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+PetaloNero+
00martedì 27 gennaio 2009 16:40
Arcivescovo Marchetto: il dialogo, “motore dell'integrazione dei migranti”


Intervenendo all’Università di San Diego




di Roberta Sciamplicotti


SAN DIEGO (Stati Uniti), martedì, 27 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Il dialogo è il “motore” dell'integrazione dei migranti nelle società di accoglienza, ha affermato questo martedì l’Arcivescovo Agostino Marchetto, Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti.

Il presule è intervenuto all’Università di San Diego sul tema “Religione, migrazione e identità nazionale” sottolineando che le migrazioni sono “un drammatico segno della nostra epoca tormentata”, “un vasto fenomeno che alcune istituzioni e alcuni Governi vorrebbero controllare o perfino fermare finché non si rendono conto che si tratta di una componente strutturale della realtà socioeconomica e politica della società attuale”.

Per questo, “è inutile cercare di eliminare il fenomeno” e bisogna invece “affrontarlo e concentrare tutti gli sforzi per rispondere alle sfide che presenta e identificare i benefici che può apportare”, usando in primo luogo lo strumento del dialogo.

Quando la gente migra, ha spiegato l'Arcivescovo, “porta con sé non solo la propria capacità di lavorare e di produrre, ma anche le sue caratteristiche personali, i tratti, l'educazione, le convinzioni, le convenzioni sociali, i costumi, le tradizioni, le credenze, la religione”, ossia “tutti quegli elementi stabili e duraturi, così come quelli mutevoli e contingenti, che caratterizzano una cultura”.

Il contrasto che si verifica quando i migranti arrivano in un Paese dalla cultura e dalle tradizioni diverse “può disorientare, soprattutto perché il migrante si vede diverso dalla maggioranza”.

Per questa ragione, ha osservato monsignor Marchetto, “la Chiesa cattolica ha sottolineato la necessità di preparare le persone alla migrazione, attraverso programmi pre-migratori di formazione e istruzione, perché siano in grado di far fronte a questa situazione”.

Migranti e società di accoglienza

In un ambiente nuovo, i migranti cercano in genere compagnia e sicurezza in chi proviene dalla loro stessa Nazione e cultura, ma “se non si aprono lentamente alla vita e alla cultura della società ospite, rifiutando ciò che pensano metta in pericolo la loro identità, possono adottare un atteggiamento di chiusura, che porta alla formazione di ghetti con i loro connazionali e, purtroppo, alla loro emarginazione”.

All'estremo opposto si situa l'adozione in toto della cultura del Paese di accoglienza “senza nemmeno cercare di valutare le sue conseguenze sul proprio stile di vita”.

“Avendo trascurato o inconsciamente soppresso la propria identità culturale”, i migranti “diventano quasi una 'copia' dei residenti locali, privando la società ospite dell'arricchente contributo che la loro cultura avrebbe potuto apportarle”.

Di fronte a queste due alternative estreme, la soluzione migliore per il rapporto tra migranti e popolazione del Paese di accoglienza è “la via di un'autentica integrazione, con uno sguardo aperto che rifiuta di considerare soltanto le differenze tra immigrati e locali” ed è pronto ad accogliere gli apporti positivi di tutti.

Il “motore” di questo processo, ha constatato monsignor Marchetto, è il dialogo, perché la vera integrazione avviene quando si verifica un'interazione tra immigrati e popolazione ospite “a livello non solo socio-economico, ma anche culturale”.

“Quando si riconosce il contributo positivo dell'immigrato alla società ospite, attraverso la sua cultura e i suoi talenti, l'immigrato stesso è più motivato a trovare un alto grado di interazione con la popolazione locale, e questo porta a una sana integrazione interculturale”, ha rilevato.

Il risultato del dialogo, aggiunge il presule, “è un arricchimento reciproco delle culture, e la società viene trasformata in un mosaico in cui ogni cultura ha il proprio posto nel comporre un unico disegno, che diventa più bello man mano che aumenta la molteplicità culturale”.

Cultura e religione

Nel suo intervento, monsignor Marchetto ha sottolineato anche l'esistenza di “un forte legame tra cultura e religione, come si può vedere dal fatto che per alcune religioni l'identità religiosa e quella culturale coincidono”.

“In realtà – ha ammesso –, le migrazioni internazionali sono diventate una preziosa opportunità non solo per il dialogo tra culture, ma anche per quello interreligioso”, perché alcuni Paesi con antiche radici cristiane ospitano ora società multiculturali.

In questo contesto, è necessario garantire a tutti la libertà di religione, come espressa dall'articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. “Se quindi la società vuole beneficiare delle migrazioni internazionali – ha sottolineato l'Arcivescovo –, deve rispettare la libertà di migranti di professare, praticare e anche cambiare la propria religione”.

Da questo punto di vista, il presule ha ricordato il principio della reciprocità, da intendere “non solo come un atteggiamento per avanzare richieste, ma come un rapporto basato sul rispetto reciproco e sulla giustizia nelle questioni giuridiche e religiose”.

La reciprocità, ha osservato, “è anche un atteggiamento di cuore e spirito che ci permette di vivere insieme ovunque con gli stessi diritti e doveri”.

Solo in questo modo, ha concluso, si potrà essere consapevoli di ciò di cui parla Papa Benedetto XVI nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2009, cioè che siamo “tutti partecipi di un unico progetto divino, quello della vocazione a costituire un'unica famiglia in cui tutti – individui, popoli e Nazioni – regolino i loro comportamenti improntandoli ai principi di fraternità e di responsabilità”.





+PetaloNero+
00martedì 27 gennaio 2009 16:40
La storia del Concilio Vaticano II in un DVD


Prodotto dal Centro Televisivo Vaticano





CITTA' DEL VATICANO, martedì, 27 gennaio 2009 (ZENIT.org).- In occasione dei cinquant'anni dell'annuncio del Concilio Vaticano II da parte di Papa Giovanni XXIII, il Centro Televisivo Vaticano ha prodotto un documentario in formato DVD in cui si ricorda la sua storia.

In sessanta minuti, il reportage permette di scoprire alcuni dei suoi protagonisti e immagini e momenti di quell'evento che ha cambiato la storia della Chiesa e del mondo.

“Il Concilio Vaticano II”, questo il titolo del DVD, appare in italiano, spagnolo e polacco ed è distribuito a livello internazionale e su Internet da HDH Communications (http://www.hdhcommunications.com).

+PetaloNero+
00mercoledì 28 gennaio 2009 01:58
Da Petrus

Mosca, è Kirill il nuovo Patriarca della Chiesa ortodossa russa. Ha nettamente superato Kliment di Kaluga e Borovsk. Al contrario di Alessio II è favorevole ad un incontro con il Papa



CITTA’ DEL VATICANO - E' il nuovo capo della Chiesa Ortodossa russa e potrebbe diventare il Patriarca dell'incontro con il Papa: il metropolita Kirill di Smolensk e Kaliningrad (nella foto con Benedetto XVI) è stato scelto copme successore del defunto Alessio II dal Conclave riunito a Mosca, nella Cattedrale di Cristo Salvatore, battendo al rush finale Kliment di Kaluga e Borovsk. Kirill si è aggiudicato 508 voti. Per essere eletto doveva ottenere oltre il 50% dei consensi, ossia almeno 352 schede a favore, su un totale di 702 votanti. Salirà al Soglio domenica prossima, Kirill, al secolo Vladimir Gundiaiev, in una cerimonia solenne indicata in russo con la parola 'Intronisazia'. Il neo Patriarca già da qualche settimana aveva assunto la guida ad interim della Chiesa Ortodossa russa e locum tenens della sede patriarcale di Mosca, rimasta vacante dopo la morte di Alessio II. Paladino del dialogo con Roma, il 16esimo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie è nato il 20 novembre 1946 a Leningrado, come il capo di stato Dmitri Medvedev, il premier Vladimir Putin e il suo predecessore Alessio II. Ha 62 anni. In precedenza ricopriva il ruolo di ministro degli Esteri della Chiesa Ortodossa russa. E' particolarmente noto nel Paese come telepredicatore e il suo volto è familiare al pubblico grazie a una serie di apparizioni nei programmi tv. E' stato lui ad officiare i funerali del defunto Alessio II, lo scorso dicembre, nonchè del primo presidente russo Boris Eltsin (all'epoca Alessio era già malato). Da sottolineare: nel dicembre 2007 Kirill ha guidato uno dei rari incontri di una delegazione ortodossa russa da Benedetto XVI in Vaticano. Ed è noto il suo ottimismo crescente per un miglioramento delle relazioni con Roma. Nonchè la sua posizione ferma sui temi come l'eutanasia: di recente ha scritto una lettera al Granduca Henri di Lussemburgo che il primo dicembre si è rifiutato di firmare una legge sulla 'dolce morte'.. "Sono convinto che la fedeltà ai valori tradizionali dei popoli del continente europeo ci aiuterà a preservare le fondamenta stesse della nostra casa comune", ha specificato nella missiva Kirill. E questo potrebbe essere anche uno dei punti forti del dialogo con Roma. Il nuovo Patriarca guiderà una Chiesa che conta almeno 165 milioni di fedeli in tutto il mondo. Il suo ruolo sarà particolarmente strategico nei rapporti con la Chiesa cattolica. Il tanto agognato incontro tra Alessio II e il Papa, infatti, non si è mai tenuto e ora la cristianità torna a guardare con fiducia a un evento che sarebbe davvero epocale. "Il nuovo Patriarca di Mosca, Kirill, "è persona ben conosciuta e stimata da Benedetto XVI". Lo sottolinea il direttore della Sal Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, commentando l'elezione con l'Agi. "Il nostro augurio - ha detto il portavoce del Papa - è che il nuovo Patriarca possa svolgere un servizio fruttuoso e continuare ad approfondire un cammino di reciproca conoscenza e collaborazione per il bene dell'umanità". Per Lombardi, infatti, "il Pontefice - che è stato subito informato dell'elezione avvenuta - guarda con fiducia alla prosecuzione dei rapporti tra ortodossi e cattolici ed auspica che Kirill possa svolgere al meglio il suo importantissimo ministero".

+PetaloNero+
00mercoledì 28 gennaio 2009 17:33
Gioia di Benedetto XVI per l'elezione del nuovo Patriarca di Mosca


Invia un telegramma al nuovo capo della Chiesa ortodossa russa





CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 28 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha appreso “con gioia” la notizia dell'elezione del Metropolita Kirill di Smolensk e Kaliningrad a nuova guida della Chiesa ortodossa russa.

Kirill, al secolo Vladimir Gundiaiev, è stato eletto Patriarca di Mosca e di tutte le Russie questo martedì sera dal Concilio plenario della Chiesa ortodossa russa con 508 voti a favore, superando Kliment di Kaluga e Borovsk.

E' il primo Patriarca di Mosca eletto dopo il crollo dell'Unione Sovietica e il suo volto è familiare ai fedeli grazie a una serie di apparizioni nei programmi televisivi.

In un telegramma inviato al nuovo Patriarca, il Papa si congratula “calorosamente” con lui e gli augura “ogni forza e gioia nella realizzazione del grande compito che l'attende come guida della Chiesa che ora presiede sulla via della crescita spirituale e dell'unità”.

“Nella preghiera, chiedo al Signore di donarle abbondante saggezza per discernere la Sua volontà, perseverare nel servizio amorevole al popolo affidato al suo ministero patriarcale e sostenerlo nella fedeltà al Vangelo e alle grandi tradizioni dell'ortodossia russa”, scrive.

“Possa l'Onnipotente benedire anche i suoi sforzi per mantenere la comunione tra le Chiese ortodosse e cercare quella pienezza di comunione che è l'obiettivo della collaborazione e del dialogo cattolico-ortodosso”.

Il Papa assicura quindi al nuovo Patriarca la sua “vicinanza spirituale e l'impegno della Chiesa cattolica a cooperare con la Chiesa ortodossa russa per una testimonianza sempre più chiara della verità del messaggio cristiano e dei valori indispensabili per sostenere il mondo di oggi sulla via della pace, della giustizia e dell'assistenza amorevole agli emarginati”.

“Con affetto fraterno nel Signore Gesù Cristo, invoco su di lei i doni dello Spirito Santo di saggezza, forza e pace”, conclude il messaggio.

Kirill (Vladimir Michajlovič Gundjaev) è il 16° Patriarca della Chiesa ortodossa russa. Nato il 20 novembre 1946 a Leningrado, figlio di un sacerdote, è stato consacrato monaco dal metropolita Nikodim Rotov il 3 aprile 1969.

Dal 1971 al 1974 è stato rappresentante del Patriarcato di Mosca presso il Consiglio Mondiale delle Chiese a Ginevra. Dal 1974 al 1984 ha poi ricoperto l'incarico di Rettore del Seminario e dell'Accademia teologica di Leningrado. Nel 1976 è stato consacrato Vescovo e nel 1977 Arcivescovo.

Successivamente nel dicembre 1984 gli è stata affidata la diocesi di Smolensk, e dal 1988 ha assunto il titolo di Arcivescovo di Smolensk e Kaliningrad. Nel novembre 1989 è quindi diventato Presidente del Dipartimento per le Relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, mentre nel febbraio 1991 è stato nominato metropolita.

Membro permanente del Santo Sinodo, il 6 dicembre 2008 è stato eletto locum tenens patriarcale.

La Chiesa ortodossa russa conta circa 165 milioni di fedeli.
+PetaloNero+
00mercoledì 28 gennaio 2009 17:34
Kirill nuovo Patriarca di Mosca. La gioia del Papa. Interviste col cardinale Kasper e mons. Pezzi


La Chiesa ortodossa russa ha dunque un nuovo Patriarca: il Metropolita di Smolensk e Kaliningrad, Kirill, che dal 1989 presiede il Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca. Il servizio di Sergio Centofanti.

E’ stato eletto ieri dal Concilio locale, riunito nella capitale russa, con l’appoggio di oltre i due terzi dei delegati. Kirill, nato nel 1946 a Leningrado, succede, come Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, ad Alessio II, scomparso il 5 dicembre scorso. Domenica primo febbraio la solenne cerimonia di intronizzazione. Il Papa ha inviato un telegramma al nuovo Patriarca in cui esprime la sua gioia per l’avvenuta elezione. Benedetto XVI invoca la benedizione di Dio su Kirill perché possa realizzare “il grande compito” di guidare la Chiesa ortodossa russa “lungo la strada della crescita spirituale e dell’unità”. Chiede quindi al Signore di concedere al Patriarca “abbondanza di saggezza per discernere la Sua volontà” e sostenere le persone a lui affidate “nella fedeltà al Vangelo e alle grandi tradizioni dell’Ortodossia russa”. “Possa l’Onnipotente – ha proseguito – benedire anche i suoi sforzi di mantenere la comunione tra le Chiese ortodosse e di cercare quella pienezza di comunione che è l'obiettivo del dialogo e della collaborazione tra cattolici e ortodossi”. Il Papa assicura la sua “vicinanza spirituale” e l’impegno della Chiesa cattolica “a collaborare con la Chiesa ortodossa russa per una sempre più chiara testimonianza alla verità del messaggio cristiano e ai valori che soli possono sostenere il mondo di oggi lungo la strada della pace, della giustizia e dell’amorevole cura degli emarginati”.


Ascoltiamo ora la riflessione del cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, al microfono di Philippa Hitchen:

R. – Siamo molto contenti di questa elezione e ci congratuliamo con la Chiesa ortodossa russa per questa elezione. Noi conosciamo da molti anni Kirill: io ho avuto molti incontri con lui. Ha una posizione ferma, ma con lui si può dialogare. E’ già stato tre volte qui a Roma ed ha incontrato Benedetto XVI immediatamente dopo la sua elezione, nel 2005, poi nel 2006 e nel 2007; ci sono stati incontri e rapporti e noi speriamo di poter continuare il nostro dialogo con lui. La sua elezione rappresenta anche una nuova fase per la Chiesa ortodossa russa. E’ stato grande merito del Patriarca Alessio II di promuovere una rinascita della Chiesa ortodossa dopo il terribile periodo comunista. Kirill ha detto – anche a me personalmente – che oggi non basta restaurare i muri delle chiese, è necessario ora anche un rinnovamento spirituale: queste sono parole del nuovo Patriarca e questa è anche una nuova fase per la Chiesa ortodossa e anche per il nostro dialogo. Noi siamo pronti, disponibili. Siamo desiderosi di continuare il dialogo. Possiamo dialogare e collaborare nel campo culturale e sociale: ma questo non ci basta, perché lo scopo del movimento ecumenico è la piena comunione. Dobbiamo continuare anche il dialogo teologico che svolgiamo in seno alla Commissione internazionale mista con tutte le Chiese ortodosse. Vogliamo quindi proseguire il dialogo con lui: siamo contenti della sua elezione e gli auguriamo tutti i doni dello Spirito che sono necessari per guidare una Chiesa tanto importante e anche tanto grande e in particolare il dono della sapienza e della fortezza.


D. – Si rinnova forse anche la speranza di una possibile visita del Papa a Mosca…

R. – Io andrò a Mosca per l’intronizzazione; avremo probabilmente soltanto un breve incontro, perché ci saranno molti ospiti. Non penso che in questo momento parleremo un incontro tra il Papa e il Patriarca. Il Patriarca dapprima dovrà visitare gli altri Patriarchi ortodossi. Ha bisogno di tempo e noi non vogliamo mettergli fretta.


Sull’elezione del nuovo Patriarca ortodosso russo, ecco infine il commento dell’arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, Paolo Pezzi, intervistato da Giada Aquilino:

R. – L’elezione di Kirill significa una scelta di un riconoscimento di passione per la fede cristiana e per la Chiesa del Patriarca Alessio II e quindi una scelta della bontà del lavoro fatto da Alessio II, una scelta di continuità per ciò che si vuole dare a quest’opera.


D. – Ai funerali del Patriarca Alessio II, in dicembre, lo stesso Kirill disse ai fedeli russi: “Non siamo più una Chiesa debole”, ricordando l’impegno di Alessio per la rinascita della Chiesa...


R. – La Chiesa ortodossa russa si è potuta rendere conto del cammino di rinascita che ha svolto in questi 18 anni, dopo tanti anni di persecuzione.


D. – La comunità cattolica russa come accoglie il nuovo Patriarca?


R. – Positivamente. Innanzitutto, una Chiesa con un proprio Patriarca è un bene anche per gli altri. In secondo luogo, perché la conoscenza, il rapporto che abbiamo con il metropolita Kirill, ora Patriarca, ci conforta nella possibilità di una continuità di un dialogo e anche di un’opera comune, soprattutto in quegli ambiti in cui questo è già possibile oggi. E intensificare le nostre preghiere, anche le nostre offerte, è il dono della nostra vita verso una piena comunione, che dia anche più forza alla testimonianza di Cristo nel mondo, che è quello che vogliamo assieme.


D. – Il Papa guarda con fiducia alla prosecuzione dei rapporti tra ortodossi e cattolici. La figura di Kirill quale contributo può portare in tal senso?


R. – Certamente, io penso possa essere un incremento in questa direzione, perché una passione autentica per la fede, per la bontà di testimonianza della propria Chiesa, non può che portare ad un intensificarsi anche di un cammino con chi nella cristianità questo più desidera.


D. – La stampa internazionale ha già parlato di Kirill come del Patriarca del possibile incontro con il Papa...


R. – Innanzitutto, non lo escludiamo; in secondo luogo, è sommamente desiderabile; in terzo luogo, auspichiamo che questo possa avvenire secondo i tempi che la grazia di Dio e la gloria di Cristo permetteranno e, in quarto luogo, che questo sia un passo assieme verso il cammino auspicabile di una piena comunione tra tutti noi. Essendoci già questa conoscenza, questi rapporti del Patriarca Kirill con la Chiesa cattolica, questi incontri già avvenuti con lo stesso Papa, certamente si può ipotizzare che possa esserci questo incontro.


D. – Che contributo può portare nei rapporti con le altre Chiese ortodosse?


R. – Penso che l’attenzione e la cura che avrà Kirill nel rapporto con le altre Chiese ortodosse possa rafforzare la comunione che c’è nell’ortodossia e poi questa comunione più intensa si potrà dilatare.


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+PetaloNero+
00mercoledì 28 gennaio 2009 17:35
Starebbero bene le suore rapite in Kenya: proseguono le trattative


“Le suore stanno bene, i contatti sono quasi quotidiani e le trattative per la loro liberazione stanno andando avanti”: lo hanno riferito fonti kenyote della Misna facendo il punto sui negoziati in corso per la liberazione di suor Maria Teresa Olivero e suor Caterina Giraudo. Le due missionarie del Movimento contemplativo ‘Charles de Foucauld’ di Cuneo si trovano ancora in Somalia dove sono state portate dal gruppo di uomini armati che le aveva rapite a Elwak, in Kenya, lo scorso 9 novembre. “I negoziatori incaricati delle trattative – hanno riferito le stesse fonti – mantengono contatti telefonici con i rapitori e ogni giorno, prima di proseguire, intrattengono brevi colloqui con le due suore proprio per sincerarsi che stiano bene”. Il nuovo corso nei negoziati, seguito ad una visita di una delegazione italiana a Nairobi, guidata dalla parlamentare Margherita Boniver, era stato facilitato dall’apertura di un canale di comunicazione ufficiale che aveva trovato il consenso dei rapitori e che era stato approvato dal Governo italiano. Per chiedere la liberazione delle due suore, in Italia sono state raccolte oltre 10 mila firme attraverso diversi siti Internet. (R.G.)


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+PetaloNero+
00mercoledì 28 gennaio 2009 17:35
Padre Lombardi: le parole del Papa sulla Shoah aiutino a promuovere con frutto e serenità il dialogo con l'ebraismo


La parole pronunciate oggi da Benedetto XVI “dovrebbero essere più che sufficienti” per chiarire il suo pensiero sulla tragedia dell’Olocausto ebraico e per consentire al dialogo tra cattolicesimo ed ebraismo di proseguire con “serenità”. E’ la dichiarazione rilasciata dal direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, subito dopo l’udienza generale di questa mattina. Udienza durante la quale - come ascoltato - ancora una volta Benedetto XVI ha voluto ribadire le ragioni spirituali che lo hanno indotto a revocare il provvedimento di scomunica nei confronti dei quattro vescovi ordinati nel 1988 da mons. Lefebvre. E proprio ieri, in un comunicato, il superiore della Fraternità San Pio X ha preso le distanze dalle affermazioni negazioniste di uno dei vescovi. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis:

Il nuovo gesto di distensione del Papa, quello dei vescovi lefebvriani, quello - auspicato - da parte del Rabbinato d’Israele. Un rapporto giocato su tre fronti, sul quale desiderio più alto di Benedetto XVI è che risplenda infine il carattere della misericordia, per un verso, e peraltro quello di un dialogo che la Chiesa postconciliare e il magistero dei Papi hanno sempre difeso e valorizzato senza eccezioni. Le parole accorate del Papa risuonate in Aula Paolo VI sul tema della Shoah, espresse già in “diverse occasioni” nel passato, “dovrebbero essere più che sufficienti per rispondere alle attese di chi esprime dubbi sulla posizione del Papa e della Chiesa cattolica sull’argomento”, ha affermato padre Federico Lombardi. E mentre sui media internazionali rimbalzavano le indiscrezioni del "Jerusalem Post" su una possibile rottura delle relazioni del Rabbinato d’Israele con la Chiesa cattolica, padre Lombardi concludeva la nota con l’augurio che - “anche alla luce” delle nuove affermazioni di Benedetto XVI - “le difficoltà presentate dal Rabbinato di Israele possano essere oggetto di ulteriore e più approfondita riflessione, in dialogo con la Commissione per i Rapporti con l’Ebraismo del Consiglio per l’Unità dei Cristiani in modo che il dialogo della Chiesa cattolica con l’ebraismo possa continuare con frutto e serenità”.


Intanto, anche la Fraternità San Pio X che riunisce i vescovi lefebvriani si è nettamente dissociata dalle posizioni di uno di loro, mons. Williamson, che in un’intervista aveva negato la verità storica del genocidio degli ebrei perpetrato dal nazismo. “Le affermazioni di mons. Williamson non riflettono in nessun caso la posizione della nostra Fraternità”, ha scritto in un comunicato il vescovo presidente della Fraternità, mons. Bernard Fellay, precisando di aver “proibito, fino a nuovo ordine” allo stesso mons. Williamson “ogni presa di posizione pubblica su questioni politiche o storiche”. Quindi, rivolto a Benedetto XVI, il superiore della comunità lefebvriana scrive esplicitamente: “Noi domandiamo perdono al Sommo Pontefice e a tutti gli uomini di buona volontà, per le conseguenze drammatiche di tale atto. Benché noi riconosciamo l’inopportunità di queste dichiarazioni, noi non possiamo che costatare con tristezza che esse hanno colpito direttamente la nostra Fraternità discreditandone la missione”. Missione, aveva precisato qualche riga prima mons. Fellay, che esula da opinioni storiche di carattere personale ma attiene alla fede e alla morale, le sole questioni sulle quali - dice - un vescovo cattolico “può parlare con autorità ecclesiastica”.


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+PetaloNero+
00mercoledì 28 gennaio 2009 17:36
Il Papa all'udienza generale: nessuno neghi la tragedia dell'Olocausto. E ai vescovi lefebvriani: fedeltà al Concilio Vaticano II


Una condanna categorica di ogni tesi negazionista dell’Olocausto è stata pronunciata stamani da Benedetto XVI all’udienza generale in Aula Paolo VI. Il Papa oltre a soffermarsi sulla Shoah, di cui si è celebrata ieri la Giornata internazionale della memoria, ha spiegato il significato della revoca della scomunica ai 4 vescovi della Fraternità San Pio X, esortandoli ad essere fedeli al Concilio Vaticano II. E, ancora, il Pontefice ha augurato ogni bene al nuovo Patriarca ortodosso di Mosca e di tutte le Russie, Kirill. La parte catechetica dell’udienza generale era stata dedicata dal Pontefice alle Lettere paoline a Tito e Timoteo. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Nell’omelia pronunciata all’inizio del Pontificato, ha ricordato Benedetto XVI, ho affermato che è “esplicito” compito del Pastore “la chiamata all’unità”. Proprio in adempimento di questo servizio all’unità, che qualifica in modo specifico il ministero di Successore di Pietro, ha aggiunto, “ho deciso giorni fa di concedere la remissione della scomunica in cui erano incorsi i quattro vescovi ordinati nel 1988 da mons. Lefebvre senza mandato pontificio”:


“Ho compiuto questo atto di paterna misericordia, perché ripetutamente questi presuli mi hanno manifestato la loro viva sofferenza per la situazione in cui si erano venuti a trovare. Auspico che a questo mio gesto faccia seguito il sollecito impegno da parte loro di compiere gli ulteriori passi necessari per realizzare la piena comunione con la Chiesa, testimoniando così vera fedeltà e vero riconoscimento del magistero e dell’autorità del Papa e del Concilio Vaticano II”.


(applausi)


In questi giorni, nei quali ricordiamo la Shoah, il Pontefice è poi tornato con la memoria alla sua visita al campo di sterminio ad Auschwitz, uno dei lager, ha ricordato, “nei quali si è consumato l’eccidio efferato di milioni di ebrei, vittime innocenti di un cieco odio razziale e religioso”. E qui ha rivolto un vibrante appello affinché la tragedia dell’Olocausto non sia mai dimenticata:


“Mentre rinnovo con affetto l’espressione della mia piena ed indiscutibile solidarietà con i nostri fratelli destinatari della Prima Alleanza, auspico che la memoria della Shoah induca l’umanità a riflettere sulla imprevedibile potenza del male quando conquista il cuore dell’uomo. La Shoah sia per tutti monito contro l’oblio, contro la negazione o il riduzionismo, perché la violenza fatta contro un solo essere umano è violenza contro tutti. Nessun uomo è un’isola, ha scritto un noto poeta. La Shoah insegna specialmente, sia alle vecchie sia alle nuove generazioni, che solo il faticoso cammino dell’ascolto e del dialogo, dell’amore e del perdono conduce i popoli, le culture e le religioni del mondo all’auspicato traguardo della fraternità e della pace nella verità. Mai più la violenza umili la dignità dell’uomo!”


(applausi)


Il Papa ha quindi voluto esprimere i suoi auguri al nuovo Patriarca ortodosso di Mosca e di tutte le Russie Kirill, all’indomani dell’elezione:


“Invoco su di lui la luce dello Spirito Santo per il generoso servizio alla Chiesa ortodossa russa, affidandolo alla speciale protezione della Madre di Dio”.

Prima di queste parole, il Pontefice, nella catechesi, si era soffermato sulle lettere pastorali di San Paolo a Tito e Timoteo. Due epistole, ha detto, dalle quali i cristiani di oggi possono trarre molti fruttuosi insegnamenti. In particolare, ha costatato, l’Apostolo delle Genti affronta in questi testi alcuni degli errori che si stavano diffondendo nelle prime comunità cristiane. Ad esempio, una lettura sbagliata della Sacra Scrittura “come oggetto di curiosità storica”, mentre va sempre letta in colloquio con lo Spirito Santo. Per la prima volta, ha aggiunto, in queste lettere c’è un’approfondita riflessione sulla struttura ministeriale della Chiesa con l’indicazione dei tre ordini: episcopi, presbiteri e diaconi. E a proposito dei pastori, citando la lettera a Timoteo, il Papa ha ribadito che il vescovo deve essere benevolo, prudente, capace di insegnare e indulgente. Parole corredate da un’esortazione ai pastori e ai fedeli di oggi:

“Preghiamo alla fine il Signore e San Paolo, perché anche noi, come cristiani, possiamo sempre più caratterizzarci in rapporto alla società in cui viviamo come membri della famiglia di Dio. E preghiamo anche perché i pastori della Chiesa acquisiscano sempre più sentimenti paterni, insieme teneri e forti, della formazione della casa di Dio, della comunità della Chiesa”.

Ancora, il Pontefice ha spiegato che da queste lettere emerge che la Chiesa, la cui missione è universale, è colonna e sostegno della fede, della verità. Ed ha ribadito la centralità della Scrittura e della Tradizione nella vita del cristiano.


L’udienza generale è stata allietata da un festoso spettacolo offerto dai giocolieri del Circo Medrano. Al termine dell’esibizione il Papa ha ringraziato gli artisti circensi ed ha accarezzato un piccolo leoncino. Quindi, al termine dell’udienza, nell’Auletta, Benedetto XVI ha impartito la Benedizione ad una pala d’Altare destinata alla Basilica degli Armeni cattolici di Gerusalemme. E, ancora, il Santo Padre ha ricevuto una lettera e un dono dal ministro della Giustizia della Repubblica ceca, Jiří Pospíšil, in occasione della presidenza ceca del Consiglio dell’Unione Europea.





www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=678&set...

www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=677&set...

www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=676&set...

+PetaloNero+
00giovedì 29 gennaio 2009 02:00
Il Papa loda un altare per Gerusalemme di un'associazione polacca


Sarà un luogo di preghiera per la pace in Terra Santa e in tutto il mondo





CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 28 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Un altare per invocare la pace in Terra Santa e in tutto il mondo: così Benedetto XVI ha definito l'artistica pala a forma di trittico destinata alla Basilica degli armeni cattolici di Gerusalemme, presentatagli subito dopo l'Udienza generale di questo mercoledì.

A commissionarla è stata l'associazione polacca “Comunità Regina della pace”, che il Pontefice ha ringraziato durante i saluti in lingua ai vari gruppi di fedeli convenuti nell'Aula Paolo VI.

“Questo sarà un posto della continua preghiera per la pace in Terra Santa e in tutto il mondo – ha detto il Vescovo di Roma –. Chiedo a Dio che ascolti questa preghiera e colmi i cuori degli uomini della sua pace”.

Successivamente, nell'Auletta, secondo quanto riferito da “L'Osservatore Romano”, il Papa ha benedetto l'opera con ostensorio per l'adorazione eucaristica, che raffigura la Vergine di Częstochowa con il bambino.

Dopo aver compiuto un pellegrinaggio simbolico attraverso santuari mariani polacchi e tedeschi, verrà collocata nella cappella della quarta stazione della via dolorosa a Gerusalemme.

+PetaloNero+
00giovedì 29 gennaio 2009 02:01
Benedetto XVI: “La Shoah sia per tutti monito contro l’oblio”


Dal Rabbinato di Israele, dopo il caso Williamson: continuano i rapporti con il Vaticano





di Mirko Testa


CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 28 gennaio 2009 (ZENIT.org).- “La Shoah sia per tutti monito contro l’oblio”. E’ quanto ha detto Benedetto XVI questo mercoledì, al termine dell’Udienza generale, nel rievocare la commemorazione degli ebrei trucidati dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale.

Il 27 gennaio, infatti, grazie a una Risoluzione approvata il 1° novembre 2005 alle Nazioni Unite, con il deciso sostegno della Santa Sede, è stato dichiarato Giornata internazionale di commemorazione delle vittime dell'Olocausto.

In questi giorni, ha detto il Papa, in cui si ricorda la liberazione, nel 1945, da parte dell’esercito sovietico di Auschwitz-Birkenau (Polonia), il principale campo di concentramento nazista, “mi ritornano alla memoria le immagini raccolte nelle mie ripetute visite ad Auschwitz, uno dei lager nei quali si è consumato l’eccidio efferato di milioni di ebrei, vittime innocenti di un cieco odio razziale e religioso”.

Per questo, ha aggiunto il Santo Padre, “mentre rinnovo con affetto l’espressione della mia piena e indiscutibile solidarietà con i nostri Fratelli destinatari della Prima Alleanza, auspico che la memoria della Shoah induca l’umanità a riflettere sulla imprevedibile potenza del male quando conquista il cuore dell’uomo”.

“La Shoah sia per tutti monito contro l’oblio, contro la negazione o il riduzionismo, perché la violenza fatta contro un solo essere umano è violenza contro tutti”, ha avvertito.

“Nessun uomo è un’isola”, ha aggiunto il Papa, richiamando i versi del poeta inglese John Donne (1571-1631).

“La Shoah insegni specialmente sia alle vecchie sia alle nuove generazioni – ha poi proseguito – che solo il faticoso cammino dell’ascolto e del dialogo, dell’amore e del perdono conduce i popoli, le culture e le religioni del mondo all’auspicato traguardo della fraternità e della pace nella verità”.

“Mai più la violenza umili la dignità dell’uomo!”, ha esclamato infine.

La parole pronunciate quest’oggi da Benedetto XVI, ed espresse già in “diverse occasioni” nel passato, “dovrebbero essere più che sufficienti per rispondere alle attese di chi esprime dubbi sulla posizione del Papa e della Chiesa cattolica sull’argomento”, ha commentato il Direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, subito dopo l’Udienza generale.

Le parole del portavoce della Santa Sede, riportate dalla “Radio Vaticana”, arrivano dopo diversi giorni di polemiche, mentre sui media internazionali si rincorrevano le indiscrezioni rese note dal “Jerusalem Post” su una possibile rottura delle relazioni del Rabbinato d’Israele con la Chiesa cattolica.

Il caso era scoppiato dopo le controverse dichiarazioni rilasciate alla Tv di Stato svedese da mons. Richard Williamson - uno dei quattro Vescovi ordinati nel 1988 da mons. Marcel Lefebvre cui è stata revocata recentemente la scomunica - che aveva negato l’esistenza delle camere a gas nei campi di concentramento, riducendo a circa 300 mila il numero degli ebrei uccisi durante la Seconda Guerra Mondiale.

Il quotidiano israeliano aveva accennato all’intenzione del Rabbinato di Israele di interrompere "indefinitamente" i rapporti ufficiali con il Vaticano e di cancellare inoltre un incontro con la Commissione per le Relazioni religiose della Santa Sede, in programma dal 2 a 4 marzo a Roma.

Padre Lombardi ha quindi concluso con l’augurio che “le difficoltà presentate dal Rabbinato di Israele possano essere oggetto di ulteriore e più approfondita riflessione, in dialogo con la Commissione per i Rapporti con l’Ebraismo del Consiglio per l’Unità dei Cristiani in modo che il dialogo della Chiesa cattolica con l’ebraismo possa continuare con frutto e serenità”.

In una intervista concessa quest’oggi a Sky Tg24, il Direttore generale del Rabbinato d'Israele, Oded Wiener, ha invece affermato: "Non abbiamo interrotto i rapporti con il Vaticano anche perché credo sia qualcosa di fondamentale sia per noi sia per il Vaticano stesso".

"Questa questione così importante deve però essere discussa – ha precisato –. Abbiamo posticipato questo incontro fino a quando non parleremo di tutto ciò con le persone della Santa Sede e discuteremo di come poter riprendere i nostri rapporti”.

“Sicuramente in questo ambito così sensibile e in un periodo storico così importante ,tutto il mondo ebraico è scioccato da questa questione”, ha osservato.

In merito alle parole di condanna di Benedetto XVI sul negazionismo dell’Olocausto, Wiener ha poi sottolineato: "In primo luogo credo che la dichiarazione del Papa di questa mattina sia stata estremamente importante, per noi e per il mondo intero. Non c'è posto per persone come Williamson che negano l'esistenza dell'Olocausto”.

“Credo sia un grande passo in avanti – ha ribadito – e una importante dichiarazione per risolvere questa questione, dobbiamo però discutere ancora insieme con i membri della Commissione della Santa Sede e del governo d'Israele che cosa dovrebbe essere fatto in aggiunta per porre fine a questa problematica”.

Come ulteriore segnale di distensione, l'Ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Mordechay Lewy, in alcune dichiarazioni rilanciate da “Apcom” si è detto “molto contento di una dichiarazione di così alto livello da parte della Santa Sede, che chiarisce molte cose e aiuta a superare gli equivoci".

"Penso che sia sbagliato, ora, personalizzare la vicenda concentrandosi su un singolo Vescovo", ha precisato Lewy.

In merito poi all’intenzione di Benedetto XVI di recarsi in Terra Santa nel maggio prossimo, l’Ambasciatore israeliano ha quindi sottolineato che "il Papa è benvenuto in Israele oggi, così come era benvenuto ieri e l'altro ieri”.






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00giovedì 29 gennaio 2009 16:56
Mons. Ravasi: nell’Anno dell’Astronomia, la Chiesa onora la figura di Galileo e ribadisce l’importanza del dialogo tra fede e ragione

La Chiesa desidera “onorare la figura di Galileo, geniale innovatore e figlio della Chiesa”. E’ quanto sottolineato stamani in Sala Stampa vaticana alla conferenza di presentazione delle iniziative della Santa Sede per l’Anno dell’Astronomia e del Convegno internazionale su Galileo Galilei, in programma a Firenze dal 26 al 30 maggio 2009, organizzato dall'Istituto Stensen. Alla conferenza stampa, è intervenuto anche mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Sono ormai maturi i tempi per una nuova considerazione della figura di Galileo e dell’intero caso Galilei. Mons. Gianfranco Ravasi ha ricordato gli sforzi compiuti negli ultimi anni dalla Chiesa, in particolare con Giovanni Paolo II, per rimuovere gli ostacoli che il caso Galilei poneva per un sereno confronto tra scienza e fede. In questo clima di maggiore serenità, è stata la sua riflessione, si può dunque guardare a Galileo e riconoscervi il credente che tentò di conciliare i risultati delle sue ricerche scientifiche con i contenuti della fede cristiana. Quindi, una considerazione di stretta attualità:

“Penso che proprio il caso Galileo, da un lato, deve riportarci sempre, noi teologi, la Chiesa, all’autocritica del passato senza reticenze. Quello che ha voluto Giovanni Paolo II, mettendo, infatti, Galileo tra gli elementi della famosa catarsi, purificazione della memoria del 2000, del Giubileo”.

Questo è assolutamente indispensabile, ha aggiunto mons. Ravasi, ma tale autocritica deve essere fatta “senza elementi mitici”, con “rigore contestuale, filologico ed ermeneutico”. Un’autocritica, dunque, che sia l’inizio di un nuovo percorso:

“Non ci si può fermare sempre e solo al tribunale della storia, è necessario guardare al futuro, aprirsi al dialogo tra queste due letture, visioni diverse della realtà che, però, hanno lo stesso oggetto di analisi: da una parte la teologia e, dall’altra parte, la scienza”.

Aprirsi al dialogo reciproco, ha detto ancora, vuol dire essere consapevoli che la scienza non esaurisce da sola tutta la complessità e il mistero del reale, così come la teologia ha la possibilità di offrire altri sguardi. Il Convegno di Firenze, una delle principali iniziative per l’Anno dell’Astronomia a cui collabora la Santa Sede, vuole andare proprio in questa direzione. Mons. Ravasi ha quindi annunciato per marzo la pubblicazione di un’opera che ripercorre la storia della Commissione su Galileo, istituita da Giovanni Paolo II nel 1981. E, ancora, è in corso un progetto di riedizione integrale delle carte del processo a Galileo, a cura dell’Archivio Segreto Vaticano, che dovrebbe essere pubblicato entro la fine del 2009. Rimane, invece, un’idea per ora non realizzabile la costruzione di una statua di Galileo da porre in Vaticano, vicino alla sede della Pontificia Accademia delle Scienze.

Dal canto suo, padre José Gabriel Funes, direttore della Specola Vaticana ha ringraziato Benedetto XVI per aver incoraggiato la celebrazione di questo Anno dell’Astronomia, mentre il prof. Nicola Cabibbo, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, si è soffermato sulla rivoluzione scientifica compiuta da Galileo. Da ultimo, lo storico Paolo Rossi ha affermato che il Convegno di Firenze, arricchito da 27 relazioni, proporrà una discussione senza censure su tutte le questioni aperte riguardanti Galileo e il suo processo.


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00giovedì 29 gennaio 2009 16:57
La Santa Sede: esiste un "vincolo stretto" tra astronomia e religione


"Galileo merita tutto il nostro apprezzamento e la nostra gratitudine"




CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 29 gennaio 2009 (ZENIT.org).- In occasione dell'Anno dell'Astronomia, indetto dalle Nazioni Unite per commemorare i 400 anni delle prime scoperte astronomiche e che vede Galileo come protagonista, la Santa Sede sottolinea che "esiste un vincolo stretto tra la contemplazione del cielo stellato e la religione".

In una nota ricevuta da ZENIT, si ricorda che questo Anno "rappresenta per la Santa Sede un'importante occasione di approfondimento e di dialogo". Per questo, "diversi dicasteri vaticani, a vario titolo e con diverso grado di coinvolgimento, sono all'origine di manifestazioni, iniziative, e progetti che hanno come oggetto l'astronomia e la figura di Galileo".

"In quasi tutte le culture e civiltà, l'osservazione del cielo è impregnata di un senso profondamente religioso - constata la Santa Sede -. Nei movimenti dei pianeti e nell'ordinata rotazione della volta celeste gli uomini hanno cercato risposta ai loro più profondi interrogativi".

"Anche la Bibbia conserva le tracce di questa antica sapienza, che sottolinea la forza creativa di Dio, dalle prime pagine della Genesi all'adorazione dei Magi, passando per l'avventura personale di Abramo, che vedeva nelle stelle del cielo il pegno sicuro della promessa divina".

L'astronomia, spiega il testo, ha avuto un ruolo privilegiato anche nella storia della Chiesa: testimoniano l'interesse per questa disciplina gli studi di Papi come Gregorio XIII, sostenitore della riforma del calendario che porta il suo nome, e S. Pio X, che sapeva fabbricare orologi solari, così come le meridiane nelle chiese e l'Osservatorio Astronomico Vaticano, conosciuto come Specola Vaticana.

Lo stesso Benedetto XVI, all'inizio dell'Anno dell'Astronomia nella festività dell'Epifania, ha ricordato il sorgere ai nostri tempi di una nuova visione cosmologica proprio "grazie alla passione e alla fede di non pochi scienziati, i quali - sulle orme di Galileo - non rinunciano né alla ragione né alla fede, anzi, le valorizzano entrambe fino in fondo, nella loro reciproca fecondità".

Galileo, spiega la Santa Sede, "ha aperto per l'umanità un mondo finora poco sconosciuto, allargando i confini della nostra conoscenza e costringendoci a rileggere il libro della natura sotto una nuova luce".

Egli rappresenta dunque un "geniale innovatore e figlio della Chiesa" che quest'ultima desidera "onorare".

Al giorno d'oggi, si legge nella nota, "i tempi sono ormai maturi per una nuova considerazione della figura di Galileo e dell'intero Caso Galilei", e "la Chiesa vive quest'Anno dell'Astronomia con la consapevolezza di aver già compiuto in proposito un lungo cammino di riflessione".

Dopo la critica da parte del Concilio Vaticano II di "certi atteggiamenti mentali" "derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza" (Gaudium et spes, 36), Papa Giovanni Paolo II ha infatti istituito nel 1981 una Commissione "per riesaminare a fondo il Caso Galileo e rimuovere gli ostacoli che questo caso poneva per un sereno confronto tra la scienza e la fede".

La Commissione ha avuto "il coraggio di riconoscere gli errori dei giudici di Galileo, i quali, 'incapaci di dissociare la fede da una cosmologia millenaria, credettero, indubbiamente a torto, che l'accettazione della rivoluzione copernicana, peraltro non ancora definitivamente provata, fosse di natura tale da far vacillare la tradizione cattolica e che, pertanto, fosse loro dovere proibirne l'insegnamento'".

"Oggi, in un clima più sereno, possiamo finalmente guardare alla figura di Galileo e riconoscervi il credente che tentò, nel contesto del suo tempo, di conciliare i risultati delle sue ricerche scientifiche con i contenuti della fede cristiana - conclude la nota -. Per questo, Galileo merita tutto il nostro apprezzamento e la nostra gratitudine".

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00giovedì 29 gennaio 2009 16:57
Rafforzare il dialogo con gli ortodossi per affrontare uniti le sfide culturali ed etiche: così il Papa ai vescovi russi in visita ad Limina


Benedetto XVI ha incontrato stamani i presuli della Conferenza episcopale della Russia, in Vaticano per la visita ad Limina, e li ha esortati a rafforzare il dialogo con la Chiesa ortodossa per affrontare insieme le grandi sfide culturali ed etiche del momento. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

Il contesto ecclesiale della Russia, Paese segnato da una millenaria tradizione ortodossa con un ricco patrimonio religioso e culturale, richiede un rinnovato impegno per trasmettere valori umani e spirituali. Il Papa spiega che è essenziale, in particolare, consolidare il dialogo con gli ortodossi. Un dialogo che, “nonostante i progressi compiuti, conosce ancora alcune difficoltà”. Il Santo Padre esprime anche la propria vicinanza spirituale alla Chiesa ortodossa russa, che gioisce per l’elezione del metropolita Kirill come nuovo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. A Kirill il Pontefice porge i suoi più cordiali auguri “per il delicato compito ecclesiale che gli è stato affidato”.


Un’altra esortazione, rivolta ai vescovi russi, è quella di proseguire uniti nell’attività pastorale, “beneficiando dell’esperienza della Chiesa universale”. L’unità – afferma il Papa – “cresce e si sviluppa nelle concrete situazioni delle varie Chiese locali”. A questo riguardo – aggiunge – il Concilio Vaticano II ricorda che “i singoli vescovi sono il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese” e in esse e da esse è costituita l’unica Chiesa cattolica.


In un contesto caratterizzato in Russia, come in altre parti del mondo, dalla “crisi della famiglia” e dal conseguente “calo demografico”, il Pontefice esorta poi i presuli a “proseguire la collaborazione” con le autorità statali. La vostra attenzione – afferma il Papa – si diriga specialmente verso i giovani, ai quali la comunità cattolica russa, è chiamata “a trasmettere inalterato il patrimonio di santità e di fedeltà a Cristo”. Il Santo Padre esprime anche apprezzamento per l’impegno nel rilancio della partecipazione liturgica e della catechesi.


Esorta quindi i presuli a non scoraggiarsi se i risultati pastorali non sembrano confacenti agli sforzi profusi e rinnova l’invito a promuovere le vocazioni sacerdotali e le attività tese alla crescita spirituale dei fedeli laici. Invita poi i presbiteri ad essere "padri e modelli nel servizio ai fratelli”. I laici – aggiunge il Santo Padre - sentano la loro vita come “una risposta alla chiamata universale alla santità”. “E’ importante – conclude il Papa – che i cristiani affrontino uniti le grandi sfide culturali ed etiche del momento presente, concernenti la dignità della persona umana e i suoi diritti inalienabili, la difesa della vita in ogni sua fase, la tutela della famiglia e altre urgenti questioni economiche e sociali”.



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00giovedì 29 gennaio 2009 16:58
Il Papa alla Rota Romana: attenzione al moltiplicarsi delle dichiarazioni di nullità matrimoniale sotto il pretesto dell'immaturità psichica


Occorre fare attenzione al “moltiplicarsi esagerato” delle dichiarazioni di nullità matrimoniale “sotto il pretesto di una qualche immaturità o debolezza psichica del contraente”: è quanto ha detto stamani il Papa, nella Sala Clementina in Vaticano, per l’inaugurazione dell'Anno giudiziario del Tribunale della Rota Romana. “Ciò che è in gioco – afferma Benedetto XVI - è la stessa verità sul matrimonio”. Ce ne parla Sergio Centofanti:

Il Papa prende spunto dalle allocuzioni pronunciate oltre 20 anni fa da Giovanni Paolo II sull’incapacità psichica nelle cause di nullità matrimoniale (5 febbraio 1987 e 25 gennaio 1988) per chiedersi “in quale misura questi interventi abbiano avuto una recezione adeguata nei tribunali ecclesiastici”. “E’ davanti agli occhi di tutti – afferma - il dato di fatto di un problema che continua ad essere di grande attualità”:

“In alcuni casi si può purtroppo avvertire ancora viva l’esigenza di cui parlava il mio venerato Predecessore: quella di preservare la comunità ecclesiale «dallo scandalo di vedere in pratica distrutto il valore del matrimonio cristiano dal moltiplicarsi esagerato e quasi automatico delle dichiarazioni di nullità, in caso di fallimento del matrimonio, sotto il pretesto di una qualche immaturità o debolezza psichica del contraente» (Allocuzione alla Rota Romana, 5.2.1987)”.

Benedetto XVI richiama “l’attenzione degli operatori del diritto sull’esigenza di trattare le cause con la doverosa profondità richiesta dal ministero di verità e di carità che è proprio della Rota Romana”. E ricorda alcuni principi per discernere la validità del matrimonio senza confondere incapacità e difficoltà. “Una vera incapacità – afferma citando Giovanni Paolo II – ‘è ipotizzabile solo in presenza di una seria forma di anomalia’ che - presente già al tempo del matrimonio - ‘deve intaccare sostanzialmente le capacità di intendere e/o di volere’” e quindi la facoltà di scegliere liberamente lo stato di vita. Anomalia che deve provocare “non solo una grave difficoltà, ma anche l’impossibilità di far fronte ai compiti inerenti agli obblighi essenziali del matrimonio”. Per il Papa “occorre … riscoprire in positivo la capacità che in principio ogni persona umana ha di sposarsi in virtù della sua stessa natura di uomo o di donna”:

“Corriamo infatti il rischio di cadere in un pessimismo antropologico che, alla luce dell’odierna situazione culturale, considera quasi impossibile sposarsi. A parte il fatto che tale situazione non è uniforme nelle varie regioni del mondo, non si possono confondere con la vera incapacità consensuale le reali difficoltà in cui versano molti, specialmente i giovani, giungendo a ritenere che l’unione matrimoniale sia normalmente impensabile e impraticabile. Anzi, la riaffermazione della innata capacità umana al matrimonio è proprio il punto di partenza per aiutare le coppie a scoprire la realtà naturale del matrimonio e il rilievo che ha sul piano della salvezza”.

“Ciò che in definitiva è in gioco – ribadisce il Papa - è la stessa verità sul matrimonio” la cui validità “non dipende dal successivo comportamento dei coniugi” ma dalla capacità di contrarre il vincolo matrimoniale:

“Questa capacità non viene misurata in relazione ad un determinato grado di realizzazione esistenziale o effettiva dell’unione coniugale mediante l’adempimento degli obblighi essenziali, ma in relazione all’efficace volere di ciascuno dei contraenti, che rende possibile ed operante tale realizzazione già al momento del patto nuziale”.

“Diversamente – aggiunge il Pontefice - nell’ottica riduzionistica che misconosce la verità sul matrimonio, la realizzazione effettiva di una vera comunione di vita e di amore, idealizzata su un piano di benessere puramente umano, diventa essenzialmente dipendente soltanto da fattori accidentali, e non invece dall’esercizio della libertà umana sorretta dalla grazia”.

“Ovviamente alcune correnti antropologiche «umanistiche», orientate all’autorealizzazione e all’autotrascendenza egocentrica, idealizzano talmente la persona umana e il matrimonio che finiscono per negare la capacità psichica di tante persone, fondandola su elementi che non corrispondono alle esigenze essenziali del vincolo coniugale”.

“Le cause di nullità per incapacità psichica – conclude il Papa - esigono, in linea di principio, che il giudice si serva dell’aiuto dei periti per accertare l’esistenza di una vera incapacità, che è sempre un’eccezione al principio naturale della capacità necessaria per comprendere, decidere e realizzare la donazione di sé stessi dalla quale nasce il vincolo coniugale”.



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00giovedì 29 gennaio 2009 16:59
Il cardinale Bertone: il Concilio Vaticano II è la chiave per capire il pontificato di Benedetto XVI

Conferenza ieri pomeriggio del cardinale Tarcisio Bertone su “Le linee portanti del Magistero di Papa Benedetto XVI”, ospitata dal Circolo di Roma nel 60.mo anniversario di questa prestigiosa istituzione culturale fondata dall’allora sostituto della Segreteria di Stato, mons. Giovanni Battista Montini, futuro Papa Paolo VI. Il servizio di Roberta Gisotti:

“Un’opera in costruzione”, difficile offrirne “un quadro esaustivo” ha premesso il cardinale Bertone. “Tre anni e alcuni mesi sono ancora pochi per tracciare un bilancio” del pontificato di Benedetto XVI. Ma alcuni “elementi costitutivi”, appaiono già - ha osservato il porporato – quale “leit motiv” di questo magistero. E’ stato lo stesso Joseph Ratzinger ad esprimere da subito la sua “volontà di proseguire nell’impegno di attuazione del Concilio Vaticano II”, sulla scia dei “predecessori - aveva sottolineato all’indomani della sua elezione – “in fedele continuità con la bimillenaria tradizione della Chiesa”. Dunque “è indispensabile partire proprio dal Concilio Vaticano II – ha detto il segretario di Stato Vaticano – “per capire il magistero dell’attuale Pontefice”.


Benedetto XVI ha spiegato che “di questo straordinario evento ecclesiale si sono come cristallizzate nel periodo post-conciliare due diverse interpretazioni, tra loro contrastanti”. “L’una – secondo il Papa – ha causato confusione, l’altra, silenziosamente ma sempre visibilmente, ha portato frutti”. La prima è l’ermeneutica ovvero l’interpretazione - che il Benedetto XVI definisce “della discontinuità e della rottura”, la seconda è l’interpretazione “del rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto-Chiesa, “che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso unico soggetto del Popolo di Dio in cammino”. Se la prima interpretazione ritiene “il Concilio una specie di Costituente, che elimina una costituzione vecchia e ne crea una nuova”, per Benedetto XVI ciò “è assurdo perché la Costituzione essenziale della Chiesa viene dal Signore”. “Non la rottura ma la fedeltà dinamica è l’orientamento” - il Papa indica - “deve guidare la recezione del Concilio perché porti frutti nuovi di santità e rinnovamento sociale”.


“Ricucire i fili strappati della rete di Cristo che è la Chiesa: ecco lo scopo” – ha proseguito il cardinale Bertone - dei vari interventi di Benedetto XVI “tendenti alla riconciliazione e all’unità dei cattolici”. In questa chiave è possibile leggere la “Lettera ai Cinesi”, così anche la più larga facoltà concessa di utilizzare la liturgia romana anteriore alla riforma di Paolo VI, ed infine il gesto di rimettere la scomunica ai quattro vescovi ordinati senza mandato pontificio da mons. Lefebvre. Evidente per il segreterio di Stato vaticano anche “l’incessante tensione del Pontefice” verso “l’ecumenismo” e “il paziente dialogo” interculturale e interreligioso, che per essere autentico – afferma Benedetto XVI - deve evitare cedimenti al relativismo, al sincretismo”.


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00giovedì 29 gennaio 2009 17:00
Domani la presentazione del Catalogo dei manoscritti ebraici della Biblioteca Vaticana: intervista con mons. Pasini

Sarà presentato domani nella Sala conferenze di Via dell’Ospedale – in Vaticano – il ‘Catalogo dei manoscritti ebraici della Biblioteca Vaticana’. Il volume, edito nell'aprile dello scorso anno, cataloga tutti i manoscritti vaticani in scrittura ebraica, per un totale di circa 800 segnature, distribuite in 11 fondi manoscritti, dal IX secolo ai giorni nostri, e costituisce un esempio significativo di collaborazione tra istituzioni culturali israeliane e della Santa Sede. Alla presentazione interverranno, tra gli altri, il cardinale Raffaele Farina, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, l’ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede, Mordechay Lewy, e lo studioso israeliano Benjamin Richler, curatore del volume. Sull’importanza di questa pubblicazione sentiamo il prefetto della Biblioteca apostolica vaticana, mons. Cesare Pasini, al microfono di Fabio Colagrande:

R. – E’ il primo Catalogo dei manoscritti della Biblioteca Vaticana, che si pubblica dai tempi di Giuseppe Simonio Assemani, cioè dal ‘700. Inoltre, è un Catalogo veramente completo; possiamo dire che vengono fatti passare 800 volumi, 800 segnature di manoscritti della Biblioteca. E’ un catalogo corposo – 800 pagine - ha alle spalle un grandissimo lavoro di ricerca, fatto da più persone e fatto per quasi una decina d’anni, quindi c’è una mole, una fatica ed un impegno, anche un gusto di ricercare. E’ importante perché nasce da una collaborazione molto precisa, certamente fra la Biblioteca Vaticana, noi, e l’Institute of Microfilm Hebrew Manuscripts, cioè questo istituto della Biblioteca nazionale e Università di Gerusalemme, che raccoglie microfilm di manoscritti ebraici da tutte le parti del mondo. Dico volentieri che è stata una collaborazione esemplare, per tutti i passaggi; è stata lunga e se in un periodo così lungo si funziona e si va avanti, vuol dire che davvero ogni passaggio si è mosso bene.


D. – La cooperazione fattiva tra istituzioni culturali della Santa Sede ed Israele - che si è realizzata in questo caso - è un fatto eccezionale, mons. Pasini?


R. – E’ abituale che in Biblioteca Apostolica Vaticana vengano studiosi di ogni provenienza; quindi anche studiosi ebrei, studiosi dallo Stato d’Israele, e questo è avvenuto tante volte, anche contatti con istituzioni d’Israele avvennero prima. Ci fu qualche mostra o qualche altra iniziativa; tuttavia, il primo grande contatto – cioè una mostra con manoscritti della Biblioteca Apostolica Vaticana – si ebbe nel settembre del 2005, per l’occasione furono mandati quattro importantissimi manoscritti, e ci si accorse – in quell’occasione – che per davvero la cultura aiutava a collaborare e a collaborare bene. Ciascuno mise la sua parte di competenza, di specifica capacità – anche organizzativa, anche di ricerca e di conoscenza delle nozioni da presentare riguardo a quei manoscritti – e, in questi anni, noi abbiamo sperimentato una fattiva, operosa e complessivamente molto serena collaborazione.


D. – Ci sono alcuni pezzi particolarmente degni di nota, nel Catalogo dei manoscritti ebraici?


R. – Certamente: per esempio, c’è un Urbinate ebraico - il numero uno di quella serie -, che è un codice bilingue ebraico-aramaico, contiene tutta l’intera Bibbia in questa speciale fattura, sia ebraica che aramaica, ed è datato 1294. Oppure, un manoscritto della serie dei cosiddetti neofiti, il numero 1; è l’unico esemplare noto di Targum palestinesi. Per esempio, il più antico manoscritto ebraico che possediamo è del IX secolo, è – fra l’altro – anche il più antico Sifra noto. C’è anche una serie di manoscritti – con questi siamo nell’ XI secolo – molto importanti, perché contengono il Midrash, quindi codici midrashici; per esempio il Vaticano ebraico 30, il 31, il 32, ma anche il 60. Però, vorrei ricordare anche altri manoscritti, così importanti da esser stati fatti oggetto di quella mostra nel 2005, a Gerusalemme, e quasi tutti gli stessi sono presentati in occasione della presentazione del volume qui, in Vaticano. Sono manoscritti biblici o di altri testi ebraici, ma che hanno questa originalissima connotazione: sono stati fatti in Italia – XIII, XV secolo – e nascono dalla collaborazione di ebrei italiani – magari chi ha ordinato il manoscritto era un ebreo facoltoso -, ma chi ha poi vergato il manoscritto, quindi il copista, o chi ne ha fatto l’ornamentazione sono italiani cristiani, e ci si accorge che questi manoscritti portano, nella loro carne, il segno di una vicinanza e di una collaborazione, di un dialogo che forse non ci aspetteremmo. Fra l’altro, non solo il segno di una collaborazione e di un dialogo, ma ci si accorge che il frutto di questa collaborazione e dialogo è strepitoso: chi guarda questi manoscritti ne è rapito, anche dalla bellezza, dalla finezza con cui sono stati redatti. Verrebbe da dire: “hanno collaborato molto prima di noi – e neanche ce lo saremmo sognati - e quanti esiti positivi vengono da queste collaborazioni!”.


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00venerdì 30 gennaio 2009 16:47
Un Convegno storico, un concerto e una mostra celebreranno tra febbraio e maggio gli 80 anni della fondazione della Città del Vaticano


Un Convegno, un concerto e una mostra in cinque sezioni per ripercorrere la lunga storia precedente e successiva alla nascita dello Stato della Città del Vaticano, che il prossimo 11 febbraio festeggerà gli 80 anni di fondazione, formalizzati dalla firma dei Patti Lateranensi del 1929. Le iniziative commemorative sono state presentate questa mattina nella Sala Stampa della Santa Sede dal cardinale Giovanni Lajolo e dall’arcivescovo Renato Boccardo, rispettivamente presidente e segretario del Governatorato della Città del Vaticano. Il servizio di Alessandro De Carolis:

“Quel tanto di territorio” che ottenga la “sovranità territoriale” “necessaria e dovuta a chi non può essere suddito di alcuna sovranità terrena”. Le parole di Pio XI sono state citate più volte questa mattina nella Sala Stampa della Santa Sede per ricordare la storica firma storica che sancì nel 1929 la nascita dei 44 Kmq. quadrati più celebri del mondo. Rievocando quei giorni e le affermazioni dell’allora Pontefice, mons. Boccardo ne ha citato anche questa precisazione:


“’Vero è che ci sentiamo pure in diritto di dire che quel territorio, che ci siamo riservati e che ci fu riconosciuto è bensì materialmente piccolo, ma insieme è grande, il più grande del mondo, da qualunque altro punto di vista lo si contempli! Quando un territorio può vantare il Colonnato del Bernini, la Cupola di Michelangelo, i tesori di scienza e di arte contenuti negli archivi e nelle biblioteche, nei musei e nelle gallerie del Vaticano, quando un territorio copre e custodisce la Tomba del Principe degli Apostoli, si ha pure il diritto di affermare che non c’è al mondo territorio più grande e più prezioso’”.


In ottant’anni di storia e di attività, il “piccolo territorio per una grande missione” - come recita il titolo del Convegno celebrativo a carattere storico che riunirà in Vaticano nomi illustri dal 12 al 14 febbraio - ha svolto bene la funzione per la quale si impegnò in prima persona Papa Ratti. Lo ha ribadito ai giornalisti presenti il cardinale Lajolo:


“Lo Stato della Città del Vaticano ha tutto il suo senso nel dare alla Santa Sede un appoggio per essere sicura dal punto di vista – de facto e di diritto – nella sua libertà e nella sua indipendenza, ed è servito in realtà a questo, come si è visto, dalla fondazione fino ad oggi: assicurare l’indipendenza e la libertà del Papa da qualsiasi potere politico. Il Papa non è soggetto a nessun potere politico”.

Quando lo Stato italiano e quello nascente del Vaticano, nella sua veste attuale, stabilirono 80 anni fa il loro mutuo riconoscimento, i Patti Lateranensi si posero dunque come spartiacque tra un’epoca millenaria e la successiva che ha caratterizzato la presenza della Santa Sede nel consesso internazionale del Novecento fino ad oggi. Proprio quella storia viene raccontata dalla ricca esposizione - intitolata “1929-2009 - Ottanta anni dello Stato della Città del Vaticano'' - allestita nel Braccio di Carlo Magno per iniziativa del Governatorato della Città del Vaticano e curata in prima persona dalla dott.ssa Barbara Jatta, della Biblioteca Apostolica Vaticana.


“Icona” della Mostra - che sarà aperta al pubblico dal 12 febbraio al 10 maggio prossimi - è il grande plastico in legno di betulla che riproduce l’intera Città del Vaticano in tutti gli edifici che oggi la compongono. Ma per rivisitarne la struttura anteriore al ’29, la prima delle cinque sezioni della mostra espone antiche stampe del XVI e del XVII secolo, che mostrano l’antica topografia del Vaticano e le modifiche urbanistiche dei periodi successivi. La seconda sezione è dedicata - con preziosi cimeli - a Pio XI, sotto il cui Pontificato si arrivò alla firma dei Patti, ai quali è invece dedicata la terza sezione della Mostra: in particolare, oltre a vari documenti preparatori, sarà visibile per la prima volta, il documento originale del Trattato, conservato nell’Archivio segreto vaticano. La quarta sezione descrive la costruzione del nuovo Stato che Pio XI affidò ai progetti - esposti alla Mostra - dell’architetto piemontese Giuseppe Momo e dall’impresa dell’ingegnere Leone Castelli. Risale per l’appunto agli Anni Trenta la maggior parte degli edifici e delle infrastrutture che garantiscono l’autonomia della Città del Vaticano: dal Governatorato al Tribunale, dalla Stazione ferroviaria all’autoparco, dalla Radio alle Poste, senza contare i celeberrimi Musei. La quinta e ultima sezione - Gli altri pontificati - descrive il periodo che intercorre tra la fine del pontificato di Pio XI (1939) e i nostri giorni e tratteggia i Papi che si sono succeduti esponendone un ritratto proveniente dai Musei Vaticani.


Sollecitato dai giornalisti, il cardinale Lajolo ha affrontato il tema dell’accesso ai Musei Vaticani, spesso caratterizzato dalle lunghe code che i visitatori devono affrontare prima di entrarvi. Il presidente del Governatorato ha spiegato che tra i progetti valutati negli ultimi tempi insieme con il Comune di Roma il più accreditato ad essere posto in opera riguarda l’allargamento e la dotazione di punti di sosta e ristoro dei marciapiedi che conducono ai Musei. Quindi, il porporato è tornato sulla questione della ricezione delle leggi italiane nell’ordinamento vaticano, in particolare sulla filosofia di base che ne esclude l’automatico ricevimento:

“Questo non ha nulla a che vedere con un senso di minore valutazione della legislazione italiana. Beninteso: ci sono delle leggi italiane che la Chiesa non considererà mai come leggi giuste o tollerabili. Per esempio, quelle riguardanti il divorzio o l’aborto, tanto per dirne una. Questa è la valutazione morale che dà la Chiesa (…) E guai se la Santa Sede dovesse dire: tutte le leggi, perché sono legalmente accettate da uno Stato, sono accettabili per la Santa Sede”.


Tra le numerose domande rivolte ai relatori in Sala Stampa, una ha riguardato i confini dello Stato vaticano, in particolare su quella porzione di territorio che oggi comprende l’Aula Paolo VI, sulla quale vige l’extraterritorialità. Mons. Boccardo ne ha rivelato una curiosità:


“Quando negli Anni Settanta, con il Pontificato di Paolo VI, si volle costruire l’Aula delle Udienze - chiamata allora Aula Nervi e oggi Aula Paolo VI - si volle avere l’accortezza di far stare il Papa in Vaticano. In altre parole: la parte dell’Aula Paolo VI dove ha sede il trono pontificio, da dove il Papa tiene l’udienza, è territorio vaticano, mentre invece appena scesi i gradini del palco, quello è extraterritoriale”.


E l'Aula Paolo VI sarà teatro, il 12 febbraio prossimo alle 17, del Concerto commemorativo per l'80.mo con la presenza dell'"Our Lady's Choral Society" della Cattedrale di Dublino e della RTE Concert Orchestra di Dublino, che eseguiranno l'oratorio di Haendel "Il Messia". Da sottolineare infine, nella realizzazione della Mostra, la collaborazione offerta dall’Acea, l’azienda comunale elettricità e acqua di Roma, partner principale e di antica data della Santa Sede. Tra i molti interventi già svolti in convenzione con il Vaticano, e altri di prossima realizzazione, il presidente dell'Azienda, Giancarlo Cremonesi, ha annunciato la realizzazione di una nuova illuminazione delle 284 colonne, delle 140 statue e dei 1.150 metri di balaustra del Colonnato del Bernini con un sistema tecnologicamente avanzato e in linea con le esigenze attuali di risparmio energetico.


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00venerdì 30 gennaio 2009 16:48
Presentato il Catalogo dei Manoscritti ebraici della Biblioteca Vaticana. L'ambasciatore Lewy: importante collaborazione tra Santa Sede e Israele


In occasione della presentazione, stamani a Roma, del “Catalogo dei Manoscritti ebraici della Biblioteca Vaticana”, compilato dall’Institute of Microfilmed Hebrew Manuscripts e a cura di Benjamin Richler, è stata sottolineata la collaborazione tra Israele e Santa Sede. Il volume, edito nel 2008 dalla Biblioteca Apostolica Vaticana, include il catalogo di tutti i manoscritti vaticani in scrittura ebraica. Alla presentazione sono intervenuti, tra gli altri il cardinale Raffaele Farina, archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e Mordechay Lewy, ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede. C’era per noi Amedeo Lomonaco:

Il catalogo è una straordinaria collezione frutto di un’esemplare collaborazione tra istituzioni culturali di Santa Sede e di Israele. E’ quanto sottolinea il cardinale Raffaele Farina:

“I rapporti culturali hanno una strada più facile, più semplice. Il culto della bellezza contribuisce molto. Noi siamo molto soddisfatti di questo lavoro decennale che è stato frutto di questa collaborazione. Il risultato è quello che ci aspettavamo da questo. E’ una premessa ad altre collaborazioni”.

Una collaborazione – aggiunge il porporato - che aiuta, attraverso la conoscenza reciproca, a superare anche possibili incomprensioni:

“In genere, quando si lavora bene insieme, si creano amicizie. Tutto questo crea un clima di comprensione: bisogna stare bene insieme, ognuno con la propria identità. E l’istituzione, contrariamente a quello che si possa pensare comunemente, offre un buon supporto. Vogliamo creare un clima tale per cui anche il dialogo religioso abbia un ambiente adatto a svilupparsi bene”.

La grande via della comunicazione tra le religioni è prima di tutto quella culturale, come ricorda mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura:

“Prima ancora di essere credente, ogni persona è anche una persona umana, appartiene a quello che la Bibbia chiama 'Adamo', che letteralmente significa 'l’uomo', 'l’umanità'. Ed è per questo che ogni impegno per la cultura è anche un modo per riuscire a costruire pian piano un grande dialogo non solo umano, ma anche religioso e spirituale. E’ anche l’occasione, da una parte, di cancellare le tensioni in senso negativo, perché si ritrovano molti elementi comuni attraverso la cultura; ma, dall’altra parte, è proprio un’occasione di trasformare questa parola 'tensione' da negativa in positiva, cioè di tendere verso un ideale ulteriore, perché di solito la cultura – quando è autentica – è il tentativo di interpretare il mistero dell’essere, cioè la possibilità di approdare verso l’eterno, verso l’infinito, verso la grandezza che ci trascende continuamente. E’ significativo poi che il mondo cattolico, nel passato, abbia sentito la necessità non solo di custodire ovviamente il testo ebraico della Bibbia, ma anche di avere testi alti dal punto di vista della cultura ebraica, testi della tradizione giudaica, testi cioè di tutto questo orizzonte che è quello dei cosiddetti nostri fratelli maggiori”.

Mordechay Lewy, ambasciatore israeliano presso la Santa Sede e tra i promotori dell’odierna presentazione del Catalogo, conferma al microfono di Fabio Colagrande l’importanza della collaborazione tra Santa Sede e Israele:

“I think that this is a very important occasion to show …
Credo che sia stata un’occasione molto importante per dimostrare quanto sia apprezzabile la collaborazione culturale tra Israele e la Santa Sede. Penso che saremmo più poveri se restringessimo le nostre relazioni solo alla dimensione politica e religiosa. La dimensione culturale è molto importante e oggi abbiamo avuto la dimostrazione di quanto possa essere realizzato in uno spirito positivo e di collaborazione, anche in futuro. Io credo che oggi ci sia stato un arricchimento delle relazioni tra Israele e la Santa Sede”.

Le collezioni vaticane in scrittura ebraica – ha detto infine il curatore del Catalogo, il prof. Benjamin Richler - coprono tutti i campi della tradizione giudaica: Bibbia e commenti biblici; Midrash (circa 30 manoscritti); Talmud e suoi commentari; testi di filosofia, astronomia, matematica, medicina, letteratura, poesia, filologia e liturgia.


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00venerdì 30 gennaio 2009 16:49
Successo di visite nella prima settimana del “Canale vaticano” su YouTube


Successo di visite per il nuovo “Canale vaticano” su YouTube, che oggi compie una settimana. Il servizio di Sergio Centofanti.

Il nuovo canale, lanciato dal Centro Televisivo Vaticano e dalla Radio Vaticana, permette di conoscere in tempo reale l’attività del Papa e quanto la Chiesa cattolica fa e propone per i grandi problemi del mondo di oggi, attingendo direttamente alle fonti e ai testi completi di discorsi e documenti. Rispondendo ad alcune domande dei giornalisti circa una valutazione dei primi passi di questa nuova iniziativa, il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha affermato che “nel corso dei primi sei giorni dall’apertura del nuovo canale, le visualizzazioni complessive, nelle quattro lingue (italiano, inglese, spagnolo e tedesco) sono state oltre 750.000. Gli analisti di Google, da noi interpellati - ha proseguito - affermano che da un confronto con i principali canali istituzionali a livello mondiale questi numeri, e ancor più quelli degli ‘iscritti’ (oltre 15.000), dimostrano che il nostro canale è assolutamente allineato con i livelli di frequentazione degli altri, che, inoltre, sono stati lanciati da ben più lungo tempo e sono quindi più consolidati e con archivi assai più ampi. Le nuove videoclip pubblicate – ha detto padre Lombardi - sono state in media due al giorno. In occasione della Giornata della memoria della Shoah sono state pubblicate anche tre nuove videoclip tratte dagli archivi del Centro Televisivo Vaticano, dedicate ai principali interventi del Papa sul tema della Shoah (nella Sinagoga di Colonia, ad Auschwitz, e nella successiva udienza generale del 31.5.2006). In questo modo si è anche iniziato a sperimentare un uso ulteriore del canale di YouTube, oltre a quello primario della pubblicazione delle videonews del giorno. Il cammino – ha concluso padre Lombardi - è quindi iniziato bene e confidiamo che questa nuova forma di impegno sarà fruttuosa”.


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00venerdì 30 gennaio 2009 16:50
Chi nega la Shoah non sa nulla della Croce di Cristo


Commento del portavoce vaticano nell'editoriale di "Octava Dies"





CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 23 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Negare la Shoah vuol dire non sapere nulla della Croce di Cristo. E’ quanto afferma padre Federico Lombardi, Direttore della Sala Stampa vaticana, nell'editoriale dell'ultimo numero di "Octava Dies", il settimanale del Centro Televisivo Vaticano, da lui stesso diretto.

"La Shoah induca l'umanità a riflettere sulla imprevedibile potenza del male quando conquista il cuore dell'uomo". Con queste parole, ha ricordato il sacerdote gesuita, al termine dell'udienza di mercoledì 28 gennaio, il Papa ha ripreso la profonda meditazione del suo discorso nel campo di concentramento di Auschwitz.

Il Pontefice, ha osservato padre Lombardi, “non ha solo condannato ogni forma di oblio e di negazione della tragedia dello sterminio di sei milioni di ebrei, ma ha richiamato i drammatici interrogativi che questi eventi pongono alla coscienza di ogni uomo e di ogni credente”.

“Perché è la fede nella stessa esistenza di Dio che viene sfidata da questa spaventosa manifestazione della potenza del male – ha continuato –. La più evidente per la coscienza contemporanea, anche se non la sola”.

“Benedetto XVI lo ha riconosciuto lucidamente nel discorso di Auschwitz, facendo sue le domande radicali dei salmisti a un Dio che appare silente ed assente”.

“Di fronte a questo duplice mistero – della potenza orribile del male, e dell'apparente assenza di Dio – l'unica risposta ultima della fede cristiana è la passione del Figlio di Dio”.

“Queste sono le questioni più profonde e decisive dell'uomo e del credente di fronte al mondo e alla storia – ha aggiunto il portavoce vaticano –. Non possiamo e non dobbiamo evitarle e tanto meno negarle. Se no, la nostra fede è ingannevole e vuota”.

“Chi nega il fatto della Shoah non sa nulla né del mistero di Dio, né della Croce di Cristo. Tanto più è grave, quindi, se la negazione viene dalla bocca di un sacerdote o di un vescovo, cioè di un ministro cristiano, sia unito o no con la Chiesa cattolica”, ha poi concluso.


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00sabato 31 gennaio 2009 02:12
Le ambiguità dietro i diritti dei disabili e delle persone omosessuali


Il commento dell'Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'ONU





CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 30 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Negli ultimi tempi, la posizione espressa dalla Santa Sede in relazione alla Convenzione sulle persone disabili e alla Dichiarazione sull'orientamento sessuale, l'identità di genere e i diritti umani ha suscitato non poche critiche.

In questo contesto, l'Arcivescovo Celestino Migliore, Nunzio Apostolico e Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha spiegato in un'intervista rilasciata a Il Regno ciò che la Chiesa pensa al riguardo.

Circa la Convenzione sulle persone con disabilità, il presule ha affermato che, "pur riconoscendone l'importanza e l'urgenza di attuazione in molti dei suoi aspetti, la Santa Sede si astenne dal firmarla perché il testo si presta ad avallare l'aborto come modalità della cosiddetta salute riproduttiva".

Nella fase negoziale, la delegazione della Santa Sede ha sottolinea l'ambiguità dell'espressione chiedendo "non che essa fosse espunta, ma che venisse precisata una volta per tutte, così da escludere l'aborto dal ventaglio delle sue accezioni", ma la richiesta non è stata accolta, adducendo che il testo "non intendeva creare nuovi diritti, ma solo assicurare che alle persone con disabilità venisse riconosciuto nulla in meno di quanto è riconosciuto a ogni persona", punto sul quale "la Santa Sede era perfettamente d'accordo".

L'intensificazione delle pressioni da parte dei sostenitori dell'aborto per lo sbarramento della proposta ha fatto emergere il fatto che "la posta in gioco non era più la sola tutela giuridica delle persone disabili - compiutamente espressa nella proposta della Santa Sede -, ma l'uso di questa Convenzione per far avanzare un discorso che, tra l'altro, mina la consistenza di un vero sistema di protezione legale di ogni persona", ha dichiarato.

Quanto alla Dichiarazione sull'orientamento sessuale, l'identità di genere e i diritti umani, presentata dalla presidenza francese dell'Unione Europea, monsignor Migliore ricorda che consta di 13 paragrafi, tre dei quali chiedono l'abrogazione di ogni legge penale e la cessazione di qualsiasi forma di violenza perpetrata contro persone appartenenti alle due categorie menzionate nel titolo.

"Non si parla mai esplicitamente di depenalizzazione dell'omosessualità - osserva -. Vengono, invece, usate le categorie di orientamento sessuale e identità di genere", che però "non sono né riconosciute, né univocamente definite nel diritto internazionale e, pertanto, sono suscettibili di essere interpretate e definite secondo le intenzioni di chi a esse si riferisce".

"Se venissero accolte nel loro stato fluido e imprecisato, come chiede la dichiarazione, ciò causerebbe una grave incertezza del diritto", constata.

"Uno dei possibili travisamenti è che, se uno Stato o una comunità religiosa rifiutassero di celebrare il matrimonio per le coppie dello stesso sesso o di riconoscerne le adozioni infantili, sarebbero suscettibili di violare queste clausole antidiscriminatorie e passibili di sanzioni; in casi estremi, i ministri religiosi potrebbero addirittura ricevere un'ingiunzione a celebrare tale tipo di 'matrimoni'".

Paragonando la Chiesa a Stati come l'Arabia Saudita, il Sudan, la Nigeria, gli Emirati Arabi e l'Iran, che prevedono la pena di morte per l'omosessualità, monsignor Migliore sostiene che alcuni media hanno "commesso un misero autogoal".

La Santa Sede, infatti, esorta in modo deciso "singoli e Stati a mettere fine a ogni forma di violenza e di ingiusta discriminazione contro le persone omosessuali".

Ricordando poi il 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, l'Arcivescovo Migliore ha sottolineato il contributo della Chiesa alla riflessione sui diritti umani, che "non è mai disgiunto dalla prospettiva della fede nel Dio creatore".

"Trattandosi di diritti che hanno a che vedere con la vita e i comportamenti delle persone, delle comunità e dei popoli - ha osservato -, il discernimento prevede che ci si chieda ogni volta se le problematiche che si vogliono riconoscere come nuovi diritti promuovano un vero bene per tutti e in quale rapporto stiano con gli altri diritti e con le responsabilità di ognuno".

Tra i diritti, fondamentale è quello alla libertà religiosa. Per il presule, "da una parte ci si deve contrapporre a una dittatura della ragione positivista che esclude Dio dalla vita della comunità e dagli ordinamenti pubblici, privando così l'uomo di suoi specifici criteri di misura", dall'altra "è necessario accogliere le vere conquiste dell'Illuminismo, i diritti dell'uomo e specialmente la libertà della fede e del suo esercizio, riconoscendo in essi elementi essenziali anche per l'autenticità della religione".


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00sabato 31 gennaio 2009 15:48
Benedetto XVI alla Cisl: dalla crisi economica si esce cambiando i rapporti tra mercato e lavoro, con la concertazione e la solidarietà. Il ruolo del sindacato è fondamentale

Una “nuova sintesi” tra mercato, capitale e lavoro, che non dimentichi la solidarietà e la dignità di chi lavora e ricorra in maniera “serrata” alla concertazione tra le parti sociali, superando i particolarismi. E’ questa, secondo Benedetto XVI, l’opportunità che la crisi economica mondiale schiude all’umanità di oggi. Il Papa ne ha parlato ricevendo questa mattina in Vaticano i dirigenti della Cisl, una delle massime organizzazioni sindacali italiane, che celebra i 60 anni di fondazione, oggi guidata dal segretario generale, Raffaele Bonanni. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Oltre un secolo di studi e di magistero sociale da parte della Chiesa offrono gli strumenti per “leggere” cause e vie d’uscita da una crisi economica mondiale che, se genera certamente allarme, può essere sfruttata come trampolino di lancio per ripensare gli attuali meccanismi finanziari. E’ il primo pensiero che Benedetto XVI affida agli esponenti della Cisl, riuniti nella Sala Clementina:

“La grande sfida ed opportunità che la preoccupante crisi economica del momento invita a saper cogliere, è di trovare una nuova sintesi tra bene comune e mercato, tra capitale e lavoro”.

Il Papa ha poggiato la sua riflessione sugli insegnamenti della Dottrina sociale della Chiesa i quali, ha ricordato, fin dall’alba del XX secolo - con la celebre Enciclica di Leone XIII Rerum novarum - difesero l’“inalienabile dignità dei lavoratori”, e contribuirono a promuovere la visione cristiana del lavoro. In epoca recente, ha proseguito il Pontefice, tanto la Centesimus annus quanto la precedente Laborem exercens di Giovanni Paolo II hanno sviluppato questo specifico magistero. E la sostanza, ha affermato Benedetto XVI citando la seconda delle due Encicliche di Papa Wojtyla, è che “la Chiesa non ha mai smesso di considerare i problemi del lavoro all’interno di una questione sociale” che “condiziona” singoli e famiglie e che chiede sia affrontata con l’arma della solidarietà:

“Per superare la crisi economica e sociale che stiamo vivendo, sappiamo che occorre uno sforzo libero e responsabile da parte di tutti; è necessario, cioè, superare gli interessi particolaristici e di settore, così da affrontare insieme ed uniti le difficoltà che investono ogni ambito della società, in modo speciale il mondo del lavoro. Mai come oggi si avverte una tale urgenza; le difficoltà che travagliano il mondo del lavoro spingono ad una effettiva e più serrata concertazione tra le molteplici e diverse componenti della società”.

Del resto, ha osservato il Papa, il “richiamo alla collaborazione” - antico quanto la Bibbia - acquista un senso particolare nei momenti difficili:

“L’auspicio è quindi che dall’attuale crisi mondiale scaturisca la volontà comune chi dai vita a una nuova cultura della solidarietà e della partecipazione responsabile, condizioni indispensabili per costruire insieme l’avvenire del nostro pianeta”.

Ricordando come le più recenti Encicliche sociali avevano riconosciuto “il ruolo e l’importanza strategica dei sindacati”, Benedetto XVI ha concluso rivolgendo alla Cisl questa esortazione:

“Il mondo ha bisogno di persone che si dedichino con disinteresse alla causa del lavoro nel pieno rispetto della dignità umana e del bene comune. La Chiesa, che apprezza il ruolo fondamentale dei sindacati, vi è vicina oggi come ieri, ed è pronta ad aiutarvi, perché possiate adempiere al meglio il vostro compito nella società”.


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00sabato 31 gennaio 2009 15:49
Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio: nuova riunione in vista dell'Esortazione post-sinodale del Papa


Il 20 e 21 gennaio scorsi si è tenuta la seconda riunione del XII Consiglio ordinario della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi. Il segretario generale, mons. Nikola Eterovic, ha introdotto l’incontro. Al centro dei lavori, l’analisi delle Proposizioni del Sinodo sulla Parola di Dio (celebrato dal 5 al 26 ottobre 2008) in attesa del documento pontificio post-sinodale. Alla redazione di tale testo il Consiglio partecipa attivamente attraverso una riflessione organica ed approfondita dei vari contributi provenienti dall’Assemblea stessa. “Il senso di intensa comunione collegiale del Consiglio – riferisce un comunicato della Segreteria generale - è stato rafforzato dalla presenza della quasi totalità dei membri, dalla preghiera e da una singolare convergenza di proposte e osservazioni, che ha contrassegnato i lavori incentrati principalmente sulla Parola di Dio, che, letta sotto la guida dello Spirito Santo, nella tradizione viva della Chiesa, non mancherà di favorire un rinnovamento ecclesiale come pure di dare un ulteriore slancio alla missione della Chiesa nel mondo contemporaneo”. La data della prossima riunione è stata fissata per i giorni 3-4 giugno 2009.


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00sabato 31 gennaio 2009 15:50
Nel giorno di Don Bosco i salesiani aprono le celebrazioni per i 150 anni di fondazione

La Chiesa ricorda oggi San Giovanni Bosco proclamato nel 1988 da Giovanni Paolo II "Padre e Maestro della gioventù". A rilanciarne ieri l’attualità del messaggio, nell’attuale tessuto sociale privo di valori autentici e di saldi riferimenti morali, l’arcivescovo Fernando Filoni, sostituto della Segreteria di Stato, che ha celebrato una Messa nella cappella del Governatorato in occasione dell’annuale celebrazione dedicata a Don Bosco promossa dalla comunità salesiana in Vaticano. Questo pomeriggio, invece, alle 18, a Torino, nella Basilica di Maria Ausiliatrice, il rettore maggiore don Pascual Chávez Villanueva, aprirà il 150.mo anniversario di fondazione della famiglia salesiana, mentre il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone presiederà, nella cattedrale di Bologna, una celebrazione eucaristica per la famiglia Salesiana. Il servizio di Tiziana Campisi:

Una vita spesa al fianco dei giovani quella di San Giovanni Bosco, sacerdote vissuto nel XIX secolo che non risparmiò energie per assicurare agli adolescenti l’istruzione ed educarli ai valori evangelici. Prendendo coscienza del disagio sociale e spirituale insito nei giovani nel passaggio dal mondo agricolo a quello preindustriale, per avvicinarli volle imparare anche i giochi di prestigio e le acrobazie dei saltimbanchi. Incontrava i ragazzi nelle piazze, nei luoghi in cui si radunavano, nei quartieri in cui vivevano, offriva loro la sua amicizia. Insieme ad altri giovani sacerdoti capì che gli oratori potevano essere un’adeguata risposta alle esigenze delle nuove generazioni e li concepì come luoghi di aggregazione, ricreazione, evangelizzazione, catechesi e promozione sociale ed ebbe l’idea di istituire anche scuole professionali.

Analfabetismo, disoccupazione, degrado morale e mancata assistenza religiosa erano i problemi che lo preoccupavano e volle ispirarsi a San Francesco di Sales e al suo metodo educativo e apostolico per aiutare gli adolescenti in difficoltà. Per questo nel 1854 diede per la prima volta il nome di salesiani ad un gruppo di giovani desiderosi di seguire le sue orme. Il 18 dicembre del 1859 costituisce il primo Capitolo Superiore salesiano poi dà vita alla Pia Unione dei cooperatori salesiani e, insieme a Santa Maria Mazzarello, alle Figlie di Maria Ausiliatrice. Nel 1875 parte per l’Argentina la prima spedizione missionaria dei salesiani e quando il 31 gennaio del 1881 Don Bosco muore lascia 773 Salesiani e 393 Figlie di Maria Ausiliatrice. Oggi la Congregazione salesiana, nei due rami maschile e femminile, conta oltre 21 mila membri.

La famiglia salesiana apre dunque oggi le celebrazioni del 150.mo anniversario di fondazione. Il rettore maggiore dei salesiani, don Pascual Chávez Villanueva, ci spiega il significato di questo evento:

R. – L’ho proposto come un cammino spirituale e pastorale che culminerà il 18 dicembre 2009. Un cammino che ho voluto tradurre in quattro atteggiamenti molto concreti. Prima di tutto prendere coscienza della nostra identità di persone consacrate, ossia persone votate al primato di Dio - alla sequela di Cristo obbediente, povero, casto - pienamente dedicati ai giovani. Secondo atteggiamento sarà l’approfondimento-meditazione-preghiera delle Costituzioni, che rappresentano la via di fedeltà sia al carisma di don Bosco che ai giovani e alla nostra vocazione. Il terzo atteggiamento è di essere coscienti che i giovani hanno svolto un ruolo importante nella fondazione della Congregazione.

D. – Ma un salesiano cosa vuole dire ai giovani?

R. – Io voglio dire ai giovani quello che direbbe Don Bosco, cioè che Dio li ama con un amore di predilezione, prima di tutto per l’età evolutiva in cui vivono, caratterizzata da un desiderio di autonomia che porta con sé anche una certa insicurezza su se stessi. E’ importante in questa fase far sentire ai giovani che noi siamo loro vicini, che Dio li ama con un amore di predilezione e che questo si traduce nel nostro essergli accanto, nella nostra amicizia. Nostra missione è aprire i giovani soprattutto all’amicizia con Gesù, l’unico che potrà garantire per sempre la gioia di servire il Signore, di servire gli altri …

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00sabato 31 gennaio 2009 15:51
Giornata per la vita in Italia. I vescovi: aborto ed eutanasia, false risposte al dolore


Domani viene celebrata in Italia la 31.ma Giornata per la Vita, indetta nel 1979 dalla Conferenza episcopale italiana in seguito all’introduzione della legge sull’aborto. Tema di questa edizione, tratto dal messaggio dei vescovi, è “La forza della vita nella sofferenza”. Aborto ed eutanasia - afferma il messaggio - sono false risposte a situazioni di sofferenza: "al dolore non si risponde con altro dolore", non si risponde generando "ulteriore sofferenza". I vescovi invitano alla speranza e a non lasciare mai solo chi soffre. In questo modo il dolore, per quanto inspiegabile, genera la vita. Gabriella Ceraso ha raccolto la testimonianza di Paola Bonzi, responsabile del Centro di aiuto alla vita della clinica Mangiagalli di Milano, la prima ad effettuare aborti in Italia:

R. – Anche nella sofferenza in solitudine credo che ci sia vita. Io parto dalla mia esperienza personale: ho perso la vista quando avevo 23 anni e una bimba di quattro mesi, e dopo qualche mese aspettavo il mio secondo figlio, con pareri molto contrari da tutti i medici. Però, per me, questa sofferenza ha generato un figlio di 4 kg e 250 grammi, e che oggi è veramente l’espressione della vitalità; quindi, direi che la sofferenza è fertile, se naturalmente riusciamo a non disperare.

D. – Ha mai pensato all’aborto, come soluzione possibile per le difficoltà e per la sofferenza che stava vivendo?

R. – Quando mi mettevano davanti tutti i guai a cui sarei andata incontro, certamente soffrivo; però, ho sempre creduto nel valore della vita.

D. – Quando la riposta ad uno stato, ad un’esistenza infelice, è l’aborto – scrivono i vescovi – si genera ulteriore sofferenza, cioè si risponde ad una sofferenza con un altro dolore; è questo quello che accade, e voi come rispondete?

R. – Se lei vede le persone in attesa dell’interruzione di gravidanza, ce ne sono tantissime che piangono; stanno soffrendo per il fatto che rinunciano alla vita del loro figlio. Si risponde mettendosi a disposizione di queste persone, cercando di dire “va bene, non avrà più la casa, bene, io la ospito; non ci sarà più il lavoro e stabiliremo un minimo che le consentirà di vivere”. A sofferenza concreta si risponde con altrettanta concretezza.

D. – La gente è disposta a rischiare, pur di dare spazio alla vita?

R. – Molto spesso sì. Sono la prima a meravigliarmi, perché sinceramente non è che con 300 euro al mese – seppure per 18 mesi – noi cambiamo la vita delle persone, però è come un gesto per dire “io ci sono”, e devo dire che quando arrivano, nove su dieci cambiano idea.


Sarà il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, a presiedere la veglia per la Giornata della Vita organizzata dagli studenti dell’Università Cattolica di Roma, che si terrà questa sera presso la Chiesa Centrale dell’Ateneo del Sacro Cuore. L’incontro, che vede anche la partecipazione della segreteria nazionale del Movimento per la Vita, sarà introdotto da mons. Sergio Lanza, assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo del Sacro Cuore. Il servizio di Marina Tomarro:

Difendere la vita sempre: con questo pensiero comune, stasera, gli studenti dell’Università Cattolica di Roma, si riuniranno per una veglia di preghiera insieme ad associazioni di volontariato collegati alla sede universitaria ed al Policlinico Gemelli. Ma perché i ragazzi hanno voluto realizzare questo incontro? Ascoltiamo Simona D’Ippolito studentessa di odontoiatria presso l’Università Cattolica:

"Abbiamo deciso di fare questa veglia perché è un modo per trasmettere, a tutto il mondo e a tutti i malati, che noi studenti siamo presenti, che noi condividiamo con loro il dolore e le varie forme in cui si manifesta, quindi, a partire dai più piccoli fino ai più grandi e agli anziani. Vogliamo mandare un messaggio anche di speranza, perché è proprio la speranza che spesso dà la forza, alle persone malate ed afflitte, di andare avanti. Sono molto contenta che con me ci siano anche altri studenti che possono condividere la stessa esperienza".

Ascoltiamo ora la testimonianza di Daniele Coraci studente di medicina alla Cattolica:

"Difendere la vita, sicuramente, dal concepimento fino al suo termine naturale, credo che sia l’obiettivo che tutti gli esseri umani si debbano porre. Naturalmente, come studente di medicina, tento di far capire, per quanto mi è possibile, ad amici, alle persone che conosco, che questa vita è veramente un grande dono, un dono bellissimo e, di conseguenza, sarebbe stupido ed egoistico non preservarla”.

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Paparatzifan
00sabato 31 gennaio 2009 21:08
Dal blog di Lella...

ECUMENISMO: ANGLICANI TRADIZIONALISTI VERSO CHIESA CATTOLICA (STAMPA)

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 31 gen

Secondo anticipazioni circolate sulla stampa anglosassone, papa Benedetto XVI si starebbe preparando ad accogliere nella Chiesa cattolica un gruppo scismatico anglicano, la Traditional Anglican Communion, che si e' distaccata dalla comunita' mondiale anglicana, guidata dell'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, in polemica con l'ordinazione di donne e omosessuali in alcune Chiese anglicane.
La Traditional Anglican Communion (Tac), nel 2007, ha compiuto il passo senza precedenti di chiedere la ''piena comunione ecclesiale e sacramentale'' con la Chiesa cattolica: e' la prima volta che un'intera comunita' cristiana nata dopo la Riforma, e non singoli credenti, chiede di essere accolta dal Vaticano.
A quanto scrive il settimanale cattolico australiano 'The Record', la Congregazione per la dottrina della fede avrebbe espresso lo scorso ottobre parere favorevole sul rientro, consigliando l'erezione di una prelatura personale in stile Opus Dei per gli ex-anglicani. Si tratta della stessa soluzione ventilata in questi giorni per il ritorno in ''piena comunione'' dei tradizionalisti lefebvriani della Fraternita' Sacerdotale San Pio X.
I fedeli 'anglicani tradizionali' sarebbero circa mezzo milione. Preti e vescovi sono, nella maggior parte dei casi, sposati, come avviene in tutta la Comunione anglicana.
Il loro primate, l'arcivescovo John Hepworth, indica che il rientro potrebbe concludersi gia' entro Pasqua, prima della fine dell'anno paolino.
Gli ex-anglicani dovrebbero comunque rientrare nella Chiesa cattolica in tempo per la beatificaizone di John Henry Newman, un anglicano convertitosi al cattolicesimo e diventato poi cardinale. Ma il ritorno della Tac potrebbe incontrare alcuni ostacoli.
Fonti vaticane vicine al Pontificio consiglio per l'unita' dei cristiani, il ministero vaticano preposto al dialogo ecumenico, ricordano che ''la conversione e' un fatto strettamente personale''.
''Non siamo stati consultati - aggiungono - ma non saremmo d'accordo a un rientro come gruppo''. La Comunione anglicana, gia' profondamente divisa al suo interno per dissensi sul ruolo delle donne e degli omosessuali nella Chiesa, riceverebbe dal rientro della Tac nella Chiesa cattolica un colpo durissimo, aprendo le porte e nuovi esodi in massa verso Roma.

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Cos'ha la Chiesa Cattolica che attira tanto?
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Paparatzifan
00sabato 31 gennaio 2009 22:15
Dal blog di Lella...

Sindrome pensione in Vaticano

Paparatzifan
00domenica 1 febbraio 2009 10:17
Da "Il Gazzettino"...

Il cardinale Re: «Vi racconto i 4 papi che ho conosciuto»

di Giuseppe Pietrobelli

Martedì 20 Gennaio 2009,

Il cardinale che ha lavorato assieme a quattro papi, apprezzandone le doti umane, spirituali e intellettuali, è Giovanni Battista Re, un lombardo di 75 anni, alto, magro e ascetico, che ricopre la carica di prefetto della Congregazione per i vescovi ed è allo stesso tempo presidente della Pontificia Commissione per l'America Latina.

Cinquant’anni fa Albino Luciani diventava vescovo di Vittorio Veneto e la ricorrenza dell’uomo che fu papa per soli 33 giorni è stata ricordata con una serie di convegni e celebrazioni religiose in una diocesi che ancora mantiene la memoria del vescovo semplice e sorridente.

Lo dimostra un libro scritto a quattro mani dall’allora segretario personale Francesco Taffarel e dal giornalista Nicola Scopelliti. Il cardinale Re ha presieduto domenica una solenne celebrazione nel duomo di Ceneda, ricordando la figura di Giovanni Paolo I. E in questa intervista ricorda tutti i papi con i i quali ha collaborato.

Che pontefice è stato Luciani in quel breve scorcio del ’78?

«Un papa che sentiva la responsabilità che aveva assunto, considerandola più grande delle proprie forze. Ricordo che la sera dopo l’elezione portai la borsa che due volte al giorno parte dalla Segreteria di Stato e viene consegnata al papa con i documenti da sottoporre alla sua attenzione. Il segretario mi disse che mi voleva vedere. Percepii in lui la sua sensazione di essere soverchiato da un grande peso».

Era davvero così insopportabile?

«Credo che lo dicesse anche per la sua grande umiltà. Sarebbe stato, invece, un grande papa perchè era un grande uomo di Dio, aveva una visione vera dei problemi e la capacità di decidere. Ha impressionato il mondo con la sua bontà e un modo di fare immediato e semplice. Non gli mancava l’umorismo».

Un aneddoto?

«Me lo raccontò un cardinale di Bruxelles. Dopo l’elezione i cardinali si ritrovarono tutti a cena con il nuovo papa. Verso la fine un prelato statunitense chiese ad alta voce al papa se poteva fumare una sigaretta. E lui: "Le do il mio permesso, purchè sia una fumata bianca"».

Che idea ha della sua morte?

«Fu una sorpresa per tutti. Sicuramente non è accaduto niente di strano. Molto probabilmente non è morto per infarto, ma per un embolo. Aveva difficoltà di circolazione, nei giorni precedenti aveva avuto un gonfiore alle gambe e aveva preso delle pastiglie per ovviare al problema. È stata una morte immediata».

Che ricordo ha dei papi precedenti?

«Dopo la morte di Giovanni XXIII fui chiamato in Segreteria di Stato ad occuparmi di rispondere ai telegrammi arrivati da tutto il mondo. Li dovevo dividere in mucchietti: capi di Stato, capi di governo, ministri degli esteri, sacerdoti...».

E di Paolo VI?

«Fui per sei anni uno dei tre segretari del Segretario di Stato Benelli. Fu un papa molto geniale, dalle grandi intuizioni. Il primo che usò l’aereo, il primo che andò alle Nazioni Unite, il primo che si tolse la tiara dalla testa per darla ai poveri. Un papa che tenne diritta la barca di Pietro, indicò il cammino in uno dei periodi più difficili della Chiesa dopo il Concilio, con le contestazioni e una laicizzazione galoppante».

Lei è stato uno dei collaboratori più vicini a Giovanni Paolo II.

«A differenza di Luciani, egli era completamente a suo agio, contento di essere papa. Con lui ebbi un grande rapporto fin dall’inizio. Ero io che mettevo in bell’italiano le traduzioni dei discorsi che venivano fatte dai sarcerdoti polacchi. Sono convinto che senza papa Luciani, la ventata che ne era venuta, non sarebbe mai stato eletto un papa polacco. Nel ’78 la ripresa della Chiesa era appena all’inizio».

Che cosa l’ha colpita di più di lui, vedendolo da vicino?

«La profondità di pensiero, la capacità di leggere gli avvenimenti, la facilità per le lingue, la facilità di parlare alle folle, l’apprezzamento che aveva per tutto ciò che è bello, l’arte, la letteratura. Ma anche la sua grande umanità. E l’intensità della preghiera».

Dovesse sintetizzare in poche battute la statura di Giovanni Paolo II?

«È stato una personalità enorme, per umanità e forza. Ha colpito il mondo con questo suo essere uomo di Dio, con la sua attenzione al linguaggio degli uomini contemporanei. Ha spiegato a tutti quanto Dio serve al mondo».

Papa Ratzinger è il papa di oggi, con caratteristiche che alla gente comune appaiono molto diverse.

«Benedetto XVI è una grande mente, ha una grande intelligenza. Mentre Woytjla era un filosofo e un mistico, Papa Ratzinger è un grande teologo. Per questo Giovanni Paolo II lo aveva voluto a Roma, voleva accanto a sè un grande teologo».

Forse per questo viene percepito come un papa più freddo...

«Benedetto XVI ha il grande merito di valorizzare la ragione, le dà grande spazio e cerca di dimostrare che non vi sono contrasti tra la scienza e la fede, che chi è contro la ragione è anche contro Dio. In questo modo valorizza anche la ragione umana, come strumento della fede. Per questo insiste su Dio, nel dire che i problemi sociali, umani, economici non si risolvono se non si mette Dio al centro. Da grande teologo quale è ci dice che l’uomo è grande solo se Dio è grande».

Come è cambiata la Chiesa in questo lungo arco di tempo?

«È più viva, più attiva, a dispetto delle realtà di secolarizzazione. Mai la Chiesa ha avuto un episcopato di questa qualità, preparazione, spiritualità. Una volta i vescovi erano autorità lontane, adesso sono dei pastori, molto più vicini alla gente».

Non crede però che la società, anche quella italiana sia presa dalla tentazione di chiudersi in se stessa, di difendersi dalle diversità?

«Il papa insiste molto sul dialogo tra le culture, per evitare scontri di civiltà. La società italiana mi appare migliore di tante altre. Perchè c’è una cultura cristiana che permea tutti, anche il modo di sentire di chi è lontano dalla Chiesa. Si possono negare le proprie radici, ma queste continuano ad esistere».

Giuseppe Pietrobelli



Le solite domande sulla supposta freddezza di B16 non mancano mai così come gli eterni confronti col suo immediato predecessore! [SM=g7629] [SM=g7629] [SM=g7629] [SM=g7629] [SM=g7629] [SM=g7629]


+PetaloNero+
00domenica 1 febbraio 2009 16:11
A Mosca cerimonia di intronizzazione di Kirill, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie

In Russia si è tenuta nella Cattedrale moscovita di Cristo Salvatore la solenne cerimonia di intronizzazione di Kirill, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Alla cerimonia ha assisitito il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Nella Cattedrale erano presenti, tra gli altri, il presidente russo Medvedev, che ha sottolineato la difficoltà del compito di Kirill, il premier Putin ed il capo di Stato della Moldova, Voronin. Il servizio da Mosca di Giuseppe D’Amato:

Il metropolita Kirill è diventato il 16.mo Patriarca della Chiesa ortodossa russa. Migliaia le persone presenti nella cattedrale moscovita di Cristo il Salvatore, nonostante la temperatura esterna rigidissima. Milioni sono stati i fedeli che hanno seguito in diretta la cerimonia per televisione, radio ed internet. Oltre 200 i concelebranti e decine le rappresentanze di altre confessioni religiose. La delegazione vaticana è stata guidata dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei cristiani. Alle 9,15 le campane della cattedrale hanno iniziato a suonare a festa. Dopo pochi minuti, è arrivato il metropolita Kirill, accolto dal canto di 4 cori. Bellissimo il rito celebrato fra splendide icone. A metà della cerimonia, Kirill è stato fatto sedere per tre volte sulla sedia del Patriarca mentre i presenti pronunciavano la parola greca “Axios”, ossia “degno”. Poi gli sono stati consegnati gli abiti e i simboli del Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Quindi, la prima benedizione ai fedeli.


Nel suo primo discorso, Kirill ha parlato del mantenimento dell’unità della Chiesa ortodossa e dei giovani. Il Patriarca - ha ricordato - “è il difensore dei confini canonici esterni. Questo compito assume maggiore significato dopo la nascita di Stati indipendenti sul territorio della Rus’ storica”. Verrà rispettata la “sovranità” di queste entità per conservare “i legami tra i popoli sulla base dei valori di un’unica civilizzazione ortodossa della Santa Rus’”. I giovani, secondo Kirill, sono sotto l’influenza della propaganda della violenza. “Dobbiamo avvicinarci a loro e portarli verso Dio”. La lotta contro il secolarismo si annuncia come una delle basi della sua missione pastorale.


www.radiovaticana.org
+PetaloNero+
00domenica 1 febbraio 2009 16:12
Incentrata sulla forza della vita nella sofferenza l'odierna Giornata per la Vita, indetta dalla Cei


Oggi, come ha ricordato anche il Papa all'Angelus, si celebra in Italia la 31.ma Giornata per la Vita, indetta dalla Conferenza episcopale italiana dopo l’introduzione della legge sull’aborto. Numerosissime le iniziative in tutto il Paese in difesa della vita. Per questa occasione i vescovi italiani hanno pubblicato un messaggio dal titolo “La forza della vita nella sofferenza”. Aborto ed eutanasia - affermano - sono false risposte a situazioni di sofferenza, perché "al dolore non si risponde con altro dolore" ma con l’aiuto e la vicinanza a chi soffre. Sul senso del tema proposto quest’anno, ascoltiamo la riflessione del vescovo di Aosta, mons. Giuseppe Anfossi, presidente della Commissione episcopale per la famiglia e la vita, intervistato da Federico Piana:

R. - E‘ fondamentalmente riconoscere che la sofferenza fa parte della vita. Ma c’è in noi una forza per sopportarla. Questo va legato con una difficoltà che è propria della cultura contemporanea che è quella di 'risparmiare' dolore mentre i ragazzi crescono, mentre gli adolescenti crescono e di cancellare anche le forme normalissime della sofferenza. Questo significa che poi quando la sofferenza segna profondamente la vita di una persona malata diviene davvero difficile condividere, accettare, lasciarsi consolare, aprirsi agli altri.


D. – Fuggire il dolore non è in qualche modo negare anche la vita stessa, perché la vita è composta anche di dolore?


R. – Se da un lato il messaggio dei vescovi non afferma mai che il dolore per il dolore deve essere scelto. Il dolore, come nella vita di Gesù, appartiene ad una esperienza che non si può cancellare dalla vita. Un'esperienza che Gesù ha affrontato di petto, con il tradimento, la morte, la sofferenza. Ma guai a dimenticare che l’esito della vita è la gloria di Dio, la pienezza della vita che si passa attraverso, come Gesù, una resurrezione. Deve prevalere, dunque, una concezione positiva della vita e della realtà.


Ed stato il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’ Educazione cattolica, a presiedere ieri sera la Veglia Universitaria Internazionale presso la Chiesa Centrale dell’ Università Cattolica di Roma. L’ incontro, che si è svolto proprio in occasione della XXXI Giornata per la Vita, è stato promosso dagli studenti dell’ Università Cattolica e dalla Segreteria Nazionale del Movimento per la Vita Italiano. Il servizio di Marina Tomarro.

“La vita deve essere sempre difesa dal suo concepimento fino al suo naturale spegnimento. Nessuno deve osare farla terminare prima, nessuna morte non naturale può essere definita dolce.” Sono risuonate forti le parole del cardinale Zenon Grocholewski, durante la veglia degli studenti dell’ università cattolica. “La chiesa - ha continuato il cardinale - è vicina a chi si impegna nella ricerca che, naturalmente, deve essere fatta nel totale rispetto della dignità dell’ uomo. La vita umana è un bene inviolabile ed è per questo che non potrà mai essere legittimato l’abbandono delle cure. Ma nemmeno l’ accanimento terapeutico, quando vengono a mancare reali prospettive di guarigione.” Durante la veglia si sono susseguite diverse testimonianze di medici e volontari del movimento per la Vita, che hanno sottolineato l’importanza di trasmettere sempre un messaggio di speranza ai malati, in modo da aiutare coloro che versano in fin di vita a giungere serenamente e naturalmente al momento della morte. Questa mattina presso la chiesa di Santa Maria in Traspontina, i ginecologi delle cliniche universitarie della capitale si sono riuniti per una celebrazione eucaristica in favore della vita, presieduta da mons. Lorenzo Leuzzi, direttore dell’ufficio per la Pastorale Universitaria del Vicariato di Roma, che ha ricordato ai presenti la grande responsabilità affidata ai ricercatori e agli uomini di scienza, spiegando che il vero stupore non deve essere di fronte alle tecnologie, ma di fronte alla grandezza della vita umana perché solo essa è fonte di libertà e di amore.


Per alleviare la sofferenza ci sono realtà come il Piccolo Cottolengo dove la porta è sempre aperta: a chi entra – diceva Don Orione - non si domanda il nome, la religione ma solo se ha un dolore perché “la carità non serra le porte”. Al microfono di Gabriella Ceraso, sentiamo la testimonianza da Davide Gandini, segretario generale del Piccolo Cottolengo di Genova:

R. – Il Cottolengo è proprio la casa di chi ha un dolore: non importa quanto disperato, quanto rifiutato da tutti. Con questo principio fondante, io sono al tuo fianco per alleviare la tua sofferenza, ma soprattutto con tutto l’amore di cui la persona ha bisogno.


D. – Il tema della giornata è la forza della vita nella sofferenza; quanta vita c’è nel dolore, qual è la vostra testimonianza?


R. – Il miracolo di cui noi siamo testimoni, è quello di vedere in tanti nostri ospiti l’accettazione della sofferenza come parte della vita, specialmente quando, grazie alla preghiera, all’apertura alla grazia, avviene interiormente. Questo spalanca la vita, la rende capace di farsi servitrice di altra sofferenza che c’è vicino. Noi abbiamo ospiti che sono da 40 anni al Piccolo Cottolengo – con patologie anche gravi – che hanno passato la vita intera a servizio di altri ospiti.


D. – I vescovi ricordano in un punto cruciale del messaggio che c’è chi vorrebbe interrompere questa sofferenza permanente con l’eutanasia…


R. – Succede che la sofferenza genera scandalo perché è una cosa brutta, è una cosa da evitare il più possibile. Il paradosso a cui si arriva – e noi rimaniamo sconcertati – è: ‘Eliminiamo la sofferenza e, se necessario, eliminiamo il sofferente’. Desta orrore, tanto più se non è nemmeno la persona stessa in grado di dire cosa desidera; noi abbiamo persone in gravissima sofferenza, con cui c’è un rapporto fatto di sguardi, di carezze. C’è un mondo di comunicazione che in dieci minuti non si può cogliere. L’idea che un atto di pietà, un atto di bene per loro sia la loro eliminazione fisica, è una risposta non umana.


D. – A questo proposito, i vescovi sottolineano anche l’importanza di andare avanti con la ricerca, di non abbandonare le cure, ma neanche di accanirsi dal punto di vista terapeutico; quale è la strada che voi avete intrapreso, con i vostri ospiti?


R. – Abbiamo ben chiaro il compito di non lasciare sola la persona nella sofferenza, servirla nella sua giornata, evitando che questo diventi un impuntarsi a mantenere – con aspetti tecnologici invasivi – quella vita accesa a tutti i costi. La vita è di Dio, che la riprende quando vuole.


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