sua storia Chiesa non perde continuità

Breve discorso dopo cena nel Seminario romano maggiore

Città del Vaticano, 21 feb. (Apcom)

Il Papa torna a sostenere l'idea di una 'continuità nella discontinuità' nella storia della Chiesa, già sostenuto in un celebre discorso focalizzato sull'interpretazione del Concilio vaticano II (22 dicembre 2005).
"Ho imparato di più della storia del Laterano, cominciando da Costantino, Sisto v, Benedetto XIV, Papa Lambertini", ha detto Ratzinger a conclusione della cena che ha avuto ieri nel refettorio del Seminario romano maggiore.
"Così - ha proseguito il Papa in un discorso diffuso oggi - ho visto tutti i problemi della storia e la sempre nuova rinascita della Chiesa a Roma. E ho capito che nella discontinuità degli eventi esteriori c'è la grande continuità dell'unità della Chiesa in tutti i tempi.
E anche sulla composizione del Seminario ho capito che è espressione della cattolicità della nostra Chiesa".

© Copyright Apcom


Paparatzifan
00domenica 22 febbraio 2009 22:02
Dal blog di Lella...

Il 26 aprile e l'11 ottobre le date delle due cerimonie stabilite durante il Concistoro ordinario pubblico

Benedetto XVI proclamerà dieci nuovi santi

Benedetto XVI ha tenuto nella mattina di sabato 21 febbraio, nella sala Clementina del palazzo Apostolico, il Concistoro ordinario pubblico per la canonizzazione dei beati: Zygmunt Szczesny Felinski, vescovo, fondatore della Congregazione delle Suore Francescane della Famiglia di Maria; Arcangelo Tadini, sacerdote, fondatore della Congregazione delle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth; Francisco Coll y Guitart, sacerdote dell'Ordine dei Frati Predicatori (domenicani), fondatore della Congregazione delle Suore domenicane dell'Annunciazione della Beata Vergine Maria; Jozef Damian de Veuster, sacerdote della Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria e dell'Adorazione Perpetua del Santissimo Sacramento dell'Altare (picpus); Bernardo Tolomei, abate, fondatore della Congregazione di Santa Maria di Monte Oliveto dell'Ordine di San Benedetto; Rafael Arnáiz Barón, religioso dell'Ordine Cistercense della Stretta Osservanza; Nuno de Santa Maria Álvares Pereira, religioso dell'Ordine dei carmelitani; Gertrude (Caterina) Comensoli, vergine, fondatrice dell'Istituto delle Suore del Santissimo Sacramento; Marie de la Croix (Jeanne) Jugan, vergine, fondatrice della Congregazione delle Piccole Suore dei Poveri; Caterina Volpicelli, vergine, fondatrice della Congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore.
Benedetto XVI è giunto poco dopo le ore 11 nella sala del Concistoro, dove erano riuniti 39 cardinali, e ha preso posto alla Cattedra. All'inizio della celebrazione dell'"Ora Sesta" il Papa ha introdotto brevemente gli argomenti da trattarsi. È seguito il canto dei Salmi 118, 60 e 63, concluso con la proclamazione della "Lectio brevis" tratta dal primo libro dei Re, 2, 2b-3.
È seguita la perorazione delle quattro cause di canonizzazione, compiuta dall'arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Il Papa ha chiesto quindi ai cardinali - fra i quali Angelo Sodano, decano del Collegio Cardinalizio, e Tarcisio Bertone, segretario di Stato -, agli arcivescovi e vescovi presenti - tra i quali gli arcivescovi Fernando Filoni, sostituto della Segreteria di Stato, Dominique Mamberti, segretario per i rapporti con gli Stati, e Carlo Maria Viganò, nunzio apostolico, delegato per le Rappresentanze Pontificie - il parere sulle canonizzazioni proposte.
Il Pontefice, durante la "Perpensio votorum de propositis Canonizationibus", ha rivolto ai presenti la domanda di rito: "Cum autem de re maximi momenti agatur, antequam consilium certum et definitivum capiatur et statuantur dies quibus iidem Beati in Sanctorum album adscribantur, si quis vestrum opportunum exsistimet aliquid addere, fidenter manifestare velit quid sentiat".
Al termine Benedetto XVI ha deciso di iscrivere all'Albo dei santi il beato Zygmunt Szczesny Felinski, il beato Arcangelo Tadini, il beato Francisco Coll y Guitart, il beato Jozef Damian de Veuster, il beato Bernardo Tolomei, il beato Rafael Arnáiz Barón, il beato Nuno de Santa Maria Álvares Pereira, la beata Gertrude (Caterina) Comensoli, la beata Marie de la Croix (Jeanne) Jugan, la beata Caterina Volpicelli. Le date stabilite per la canonizzazione sono: per Arcangelo Tadini, Bernando Tolomei, Nuno de Santa Maria Álvares Pereira, Gertrude (Caterina) Comensoli e Caterina Volpicelli, domenica 26 aprile; per Zygmunt Szczesny Felinski, Francisco Coll y Guitart, Jozef Damian de Veuster, Rafael Arnáiz Barón e Marie de la Croix (Jeanne) Jugan, domenica 11 ottobre.
Quindi Benedetto XVI ha guidato la preghiera per la Chiesa, invocando la presenza della Trinità nella vita del popolo di Dio. La triplice invocazione si è conclusa con il canto del "Pater Noster".
Il Papa ha infine impartito la benedizione apostolica ai presenti. Subito dopo, il Maestro delle Cerimonie liturgiche pontificie, monsignor Guido Marini, ha invitato monsignor Paolo De Nicolò, reggente della Prefettura della Casa pontificia e protonotario apostolico, a redigere lo strumento pubblico "ad perpetuam rei memoriam".

(©L'Osservatore Romano - 22 febbraio 2009)


+PetaloNero+
00lunedì 23 febbraio 2009 01:49
Da Petrus

Vietnam, il Cardinale Paul Joseph Pham Dinh Tung ha rimesso l'anima a Dio



CITTA’ DEL VATICANO - Si e' spento, all'eta' di 89 anni, il Cardinale Paul Joseph Pham Dinh Tung (nella foto), Arcivescovo emerito di Ha Noi, in Vietnam. ''Costretto alla 'residenza forzata' e non potendo quindi visitare le sue oltre cento parrocchie, si e' dedicato - ha sottolineato in una nota la Radio Vaticana - alla scrittura dei Vangeli, allo studio della dottrina cristiana, dei comandamenti di Dio e della Chiesa e dei Sacramenti in poesia 'luc bat', tipo di scrittura che aiuta le persone a memorizzare rapidamente. Il porporato ha dato vita nelle parrocchie ai Consigli dei laici, responsabili dell'andamento della vita religiosa della comunita' locale''. Il cardinale Phan Dinh Tung ha anche fondato un istituto secolare per ragazzi allo scopo di prepararli a diventare catechisti, iniziativa che ha formato 200 catechisti che ora girano tutto il Vietnam. Il Santo Padre Benedetto XVI, appresa la triste notizia, si e' immediatamente ritirato in preghiera nella propria cappella privata ed ha inviato un telegramma di cordoglio alla Chiesa vietnamita.

+PetaloNero+
00lunedì 23 febbraio 2009 01:49
Il Cardinale Biffi inviato speciale del Papa al IX centenario di Sant'Anselmo


Le celebrazioni si terranno ad Aosta dal 19 al 26 aprile 2009




CITTA' DEL VATICANO, domenica, 22 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha nominato il Cardinale Giacomo Biffi, Arcivescovo emerito di Bologna, suo inviato speciale alle celebrazioni per il IX centenario della morte di Sant'Anselmo, che si terranno ad Aosta dal 19 al 26 aprile prossimi.

Sant'Anselmo nacque verso il 1033 da genitori nobili e agiati. Ebbe un travagliato rapporto con la famiglia, che lo inviò da un parente per essere educato. Solo con i benedettini di Aosta, tuttavia, Anselmo trovò il suo posto, sentendo a quindici anni il desiderio di farsi monaco.

Contrastato dai genitori, decise di andarsene. Dopo tre anni tra la Borgogna e la Francia centrale, si recò ad Avranches, in Normandia, dove si trovava l'abbazia di Notre-Dame du Bec con la scuola, fondata nel 1034. Qui conobbe il priore Lanfranco di Pavia, che ne curò il percorso di studio.

Nel 1060 Anselmo entrò nel seminario benedettino del Bec, di cui diventerà priore. Qui avvierà la sua attività di ricerca teologica, che lo porterà ad essere annoverato tra i maggiori teologi dell'Occidente. Nel 1076 pubblicò il "Monologion".

La fama di Anselmo si diffuse in tutta l'Europa. Era talmente venerato e amato in Inghilterra che il 6 marzo 1093, in seguito alle pressioni dei Vescovi, dei signori e di tutto il popolo, fu eletto dal re Guglielmo II il Rosso Arcivescovo di Canterbury, sede ormai vacante dalla morte di Lanfranco, avvenuta nel 1089.

La sua resistenza fu tenace ma inutile, e in riferimento alle difficoltà d'intesa tra il re e il primate affermò con i Vescovi e i nobili che l'accompagnavano: "Voi volete soggiogare insieme un toro non domo e una povera pecora. Il toro trascinerà la pecora tra i rovi e la farà a pezzi senza che sia servita a nulla. La vostra gioia si muterà in tristezza. Vedrete la chiesa di Canterbury ricadere nella vedovanza vivente il suo pastore. Nessuno di voi oserà resistere dopo di me e il re vi calpesterà a piacimento".

La situazione della Chiesa inglese era effettivamente molto triste in quel periodo a causa della simonia, della decadenza dei costumi e della violazione della libertà religiosa da parte del re.

Sant'Anselmo tentò di rimediare a tutto ciò, sulla scia della riforma adottata da San Gregorio VII. Non destò quindi meraviglia che nel 1095 sia scoppiato tra l'autorità secolare e quella religiosa un aspro conflitto circa il riconoscimento del Pontefice Urbano II.

A causa di dissapori con il potere politico fu costretto all'esilio a Roma due volte. Morì a Canterbury nel 1109.


+PetaloNero+
00lunedì 23 febbraio 2009 16:05
La conversione di Claudia Koll


L'incontro dell'attrice con lo Spirito Santo





di Claudia Soberón



ROMA, lunedì, 23 febbraio 2008 (ZENIT.org).- L'attrice Claudia Koll ha scoperto accanto a Cristo che la sua vita professionale può avere una fecondità che non avrebbe mai sospettato.

Uno dei frutti della sua conversione al cristianesimo è il suo coinvolgimento nella nuova accademia dello spettacolo Star Rose Academy, con sede a Roma, che mira a formare professionalmente giovani artisti senza trascurare i valori profondi.

Claudia Koll, nata a Roma il 17 maggio 1965, dopo aver studiato recitazione prima con Susan Strasberg e Geraldine Baron al Drama Course, e poi con Yves Le Baron a "Le Coq School", ha ricoperto il suo primo ruolo cinematografico come protagonista nel 1992 in un film erotico di Tinto Brass.

Attrice di teatro, cinema e televisione, ha spiccato al fianco di Antonio Banderas nel film per la televisione "Il giovane Mussolini".

Ha anche partecipato a un'edizione del festival di Sanremo come presentatrice nel 1996.

Dopo un lungo percorso nel mondo dello spettacolo, si è resa conto che le mancava qualcosa e ha scelto così di imprimere una nuova rotta alla sua vita.

Ha iniziato a svolgere volontariato e beneficenza in varie parti dell'Africa e dell'Italia, senza però abbandonare la sua carriera di attrice.

Parlando a ZENIT, ha spiegato che essere attrice, da questa nuova prospettiva cristiana, significa: “non aver paura di essere se stessi”, “trovare un proprio stile di recitazione, non quindi secondo dei modelli, ma facendo un viaggio dentro di sé”, perché “quando si è autentici nella ricerca di sé non si può poi non ricercare anche Dio”.

Claudia Koll ha poi parlato della svolta quando cominciò a scegliere diversamente i personaggi da interpretare.

“Era un periodo che non lavoravo più perché non ricevevo copioni interessanti con personaggi positivi che potessi interpretare e mi arrivavano invece possibilità di letture, per esempio il Cantico dei Cantici, che è un libro della Bibbia bellissimo, meraviglioso. Per interpretarlo però bisognava studiare, approfondire perché ogni parola è densa, è piena di significato; ma voleva dire anche pregare”.

“Ho dovuto approcciare il testo non in maniera superficiale, ma studiandolo e pregando – ha rivelato la Koll –. E questo, studiare e pregare insieme, mi ha messa in contatto con qualcosa di profondo che è lo Spirito Santo”.

Quanto al suo lavoro di docente alla Star Rose Academy, l'attrice ha parlato di come l'insegnamento debba attingere alla propria esperienza personale.

“In passato ho frequentato corsi di recitazione classica italiana e poi di recitazione americana, dove si insegna, in qualche modo, a vivere il personaggio”.

Il suo stile di insegnamento, ha spiegato, si vede ora arricchito dalla visione cristiana, perché “il Signore mi ha liberata da tante sovrastrutture”.

Con la conversione, ha spiegato la Koll, “ho visto che il Signore mi stava istruendo, e mi diceva che mi accompagnava con il suo Spirito, non solo per quello che riguardava la possibilità di una testimonianza dell'incontro con Lui, ma anche nel mio lavoro perché lo Spirito Santo è sempre con noi, e quindi bisogna solo imparare a comunicare con Lui, a lasciarsi guidare da Lui. E questa è stata la ricchezza più grande che il Signore mi abbia donato nel mio mestiere”.


+PetaloNero+
00lunedì 23 febbraio 2009 16:06
Si è spento l'avvocato Gianluigi Marrone, giudice unico del Vaticano e presidente dell'Associazione Santi Pietro e Paolo


Giurista equilibrato e di grande spessore umano. Viene ricordato così l’avvocato Gianluigi Marrone, giudice unico dello Stato della Città del Vaticano e presidente dell’Associazione Santi Pietro e Paolo, spentosi nella notte nel Campus Bio-medico di Roma dove era ricoverato per un male incurabile. Aveva sessantadue anni, era sposato e padre di due figli. La camera ardente sarà aperta domani mattina alle 9 nella chiesa di Santo Stefano degli Abissini in Vaticano e i funerali si svolgeranno alle 15 nella Basilica di Santa Maria in Trastevere. Per un ricordo ascoltiamo il servizio di Benedetta Capelli:

Il legame tra il Vaticano e Gianluigi Marrone risale alla gioventù dell’avvocato quando, da adolescente, entrò a far parte della Guardia Palatina d’Onore, il corpo militare pontificio che venne poi soppresso da Papa Paolo VI nel 1970. Un’eredità che non andò dispersa ma confluì nell’Associazione Santi Pietro e Paolo, a capo della quale c’era proprio il dott. Marrone. Attualmente ricopriva l’incarico di giudice unico dello Stato della Città del Vaticano e presidente del Comitato per la Sicurezza. Il ricordo nelle parole di mons. Giorgio Corbellini, vice-segretario generale del Governatorato:

R. – Una persona amabilissima e molto competente dal punto di vista professionale. Una persona di grande buon senso e equilibrio. Chi aveva una questione e la poneva all’avvocato Marrone aveva la certezza di una risposta sicura, immediata e mai assolutamente arzigogolata, ma chiara, limpida e sicura. Era un ottimo cristiano. Quindi, dal punto di vista umano, cristiano e professionale io mi sono fatto di lui un’idea molto bella, di una persona eccezionale. Torno a ripetere: un grande equilibrio, una grande competenza, una grande serietà ma anche una grande disponibilità e spontaneità in ogni cosa.

Caratteristiche che l’avvocato Gianluigi Marrone ha messo a servizio della Chiesa. Ma qual è stato il contributo che ha dato allo Stato della Città del Vaticano? Ancora mons. Giorgio Corbellini:

R. - Posso dire che ha dato certamente un contributo importantissimo nella sua qualità di giudice, e soprattutto di giudice unico, nelle cui mani confluiscono una serie di cause la cui soluzione certamente favorisce un clima di serenità e di rispetto della legge. Poi, un grande contributo nella redazione di alcune leggi, ad esempio nella Legge fondamentale del 2000, la Legge sul Governo dello Stato, nel 2002, e poi sulla sicurezza. Quindi, certamente ha dato un contributo notevolissimo di competenza professionale, di grande equilibrio, di una visione serena delle cose e di un grande impegno per favorire, anche attraverso una legislazione più snella, più agile e più moderna, un clima in cui le persone possano lavorare con maggiore serenità.

Come presidente dell’Associazione Santi Pietro e Paolo, si è occupato molto di volontariato, fornendo assistenza sia alla mensa della Casa “Dono di Maria” che al Dispensario pediatrico di Santa Marta, affidato alle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli. Così la responsabile della struttura suor Chiara Pfister ricorda Gianluigi Marrone:

R. – Per noi e per il Dispensario era un appoggio e in più un esempio luminoso. Era pronto a offrire il suo servizio con amabilità e aveva un grande rispetto per la famiglia e per i poveri che assistiamo. Perdiamo veramente un appoggio e un amico molto caro. Quando eravamo afflitti, spesso era lui a incoraggiarci. Era una persona meravigliosa e di grande esempio per tutti.

L'avvocato Gianluigi Marrone aveva manifestato il suo attaccamento al Papa in un’intervista alla Radio Vaticana, parlando dell’eredità lasciata dalla Guardia palatina:

"La testimonianza schietta di fede cristiana di laici del popolo di Roma e l’attaccamento al Papa, un attaccamento filiale, devoto, incondizionato direi specialissimo, proprio perché quest’associazione che il Papa Giovanni Paolo II ha voluto definire l’associazione della casa del Papa ha come sua caratteristica, come era già della Guardia palatina, quella di offrire un servizio al Romano Pontefice e il motto che è stato preso dalla Guardia palatina "Fide constamus avita" vuol significare proprio questo: siamo salvi nella fede, nella fedeltà dei nostri padri".


www.radiovaticana.org
+PetaloNero+
00lunedì 23 febbraio 2009 16:06
Da Petrus

Monsignor Ravasi incontra i giovani della ‘Sapienza’ e li mette in guardia dai pericoli di Internet: “Attenti a non innamorarvi sul Web, gli incontri umani sono un’altra cosa”



CITTA’ DEL VATICANO - Inizia con una citazione del film 'Il quarto potere' di Orson Welles il botta e risposta di Monsignor Gianfranco Ravasi (nella foto), Ministro vaticano della cultura, e gli studenti del progetto 'Quale Europa per i giovani?', nell'Aula Magna della 'Sapienza', la stessa Università che ha detto 'no' ad una ‘lectio magistralis’ del Papa nel Gennaio 2008. Parlando dei rischi e delle sfide che Internet può provocare, Monsignor Ravasi ha osservato come "l'informatica e la tv hanno profondamente cambiato le relazioni umane. Oggi gli studenti comunicano tra loro attraverso i social network, attraverso facebook. E questo - ha aggiunto - crea una moltiplicazione degli incontri, ma non si sostituisce a un incontro umano, di volti, di parole, di mani. Incontri caldi, non come quelli virtuali, che sono freddi". Ravasi ha messo dunque in guardia gli studenti dai rischi di Internet. "L'innamoramento attraverso il web si riduce a una forma di perversione e di solitudine". Da qui l'appello del prelato: "Abbiate una coscienza critica, siate capaci sempre di pensare col vostro cervello, e conservate anche la parola".

+PetaloNero+
00lunedì 23 febbraio 2009 16:07
Un pastore coraggioso e fedele: telegramma di cordoglio di Benedetto XVI per la morte del cardinale vietnamita Pham Dình Tung


Un pastore eminente che ha servito con grande coraggio e fedele generosità la Chiesa e la Sede di Pietro in circostanze difficili, impegnandosi senza risparmiarsi per l’annuncio del Vangelo: Benedetto XVI ricorda così la figura del cardinale Paul Joseph Pham Dình Tung, arcivescovo emerito di Ha Nôi in Vietnam spentosi ieri mattina all’età di 90 anni. In un telegramma indirizzato all’arcivescovo di Ha Nôi, Joseph Ngô Quang Kiêt, il Santo Padre esprime il suo cordoglio per la morte del porporato e si unisce a tutta la comunità cattolica vietnamita in questo momento di dolore. Quindi, assicura le sue preghiere ai famigliari del cardinale Pham Dình Tung e vicinanza a tutti i fedeli dell’arcidiocesi vietnamita di Ha Nôi.

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+PetaloNero+
00lunedì 23 febbraio 2009 16:08
Il Papa nomina mons. Timothy Michael Dolan nuovo arcivescovo di New York


Il Papa ha nominato oggi il nuovo arcivescovo metropolita di New York: si tratta di mons. Timothy Michael Dolan, nato 59 anni fa a Saint Louis nel Missouri, finora arcivescovo di Milwaukee. Succede al cardinale Edward Michael Egan, che lascia per raggiunti limiti di età. Il servizio di Sergio Centofanti.

Mons. Dolan, sacerdote a 26 anni e vescovo a 51, ha conseguito negli Stati Uniti il Baccalaureato in Filosofia, poi a Roma, presso l'Angelicum, il “Masters” in teologia e la Laurea in Storia Ecclesiastica presso l'Università Cattolica di Washington.


E' stato confessore delle suore carmelitane, collaboratore presso la nunziatura apostolica a Washington e rettore del Pontificio Collegio Nordamericano a Roma. In seno alla Conferenza episcopale statunitense è presidente del “Board of Directors” dei “Catholic Relief Services” che assistono oltre 80 milioni di poveri in cento Paesi del mondo. E’ anche membro del “Committee on Budget and Finance” e del “Subcommittee on the Church in Africa” e consultore del “Committee on International Justice and Peace”.


L'arcidiocesi di New York conta oltre 2 milioni e mezzo di cattolici su 5 milioni e 600 mila abitanti. Le parrocchie sono 409, i sacerdoti più di 1700, tra diocesani e regolari, oltre 370 i diaconi permanenti, circa 4.400 i religiosi.


A New York è ancora vivo il ricordo della visita che Benedetto XVI ha compiuto in questa città nell’aprile dell’anno scorso: in particolare resta impressa nei cuori la commovente preghiera del Papa a Ground Zero, e poi lo storico discorso al Palazzo di Vetro dell’ONU sulla necessità che i diritti umani non siano indeboliti da concezioni relativistiche, l’omelia sulla cultura della vita durante la Messa nella Cattedrale di St. Patrick, l’invito ai giovani a radicare la libertà nella verità e l’abbraccio con i bambini disabili con l’esortazione a vedere la vita come Dio la vede: e ancora la Messa allo Yankee Stadium con l’incoraggiamento alla Chiesa americana a non perdere la fiducia nonostante scandali e avversità e infine il fraterno incontro con la comunità ebraica americana nella Sinagoga di Park East.

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Paparatzifan
00lunedì 23 febbraio 2009 21:12
Dal blog di Lella...

Confusione e tempeste nella Chiesa: i timori del Papa

nostro servizio

Alberto Bobbio

Città del Vaticano

Usa due parole assai forti, che connotano una preoccupazione. Benedetto XVI, nel giorno in cui la liturgia celebra la festa della Cattedra di San Pietro, simbolo dell'autorità e del primato del Pontefice, chiede l'intercessione dell'apostolo su cui Gesù ha fondato la Chiesa, perché essa non sia scossa dalla «confusione» e dalle «tempeste».
Lo dice in tedesco all'Angelus, e la scelta non appare casuale. In Germania e in Austria la Chiesa cattolica è percorsa da discussioni, a volte molto polemiche, dopo la revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani e dopo la contestata designazione ad ausiliare di Linz di un vescovo ultraconservatore. Eppure il Papa non è preoccupato del dibattito, ma della sua degenerazione.
Prima del riferimento alla confusione e alle tempeste infatti Benedetto XVI ha spiegato il significato del primato della Cattedra di Pietro e il ruolo delle Chiese particolari, così come è definito «Lumen et gentium».
Ratziger ha ricordato che se vi sono «legittimamente delle Chiese particolari che godono di proprie tradizioni», resta il primato del Papa, come «singolare e specifico ministero del vescovo di Roma, ribadito dal Concilio Vaticano II», il quale «presiede alla comunione universale nella carità, tutela le varietà legittime e insieme veglia affinché ciò che è particolare, non solo non nuoccia all'unità, ma piuttosto la serva».
Per capire la preoccupazione del Papa bisogna leggere insieme la riflessione proposta all'Angelus e le parole in tedesco nel saluto successivo.

Significa che il Papa non intende mettere il silenziatore ad alcun dibattito nelle Chiese locali, ma chiede solo che non si facciano confusioni e non si creino tempeste che possano scuotere la Chiesa.

È per questo motivo che, sempre in tedesco, ha aggiunto l'invito a restare «fedeli ad una fede genuina», a rimanere «nell'unità» e a vivere «nell'amore reciproco».

In Germania le polemiche sulla scelta di revocare la scomunica ai lefebvriani ha diviso, più che altrove, le comunità cristiane. E alcune volte il dibattito è degenerato in scontri tra vescovi, alimentati anche dalla stampa. In Germania la sensibilità è stata acuita dalle dichiarazioni del vescovo negazionista Williamson. Anche in Vaticano c'erano state polemiche, che tuttavia non hanno mai coinvolto il Papa.
Il cardinale Kasper aveva parlato di errori di gestione e una nota della Segreteria di Stato aveva confermato una certa leggerezza nella preparazione dei dossier sui vescovi lefebvriani, al punto da ammettere che il Papa non era stato informato delle posizioni di Williamson. Ma la polemica non si è placata.
In Austria è stato il caso del vescovo ausiliare di Linz monsignor Wagner a provocare la crisi. La vicenda è stata spiegata dal direttore della agenzia di stampa cattolica «Kathpress», Erich Leintenberger, in una nota ripresa in Italia dall'agenzia Sir, vicina alla Cei.
Su Wagner, un sacerdote conservatore che aveva criticato come «satanica» la saga di Henry Potter e aveva definito l'uragano Katrina un castigo di Dio, si sono riversate le proteste di molti vescovi e fedeli. Il cardinale di Vienna Schoenborn era volato a Roma dal Papa e pochi giorni dopo, al termine di una riunione straordinaria della Conferenza episcopale austriaca, aveva spiegato che sulla nomina di Wagner si è usata una «procedura abbreviata». In una lettera pastorale i vescovi austriaci avevano definito «fuori discussione» il fatto che il Papa può liberamente nominare i vescovi, ma avevano anche sottolineato che deve poter «disporre di elementi attendibili e verificati in modo completo, su cui basarsi».
Wagner ha deciso di rimettere la sua nomina nelle mani del Papa. Ma in Austria le critiche contro Roma non accennano a diminuire, così come sul versante dei conservatori si scende in campo contro la presunta Chiesa «progressista» al potere a Vienna.
Il Papa è preoccupato di queste lacerazioni e teme un disorientamento nella fede genuina della gente. E ieri ne ha parlato.

© Copyright Eco di Bergamo, 23 febbraio 2009


Paparatzifan
00lunedì 23 febbraio 2009 21:18
Dal blog di Lella...

Programma tv «blasfemo», Olmert chiede scusa al Vaticano

GERUSALEMME (22 febbraio)

«Provo rammarico per le espressioni contro la religione cristiana manifestate la settimana scorsa in un programma televisivo». Il premier israeliano Ehud Olmert si è scusato con la Santa Sede per un programma televisivo in cui erano stati irrisi Gesù e la Madonna. La Santa Sede ha richiesto e ottenuto dalle autorità israeliane la censura del programma in cui «venivano ridicolizzati con parole e immagini blasfeme Gesù e la Vergine Maria».
Protagonista delle critiche del Vaticano le parole del comico televisivo Lior Schlein che su Canale 10 si era espresso in reazione alla vicenda del vescovo lefebvriano Richard Williamson e alle sue dichiarazioni negazioniste sulla Shoah.
«Io non desidero - ha aggiunto Olmert - che il governo israeliano intraprenda una critica dei diversi programmi televisivi. Ma penso che se in un altro Paese fossero state dette cose analoghe contro la religione ebraica, di certo la comunità ebraica avrebbe reagito con un grido di allarme».
Nell'elogiare la «coesistenza della comunità cristiana con il nostro popolo» ha assicurato di non avere alcuna intenzione di limitare il diritto di espressione in Israele: «Eppure è certo giustificato pretendere ragionevolezza e responsabilità, anche un po' di autocontrollo, anche nei programmi satirici».

© Copyright Il Messaggero online


Paparatzifan
00lunedì 23 febbraio 2009 21:52
Dal blog di Lella...

Benedetto, la preghiera e l'obbedienza

FILIPPO DI GIACOMO

Il Papa ha paura? Ieri all’Angelus, spiegando il significato teologico della festa della cattedra di san Pietro, Benedetto XVI ha ricordato il peso supplementare che tale incarico comporta.
Dalla sua cattedra, ha detto il Pontefice citando il Concilio, il successore del principe degli apostoli «presiede alla comunione universale della carità, tutela le varietà legittime, e insieme veglia affinché ciò che è particolare, non solo non nuoccia all’unità, ma piuttosto la serva».
Nella sua breve catechesi, Benedetto XVI ha armonizzato i temi della domenica e della festa della cattedra con quelli dell’imminente quaresima che, come da tradizione, il vescovo di Roma aprirà con la cerimonia delle ceneri a Santa Sabina mercoledì prossimo.
Nel cristianesimo, la quaresima permette al cristiano di disporsi, attraverso un cammino di conversione e di purificazione, a vivere in pienezza il mistero della risurrezione di Cristo nella Pasqua. In tale spirito, prima della preghiera domenicale, Benedetto XVI ha rivolto ai fedeli un’esortazione molto cara all’ascesi cristiana, soprattutto durante i tempi forti dell’anno liturgico: «Questa festa mi offre l’occasione per chiedervi di accompagnarmi con le vostre preghiere».

Un cristiano che invita a pregare per lui, non è un vile. Se poi fa il papa è un battezzato da annoverare tra i miti e gli umili di cuore. Tutti ricordiamo la domanda con la quale Hannah Arendt si chiese, ai tempi di Giovanni XXIII, come fosse possibile che un conclave scegliesse come papa un cristiano. Se ricordassimo la sua risposta, sapremmo anche come e perché l’evento si sia ripetuto a ogni sede vacante. Paolo VI, il mercoledì delle ceneri del 1978, sempre a Santa Sabina, interruppe la sua omelia e improvvisando disse: «Ve lo chiedo per favore, vogliate bene al papa, pregate per lui».
L’episodio viene ricordato solo da chi vuole vederlo come quel papa-Amleto che Montini invece non fu.

Allora, se contestualizzati nel loro humus socio-religioso, i tentennamenti che in questi giorni vengono attribuiti a Benedetto XVI riguardano solo casi irrisolti, vecchi di decenni, sui quali il pontefice tenta di ottenere obbedienza con paziente educazione.

Le nomine vescovili del Nord-Europa, soprattutto quelle in Svizzera, Germania e Austria, sono state rette per secoli da norme dettate da antichi concordati, tutti rivisti alla luce del codice di diritto canonico in vigore ormai da 26 anni.

Non è certo un problema del Papa se i governi ne hanno già preso atto mentre i capitoli delle cattedrali di lingua tedesca e francese non riescono ad abbandonare quel complesso antiromano che innervosiva persino un teologo progressista come Yves Congar.

La visita canonica che Benedetto XVI ha fatto espletare nei seminari americani, per problemi che alla stampa cattolica anglosassone di questi giorni non piace ricordare, esistevano da decenni e a questo papa si deve la responsabilità di aver voltato una pagina che in tanti, e a lungo, non hanno neanche voluto toccare.

Nella discrezione più assoluta di simili fatti, per chi osserva bene, la Chiesa di oggi ne ha compiuti tanti.

ll Papa a maggio andrà in Israele, un paese dove per giovani israeliani in vena di youtubizzare, lo sputo in faccia all’ecclesiastico di ogni rito è uno dei passatempi preferiti. «La visita del Papa è un atto di coraggio», si è limitato a commentare, da Gerusalemme, il nunzio apostolico dopo che il premier Olmert ne aveva dato l’annuncio ufficiale.
Anche a Istanbul e a New York, a Sidney e a Parigi, erano in molti a pensare che un papa dialogante fosse necessariamente un papa debole. E così, invece, non è stato.

Sabato scorso, Benedetto XVI ha improvvisato un altro discorso nella cappella del seminario romano.
Commentava la lettera di Paolo ai Galati, il passo dove l’apostolo «accenna così alle polemiche che nascono dove la fede degenera in intellettualismo e l’umiltà viene sostituita dall’arroganza di essere migliori degli altri».
Forse anche in Italia, per togliere tra i fedeli e i loro pastori, Papa e vescovi compresi, l’inutile intralcio degli intellettualismi che affligge coloro che soffrono e che stentano a ritrovare l’abbraccio della Chiesa, basterebbe qualcuno che avesse il coraggio di dire loro: «Fratelli, la ricreazione è finita».

© Copyright La Stampa, 23 febbraio 2009


+PetaloNero+
00martedì 24 febbraio 2009 00:57
Card. Martino: la povertà è un problema morale più che materiale


Discorso per i 50 anni della ONG spagnola “Manos Unidas”






GUADALAJARA, lunedì, 23 febbraio 2009 (ZENIT.org).- La povertà è un problema che si pone alla coscienza morale dell'umanità e non si spiega solo da un punto di vista materiale. Lo ha affermato il Cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, in un intervento in occasione del 50° anniversario della ONG spagnola “Manos Unidas”, venerdì scorso a Guadalajara (Spagna).

Facendo proprio il Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace di quest'anno, il porporato ha spiegato ai presenti che la povertà “non è solo di tipo materiale e quantitativo” e che “la povertà materiale non spiega mai, da sola, le povertà immateriali, piuttosto è il contrario”.

Il Pontefice ha sottolineato i “nodi” morali in cui è coinvolta attualmente la povertà, e su cui richiama l'attenzione nel suo Messaggio: l'aborto, la lotta contro l'Aids, i bambini, il disarmo e la crisi alimentare.

Sulla questione della crescita demografica, il Cardinal Martino ha spiegato che la promozione dell'aborto nei Paesi poveri è “la più ingiusta tra le molteplici espressioni di quella strategia dissimulata e malevola di voler vincere la povertà eliminando i poveri”.

Si tratta, ha affermato, di una “strategia pericolosa” che consiste nell'“usare l'autorità per diminuire il numero dei commensali più che per moltiplicare il pane da dividere”.

Quanto alle pandemie, e in concreto quella dell'Aids, il porporato ha chiesto “una considerazione maggiore e più esatta delle intrinseche implicazioni morali che comporta questo rapporto” e ha segnalato due punti etici per la lotta contro questa malattia nei Paesi poveri.

Bisogna, ha affermato, “mettere a disposizione dei popoli poveri le medicine e le cure necessarie, riconsiderando il sistema delle licenze mediante un'assunzione di responsabilità da parte della comunità internazionale che garantisca a tutti gli uomini e a tutte le donne le necessarie cure sanitarie di base”, così come “approntare campagne educative per una sessualità che risponda pienamente alla dignità della persona”.

Circa la povertà infantile, il Cardinal Martino ha ricordato che “tutto ciò che indebolisce la famiglia produce danni che si scaricano sui bambini; dove non si promuove la dignità della donna e della madre, si lede anche la dignità dei bambini e delle bambine”.

Quanto al disarmo, ha spiegato che “le risorse materiali e umane impiegate in spese militari e armamenti si sottraggono ai progetti di sviluppo dei popoli, soprattutto dei più poveri e bisognosi di aiuto”.

Riferendosi infine alla crisi alimentare, ha sottolineato che “si caratterizza non per l'insufficienza di alimenti, ma per la mancanza di un tessuto di istituzioni politiche ed economiche capaci di far fronte alle necessità e alle emergenze”.

Il problema più grave a livello mondiale, ha aggiunto il porporato, è “l'aumento della disuguaglianza tra ricchi e poveri”, a causa “dei cambiamenti tecnologici” e della “dinamica dei prezzi dei prodotti industriali, che crescono più rapidamente dei prezzi dei beni e dei servizi prodotti dai Paesi più poveri”.

Lotta “morale” contro la povertà

Il Cardinal Martino ha spiegato che la lotta alla povertà, lungi dal consistere in un aumento degli aiuti materiali, comporta un “cambiamento morale”. Tra i punti fondamentali di questo approccio, ha segnalato soprattutto la necessità di “riscoprire la legge naturale, vale a dire il codice etico condiviso che permette di dare senso all'impegno comune di costruire la pace”.

Ha anche alluso alla necessità di un rinnovamento delle norme che reggono il commercio internazionale, ricordando specialmente l'abrogazione delle “misure protezionistiche, ingiuste e anacronistiche” che utilizzano i Paesi industrializzati, così come all'instaurazione di una “cultura della cooperazione” tra i Paesi poveri.

Circa l'attuale crisi economica, il porporato ha spiegato ancora una volta che si tratta di “un problema etico” e che è necessario cambiare “la mentalità che presiede le attività finanziarie, tutta giocata sull'autoreferenzialità e i brevissimi termini”, collocandola nella “prospettiva del bene comune”.

E' necessario, ha sottolineato, porre la persona al centro dell'economia: “i problemi dello sviluppo, degli aiuti e della cooperazione internazionale spesso si risolvono senza coinvolgere davvero le persone, ma solo come questioni di predisposizione di meccanismi, di puntualizzazione di accordi tariffari, dell'accreditamento di finanziamenti anonimi. La lotta contro la povertà, al contrario, ha bisogno di uomini e donne che vivano con profondità la fraternità, che sappiano accompagnare le persone, le famiglie e le comunità in itinerari di autentico sviluppo umano”.

“E' impossibile aiutare i poveri se li si vede solo come parte di un bilancio di costi e benefici, come numeri, e alla fine dei conti come problemi”, ha dichiarato.

Conoscere la Dottrina Sociale della Chiesa

Nella lotta alla povertà, è necessario che le organizzazioni cattoliche “conoscano bene” la Dottrina Sociale della Chiesa, ha spiegato il Cardinal Martino, perché “l'oggetto di questa Dottrina è e sarà sempre la sacra dignità dell'uomo, immagine di Dio, e la tutela dei suoi diritti inalienabili”.

La base della Dottrina Sociale è “la verità sulla natura stessa dell'uomo, verità compresa dalla ragione e illuminata dalla Rivelazione, la sua forza di propulsione, l'amore come precetto evangelico e norma d'azione”.

La Chiesa, offrendo il suo insegnamento sociale, “non si limita a offrire principi di riflessione, orientamenti, direttrici, constatazioni o appelli, ma presenta anche norme di giudizio e direttrici per l'azione che ciascuno dei cattolici è chiamato a porre alla base della sua esperienza, per tradurla poi concretamente in categorie operative di collaborazione e impegno”.

“La luce della verità dell'uomo, creato da Dio e redento da Cristo, è la risposta a una delle maggiori debolezze della società contemporanea: l'inadeguata visione dell'uomo”, ha aggiunto il porporato. Questa visione “deve distinguere una ONG cattolica da quelle organizzazioni non governative che si dedicano a lottare contro l'estrema povertà e la fame”.
+PetaloNero+
00martedì 24 febbraio 2009 00:58
Il Papa: i cristiani sono una ricchezza per i paesi musulmani


Messaggio del Cardinale Bertone a un colloquio della Comunità di Sant'Egidio





CITTÀ DEL VATICANO, lunedì, 23 febbraio 2009 (ZENIT.org).- I cristiani sono una ricchezza per i paesi a maggioranza musulmana, spiega un messaggio inviato a nome di Benedetto XVI dal suo Segretario di Stato, il Cardinale Tarcisio Bertone.

Nel documento, il Papa auspica che il Medio Oriente diventi "una terra di dialogo e di fraterna collaborazione, di rispetto reciproco e di pace, grazie all'apporto responsabile di tutti i credenti che vi abitano".

La speranza del Pontefice è contenuta in una lettera inviata ai partecipanti al colloquio di studio e riflessione sul tema "Il valore delle Chiese in Medio Oriente. Cristiani e musulmani ne discutono insieme", promosso dalla Comunità di Sant'Egidio e svoltosi il 23 febbraio a Roma.

Si tratta di un tema, scrive il porporato nel suo messaggio, riportato da "L'Osservatore Romano”, "di chiara rilevanza sociale e religiosa". L'incontro, aggiunge, "costituisce un ulteriore passo nel paziente e proficuo itinerario del dialogo tra cristiani e musulmani su argomenti di reciproco interesse". Esso infatti "tende ad affrontare il nodo cruciale della presenza di comunità cristiane in regioni a marcata prevalenza islamica".

Obiettivo del convegno, a detta del Cardinale, è stato "quello di porre in luce, grazie anche al coinvolgimento di autorevoli rappresentanti del mondo islamico, come la presenza dei cristiani in Medio Oriente rappresenti una vera ricchezza per l'intera società e una significativa garanzia di sviluppo sociale, culturale e religioso".

Nella lettera il Segretario di Stato esprime agli organizzatori e ai partecipanti i sentimenti di stima e di amicizia del Papa, il quale - assicura - "invoca sull'importante riunione la benedizione divina, ed auspica vivamente che in essa emergano elementi utili a rendere sempre più fraterno il dialogo fra cristiani e musulmani, specialmente nelle regioni dove le comunità cristiane sono minoritarie".

Il Cardinale ricorda in proposito il discorso di Benedetto XVI ai rappresentanti islamici a Colonia nell'agosto 2005 e il suo incontro del 6 novembre 2008 con i partecipanti al forum cattolico-musulmano promosso dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.

L'incontro si è articolato in tre parti - "La ricchezza spirituale", "Cultura, solidarietà, educazione", "Una finestra sul mondo" - e si è concluso con una tavola rotonda sul tema "Cristiani nel mondo arabo: comunicare la complessità", alla quale hanno preso parte giornalisti e operatori dell'informazione di diversi Paesi.

Al colloquio, oltre a esponenti della Comunità di Sant'Egidio, tra i quali Andrea Riccardi, hanno partecipato, fra gli altri, l'Arcivescovo Antonio Maria Vegliò, Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali; mons. Jean Benjamin Sleiman, Arcivescovo di Baghdad dei Latini; mons. Paul Youssef Matar, Arcivescovo maronita di Beirut; mons. Louis Sako, Arcivescovo caldeo di Kirkuk, e i Metropoliti Paul Yazigi, greco-ortodosso di Aleppo, e Mar Gregorios Yohanna Ibrahim, siro-ortodosso di Aleppo.

Numerosi anche gli studiosi e gli esponenti del mondo politico islamico presenti, tra i quali Tarek Mitri, ministro dell'informazione del Libano, e Mohammad Sammak, consigliere politico del gran Muftì del Libano.
+PetaloNero+
00martedì 24 febbraio 2009 00:58
Da Petrus

Sicurezza, la Chiesa romena scrive al Cardinale Bagnasco: “Mortificati e sdegnati da tutto il male compiuto dai nostri connazionali in Italia”



CITTA’ DEL VATICANO - La Chiesa cattolica della Romania e' ''mortificata'' e ''sdegnata'' da ''tutto il male'' fatto dai cittadini romeni in Italia e condanna ''tutti i crimini e altri generi di infrazioni perpetrati” nel nostro Paese da alcuni connazionali. E' quanto scrive l'Arcivescovo di Bucarest e Presidente della Conferenza episcopale romena, Monsignor Ioan Robu (nella foto con il Papa), in una lettera, inviata al Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Cei. ''Sono convinto - afferma l'Arcivescovo Robu - che questi sono i sentimenti di tutti i romeni, anche di quelli che lavorano in Italia rispettando se stessi e i loro fratelli italiani''. ''Tutto il male fatto da loro ci mortifica e ci riempie di sdegno'', aggiunge il prelato. ''Siamo convinti - osserva nella lettera Monsignor Robu - che l'amicizia tradizionale tra italiani e romeni come pure la comune solidarieta' contro tutte le forme del male, potranno prevalere e vincere qualsiasi tentazione di vedere solo il male''. Il Presidente della Conferenza episcopale romena ringrazia poi la Chiesa italiana per ''la buona e fraterna accoglienza'', ''sempre dimostrata alle comunita' romene, mettendo a disposizione Chiese e spazi per un'adeguata pastorale'' e per le ripetute prese di posizione ''a favore degli immigrati nello spirito di solidarieta' e carita' fraterna'' dimostrata.
Paparatzifan
00martedì 24 febbraio 2009 12:10
Dal blog di Lella...

È Timothy Dolan l’arcivescovo di New York: scelta soft per una diocesi very hard


feb 24, 2009 il Riformista

di Paolo Rodari

È anti-abortista seppure le sue posizioni sulla vita e sui temi “eticamente sensibili” non spaventino più di tanto il nuovo corso alla Casa Bianca e il presidente Barack Obama: non ha mai negato la comunione ai politici “pro-choice” e ha sempre lasciato che fossero i singoli fedeli a decidere se avvicinarsi o meno al sacramento.
È conosciuto per i proclami contro lo scandalo dei preti pedofili ma, da questo punto di vista, la sua azione non è mai stata troppo incisiva: a Milwaukee (Wisconsin) dove Giovanni Paolo II lo mandò nel 2002 per riparare i danni compiuti dell’arcivescovo Rembert Weakland (si dimise dopo aver ammesso «relazioni inappropriate» con un uomo) non è riuscito fino in fondo nel suo compito. È vero, nel 2004 fu uno dei pochi vescovi che pubblicò i nomi dei sacerdoti della sua diocesi accusati di pedofilia, ma l’associazione per i diritti delle vittime lo ha accusato (e pare con qualche cognizione di causa) di non aver collaborato a sufficienza con le autorità pubbliche nell’identificazione dei sacerdoti colpevoli.
Lui è Timothy Dolan, 59 anni, rettore del Pontificio Collegio Americano del Nord a Roma dal ‘94 al 2001, da ieri - come il Riformista aveva anticipato più di una settimana fa - nuovo arcivescovo di New York (NY).
Nell’episcopato americano c’è chi si domanda come abbia fatto ad arrivare tanto in alto. NY, infatti, non solo è la diocesi più prestigiosa degli Usa ma, come disse Wojyla, è a NY che risiede «l’arcivescovo della capitale del mondo». A ben vedere la risposta non è così difficile da trovare. Come tutti i vescovi americani, Dolan ha un suo patron. Si tratta dell’attuale prefetto della Casa Pontificia, l’arcivescovo James Michael Harvey. È quest’ultimo che accogli i presuli americani in occasione di ogni loro trasferta romana. È stato quest’ultimo, in sintonia di vedute col cardinale Justin Francis Rigali, arcivescovo di Philadelphia e membro della congregazione per i Vescovi, e col prefetto della stessa congregazione, il cardinale Giovanni Battista Re, a suggerire il nome di Dolan al Pontefice.
Dolan succede al cardinale Edward Michael Egan. La differenza caratteriale tra i due è enorme.
Egan, oltre che uomo di grande cultura umanistica e musicale (è un pianista di altissimo livello), si è fatto conoscere a NY come arcivescovo dal carattere forte, a volte un po’ troppo brusco, ma che grazie anche alle sue doti di esperto giurista è riuscito ad arginare la difficile situazione finanziaria della diocesi.

Il suo predecessore, il cardinale John Joseph O’Connor, gli lasciò in eredità un buco di 20 milioni di dollari. Uno shock per NY: una delle diocesi che per anni aveva garantito entrate d’oro all’Obolo di San Pietro divenne, nella gestione O’Connor, un pozzo di sperperi senza fondo.

Egan, risparmio dopo risparmio (qualcuno disse che gli bastò non fare come il suo predecessore che ogni settimana viaggiava da NY a Roma per non mancare a nessun incontro della congregazione dei Vescovi) riuscì ad arginare i debiti e, finanziariamente parlando, a non fallire.
Dolan caratterialmente è l’opposto di Egan: rinomato per il savoir-faire, si dice non abbia la tempra del condottiero. Uomo da salotto, uomo del sistema, è celebre una sua foto mentre gioca a baseball. A conti fatti, nemmeno lui - ma la stessa cosa vale pure per i suoi tre predecessori Egan, O’Connor e Cooke - sembra essere l’erede ideale dell’indimenticato cardinale Francis Joseph Spellman, arcivescovo di NY dal ’39 al ’67. Anche se, vista l’età - 59 anni - Dolan ha parecchio tempo davanti a sé per smentire chi non lo reputa tale.
Ricevendo qualche giorno fa in Vaticano la speaker della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, Nancy Pelosi, il Papa ha detto - lo ha spiegato una nota della sala stampa vaticana - che «il costante insegnamento della Chiesa sulla dignità della vita umana» deve essere considerato da «tutti i cattolici» e, specialmente, dai «legislatori» e dai «giuristi». Anche se non è facile capire se davvero il Pontefice, con il termine jurists, si riferisse ai giudici cattolici della Corte Suprema, una dato è certo: la linea di Ratzinger sui temi inerenti la vita è chiara ed è la medesima linea che il Vaticano si aspetta da Dolan a NY. L’arcivescovo della capitale, infatti, è osservato non soltanto da tutto il mondo ma anche, e specialmente, dal presidente Barack Obama.

© Copyright Il Riformista, 24 febbraio 2009


+PetaloNero+
00martedì 24 febbraio 2009 16:28
Il Papa ringrazia i Vescovi spagnoli per la loro vicinanza


Dopo la remissione della scomunica ai presuli lefebvriani






CITTA' DEL VATICANO, martedì, 24 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Con una lettera inviata dal Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, Benedetto XVI ha ringraziato per la vicinanza spirituale che gli hanno manifestato i Vescovi spagnoli in seguito alla remissione della scomunica ai quattro Vescovi ordinati senza mandato pontificio dall'Arcivescovo Marcel Lefebvre.

Il Santo Padre, segnala il Cardinal Bertone nella lettera – indirizzata al Cardinale Antonio María Rouco, presidente della Conferenza Episcopale Spagnola –, “ringraziando vivamente per le preghiere offerte per la sua persona e il suo ministero di 'custode dell'unità', invoca su Sua Eminenza e su tutti i Vescovi spagnoli abbondanti grazie divine che li esortino e li sostengano nel loro servizio pastorale al popolo di Dio”.

Una nota stampa emessa dalla Commissione Permanente della Conferenza Episcopale Spagnola ha reso noto l'arrivo della lettera giovedì. Era la risposta del Pontefice al messaggio di vicinanza che gli avevano fatto giungere i presuli della Spagna (cfr. ZENIT, 12 febbraio 2009).


+PetaloNero+
00martedì 24 febbraio 2009 16:29
Benedetto XVI: cristiani e musulmani trasformino il Medio Oriente in una terra della fraternità e del rispetto


“Una terra di dialogo e di fraterna collaborazione”, resa tale soprattutto dagli uomini di fede, non solo cristiana. E’ così che Benedetto XVI vorrebbe si evolvesse la situazione nei territori del Medio Oriente. L’auspicio del Papa è contenuto in una lettera che il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, ha indirizzato al prof. Andrea Riccardi, in occasione del convegno che si è svolto ieri presso la sede della Comunità di Sant’Egidio sul tema “Il valore delle Chiese in Medio Oriente”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

La presenza dei cristiani in Medio Oriente rappresenta “una vera ricchezza per l'intera società e una significativa garanzia di sviluppo sociale, culturale e religioso”. L’affermazione del cardinale Bertone apre la lettera con la quale il segretario di Stato ha inviato la benedizione del Papa al convegno ospitato da Sant’Egidio. Un incontro, al quale il porporato attribuisce il valore di “un ulteriore passo nel paziente e proficuo itinerario del dialogo tra cristiani e musulmani”, specie per ciò che concerne “la presenza di comunità cristiane in regioni a marcata prevalenza islamica”. Si tratta di un “nodo cruciale”, prosegue il cardinale Bertone, che Benedetto XVI ha affrontato in molte occasioni, anche recenti. Il Papa - riferisce il segretario di Stato - ha da sempre a cuore il fatto che il dialogo fra cristiani e musulmani di venti più “fraterno”, “specialmente nelle regioni dove le comunità cristiane sono minoritarie”.


Citando passi di alcuni interventi del Pontefice sull’argomento, il cardinale Bertone si è rifatto a un ampio stralcio di quanto affermato da Benedetto XVI lo scorso 6 novembre in occasione del Forum cattolico-musulmano svoltosi in Vaticano. Pur riconoscendo che musulmani e cristiani “hanno approcci diversi nelle questioni riguardanti Dio”, il Santo Padre - ha ricordato il segretario di Stato - asseriva che “tuttavia, possiamo e dobbiamo essere adoratori dell'unico Dio” e che “insieme dobbiamo mostrare, con il rispetto reciproco e la solidarietà, che ci consideriamo membri di un'unica famiglia”, chiamati “a dimostrare, con le parole ma soprattutto con i fatti, che il messaggio delle nostre religioni è indubbiamente un messaggio di armonia e di comprensione reciproca”. Il cardinale Bertone conclude la lettera con l'augurio di Benedetto XVI al Medio Oriente: che diventi “una terra di dialogo e di fraterna collaborazione, di rispetto reciproco e di pace, grazie all'apporto responsabile di tutti i credenti che vi abitano”.


www.radiovaticana.org
+PetaloNero+
00martedì 24 febbraio 2009 16:30
Da Petrus

Dal Pontefice un segno di particolare stima per i Cardinali Saraiva e Vallini, promossi all’Ordine dei Vescovi e dei presbiteri



CITTA’ DEL VATICANO - Come testimoninanza di una particolare stima, Benedetto XVI ha promosso i Cardinali Agostino Vallini e Jose' Saraiva Martins (nella foto) rispettivamente all'ordine dei presbiteri e a quello dei Vescovi, facendoli cioe' avanzare nel Sacro Collegio, che nelle sue funzioni e' regolato secondo precedenze stabilite con l'assegnazione da parte del Papa dei diversi titoli. In particolare, a Vallini, il Pontefice ha concesso il titolo di Cardinale presbitero elevando per lui "pro hac vice" la diaconia di San Pier Damiani ai Monti di San Paolo, che gli era stata affidata dallo stesso Benedetto XVI il 24 marzo 2006 con la porpora cardinalizia, e al Cardinale Saraiva, nostro Presidente Onorario, ha dato il titolo della Dicoesi suburbicaria di Palestrina, ricoperto dal Cardinale Bernardin Gantin, scomparso lo scorso 14 maggio. L'anno scorso, il Cardinale Vallini e' stato chiamato dal Papa alla guida della Diocesi di Roma, mentre il Cardinale Saraiva ha terminato brillantemente il suo mandato di Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, incarico che gli ha consentito di istruire gli iter per elevare agli onori degli altari migliaia di Servi di Dio. Tra i più famosi, Edith Stein, Padre Pio, i Pastorelli di Fatima, Madre Teresa di Calcutta, Pio IX e Giovanni XXIII.
+PetaloNero+
00martedì 24 febbraio 2009 16:30
Mons. Tomasi all’Onu i Ginevra: la crisi economica non metta a rischio la promozione dei diritti umani


Evitare che l’attuale crisi economica pesi ancor di più sulle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo: è l’esortazione dell’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, intervenuto in questi giorni alla 10.ma sessione speciale del Consiglio per i diritti umani dell’Onu. L’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra ha ribadito la necessità di un’azione internazionale per garantire la promozione dei diritti umani, anche in questa difficile contingenza economica. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Troppo spesso, in periodi di crisi economica, si assiste all’ascesa al potere di governi dal dubbio impegno sul fronte della democrazia: è quanto rilevato con preoccupazione dall’arcivescovo Silvano Maria Tomasi all’Onu di Ginevra. La Santa Sede, ha aggiunto il presule, auspica che tali conseguenze siano evitate giacché, al contrario, ne risulterebbe una seria minaccia per la diffusione dei diritti umani fondamentali. Questa crisi, ha aggiunto, minaccia seriamente il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio contro la povertà, con conseguenze drammatiche, in particolare, per i bambini. I diritti umani di innumerevoli persone, ha affermato, sono già compromessi incluso il diritto al cibo, all’acqua, alla salute e ad un lavoro dignitoso.


La crisi, è stata la riflessione di mons. Tomasi, è stata in parte causata dal comportamento di alcuni attori del sistema economico e finanziario, compresi amministratori di banche e dirigenti che avrebbero dovuto controllare con maggiore diligenza e responsabilità il sistema. Nell’attività finanziaria - è stato dunque il suo monito - non si può guardare solo al facile profitto, ma bisogna perseguire il bene comune. E riecheggiando un intervento di Benedetto XVI, mons. Tomasi ha rinnovato il suo appello affinché ci sia più attenzione per un approccio etico nella creazione di partnership positive tra mercati, società civile e Stati.


L’osservatore vaticano non ha poi mancato di sottolineare che, a causa della crisi, si sono ridotti gli aiuti dei Paesi ricchi a quelli meno sviluppati, così come le rimesse degli immigrati. Questa situazione, ha avvertito mons. Tomasi, minaccia la sopravvivenza economica di intere famiglie, comporta un minore investimento nell’educazione delle nuove generazioni e conseguentemente una crescita ridotta nel futuro. D’altro canto, ha costatato, quando ampie categorie della popolazione vedono i propri diritti sociali ed economici frustrati, la perdita della speranza mette in pericolo la pace. Di qui, l’esortazione ad intraprendere un’azione internazionale concertata per promuovere i diritti umani, dando una base etica alle attività economiche e finanziarie.


www.radiovaticana.org
Paparatzifan
00martedì 24 febbraio 2009 21:18
Dal blog di Lella...

l’intervista

«Pregare per il Pontefice, un atto d’amore»

Il cardinale Cottier: «Così purifichiamo il nostro sguardo sulla Chiesa. È Cristo che la guida, non noi»

DI LORENZO ROSOLI

«Pregare per il Papa ci aiu­ta a purificare il nostro sguardo sulla Chiesa per entrare nel suo mistero di sacramen­to, cioè di segno e strumento 'del­l’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano', come si leg­ge all’inizio della costituzione dog­matica Lumen gentium.
Ci aiuta a ri­cordare che è Cristo a guidare la Chie­sa, non noi con i nostri poveri mez­zi».

Così il cardinale Georges Cottier, teo­logo emerito della Casa Pontificia, commenta le parole di Benedetto X­VI all’Angelus di domenica, festa del­la Cattedra di Pietro.
Parole con le quali il Papa ha chiesto ai fedeli di so­stenerlo con le loro preghiere, dopo aver riaffermato il profilo autentico del primato del vescovo di Roma – quel servizio dell’unità e della varietà della Chiesa che esige al successore di Pietro di «presiedere alla comu­nione universale della carità».

«Nel canone della Messa c’è sempre la preghiera per il Papa, come custo­de dell’unità nella fede e nella co­munione fra tutti i cristiani – ram­menta Cottier –. Cosa sovrumana, go­vernare la Chiesa! Impossibile all’uo­mo, senza il carisma e la grazia dello Spirito! Ecco perché a Messa pre­ghiamo per il Papa e per il vescovo della nostra diocesi. Quel pregare è un atto d’amore per Cristo, per la sua Chiesa. E per il successore di Pietro».
Un atto d’amore che 'abita' la cele­brazione eucaristica, ma chiede o­spitalità anche nella nostra preghie­ra personale e comunitaria. «Pregare per il Papa ci aiuta infatti a ricordare che è nell’affidamento alla Provvi­denza di Dio che crescono la vita e l’unità della Chiesa – prosegue il teo­logo domenicano –. Affidandoci al­l’amore e all’onnipotenza di Dio, ri­conosciamo che è Cristo che guida la Chiesa, non noi. Non i nostri mezzi, i nostri strumenti, ma la vita che vie­ne dall’illuminazione dello Spirito, dono di Dio che invochiamo nella preghiera».
Spesso la vita e le vicende della Chie­sa, in particolare gli atti e lo 'stile' di governo delle gerarchie, sono al cen­tro dell’attenzione dei mass media, dell’opinione pubblica e – ovvia­mente – dei fedeli... «Se ci fermiamo alle cose umane non cogliamo il mi­stero di quella Chiesa che noi credia­mo una, santa, cattolica, apostolica – incalza Cottier – A questo livello, non a livello sociologico, vediamo la realtà più profonda della Chiesa.
Certo: ci sono peccati ed errori, nei membri della Chiesa e nella sua gerarchia. Perciò abbiamo bisogno di pregare: per essere convertiti e illuminati al bene. Lo vediamo in modo esempla­re nelle vite dei santi, che nella pre­ghiera chiedono sostegno e illumi­nazione allo Spirito per essere nella comunione della Chiesa. Pregare per il Papa è espressione fortissima di questa comunione. E ci apre gli occhi su ciò che la Chiesa è veramente».
Pregando per il Papa «chiediamo la carità come dono di Dio. Così come le Scritture sono parola morta se non le incontriamo spiritualmente – con­clude Cottier – così la vita della Chie­sa ha bisogno di strumenti concreti, storici, ma alla fine ciò che conta – e che invochiamo con la preghiera – è l’azione vivificante dello Spirito».

© Copyright Avvenire, 24 febbraio 2009


Paparatzifan
00martedì 24 febbraio 2009 21:34
Dal blog di Lella...

L’ANGELUS, DOPO LA SETTIMANA DI AMARE POLEMICHE

In quel «pregate per me» tutta la forza di Pietro

MARINA CORRADI

Dalla finestra sul sagrato di San Pietro, alla folla dei pellegrini della domenica Benedetto XVI ha chiesto di pregare per lui: «Perché possa compiere fedelmente l’alto compito che la Provvidenza mi ha affidato quale successore dell’apostolo Pietro». Pregate per me, ha detto il Papa , e la sua domanda ha fatto il giro del mondo e delle redazioni dei giornali. Che il Papa abbia paura?, si è chiesto qualcuno.
Dopo settimane aspre di polemiche, per lo più dall’estero, giunte fino a Roma, equivoci e contestazioni – in qualche caso un po’ vili – che hanno riempito le prime pagine, che il Papa sia stanco, e vacilli sotto al gran peso della cattedra di Pietro? Se anche davvero così fosse, non sarebbe uno scandalo. L’onere poderoso di guidare la Chiesa, e quell’oltre un miliardo di cristiani in tutti i continenti e le latitudini, universo su cui non tramonta mai il sole; e l’urgenza, che tanto Benedetto XVI ha fatto sua, di annunciare che la speranza cristiana non è storia di un evo lontano, ma è affidabile, qui, oggi e ora; e le persecuzioni aperte ma anche, in Occidente, quel nichilismo che rode, cercando di confondere e cancellare un’antica memoria: davvero enorme è il peso sulle spalle del Papa.
E non ci meraviglia quella domanda, «pregate per me», ai fedeli della domenica, quando il sagrato è colmo di facce amiche, venute spesso da molto lontano. Forse da quella finestra anche al Papa viene il desiderio di guardare qualcuno negli occhi, laggiù nella folla, quello e non un altro, lontano eppure vicino, domandando a uno sconosciuto: prega per me. Per il mondo, certo, una domanda simile è strana: non chiedono preghiere i potenti, i leader, le star dai palchi e i maîtres à penser dalle loro cattedre di carta. Non chiedono intanto perché non ci sono abituati; dovendo poi proprio farlo, chiederebbero qualcosa di più utile che preghiere – agli occhi del mondo pie parole vane, inutile esercizio dei deboli. E dunque quella domanda umile da san Pietro commuove, prima di tutto come segno di una radicale diversità di sguardo e di cuore.
In un tempo che afferma l’individuo come padrone assoluto di sé e della sua vita – a volte, anche di quella degli altri – il Papa ricorda la radice dei cristiani, che è essere creature, dunque figli, e quindi ontologicamente legati a ogni altro uomo.
Pregare dunque è il riconoscimento di un non farsi da soli, e invece dipendere: da un Altro, dagli altri - come dalla vite i tralci.
Ma è anche, quella domanda in san Pietro, leggibile nell’eco di altre parole dette poche ore prima al Seminario maggiore romano: quando Benedetto XVI ha citato la comunità dei Gàlati per dire che oggi come allora anche dentro la Chiesa la fede può degenerare in intellettualismo, e l’umiltà nell’arroganza di chi si sente migliore. È un rischio vecchio come la storia, ma più evidente ora che ogni parola viene amplificata e infinitamente ripetuta da mille potenti casse di risonanza.

L’orgoglio di pronunciare una frase che nel rimando dei media acquista peso e autorevolezza potrebbe coinvolgere anche la Chiesa nel gioco infinito dei relativismi e delle personali 'verità'.

Ma, ha ricordato Benedetto XVI all’Angelus, integro rimane 'il primato della cattedra di Pietro, che presiede alla comunione universale della carità'. Il giogo, dunque, è sulle spalle di uno. Non è una democrazia la Chiesa, è tutt’altro, corpo di Cristo e sua eredità. A guidarla un uomo, di cui puoi ben immaginare la profondità della solitudine – nelle sere in cui lo spazio immenso del Colonnato è vuoto, e accese solo le luci di due finestre, negli appartamenti del Papa . Un Papa che domanda: che siamo un cuore solo e un’anima sola. Che chiede: pregate per me – e il mondo, che parla un’altra lingua, si stupisce. Ma nei conventi e nelle missioni fra gli ultimi, nelle clausure e nelle parrocchie più lontane hanno ascoltato, domenica dalla radio, quell’appello. Pregano, i cristiani, per il Papa ; tenaci, fedeli, senza fare rumore.

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Paparatzifan
00martedì 24 febbraio 2009 21:41
+PetaloNero+
00mercoledì 25 febbraio 2009 01:14
Onorificenza della Germania al Cardinale Leonardo Sandri


Per i servigi resi in qualità di Sostituto della Segreteria di Stato vaticano





MEDELLÍN, martedì, 24 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha ricevuto la Gran Croce dell'Ordine al merito della Repubblica Federale di Germania per le “particolari benemerenze” da lui rese nei confronti di questo Paese in qualità di Sostituto della Segreteria di Stato vaticano.

Il riconoscimento gli è stato consegnato il 17 febbraio scorso dall'ambasciatore Hans-Henning Horstmann nel corso di una cerimonia svoltasi nella sede dell'ambasciata tedesca presso la Santa Sede, alla presenza tra gli altri: dell'Arcivescovo Antonio Maria Vegliò - Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali -, dell'Arcivescovo Nikola Eterovic - Segretario generale del Sinodo dei Vescovi -, del Vescovo Marcelo Sánchez Sorondo - Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze -, di monsignor Gabriele Giordano Caccia - Assessore degli Affari Generali della Segreteria di Stato - e di monsignor Krzysztof Nitkiewicz – Sottosegretario della Congregazione per le Chiese Orientali -.

L'onorificenza – conferita dal Presidente della Repubblica Horst Köhler – è stata motivata dalla disponibilità dimostrata dal Cardinale Sandri nei confronti del Paese e della sua cultura, e per aver contribuito al pieno successo di importanti visite in Germania e in Vaticano tra autorità tedesche e personalità della Santa Sede.

“L'anima della Germania ci è illustrata in sommo grado da Benedetto XVI. È il padre comune che la sua patria ha contribuito a formare per il bene della Chiesa e dell'umanità”, ha detto il Cardinale Leonardo Sandri nel prendere la parola, secondo quanto riferito da “L'Osservatore Romano”.

“Siamo anche noi debitori – ha poi continuato il porporato – nei confronti della Chiesa e della comunità nazionale che gli hanno dato i natali, per tutta la ricchezza spirituale che riceviamo dal servizio petrino del Vescovo di Roma”.

“La dimensione ecumenica e interreligiosa, come la sensibilità multietnica e multiculturale, tanto apprezzate in Germania, trovano in questo illustre figlio una sicura risonanza che dalla Sede di Pietro si volge all'Europa e al mondo”, ha aggiunto.

Il Cardinale Sandri ha quindi voluto esprimere riconoscimento “per la speciale accoglienza che tutte le tradizioni orientali cattoliche trovano nel suo Paese. Segnatamente ringrazio per la tanto consistente opera di carità spirituale e materiale che la Chiesa tedesca, con le sue benemerite organizzazioni, svolge in campo pastorale, educativo, umanitario a favore della Terra Santa e dell'Oriente cristiano”.

Il porporato ha infine espresso la sua stima per la nazione tedesca, sorta quando vi soggiornò da giovane sacerdote: “La sua storia e religiosità, la cultura nelle più diverse espressioni di pensiero filosofico, letterario e poetico, l'arte e la musica, la scienza, e particolarmente lo straordinario apporto in campo teologico, ma anche l'intraprendenza laboriosa e determinata dei suoi cittadini, distinguono la Germania tra le nazioni del mondo”.

Nato a Buenos Aires nel 1943, figlio di immigrati originari del Trentino, il Cardinale Sandri è stato ordinato sacerdote nel 1967. Nel 1974 è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede e ha ricoperto varie funzioni nelle Nunziature apostoliche e nella Segreteria di Stato.

Il 22 luglio 1997 è stato nominato Arcivescovo titolare di Cittanova, mentre nel settembre del 2000 è seguita la nomina a Sostituto nella Segreteria di Stato. Benedetto XVI lo ha nominato Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali il 9 giugno 2007. Il 4 novembre del 2007 è stato elevato alla porpora cardinalizia.
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00mercoledì 25 febbraio 2009 16:47
Messaggio del Papa alla Chiesa brasiliana per la Campagna della solidarietà: lavorate per una società riconciliata e capace di condividere i beni


Una benedizione di pace e prosperità per tutto il Brasile, perché riscopra all’inizio della Quaresima che non è tanto una maggiore condivisione dei beni, pur necessaria, a dare senso alla vita, ma la lotta contro ogni forma di male, il desiderio di fraternità e condivisione e la pratica dei valori cristiani. Con questi pensieri, Benedetto XVI si rivolge oggi in un Messaggio ai fedeli brasiliani, in occasione dell’inizio dell’annuale Campagna della Fraternità, intitolata nel 2009 “La pace è frutto della giustizia”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Quaresima uguale giustizia, perché da una società più giusta scaturisca una società pacificata. E’ una simmetria basata su valori alti quella che il Papa propone ai brasiliani, che come ogni anno sono sollecitati dalla Chiesa locale a mostrare, in tempo quaresimale, sensibilità e solidarietà nei confronti di uno o più specifici temi sociali. Quest’anno lo sguardo è rivolto alla situazione delle carceri e al reinserimento degli ex detenuti, sotto lo slogan “Fraternità e Sicurezza Pubblica. La pace è frutto della giustizia”. Ai fedeli riuniti quest’anno per l’apertura della Campagna - è una novità - al Santuario di Aparecida, con la Messa delle Ceneri presieduta dall’arcivescovo della città, Raymundo Damasceno Assis, Benedetto XVI ha fatto giungere il suo tradizionale Messaggio.


Per la Giornata mondiale della Pace 2002, “il mio venerato predecessore, Giovanni Palo II”, nel “sottolineare che la vera pace è frutto della giustizia, osservava - ha citato il Papa - che ‘la giustizia umana è sempre fragile e imperfetta’ e dovrebbe essere “esercitata e in certo senso completata con il perdono che risana le ferite e ristabilisce in profondità i rapporti umani turbati”. Il perdono, caposaldo della vita cristiana, è stato messo in rilievo da Benedetto XVI insieme con altri aspetti che caratterizzano l’impegno quaresimale e, in senso ampio, la dottrina sociale della Chiesa: l’evangelizzazione dei poveri, l’accesso di tutti ai beni del Creato, il rispetto per la ricchezza della diversità e la lotta contro la tentazione, per non essere, chiede il Papa, “schiavi del male”. “La Quaresima - scrive ancora - ci invita a lottare senza sosta per fare il bene, proprio perché sappiamo quanto sia difficile”, osserva con realismo il Pontefice, che gli uomini decidano “di perseguire seriamente la giustizia - e molto manca perché la convivenza sia ispirata alla pace e all’amore, e non all'odio o all'indifferenza”. E siamo anche ben consapevoli del fatto che - aggiunge - sebbene sia possibile raggiungere una ragionevole distribuzione dei beni e un buon funzionamento della società, mai scompariranno il dolore per la malattia, l’incomprensione o la solitudine, la morte delle persone che amiamo, l'esperienza dei nostri limiti.


Dunque, prosegue Benedetto XVI, a Cristo che si è fatto carico, insieme con la sua Croce, delle nostre sofferenze e della nostra fame e sete di giustizia, chiediamo “di saper testimoniare quei sentimenti di pace e di riconciliazione che hanno ispirato il Discorso della montagna”. E la benedizione di Dio, conclude, “si estenda su tutto il Brasile” e “in ogni ambito, familiare, sociale e culturale, riversando i doni della pace e della prosperità e risvegliando in ogni cuore sentimenti di fraternità e di viva cooperazione”.


Come detto, il tema della Campagna di fraternità è stato scelto su richiesta della Pastorale carceraria brasiliana, con la finalità di stabilire politiche in grado di favorire il reinserimento degli ex detenuti nel mercato del lavoro. Un impegno di giustizia sociale che guarda soprattutto ai giovani, come spiega l’arcivescovo di Aparecida, Raymundo Damasceno Assis, intervistato da Cristiane Murray, della redazione brasiliana della nostra emittente:

R. – I giovani sono molto importanti in questa campagna della fraternità, sono – diciamo così - il presente ed il futuro di una società più sicura, di una società che vive in pace, e dobbiamo avvalorare la famiglia, la scuola, dove i giovani spendono la maggior parte del loro tempo. Allora bisogna creare, nella famiglia – come a scuola – un ambiente sano, dove i giovani non solo ricevono informazioni, ma soprattutto possono vedere nei maestri – ed anche nei loro padri – un esempio da seguire nella vita e ricevere, dalla scuola e dalla famiglia, i valori che dovranno orientarli nella loro vita da adulti.


D. – Anche perché essi sono le maggiori vittime di questa ingiustizia sociale...


R. – Senza dubbio. Qui in Brasile, per esempio, le vittime della violenza sono soprattutto giovani; sia nelle strade, come anche nelle carceri, molti sono vittime anche della droga, e la gioventù è senza dubbio la maggioranza in America Latina ed anche in Brasile. Allora, per noi è necessario avere un rapporto molto speciale con i giovani, prepararli per fargli prendere posto nella società come veri cristiani e come cittadini. Questo è molto importante: se non si fa attenzione ai giovani, allora non possiamo avere la speranza di un futuro migliore per le generazioni che verranno dopo di noi.


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00mercoledì 25 febbraio 2009 16:48
Il Papa presiede sull'Aventino i riti del Mercoledì delle Ceneri per l'inizio della Quaresima


Oggi, Mercoledì delle Ceneri, inizia per la Chiesa il tempo forte della Quaresima. Il Papa presiederà nel pomeriggio, nella Basilica di Santa Sabina all’Aventino, una celebrazione dell’Eucaristia con il rito di benedizione e imposizione delle ceneri. La Messa è preceduta dalla processione penitenziale che partirà dalla Chiesa di Sant’Anselmo. I due eventi saranno seguiti in diretta dalla nostra emittente dalle 16.25. Nel Messaggio per la Quaresima di quest’anno il Papa invita i fedeli a riscoprire il valore del digiuno. Rileggiamo questo documento alla luce delle parole pronunciate da Benedetto XVI sul tempo liturgico quaresimale. Il servizio di Sergio Centofanti.

(musica)


Nel suo Messaggio il Papa esorta a meditare sul digiuno compiuto da Gesù nel deserto per quaranta giorni e quaranta notti. “Il vero digiuno – sottolinea – è finalizzato a mangiare il ‘vero cibo’, che è fare la volontà del Padre”:


"Il digiuno al quale la Chiesa ci invita in questo tempo forte, non nasce certo da motivazioni di ordine fisico, estetico, ma scaturisce dall’esigenza che l’uomo ha di una purificazione interiore che lo disintossichi dall’inquinamento del peccato e del male, lo educhi a quelle salutari rinunce che affrancano il credente dalla schiavitù del proprio io, lo renda più attento e disponibile all’ascolto di Dio e al servizio dei fratelli". (Omelia per la Messa del Mercoledì delle Ceneri nella Basilica di Santa Sabina del 21 febbraio 2007)


Il digiuno, mosso dall’amore per Dio, è scegliere “liberamente di privarci di qualcosa per aiutare gli altri”:


“Chi incomincia a vedere Dio (…) vede con altri occhi anche il fratello. Scopre il fratello, le sue necessità. Per questo la Quaresima, come ascolto della Verità, è nello stesso momento un tempo favorevole per convertirsi all’amore (...) Convertiamoci necessariamente all’amore!” (Udienza generale del primo marzo 2006, Mercoledì delle Ceneri)


Gesù è stato tentato nel deserto: così, chi vuole seguire veramente il Signore deve prepararsi alla tentazione. E “il digiuno – spiega il Papa – è di grande aiuto per evitare il peccato”. Ecco cosa significa allora entrare nella Quaresima:


“Significa iniziare un tempo di particolare impegno nel combattimento spirituale che ci oppone al male presente nel mondo, in ognuno di noi e intorno a noi. Vuol dire guardare il male in faccia e disporsi a lottare contro i suoi effetti, soprattutto contro le sue cause, fino alla causa ultima, che è satana”. (Angelus del 10 febbraio 2008)


Il Papa invita ad affrontare questo combattimento con “un maggiore impegno nella preghiera” ricordando che “il digiuno è l’anima della preghiera” come diceva San Pietro Crisologo: “chi prega digiuni”:


“Senza la dimensione della preghiera, l’io umano finisce per chiudersi in se stesso, e la coscienza, che dovrebbe essere eco della voce di Dio, rischia di ridursi a specchio dell’io, così che il colloquio interiore diventa un monologo dando adito a mille autogiustificazioni”. (Omelia per la Messa del Mercoledì delle Ceneri nella Basilica di Santa Sabina del 6 febbraio 2008)


L’io rischia così di diventare “dio”. Invece “con il digiuno – scrive il Papa nel suo Messaggio – il credente intende sottomettersi umilmente a Dio, confidando nella sua bontà e misericordia”:


“Conversione consiste nell’accettare liberamente e con amore di dipendere in tutto da Dio, il vero nostro Creatore, di dipendere dall’amore. Questa non è dipendenza ma libertà. Convertirsi significa allora non inseguire il proprio successo personale - che è una cosa che passa - ma, abbandonando ogni umana sicurezza, porsi con semplicità e fiducia alla sequela del Signore perché per ciascuno Gesù diventi, come amava ripetere la beata Teresa di Calcutta, il mio tutto in tutto". (Udienza generale del 21 febbraio 2007, Mercoledì delle Ceneri)
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00mercoledì 25 febbraio 2009 16:48
Le impressioni del cardinale Kasper dopo la visita ad Atene al nuovo arcivescovo ortodosso greco Hieronymos II


Il presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, il cardinale Walter Kasper, ha concluso all’inizio di questa settimana, ad Atene, una visita di due giorni durante la quale ha potuto salutare e intrattenersi a colloquio col nuovo arcivescovo ortodosso di Atene e di tutta la Grecia, Sua Beatitudine Hieronymos II. Al rientro in Vaticano, la collega della nostra redazione inglese, Philippa Hitchen, ha chiesto al cardinale Kasper qualche impressione sul suo incontro e sulle prospettive ecumeniche di dialogo con la Chiesa ateniese:

R. - First of all I have to say this was a visit of courtesy…
Prima di tutto, devo dire che questa è stata una visita di cortesia, perché io non conoscevo il nuovo arcivescovo, Hieronymos II. Avevo desiderio di conoscerlo e volevo proseguire nel dialogo attualmente in corso. E’ un uomo veramente umile e modesto e il nostro è stato veramente un bell’incontro, anche quello con i suoi collaboratori. La Chiesa di Grecia è una delle più importanti Chiese ortodosse, con una lunga e ricca tradizione, con la sua origine apostolica - l’apostolo Paolo ha predicato nell’areopago. E’ molto importante ed ha una grande influenza sul mondo ortodosso. I rapporti con la Chiesa di Grecia sono iniziati sotto il suo predecessore, l’arcivescovo Christodulos, e la cooperazione si è sviluppata su problemi di ordine pratico e pastorale: questo perché invece il dialogo teologico lo trattiamo con tutte le Chiese ortodosse insieme. La Chiesa di Grecia vi partecipa ed ha un ruolo importante, anche se non abbiamo parlato molto del dialogo teologico, quanto piuttosto di problemi di ordine pratico. Ovunque, in Europa, è la stessa cosa, si presentano le stesse sfide, come quella dell’immigrazione che è molto forte. E anche in Grecia c’è la sfida dei problemi sociali dovuti alla crisi economica, c’è la disoccupazione in aumento… Penso che in questo ambito si possa collaborare. Loro sono molto interessati ad imparare anche dalle nostre esperienze, e questo è molto importante. Poi, come ho già detto, la Chiesa di Grecia ha una lunga e ricca tradizione, ma conserva brutti ricordi del passato, in particolare per quanto riguarda le Crociate… Fu un gesto molto importante quello di Giovanni Paolo II quando chiese perdono per le Crociate e per ciò che accadde in quel contesto. Ciononostante, esiste ancora una notevole resistenza riguardo a un riavvicinamento ecumenico e per questo i nostri passi devono essere prudenti. Con il nuovo arcivescovo e con i suoi collaboratori vogliamo continuare a compiere questi passi e sono molto soddisfatto di questa visita. Non avevo aspettative altissime: non sarebbe stato nemmeno pensabile risolvere tutti i problemi in un solo giorno, ma era importante stabilire il contatto personale. E questo è stato molto cordiale e molto disteso.


D. - Cosa può dirci della piccola comunità cattolica che vive in Grecia? Nell’antichità, sono sempre stati considerati semplicemente stranieri sia dal governo, sia dalla Chiesa, mi sembra…


R. - Yes, it’s a small Catholic Latin minority …
C’è una piccola minoranza cattolico-romana, ma c’è anche una minoranza greco-cattolica: ambedue sono in forte crescita a causa dell’immigrazione e le conseguenze di ciò vengono ora prese in seria considerazione. Finora non era stato così da parte della Chiesa ortodossa: io ho chiesto loro di non ignorarle completamente e me lo hanno promesso. Tuttavia l’immigrazione, come dicevo, è in crescita.
+PetaloNero+
00mercoledì 25 febbraio 2009 16:49
Santa Sede: la Chiesa cattolica, “ancora di salvezza” in Africa


Afferma il capo Protocollo della Segreteria di Stato





ROMA, mercoledì, 25 febbraio 2009 (ZENIT.org).- “La Chiesa Cattolica costituisce un’ancora di salvezza e un’occasione di riscatto per il continente africano”.

E' quanto ha affermato monsignor Fortunatus Nwachukwu, capo Protocollo della Segreteria di Stato della Città del Vaticano, nel corso del Forum promosso questo lunedì a Roma da Harambee Africa International Onlus (www.harambee-africa.org), associazione internazionale che dal 2002 – in occasione della canonizzazione di Josemaría Escrivá, fondatore dell’Opus Dei – promuove iniziative di educazione in Africa e sull'Africa.

“Si parla sempre più frequentemente di Africa, argomento divenuto oramai di moda”, ha osservato monsignor Nwachukwu.

“Non pochi personaggi pubblici sono soliti farsi fotografare con bambini africani più per accreditare la propria immagine piuttosto che per contribuire realmente alla soluzione dei problemi che affiggono quei bambini”.

L’Africa, spiega il presule, “ha bisogno anzitutto di essere amata; vanno sconfitti in primo luogo gli stereotipi negativi che la dipingono inesorabilmente come spacciata, incapace, moribonda”.

Alla tentazione della resa o dell’inerzia, sostiene, “è necessario opporre la determinazione di chi, come la Chiesa Cattolica, è impegnata a raccogliere i segnali di speranza lanciati dal continente”.

La Chiesa, ricorda, in Africa è soprattutto presente nell’area sub sahariana ed è “chiamata a favorire la riconciliazione, la giustizia e la pace”, “linee guida che consentono di porre fine ai conflitti, di arginare gli egoismi, di sconfiggere le invidie che provocano veri e propri fratricidi”.

“I militari e i politici hanno clamorosamente fallito, proprio perché si sono mostrati attenti esclusivamente ai propri interessi personali e tribali – ha denunciato monsignor Nwachukwu –; là dove le missionarie e i missionari cristiani non hanno fallito affatto, hanno portato ospedali, educazione, cibo. Molti hanno sacrificato persino la propria vita per portare la luce del mondo e il sole della terra”

Paparatzifan
00mercoledì 25 febbraio 2009 21:43
Dal blog di Lella...

La risposta del cardinale Sodano, Decano del Collegio cardinalizio, alle critiche del teologo Hans Küng, apparse su "Le Monde" e "La Stampa"

Sconcerto del cardinale Angelo Sodano, Decano del Collegio cardinalizio, espresso ai microfoni della Radio Vaticana, sui contenuti dell'intervista al prof. Hans Küng, rilasciata al giornale francese "Le Monde" e pubblicata questa mattina dal quotidiano italiano "La Stampa", in cui il teologo lancia forti critiche al Papa e alla Chiesa. Ecco la risposta del porporato al microfono di Roberto Piermarini

R. Stamani sono stato interiormente ferito, nel leggere l’intervista che sarebbe stata rilasciata dal Rev.do Prof. Hans Küng al quotidiano francese “Le Monde” e che poi è stata diffusa in Italia dal giornale “La Stampa”. Se il testo è esatto, sento il dovere di dire che si tratta di affermazioni generiche e non provate. Personalmente, sono testimone dell’impegno del Santo Padre per fare della Chiesa una famiglia, la famiglia dei figli di Dio.

D. Eminenza, non è stato sorpreso che proprio un quotidiano italiano abbia ripreso questa intervista rilasciata a “Le Monde”?

R. Non comprendo, come un noto quotidiano italiano, ben al corrente dell’opera del Papa, abbia voluto offrire tanta pubblicità a tale intervista, dandole inoltre un titolo, fra virgolette, che è diverso da quello originale francese e cadendo poi nell’errore di parlare del Concilio Ecumenico di Nicea, nell’odierna Turchia, tenutosi nel lontano 325, come del Concilio di Nizza!

D. Cardinale Sodano, cosa pensa di queste critiche alla Chiesa?

R. Una critica fraterna è sempre possibile nella Chiesa, fin dai tempi di San Pietro e di San Paolo. Una critica amara, invece, tanto più se generica, non contribuisce all’unità della Chiesa, per la quale tanto sta lavorando il Papa Benedetto XVI, che lo Spirito Santo ha collocato a reggere la Santa Chiesa di Dio, in quest’ora importante della sua storia.

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