Notizie dal B16F

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Paparatzifan
00sabato 16 febbraio 2013 15:34
Dal blog di Lella...

L'analisi di Giovanna Chirri: 'I due mondi'

di Giovanna Chirri

I mondi paralleli, il Papa e i media. Tranquillo, anzi, ''normale''. Benedetto XVI visto da vicino da Cindy Wooden e Salvatore Mazza che lo salutano a nome di tutti i vaticanisti. ''Grazie per il suo insegnamento e per averci aiutato a spiegare tutto con chiarezza, questo ci ha aiutato nel nostro lavoro'', gli dice Cindy che, come anche Salvatore fa per Avvenire, per la Cns segue il Papa dall'inizio del pontificato. Stringono la mano a papa Ratzinger alla fine della udienza al presidente della Romania.
I due vaticanisti - fattispecie singolare nella giungla della informazione - nelle grandi sale del Palazzo Apostolico hanno incrociato anche i vescovi liguri, con il presidente della Cei Angelo Bagnasco, in visita ''ad limina'' al Papa che il 28 lascera' il pontificato ma fino a quel giorno e' tenacemente al lavoro. In sala stampa vaticana intanto si discute della nomina dei Ernst Von Freyberg a nuovo presidente dello Ior, e qualcuno paventa che sia una sottrazione di sovranita' al prossimo Papa. Freyeber non e' un capodiscastero e la sua nomina non ha a che fare con il governo della Chiesa, i cui principali esponenti decadranno insieme al Papa, spiega pazientemente padre Federico Lombardi sotto il fuoco di fila dei giornalisti, osservando che sarebbe strano che il nuovo presidente della ''banca vaticana'', la cui scelta e' costata tempo e analisi, non venisse nominato. Il futuro pontefice, ragiona padre Lombardi, potrebbe chiedere perche' gli e' stata lasciata questa questione irrisolta.
A fianco di Benedetto XVI dal 2006, il gesuita replica anche alle letture degli attentati all'unita' della Chiesa di cui il Papa ha parlato nella messa delle ceneri. Le ''Le divergenze'', argomenta con l'occhio alle pagine dei giornali che narrano di contrasti nella curia, lotte intestine ai piu' alti livelli ecclesiali, sono frutto di una normale dialettica, e certe descrizioni diventano ''distruttive'' se vengono caricate, presentate come ''lotte''.
Non si puo' leggere tutto in chiave politica, osserva Lombardi, citando Benedetto XVI e la sua descrizione del ''Concilio dei media'' opposto al ''Concilio dei padri''. Non vorrei, si e' augurato padre Lombardi, che ''la sede vacante e il conclave venissero letti in questa stessa chiave politica''. E mentre il Wall Street Journal si augura che il prossimo Papa sia piu' mediatico, l'Osservatore romano, forte delle parole di Shimon Peres sul coraggio di Benedetto XVI di lasciare il testimone, titola ''La saggezza non invecchia mai''. I due mondi troveranno mai un punto di mediazione?

© Copyright Ansa


Paparatzifan
00sabato 16 febbraio 2013 15:38
Da "Vatican Insider"...

16/02/2013

La preghiera di papa Ratzinger

Domani il penultimo Angelus, poi una settimana di esercizi spirituali guidati dal cardinale Gianfranco Ravasi

REDAZIONE
ROMA

Il penultimo Angelus domani in piazza San Pietro, poi da lunedì il ritiro, fino a sabato, negli esercizi spirituali. Padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, ha ricordato nel briefing di oggi i prossimi impegni dell'agenda di Benedetto XVI che rimane invariata fino alla proclamazione della sede vacante il 28 febbraio alle 20.

Domani ci sarà il penultimo Angelus di Papa Ratzinger. In piazza è atteso anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno con il consiglio comunale e il gonfalone della città. «Sarà quindi un'occasione per un omaggio al Papa della comunità di Roma», ha commentato Lombardi precisando che «non c'è una udienza specifica per il sindaco».


Da lunedì poi Benedetto XVI sarà impegnato negli esercizi spirituali, predicati quest'anno dal cardinale Gianfranco Ravasi. Nella settimana degli esercizi, spiega Lombardi, «il Papa, come sempre, non ha attività pubbliche.

Monsignor Georg ha spiegato che ogni giorno avrà un breve appuntamento con il Pontefice per le firme pratiche urgenti come è sempre stato, che avverrà in fine mattinata». In quei giorni, aggiunge, il Papa «si dedica alla preghiera in comunione con i suoi collaboratori e la curia romana».

Sabato mattina si concludono gli esercizi e nel pomeriggio Benedetto XVI ha in programma l'incontro riservato con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano''.


Paparatzifan
00sabato 16 febbraio 2013 15:44
Dal blog di Lella...

Una suora di clausura del "Mater Ecclesiae": Benedetto, Papa della preghiera

In questi giorni è stato reso noto che il Papa, al termine del suo ministero petrino e dopo un periodo di soggiorno a Castel Gandolfo, risiederà nel monastero “Mater Ecclesiae” in Vaticano. Proprio lì, fino ad ottobre scorso, si trovavano sette suore di clausura Visitandine, in maggioranza spagnole. L’unica italiana tra di loro era suor Maria Francesca. A lei Benedetta Capelli ha chiesto un ricordo di quel periodo e di Benedetto XVI:

R. – E’ stata un’esperienza unica, ed è un’esperienza di quelle per cui uno comincia a misurare la vita da “prima” di questo e “dopo” questo. Quello che l’ha caratterizzata è stata essenzialmente la presenza del Santo Padre, cioè questa vita data e offerta per lui con una vicinanza, tra l’altro, fisica: la posizione del monastero è dentro i Giardini Vaticani. Proprio questa vicinanza implicava dei contatti con il Santo Padre ed il primo, il più importante in assoluto, è quello della preghiera. Noi eravamo lì essenzialmente per lui, per la Chiesa, per i suoi collaboratori della Curia. Tutte le mattine, aprendo le finestre della nostra casa, vedevamo il Palazzo Apostolico ed era un modo per mandare la preghiera quasi “fisicamente” verso di lui. Personalmente, l’abbiamo incontrato due volte: è venuto a celebrare la Messa al monastero il 14 dicembre 2010, perché nel 2010 l’Ordine della Visitazione ha celebrato il IV centenario della fondazione; poi l’abbiamo rivisto anche il 14 ottobre 2012, una settimana prima di lasciare il Vaticano: in questo caso siamo andate noi a casa sua, al Palazzo Apostolico, e l’abbiamo incontrato. Quello che colpisce sempre è la sua grandissima capacità di contatto, diretto e profondo, con la persona che ha davanti. Si dice della sua dolcezza, della sua vicinanza: tutte cose bellissime e verissime. Ma quello che a noi – e non parlo solo per me, in questo caso – ha toccato di più, è stata proprio questa sua apertura alla persona che ha davanti. E questo ha una radice profonda che è quella della preghiera, per portare lo sguardo di Dio anche nell’incontro personale di un momento.

D. – Suor Maria Francesca, lei che sentimenti ha provato quando ha saputo della rinuncia al ministero petrino da parte di Benedetto XVI?

R. – In un primo momento, quasi non ci volevo credere, perché mi sembrava impossibile. Però, è stata una questione di una frazione di secondo. Il secondo sentimento, è stato proprio quello di vedere in questo la santità e la grandezza di questo Papa che ha saputo portare avanti un ministero, oggettivamente molto difficile e molto pesante, sempre con il sorriso, sempre nella volontà di Dio, sempre cercando di capire quale fosse il disegno di Dio su di lui. E quando ha capito - come lui stesso ha detto - che non poteva più farlo con la stessa energia di cui c’era bisogno, semplicemente ha visto in questo la volontà di Dio e si è ritirato. Quindi, direi che per me è stato una conferma, quasi un ulteriore sobbalzo d’amore nei suoi confronti.

D. – In questi ultimi giorni, Benedetto XVI ha ribadito più volte la necessità della preghiera, anche per affrontare questo momento particolare per la Chiesa universale…

R. – E’ chiaro per me e soprattutto per noi che abbiamo vissuto lì e che abbiamo potuto vivere la dimensione della preghiera, cioè la dimensione fondante della nostra vocazione. E’ questo aprirsi… perché la preghiera, in effetti, è un aprirsi al mistero di Dio che vuole comunicarsi all’uomo e un portare tutta l’umanità a Dio. Il valore della preghiera è proprio questo, ed è per questo che il ministero del Papa – lo diceva anche Giovanni Paolo II – è la preghiera. Benedetto XVI scegliendo questo passaggio nella sua vita, scegliendo non di tornare – ad esempio – in una istituzione accademica, ma di ritirarsi in un luogo che è nato come luogo di preghiera, da a tutti questo messaggio, dice: la Chiesa, prima di tutto, ha bisogno di aprirsi a Dio; la persona che prega e che lo fa per vocazione, come siamo noi, come è lui, non fa altro che essere questo testimone e questo portare Dio all’uomo e l’uomo a Dio. E’ per questo che il Santo, cioè la persona che è in relazione con Dio, la persona che prega è una persona luminosa, come è luminoso lui, come lo è sempre stato.

D. – Benedetto XVI ha dedicato molte catechesi proprio alla preghiera, la definisce “un modo per aiutare chi ci è vicino ad entrare nel raggio luminoso della presenza di Dio” …

R. – E’ esattamente così. Infatti, quando una persona vive a contatto con il Signore, non è mai solo per se stesso. Il Signore prende possesso di questa persona, e ne prende possesso – tra l’altro – in tutte le dimensioni: non solo quella spirituale, ma anche nella dimensione umana. Ed è questo che fa sì che la luce si irradia all’intorno. La persona che prega attrae, nella luce di Dio, e trasmette la luce di Dio: diventa un punto luminoso.

D. – A nome delle sue consorelle, vorrebbe lasciare un messaggio, dire qualcosa in questo particolare momento, a Papa Benedetto XVI?

R. – Lo amiamo tanto. Lo abbiamo amato tanto e lo amiamo tanto.

© Copyright Radio Vaticana



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Paparatzifan
00sabato 16 febbraio 2013 19:02
Dal blog di Lella...

È la gente semplice quella oggi più implacabile

Cari Amici,

l’11 febbraio per noi non è mai un giorno qualunque. Ci ricorda non solo la firma – nel 1929 − di quei Patti Lateranensi tra Italia e Santa Sede che chiusero ufficialmente la cosiddetta «questione romana». Più spiritualmente quel giorno è la festa della Beata Vergine di Lourdes, festa molto sentita nel nostro Paese e in particolare per la comunità che è legata alla nostra emittente. Non per nulla alle 10 abbiamo trasmesso in diretta la Messa da quella località, presieduta dal nuovo vescovo della diocesi pirenaica e con la partecipazione di tantissimi italiani. A sconvolgere presto e in modo ineguagliabile la giornata è stato l’annuncio dato in diretta dal Papa che, parlando in latino ai suoi confratelli cardinali, in modo pacato e senza fronzoli annunciava alla Chiesa e al mondo la sua decisione di rinunciare al mandato petrino che aveva ricevuto quasi otto anni fa il 19 aprile 2005. Di questo fatto ormai si sa tutto quello che è stato possibile sapere, ossia della stanchezza di cui Benedetto XVI si sentiva come afflitto, del suo desiderio di lasciare il timone ad energie più giovani, della sua determinazione a concludere i propri giorni nel nascondimento e nella preghiera. Intrecciata a ciò, è emersa la sua grandezza spirituale, la sua finezza d’animo, la sua santità di vita. Se ci fosse dell’altro, se cioè motivazioni più circostanziate l’abbiano determinato non si è saputo nulla, ma molto semplicemente perché nulla c’era in realtà ancora da sapere. L’essenziale era detto. E bisogna dire che calza a pennello con la personalità di Joseph Ratzinger, la sua ritrosia agli onori, la sua allergia al potere, la sua aspirazione a concludere i propri giorni nello studio e nell’orazione. Eppure, si potrà dire?, la sua coerenza interiore e la maestosità spirituale dell’atto compiuto non alleviano in nulla l’eccezionalità che il gesto ha immediatamente svelato, l’irriducibile carattere di novum che esso ha acquisito senza che il trascorrere delle ore potesse minimamente ridimensionarlo. Anzi. Più le ore e i giorni passano, più si resta come incantati e attoniti dalla scelta fatta, inattesa oltre ogni misura: le migliaia e migliaia di telefonate ricevute finora dalla nostra emittente ci fanno persuasi di una scossa enorme impressa nel corpo ecclesiale e nella coscienza dei più.
Solo il tempo probabilmente ci aiuterà a valutare l’accaduto nella spogliazione di ogni suo accidens. E c’è da pregare che anche allora non vi saranno elementi che portino a considerare con maggior circospezione di come avrebbe potuto essere diverso l’andamento delle cose qualora attorno al Papa il clima fosse stato più sereno, se qualche inutile bega gli fosse stata risparmiata, se non si fosse avuta l’impressione di un gruppo di potere che manovrava non dirò a sua insaputa ma certo nella sua non piena consapevolezza delle conseguenze in gioco.
Un Papa grande, grandissimo, servito dalla struttura così così. Questo ci resta dentro come un’impressione sgradevole e invincibile. I ripetuti inviti del Papa a smetterla, con la rincorsa al potere, alle rivalità, al carrierismo, ripensati oggi (e magari c’entrano davvero poco), danno un aspetto inquietante all’inatteso scenario.
Osiamo augurarci che, nel caso, qualche esame di coscienza servisse, venisse tempestivamente fatto, prima che a imporlo siano non tanto i padri del conclave in arrivo a Roma da tutto il mondo, ma il popolo semplice che non sembra per nulla assecondare la rapida emarginazione a cui i media stanno imprimendo alla materia. É la gente umile che non s’acquieta, la cui spiritualità è Eucarestia, Madonna e Papa: nell’amore sconfinato per Benedetto XVI, telefonandoci ci pone una domanda all’incirca riassumibile in questi termini, forse fin troppo elementari: ma il per sempre esiste ancora nella vita della Chiesa?
Dino Boffo

www.tv2000.it/newsletter/content/master.php?id=108


Paparatzifan
00sabato 16 febbraio 2013 19:09
Da Radio Vaticana...

P. Lombardi: forse Conclave prima di metà marzo, Papa a Castel Gandolfo per due mesi

E’ portando il saluto del Papa ai giornalisti che padre Federico Lombardi ha aperto l’odierno briefing. Confermato l’incontro privato, nel pomeriggio, tra Benedetto XVI e il premier Mario Monti. Domani, in Piazza San Pietro all’Angelus, ci sarà anche il sindaco di Roma, Alemanno, con la Giunta ed il gonfalone della città. Il direttore della Sala Stampa Vaticana ha ipotizzato che il Conclave potrebbe svolgersi prima di metà marzo, se tutti i cardinali saranno giunti in Vaticano. Il Santo Padre, dal 28 febbraio, risiederà nell’alloggio abituale a Castel Gandolfo e probabilmente vi resterà per due mesi. Il servizio di Massimiliano Menichetti:

Il Papa, dal 28 febbraio, sarà nell’alloggio abituale nel Palazzo Apostolico, a Castel Gandolfo, che non avrà i sigilli poiché non ci sono documenti particolari. Lo ha detto padre Federico Lombardi, parlando nel consueto briefing con i giornalisti e precisando che Benedetto XVI resterà probabilmente in questa residenza per due mesi, il tempo necessario per il restauro del monastero di clausura, in Vaticano, dove poi si ritrasferirà. Una decisone quella di tornare vicino alla Basilica Vaticana, ha nuovamente ribadito, per motivi di carattere “logistico organizzativo, di comunione, di sostegno di continuità spirituale con il suo successore”.

Guardando agli Esercizi spirituali, che inizieranno domani alle ore 18, ha spiegato che il Pontefice non avrà attività pubbliche e che mons. Georg Gaenswein avrà con lui, come di prassi, un breve appuntamento per le “incombenze urgenti”. Sabato 23, nella mattinata, ci sarà la conclusione della settimana di ritiro e preghiera. Le tre meditazioni giornaliere del cardinale Gianfranco Ravasi saranno diffuse dalla Radio Vaticana tramite podcast: una, ogni sera, verrà messa in onda e tutte saranno sunteggiate sulla newsletter della Radio Vaticana. Successivamente, saranno pubblicate in versione integrale. Al temine degli Esercizi confermato l’incontro, da stabilire se pubblico o privato, con il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano. E guardando ai prossimi 27 e 28 febbraio ha aggiunto:

"Secondo la Prefettura della Casa Pontificia, per l’Udienza Generale del 27 in Piazza San Pietro, ci sono già 35 mila presenze annunciate e naturalmente la cifra andrà ad aumentare. I fedeli e le autorità potranno salutare il Santo Padre in questa ultima occasione di presenza pubblica del Pontefice. Il 28, invece, come abbiamo detto ci sarà l’incontro con il Collegio dei cardinali e la partenza nel pomeriggio".

Padre Lombardi ha detto anche che a Castel Gandolfo, nel pomeriggio del 28 febbraio, dove il Papa arriverà in elicottero, ci sarà verosimilmente un momento di saluto con “affaccio sulla piazza”.

Ha quindi parlato delle notizie, diffuse a mezzo stampa, relative ai colloqui tra Benedetto XVI e Peter Seewald, il biografo che realizzò il libro-intervista proprio con il Papa “Luce del mondo”. Il direttore della Sala Stampa vaticana ha affermato che si tratta di informazioni non particolarmente nuove, relative a due colloqui, l’ultimo tra novembre e dicembre scorso, avuti con il Santo Padre in prospettiva di una biografia.

Tornando ai temi del Conclave è stato spiegato che potrebbe iniziare, se tutti i cardinali saranno giunti in Vaticano, prima del 15-20 marzo; termine questo successivo all’inizio della "Sede Vacante", stabilito nel caso di morte di un Pontefice:

"Nella Costituzione si dice tra i 15 e i 20 giorni: però, il termine è 'per attendere', cioè per dare a coloro che avessero bisogno il tempo necessario per arrivare in Vaticano. Nell’eventualità che i cardinali fossero già tutti qui, si potrebbe interpretare la Costituzione in un modo differente".

Sollecitato sulla rinuncia del Papa e sulla nota editoriale per la Radio Vaticana in cui lo stesso padre Lombardi, oggi, ha parlato di “atto di governo del Santo Padre”, ha specificato:

"Perché si pone in una prospettiva, come lui ha detto ripetutamente, in cui la Chiesa va avanti, in cui la Chiesa ha delle sue energie. Il Papa guarda all’elezione di un successore che abbia - come lui ha detto - vigore nel corpo e nell’animo, e una personalità che possa affrontare le sfide del nostro tempo nel modo adeguato, cosa che egli sentiva più difficile con il passare del tempo e con il diminuire delle forze".

Infine, chiamato a rispondere sulla recente nomina di vertice dello Ior, padre Lombardi ha detto che il nuovo presidente dell’Istituto e il Consiglio di Sovrintendenza, nel quale Ernst von Freyberg è entrato a far parte, scadranno nel 2015.


Testo proveniente dalla pagina it.radiovaticana.va/news/2013/02/16/p._lombardi:_forse_il_conclave_prima_di_met%EF%BF%BD_marzo,_benedetto_xvi_a_ca/it...
del sito Radio Vaticana


Paparatzifan
00sabato 16 febbraio 2013 19:13
Da "Korazym"...

Il Papa si congederà dal Popolo di Dio con una liturgia della Parola

Scritto da Andrea Gagliarducci
Sabato 16 Febbraio 2013 12:41

Sarà con una liturgia della Parola che Benedetto XVI prenderà congedo dal Popolo di Dio nell’udienza generale di mercoledì 27 febbraio. Un’udienza che si aspetta partecipata – già 35 mila persone hanno chiesto alla Prefettura della Casa Pontificia, riferisce il reggente Leonardo Sapienza - e che rappresenterà l’ultimo abbraccio pubblico di Benedetto XVI. La mattina del giorno dopo, il Papa incontrerà i cardinali, e poi nel pomeriggio, alle ore 17, partirà per Castel Gandolfo: un evento che sarà seguito in diretta dal Centro Televisivo Vaticano.

Anche per il penultimo Angelus di Benedetto XVI, domani mattina, si aspetta un bagno di folla (si parla di almeno 150 mila presenze), e sarà presente anche il sindaco di Roma Alemanno con una delegazione del Comune e con il gonfalone della città.
È un Papa particolarmente sereno, che si accinge a vivere la Settimana degli Esercizi Spirituali di Quaresima. Stamattina, l’ultimo incontro “diplomatico” da Papa, con il presidente della Repubblica del Guatemala. Al termine dell’incontro, il Papa ha salutato i giornalisti. Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa Vaticana, ha chiesto se poteva esprimere ai giornalisti la sua gratitudine per il loro lavoro. “Ma certamente”, ha risposto Benedetto XVI. Il quale, durante la prossima settimana, incontrerà solo una volta al giorno mons. Georg Gaenswein, prefetto della Casa Pontificia e suo segretario particolare, per la firma dei documenti e per sistemare gli affari correnti.
È un Papa che prima di andarsene ha deciso di lasciare la casa in ordine. Oggi, è stata rinnovata per un quinquennio la Commissione Cardinalizia di Vigilanza dello IOR. Tutti confermati, dal presidente (il Segretario di Stato Bertone) ai membri (i cardinali Tauran, Scherer, Toppo), eccetto Attilio Nicora. Questi, presidente dell’Autorità di Informazione Finanziaria (che dunque ha compiti di vigilanza anche sullo IOR) era stato nominato nella commissione per via del suo precedente incarico di presidente dell’APSA. Il suo posto viene preso dal suo successore alla guida del dicastero che rappresenta una sorta di “banca centrale” del Vaticano, il cardinal Domenico Calcagno.
Ci sarà da aspettarsi qualche altro piccolo aggiustamento, nelle prossime settimane. Intanto – con la nomina di monsignor Giuseppe Sciacca alla Camera Apostolica – è stato completato l’ufficio del Camerlengo, che è il cardinal Bertone. Sarà lui, a partire dal giorno della sede vacante il 1 marzo, a decidere quando inizieranno le Congregazioni e quando inizierà il conclave. L’Universi Dominici Gregis – la costituzione apostolica che regola le procedure di elezione del successore di Pietro – parla di una attesa di 15-20 giorni dall’inizio della Sede Vacante prima dell’inizio del Conclave. Dato però che la Sede Vacante è stata preannunciata, e che già i cardinali hanno cominciato ad organizzarsi per venire a Roma, è possibile che il Camerlengo decida di anticipare i tempi, e magari indire l’inizio del Conclave non per il 15 marzo (come sarebbe previsto dai numeri della Costituzione), ma anche a partire dal 10 marzo. Alcuni azzardano che – in caso di Conclave breve – la messa di inizio pontificato del nuovo Pontefice potrebbe avere luogo il 19 marzo, festa solenne di San Giuseppe. Ma tutto resta ovviamente da decidere, e ogni decisione sarà resa nota solo a partire dal giorno della Sede Vacante. Alcune precisazione giuridiche sulla Universi Dominici Gregis potrebbero arrivare già la prossima settimana, ad opera di Benedetto XVI.
Su di lui, Peter Seewald – che ha scritto con il Papa due libri-intervista, e che è uno dei pochissimi ad aver avuto accesso al Papa senza dover passare dal filtro di mons. Gaenswein – stava già preparando una biografia, di taglio giornalistico. Per questo, aveva incontrato il Papa a Castel Gandolfo nel corso dell’estate e poi – ma padre Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, non è sicuro della circostanza – eventualmente anche a fine novembre-inizio dicembre. Parte di questi colloqui è stato pubblicato sul settimanale Focus da un Seewald preso d’assedio dai giornalisti, e ancora in dubbio se terminare la biografia del Papa o cominciare un altro tipo di lavoro. Nel frattempo, “sfrutta” in qualche modo il momento, pubblicando stralci di intervista che non sono assolutamente una novità, nei quali Benedetto XVI sostiene anche di non aver compreso “la psicologia” di Paolo Gabriele, ma di non essere stato “sconvolto” dagli scandali.


Paparatzifan
00sabato 16 febbraio 2013 19:21
Dal blog di Lella...

Card. Scola: il Papa chiede alla Lombardia di essere cuore credente d'Europa

“La Lombardia deve essere il cuore credente dell’Europa”. È questo il concetto di fondo che Benedetto XVI ha affidato ai presuli della Regione italiana, ricevuti questa mattina in Vaticano in visita ad Limina. Subito dopo l’udienza, Luca Collodi ha incontrato il capo della Chiesa ambrosiana, il cardinale Angelo Scola, e gli ha chiesto anzitutto quale realtà di Chiesa sia stata presentata a Benedetto XVI:

R. – Abbiamo presentato al Papa, con realismo, le tante luci che ci sono nella Chiesa lombarda. Vale a dire una base di cattolicesimo di popolo ancora notevolmente robusta, che in questi anni, grazie al Concilio, ha imparato, per esempio, una partecipazione alla Santa Messa fatta di una vigilanza, di una serietà, che impressionano. Quando visito le parrocchie a Milano, mi colpisce vedere, contrariamente a quanto si dice tante volte in modo superficiale, una grande partecipazione, gente che resta in piedi anche per due ore e con grande intensità. A partire da lì, nasce la domanda, per esempio, che i genitori ancora fanno per i Sacramenti dei bambini, la quasi totalità. Come pure la stessa scelta, che a Milano quest’anno è aumentata, dei ragazzi delle scuole anche superiori di partecipare all’ora di religione. O gli straordinari segni della carità, per cui in tutta la Lombardia è imponente l’azione delle Chiese, attraverso le Caritas e mille altri strumenti, al punto tale che sicuramente le istituzioni dello Stato non reggerebbero senza questo aiuto. Più delicata, come l’abbiamo presentata, è stata invece la situazione della cultura, intesa in senso forte non libresco: cioè, della capacità di portare l’esperienza profonda dell’incontro col Signore nella comunità, dentro le situazioni concrete della vita personale – gli affetti, il matrimonio, la famiglia la vita, la giustizia, la costruzione civile, sociale, politica, l’economia, il mondo del lavoro – la difficoltà a comunicare questo con semplicità a tutti gli ambienti. Il Papa ha insistito moltissimo – ma è il tema di questo grande Pontificato – sulla gioia della fede che era stata sottolineata anche da tutti i vescovi che sono intervenuti nel dialogo col Santo Padre. Tutti e 13 noi, presenti, qui sentiamo un pochino di più la difficoltà. Abbiamo messo in evidenza anche il grande lavoro con gli immigrati, l’aspetto del dialogo interreligioso, l’ecumenismo, il rapporto con gli ebrei. Molto tempo dell’udienza, che è durata più di un’ora, è stato preso dalle riflessioni sul nostro clero, sull’aiuto di accompagnamento del clero giovane, la prima destinazione di inserimento nella vita pastorale, l’unità del presbiterio. E mi sembra che questo, nella sostanza, sia stato sinteticamente detto. E’ questo il contenuto dello scambio, molto familiare, che il Santo Padre sedendosi con noi ha introdotto, con poche parole, dicendoci che voleva ascoltare uno ad uno, mostrando una memoria impressionante delle sue visite nelle nostre diocesi.

D. – In particolare, che indicazioni pastorali vi ha dato il Papa?

R. – C’è n’è una che si impone su tutte e voglio dire solo questa: che a un certo momento, pensando alla Lombardia, alla centralità della Lombardia, ha detto che la Lombardia deve essere il cuore credente dell’Europa. A me sembra che questo sia più che un programma pastorale per le nostre diocesi.

D. – Eminenza, la Conferenza episcopale della Lombardia è l’ultima che incontra Papa Benedetto prima del 28 febbraio. Con quali sentimenti vi siete lasciati?

R. – Eravamo tutti molto commossi: tutti i vescovi, uno ad uno. Il Papa ci ha salutato di fatto due volte, all’inizio e poi alla fine, ci ha regalato una croce pettorale e tutti i vescovi hanno detto il bene personale loro e dei loro fedeli per il Santo Padre. C’era un tasso di commozione abbastanza marcato tra noi. Direi che tra tutti il più sereno era il Papa. E’ stato molto bello, però, anche questo aspetto di familiarità. Noi abbiamo ricordato alla fine che sentiamo la responsabilità di essere stati gli ultimi ricevuti nella visita ad Limina, e lui ci ha detto: “Questa responsabilità significa che dovete diventare una luce per tutti”. Speriamo di essere capaci.

D. – Cardinale Scola, alla notizia della rinuncia del Papa al Pontificato lei ha parlato di “un pugno nello stomaco” ai giovani lombardi. Molte persone amano il Papa, ma c’è anche disorientamento tra la gente. Lei, su questo, ha rivolto una lettera alla Chiesa ambrosiana…

R. – Sì, nel senso che ho detto ai giovani che per me la reazione è stata un po’ paradossale. Da una parte, un pugno allo stomaco ti fa reclinare, no? Invece questo è un pugno allo stomaco che ci ha fatto alzare la testa, perché ci ha fatto vedere cos’è la fede, cos’è la vita di fede. Il Papa non ha testimoniato attaccamento alle cose di questo mondo, tanto meno al potere, ma un abbandono totale alla volontà di Dio, a ciò che lo Spirito detta. Allora abbiamo tirato su la faccia e forse, questo evento, nel suo misterioso significato, è come un’occasione che lo Spirito prenderà per riaprire noi cristiani alla speranza e alla gioia e per farci parlare, perché ci si assuma una responsabilità più energica, quasi un soprassalto di energia di fede. Lo penso soprattutto per l’Europa, ma non solo. Ed Europa vuol dire anche la mia diocesi, le nostre terre e così via. Il mondo ha bisogno dell’Europa e l’Europa ha bisogno di un soprassalto di fede.

D. – Ai sacerdoti romani il Papa è tornato a parlare del Concilio. Lo ha fatto molte volte nel corso del Pontificato. Il Concilio è la chiave di lettura, che può caratterizzare questo periodo storico della vita della Chiesa?

R. – Penso di sì, a due condizioni. La prima, che non si separi il grande evento conciliare: nella Chiesa la presenza vitale dello Spirito produce degli eventi ed è attraverso l’evento, che mette in relazione le persone, che la prima riforma della Chiesa avviene. Non si può, però, separare l’evento dal corpo dottrinale che il Concilio ci ha fornito, che però – come ha detto il Santo Padre – va letto in unità, a partire dalle quattro Costituzioni, che allora riveleranno una freschezza, un’attualità e un compito di attuazione che ci sta ancora davanti. Io credo che questo 50.mo del Concilio, nell’Anno della Fede, e questo evento di magistero supremo, che è la rinuncia del Papa, possano realmente rappresentare un’occasione di grande rilancio della bellezza, della verità, della bontà, dell’avvenimento di Cristo per il cuore dell’uomo di oggi. Io sono convinto di questo. Senza contare il fatto che – se prendiamo per esempio il documento sulla libertà religiosa o quello sul rapporto con i nostri fratelli ebrei – vediamo come sia ancora tutto da approfondire, da attuare, da esperire. Pensiamo al nostro Paese, l’Italia: quando è nato, il problema dell’immigrazione non esisteva, adesso stiamo assistendo a un mescolamento di popoli, che produrranno il nuovo cittadino europeo, assolutamente inedito. Io credo, quindi, che questi tre fatti insieme – il 50.mo del Concilio, l’Anno della Fede e questo gesto del Santo Padre – ridiano al Vaticano II tutto il suo spessore e ne mostrino tutta l’attualità. A noi di assumerlo responsabilmente.

Tra i vescovi lombardi che oggi hanno partecipato all'udienza del Papa, in Vaticano, c'è anche il vescovo di Lodi, mons. Giuseppe Merisi. Al microfono di Alessandro Gisotti, il presule racconta l'emozione dell'ultimo incontro con Benedetto XVI:

R. - Sentimenti di commozione e di emozione. Ci siamo tanto commossi nel vedere e nel sentire, nel salutare e nel ringraziare il Santo Padre. In questa ultima udienza, gli siamo stati vicini, ci siamo stretti a lui per ringraziarlo del suo grande dono. Ci parlava innanzitutto dell’Anno della Fede e del rapporto tra fede e carità... Ha concluso l’incontro invitando tutti noi a rileggere, a riprendere in considerazione, a valutare, a meditare e a pregare sia con il messaggio ultimo della Quaresima sia anche con il precedente Motu proprio sul segno della carità.

D. - C’è qualche parola che in particolare l’ha colpita tra quelle pronunciate oggi dal Papa in questa ultima udienza?

R. - Questo appello al tema della carità dove la carità è la verità della Fede, quindi questo invito a considerare l’impegno di dedizione - che per noi nasce dal dono del Signore, del suo Spirito, dall’Eucarestia - alle persone con cui viviamo, a cominciare dagli ultimi, dagli emarginati, da coloro che più degli altri hanno diritto alla nostra attenzione.

D. - Cosa dirà ai suoi fedeli nella sua diocesi?

R. - Dirò che il Papa ci ha pregato di sentire la nostra vita come spesa al servizio - in conseguenza della chiamata, del dono del Signore - della gente cui siamo affidati, assegnati e che lui si sentirà sempre vicino a ciascuno di noi, a ciascuna delle nostre realtà, a ciascuna delle nostre chiese.

© Copyright Radio Vaticana


Paparatzifan
00sabato 16 febbraio 2013 19:25
Dal blog di Lella...

Vatileaks, Papa e Gabriele in contatto dopo grazia: arriva accordo sul silenzio

CITTA’ DEL VATICANO

Papa Benedetto XVI è rimasto in contatto con l’ex maggiordomo dopo avergli concesso la grazia. Paolo Gabriele, coinvolto nello scandalo Vatileaks, firmerà a giorni un accordo con il Vaticano in cui si impegna a mantenere il silenzio su quanto a lui noto a motivo del suo passato servizio presso l’Appartamento papale. Queste le affermazioni di fonti vicine al Vaticano riportate dall’Ansa.
Le fonti vicine al Papa hanno detto: “Dopo la concessione della grazia, Benedetto XVI ha continuato ad avere contatti e rapporti con il suo ex maggiordomo Paolo Gabriele, dimostrando a lui e alla sua famiglia interessamento e grande affetto paterno”.
Dopo quanto rivelato il 16 febbraio dal biografo del Papa Peter Seewald, al magazine tedesco Focus, circa la difficoltà per Ratzinger di comprendere la psicologia dell’ex maggiordomo, le fonti riferiscono che dopo l’incontro a tu per tu alla vigilia di Natale al momento della concessione della grazia, Benedetto XVI ”ha avuto modo più volte di non far mancare, nonostante tutto, la sua vicinanza a Gabriele e alla famiglia”.
Inoltre, sempre secondo quanto si apprende, si è definita in questi giorni la questione dell’abitazione di Gabriele. A breve, l’ex maggiordomo lascerà l’appartamento nella palazzina vaticana per trasferirsi in un altro fuori delle Mura Leonine.

www.blitzquotidiano.it/cronaca-mondo/vatileaks-papa-paolo-gabriele-contatto-dopo-grazia-firmera-accordo-sul-silenzio-...


Paparatzifan
00sabato 16 febbraio 2013 22:29
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PAPA: SCOLA, ERA PIU' SERENO DI NOI, HA PARLATO DELLA GIOIA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 16 feb.

Benedetto XVI "era il piu' sereno" tra i presenti, quando, incontrando i vescovi della Lombardia in visita ad limina, ha dato loro quelle che possono essere indicate come le ultime indicazioni pastorali da lui offerte ad un gruppo di vescovi.
"Il Papa ha insistito moltissimo, ma e' il tema di questo grande pontificato, sulla gioia della fede che era stata sottolineata anche da tutti i vescovi che sono intervenuti nel dialogo col Santo Padre", ha rivelato il cardinale Angelo Scola che ha riferito alla Radio Vaticana i temi dell'incontro. "Tutti e 13 noi presenti - ha spiegato l'arcivescovo di Milano - sentiamo un pochino di piu' la difficolta'".
Scola ha descritto "lo scambio, molto familiare, che il Santo Padre sedendosi con noi ha introdotto, con poche parole, dicendoci che voleva ascoltare ad uno ad uno, mostrando - ha scandito - una memoria impressionante delle sue visite nelle nostre diocesi".
"Tutti - ha ammesso il cardinale - eravamo molto commossi. E il Papa ci ha salutato a uno a uno, all'inizio e poi alla fine e ci ha regalato una croce pettorale, mentre tutti i vescovi hanno detto il bene personale loro e dei loro fedeli per il Santo Padre". "C'era un tasso di commozione abbastanza marcato tra noi. Direi che tra tutti il piu' sereno era il Papa. E' stato molto bello, pero', anche questo aspetto di familiarita'. Noi abbiamo ricordato alla fine che sentiamo la responsabilita' di essere stati gli ultimi ricevuti nella visita ad Limina, e lui ci ha detto: 'questa responsabilita' significa che dovete diventare una luce per tutti'. Speriamo - ha concluso Scola - di esserne capaci".

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PAPA: SCOLA, E' STATO PUGNO NELLO STOMACO MA CI SPINGE A IMPEGNO


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 16 feb.

"Un pugno allo stomaco ti fa reclinare, no? Invece questo e' un pugno allo stomaco che ci ha fatto alzare la testa, perche' ci ha fatto vedere cos'e' la fede, cos'e' la vita di fede". Il cardinale Angelo Scola, considerato il favorito tra i candidati italiani alla successione di Benedetto XVI, ha commentato cosi' alla Radio Vaticana la decisione che potrebbe avergli aperto la strada per il Pontificato. "Il Papa - ha sottolineato - non ha testimoniato attaccamento alle cose di questo mondo, tanto meno al potere, ma un abbandono totale alla volonta' di Dio, a cio' che lo Spirito detta".
Dopo quel senso di smarrimento, ha rivelato Scola parlando a nome dei confratelli vescovi della Lombardia ricevuti con lui in visita ad limina, "abbiamo tirato su la faccia e forse, questo evento, nel suo misterioso significato, e' come un'occasione che lo Spirito prendera' per riaprire noi cristiani alla speranza e alla gioia e per farci parlare, perche' ci si assuma una responsabilita' piu' energica, quasi un soprassalto di energia di fede". Per Scola reagire con un rinnovato impegno cristiano alla decisone del Papa e' necessario "soprattutto per l'Europa, ma non solo. Ed Europa - ha ricordato - vuol dire anche la mia diocesi, le nostre terre e cosi' via. Il mondo ha bisogno dell'Europa e l'Europa ha bisogno di un soprassalto di fede". "Credo - ha poi concluso Scola - che il 50esimo del Concilio nell'Anno della Fede e questo evento di magistero supremo, che e' la rinuncia del Papa, possano realmente rappresentare un'occasione di grande rilancio della bellezza, della verita', della bonta', dell'avvenimento di Cristo per il cuore dell'uomo di oggi".

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PAPA: RICEVE ANCHE TETTAMANZI CON VESCOVI LOMBARDI E SCOLA

Salvatore Izzo



(AGI) - CdV, 16 feb.

Anche il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo emerito di Milano, 78 anni, e' stato ricevuto questa mattina dal Papa insieme al successore, Angelo Scola, 71 anni, in occasione della "visita ad limina" dei vescoci della Lombardia. Il bollettino vaticano segnala che il cardinale Tettamanzi ha partecipato all'incontro con il Papa - in calendario da prima dell'annuncio delle dimissioni - anche nella sua qualita' di attuale amministratore apostolico della diocesi di Vigevano, nominato la scorsa estate dal Papa dopo il traumatico allontanamento del vescovo Vincenzo Di Mauro, che in Vaticano era stato segretario della Prefettura degli Affari Economici.
Il cardinale Scola e' considerato il favorito tra i "papabili" italiani. Prima del Conclave del 2005 a comparire nelle liste dei papabili era invece il predecessore, Tettamanzi, che alla fine pero' ebbe pochissimi voti, mentre a giocare un ruolo chiave fu in quel caso proprio l'emerito, Carlo Maria Martini. Il gruppo italiano, che anche stavolta resta il piu' numeroso, infatti, apparve subito diviso. E' possibile che questa volta i 28 cardinali cerchino di compattarsi e cio' favorirebbe l'altro possibile candidato, il presidente della Cei Angelo Bagnasco, universalmente stimato e meno connotato di Scola, che ha un passato in Comunione e Liberazione. O addirittura lo stesso Tettamanzi, che ha precisamente l'eta' di Joseph Ratzinger quando fu eletto. Il cardinale Scola e' considerato il favorito tra i "papabili" italiani. Prima del Conclave del 2005 a comparire nelle liste dei papabili era invece il predecessore, Tettamanzi, che alla fine pero' ebbe pochissimi voti, mentre a giocare un ruolo chiave fu in quel caso proprio l'emerito, Carlo Maria Martini. Il gruppo italiano, che anche stavolta resta il piu' numeroso, infatti, apparve subito diviso. E' possibile che questa volta i 28 cardinali cerchino di compattarsi e cio' favorirebbe l'altro possibile candidato, il presidente della Cei Angelo Bagnasco, universalmente stimato e meno connotato di Scola, che ha un passato in Comunione e Liberazione. O addirittura lo stesso Tettamanzi, che ha precisamente l'eta' di Joseph Ratzinger quando fu eletto.

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Paparatzifan
00sabato 16 febbraio 2013 22:39
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PAPA: RESTERA' DUE MESI A CASTELGANDOLFO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 16 feb.

Joseph Ratzinger, allora ormai ex Papa, rientrera' in Vaticano con destinazione il monsatero di clausura Mater Ecclesiae a fine aprile. Fino ad allora restara' "nell'alloggio abituale del Pontefice a Castelgandolfo", ospite in sostanza del suo successore. "Non c'e' motivo di sigillarlo perche' non contiene nulla di particolare legato ad attivita' ma solo cose personali", ha spiegato il portavoce vaticano Federico Lombardi.
Al suo arrivo a Castelgandolfo, il 28 pomeriggio, il Papa sara' ancora vestito di bianco e salutera' per l'ultima volta i fedeli affacciandosi sulla piazza, come fa ogni volta che arriva nella cittadina laziale. Partenza dal Vaticano e arrivo saranno probabilmente trasmesse in diretta televisiva dal CTV, ha fatto sapere Lombardi. Riguardo a quello che accadra' a Castelgandolfo dopo le 20 di quel giorno - per molti tristissimo - non e' previsto nulla. "Cosa succedera' lo vedremo", ha detto il portavoce rinviando ancora a i prossimi giorni "i problemi aperti relativi a come dovremo rivolgerci a Joseph Ratzinger e al colore dell'abito che indossera' in eventuali presenze pubbliche". Riguardo alla possibilita' che incontri il successore o addirittura partecipi all'intronizzazione, Lombardi e' stato laconico: "quello che fara' il nuovo Papa lo lasciamo stabilire a lui, per quanto riguarda quello attuale conosciamo il suo atteggiamento di riservatezza, che sara' rigoroso tanto piu' in tempo di sede vacante". Quanto al perche' Joseph Ratzinger abbia deciso di restare in Vaticano, sia pure "ritirato in preghiera", Lombardi ha aggiunto: "credo che ci siano motivi comprensibili di carattere logistico organizzativo, ma anche spirituali e di comunione. Effettivamente avere il Papa Benedetto XVI presente anche se in modo ritirato credo sia un grande segno di comunione e continuita' spirituale per il successore e per tutti noi. Le problematiche relativi a possibili interferenza io le ritengo non rilevanti, soprattutto conoscendo Benedetto XVI e la sua delicatezza". "Una persona che ha 86 anni, e' abituata a questo ambiente e clima e il trasferimento in un ambiente diverso e nuovo avrebbe richiesto una sua particolarissima decisione e volonta' che non ci sono state. Ma questa a me - ha confidato Lombardi - sembra la soluzione piu' naturale di gran lunga e anche la piu' bella. Lo trovo assolutamente normale e non mi risulta che nessuna alternativa sia stata presa in considerazione". Lombardi ha anche riferito ai giornalisti che questa mattina a margine dell'incontro con il presidente del Guatemala, egli ha potuto avvicinare il Papa per salutarlo e questi gli ha affidato "il suo saluto, la sua gratitudine e gli auguri di buon lavoro" destinati ai giornalisti. "Lo ha fatto con molta gentilezza e attenzione, certamente il Papa e' sempre molto grato per chi fa un buon lavoro e anche don Georg - ha concluso - mi ha assicurato che il Papa vive con serenita' e distensione questi giorni emozionanti e impegnativi".

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LOMBARDI: POSSIBILE ANTICIPO APERTURA CONCLAVE

Salvatore Izzo



(AGI) - CdV, 16 feb. - "La Costituzione Apostolica 'Universi Dominici gregis' prevede il Conclave due settimane dopo l'inizio della Sede Vacante perche' si deve aspettare l'arrivo dei cardinali. Ma se prima di quella data, cioe' di meta' marzo, sono tutti arrivati non c'e' nessuno da aspettare si puo' forse iniziare prima. E' una domanda che ci si pone". Lo ha detto il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi. Oltre al fatto che non ci sono i funerali e i successivi novendiali, e' da sottolineare che "essendo l'annuncio della Sede Vacante fatto con grande anticipo le persone che hanno diritto di essere attese potrebbero arrivare prima e farlo sapere. E di tutto cio' - ha scandito ai giornalisti - vi informero' al piu' presto appena sapremo".
Rispondendo ai giornaliti, padre Lombardi ha poi anticipato che la data di apertura del Conclave sara' stabilita presumibilmente nelle Congregazioni Generali che riuniranno quotidiamnamente i cardinali presenti a Roma dal 1 marzo, cioe' a partire dall'inizo della sede vacante. E' possibile, ha spiegato, che si arrivi pero' a formulare una proposta di anticipo dell'apertura da parte delle autorita' preposte, cioe' del Camerlengo e del decano del Collegio (i cardinali Tacisio Bertone e Angelo Sodano), sulla quale i cardinali potranno esprimersi. Secondo Lombardi, il tema non e' tra quelli che richiederebbero una modifica delle legge, che competerebbe comunque al Papa (Benedetto XVI gia' nel 2007 pubblico' un motu proprio emendativo blindando la maggioranza dei 2/3 necessari a eleggere il Romano Pontefice anche nel caso di ballottaggio), ma solo una interpretazione alla luce delle norme vigenti. In ogni caso, ha rassicurato Lombardi, "la Camera Apostolica (cioe' il camerlengo Bertone, il vice Celata e il giurista Sciacca, ndr) sta verificando se c'e' necessita' di chiarimenti e aggiustamenti, e dunque aspettiamoci nei prossimi giorni elementi di precisazione su punti della Costituzione, alla luce della passata Sede Vacante del 2005".

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PAPA: LOMBARDI, SUA DECISIONE LIBERA, LUCIDA E RESPONSABILE


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 16 feb.

"Il significato del gesto del Papa e' chiaro: una decisione libera, lucida e responsabile, assunta tenendo presente il bene della Chiesa". Lo ha riaffermato il portavoce della Santa Sede nel briefing tenuto oggi. "In questa prospettiva - ha aggiunto - si puo' cogliere nelle sue parole l'auspicio che il successore abbia vigore del corpo e dell'animo, una personalita' che possa affrontare le sfide del nostro tempo in modo adeguato, una cosa che egli sentiva piu' difficile per lui con il venir meno delle forze". "Quali siano i problemi che il Papa sa che ci sono, non sta a me dirlo", ha poi aggiunto padre Lombardi sottolinenado che Joseph Ratzinger non intende certo dettare le priorita' al successore. "I cardinali - ha concluso - suppongo che facciano questo tra il primo e il 10 o 15 di marzo, nelle Congregazioni Generali".

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Paparatzifan
00domenica 17 febbraio 2013 20:59
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PAPA: LOMBARDIA DEVE ESSERE IL CUORE CREDENTE DELL'EUROPA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 16 feb.

Tra le "indicazioni pastorali" che Benedetto XVI ha offerto oggi ai vescovi della Lombardia, "c'e' n'e' una che si impone su tutte: a un certo momento, pensando alla Lombardia, alla centralita' della Lombardia, ha detto che la Lombardia deve essere il cuore credente dell'Europa".
Lo ha affermato l'arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, intervistato dalla Radio Vaticana dopo l'udienza concessa (l'ultima in calendario in questo Pontificato che si conclude il 28 febbraio) a 13 vescovi della Lombardia. All'incontro ha partecipato, in qualita' di amministratore apostolico di Vigevano, anche l'ex arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, anche lui tra i cardinali elettori, e che nel 2005 era il piu' gettonato tra gli italiani come papabile, mentre ora lo e' il successore".
Riguardo all'invito a un rinnovato impegno dei cristiani della Lombardia, "a me sembra - ha commentato Scola - che questo sia piu' che un programma pastorale per le nostre diocesi". Da parte nostra, ha aggiunto il cardinale, "abbiamo messo in evidenza anche il grande lavoro con gli immigrati, l'aspetto del dialogo interreligioso, l'ecumenismo, il rapporto con gli ebrei". Inoltre, ha continuato Scola, "molto tempo dell'udienza, che e' durata piu' di un'ora, e' stato preso dalle riflessioni sul nostro clero, sull'aiuto di accompagnamento del clero giovane, la prima destinazione di inserimento nella vita pastorale, l'unita' del presbiterio". Nell'intervista a Radio Vaticana, Scola si e' soffermato anche sul tema dell'attuazione del Concilio invitando - in sintonia con quello che il Papa dimissionario ha detto giovedi' scorso al clero di Roma - a "non separare l'evento dal corpo dottrinale che il Concilio ci ha fornito, che pero', come ha detto il Santo Padre, va letto in unita', a partire dalle quattro Costituzioni, che allora riveleranno una freschezza, un'attualita' e un compito di attuazione, che ci sta ancora davanti".
"Io sono convinto di questo - ha confidato il cardinale - senza contare il fatto che, se prendiamo per esempio il documento sulla liberta' religiosa o quello sul rapporto con i nostri fratelli ebrei, vediamo come e' ancora tutto da approfondire, da attuare, da esperire". "Pensiamo - ha osservato - al nostro Paese, l'Italia: quando e' nato, il problema dell'immigrazione non esisteva, adesso stiamo assistendo ad un mescolamento di popoli, che produrranno il nuovo cittadino europeo, assolutamente inedito". "Io credo quindi - ha infine concluso Scola - che questi tre fatti insieme, il 50.mo del Concilio, l'Anno della Fede e questo gesto del Santo Padre - ridiano al Vaticano II tutto il suo spessore e ne mostrino tutta l'attualita'. A noi di assumerlo responsabilmente".

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Paparatzifan
00domenica 17 febbraio 2013 21:37
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L'intervista Monsignor Negri

Paolo Rodari

Monsignor Luigi Negri, da poco nominato vescovo di Ferrara e Comacchio, storico della Chiesa per anni in forza all'Università Cattolica di Milano. Partiamo dalle cose positive di queste dimissioni a sorpresa di Papa Benedetto XVI.

«Sono tante, anzitutto perché sono un evento».

Che tipo di evento?

«Sostanzialmente religioso. Il Papa offre l'esempio a tutti: con le dimissioni dice che la Chiesa va servita».

Ritirarsi significa servire?

«Certo. Ha compreso che le forze fisiche non lo sorreggono più e ha deciso di lasciare spazio a qualcun altro. Ma c'è anche il segno di grande umiltà e grande realismo, dopo un pontificato all'insegna della proposta di un'autentica esperienza di fede incentrata sulla ragione».

Ci sono solo difficoltà fisiche dietro le dimissioni?

«Diciamo che il contesto nel quale sono maturate è evidentemente caratterizzato da un alto livello di problematicità nel quale si ha la percezione di una solitudine del Papa unita a una non adeguata collaborazione. Perciò ritengo che si apra un problema non solo per il suo successore ma per tutti».

Sta dicendo che la Chiesa è divisa e che sarà dura di qui in avanti?

«Sto riportando i concetti molto seri che ha espresso lo stesso Benedetto XVI tre giorni fa nella basilica vaticana: basta divisione, si apra il tempo dell'unità».

«Con il clima in generale. È un momento di contrapposizioni drammatiche a livello anche culturale e sociale.
Nella Chiesa si verificano ogni volta che prevalgono fra le diverse sensibilità priorità politiche».

Cosa serve allora?

«Una sola cosa: conversione. La conversione di tutti all'unità che sgorga dalla presenza di Cristo. Se tutto riparte da Cristo nasce la comunione in cui ognuno è portatore di un dono per l'altro».

Come arrivare a questa unità?

«Ci deve essere una grande riforma intellettuale anzitutto, prima che morale. Prima il riconoscimento che la Chiesa è una e sta insieme perché riconosce Cristo presente. A questo riconoscimento seguirà poi una riforma morale la quale senza l'unità che ho appena descritto diviene moralismo».

Difficile da capire...

«No, molto facile.
La Chiesa, i vescovi e il popolo cristiano insieme, debbono ritornare a seguire la medesima cosa. E cioè il magistero del Papa e della stessa Chiesa.
In questa sequela unitaria le diverse sensibilità non perdono la propria identità ma servono insieme la medesima causa».

Perché, fino ad oggi c'è stato chi non ha seguito il magistero?

«Beh, sì. Ci sono magisteri paralleli che sono andati e vanno per strade che portano alla divisione. Invece serve l'umiltà di tornare a seguire tutti la stessa cosa. Soltanto da qui si può arrivare a quella riforma morale che auspica davvero anche il Papa. Troppe volte nella Chiesa si sente anche di preti che predicano le proprie idee e non la verità della fede. Invece, è il magistero e la dottrina sociale della Chiesa che i preti dovrebbero tornare a studiare. Nelle università teologiche, nei seminari, occorrerebbe imporre lo studio del magistero così che chi viene ordinato sappia bene che cosa dovrà a sua volta insegnare».

Un compito anche per i laici?

«Certo. I preti devono insegnare ai laici cosa è giusto per la Chiesa e cosa è sbagliato, non infondere confusione. I valori non negoziabili non sono stati ricordati dal Papa più volte a caso. Noto, ad esempio, una grande povertà dei temi non negoziabili nei programmi politici. Per me è una mancanza grave. Colpa dei politici, certo, ma anche la Chiesa dovrebbe parlarne con più forza e incisività. Non è un tema sul quale si può trattare. Se la Chiesa dice a gran voce ciò in cui crede e che ritiene sia giusto per ogni uomo, allora anche la classe politica è aiutata a recepire. Se la Chiesa invece resta tiepida è inevitabile che lo siano anche i politici e i loro programmi di governo».

Quali caratteristiche deve avere secondo lei il successore di Joseph Ratzinger?

«Deve essere un padre del popolo, un pastore, capace di vivere un servizio assoluto verso tutti valorizzando la comunione».

© Copyright Il Giornale, 17 febbraio 2013


Paparatzifan
00domenica 17 febbraio 2013 21:39
Da "Patriarcatovenezia.it"...

Messaggio del Patriarca alla Diocesi sulla rinuncia del Papa: "Ci ha ricordato cos'è il servizio nella Chiesa"


Carissimi,

l’annuncio con cui il Santo Padre Benedetto XVI ha voluto comunicare la sua sofferta decisione di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, successore dell’apostolo Pietro, ci ha sorpresi e profondamente colpiti.

Stiamo vivendo un momento epocale e delicato nella vita della Chiesa. Mai, infatti, nell’epoca moderna e contemporanea si era assistito ad un gesto simile.

Il Santo Padre ha spiegato come, dopo aver ripetutamente esaminato la sua coscienza di fronte a Dio, sia giunto alla certezza che in Lui, per l’età avanzata, non vi erano più le forze sufficienti per esercitare in modo adeguato il ministero petrino.

Sono parole semplici e chiare quelle di Benedetto XVI, come semplice e chiaro è l’uomo che le ha pronunciate.

Il giorno della sua elezione a Sommo Pontefice - il 19 aprile 2005 - si era presentato al mondo sulla loggia esterna di San Pietro dicendo che i Cardinali avevano voluto chiamare, quale successore dell’Apostolo Pietro, un “semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore”.

Questa consapevolezza non l’ha mai abbandonato ed è stata la nota distintiva che l’ha costantemente accompagnato in questi otto anni di pontificato. A partire da tale coscienza ha cercato di guidare al meglio la nave della Chiesa in anni difficilissimi nei quali cambiamenti repentini e questioni gravi e delicate ne hanno segnato la vita.

Le parole di Benedetto XVI - soppesate e pronunciate con grande senso di responsabilità e amore - ci dicono la libertà di un uomo che, oggi, non teme di farsi da parte ritenendo che altri possano avere le energie che Lui sente di non avere più.

La libertà di una persona si misura non tanto nell’affermazione di sé nei confronti degli altri ma quando è chiamata ad obbedire al dovere che nasce dalla consapevolezza della propria missione.

Benedetto XVI è giunto alla certezza che la fedeltà alla sua missione ecclesiale volesse dire, per Lui, passare la mano e non ha dubitato allora di rinunciare al sommo pontificato.

Il dispiacere per tale decisione è grande, anzi grandissimo, ma ci sentiamo edificati e profondamente ammirati dal gesto di un uomo che mai ha ritenuto l’esercizio del sommo potere nella Chiesa come dominio personale ma sempre come reale servizio che domanda, innanzitutto, di espropriarsi del proprio io.

Talvolta si ascoltano persone che parlano molto del servizio: il Papa ci ha ricordato - con un gesto semplice ed inequivocabile - che cos’è il servizio nella Chiesa e come essere a servizio del Signore voglia dire partecipare ad una libertà più grande.

Chiedo alla Diocesi di accompagnare in questi giorni il caro e amato Santo Padre Benedetto XVI con una preghiera incessante (cfr. Atti 12,5) e con l’affetto che si deve ad un Padre buono e fedele che ci ha profondamente amati.

La Vergine Santissima, Madre della Chiesa, con la sua mano materna sostenga ed illumini i Cardinali affinché possano essere docili all’azione dello Spirito Santo e prepari Colui che Dio ha scelto per raccogliere la gravosa eredità di Papa Benedetto XVI.

Oggi tutti - pastori e fedeli - siamo chiamati a vivere più intensamente il mistero della Chiesa, nella consapevolezza che è opera di Dio e per questo è sempre al di là e oltre gli uomini che le danno visibilità nei differenti momenti della storia.



13 febbraio 2013, Mercoledì delle Ceneri



X Francesco Moraglia
patriarca


Paparatzifan
00domenica 17 febbraio 2013 21:42
Dal blog di Lella...

Il Patriarca di Venezia: il Papa ci insegna che non si occupano posti, si serve la Chiesa

Ad un settimana dall’annuncio della rinuncia al ministero petrino, è sempre tanto l’affetto e la vicinanza che le diocesi di tutto il mondo stanno dimostrando nei confronti di Benedetto XVI. Al microfono di Isabella Piro, la riflessione del Patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia:

R. – Ho capito ancora di più la grandezza di quest’uomo e di questo sacerdote, perché con questo gesto della rinuncia al Pontificato ha fornito un insegnamento importantissimo: non si occupano i posti, bensì si serve la Chiesa.

D. – La grandezza di Benedetto XVI è quindi proprio nella sua umiltà?

R. – Sì, proprio nella sua umiltà, che è la vera umiltà cristiana, mai separata dal coraggio; è una fierezza umile di dire Gesù Cristo. E questo è stato il modo in cui il Papa ha detto, ancora una volta, Gesù Cristo: un modo umile e fiero.

D. – I fedeli della sua diocesi, la diocesi di Venezia, come hanno reagito alla notizia della rinuncia di Benedetto XVI?

R. – Con grande dolore; alcuni li ho sentiti addirittura sgomenti ed ho compreso ancora di più quanto questo Papa, così pacato, così riservato, avesse fatto profondamente breccia nell’animo di molti fedeli. E parlo di persone adulte, vigorose, abituate alle difficoltà della vita, impegnate in ambiti professionali difficili. Quindi credo che veramente sia un uomo che rimarrà a lungo nel cuore della gente, anche per questo gesto.

D. – In un messaggio ai fedeli, lei ha sottolineato la libertà racchiusa nel gesto del Papa, “la libertà che non si misura nell’affermazione di sé, ma nell’obbedienza ad un dovere che deriva dalla consapevolezza della propria missione”. Quindi, l’atto di rinuncia di Benedetto XVI rientra in quest’ottica?

R. – Benedetto XVI è sempre stato molto consequenziale, molto fedele a quello che diceva, alla sua impostazione generale. Penso che, appunto, questo gesto sia stato proprio la conseguenza di un ascolto che il Papa ha continuamente con il Signore.

D. – Che Chiesa lascia Benedetto XVI dopo quasi otto anni di Pontificato?

R. – Una Chiesa che ha vissuto degli anni difficili: Benedetto XVI ha raccolto un’eredità grande e gravosa, sia per la grandezza del suo predecessore, ma anche per i problemi che erano rimasti e che ha cercato di affrontare, anche con molto coraggio, cercando di andare alla radice delle questioni. Ho l’impressione che questo Pontificato rimarrà più di quanto molti pensano.

D. – Quando Benedetto XVI ha visitato Venezia, nel 2011, lei non era ancora Patriarca della città, ma ha avuto modo di incontrare il Papa in altre occasioni…

R. – Sì. L’ho sempre trovato un uomo che cerca di mettere a proprio agio l’interlocutore; pur essendo un grande teologo, ha sempre parlato della fede come la fede dei bambini. Ecco: mi è sempre sembrato che da lui trasparisse questa immediatezza, questa semplicità, questo guardare l’altro, interessarsi all’altro. Questa è stata la mia sensazione.

D. – Quali sono i suoi auspici per il nuovo Papa e per il futuro della Chiesa?

R. – Che il nuovo Papa risponda a quella che è la domanda fondamentale di Gesù, cioè: “Mi vuoi più bene degli altri?”. Potrà essere teologo, pastore, comunicatore… sono tutte cose molto secondarie. Non che non siano importanti, ma sono cose secondarie. La cosa fondamentale, l’auspicio e la preghiera è che sia un pastore e un uomo che vuole bene al Signore più degli altri. Penso che questa sia la garanzia perché il nuovo Papa possa continuare l’opera di Benedetto XVI.

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Paparatzifan
00domenica 17 febbraio 2013 22:46
Dal blog di Lella...

PAPA: OLTRE 100 MILA PERSONE IN PIAZZA S. PIETRO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 17 feb.

Oltre 100 mila persone partecipano oggi alla preghiera dell'Angelus in piazza San Pietro. Un tributo di affetto a Benedetto XVI che lunedi' scorso ha annunciato la sua decisione di rinunciare.

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PAPA: GRAZIE DI ESSERE VENUTI COSI' NUMEROSI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 17 feb.

"Grazie di essere venuti cosi' numerosi! Anche questo e' un segno dell'affetto e della vicinanza spirituale che mi state manifestando in questi giorni".
Con queste parole Benedetto XVI si e' rivolto all'immensa folla che stamani gremiva piazza San Pietro in occasione dell'Angelus, il penultimo del Pontificato. "Saluto in particolare - ha poi aggiunto - l'Amministrazione di Roma Capitale, guidata dal Sindaco, e con lui saluto e ringrazio tutti gli abitanti di questa amata Citta'. A tutti auguro una buona domenica e un buon cammino di Quaresima. Questa sera iniziero' la settimana di Esercizi spirituali: rimaniamo uniti nella preghiera. Grazie!".

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PAPA: PREGATE PER ME CHE INIZIO ESERCIZI SPIRITUALI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 17 feb. -

"Raccomando alle vostre preghiere gli Esercizi spirituali in Vaticano che inizieremo questa sera". Benedetto XVI ha salutato con queste parole i 100 mila fedeli presenti oggi in piazza San Pietro. Rivolgendosi ai fedeli polacchi li ringraziati "per il vostro orante sostegno e la vicinanza spirituale in questi giorni particolari per la Chiesa e per me".
"Il Vangelo di oggi - ha poi sintetizzato le riflessioni sulla pagina evangelica del ritiro di Gesu' nel deserto - ci fa contemplare Gesu' tentato da satana nel deserto". Confortati dalla grazia del Figlio di Dio, cerchiamo - ha poi concluso - di combattere contro il male, di rompere con il peccato, di servire Dio soltanto".
Pregate per gli esercizi spirituali che iniziero' questo pomeriggio insieme ai membri della Curia Romana", ha chiesto anche ai fedeli di lingua spagnola. Nonostante la decisione di rinunciare al Pontificato, il Papa tiene fede agli impegni assunti per i dieci giorni che ci separano dal drammatico momento nel quale smettera' la veste bianca dei Pontefici Romani, il 28 febbraio alle 20. Partecipa dunque agli Esercizi Spirituali con la Curia Romana, la cui predicazione ha affidato al cardinale Gianfranco Ravasi, 70enne presidente del Pontificio Consiglio per la cultura, che il seguitissimo blog "San Pietro e dintorni" del vaticanista Marco Tosatti indica oggi come "il candidato del segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, per la successione a Benedetto XVI". Agli Esercizi, tradizionalmente, Benedetto XVI partecipa in modo appartato: mentre i cardinali e vescovi curiali saranno nei banchi della meravigliosa Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico (la ex Cappella Matilde che Giovanni Paolo II ha fatto affrescare da Mark Rupnik) il Papa dai tempi di Paolo VI prende posto in una nicchia nella quale non e' visibile, questo per evitare che i presenti possano essere distolti dalla sua presenza (e forse anche per potersi brevemente assentare senza fermare il predicatore).

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Paparatzifan
00domenica 17 febbraio 2013 22:51
Dal blog di Lella...

Preghiera, vicinanza e commozione per il Papa tra i fedeli in Piazza San Pietro

Piazza San Pietro era oggi gremita di fedeli: tanta gioia e commozione per un Angelus davvero particolare. Emozioni e sentimenti che ci racconta nel suo servizio Massimiliano Menichetti:

R. - Sono e sono stata molto legata a lui, alla sua figura e lo sostengo moltissimo nella preghiera.

R. – Questo di oggi è stato un incontro bellissimo che ci ha rafforzato nella fede. Sono arrivato in Piazza dalle prime ore delle mattina e c’era pochissima gente, poi piano piano si è riempita. É - come dire - un crescendo continuo che porta le persone a Gesù.

R. – Penso che ci sia tristezza, però credo anche che siamo tutti figli della Chiesa e un figlio deve sempre stare insieme a suo padre, anche con il sostegno della preghiera, e avere fiducia in questo, perché la Chiesa è nelle mani di Dio.

D. - Che cosa ha significato per lei essere qui oggi?

R. - L’unità della Chiesa. Questa è la prima cosa, poi la vicinanza al Successore di Pietro. Personalmente sono ancora un po’ turbato da questa scelta, però anche questo turbamento mi ha spinto a venire qui a vedere il Papa, perché - come lui stesso dice - la Chiesa viene prima di tutto.

R. - Io sono venuta per vederlo. È così commovente.

In piazza famiglie, giovani, anziani, decine e decine le bandierine colorate sventolate sotto la finestra del Papa. E poi gli striscioni, come a far dialogare la piazza con Benedetto XVI. “Grazie santità!”, recitavano alcuni “L’incredibile libertà di un uomo afferrato da Cristo”, molti con la scritta: “Ci mancherai”, e ancora “Ti abbiamo tanto amato”, “Grazie umile lavoratore nella vigna di Cristo”.

R. - Come abbiamo scritto qui, lo abbiamo sempre amato tantissimo e continueremo a pregare per lui.

R. - Per me oggi è una grande festa, perché quest’uomo ci ha messo davanti alla sua grande amicizia con Gesù. È stupendo vedere come qui ci siano persone non solo da tutte le città d’Italia, ma anche dal mondo. C'è il saluto in tutte le lingue che ti riporta sempre alla cristianità intera.

D. - Qual è il tuo augurio per lui?

R. - Di continuare, con la preghiera, ad accompagnare la Chiesa così come ha fatto finora.

D. - Personalmente cosa ha portato al Papa oggi?

R. - Il mio cuore.

R. - Sono vice parroco in una parrocchia. Ho portato i suoi figli a salutare il padre al quale vogliono tanto bene e che non dimenticheranno mai.

R. - Un saluto, per accompagnarlo.

R. - Io ho portato il mio cuore e la mia gratitudine. Lo farò anche domenica prossima, sarò qui in modo da essere vicino a lui il più possibile. Grazie Santo Padre!

© Copyright Radio Vaticana


Paparatzifan
00domenica 17 febbraio 2013 22:55
Dal blog di Lella...

PAPA: PREGATE ANCHE PER IL MIO SUCCESSORE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 17 feb.

Dopo l'Angelus, Benedetto XVI ha ripetuto ai fedeli di lingua spagnola l'invito rivolto ai presenti all'Udienza Generale di mercoledi': "Vi prego di continuare a pregare per me e per il prossimo Papa".

© Copyright (AGI)

PAPA: NEI MOMENTI DECISIVI NON SEGUIRE INTERESSE PERSONALE


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 17 feb.

"Nei momenti decisivi della vita, ma, a ben vedere, in ogni momento, siamo di fronte a un bivio: vogliamo seguire l'io o Dio?
L'interesse individuale oppure il vero Bene, cio' che realmente e' bene?".
Con queste parole Benedetto XVI ha fatto indirettamente riferimento, questa mattina all'Angelus, alla sua decisione di rinunciare al Pontificato.
In piazza ad ascoltarlo oltre 100 mila persone.
"Come ci insegnano i Padri della Chiesa, le tentazioni fanno parte della 'discesa' di Gesu' nella nostra condizione umana, nell'abisso del peccato e delle sue conseguenze", ha ricordato il Papa commentando l'episodio evangelico delle tentazioni del demonio subite da Gesu'.
"Una 'discesa' - ha spiegato Benedetto XVI - che Gesu' ha percorso sino alla fine, sino alla morte di Croce e agli inferi dell'estrema lontananza da Dio". In questo modo, "Egli e' la mano che Dio ha teso all'uomo, alla pecorella smarrita, per riportarla in salvo". "Gesu' - ha raccontato Papa Ratzinger - al momento di iniziare il suo ministero pubblico, dovette smascherare e respingere le false immagini di Messia che il tentatore gli proponeva". "Ma queste tentazioni - ha osservato - sono anche false immagini di uomo, che in ogni tempo insidiano la coscienza, travestendosi da proposte convenienti ed efficaci, addirittura buone". Il nucleo centrale delle tentazioni proposte a Gesu', ha spiegato il Papa teologo, "consiste sempre nello strumentalizzare Dio per i propri fini, dando piu' importanza al successo o ai beni materiali. Il tentatore e' subdolo: non spinge direttamente verso il male, ma verso un falso bene, facendo credere che le vere realta' sono il potere e cio' che soddisfa i bisogni primari". In questo modo, "Dio diventa secondario, si riduce a un mezzo, in definitiva diventa irreale, non conta piu', svanisce. In ultima analisi, nelle tentazioni e' in gioco la fede, perche' e' in gioco Dio". "Come insegna sant'Agostino - ha scandito Joseph Ratzinger - Gesu' ha preso da noi le tentazioni, per donare a noi la sua vittoria: non abbiamo dunque paura di affrontare anche noi il combattimento contro lo spirito del male: l'importante e' che lo facciamo con Lui, con Cristo, il Vincitore. E per stare con Lui rivolgiamoci alla Madre, Maria: invochiamola con fiducia filiale nell'ora della prova, e lei ci fara' sentire la potente presenza del suo Figlio divino, per respingere le tentazioni con la Parola di Cristo, e cosi' rimettere Dio al centro della nostra vita".

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00domenica 17 febbraio 2013 23:07
Dal "ABC"...

Georg Ratzinger: «Mi hermano había perdido las fuerzas»

JOSÉ-PABLO JOFRÉABC_ES / CORRESPONSAL EN BERLÍN

Día 17/02/2013 - 18.34h

El sacerdote, de 89 años, asegura en una entrevista exclusiva que la decisión del Papa es «beneficiosa» para la Iglesia


«El Prelado Doctor Georg Ratzinger no está aceptando entrevistas», así se cerraban -aparentemente- las puertas de una posible conversación de ABC con el hermano del Papa Benedicto XVI. En colaboración con el periodista Michael Hesemann, Monseñor Ratzinger publicó el libro «Mi hermano el Papa» en el que explica la vida religiosa de la familia y cuenta, entre otras anécdotas, la oposición del padre a que los dos hermanos se alistasen en las juventudes hitlerianas.

La editorial alemana que publicó el libro nos comentó el debilitado estado de salud en que se encuentra el hermano mayor de los Ratzinger, de 89 años. Sin embargo, agregaron, que quizá le interese dar alguna declaración. Fue esta pequeña luz, la que finalmente nos llevó a conseguir su teléfono privado. Al llamarlo contestó él mismo y después de una presentación, aceptó contestar una, quizá dos preguntas, que finalmente fueron más.

Su confesor y amigo

Los últimos días han sido convulsos para el hermano del Papa, que en la actualidad vive en la histórica ciudad de Ratisbona, ubicada al este del estado federado de Baviera y Patrimonio de la Humanidad de la Unesco. Aquí están enterrados sus padres y su única hermana, y es donde ha desarrollado toda su carrera. Pero Georg Ratzinger no sólo es el hermano del Pontífice sino que también es un amigo y confesor. Esta es la razón por la que hace ya meses que sabía que su hermano renunciaría al cargo más alto en el Vaticano. Y ha sido su secreto mejor guardado.

El hermano del Papa es conocido además por su actividad de músico y director de coro: con sólo once años el pequeño Georg tocaba ya el órgano de la iglesia. Luego en 1935 ingresó en el «Kleine Seminar» -un internado para niños que quieren ser sacerdotes- en la ciudad de Traunstein, donde Ratzinger recibió sus primeras clases de música, que continuaría en el Seminario de Munich y Freising, donde ingresó junto a su hermano Joseph en enero de 1946. Cinco años después, en 1951, ambos hermanos fueron ordenados también juntos, por el cardenal Michael von Faulhaber.

La música lo seguía donde iba. Estudió música eclesial en Múnich mientras la Diócesis lo enviaba como sacerdote a distintos destinos. Su carrera como director de coro comenzaría en la ciudad donde recibió por primera vez instrucción musical: Traunstein. En 1964 se convirtió en el sucesor de Theobald Schrems como jefe de coros y grupos musicales de la Catedral de Ratisbona.

Un «proceso natural»

Desde Ratisbona declaró en una improvisada rueda de prensa, un día después del anuncio de la renuncia del Papa Benedicto XVI, que ésta se debe a motivos de salud. «La edad oprime», aseguró el sacerdote, que reveló que el médico papal había aconsejado a su hermano no hacer viajes transatlánticos. También comentó que el Papa tiene cada vez más dificultades para andar, lo que complica su vida pública y que su «hermano quiere más tranquilidad a esta edad». El Papa se cansa cada vez más rápido, explicó su hermano mayor, quien calificó de «proceso natural» la anunciada dimisión de Benedicto XVI.

«No va a ser un jubilado de tiempo completo. No se quedará esperando a que acabe el día»

A pesar de todo, Georg Ratzinger está seguro de que su hermano seguirá trabajando después de su renuncia. «No va a ser un jubilado de tiempo completo. No se quedará sentado esperando a que acabe el día», ha dicho adelantando detalles como que «ya están amueblando el apartamento» en el que vivirá su hermano en el Vaticano. También explicó que «le están instalando un pequeño escritorio», como un guiño a que continuará trabajando como teólogo.
Uno de los comentarios recurrentes de Georg Ratzinger estos días ha sido que de ahora en adelante tendrán más tiempo para estar juntos: «Espero que en el futuro tengamos más tiempo el uno para el otro». Y que es probable que tenga un lugar en el nuevo domicilio: «Seguro me dan una habitación propia». Por otra parte, ha descartado que en el corto plazo el Papa vaya a viajar a Alemania, dando además por sentado que vivirá su último periodo en el Vaticano.

Con una voz que quisiera hablar hacia adentro y un correcto acento bávaro, Monseñor Ratzinger conversa con ABC sobre la renuncia de su hermano:

-¿Qué le dijo exactamente su hermano cuando le anunció que en unos meses más renunciaría?

-De las palabras exactas no me acuerdo. Me dijo que se abstendría de su cargo y que la razón es la progresión de la edad. Él ya no tiene las fuerzas. Está en un proceso natural de envejecimiento, en el que también estoy yo.

-¿Qué opina de su renuncia?

-Mire, mi hermano desea más calma para su vejez. Es que con la edad, las fuerzas se van perdiendo. Es una decisión beneficiosa para la Iglesia. Además, ha tenido que hacer frente a tareas difíciles para las que ha hecho todo lo que ha podido. Es una decisión que simplemente se dio. Es el curso de la vida y nadie se libra de ello.

-¿Qué opinión tiene su hermano de España?

-Estima mucho España. Ambos tenemos una gran afición por España, por su gran historia, su arte, sus maravillosas catedrales y pinturas. También la música española es muy interesante, sobre todo la Escolanía de Montserrat, que es un coro magnífico y, por supuesto, el Camino de Santiago es siempre fascinante.

-¿Cómo cree que su hermano el Papa será recordado?

-Eso tiene que preguntárselo a otros, que tengan una perspectiva más amplia. Yo espero que se le recuerde como un Papa que se empeñó con todas sus fuerzas por profundizar y ampliar la fe de la Iglesia. Y que fue un ejemplo de una vida creyente orientada por la Fe.

-¿Qué mensaje enviaría usted a los españoles?

-Les diría que agradezcan a Dios habernos concedido los últimos años a un buen Papa y rogarle que nos dedique otra vez a un buen dirigente de la Iglesia.


Paparatzifan
00lunedì 18 febbraio 2013 14:01
Dal blog di Luigi Accattoli...

La rinuncia di Benedetto come fatto di Vangelo

Pubblicato dal “Corriere della Sera” del 18 febbraio 2013 come editoriale

Davanti a una piazza San Pietro piena di una folla dolorosa il Papa della rinuncia ha svolto ieri una severa predicazione sul combattimento tra il peccato e la grazia senza una sola parola rivolta a lenire la confusione dei cuori provocata dalla sua decisione. Forse per discrezione, o per proteggere dall’invadenza dei sentimenti il vero segno della sua anticipata uscita dalla storia.

La rinuncia di Benedetto al Papato è un fatto di Vangelo, portatore di un messaggio per tutti e di una scossa al mondo dei cristiani. Da quella scossa possono venire buoni frutti ma molto dipenderà dalla reazione dell’ambiente ecclesiastico che sembra essere arrivato all’appuntamento del tutto impreparato. Eppure l’evento era prevedibile: da Pio XII in poi tutti i Papi hanno messo allo studio la possibilità di dimettersi.

Come mutazione storica del Pontificato romano questa rinuncia è paragonabile alla novità dell’elezione nel 1978 di un Papa non italiano dopo 455 anni che più non avveniva: in questi ultimi tempi il Papato è tornato a sorprendere. Ma nel gesto di Benedetto si intravede una valenza soggettiva imparagonabile al “coraggio” del Conclave che elesse il Papa polacco, un’indicazione umana e cristiana che va recepita, forse assecondata. C’è una responsabilità dei media in questo, come di fronte a ogni novità dei casi umani, ma c’è anche un compito degli uomini di Chiesa.

Stiamo uscendo da un Pontificato il cui titolare a prologo dei suoi tre volumi su “Gesù di Nazaret” mise le parole, mai venute dalla bocca di un Papa: “Ognuno è libero di contraddirmi” e che ora si offre disarmato alla valutazione critica dei cardinali che dal 1° marzo discuteranno sullo “stato della Chiesa”. Egli ha messo in conto che il successore possa “contraddirlo” fin dalle prime decisioni, senza che sia intervenuta la cesura allontanante della morte.

Sarebbe bene che l’apparato curiale avesse un pieno rispetto di questo lascito, importante anche in chiave ecumenica e civile, venuto da un Pontificato concentrato sull’essenziale della fede. Un rispetto da attestare prolungando, per quanto possibile, quella concentrazione.

Come ogni eredità dello spirito, quel lascito potrebbe essere oscurato da nomine dell’ultima ora (se ne ebbero con Papa Wojtyla fino alla vigilia della morte), da un rilancio delle rivalità interne alla Curia, dalla paura per l’indebolimento del Papato che potrebbe venire da questa “rinuncia”, come fosse ragionevole dubitare del credente Joseph Ratzinger che l’ha meditata “di fronte a Dio” e con tremore se ne è fatto carico di fronte alla storia.

La Sede Vacante sarà retta dai cardinali Angelo Sodano e Tarcisio Bertone, l’uno Decano e l’altro Camerlengo: la leggenda vuole che si siano combattuti lungo l’intero Pontificato benedettiano e nessuno amerebbe assistere a un prolungamento del conflitto nei tempi supplementari che si apriranno il 28 sera alle 20. “Il volto della Chiesa è a volte deturpato dalle rivalità” ha detto Benedetto il giorno delle Ceneri.

L’eredità del Papa teologo che ha chiamato a penitenza la Chiesa, simbolicamente riproposta dall’atto della rinuncia, potrebbe essere contraddetta in immagine e persino contrastata nella percezione delle persone più semplici anche da un eccesso di cautele sulla vita futura del Papa “rinunciatario”, come fosse da ritenere pericoloso lo stesso fatto di rivederlo un giorno, o di riascoltarne la voce.

Quando leggiamo che Celestino V all’indomani del “gran rifiuto” fu imprigionato nel Castello di Fumone, diciamo “guarda che tempi” e ora vediamo prospettata una reclusione non avversa ma comunque totale per il nuovo Celestino, tra la Villa di Castel Gandolfo munita di garitte che raggiungerà in elicottero sotto l’occhio delle telecamere e il Monastero inaccessibile dei Giardini Vaticani. Come se il Papa tedesco lasciata la Cattedra stia per divenire pericoloso.

Egli con umile libertà ha deciso contro una tradizione di secoli di rinunciare al “ministero” più alto e il suo popolo dovrebbe poter trovare il modo di accoglierlo con libera disponibilità nella propria “assemblea”, senza che l’apparato ecclesiastico lo sequestri all’affetto e alla riconoscenza di tutti.

Luigi Accattoli

www.luigiaccattoli.it



Io mi auguro di non essere testimone di un sequestro all'affetto di Benedetto nel Vaticano! Che non ci sia più la possibilità di rivederlo ed ascoltarlo... SAREBBE INACCETTABILE!!!!!
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Paparatzifan
00lunedì 18 febbraio 2013 14:12
Da "Vatican Insider"...

18/02/2013

Il cardinale di New York “No a soluzioni affrettate”


Dolan: io tra i favoriti? Chi lo dice ha fumato marijuana

PAOLO MASTROLILLI
NEW YORK

La cattedrale di St. Patrick sulla Quinta Avenue è gremita. E’ la prima messa che il cardinale di New York Timothy Dolan celebra qui dopo le dimissioni del papa, e i fedeli ancora scossi sono venuti a ricevere qualche rassicurazione. Dolan non li delude. Parte dal Paradiso terrestre, l’errore commesso da Adamo nel cedere alla tentazione del diavolo e seguire i propri desideri, e rimprovera anche Frank Sinatra che aveva l’ambizione di fare le cose a modo suo, «my way», mentre invece ogni credente dovrebbe anteporre la volontà di Dio a tutto il resto. «Così si è comportato il Santo Padre, che ci ha dato un grande esempio di umiltà, mettendo il bene della Chiesa davanti a se stesso».


Finita la celebrazione Dolan si ferma sotto l’abside dell’imponente cattedrale gotica. Dice che chi lo vede favorito per salire sul trono di Pietro «ha fumato marijuana», ma poi condivide la posizione di chi auspica un nuovo papa di lingua inglese.

Con quale spirito va a Roma per il Conclave, e cosa cerca nel successore di Benedetto?

«Come prima cosa cercherò l’aiuto dello Spirito Santo, perché abbiamo bisogno che ci ispiri in questa scelta. Sono impaziente di riunirmi in preghiera con i colleghi cardinali. Sarà come ripercorrere nuovamente gli atti degli apostoli, quella prima novena dopo l’Ascenzione, quando insieme alla Madonna pregarono per l’intervento dello Spirito Santo. Questa è la cosa di cui abbiamo più bisogno, giusto? Perché crediamo o no che Dio ha mandato Gesù e lo Spirito Santo, e loro sono in comando? E’ ciò che ha detto il Santo Padre, col suo esempio magnifico e radioso di umiltà. Gesù è alla guida della Chiesa, e noi ci crediamo».

Il Conclave potrebbe essere anticipato, lei è d’accordo?

«Non ho sentito ancora nulla, aspetto istruzioni. Ma ci rendiamo conto che serve pazienza, perché ci sono così tante questioni delicate da affrontare. Io comunque penso che non vogliamo affrettare il Conclave. La cosa importante è esserci, esprimere il nostro amore e i migliori auguri a Papa Benedetto, pregare insieme, e poi prendere le decisioni».

Lei è occupato ancora dai problemi locali, visto che il governatore Cuomo ha espresso la volontà di eliminare gli ultimi divieti per l’aborto a gravidanza avanzata.

«Spero che non sia così. New York è già la capitale nazionale dell’aborto, non abbiamo bisogno di incrementarlo».

Che ruolo avrà Joseph Ratzinger nel Conclave?

«Uno straordinario ruolo spirituale. Il suo esempio, la sua preghiera: tutto questo avrà un grande impatto. Ma non prevedo altro, perché ha già detto con la sua caratteristica umiltà che non vuole avere alcuna influenza diretta sul Conclave».

Gli osservatori la mettono tra i papabili più favoriti.

«Chi dice queste cose ha fumato marijuana».

Il filosofo Michael Novak, però, ha detto che sarebbe ora di considerare un candidato di lingua inglese.

«Lo abbiamo già avuto: tanto Wojtyla, quanto Ratzinger, parlavano molto bene l’inglese».

Novak si riferiva anche al contributo culturale che potrebbe venire da un papa degli Stati Uniti, crocevia dove oggi si incontrano la cultura di matrice europea e quella ispanica sudamericana. Ha torto?

«Novak è una persona molto intelligente, e quello che dice ha sempre senso».


Paparatzifan
00lunedì 18 febbraio 2013 14:19
Da "Vatican Insider"...

18/02/2013

Investiture e segni profetici. Quando i Papi “indicano” i loro successori al Soglio

Paolo VI pose la stola pontificia sulle spalle di Luciani Pio XI mandò Pacelli negli Usa: “Sarà un bel Pontefice”

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

«Come sarebbe bello per il Papa poter assistere all’elezione del suo successore», disse Giovanni Paolo II ai cardinali della Curia romana. Seduto tra di loro c’era Joseph Ratzinger, che certo all’epoca non immaginava di essere il primo dopo sei secoli al quale questa esperienza sarebbe toccata. Wojtyla tornò a parlare della futura elezione nel poema «Trittico Romano», pubblicato due anni prima della morte. Immaginava che l’affresco michelangiolesco della Cappella Sistina potesse «parlare» ai porporati: «Tu che penetri tutto - indica! Lui additerà...».


Il Papa può influenzare l’elezione del successore? Sabato scorso il dimissionario Benedetto XVI ha ricevuto l’ultima delegazione di vescovi italiani in visita ad limina, guidata dal cardinale di Milano Angelo Scola. E ha parlato della Lombardia come «cuore credente dell’Europa». C’è chi ha ritenuto un grande segno della predilezione del Pontefice il trasferimento del cardinale da Venezia a Milano, meno di due anni fa. Ma c’è anche chi, invece, legge il mini-concistoro dello scorso novembre, con l’inclusione di porporati stranieri tra i quali il filippino Luis Antonio Tagle, come un altro possibile segno premonitore per il prossimo conclave.


Nel passato recente episodi simili non sono mancati. In qualche caso sono stati ingigantiti e riletti con il senno di poi, cucendoli agiograficamente su misura addosso al designato. Spesso sono stati smentiti dai fatti, come nel caso di un gesto di affetto di Papa Wojtyla verso il cardinale Dionigi Tettamanzi al momento della nomina a Milano, che qualcuno interpretò alla stregua un presagio in vista del conclave. Altre volte invece se proprio di endorsement non si può parlare, poco ci manca. Era ben nota, ad esempio, la stima di Pio XI, pontefice irruento, per il suo riflessivo Segretario di Stato Eugenio Pacelli. Lo fece viaggiare molto all’estero, Stati Uniti compresi. Mentre Pacelli si trovava negli Usa, Pio XI disse a un suo collaboratore: «Lo mando in giro perché il mondo conosca lui e lui conosca il mondo. Sarà un bel Papa!». Pacelli venne eletto dopo un conclave-lampo nel marzo 1939.

Fu considerato invece un «siluramento» in vista della successione, nel 1954, la decisione di Pio XII di nominare arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, lasciandolo però senza porpora e dunque escluso dal conclave. Papa Pacelli avrebbe visto bene quale successore il suo «delfino» genovese Giuseppe Siri, allora molto giovane: «Con lui avremmo non un padre santo, ma un padre eterno», fu la battuta circolata tra i cardinali. Qualche voto, nel conclave del 1958, Montini lo raccolse lo stesso, pur essendo privo del cappello cardinalizio. Giovanni XXIII, tra le prime decisioni prese, rivestì di porpora l’arcivescovo esiliato. E fece presente varie volte la sua certezza sul fatto che sarebbe stato lui a succedergli: «Noi siamo qui a scaldargli il posto al vostro arcivescovo!», ebbe a dire a due milanesi andati in udienza. Montini in effetti divenne Papa nel 1963.


Tra i segnali premonitori dell’elezione del suo successore Giovanni Paolo I, che ha regnato un solo mese nell’estate 1978, ce n’è uno famoso e pubblico. Da lui stesso ricordato poche ore dopo l’elezione. Nel settembre 1972, Albino Luciani, patriarca di Venezia, ricevette Paolo VI in visita alla città lagunare. Il Papa, in piazza San Marco, davanti a migliaia di persone, si tolse la stola pontificia e la pose sulle spalle del patriarca: «Sono diventato tutto rosso...», racconterà Luciani ai fedeli. L’episodio della stola fu un endorsement velato o soltanto un gesto di cortesia per l’ospite? Di certo Paolo VI nelle ore precedenti doveva aver pensato alla morte, perché proprio quella mattina, prima di partire da Castel Gandolfo, aveva messo mano al testamento. Qualche anno dopo, mentre riceveva Luciani e altri vescovi in visita ad limina, al termine dell’udienza Papa Montini non riusciva a trovare il campanello celato nel bracciolo della poltrona, con il quale si segnalava che l’incontro era finito e poteva entrare il fotografo. Luciani con discrezione avvicinò al campanello la mano del Papa. «Bene, così sa già dov’è», avrebbe detto Paolo VI.

E la sorpresa Wojtyla? Una profezia si racconta anche per lui. Secondo il segretario di Papa Luciani, due sere prima di morire, il Pontefice veneto aveva accennato alla sua prossima dipartita: dopo di lui - disse - sarebbe toccato al cardinale che gli stava seduto di fronte durante il conclave. Quel cardinale era Wojtyla. Su Ratzinger non si raccontano particolari segnali premonitori. Ma si sa che per tre volte chiese a Wojtyla di potersi ritirare per tornare agli studi, sentendosi sempre rispondere di no dal Papa che lo voleva vicino fino all’ultimo e che avrebbe tanto desiderato vedere l’elezione del suo successore sotto l’affresco «parlante» della Sistina.

Paparatzifan
00lunedì 18 febbraio 2013 14:31
Dal "Corriere.it"...

L'ULTIMO COLLOQUIO DEL PONTEFICE CON IL SUO BIOGRAFO

Il Papa e le sue condizioni di salute

«Sono la fine del vecchio e l'inizio del nuovo»

«L'udito era calato, l'occhio sinistro non vedeva più, il corpo smagrito: i sarti faticavano a tenere il passo con nuovi abiti»


Benedetto XVI con il suo biografo Peter Seewald (Afp)
Il nostro ultimo incontro risale a ben dieci settimane fa. Il Papa mi aveva accolto nel Palazzo Apostolico per proseguire i nostri colloqui finalizzati al lavoro sulla sua biografia. L'udito era calato; l'occhio sinistro non vedeva più; il corpo smagrito, tanto che i sarti facevano fatica a tenere il passo con nuovi abiti. È diventato molto delicato, ancora più amabile e umile, del tutto riservato. Non appare malato, ma la stanchezza che si era impossessata di tutta la sua persona, corpo e anima, non si poteva più ignorare.
Abbiamo parlato di quando ha disertato dall'esercito di Hitler; del suo rapporto con i genitori; dei dischi su cui imparava le lingue; degli anni fondamentali sul «Mons doctus», il monte dei dotti di Freising dove da 1.000 anni l'élite spirituale del Paese viene introdotta ai misteri della fede. Qui aveva tenuto le sue primissime prediche davanti a un pubblico di scolari, da parroco aveva assistito gli studenti e nel freddo confessionale del Duomo aveva dato ascolto alle pene della gente.Ad agosto, durante un colloquio a Castel Gandolfo, durato un'ora e mezzo, gli avevo chiesto quanto lo avesse colpito l'affare Vatileaks. «Non mi lascio andare a una sorta di disperazione o di dolore universale - mi ha risposto - semplicemente mi appare incomprensibile. Anche considerando la persona (Paolo Gabriele, ndr ), non capisco cosa ci si possa aspettare. Non riesco a penetrare la sua psicologia». Sosteneva tuttavia che l'evento non gli aveva fatto perdere la bussola né gli aveva fatto sentire la stanchezza del suo ruolo, «perché può sempre accadere». L'importante per lui era che nell'elaborazione del caso «in Vaticano sia garantita l'indipendenza della giustizia, che il monarca non dica: adesso me ne occupo io!».

Mai lo avevo visto così esausto, così prostrato. Con le ultime forze rimaste aveva portato a termine il terzo volume della sua opera su Gesù, «il mio ultimo libro», come mi ha detto con sguardo triste al momento dei saluti. Joseph Ratzinger è un uomo incrollabile, una persona capace sempre di riprendersi rapidamente. Mentre due anni addietro, malgrado i primi disturbi dell'età, appariva ancora agile, quasi giovanile, ora percepiva ogni nuovo raccoglitore che approdava sulla sua scrivania da parte della Segreteria di Stato come un colpo.
«Cosa ci si deve ancora aspettare da Sua Santità, dal Suo pontificato?», gli ho chiesto. «Da me? Da me non molto. Sono un uomo anziano e le forze mi abbandonano. Penso che basti ciò che ho fatto». Pensa di ritirarsi? «Dipende da cosa mi imporranno le mie energie fisiche». Lo stesso mese ha scritto a uno dei suoi dottorandi che il successivo incontro sarebbe stato l'ultimo. Pioveva a Roma, nel novembre del 1992, quando ci incontrammo per la prima volta nel Palazzo della Congregazione per la dottrina della fede. La stretta di mano non era di quelle che ti spezzano le dita, la voce piuttosto insolita per un «panzerkardinal», mite, delicata. Mi piaceva come parlava delle questioni piccole, e soprattutto delle grandi; quando metteva in discussione il nostro concetto di progresso e chiedeva di riflettere se davvero si potesse misurare la felicità dell'uomo in base al prodotto interno lordo.

Gli anni lo avevano messo a dura prova. Veniva descritto come un persecutore mentre era un perseguitato, il capro espiatorio da chiamare in causa per ogni ingiustizia, il «grande inquisitore» per antonomasia, una definizione azzeccata quanto spacciare un gatto per un orso. Eppure nessuno l'ha mai sentito lamentarsi. Nessuno ha sentito uscire dalla sua bocca una cattiva parola, un commento negativo su altre persone, nemmeno su Hans Küng. Quattro anni dopo abbiamo trascorso insieme molte giornate, per parlare del progetto di un libro sulla fede, la Chiesa, il celibato e l'insonnia. Il mio interlocutore non camminava in giro per la stanza, come fanno abitualmente i professori. Non c'era in lui la minima traccia di vanità, né di presunzione. Mi colpivano la sua superiorità, il pensiero non al passo coi tempi ed ero in qualche modo sorpreso di udire risposte pertinenti ai problemi del nostro tempo, apparentemente quasi irrisolvibili, tratte dal grande tesoro di rivelazione, dall'ispirazione dei padri della Chiesa e dalle riflessioni di quel guardiano della fede che mi sedeva di fronte. Un pensatore radicale - questa era la mia impressione - e un credente radicale che tuttavia nella radicalità della sua fede non afferra la spada, ma un'altra arma molto più potente: la forza dell'umiltà, della semplicità e dell'amore.
Joseph Ratzinger è l'uomo dei paradossi. Linguaggio sommesso, voce forte. Mitezza e rigore. Pensa in grande eppure presta attenzione al dettaglio. Incarna una nuova intelligenza nel riconoscere e rivelare i misteri della fede, è un teologo, ma difende la fede del popolo contro la religione dei professori, fredda come la cenere.

Così come egli stesso è equilibrato, così insegnava; con la leggerezza che gli era propria, con la sua eleganza, la sua capacità di penetrazione che rende leggero ciò che è serio, senza privarlo del mistero e senza banalizzare la sacralità. Un pensatore che prega, per il quale i misteri di Cristo rappresentano la realtà determinante della creazione e della storia del mondo, un amante dell'uomo che alla domanda, quante strade portino a Dio, non ha dovuto riflettere a lungo per rispondere: «Tante quanti sono gli uomini».
È il piccolo Papa che con la matita ha scritto grandi opere. Nessuno prima di lui, il massimo teologo tedesco di tutti i tempi, ha lasciato al popolo di Dio durante il suo Pontificato un'opera altrettanto imponente su Gesù né ha redatto una cristologia. I critici sostengono che la sua elezione sia stata una scelta sbagliata. La verità è che non c'era un'altra scelta. Ratzinger non ha mai cercato il potere. Si è sottratto al gioco degli intrighi in Vaticano. Conduceva da sempre la vita modesta di un monaco, il lusso gli era estraneo e un ambiente con un comfort superiore allo stretto necessario gli era completamente indifferente.
Ma restiamo alle presunte piccole cose, spesso molto più eloquenti delle grandi dichiarazioni, dei congressi e dei programmi. Mi piaceva il suo stile pontificale; che il suo primo atto sia stata una lettera alla Comunità ebraica; che abbia tolto la tiara dallo stemma, simbolo anche del potere terreno della Chiesa; che ai sinodi vescovili chiedesse di parlare anche agli ospiti di altre religioni - anche questa una novità.
Con Benedetto XVI per la prima volta l'uomo al vertice ha preso parte al dibattito, senza parlare dall'alto verso il basso, bensì introducendo quella collegialità per la quale si era battuto nel Concilio. Correggetemi, diceva, quando presentava il suo libro su Gesù che non voleva annunciare come un dogma o apporvi il sigillo della massima autorità. L'abolizione del baciamano è stata la più difficile da attuare. Una volta ha preso per un braccio un ex studente che si inchinava per baciare l'anello, dicendogli: «Comportiamoci normalmente». Tante prime volte. Per la prima volta un Papa visita una sinagoga tedesca (e successivamente più sinagoghe nel mondo di tutti i papi prima di lui messi assieme). Per la prima volta un Papa visita il monastero di Martin Lutero, un atto storico senza eguali.

Ratzinger è un uomo della tradizione, si affida volentieri a ciò che è consolidato, ma sa distinguere quello che è davvero eterno da quello che è valido solo per l'epoca da cui è emerso. E se necessario, come nel caso della messa tridentina, aggiunge il vecchio al nuovo, poiché insieme non riducono lo spazio liturgico, bensì lo ampliano.
Non ha fatto tutto giusto, ma ha ammesso gli errori, anche quelli (come lo scandalo Williamson) di cui non aveva alcuna responsabilità. Di nessun fallimento ha sofferto di più che di quello dei suoi preti, anche se da prefetto aveva già avviato tutte le misure che consentivano di scoprire i terribili abusi e punire i colpevoli. Benedetto XVI se ne va, ma la sua eredità resta. Il successore di questo umilissimo Papa dell'era moderna seguirà le sue orme. Sarà uno con un altro carisma, un proprio stile, ma con la stessa missione: non incentivare le forze centrifughe, ma coloro che tengono insieme il patrimonio della fede, che restano coraggiosi, annunciano un messaggio e fanno una testimonianza autentica. Non è un caso che il Papa uscente abbia scelto il Mercoledì delle Ceneri per la sua ultima grande liturgia. Vedete, vuole dimostrare, era qui che vi volevo portare fin dall'inizio, questa è la via. Disintossicatevi, rasserenatevi, liberatevi dalla zavorra, non fatevi divorare dallo spirito del tempo, non perdete tempo, desecolarizzatevi! Dimagrire per aumentare di peso è il programma della Chiesa del futuro. Privarsi del grasso per guadagnare vitalità, freschezza spirituale, non da ultimo ispirazione e fascino. E bellezza, attrattiva, in fondo anche forza, per far fronte a un compito diventato tanto difficile. «Convertitevi», così disse con le parole della Bibbia quando segnò la fronte di cardinali e abati con la cenere, «e credete al Vangelo».«Lei è la fine del vecchio - chiesi al Papa nel nostro ultimo incontro - o l'inizio del nuovo?». La sua risposta fu: «Entrambi».

Peter Seewald

(Traduzione di Franca Elegante )
2013 Focus e Corriere della Sera
18 febbraio 2013 | 13:01


Paparatzifan
00lunedì 18 febbraio 2013 14:47
Da "Vatican Insider"...

18/02/2013

Nel buen retiro in Vaticano con una pensione da 2500 euro

L’ex Pontefice Ratzinger otterrà l’appannaggio da vescovo emerito

GIACOMO GALEAZZI
CITTÀ DEL VATICANO

«Non può toccare neppure una forchetta», sintetizzano in Curia. A meno che non promulghi subito lui stesso un «motu proprio» per cambiare le norme in vigore, il trasloco di Benedetto XVI sarà ridotto all’osso. Costituisce già un’eccezione il ritiro di due mesi alla residenza pontificia di Castel Gandolfo che per legge andrebbe sigillata al pari dell’appartamento in Vaticano, ma c’è da ristrutturare il monastero Mater Ecclesiae e da evitare occasioni di incontro con i conclavisti alloggiati nella vicinissima casa Santa Marta. Joseph Ratzinger potrà portare con sé soltanto il pianoforte, i doni (per esempio, i gatti di ceramica), le lettere private, gli effetti personali.

Tutto il resto rimarrà nel Palazzo Apostolico: suppellettili, carte d’ufficio, oggetti in dotazione all’appartamento (quadri,sculture sacre,arredi). Stavolta, dunque, Ratzinger dovrà «viaggiare leggero». Andata pesante, ritorno «light». Nell’aprile 2005, infatti, da Papa neoeletto organizzò il suo trasloco dall’abitazione di piazza della Città Leonina alla Terza Loggia, portando con sé le sue carte private, una serie di raccoglitori d’ufficio e di scatoloni, frutto degli studi e del lavoro di una vita.

Al contrario stavolta avrà mille vincoli. Il 1° marzo, nel suo primo giorno dopo la rinuncia da Papa, non potrà fare la stessa cosa. La prassi vuole che gli appartamenti papali siano sigillati (ma questo non varrà per quello di Castel Gandolfo) alla morte del Pontefice per poter portare tutte le carte, i libri e quant’altro negli nell’Archivio Segreto, dove è regola che tutto rimanga conservato e non divulgato per un numero determinato di anni e, se così viene deciso, «sepolto» per sempre. Nel suo testamento, Karol Wojtyla aveva chiesto di bruciare dopo la sua morte tutte le carte. Il segretario don Stanislao Dziwisz non lo fece e quando Ratzinger trovò la corrispondenza tra il predecessore e l’amica di gioventù Wanda Poltawska la chiamò e le consegnò tutte le lettere.

«Queste appartengono a lei», le disse con delicatezza d’animo. Anche se non è ancora stato fissato il suo titolo post-dimissioni, con ogni probabilità Ratzinger diventerà vescovo emerito di Roma e come tale percepirà una pensione di circa duemila e cinquecento euro. Non avrà, invece, il «piatto cardinalizio» da cinquemila euro, cioè l’indennità mensile dei porporati a meno che il suo successore non gli conferirà «ex novo» la berretta rossa. Nei magazzini d’Oltretevere sono conservati ancora alcuni suoi mobili. Sono in deposito da otto anni: non furono mai portati nell’appartamento pontificio e probabilmente ora Ratzinger se li farà consegnare al monastero.

Mai i giuristi vaticani si erano confrontati con una rinuncia di Papa, che per giunta continuerà a vivere in Vaticano, anche se «nascosto al mondo» in un piccolo convento di clausura nei giardini vaticani. A poche centinaia di metri, però dal Palazzo Apostolico e dalle sue «carte», anche quelle private di teologo e di studioso. Sulla questione «sigilli» e archivi papali devono essere ancora fatte scelte definitive. «Chiederò al cardinale camerlengo Bertone, dopo che si sarà riunito con la Camera Apostolica e si sarà fatto un’idea precisa su questa questione- spiega padre Federico Lombardi-.Sarà fatta una distinzione tra la documentazione d’ufficio che riguarda il governo della Chiesa, e quella personale, per esempio, gli appunti della trilogia su Gesù». Insomma la linea di distinzione è chiara. «Ciò che è più personale lo segue e ciò che è d’ufficio non lo segue», precisa padre Lombardi. Più complesso il discorso per le migliaia di libri di Ratzinger. Non possono entrare tutti nel piccolo monastero di clausura, ma l’ex Papa vivrà in Vaticano e se avrà bisogno di un libro non dovrà fare altro che chiederlo alla Biblioteca apostolica.

L’arcivescovo Georg Gaenswein, suo fedele segretario e prefetto della Casa Pontificia, lo aiuterà nel trasloco insieme con il secondo segretario, il maltese Alfred Xuereb e le quattro «memores domini» che si occupano di tutte le incombenze quotidiane: pulizia dell’abitazione, cucina, mansioni domestiche. Il «buen retiro» è un edificio su quattro livelli con ambienti comunitari e dodici celle monastiche, un’ala nuova di 450 metri quadri, una cappella, il coro per le claustrali, la biblioteca, il ballatoio, una siepe sempreverde e una robusta cancellata per delimitare la zona di clausura, e poi un grande orto dove si coltivano peperoni, pomodori, zucchine, cavoli, e svettano limoni e aranci. È un «normale», piccolo monastero se non fosse che è l’unico convento nel cuore della cittadella papale, a un passo da San Pietro e dal Palazzo Apostolico che ospiterà il successore di Benedetto XVI . La sua nuova residenza i già adesso è per Joseph Ratzinger la meta di preghiera, recita del rosario e passeggiate con don Georg.


Paparatzifan
00lunedì 18 febbraio 2013 15:00
Dal blog di Lella...

18/02/2013

La profezia dimenticata di Ratzinger sul futuro della chiesa

Ad una settimana dal clamoroso annuncio di Benedetto XVI affiora un suo significativo pronunciamento

MARCO BARDAZZI
ROMA

Una Chiesa ridimensionata, con molti meno seguaci, costretta ad abbandonare anche buona parte dei luoghi di culto costruiti nei secoli. Una Chiesa cattolica di minoranza, poco influente nella scelte politiche, socialmente irrilevante, umiliata e costretta a “ripartire dalle origini”.

Ma anche una Chiesa che, attraverso questo “enorme sconvolgimento”, ritroverà se stessa e rinascerà “semplificata e più spirituale”. E’ la profezia sul futuro del cristianesimo pronunciata oltre 40 anni fa da un giovane teologo bavarese, Joseph Ratzinger. Riscoprirla oggi aiuta forse a offrire un’ulteriore chiave di lettura per decifrare la rinuncia di Benedetto XVI, perché riconduce il gesto sorprendente di Ratzinger nell’alveo della sua lettura della storia.

La profezia concluse un ciclo di lezioni radiofoniche che l’allora professore di teologia svolse nel 1969, in un momento decisivo della sua vita e della vita della Chiesa. Sono gli anni turbolenti della contestazione studentesca, dello sbarco sulla Luna, ma anche delle dispute sul Concilio Vaticano II da poco concluso. Ratzinger, uno dei protagonisti del Concilio, aveva lasciato la turbolenta università di Tubinga e si era rifugiato nella più serena Ratisbona.

Come teologo si era trovato isolato, dopo aver rotto con gli amici “progressisti” Küng, Schillebeeckx e Rahner sull’interpretazione del Concilio. E’ in quel periodo che si consolidano per lui nuove amicizie con i teologi Hans Urs von Balthasar e Henri de Lubac, con i quali darà vita a una rivista, “Communio”, che diventa presto la palestra per alcuni giovani sacerdoti “ratzingeriani” oggi cardinali, tutti indicati come possibili successori di Benedetto XVI: Angelo Scola, Christoph Schönborn e Marc Ouellet.

In cinque discorsi radiofonici poco conosciuti – ripubblicati tempo fa dalla Ignatius Press nel volume “Faith and the Future” – il futuro Papa in quel complesso 1969 tracciava la propria visione sul futuro dell’uomo e della Chiesa. E’ soprattutto l’ultima lezione, letta il giorno di Natale ai microfoni della “Hessian Rundfunk”, ad assumere i toni della profezia.

Ratzinger si diceva convinto che la Chiesa stesse vivendo un’epoca analoga a quella successiva all’Illuminismo e alla Rivoluzione francese. “Siamo a un enorme punto di svolta – spiegava – nell’evoluzione del genere umano. Un momento rispetto al quale il passaggio dal Medioevo ai tempi moderni sembra quasi insignificante”. Il professor Ratzinger paragonava l’era attuale con quella di Papa Pio VI, rapito dalle truppe della Repubblica francese e morto in prigionia nel 1799. La Chiesa si era trovata allora alle prese con una forza che intendeva estinguerla per sempre, aveva visto i propri beni confiscati e gli ordini religiosi dissolti.

Una condizione non molto diversa, spiegava, potrebbe attendere la Chiesa odierna, minata secondo Ratzinger dalla tentazione di ridurre i preti ad “assistenti sociali” e la propria opera a mera presenza politica. “Dalla crisi odierna – affermava – emergerà una Chiesa che avrà perso molto.

Diverrà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare gli edifici che ha costruito in tempi di prosperità. Con il diminuire dei suoi fedeli, perderà anche gran parte dei privilegi sociali”. Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede al centro dell’esperienza. “Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la Sinistra e ora con la Destra. Sarà povera e diventerà la Chiesa degli indigenti”.

Quello che Ratzinger delineava era “un processo lungo, ma quando tutto il travaglio sarà passato, emergerà un grande potere da una Chiesa più spirituale e semplificata”. A quel punto gli uomini scopriranno di abitare un mondo di “indescrivibile solitudine” e avendo perso di vista Dio, “avvertiranno l’orrore della loro povertà”.

Allora, e solo allora, concludeva Ratzinger, vedranno “quel piccolo gregge di credenti come qualcosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una speranza per se stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto”.


Paparatzifan
00lunedì 18 febbraio 2013 18:47
Dal blog di Lella...

PAPA: VERSALDI DELEGATO PONTIFICIO PER RELIGIOSI DELL'IDI

Salvatore Izzo

(AGI - CdV, 18 feb.

Benedetto XVI ha nominato oggi il cardinale Giuseppe Versaldi delegato pontificio per la Congregazione dei padri Concezionisti, dalla quale dipende l'Istituto Dermopatico dell'Immacolata che versa in una grave crisi economica.
La decisione che e' stata presa dal Papa arriva, sottolinea una nota, "a seguito della visita apostolica effettuata dal vicegerente di Roma, monsignor Filippo Iannone, alla Congregazione dei Figli dell'Immacolata Concezione". Versaldi, presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede, precisa la Sala Stampa delal Santa Sede, "avra' il compito di guidare l'Istituto religioso e di indirizzare le strutture sanitarie da esso gestite verso un possibile risanamento economico, escludendo tuttavia una partecipazione della Santa Sede in tali opere".
L'estate scorsa il procuratore aggiunto di Roma Nello Rossi, il pubblico ministero Michele Nardi e Giuseppe Cascini della Direzione distrettuale antimafia hanno iscritto i vertici del gruppo nel registro degli indagati ipotizzando l'associazione per delinquere finalizzata all'appropriazione indebita e all'evasione tributaria. L'inchiesta avrebbe appurato un dissesto finanziario di circa 800 milioni di euro all'origine del fatto che i 1.800 lavoratori del gruppo (oltre all'Idi, il San Carlo di Nancy, sempre a Roma, e Villa Paola di Capranica nel Viterbese) non ricevono lo stipendio da quattro mesi e hanno protestato anche davanti alla Cei. A loro sostegno sono intervenuti il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il segretario del Pd Pierluigi Bersani, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, che domani ha convocato un tavolo al Campidoglio e ha gia' contattato il ministro della Salute Renato Balduzzi prospettando uno sblocco parziale dei fondi. E in dicembre il Papa stesso aveva pronunciato l'auspicio "che possano trovare soluzione i problemi che affrontano le varie Istituzioni sanitarie cattoliche".

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00lunedì 18 febbraio 2013 21:10
Dal blog di Lella...

IN USA E ITALIA FIRME PER INTERDIRE CONCLAVE A MAHONY

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 18 feb.

A otto giorni dall'annuncio delle dimissioni di che ritiene di non avere piu' le forze fisiche e d'animo per guidare la Chiesa, arriva al pettine il nodo degli abusi sessuali, combattuti da Ratzinger tra critiche piu' o meno velate di importanti esponenti del Collegio Cardinalizio (il decano Angelo Sodano parlo' di "chiacchiericcio" per ridimensionare lo scandalo dei preti pedofili e solo i cardinali Schoenborn di Vienna e O'Malley di Boston insorsero in difesa delle vittime e dell'azione purificatrice di Ratzinger).
"Mahony al Conclave, si' o no?", chiede Famiglia Cristiana ai suoi lettori, riguardo alla partecipazione all'elezione del Papa di un uomo come il cardinale Roger Mahony accusato di aver insabbiato 129 casi di abusi sessuali su minori, compiuti da ecclesiastici della diocesi di Los Angeles. Anche negli Stati Uniti, spiega Famiglia Cristiana, "un gruppo assai determinato di fedeli cattolici ha annunciato una petizione per chiedere al cardinale di rinunciare a partecipare al Conclave".
E "il Washington Post - sottolinea Famiglia Cristiana - scrive di lui che 'e' fortunato a non essere in prigione'" mentre il suo successore, monsignor Jose' Gomez lo ha sollevato da tutti gli incarichi.
E ora che Joseph Ratzinger, campione della lotta agli abusi, ha scelto di "nascondersi al mondo e ritirarsi in preghiera", un passo indierto e' proprio quello che ci si aspetta da cardinali che hanno riconosciuto le proprie colpe, come Mahony, ma anche il primate irlandese Sean Brady, e l'ex arcivescovo di Bruxcelles, Godfried Dannells.
"Le dimissioni di Benedetto XVI sono un grido che ci invita ad amare la Chiesa, a non deturparla. Sono un richiamo a tanti altri che fanno male alla Chiesa dall'interno, e che dovrebbero dimettersi perche' non servono il Signore in maniera forte, degna, limpida e trasparente", afferma, ai microfoni di Radio Vaticana, don Fortunato Di Noto, il sacerdote che ha fondato l'Associazione Meter, da 35 anni in primo piano nella protezione dei minori.
"Nel campo della lotta agli abusi sessuali commessi da esponenti del clero Benedetto XVI ci lascia un'eredità irremovibile che segna il futuro della Chiesa"commenta monsignor Charles Scicluna, lo storico promotore di giustizia della Congregazione per la Dottrina della Fede, da qualche mese promosso vescovo e trasferito a Malta. Per circa 20 anni, il prelato ha condiviso prima con il cardinale Ratzinger e poi con Benedetto XVI l'impegno forte per estirpare questo cancro dalla Chiesa.
"Dal 2005, divenuto Papa - sottolinea l'ex promotore di giustizia g della CdF - ha perseguito questo obiettivo con decisione e perseveranza, diventando il primo Pontfice ad incontrare e ascoltare le vittime di abusi sessuali".
"Non possiamo piu' tornare indietro in questo impegno, perche' - rileva Scicluna - l'eredita' che ci lascia il Papa e', grazie a lui, non solo legge universale della Chiesa, ma anche prassi che diventa Vangelo, retaggio di una buona notizia di una Chiesa che, non solo vuole la purificazione all'interno, ma vuole anche rimanere, com'era da secoli, un ambiente sicuro per i nostri bambini e per i nostri giovani". "Benedetto XVI - ricorda il coraggioso pg - si e' impegnato con molto coraggio in particolare a rompere la cortina di silenzio che copriva molti casi, in rispetto al principio che solo la verita' ci rende liberi".
Benedetto XVI "ci ha spinto a purificare il cuore per far si' che il volto della Chiesa risplenda della sua vera Santita", conclude Scicluna, per il quale "la piu' grande difficolta' che ha avuto la Chiesa e' stata quella di capire le cause di questa piaga".

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00martedì 19 febbraio 2013 11:16
Da "La bussola quotidiana"...

I centomila di piazza San Pietro

di Riccardo Cascioli
18-02-2013

C’ero anch’io con la mia famiglia ieri in piazza San Pietro per l’Angelus con papa Benedetto XVI, il primo dopo l’annuncio e il penultimo prima della fine del suo pontificato. Un viaggio di 1200 chilometri per pregare pochi minuti con il Papa e intravederlo dal vivo lassù dalla «finestra dell’Angelus» un’ultima volta. Ma lo stupore è stato incontrare tanti amici che avevano obbedito allo stesso impulso, e ancora migliaia e migliaia di persone che avevano fatto lo stesso: chi da più vicino, chi da più lontano tutti a piazza San Pietro. Almeno in 100mila attirati da una forza invisibile, senza che nessuno avesse dato l’ordine o suggerito qualcosa: un moto spontaneo del cuore, scattato molto prima che la testa provasse a darne la ragioni.

Già, perché siamo andati in tanti in piazza San Pietro ieri? In fondo sarebbe bastato seguire con più attenzione l’Angelus alla tv, si vede anche meglio. Eppure non potevamo resistere al desiderio di esserci. Perché? Cosa cercavamo tutti in piazza San Pietro? Cosa volevamo affermare?

Anzitutto una cosa molto semplice: un’immensa gratitudine per questo Papa che è stato capace di introdurci con molta semplicità nella compagnia di Cristo. Una cosa che ha sempre colpito di Joseph Ratzinger è l’assoluta familiarità con Dio, la capacità di renderti presenti, palpabili, concreti, quasi visibili anche i misteri più complicati della fede cristiana. Può parlarti della Trinità, anzi descriverla, come se Padre, Figlio e Spirito Santo fossero lì in carne e ossa vicino a lui. Benedetto XVI ci ha reso più semplice la decisione di camminare, e grandemente desiderabile la santità. Come non essergli grati? Ancora di più ora, che con il sacrificio più grande ci ha fatto capire che è davvero Cristo a guidare la Chiesa e non gli uomini, costringendo anche noi a chiederci in cosa crediamo davvero. Qualcuno ha detto, giustamente, che della famosa enciclica sulla fede che stava scrivendo – dopo quelle sulla carità e sulla speranza – non c’è più bisogno, perché l’ha scritta con la vita.

Gratitudine anche alla Chiesa perché continua a generare questi esempi di santità, e proprio quando sembra che il peccato dei suoi uomini stia lì lì per spazzare via tutto. Leggendo i giornali in questi giorni si può facilmente cadere nello sconforto e nel cinismo, apprendendo delle storie di divisioni, intrighi, giochi di potere che sembrano dominare nella Curia vaticana. Non tutto è vero, molte cose sono farina di chi scrive, in odio alla Chiesa, ma lo stesso Benedetto XVI ha ripetutamente fatto cenno a queste piaghe che deturpano il volto della Chiesa, inutile negarlo. Eppure da piazza San Pietro ieri è arrivata la risposta più eloquente a tutto questo chiacchiericcio, a tutte queste dietrologie e complottismi: il popolo cristiano sa riconoscere i santi, sa riconoscere chi vale la pena seguire. Il profumo di santità è inconfondibile e si impone sulla puzza di lerciume che la circonda.

Il profumo di santità è inconfondibile, attrae, e ci fa domandare anche la nostra conversione, il “ri-orientamento” verso Dio, come l’ha definito ieri il Papa. Ed ecco un secondo motivo per cui essere lì in San Pietro: un pellegrinaggio per chiedere che il nostro cuore si apra, «per riscoprire la fede come criterio base della nostra vita», per chiedere sostegno in quel «combattimento spirituale» che da soli non potremmo mai vincere. Le dimensioni enormi della piazza e, all’interno, della Basilica sembrano fatte apposta per ricordarci la nostra piccolezza, la nostra vera dimensione. E capire che la nostra grandezza sta tutta nell’appartenenza a Cristo.

Centomila persone ieri, ancora di più ce ne saranno domenica prossima e poi ancora mercoledì 27, per l’ultima udienza generale. A testimoniare che la Chiesa – così come il mondo - ha anzitutto bisogno di santi; a pregare perché i 117 padri chiamati a eleggere il nuovo Papa abbiano il cuore permeabile alla volontà dello Spirito Santo, che non può concretizzarsi senza il sì di ciascuno di loro. Così come la volontà di Dio non può accadere nella nostra vita senza il nostro sì.



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Paparatzifan
00martedì 19 febbraio 2013 15:30
Per il Papa...

Appello: Luce e silenzio per il Papa

Autore: Riva, Sr. Maria Gloria Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele
Fonte: CulturaCattolica.it

mercoledì 13 febbraio 2013

Il 27 febbraio ultima sera della sua permanenza in Vaticano di Sua Santità Benedetto XVI, vogliamo promuovere una fiaccolata silenziosa in San Pietro il 27 febbraio dalle ore 19:00 alle ore 20:00. Per quanti non potranno recarsi a Roma, chiediamo di mettere una luce alla medesima ora e osservare un minuto di silenzio il 27 febbraio alle ore 20,00 in punto.
Carissimi lettori e carissimi amici,
questo è un appello per chi ama davvero la Chiesa. Siamo consapevoli di vivere un grande evento. Non possiamo permettere né che passi invano, né che il Santo Padre si senta solo in quest’ora per lui, e per tutti noi, così difficile e grave. Sappiamo già che non è solo. Tuttavia siamo convinte che le parole, così tanto ormai svuotate di senso non riescano più a comunicare, ci sono necessari dei gesti, veri, sentiti, liberi dalla polemica e colmi di quella partecipazione sentita che solo il silenzio può offrire.
Per questo vogliamo invitarvi a dire «Grazie» al Papa per tutto ciò che è e che ha fatto con un gesto: «Andare tutti in piazza San Pietro alle ore 19 del 27 febbraio 2013 in assoluto silenzio, con preghiere che salgano a Dio dal cuore, con fiaccole che segnalino la nostra presenza al Santo Padre che, per l’ultima sera, lavorerà a quella finestra che si affaccia sulla piazza e che tutti conosciamo.
Quello sarà l’ultimo giorno del Papa in Vaticano perché, dal pomeriggio del giorno successivo, si trasferirà a Castel Gandolfo. Vogliamo così manifestargli la nostra assoluta comprensione per il suo gesto, la nostra solidarietà e il nostro vero attaccamento alla Chiesa.
Tutti quelli che non potranno per ovvi motivi (è un mercoledì sera) recarsi a Roma o essere in piazza San Pietro, a quell’ora offrano la loro partecipazione orante osservando un minuto di silenzio alle 20,00 e mettendo fin dalle ore 19 un lume alla finestra. Dobbiamo far sapere al Papa che ci siamo che siamo con lui e che lo saremo sempre anche nelle prossime difficili ore della storia».
Ringraziamo anticipatamente quanti vorranno e potranno rispondere e aderire.

Appello: Luce e silenzio per il Papa
Scarica la locandina: http://www.culturacattolica.it/detail.asp?c=1&p=0&id=8278


Pubblicizza l'evento scaricando la locandina
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Paparatzifan
00martedì 19 febbraio 2013 15:43
Da "Il sussidiario.net"...

ANGELUS PAPA/ Quel "per sempre" che non abbandona Benedetto XVI

lunedì 18 febbraio 2013
Cristiana Caricato

Chissà cosa avrà pensato guardando quella folla abbracciata dal colonnato berniniano, i lenzuoli colorati di affetto e citazioni, il brusio babelico, i cori e le voci sforzate per raggiungerlo. Avrà capito che c’è qualcuno che non vorrebbe mai lasciarlo andare, che a fatica accetta e comprende il suo bisogno di nascondimento? “Tu es Petrus”, gridava uno striscione, un presente che cozzava con il passato di “Ti abbiamo amato tantissimo”. L’oggi della Chiesa con le sue contraddizioni: il successore dell’Apostolo che ancora, e fino alle 20.00 del 28 febbraio, guida la cattolicità e il Papa dimissionario, con un mandato a tempo, per cui ci si allena ad usare l’imperfetto, passando per il passato prossimo. Strapazziamo subito gli incauti fedeli che hanno già scelto di archiviare la relazione con Ratzinger, rincorrendo la musicalità di certe citazioni.
Non: “Ti abbiamo amato”, ma: “Ti amiamo”. Il tantissimo è un di più. Quasi pleonastico. Si può proprio con il pontefice in questione pensare di ignorare la massima agostiniana “dell’amore senza misura”? Si ama e basta. E Benedetto XVI è un Papa, e un uomo, da amare. Ora più che mai. Sgombrato il campo da temibili equivoci torniamo alla folla. I numeri non contano, si sa, ma i centomila di Piazza San Pietro avevano da dire qualcosa. E ci hanno provato. C’era persino chi finalmente ha avuto il coraggio di urlargli “ripensaci”. Sono quelli che non riescono ad arrendersi alla libertà e alla coscienza. Che inseguono la Storia e non la fanno. Che questo vecchio santo non lo hanno capito ancora. Né il suo gesto rivoluzionario. Eppure basta staccare dal chiacchiericcio interessato dei pensatori universali, dalle insinuanti opinioni di storici e piccoli ecclesiastici, dai clericalismi di facciata per comprendere cosa c’è in gioco. Il per sempre della fede. Della nostra fede.
L’eternità che ci spetta, quella che ci è stata promessa e che nessuno ci potrà togliere. Basterebbe ascoltarlo Benedetto XVI, in questi ultimi giorni di presenza pubblica, per scoprire un compito e una missione che resteranno oltre lui. Così come ha fatto in quei difficili giorni del 2005, dopo il doloroso e prolungato distacco da Giovanni Paolo II, Ratzinger ci prende per mano per accompagnare la Chiesa in prossimità del Mistero. E lo farà anche nella settimana che si apre, quando inizierà a prepararci alla separazione, vivendo in Vaticano l’isolamento necessario agli esercizi dello Spirito. Affila l’unica arma che possiede il cristiano, la preghiera, per segnare la Storia. Da lunedì scorso, non è passato giorno in cui non abbia cercato di far entrare nelle capoccie dure l’essenziale, quel Cristo che ha amato e ama sopra tutto, che non si stanca di annunciare anche quando dice che non ce la fa più. Prendiamo l’Angelus di oggi: ha esordito dicendo “ri-orientiamoci” decisamente verso Dio. Ha continuato esortando a rinnegare l’orgoglio e l’egoismo per vivere nell’amore. Ha ammesso che lo spirito del male ci ostacola e si oppone. Ma ha concluso ricordando la verità che ha scelto come litanita per la fine del suo pontificato: Cristo vince.

Conversione, realismo, certezza. Una dinamica che ricorre in ogni suo discorso da una settimana a questa parte. Insieme all’invito a non strumentalizzare Dio, a non rincorrere il potere, il successo, il desiderio immedito, nuovi idoli rivestiti di una bontà subdola e tentatoria, adorati anche nel cuore della Chiesa. E’ in gioco Dio – ha spiegato prima della preghiera dell’Angelus – vogliamo seguire l’Io o Lui? Benedetto XVI ha superato il bivio. La sua decisione non è un cedimento nel deserto, ma la drammatica scelta del condottiero prima della battaglia. Il suo Io è con il Vincitore. Noi siamo con lui?


Paparatzifan
00martedì 19 febbraio 2013 15:49
Dal blog di Lella...

Attacco a Mahony “Coprì i pedofili, fuori dal Conclave”

Contro il cardinale i cattolici Usa e Famiglia Cristiana Il Los Angeles Times: fu il Vaticano a non ascoltarlo

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

Per un Papa che si ritira in monastero, c’è un porporato contestato che entra nella Cappella Sistina. Roger Mahony, accusato di aver coperto i preti pedofili della sua diocesi, è tra i i 117 cardinali che eleggeranno il successore di Benedetto XVI. Contro di lui infuria la campagna di un gruppo cattolico di sinistra (Catholics United), rilanciata dalla stampa americana. Immediata l’eco dentro e fuori gli Stati Uniti, con molte voci schierate contro l’ex arcivescovo di Los Angeles. Per il Washington Post, Mahony è «fortunato a non essere in prigione». La «sua continua preminenza riflette la cultura dell’impunità nella Chiesa cattolica un decennio dopo che la sua tolleranza e complicità nell’abuso dei bambini è stata svelata». Non tutti, però, sono di questa opinione: per il reverendo Thomas Welbers della Chiesa del Buon Pastore di Beverly Hills, la posizione di Mahony come membro del conclave è parte del processo elettivo: «Il diritto di voto non è determinato da come gli altri percepiscono la persona». Prudenza anche Oltretevere. Era già accaduto nei casi Groer, Maciel, Brady: rispetto alla «purificazione» voluta da Ratzinger il collegio cardinalizio e la Curia romana frenano e tendono a fare quadrato a difesa di prelati accusati di scandali. Una presunzione di innocenza e un ipergarantismo tacciati di corporativismo dal cattolicesimo di base e dalle associazioni di vittime. In passato erano stati i più stretti collaboratori di Giovanni Paolo II a perorare la causa di maggiorenti travolti dalle accuse. Stavolta sono stati i vescovi Usa (attraverso il loro presidente Dolan) e settori del collegio cardinalizio ad invocare un’attenuazione delle sanzioni nei confronti dell’arcivescovo. Alla vigilia delle dimissioni papali, anche il decano del Sacro Collegio, Angelo Sodano avrebbe tentato invano di chiedere al Pontefice una linea «soft» .
Ora, malgrado sia stato sollevato da tutti gli incarichi, il cardinale americano entrerà in conclave e ciò provoca accese proteste in tutto il mondo. Gli viene addebitato l’insabbiamento di 129 casi di abusi e, mentre lui chiede «la grazia di sopportare le umiliazioni», nelle parrocchie Usa si raccolgono firme per la sua esclusione dall’elezione pontificia. La rivista dei Paolini «Famiglia Cristiana», lancia un appello a Mahony a restare a casa. Il porporato dovrà chiarire ai giudici i suoi rapporti con i preti molestatori. Il suo ruolo nell’insabbiamento degli scandali ha indotto il suo successore José Gomez a «degradarlo» impedendogli ogni impegno pubblico nel territorio della arcidiocesi.
E tuttavia, secondo il Los Angeles Times, il cardinale cercò più volte senza successo di ottenere dalla Santa Sede la rimozione di sacerdoti pedofili, ma si trovò spesso davanti un muro: la burocrazia romana riluttante ad affrontare un problema potenzialmente esplosivo. Mahony ha ammesso sul suo blog la sofferenza provocata dalle critiche degli ultimi giorni: «Per essere onesto non posso dire di avere raggiunto il punto in cui posso pregare per ulteriori umiliazioni». Inoltre,«sono stato affrontato in più di un luogo da gente molto infelice, posso capire la loro rabbia nei confronti miei e della Chiesa». Sulla tolleranza zero antipedofilia interviene a Radio Vaticana Charles Scicluna, ex pm anti-abusi: «Benedetto XVI ci lascia un’eredità irremovibile che segna il futuro della Chiesa, ha rotto la cortina di silenzio che copriva molti casi, ha imposto il principio che solo la verità ci rende liberi». Insomma, lo scandalo degli abusi estende i suoi rami velenosi anche sull’imminente conclave. La Curia si divide tra colpevolisti e innocentisti e Mahony conferma la sua presenza nella Cappella Sistina. Prima, però,sarà interrogato sotto giuramento in tribunale.

© Copyright La Stampa, 19 febbraio 2013


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