Notizie dal B16F

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+PetaloNero+
00sabato 14 febbraio 2009 15:52
Uno Stato piccolo per una missione grande: così il Papa per gli 80 anni della Città del Vaticano


Lo Stato della Città del Vaticano è uno strumento necessario per dare alla Chiesa e al Papa la possibilità di adempiere al mandato ricevuto da Cristo: è quanto sottolineato stamani da Benedetto XVI. Occasione dell’intervento del Papa è stata l’udienza, in Sala Clementina, ai partecipanti al Convegno per l’80.mo di fondazione dello Stato vaticano intitolato “Un piccolo territorio per una grande missione”. L’indirizzo d’omaggio al Pontefice è stato rivolto dal cardinale Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato che ha promosso il convegno di studi. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Uno Stato tanto piccolo quanto grande è la sua missione: Benedetto XVI ha messo l’accento sul valore spirituale e civile dello Stato Vaticano, posto “interamente al servizio della grande missione” affidata da Gesù all’apostolo Pietro e ai suoi Successori. Quindi ha tratteggiato i caratteri salienti di Città del Vaticano:


“La Civitas Vaticana è in verità un punto quasi invisibile sui mappamondi della geografia mondiale, uno Stato minuto ed inerme privo di eserciti temibili, apparentemente irrilevante nelle grandi strategie geopolitiche internazionali. Eppure, questo presidio visibile dell’assoluta indipendenza della Santa Sede, è stato ed è centro di irradiazione di una costante azione a favore della solidarietà e del bene comune”.


Lo Stato Vaticano, ha aggiunto, “che racchiude in sé tesori di fede, di storia, di arte, custodisce un patrimonio prezioso per l’umanità intera”:


“Dal suo cuore, dove presso la tomba di San Pietro abita il Papa, si leva un incessante messaggio di vero progresso sociale, di speranza, di riconciliazione e di pace”.


Benedetto XVI ha quindi elogiato l’impegno volto ad approfondire e a far meglio conoscere la storia e la fisionomia della Civitas Vaticana. Una realtà, ha rilevato, “non sempre ben compresa nella sue ragioni d’essere e nei molteplici compiti che è chiamata a svolgere”:


“Per chi opera quotidianamente a servizio della Santa Sede o per chi vive nell’Urbe è un dato di fatto scontato che esista nel cuore di Roma un piccolo Stato sovrano, ma non a tutti è noto che esso è frutto di un processo storico alquanto tormentato, che ne ha reso possibile la costituzione, motivata da alti ideali di fede e da lungimirante consapevolezza delle finalità a cui doveva soddisfare”.


Il Papa è tornato dunque con la memoria all’11 febbraio del 1929, ripensando con “profonda riconoscenza” a Pio XI, che fu con “lucida lungimiranza e indomita volontà il vero fondatore e il primo costruttore dello Stato della Città del Vaticano”. Un Papa, ha detto, che guidò la Chiesa in anni difficili e “dovette misurarsi con le difficoltà e le persecuzioni che la Chiesa subiva in Paesi quali il Messico e la Spagna e con la lotta che ad essa portarono i totalitarismi sorti e consolidatisi in quegli anni”:


“Si rimane davvero ammirati di fronte all’opera saggia e forte di questo Pontefice, che per la Chiesa volle solo quella libertà che le permettesse di svolgere integralmente la sua missione. Anche lo Stato della Città del Vaticano, sorto a seguito dei Patti Lateranensi e in particolare del Trattato, fu considerato da Pio XI uno strumento per garantire la necessaria indipendenza da ogni potestà umana, per dare alla Chiesa e al suo Supremo Pastore la possibilità di adempiere pienamente al mandato ricevuto da Cristo Signore”.


Il significativo anniversario, che in questi giorni stiamo commemorando, ha detto il Papa, è “motivo di profondo ringraziamento al Signore, che guida le sorti della sua Chiesa nelle vicende spesso turbolente del mare della storia”. Ha così incoraggiato quanti operano nei diversi uffici e servizi vaticani “a svolgere le loro mansioni non solo con onestà e competenza professionale, ma anche con una sempre più viva consapevolezza che il loro lavoro costituisce un prezioso servizio alla causa del Regno di Dio”. Ed ha auspicato che questo Stato, dopo i suoi primi 80 anni, riprenda “il cammino con più forte slancio apostolico”.



www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=701&set...
+PetaloNero+
00sabato 14 febbraio 2009 15:52
San Valentino. Mons. Paglia: il vero amore contro la cultura dell'usa e getta


Come ogni anno, in occasione della festa di San Valentino, a Terni nella Basilica dedicata al vescovo, patrono degli innamorati, domani mattina cento coppie di sposi al traguardo delle nozze d’argento rinnoveranno il loro impegno di fronte a Dio. Una settimana fa è toccato a centinaia di giovani fidanzati che hanno affidato alla protezione del santo il loro progetto di vita insieme. Intanto questa mattina il vescovo di Terni, mons. Vincenzo Paglia, ha presieduto la Santa Messa per la festa del patrono alla presenza di autorità civili e militari. E le celebrazioni nella città umbra proseguiranno anche domani pomeriggio con una “festa di benvenuto” organizzata per 1800 nuovi residenti provenienti da circa 20 Paesi stranieri. Paolo Ondarza ha intervistato mons. Vincenzo Paglia:

R. – C’è un episodio che si ricorda, quello di una ragazza di Terni, che si era innamorata di un giovane romano che era pagano, e Valentino vedendo il loro amore sincero aiutò a superare tutte le difficoltà che ovviamente si frapponevano, sino alla conversione di questo giovane e poi al matrimonio che li unì, nonostante poi la ragazza morisse poco dopo. Questo il significato: molti fidanzati, che magari si sposeranno in quest’anno, vengono a celebrare quella che noi chiamiamo la festa della promessa e a dire che intuiscono che l’amore per essere tale deve essere solido. E questo, in un mondo, nel quale in fondo c’è una cultura dell’usa e getta, è un messaggio particolarmente significativo.

D. – E’ un desiderio effettivamente che si scontra anche a volte con dei dati statistici che dicono che il matrimonio è in crisi. Non sono poche le coppie che poi guardando a questa fotografia si scoraggiano. Si rimanda o si ritarda l’idea del matrimonio, se non addirittura si accantona talvolta...

R. – Esatto. Questo, infatti, a me sorprende ogni volta: vedere come di fronte a queste statistiche figlie di una certa cultura, poi io vedo invece che quest’anno sono state più di 250 le coppie, tutte a professarsi fedeltà reciproca, chiedendo aiuto a Dio: senza accogliere l’amore di Dio, è certo difficile resistere alle tempeste che si abbattono nella vita quotidiana.


www.radiovaticana.org
Paparatzifan
00sabato 14 febbraio 2009 19:44
Re:

+PetaloNero+, 13/02/2009 16.06:

La Cupola di San Pietro spenta dalle 18 alle 19.30 in adesione alla campagna "Mi illumino di meno"


www.radiovaticana.org



E' stato bello vedere poi con la webcam puntata sulla facciata e la cupola come iniziavano ad accendersi le luci gradualmente. [SM=j7798]



+PetaloNero+
00domenica 15 febbraio 2009 16:06
Scienza e fede: a Roma, una Messa per Galileo Galilei celebrata da mons. Ravasi


“Galileo è stato chiamato a ragione ‘divin uomo’, perché lui ha saputo leggere e studiare la scienza attraverso gli occhi della fede”: è quanto scrive il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, in un telegramma ai partecipanti alla Messa in onore di Galielo Galilei, svoltasti stamani nella Basilica romana di Santa Maria degli Angeli in occasione del 445.mo anniversario della nascita del grande astronomo pisano. “Galileo – ha spiegato mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura che ha presieduto la celebrazione – ha saputo distinguere le due ragioni, quelle della scienza e quelle della verità utili per la nostra salvezza”. La Messa di stamani - voluta dalla “World Federation of Scientists” - è un altro segno importante del dialogo tra scienza e fede. Ne è convinto il gesuita padre Ennio Brovedani, direttore dell’Istituto Stensen e ideatore del convegno internazionale dedicato al “Caso Galileo” in programma a Firenze dal 26 al 30 maggio. L’intervista è di Fabio Colagrande:

R. – Sono ottimista per il fatto che hanno aderito a questa iniziativa ben 18 istituzioni internazionali, le più importanti istituzioni di ricerca ecclesiastiche ed universitarie, culturali e soprattutto tutte quelle istituzioni che nella storia hanno avuto anche un ruolo nella vicenda galileiana. Ed è interessante vedere come tutti hanno capito la rilevanza e l’importanza del problema, del tema. Questo è un segnale positivo, ovviamente. Tutte le istituzioni sono convinte che ci siano veramente le condizioni per creare quel clima di sinergia tra un messaggio di promozione umana da parte della Chiesa e quelle che sono le esigenze anche oggi della ricerca tecno-scientifica. Io credo che ci siano le condizioni per fare questo!


D. – Ecco. Ci sono le condizioni ma, secondo lei, padre Brovedani, quali sforzi deve fare il mondo scientifico e quali deve fare il mondo della Chiesa, il mondo dei teologi, proprio per permettere una collaborazione fruttuosa?


R. – Gli sforzi vanno comunque fatti da entrambe le parti. Entrambe le parti devono guardare al futuro, prima di tutto, e non più guardare al passato, alle incomprensioni del passato. Credo che questa vicenda abbia anche consentito quegli sviluppi di quella riflessione che ha fatto prendere coscienza, a livello di metodologia della scienza, ma anche di metodologia della riflessione filosofica, di quelli che sono i limiti – da un lato – di determinati approcci al reale, come quello scientifico e, dall’altro lato, anche di quello che è il ruolo specifico della Chiesa: la consapevolezza dell’esistenza, cioè, di diversi ordini di conoscenza e di ordini di sapere. Questo, indubbiamente, ha contribuito in entrambe le parti a prendere consapevolezza della complessità della realtà, delle inedite problematiche etiche che sta sollevando la ricerca scientifica come attività che produce un sapere. E sappiamo che questo sapere può diventare un potere e di fatto sta diventando un potere. E tutte le volte che si tratta di gestire un potere si pone ovviamente il problema del dovere, e quindi il problema etico.


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+PetaloNero+
00domenica 15 febbraio 2009 16:07
Venticinque anni di impegno della Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel. L’incoraggiamento di Benedetto XVI


“Proseguire efficacemente” la lotta contro i mali che, nei Paesi del Sahel, “impediscono alle popolazioni di giungere a uno sviluppo autentico”: è l’esortazione di Benedetto XVI in un messaggio a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, in occasione del 25.mo anniversario della Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel. Il documento è stato inviato ai partecipanti all’atto commemorativo che si tiene a Ouagadougou in Burkina Faso, e che culmina oggi con una Messa solenne. Il viaggio del Papa in Africa a marzo, come lo svolgimento a Roma a ottobre della seconda assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi, si legge nel messaggio, “sono segni eloquenti” dell'“affetto particolare” che Benedetto XVI nutre per tutta l'Africa. A Ouagadougou è presente anche il segretario di “Cor Unum”, mons. Karel Kasteel, da quindici anni Osservatore della Santa Sede presso la Fondazione. Roberto Piermarini gli ha chiesto cosa ha spinto Giovanni Paolo II, 25 anni fa, a creare la Fondazione per il Sahel:

R. – Quando Papa Giovanni Paolo II è stato eletto, dopo poco tempo ha deciso di visitare, in primo luogo, i Paesi più poveri, e certamente questi nove Paesi del Sahel sono tra i più poveri del mondo; un po’ perché non ci sono – o non c’erano – risorse naturali, un po’ perché i colonizzatori non se ne erano occupati molto, un po’ anche per questa realtà climatica così dura, perché l’acqua appena arriva tante volte scompare. Quindi, occorre fare cisterne, fare pozzi, fare tanti lavori come sono stati fatti in Europa o in altri continenti. Però, un impegno così gigantesco per 150 milioni di persone, lo si può fare solo se si è uniti, e il Papa ha voluto dare un esempio di collaborazione tra cristiani, musulmani e animisti – che sono le popolazioni che hanno ancora la loro religione o credenze indigene – e devo dire che è stato un successo enorme, perché in tutti questi nove Stati, la Fondazione ha un prestigio enorme.


D. – Qual è la specificità della Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel?


R. – In primo luogo, il Papa l’ha voluta con poteri di governo locale: cioè, i nove vescovi amministratori – che rappresentano i nove Paesi del Sahel – decidono circa l’impiego dei fondi, le priorità e ciò che è più importante anche a lungo termine, quando si tratta di progetti di sviluppo. Quindi, non c’è imposizione da parte europea o americana. La Fondazione ha la sua sede operativa extra-territoriale nella capitale del Burkina Faso, Ouagadougou – una grande città, con 2 milioni di abitanti -, mentre la sede legale si trova presso il nostro Pontificio Consiglio “Cor Unum”, nello Stato della Città del Vaticano. Il capitale è custodito qui e la Fondazione decide sull’impiego del denaro che ogni anno si libera dal capitale, e anche attraverso donazioni. Devo dire che un’altra specificità della Fondazione è che ad essa collaborano insieme le tre maggiori religioni di questi Paesi. In più, la Fondazione ha potuto far intervenire anche i grandi esperti israeliani di ingegneria idrica. In Israele, infatti, è stata molto sviluppata la tecnica del “goccia a goccia” – quindi con poca acqua si possono creare grandi estensioni di terreno che possono essere coltivate, e quindi strappate al deserto – perché la Fondazione deve soprattutto trovare i mezzi per combattere la desertificazione.


D. – Mons. Kasteel, quali sono i risultati concreti ottenuti dalla Fondazione?


R. – Ci sono molti risultati, perché sono state date molte borse di studio, e quindi molti giovani – e non più giovani – hanno potuto studiare, in particolare le tecniche necessarie per aiutare le popolazioni locali. I risultati sono anche visibili quando uno si reca in Africa. Ho visitato ad esempio diversi luoghi: mi vengono in mente adesso gli orti alla periferia della capitale del Mali, Bamako. Lì le donne di casa hanno i loro orti dove coltivano i legumi e ciò di cui hanno bisogno per le loro famiglie… e poi tanti altri luoghi, per esempio nelle isole Capo Verde dove sono state fatte tante cisterne per raccogliere l’acqua. Prima bisognava fare chilometri e chilometri a piedi, spesso sotto un sole cocente per raccoglierla. Adesso, la gente comincia ad avere l’acqua vicino casa.


D. – Quali sono le Conferenze episcopali, le Chiese nel mondo che aiutano maggiormente la Fondazione per il Sahel?


R. – La fondazione è stata eretta dal Servo di Dio Giovanni Paolo II, dopo il suo appello nel 1980, quando visitò Ouagadougou. Vide la tremenda siccità, vide tanti morti, ma anche la moria del bestiame col quale questa gente vive, e fece un appello stupendo a tutto il mondo: “Moi, Jaen Paul, l'évêque de Rome….”, “Io, Giovanni Paolo, vescovo di Roma, chiedo a tutti i fratelli di venire in aiuto a queste popolazioni che tanto soffrono”. La risposta più consistente venne subito dalla Germania: i cattolici tedeschi in poco tempo riunirono un capitale – che è la base della Fondazione – e in seguito, il cardinale Lehmann è venuto per inaugurare anche la sede operativa della Fondazione, pagata dalla Conferenza episcopale tedesca. Ma la Conferenza episcopale che ogni anno contribuisce in modo consistente, in maniera estremamente importante, è la Conferenza episcopale italiana. Ogni anno fa sì che diversi progetti della Fondazione possano essere realizzati. Sempre la Conferenza episcopale italiana, ed anche i fedeli italiani, hanno voluto che questa Fondazione potesse fare tutto il bene che sta facendo. Quindi di questo siamo molto grati.


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+PetaloNero+
00domenica 15 febbraio 2009 16:08
Benedetto XVI all’Angelus: i cristiani riscoprano il valore del Sacramento della Confessione


Nel Sacramento della Penitenza, Cristo ci purifica con la sua misericordia infinita: è la riflessione offerta da Benedetto XVI ai fedeli, stamani all’Angelus in Piazza San Pietro. Il Papa ha commentato il passo del Vangelo di Marco che descrive la guarigione miracolosa di un lebbroso. Quindi, ha invitato i fedeli a fare frequente ricorso al Sacramento della Confessione che, ha detto, va oggi riscoperto nel suo valore e nella sua importanza. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Riscoprire il valore del Sacramento della Confessione: è la viva esortazione di Benedetto XVI, che all’Angelus si è soffermato sulla pagina domenicale del Vangelo in cui Gesù guarisce un lebbroso che lo aveva supplicato di purificarlo. Secondo l’antica legge ebraica, ha spiegato il Papa, “la lebbra era considerata non solo una malattia, ma la più grave forma di impurità per il culto” che comportava l’allontanamento del lebbroso dalla comunità fino all’eventuale guarigione:


“La lebbra perciò costituiva una sorta di morte religiosa e civile, e la sua guarigione una specie di risurrezione. Nella lebbra è possibile intravedere un simbolo del peccato, che è la vera impurità del cuore, capace di allontanarci da Dio. Non è in effetti la malattia fisica della lebbra, come prevedevano le vecchie norme, a separarci da Lui, ma la colpa, il male spirituale e morale”.


“I peccati che commettiamo – ha proseguito – ci allontanano da Dio, e, se non vengono confessati umilmente confidando nella misericordia divina, giungono sino a produrre la morte dell’anima”. Di qui la straordinarietà della guarigione del lebbroso:


“Questo miracolo riveste allora una forte valenza simbolica. Gesù, come aveva profetizzato Isaia, è il Servo del Signore che “si è caricato delle nostre sofferenze, / si è addossato i nostri dolori” (Is 53,4). Nella sua passione, diventerà come un lebbroso, reso impuro dai nostri peccati, separato da Dio: tutto questo farà per amore, al fine di ottenerci la riconciliazione, il perdono e la salvezza”.


Ed ha sottolineato come nel Sacramento della Penitenza, Cristo crocifisso e risorto, mediante i suoi ministri, “ci purifica con la sua misericordia infinita, ci restituisce alla comunione con il Padre celeste e con i fratelli, ci fa dono del suo amore, della sua gioia e della sua pace”. E qui ha levato un’esortazione ai fedeli:


“Cari fratelli e sorelle, invochiamo la Vergine Maria, che Dio ha preservato da ogni macchia di peccato, affinché ci aiuti ad evitare il peccato e a fare frequente ricorso al Sacramento della Confessione, il Sacramento del Perdono, che oggi va riscoperto ancor più nel suo valore e nella sua importanza per la nostra vita cristiana”.


“Il Vangelo di questa domenica – ha detto poi parlando ai pellegrini polacchi - ci mostra Gesù che, guarendo un lebbroso, si china sulla miseria, sulla malattia e sulla sofferenza umana”. Lo fa, ha notato il Papa, “amorevolmente, discretamente e gratuitamente”. Incontrando la miseria umana, è stato dunque il suo invito, “imitiamo Gesù, portando al prossimo un aiuto concreto, una parola di conforto e un gesto di consolazione”.



www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=702&set...
+PetaloNero+
00lunedì 16 febbraio 2009 03:01
Tra Concilio Vaticano II e '68: viaggio al cuore dell'amore cristiano


Prefazione del Cardinale Bertone a "Ti credevo un altro" di Carlo Di Cicco






CITTA' DEL VATICANO, domenica, 15 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la prefazione del Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, al libro "Ti credevo un altro" (Siena, Cantagalli, 2008, pagine 149, euro 13,50) scritto da Carlo Di Cicco, Vicedirettore de "L'Osservatore Romano".




* * *




di Tarcisio Bertone

La vita di ciascuno si muove e trova le ragioni del proprio esistere nella Parola di Dio, che nei libri delle Sacre Scritture si è aperta davanti agli uomini. La Parola di Dio trasforma ed è efficace perché in essa è Dio stesso che parla di sé e ci permette di percepirlo come Egli vorrebbe essere compreso. Il centro della fede cristiana scaturisce proprio dalla rivelazione che Dio fa di sé: Egli è amore. Gesù Cristo incarna il volto umano di Dio e i suoi seguaci non possono fare a meno di seguirlo nell'imitazione con una vita caratterizzata dall'amore per il prossimo. Alla luce di questa Parola e di questa definizione si coglie anche l'imponente azione riformatrice additata da Benedetto XVI alla Chiesa in questo tempo, che non si basa sul «fare» ma sull'«essere». Non è senza significato che egli abbia intitolato la sua prima Enciclica Deus caritas est, invitando con essa la Chiesa a ripartire da Dio amore. Lo stesso richiamo alla grande tradizione della Chiesa, quella della sequela del Vangelo anziché quella che si identifica con le forme culturali del passato, va colta come sollecitazione a non perdere le radici feconde che in ogni epoca hanno prodotto santità nella Chiesa.

Il tema dell'amore di Dio si intreccia con il dramma della vita reale di ogni uomo, il quale, senza questo amore, resta come accecato, alla deriva in un mondo carico di inquietanti presagi, per l'assurda pretesa di costruire la propria esistenza senza Dio. L'amore cristiano è davvero la buona novella perché aiuta a rinnovare la faccia della terra, apre la speranza di un efficace mutamento grazie alla costante rigenerazione del mondo a opera dello Spirito Santo. Accettando la rilevanza della questione di Dio amore, si accetta di introdurre nella vita personale di ognuno e nelle istituzioni religiose il principio della conversione del cuore e del dialogo coraggioso e sereno, aperto alla critica e all'autocritica. Quando in particolare la Chiesa cattolica e le altre Chiese o comunità cristiane, ponendosi in ascolto della Parola di Dio, decidono di fondarsi su Dio amore, la pratica riformatrice si fa necessariamente esigente ma allo stesso tempo non intransigente e largamente dialogica. Le stesse istituzioni civili, governate dal principio di laicità e democrazia, possono sentirne beneficio. Sono riflessioni queste che percorrono il libro di Carlo Di Cicco e lo rendono attraente perché presenta una lettura cristiana della storia attraverso una forma letteraria che intreccia nel racconto, la memoria personale (a tratti autobiografica) e collettiva della Chiesa percepita dalla prospettiva aperta dal concilio Vaticano II. Egli spera nel progresso del dialogo con le diverse istanze culturali del presente e nel colloquio aperto tra credenti e non credenti basato non tanto sulle reciproche recriminazioni del passato, ma ispirato alla mutua fiducia, in cui i cristiani possano offrire le ragioni della propria fede in maniera costruttiva. Carlo Di Cicco, giornalista cattolico sensibile a questo confronto, si è interessato al pensiero di intellettuali laici e di teologi moderni, a volte anche controversi, che hanno spinto la ricerca teologica a tentare nuove prospettive nel dialogo ecumenico, interreligioso, interculturale.

Una caratteristica del libro sta anche nel proporre una lettura articolata di una stagione tanto discussa come quella del Sessantotto. La penna del giornalista-scrittore descrive le attese giovanili che si sono andate dipanando mentre già era in atto la graduale realizzazione del concilio Vaticano II. A questo proposito conviene ricordare la grande spinta feconda che visse il volontariato cattolico proprio a partire dal Sessantotto, quando si cominciò a pensare più concretamente a un mondo più ampio dei confini nazionali e in marcia verso una reale solidarietà universale fondata sulla giustizia. L'autore sottolinea che questi orizzonti di impegno cristiano, trovarono spinta efficace e originante nella scoperta della Parola di Dio che il concilio aveva rimesso in mano al popolo credente.

Ora che Benedetto XVI ha richiamato la Chiesa e le istituzioni formative sull'emergenza educativa, vorrei ricordare il Sessantotto con le parole di un grande maestro dell'educazione cattolica centrata sul sistema preventivo. Don Juan Vecchi, ottavo successore di don Bosco, amava ripetere che il Sessantotto va interpretato con una serie di chiavi di lettura. Negli anni che lo precedettero, si accumularono elementi di disagio, esigenze di nuove sintesi culturali. Forse — ricordava don Vecchi — non furono dovutamente presi in considerazione uno a uno e, una volta accumulati, esplosero. Tutto il disagio è confluito in un movimento orientato con leader caratterizzati politicamente. Si è trasformato in una forte contestazione di massa organizzata che non ha maturato un progetto educativo. «Come di ogni fenomeno educativo — osservava don Vecchi — parlo volentieri anche del Sessantotto. Non bisogna attribuire a quel periodo di contestazione studentesca un significato quasi messianico, ma occorre riconoscere che allora le istituzioni non colsero l'urgenza di dover rispondere al disagio giovanile avviando cambiamenti strutturali o grandi».

Nell'ottica di Benedetto XVI, nessuna delle energie cattoliche, e dunque anche quelle nate sotto la spinta degli anni postconciliari, che nel tempo hanno incontrato difficoltà di ascolto riducendosi in tanti casi a vivere al margine, deve sentirsi di troppo nella Chiesa. La missione di annunciare l'amore di Dio in maniera credibile al mondo che fatica sempre di più a percepirlo, chiede uno sguardo nuovo perché il mondo creda.
+PetaloNero+
00lunedì 16 febbraio 2009 03:01
Nominati i Presidenti, il Relatore e i Segretari del Sinodo dell'Africa


Si celebrerà dal 4 al 25 ottobre 2009 in Vaticano





CITTA' DEL VATICANO, domenica, 15 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha nominato quattro Cardinali africani come Presidenti delegati e Relatore generale del secondo Sinodo dei Vescovi dell'Africa che si terrà dal 4 al 25 ottobre prossimi.

Secondo quanto fatto sapere dalla Sala Stampa vaticana, i tre Presidente delegati del Sinodo (il Presidente di fatto è il Papa) sono: il Cardinale Francis Arinze, Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (Città del Vaticano); il Cardinale Théodore-Adrien Sarr, Arcivescovo di Dakar (Senegal); e il Cardinale Wilfrid Fox Napier, O.F.M., Arcivescovo di Durban (Sud Africa).

Il Relatore generale, che riveste un ruolo decisivo nell'assemblea, poiché a lui spetta il compito di proporre gli argomenti per il dibattitto e di raccogliere le conclusioni, è il Cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, Arcivescovo di Cape Coast (Ghana).

I Segretari speciali del Sinodo saranno monsignor Damião António Franklin, Arcivescovo di Luanda (Angola), e monsignor Edmond Djitangar, Vescovo di Sarh (Ciad).

Il Sinodo avrà come tema "La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. 'Voi siete il sale della terra... voi siete la luce del mondo' (Mt 5, 13.14)".

Il Papa si recherà a Yaoundé, Camerun, il 19 marzo, per consegnare personalmente ai Presidenti delle Conferenze Episcopali africane il testo dell'Instrumentum laboris per il Sinodo. In questa capitale, Giovanni Paolo II, nel 1995, consegnò il documento "Ecclesia in Africa", l'esortazione apostolica post-sinodale frutto della prima Assemblea speciale dell'Africa, celebrata l'anno precedente in Vaticano.

+PetaloNero+
00lunedì 16 febbraio 2009 15:51
Si è spento il cardinale sudcoreano Kim Sou-hwan. Il cordoglio del Papa


Lutto nella Chiesa. Si è spento oggi il cardinale Stephen Kim Sou-hwan, arcivescovo emerito di Seoul: aveva 86 anni. Il Papa ha espresso il suo profondo cordoglio in un telegramma inviato al cardinale Nicholas Cheong Jinsuk, attuale arcivescovo di Seoul. Il servizio di Sergio Centofanti.
Il cardinale Kim è deceduto poco dopo le 18.00, ora locale, presso l’ospedale cattolico di Santa Maria di Gangnam nella capitale sudcoreana. Il Papa ricorda “con gratitudine” il lavoro svolto per lunghi anni dal porporato a servizio della Chiesa. “Dio, nostro Padre misericordioso – è la preghiera del Papa - gli conceda la ricompensa per le sue fatiche e accolga la sua nobile anima nella pace e nella gioia del Regno celeste”.

Il cardinale Kim era stato ordinato sacerdote a 29 anni, nel 1951, iniziando il ministero pastorale durante il difficile periodo della guerra in Corea. Poi si trasferisce in Giappone, dove si laurea in Filosofia, e poi ancora in Germania, dove si specializza in scienze sociali. Al suo rientro in patria, nel 1966 diventa vescovo di Masan. Nominato arcivescovo di Seoul nel 1968 e creato cardinale l’anno successivo, porta lo spirito del rinnovamento conciliare nelle strutture diocesane, intensificando l'attività di evangelizzazione con il coinvolgimento dei laici. Particolare posto nella sua azione ha occupato la ricerca del dialogo con i non-cristiani e il coordinamento degli sforzi comuni in campo caritativo e assistenziale. Coraggiose, nella difficile situazione politica interna, sono state le sue dichiarazioni e iniziative a difesa dei diritti umani. Più volte presidente della Conferenza episcopale coreana, dal 1973 al 1977 è stato anche presidente della Federazione delle Conferenze episcopali dell'Asia (FABC). Ha preso parte a diverse Assemblee del Sinodo dei Vescovi, a partire dalla prima, nel 1967. Dal 1974 al 1977 è stato membro del Consiglio della segreteria generale del Sinodo dei Vescovi. È stato poi presidente delegato all’Assemblea Speciale per l’Asia del Sinodo dei Vescovi (19 aprile - 14 maggio 1998). Dal 10 giugno 1975 al 3 aprile 1998 è stato anche amministratore apostolico di Pyeong Yang.

Con il suo decesso il Collegio cardinalizio risulta composto da 188 cardinali, di cui 115 elettori e 73 non elettori.


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+PetaloNero+
00lunedì 16 febbraio 2009 15:52
Convocato il Concistoro ordinario per dieci nuovi Santi tra cui padre Damiano l'angelo dei lebbrosi di Molokai e don Arcangelo Tadini fondatore delle Suore operaie


La Chiesa si prepara, nei prossimi mesi, alla canonizzazione di 10 nuovi Beati. In un comunicato, mons. Guido Marini, maestro delle Cerimonie pontificie, ha notificato per sabato prossimo, 21 febbraio, alle ore 11, la convocazione del Concistoro ordinario pubblico nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, dove i cardinali - durante la celebrazione dell’Ora sesta - procederanno al voto sulle Cause di canonizzazione. Tra le figure dei nuovi Santi, sette uomini e tre donne, spicca fra gli altri quella di Jozef Damian de Veuster, più semplicemente conosciuto come “padre Damiano”, che per 12 anni, alla fine dell’Ottocento, fu apostolo dei lebbrosi sull’isola di Molokai, nell’arcipelago delle Hawaii. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Trentatremila lebbrosi. In tanti furono, nel 1967, a chiedere a Paolo VI di beatificare il loro angelo, “padre Damiano”, malato del loro stesso male ma soprattutto un cristiano capace di un sacrificio immenso tra i reietti che fanno spavento con le loro sembianze deturpate. E tra qualche tempo sarà Santo Jozef Damian de Veuster, originario delle Fiandre dove nasce nel 1840. Entrato nella Congregazione dei “Sacri Cuori di Gesù e Maria”, nel 1864 Damiano attraversa il mondo: 138 giorni di navigazione per raggiungere Honolulu, sua terra di missione, nell’Arcipelago delle Hawaii che ancora non ha questo nome. La svolta avviene nel 1873. Il suo vescovo cerca preti volontari per l’isola lazzaretto di Molokai, dove il governo confina tutti i malati di lebbra: si offrono in quattro, per turni di 34 settimane, e tra loro c’è padre Damiano, che va per primo a Molokai. Non farà più ritorno, perché il governo teme il contagio e gli proibisce di lasciare l’isola, dove i lebbrosi muoiono a ritmo impressionante. Padre Damiano cura le anime, lava le piaghe, distribuisce medicine, stimola il senso di dignità dei malati, che si organizzano, lavorano la terra, creano orfanotrofi. Poi, nel 1885, la scoperta: anche lui è stato contagiato. Quando muore, mille malati di lebbra lo seppelliscono ai piedi di un albero. Nel 1936 il suo corpo verrà riportato in Belgio, a Lovanio.

Una storia completamente diversa per epoca e luoghi, ma anch’essa legata a una vicenda di segregazione è quella del polacco Zygmunt Szczęsny Feliński, originario di Wojutyn oggi in Ucraina. Nel 1862, il Beato Papa Pio IX lo nomina arcivescovo metropolita di Varsavia, dove mons. Feliński si segnala per una decisa azione di rinascita spirituale e morale della nazione. Fonda le Suore della Famiglia di Maria, ma paga gli esiti della fallita rivoluzione antizarista del 1863. La sua fedeltà a Roma gli vale l’arresto e la deportazione in Russia. Trascorre 20 anni in una località sul Volga, dove diventa l’apostolo dei cattolici e degli esiliati in Siberia, riuscendo perfino a costruire una chiesa. Liberato per intervento della Santa Sede nel 1883, non gli viene concesso il ritorno a Varsavia e trascorre gli ultimi 12 anni della sua vita nella diocesi di Leopoli, sempre impegnato per il bene spirituale dei contadini polacchi e degli ucraini. Muore a Cracovia nel 1895.

Ma fitta è la schiera dei prossimi Santi vissuti come mons. Feliński nel XIX secolo. L’italiano Arcangelo Tadini, della provincia bresciana, è sacerdote e formidabile insegnante elementare e sensibile all’aspetto sociale dell’evangelizzazione. Crea una filanda per evitare l'emigrazione delle ragazze del paese, e un pensionato per lavoratrici. Nel 1900, fonda le Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth, religiose a pieno titolo ma impegnate come vere e proprie operaie. Ed è bresciana anche suor Gertrude Comensoli, al secolo Caterina, che nel 1882, a 35 anni, fonda l’Istituto delle Suore Adoratrici del SS.mo Sacramento, un Istituto dedito alla formazione di giovani e all’adorazione Eucaristica, che si diffonderà in tutta Italia e anche all’estero. L’adorazione dell’Eucaristia è anche al centro della missione della napoletana Caterina Volpicelli, fondatrice dell’Istituto delle Ancelle del Sacro Cuore. La sua comunità diventa un vero centro di irradiazione spirituale: da essa partirà il Beato Bartolo Longo, guarito in salute, convertito alla fede, per cominciare la grande opera del Santuario di Pompei. E alla Volpicelli e alle sue figlie viene affidato l’incarico di organizzare le Adorazioni nella cattedrale di Napoli quando la città il 21 novembre 1891 ospita il primo Congresso eucaristico nazionale. Francese è Marie de la Croix, al secolo Jeanne Jugan, che dopo un’infanzia trascorsa come domestica in un castello matura la sua vocazione: aiutare gli anziani soli. Con un’amica affitta una casa e inizia ad accogliervi vecchi soli e malati. E’ il “nucleo” di quella che sarà la Congregazione da lei fondata, le Piccole Sorelle dei poveri.

Tra i prossimi Santi figurano anche due spagnoli. Di Burgos, dove nasce nel 1911, è Rafael Arnaíz Barón che, sin da giovanissimo, decide di farsi trappista. “Dio ha fatto la Trappa per me e me per la Trappa”, confiderà in una lettera alla famiglia. Quando il diabete mellito lo colpisce, è costretto a lasciare l’amato luogo di contemplazione, ma chiede e ottiene di esservi riaccolto come semplice “oblato” e muore dopo soli 19 mesi e 12 giorni di permanenza nella Trappa. I molti scritti spirituali che ha lasciato fanno oggi di lui uno dei più grandi mistici del XX secolo. Degli inizi dell’Ottocento è invece Francisco Coll y Guitart, Domenicano. Per quarant’anni si dedica alla predicazione del Vangelo in tutta la Catalogna: le missioni al popolo e individuali diventano un importante strumento di rinnovamento religioso della società. Si dedica in particolare alla formazione delle giovani nei luoghi più poveri ed emarginati affidandole alle Suore Domenicane dell’Annunziata che egli stesso fonda nel 1856.
Le storie di due dei futuri Santi arrivano invece dal Medioevo. Più antica è quella di Bernardo Tolomei, al secolo Giovanni, che nasce a Siena nel 1272. A 40 anni, dopo una vita intensamente religiosa, si ritira ad Accona, una zona di campagna deserta e incolta tra collinette di creta. Con alcuni amici, scava delle grotte per vivere da eremita. Dopo qualche anno, gli eremiti decidono di unirsi, vivendo in comunità sull’altura di Monte Oliveto, presso Buonconvento, a sudest di Siena. Qui nasce nel 1319 il monastero di Santa Maria, con la Regola benedettina. Bernardo fa eleggere come primo abate il suo amico Patrizio Patrizi, ma poi dovrà obbedire ai monaci, che vogliono lui per capo fino alla morte. Intanto è chiamato a fondare una decina di altri monasteri. E così si ritrova inaspettatamente fondatore e capo di un Ordine religioso, coi suoi ancora oggi notissimi “monaci bianchi”. Di alcuni decenni più giovane è il portoghese Nuno Alvares Pereira. Da giovane, diventa eroe di guerra ed artefice - con la vittoria nella battaglia di Atoleiros - dell'indipendenza del Portogallo dagli altri regni della penisola iberica. Ma anche nel suo caso, c’è un radicale cambio di vita. Alla morte della moglie, nel 1423, Pereira lascia le armi e si ritira per il resto dei suoi giorni come fratello laico, assumendo il nome di Nuno de Santa Maria. Muore la Domenica di Pasqua del primo aprile 1431, mentre era intento a leggere la Passione secondo Giovanni.



www.radiovaticana.org
Paparatzifan
00lunedì 16 febbraio 2009 17:57
Dal blog di Lella...

Vescovi austriaci: Dopo Wagner nomine episcopali migliori

Riunione straordinaria:Ma non torniamo a Kaiser, né voto popolare

Roma, 16 feb. (Apcom)

Nessun ritorno ai tempi del Kaiser, quando era l'imperatore a scegliere i vescovi, né un balzo in una sorta di democrazia ecclesiastica, ma un migliore "processo di scelta ed esame" nelle nomine episcopali viene chiesta dai vescovi austriaci al Papa, dopo le dimissioni rassegnate dal neonominato vescovo ausiliare di Linz, in Austria.
"I vescovi prendono atto della richiesta di ritiro della nomina avanzata al Papa da padre Gerhard Maria Wagner", si legge nel comunicato finale dei vescovi austriaci, convocati oggi a Vienna per una riunione plenaria straordinaria.
"La questione della nomina dei vescovi è così significativa, perché a metà degli anni Ottanta in Austria essa è stata legata a parecchi problemi. Troppe sono state le controversie legate alla nomina di vescovi, troppo dolorosi i conflitti e le crepe esplose nella Chiesa. Per questo motivo c'è tanta sensibilità in materia. E' fuori questione - proseguono i vescovi, guidati dal cardinale di Vienna Christoph Schoenborn - che al Papa spetta la libera nomina dei vescovi. I vescovi non desiderano alcun ritorno al passato, nel quale - come accadeva nel 1918 - era il Kaiser a nominare i vescovi. Né un 'voto popolare' dei vescovi eviterebbe conflitti e partigianerie. Noi vescovi siamo convinti che il processo di scelta e di esame dei candidati previsto dal diritto ecclesiastico dà buoni risultati se questo processo viene effettivamente viene rispettato. Perché prima che il Santo Padre prenda l'ultima decisione, ci devono essere fondamenti affidabili e ampiamente provati sui quali egli possa appoggiarsi".
"In Austria - prosegue la Conferenza episcopale austriaca - nei prossimi anni verranno nominati una serie di vescovi. I fedeli attendono con ragione che il processo nella ricerca dei candidati, l'esame delle proposte e l'ultima decisione venga presa accuratamente e con sensibilità pastorale. In tal modo si può dimostrare con sicurezza che i vescovi sono 'per' e non 'contro' una Chiesa locale. Noi vescovi faremo tutto il possibile per accompagnare la nomina dei vescovi nel senso di queste regole, in stretta collaborazione con i competenti uffici vaticani".
Il comunicato finale dei vescovi austriaci affronta anche il controverso tema della revoca della scomunica ai lefebvriani, sottolineando che i quattro vescovi seguaci di Lefebvre non sono per questo "automaticamente" rientrati nella Chiesa, che Richard Williamson si è "squalificato da solo" negando la shoah.
"Speriamo - affermano i presuli austriaci - che si riesca a migliorare gli insufficienti processi comunicativi anche in Vaticano, in modo che il servizio universale del Papa non venga coperto da ombre". I vescovi austriaci, convocati da Schoenborn per affrontare la "crisi" attuale, affermano di voler mostrare "il proprio legame al papa in queste situazioni difficili e gravose". Il cardinale Schoenbonr, amico personale di Ratzinger, è stato ricevuto dal Papa in Vaticano lo scorso 9 febbraio.

Apcom



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Paparatzifan
00lunedì 16 febbraio 2009 18:17
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AUSTRIA: DEFINI' HARRY POTTER SATANICO, REVOCATA NOMINA PRELATO

(AGI) - Vienna, 13 feb. - Il prelato ultraconservatore austriaco, Gerhard Maria Wagner, ha chiesto al Papa di revocare la sua nomina a vescovo ausiliario di Linz. Lo ha reso noto l'agenzia di stampa cattolica Kathpress, secondo la quale il Vaticano ha acconsentito alla richiesta del religioso. "Alla luce delle pesanti critiche, ho deciso, dopo preghiere e un consulto con il vescovo, di chiedere al Santo Padre di ritirare la mia nomina", si legge in un comunicato diffuso da Wagner. La promozione era stata accolta con scetticismo dalla comunita' cattolica austriaca. Wagner, infatti, in passato aveva definito "satanici" i libri della scrittrice britannica J.K Rowling dedicati alla saga di Harry Potter e affermato che l'uragano Katrina era stata una punizione divina contro le cliniche dell'aborto di New Orleans.

Agi


Paparatzifan
00lunedì 16 febbraio 2009 18:27
Dal blog di Lella...

I lupi contrattaccano: revocata la nomina del nuovo vescovo a Linz

Ci giunge una notizia di estrema gravità. L'ora è veramente pericolosa ed il Santo Padre appare in netta difficoltà, se è costretto ad una così ingloriosa retromarcia che, tra l'altro, darà ulteriore baldanza ai suoi avversari.
Ricorderete la notizia (vedi qui) che demmo circa la nomina quale vescovo ausiliare (tra l'altro, nemmeno titolare!) di un prelato conservatore a Linz, Austria, Gehrard Wagner (nella foto).
Uno che, per dire, nella sua parrocchia ha sempre rifiutato le chierichette. "Perché?", gli chiedevano; "perché ho già sufficienti chierichetti maschi", rispondeva lui per tagliar corto.
La scelta è stata effettuata dal Papa, o da qualche suo fidato consigliere, motu proprio: l'eletto non compariva nella terna proposta dal Nuncio (e figuriamoci!).
Come effetto, tutto il clero progressista diocesano, anzi autriaco, è insorto: e non dimenticate che sono la maggioranza e che quel che da noi è considerato progressismo, nel nord Europa appare come centrismo moderato (è detestabile parlare della Chiesa in termini parapolitici, ma occorre ben farsi capire). Si sono andate a ripescare vecchie (ed oggettivamente inopportune) osservazioni di mons. Wagner sul fatto che lo tsunami, o l'uragano Katrina, fossero state punizioni divine; e perfino avventati giudizi critici su Harry Potter. Ma naturalmente, il vero motivo di opposizione era ben altro: combattere un alfiere del rinnovamento ecclesiale nel senso voluto dal Papa, dopo decenni di anarchia postconciliare.
Ora, purtroppo, dobbiamo segnalare che Gehrard Wagner intende gettare la spugna e ha chiesto al Papa, dopo averne parlato col Vescovo, di poter rinunziare alla nomina.
E quel che è peggio, pare che il Vaticano abbia accettato, secondo un dispaccio on line del Wiener Zeitung datato 15 febbraio.
Il caso pare ricordare il pasticcio dell'anno scorso per la nomina in Polonia di mons. Wielgus quale arcivescovo di Varsavia: appena effettuata la nomina, erano state rese note dalla stampa sue compromissioni coi servizi segreti dell'epoca comunista. In quel caso, la rinunzia dell'interessato era stata sollecitata dalla S. Sede per togliersi da una situazione di scandalo. Sarebbe ben grave se, pure in questo caso di Linz, fosse stato lo stesso Vaticano, oggettivamente indebolito dalla questione Williamson, a spaventarsi delle reazioni e a chiedere discretamente al buon Wagner un passo indietro: lo lascia pensare, se la notizia sarà confermata, la fretta con cui la rinunzia sarebbe stata accolta.

Oremus pro Pontifice nostro Benedicto.
Dominus conservet eum, et vivificet eum, et beatum faciat eum in terra,
et non tradat eum in animam inimicorum eius. Amen

Da Messainlatino.it


Paparatzifan
00lunedì 16 febbraio 2009 18:40
Dal blog di Lella...

La Legione è allo sbando. Tradita dal suo fondatore

Nuove rivelazioni sulla seconda vita di padre Marcial Maciel. Non solo colpevole di abusi sessuali, ma anche con un'amante e una figlia. I Legionari di Cristo rischiano d'essere travolti. C'è chi invoca un visitatore apostolico. O un intervento diretto del papa

di Sandro Magister

ROMA, 16 febbraio 2009

Da una dozzina di giorni una insolita lettera circola tra gli 800 sacerdoti e i 2500 seminaristi della congregazione dei Legionari di Cristo, così come tra i 65 mila membri laici del movimento di apostolato Regnum Christi, presente in 30 paesi del mondo.
La lettera è del superiore generale della congregazione, padre Alvaro Corcuera. In essa, egli scrive che "stiamo vivendo momenti di dolore e sofferenza". E a tutti chiede perdono.
All'origine di questa sofferenza c'è il fondatore dei Legionari e del Regnum Christi, padre Marcial Maciel Degollado (nella foto), morto un anno fa a 88 anni di età e sepolto in Messico nel suo villaggio natale, Cotija de la Paz.
Nella lettera, il suo successore Corcuera riconosce "tutto il bene" compiuto dal fondatore: "Siamo in molti ad aver ricevuto da Dio, attraverso il carisma che ci ha trasmesso, ciò che dà un senso alle nostre vite".

Ma subito dopo scrive:

"È anche vero che egli è stato un uomo, e questi temi che ci hanno ferito, sorpreso – e che credo non possiamo spiegare con il nostro intelletto – stanno già davanti al giudizio di Dio".

Non una parola in più, nella lettera, sugli accennati "temi". Ma tra i Legionari e nel Regnum Christi ormai tutti lo sanno: padre Maciel ha avuto una figlia, una giovane che ora ha poco più di vent'anni e vive in Spagna, nata da una relazione non episodica ma continuata del sacerdote con una sua amante.
La notizia non è arrivata da fuori ma è stata accertata da un'indagine interna e segreta. Ed è piombata con inaudita forza dirompente su una congregazione già sconvolta da un precedente terremoto: anch'esso determinato dalla condotta del fondatore.

* * *

L'epilogo di questo precedente terremoto risale al 19 maggio del 2006, quando la congregazione per la dottrina della fede, con l'approvazione dichiarata di papa Benedetto XVI, ingiunse a padre Maciel – già ritiratosi pochi mesi prima da superiore generale dei Legionari – di dedicarsi "a una vita riservata di preghiera e di penitenza, rinunciando ad ogni ministero pubblico". A lui, per l'età avanzata e la salute malferma, fu risparmiato il processo canonico. Ma la sua colpevolezza fu riconosciuta di fatto: padre Maciel aveva compiuto abusi sessuali su numerosi suoi giovani discepoli, in un arco di alcuni decenni.

Sia padre Maciel che i nuovi dirigenti della congregazione obbedirono alla sentenza. Mai però ammisero pubblicamente la verità di quelle colpe.
Ma oggi che a quelle colpe se ne sono aggiunte altre, essi dichiarano di ritenerle vere. Nei primi giorni di febbraio, i portavoce dei Legionari l'hanno ammesso a più riprese. Negli Stati Uniti, Jim Fair ha confermato al "New York Times" che "siamo venuti a sapere di alcuni aspetti della vita di padre Maciel che sono molto difficili da capire, aspetti che non sono appropriati alla vita di un prete". E a Roma padre Paolo Scarafoni, già rettore del "Regina Apostolorum", il loro ateneo pontificio, ha dichiarato al quotidiano della conferenza episcopale italiana, "Avvenire": "La scoperta di questi aspetti sconcertanti è stata sicuramente dolorosa. Ma questo non toglie nulla all’opera fondata da padre Maciel, che semmai è la dimostrazione di come il Signore si sappia servire anche di strumenti imperfetti".
In queste ultime parole si intravvede tutta la questione seria che ora incombe sui Legionari: il terrore che l'indegnità del fondatore travolga l'intera opera.

* * *

Già dopo la sentenza del 2006 sia i Legionari che la Santa Sede avevano fatto il possibile per separare le sorti di padre Maciel dalla congregazione e dal movimento da lui fondati.
Ma l'impresa era ardua, in una comunità fortissimamente legata fin dalle origini alla figura del fondatore: seguito, imitato e quasi venerato per decenni come un modello di straordinaria virtù per tutti e per ciascuno.
Oggi, dopo la scoperta di ulteriori suoi comportamenti indegni, l'impresa si è fatta ancora più difficile.
Padre Corcuera, l'attuale superiore generale, nella lettera diffusa nei giorni scorsi ha lanciato un appello a "vedere tutto questo dalla prospettiva del Cuore di Gesù" e a "guardare avanti, non fermarci e non stancarci di fare il bene".
Ma la sua autorità è profondamente scossa. Padre Corcuera è stato sempre vicinissimo al fondatore. I misfatti compiuti da quest'ultimo per decenni si riverberano inesorabilmente su di lui, così come su altri dirigenti della congregazione.
Anche per motivi di storie personali, quindi, la congregazione dei Legionari di Cristo non sembra più avere in sé la capacità di autorigenerarsi.
Alcuni sacerdoti che nella congregazione godono di alta stima – Thomas Berg. Richard Gill e Thomas Williams – non vedono altra soluzione che un intervento d'autorità della Santa Sede.
Padre Berg, che è direttore negli Stati Uniti del Westchester Institute for Ethics and the Human Person, ha diffuso una lettera aperta nella quale denuncia il generale crollo di fiducia nei superiori della congregazione e auspica l'arrivo di un visitatore apostolico nominato da Roma, che assuma il comando, accerti le responsabilità di tutti e imponga le riforme necessarie a salvare quanto c'è di bene e recidere il male.

Se così avvenisse, sarebbe la congregazione vaticana per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, attualmente presieduta dal cardinale sloveno Franc Rodé, a nominare il visitatore e a dar seguito alle sue indicazioni.

Ma c'è chi non si fida di una curia vaticana che oggi – il caso dei lefebvriani insegna – sta dando una pessima prova di sé; e che nel caso specifico, da quando nel 1998 la condotta di padre Maciel è finita sotto osservazione, ha ripetutamente operato più per ostacolare le indagini che per fare chiarezza.

Per superare, nel 2006, le ultime resistenze all'ingiunzione a padre Maciel di ritirarsi a vita penitenziale, ci volle un ordine diretto di Benedetto XVI. Il segretario di stato dell'epoca, cardinale Angelo Sodano, difese il fondatore dei Legionari fino all'estremo.

E oggi di nuovo, a maggior ragione, solo il papa in persona potrà salvare il salvabile? È ciò che pensa un intellettuale cattolico famoso, grande estimatore dei Legionari di Cristo, l'americano George Weigel, membro dell'Ethics and Public Policy Center di Washington. L'ha scritto in una nota pubblicata il 9 febbraio sull'edizione on line di "First Things", la più "ratzingeriana" delle riviste di cultura cattolica degli Stati Uniti.
A giudizio di Weigel solo una personalità forte, che sia nominata direttamente dal papa e a lui solo risponda, potrà operare con buone speranze per una rigenerazione dei Legionari di Cristo e "per il bene dell'intera Chiesa cattolica".

© Copyright www.chiesa



Che tristezza!!! [SM=g7966] [SM=g7966] [SM=g7966] [SM=g7966] [SM=g7966]


Paparatzifan
00lunedì 16 febbraio 2009 20:46
Dal blog di Lella...

Sulla triste vicenda della revoca del vescovo eletto mons. Wagner ad ausiliare di Linz

Il sacerdote austriaco, Gerhard Maria Wagner, ha chiesto al Papa di revocare la sua nomina a vescovo ausiliario di Linz. Lo riferisce l'agenzia di stampa Kathpress. Il Vaticano avebbe acconsentito alla richiesta.
"Alla luce delle pesanti critiche, ho deciso, dopo preghiere e un consulto con il vescovo, di chiedere al Santo Padre di ritirare la mia nomina", si legge in un comunicato diffuso da Wagner. La promozione era stata accolta da un ruggito mediatico fomentato da buona parte della comunità cattolica austriaca. Wagner in passato si era lanciato in commenti teologico-moralistici di eventi di cronaca davvero appetitosi per i media che desiderano agitare le acque ecclesiali: aveva definito "satanici" i libri della scrittrice britannica J.K Rowling dedicati al maghetto Harry Potter e era stato accusato di aver affermato che l'uragano Katrina era stata una punizione divina contro l'immoralità di New Orleans. In realtà, pare avesse solo posto, nel bollettino parrocchiale (attento don Matteo Ragazzo) una domanda: se il "notevole" incremento di disastri naturali come l'uragano Katrina, non potesse essere visto come il risultato dell'inquinamento causato dagli essere umani, o il risultato di un "inquinamento spirituale". Padre Wagner avrebbe poi spiegato alla Associated Press, che non aveva mai inteso parlare di "retribuzione divina", ma solo aprire un dibattito sulla connessione di eventi.

Il nome di Wagner, poi, pare non fosse nella terna proposta dall'episcopato a Roma (cf. can. 377 §4: il Vescovo diocesano che ritenga si debba dare un ausiliare alla sua diocesi, proponga alla Sede Apostolica un elenco di almeno tre presbiteri idonei a tale ufficio).
Già questo la dice lunga su come i Signori che presiedono alla Congregazione dei Vescovi intendano il loro potere.
Una riunione di Vescovi austriaci era stata convocata d'urgenza per oggi, lunedì 16, dal Card. di Vienna, anche per discutere di un'altra nomina controversa: quella relativa al vescovo ausiliare Elmar Fisher, nominato alla diocesi di Bergenz, finito anche lui nell'occhio del ciclone della polemica per essere, diciamo, "troppo ortodosso", secondo gli standard centroeuropei, che per gli italiani progressisti sono un tantino sbilanciati sull'eresia.

Comunque sia, questa rinuncia su pressione mediatica, ci insegna qualcosa:

1) Come commentavo in altra sede, cari sacerdoti, state attenti a cosa dite in pubblico e ai giornalisti. Oggi, con internet, le parole restano a fluttuare nel mare del Web e sono facilemente reperibili, anche a distanza di anni, semplicemente digitando il vostro nome su Google. E i giornalisti lo fanno, eccome se lo fanno. E se avrete detto stupidaggini pubbliche che vi potevate risparmiare, anche se non c'entrano nulla con i problemi di attualità, vi verranno rinfacciate per mettervi in difficoltà.
Quanta ingenuità e maleducazione mediatica c'è oggi nella Santa Chiesa. Hai voglia, caro Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali a darti da fare! Forse si potrebbe ricominciare facendo un minimo di corso in media education ai Vescovi e ai superiori generali degli istituti religiosi.

2) Questa vicenda, dice Damian Thompson su Holy Smoke, potrebbe anche far del bene, nel senso di persuadere i supporters di Papa Benedetto in Vaticano, che è proprio necessario agire insieme, consultarsi e mettersi d'accordo. Non ognuno per conto suo. E ricorda le cose urgenti da fare: investigazione sui Legionari di Cristo che hanno coperto le malefatte del fondatore, nominare santi uomini a New York e Westminster, che mettano in atto le indicazioni politiche e magisteriali di Papa Benedetto.

3) Forse c'è anche da chiedersi se nella Curia Romana non ci sia qualche lotta per la ridistribuzione del potere. Come mai una cosa tanto delicata come la nomina di un vescovo fa reagire in maniera sproporzionata? (qualche brontolio c'è sempre, ma un'ondata di proteste, ancorchè orchestrate non può non essere prevedibile). Possibile che nessuno conoscesse l'opinione dei vescovi austriaci sull'eletto vescovo?
Il panorama non è incoraggiante: una Segreteria dei Stato debole, in balia di tutti i Vescovi che gridano, una Congregazione che fa le nomine senza tener conto delle terne speditegli (cosa tutt'altro che infrequente, d'altronde, e a volte è un bene!), cardinali pensionandi della vecchia guardia che temono il cambiamento di rotta voluto e strenuamente pianificato da un Papa che può parlare e farsi sentire (differentemente dal suo beneamato predecessore negli ultimi anni).
La Curia deve capire e soprattutto mostrare a tutto il mondo di essere un docile e forte strumento per l'esercizio dell'autorità e delle prerogative del Papa, non un organo che esercita indipendentemente il potere.

4) Bisogna ricompattare il clero e i vescovi, attorno al centro, non contro il centro. La "fronda" contro il Papa, soprattutto nei paesi germanici, sta diventando avvilente (nonostante le eccezioni di parecchi parroci tedeschi, in opposizione, ahimè, ai loro vescovi).
La svolta antiliberale, più che conservatrice, è necessaria alla Chiesa. Chi non lo capisce, e ha paura di veder perdere la propria linea ideologica, si mostra tanto vecchio quanto chi rifiuta in blocco il Concilio Vaticano II. Ma non è possibile che i decani della diocesi di Linz ufficialmente rifiutino, come è avvenuto, martedì 10 febbraio 2009, la nomina di un vescovo ausiliare. E' ancor meno tollerabile l'esternazione dell''arcivescovo di Salzburg, che ha accusato il Vaticano di voler "ridurre la Chiesa ad una setta, in cui non rimarrà che un gruppuscolo di membri fedeli alla linea ufficiale" (FONTE Le Monde del 13 febbraio 2009). L'ortodossia non è "la linea ufficiale", è la linea di Cristo preservata dalla sua Chiesa. Che un vescovo non ci arrivi, se le sue parole sono veramente quelle, è semplicemente raccapricciante.

5) Per finire: pare, sempre secondo Thompson, che ci siano voci sul fatto che Benedetto XVI era il primo a non essere contento della nomina di Wagner (certo che poteva anche dirlo prima, sant'uomo di un Papa, ha sempre timore di offendere). Ma queste sono solo voci.

© Copyright Cantuale Antonianum


Paparatzifan
00lunedì 16 febbraio 2009 20:57
Dal blog di Lella...

Il vescovo ausiliare di Linz rinuncia alla nomina

di Andrea Tornielli

Due settimane dopo la pubblicazione della nomina, il nuovo vescovo ausiliare eletto della diocesi austriaca di Linz, Gerhard Wagner, ha rinunciato.
Lo ha fatto dopo l’onda montante delle polemiche scaturite in Austria per alcune sue vecchie dichiarazioni riguardanti il ciclone Katrina che ha distrutto New Orleans, e la saga di Harry Potter. Wagner, definito “ultraconservatore”, aveva sconsigliato la lettura dei romanzi del maghetto, definendoli “satanici”.

E questo, sinceramente, non ci sembra argomento tale da far rinunciare all’episcopato, a meno che esistano pronunciamenti dell’ex Sant’Uffizio su Harry Potter (se è così, lo scrivente e due dei suoi tre figli, sarebbero passibili di scomunica…).

Diversa è la questione della dichiarazione sull’uragano: Wagner aveva detto che Katrina, l’uragano del 2005, era stato una sorta di punizione divina per l’immoralità di New Orleans. Il sacerdote aveva detto che non per caso erano state distrutte «le cinque cliniche dove si praticava l’aborto e i postriboli», e si era chiesto se «la catastrofe naturale non fosse la conseguenza di una catastrofe spirituale».
Se non ricordo male, qualcosa di simile sull’AIDS lo disse a suo tempo il cardinale Siri. In ogni modo, il punto è un altro. La nomina dell’ausiliare di una diocesi difficilmente può passare sopra la testa del vescovo titolare della diocesi stessa, che il nuovo eletto è chiamato ad aiutare.

Il vescovo di Linz voleva Wagner? E ancora: queste dichiarazioni su Katrina ed Harry Potter, non sono state pronunciate nella notte dei tempi, ma pochi anni fa. Nessuno a Roma, nelle competenti congregazioni, le conosceva? Nessuno si è chiesto se ostavano o meno alla nomina episcopale?

Non conosco Wagner, non ho alcuna simpatia per le sue affermazioni, trovo che quella su Katrina sia stata quantomeno di cattivo gusto, perché se fossi un abitante di New Orleans che ha perso parenti e amici nell’alluvione e mi sentissi dire queste cose da un prete, tempo che non reagirei molto bene.

Però… non posso fare a meno di notare che qualcosa non funziona in una Chiesa nella quale vescovi e illustrissimi cardinali contestano apertamente il magistero, pur rimanendo osannati e riveriti, mentre altri sono costretti a rinunciare all’episcopato per aver contestato non la dottrina sulla transustanziazione, ma i romanzetti di Harry Potter.

Dal blog di Andrea Tornielli


+PetaloNero+
00martedì 17 febbraio 2009 01:03
Da Petrus

Religione & Vacanze, la proposta di Monsignor Marchetto: “Cappellani anche sulle navi da crociera”

CITTA’ DEL VATICANO - "A livello mondiale, le crociere costituiscono una grossa industria in rapido sviluppo, non solo per la stazza e il numero di navi in costruzione, ma anche per la quantita' di passeggeri che possono trasportare e di membri dell'equipaggio necessari". Per questo, spiega ai microfoni della Radio Vaticana Monsignor Agostino Marchetto, "e' di estrema importanza che la Chiesa 'viaggi' assieme a loro e ove possibile cerchiamo che ci siano cappellani a bordo: una nave con 5000 persone, per esempio, per noi e' una 'parrocchia' galleggiante. I marittimi, poi, spesso vivono in mare per mesi, separati dalle famiglie e dagli amici". L'intervista e' stata trasmessa per presentare un raduno mondiale dei cappellani del mare promosso dal dicastero per la pastorale dei migranti e degli itineranti.

+PetaloNero+
00martedì 17 febbraio 2009 01:03
Da Petrus

Fede & Calcio, alla ‘Clericus Cup’ sbarcano i sacerdoti brasiliani: “Vogliamo vincere come i campioni della nostra nazionale”

CITTA’ DEL VATICANO - Anche il calcio del Vaticano da quest'anno avra' il suo Brasile. Alla Clericus Cup, che prendera' il via giovedi' con la presentazione ufficiale al Salone d'onore del Coni, da quest'anno partecipera' pure la squadra del Collegio Brasiliano di via Aurelia, e automaticamente il torneo del calcio pontificio avra' la sua grande favorita ''perche' il Brasile nel 'futebol' - spiega Fabio Guimaraes, 29enne ex surfista di Rio ed ora sacerdote - scende sempre in campo per vincere”. Don Fabio e' un po' il Ronaldinho dei preti brasiliani, che nelle partite della Clericus Cup vestiranno una maglia gialla con bordi verdi, come la Selecao vera, e avranno anche loro al seguito una folta e colorita 'torcida', magari con una rappresentanza femminile ai minimi termini rispetto a chi segue abitualmente la nazionale pentacampione del mondo. Il traguardo e' quello della finale del 23 maggio, data scelta non a caso dagli organizzatori del torneo del Vaticano perche' a ridosso della sfida del 27 che, sempre a Roma, assegnera' la Champions League: come dire che il calcio pontificio sta cercando di avvicinarsi all'Uefa. Ma come mai finora il Brasile, ovvero il paese-simbolo del calcio, non aveva una sua squadra nel torneo pontificio pur potendo contare su un buon numero di sacerdoti e seminaristi che, a Roma, si divertono con il pallone? ''Quest'anno ricorre il 75/o anniversario del nostro collegio - spiega don Fabio - e allora abbiamo deciso che il Brasile doveva assolutamente avere una sua squadra nella Clericus Cup, visto che qui in via Aurelia abbiamo un campo e giochiamo spesso, nonostante gli altri impegni. In passato alcuni di noi avevano giocato per la selezione dell'universita' Gregoriana, ma era arrivato il momento di 'metterci in proprio'. Negli anni scorsi il nostro collegio non aveva avuto la sua squadra nella Clericus Cup perche' molti dei sacerdoti che c'erano prima avevano oltre i 35 anni e pur amando il calcio non avevano il tempo, e anche la forza, di praticarlo, ed erano troppo presi da studio ed attivita' ecclesiastiche. Ora pero' l'eta' media e' calata, quindi siamo pronti, grazie anche a qualche rinforzo, sempre brasiliano, che viene dal Don Orione''. Anche l'allenatore e' un sacerdote che viene da Rio de Janeiro, don Edoardo Braga, ed e' sicuro che la sua Sele‡ao targata Vaticano possa battere le altre favorite, ovvero Mater Ecclesiae, Redemptoris Mater ed Istituto Polacco. E chissa' che a forza di giocare, e di vincere, qualche connazionale illustre non si accorga di loro. ''Non abbiamo contatti con i calciatori brasiliani della Roma o quelli di altri club italiani - rivela Guimaraes - ma ci piacerebbe che qualcuno di loro una volta ci venisse a trovare. Di sicuro sarebbero i benvenuti...''. Intanto, ammette don Fabio, anche nella squadra del Collegio Brasiliano ci sara' chi sotto alla maglia verdeoro indossera' la t-shirt con la scritta ''I belong to Jesus'' (appartengo a Gesu'): Kaka' e' protestante evangelico e non cattolico, ma ha fatto scuola.


+PetaloNero+
00martedì 17 febbraio 2009 01:04
Da Petrus

G7, la delusione dell’Osservatore Romano: “Ignorati gli aiuti ai Paesi poveri”

CITTA’ DEL VATICANO - Nel comunicato finale del G7 ''si e' ribadita la necessita' di azioni mirate alla stabilizzazione dei mercati e al sostegno della crescita e dell'occupazione, ma non una sola parola e' stata spesa sugli aiuti ai Paesi piu' poveri''. Il rimprovero ai Grandi viene dall'Osservatore Romano che, in un articolo a firma di Luca Possati, denuncia che l'allarme lanciato dalla Banca mondiale ''e' rimasto sostanzialmente inascoltato''. Secondo l'istituto, oltre il quaranta per cento dei Paesi in via di sviluppo e' gia' esposto alle ricadute negative della crisi e circa quarantasei milioni di persone potrebbero finire in condizioni di poverta' estrema. Nell'articolo, dal titolo ''Nella terra incognita della crisi nuove regole possono non bastare'', il quotidiano vaticano giudica insufficiente l'intesa raggiunta, volta apparentemente ad evitare misure protezionistiche che possano arrecare danno. Troppo poco, secondo Possati, che ricorda le parole del presidente della Banca Mondiale sul grave rischio di aumento dei poveri piu' vulnerabili. ''Un problema - conclude l'articolo - che non potranno non porsi i protagonisti del G20 in programma ad aprile''. Nello stesso numero di domani, l'Osservatore romano pubblica un messaggio dei vescovi dei dipartimenti d'oltremare, allarmati dall' esacerbarsi dei conflitti sociali provocati dalla crisi economica nei loro territori: Reunion, Guyana francese, Guadalupa e Martinica. I presuli invitano le istituzioni a non ignorarli e ''a prendere sul serio il grido che si leva''.
+PetaloNero+
00martedì 17 febbraio 2009 16:04
Convocato il Concistoro ordinario per dieci nuovi Santi tra cui padre Damiano l'angelo dei lebbrosi di Molokai e don Arcangelo Tadini fondatore delle Suore operaie


La Chiesa si prepara, nei prossimi mesi, alla canonizzazione di 10 nuovi Beati. In un comunicato, mons. Guido Marini, maestro delle Cerimonie pontificie, ha notificato per sabato prossimo, 21 febbraio, alle ore 11, la convocazione del Concistoro ordinario pubblico nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico, dove i cardinali - durante la celebrazione dell’Ora sesta - procederanno al voto sulle Cause di canonizzazione. Tra le figure dei nuovi Santi, sette uomini e tre donne, spicca fra gli altri quella di Jozef Damian de Veuster, più semplicemente conosciuto come “padre Damiano”, che per 12 anni, alla fine dell’Ottocento, fu apostolo dei lebbrosi sull’isola di Molokai, nell’arcipelago delle Hawaii. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Trentatremila lebbrosi. In tanti furono, nel 1967, a chiedere a Paolo VI di beatificare il loro angelo, “padre Damiano”, malato del loro stesso male ma soprattutto un cristiano capace di un sacrificio immenso tra i reietti che fanno spavento con le loro sembianze deturpate. E tra qualche tempo sarà Santo Jozef Damian de Veuster, originario delle Fiandre dove nasce nel 1840. Entrato nella Congregazione dei “Sacri Cuori di Gesù e Maria”, nel 1864 Damiano attraversa il mondo: 138 giorni di navigazione per raggiungere Honolulu, sua terra di missione, nell’Arcipelago delle Hawaii che ancora non ha questo nome. La svolta avviene nel 1873. Il suo vescovo cerca preti volontari per l’isola lazzaretto di Molokai, dove il governo confina tutti i malati di lebbra: si offrono in quattro, per turni di 34 settimane, e tra loro c’è padre Damiano, che va per primo a Molokai. Non farà più ritorno, perché il governo teme il contagio e gli proibisce di lasciare l’isola, dove i lebbrosi muoiono a ritmo impressionante. Padre Damiano cura le anime, lava le piaghe, distribuisce medicine, stimola il senso di dignità dei malati, che si organizzano, lavorano la terra, creano orfanotrofi. Poi, nel 1885, la scoperta: anche lui è stato contagiato. Quando muore, mille malati di lebbra lo seppelliscono ai piedi di un albero. Nel 1936 il suo corpo verrà riportato in Belgio, a Lovanio.


Una storia completamente diversa per epoca e luoghi, ma anch’essa legata a una vicenda di segregazione è quella del polacco Zygmunt Szczęsny Feliński, originario di Wojutyn oggi in Ucraina. Nel 1862, il Beato Papa Pio IX lo nomina arcivescovo metropolita di Varsavia, dove mons. Feliński si segnala per una decisa azione di rinascita spirituale e morale della nazione. Fonda le Suore della Famiglia di Maria, ma paga gli esiti della fallita rivoluzione antizarista del 1863. La sua fedeltà a Roma gli vale l’arresto e la deportazione in Russia. Trascorre 20 anni in una località sul Volga, dove diventa l’apostolo dei cattolici e degli esiliati in Siberia, riuscendo perfino a costruire una chiesa. Liberato per intervento della Santa Sede nel 1883, non gli viene concesso il ritorno a Varsavia e trascorre gli ultimi 12 anni della sua vita nella diocesi di Leopoli, sempre impegnato per il bene spirituale dei contadini polacchi e degli ucraini. Muore a Cracovia nel 1895.


Ma fitta è la schiera dei prossimi Santi vissuti come mons. Feliński nel XIX secolo. L’italiano Arcangelo Tadini, della provincia bresciana, è sacerdote e formidabile insegnante elementare e sensibile all’aspetto sociale dell’evangelizzazione. Crea una filanda per evitare l'emigrazione delle ragazze del paese, e un pensionato per lavoratrici. Nel 1900, fonda le Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth, religiose a pieno titolo ma impegnate come vere e proprie operaie. Ed è bresciana anche suor Gertrude Comensoli, al secolo Caterina, che nel 1882, a 35 anni, fonda l’Istituto delle Suore Adoratrici del SS.mo Sacramento, un Istituto dedito alla formazione di giovani e all’adorazione Eucaristica, che si diffonderà in tutta Italia e anche all’estero. L’adorazione dell’Eucaristia è anche al centro della missione della napoletana Caterina Volpicelli, fondatrice dell’Istituto delle Ancelle del Sacro Cuore. La sua comunità diventa un vero centro di irradiazione spirituale: da essa partirà il Beato Bartolo Longo, guarito in salute, convertito alla fede, per cominciare la grande opera del Santuario di Pompei. E alla Volpicelli e alle sue figlie viene affidato l’incarico di organizzare le Adorazioni nella cattedrale di Napoli quando la città il 21 novembre 1891 ospita il primo Congresso eucaristico nazionale. Francese è Marie de la Croix, al secolo Jeanne Jugan, che dopo un’infanzia trascorsa come domestica in un castello matura la sua vocazione: aiutare gli anziani soli. Con un’amica affitta una casa e inizia ad accogliervi vecchi soli e malati. E’ il “nucleo” di quella che sarà la Congregazione da lei fondata, le Piccole Sorelle dei poveri.


Tra i prossimi Santi figurano anche due spagnoli. Di Burgos, dove nasce nel 1911, è Rafael Arnaíz Barón che, sin da giovanissimo, decide di farsi trappista. “Dio ha fatto la Trappa per me e me per la Trappa”, confiderà in una lettera alla famiglia. Quando il diabete mellito lo colpisce, è costretto a lasciare l’amato luogo di contemplazione, ma chiede e ottiene di esservi riaccolto come semplice “oblato” e muore dopo soli 19 mesi e 12 giorni di permanenza nella Trappa. I molti scritti spirituali che ha lasciato fanno oggi di lui uno dei più grandi mistici del XX secolo. Degli inizi dell’Ottocento è invece Francisco Coll y Guitart, Domenicano. Per quarant’anni si dedica alla predicazione del Vangelo in tutta la Catalogna: le missioni al popolo e individuali diventano un importante strumento di rinnovamento religioso della società. Si dedica in particolare alla formazione delle giovani nei luoghi più poveri ed emarginati affidandole alle Suore Domenicane dell’Annunziata che egli stesso fonda nel 1856.
Le storie di due dei futuri Santi arrivano invece dal Medioevo. Più antica è quella di Bernardo Tolomei, al secolo Giovanni, che nasce a Siena nel 1272. A 40 anni, dopo una vita intensamente religiosa, si ritira ad Accona, una zona di campagna deserta e incolta tra collinette di creta. Con alcuni amici, scava delle grotte per vivere da eremita. Dopo qualche anno, gli eremiti decidono di unirsi, vivendo in comunità sull’altura di Monte Oliveto, presso Buonconvento, a sudest di Siena. Qui nasce nel 1319 il monastero di Santa Maria, con la Regola benedettina. Bernardo fa eleggere come primo abate il suo amico Patrizio Patrizi, ma poi dovrà obbedire ai monaci, che vogliono lui per capo fino alla morte. Intanto è chiamato a fondare una decina di altri monasteri. E così si ritrova inaspettatamente fondatore e capo di un Ordine religioso, coi suoi ancora oggi notissimi “monaci bianchi”. Di alcuni decenni più giovane è il portoghese Nuno Alvares Pereira. Da giovane, diventa eroe di guerra ed artefice - con la vittoria nella battaglia di Atoleiros - dell'indipendenza del Portogallo dagli altri regni della penisola iberica. Ma anche nel suo caso, c’è un radicale cambio di vita. Alla morte della moglie, nel 1423, Pereira lascia le armi e si ritira per il resto dei suoi giorni come fratello laico, assumendo il nome di Nuno de Santa Maria. Muore la Domenica di Pasqua del primo aprile 1431, mentre era intento a leggere la Passione secondo Giovanni.


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+PetaloNero+
00martedì 17 febbraio 2009 16:04
Mons. Fisichella : il rischio della "deriva genetica" non è solo teorico. Presentato il Congresso sul tema della Pontificia Accademia per la Vita


Verificare se all’interno della sperimentazione genetica siano presenti aspetti che attuano di fatto un’azione eugenetica. E' l’obiettivo del Congresso internazionale incentrato sul tema “Le nuove frontiere della genetica e il rischio dell’eugenetica” che si terrà venerdì e sabato prossimi in Vaticano. L'avvenimento, promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita, è stato presentato stamani nella Sala Stampa della Santa Sede. Alla conferenza stampa hanno partecipato l'arcivescovo Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Ignacio Carrasco de Paula, cancelliere del medesimo dicastero, e il prof. Bruno Dallapiccola, docente di Genetica medica all’Università “La Sapienza” di Roma. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

Le conquiste genetiche - ha detto mons. Fisichella - appartengono al costante e spesso frenetico progresso tecnologico che sembra non avere più confini: oggi è possibile la mappatura di migliaia di geni che permettono la conoscenza di diverse tipologie di malattie e viene offerta spesso la concreta possibilità di superare la patologia ereditaria. Ma ogni conquista scientifica porta sempre con sé, inevitabilmente, quello sguardo bifronte che mostra la bellezza e insieme la tragicità. Diversi progetti in ordine scientifico, biologico e politico - ha spiegato mons. Fisichella - comportano “un giudizio etico, soprattutto quando si vuole sostenere che si attua un’azione eugenetica in nome di una ‘normalità’ di vita":

“Questa mentalità certamente riduttiva, ma presente, tende a considerare “che ci siano persone che hanno meno valore di altre, sia a causa della loro condizione di vita quali la povertà o la mancanza di educazione, sia a causa della loro condizione fisica: ad esempio i disabili, i malati psichici, le persone in cosiddetto ‘stato vegetativo’, le persone anziane con gravi patologie”.

“Un sottile formalismo linguistico unito a una buona pubblicità sostenuta da grandi interessi economici - ha osservato mons. Fisichella - fa perdere di vista i veri pericoli sottesi e tende a creare una mentalità non più in grado di riconoscere l’oggetivo male presente e formulare un giudizio etico corrispondente”. Il rischio di una deriva della genetica - ha aggiunto - non è solo un richiamo teorico, ma appartiene purtroppo a una mentalità che tende lentamente, ma inesorabilmente, a diffondersi. Mons. Ignacio Carrasco de Paula ha poi ricordato l’obiettivo principale del Congresso:

“L’obiettivo principiale è di richiamare l’attenzione di tutti sui notevoli benefici che possiamo ottenere dalla ricerca genetica se - come sembra corretto e auspicabile - vengono indirizzati verso di essa sia l’impegno dei ricercatori che gli investimenti pubblici e privati, superando la tentazione delle apparenti scorciatoie proposte dalla eugenetica”.

Il professor Bruno Dallapiccola si è soffermato sulle conseguenze legate alla conoscenza del genoma umano: molte conoscenze mediate dalla genetica prima di essere sperimentate - ha affermato - vengono trasferite al “mercato della salute e sono proposte agli utenti al di fuori dei protocolli” con i quali la medicina dovrebbe avvicinarsi alle innovazioni diagnostiche. Il riconoscimento della variabilità biologica aiuta comunque a guardare “ad ogni paziente non più come ad un numero e neppure come ad un semplice prodotto del codice genetico, ma - ha aggiunto il prof. Dallapiccola - come ad una persona”:

“C’è una grande ammirazione per questo progresso scientifico che veramente sta cambiando la vita. La comprensione delle basi biologiche delle malattie ci consente di migliorare gli approcci diagnostici. Ma naturalmente servono prudenza e cautela nell’uso perché non tutto ciò che viene venduto come 'oro colato' effettivamente può fare il bene dell’umanità”.

Rispondendo alle domande dei giornalisti, mons. Fisichella ha infine sottolineato come il pensiero della Chiesa, anche su temi legati all’inizio e alla fine della vita, non debba mai essere emarginato:

“Perlomeno in una società democratica laica, le istanze che sono presenti sul territorio devono essere non soltanto sentite. Il legislatore stesso dovrebbe avvertire l’esigenza di sentire le varie istanze per cercare di arrivare a formulare poi una legislazione che sia più possibile conforme a quella società pluralistica nella quale anche i cattolici si trovano”.






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Paparatzifan
00martedì 17 febbraio 2009 18:12
Dal blog di Lella...

Gerhard Wagner: troppo conservatore per essere vescovo

feb 17, 2009 il Riformista

di Paolo Rodari

È dall’episcopato austriaco, oltre che tedesco e francese, che sono arrivate nelle scorse settimane le critiche più aspre alla decisione del Papa di revocare la scomunica ai lefebvriani (un caso ancora non risolto: ieri, infatti, è intervenuto il superiore della Fraternità San Pio X, monsignor Bernard Fellay, a chiedere «chiarimenti urgenti» sulla revoca e sulla reintegrazione nella Chiesa Cattolica). Tra le critiche austriache, quella del vescovo di Salisburgo, Alois Kothgasserm, il quale senza mezzi termini ha detto che con Papa Ratzinger la Chiesa «si sta riducendo a una setta».

Parole gravi, in merito alle quali, il presidente della Conferenza episcopale austriaca, il cardinale Christoph Schönborn, non ha preso alcun provvedimento.

E, sempre Schönborn, nessun provvedimento ha pensato di prendere nelle scorse ore a seguito della notizia che riguarda un altro suo confratello, il vescovo Gerhard Wagner. Questi, soltanto due settimane fa (il 31 gennaio), era stato nominato dal Papa vescovo ausiliare della diocesi austriaca di Linz. Un po’ come è avvenuto con Richard Williamson, Wagner, appena nominato, ha subìto da parte dei media del suo paese una serie violentissima di accuse per colpa di alcune sue vecchie dichiarazioni. Se nel caso Williamson le dichiarazioni contestate erano quelle negazioniste sulla Shoah, qui a essere sotto torchio sono quelle che Wagner dedicò tempo addietro al ciclone Katrina che distrusse New Orleans e alla saga di Harry Potter (proprio così: alla saga di Harry Potter). Nel 2001 Wagner aveva messo in guardia i giovani dalla lettura dei romanzi del ciclo di J. K. Rowling perché, a suo dire, portano a forme di «satanismo». Mentre, nel 2005, il presule (allora era ancora un semplice sacerdote) disse apertamente che l’uragano Katrina era una sorta di punizione divina per l’immoralità di New Orleans: «Non per caso - spiegò - sono state distrutte le cinque cliniche dove si pratica l’aborto e i postriboli». «La catastrofe naturale - si chiese ancora Wagner - non è forse la conseguenza di una catastrofe spirituale?».
Le accuse a Wagner sono montate giorno dopo giorno. Sui media austriaci il caso ha avuto sempre più spazio. I giornali lo hanno bollato come “ultraconservatore”, etichetta che in certi Paesi pesa come una maledizione.

E, di fatto, visto anche il silenzio in merito dei suoi confratelli vescovi, hanno obbligato il presule alle dimissioni.

Poche ore fa, infatti, Wagner ha deciso di rinunciare all’incarico affidatogli da Roma: «Alla luce delle pesanti critiche - ha detto - ho deciso, dopo preghiere e un consulto con il vescovo, di chiedere al Santo Padre di ritirare la mia nomina». Così, ha detto, «mi potrò sentire più leggero in confronto alle scorse notti».

Questo sta succedendo alla Chiesa: mentre presuli e porporati possono liberamente attaccare il Pontefice per la revoca della scomunica ai lefebvriani, un presule ausiliare (dunque un monsignore che svolge semplicemente una funzione di supporto a quella del vescovo titolare) deve dimettersi per dichiarazioni rese in passato sui romanzi di Herry Potter e sull’uragano Katrina.

Dichiarazioni (soprattutto quelle su Katrina) gravi ma che, rilasciate tempo addietro a dei media in modo estemporaneo, non dovrebbero costringere un vescovo appena eletto a dimettersi.
In Vaticano si è indecisi sul da farsi. Anche se, secondo l’agenzia di stampa cattolica Kathpress, la Santa Sede avrebbe già acconsentito alla richiesta di Wagner, pare che le cose siano ancora in stand by. Da una parte c’è chi ritiene che non sia possibile che la congregazione dei vescovi non fosse a conoscenza, prima della nomina, delle dichiarazioni rese in passato da Wagner. E, quindi, c’è chi pensa che, avendo giudicato Wagner eleggibile, ora non si debba fare passi indietro e, anzi, occorra non accettare la richiesta di dimissioni. Dall’altra, c’è chi fa notare come non soltanto i media, ma anche la leadership dell’episcopato austriaco stia mantenendo una condotta parecchio critica nei confronti di Wagner e, dunque, per non provocare tensioni all’interno dell’episcopato, occorra accettare la volontà espressa dal presule.
Ieri pomeriggio Schönborn ha convocato una riunione straordinaria dei vescovi per parlare del caso. In questa sede nessuno l’ha difeso.
Anzi, il documento finale dell’assise di fatto sconfessa la scelta di Roma di nominarlo vescovo e, incredibilmente, chiede che il Vaticano (e quindi il Papa) faccia proprio un migliore processo di scelta ed esame nelle nomine episcopali. I vescovi hanno scritto che non vogliono un ritorno ai tempi del Kaiser, quando era l’imperatore a scegliere i vescovi. E nemmeno un balzo in una sorta di democrazia ecclesiastica, ma più che altro che prima che le decisioni del Papa vengano prese vi siano «fondamenti affidabili e ampiamente provati sui quali egli possa appoggiarsi». Si sente, dietro queste parole, il disappunto austriaco sul caso Williamson, e, insieme, si avverte un certo malcontento contro l’attuale governo vaticano.

Nei prossimi mesi in Austria vi saranno parecchie nomine importanti e l’episcopato, con le parole scritte nel comunicato, ha lanciato un messaggio inequivocabile a Roma.

Nella Curia romana, coloro che ritengono che non si debbano accettare le dimissioni di Wagner pensano che si debba mandare un segnale forte diretto alla leadership dell’episcopato austriaco. Un segnale che faccia capire chi è che comanda. Un segnale che arrivi sia alle orecchie del nuovo nunzio, l’arcivescovo Peter Stephan Zurbriggen, sia a quelle di Schönborn, un porporato considerato più ratzingeriano di Ratzinger.

© Copyright Il Riformista, 17 febbraio 2009


Paparatzifan
00martedì 17 febbraio 2009 18:30
Dal blog di Lella...

Papa/ Vescovi austriaci in rivolta,via ultraconservatore Wagner

Dimissioni, non ancora accolte, prima di riunione crisi a Vienna

Città del Vaticano, 16 feb. (Apcom)

Dal Vaticano non arriva nessuna conferma, ma le dimissioni del vescovo ausiliare di Linz, in Austria, appaiono ormai come l'irrevocabile conseguenza di quella che somiglia ad una rivolta dell'episcopato austriaco nei confronti del Papa tedesco.
Cinquantaquattro anni, Gerhard Maria Wagner era stato nominato lo scorso 31 gennaio dal Papa, suscitando, subito, le proteste di fedeli, sacerdoti e anche del Capitolo del Duomo di Linz. Il personaggio era infatti noto. Prete della parrocchia di Windischgarsten, le sue posizioni ultraconservatrici lo avevano proiettato sul proscenio dei mass media internazionali.

omissis

Ce n'era abbastanza per un malumore che è montato tra preti e fedeli austriaci al momento della sua promozione a vescovo. In segno di polemica, alcune decine di fedeli hanno abbandonato le chiese di Linz. "Se qualcuno nei giorni scorsi ha voltato le spalle alla Chiesa, vorrei invitarlo a tornare in ragione della fede nella comunità della Chiesa", afferma oggi il vescovo della cittadina austriaca, Ludwig Schwarz.
La perplessità si è andata poi a sommare alla sorpresa suscitata, in Austria, dalla revoca decisa dal Papa della scomunica ai lefebvriani. E così il cardinale Christoph Schoenborn, arcivescovo di Vienna, e il vescovo Egon Kappellari, entrambi amici di Ratzinger, si sono precipitati a Roma, la scorsa settimana, per convincere il Papa della necessità di una svolta. Consultazioni culminate in una riunione straordinaria dell'episcopato austriaco che si è svolta oggi a Vienna per affrontare la "crisi". "E' fuori questione - affermano i vescovi nel comunicato finale - che al Papa spetta la libera nomina dei vescovi. I vescovi non desiderano alcun ritorno al passato, nel quale - come accadeva nel 1918 - era il Kaiser a nominare i vescovi. Né un 'voto popolare' dei vescovi eviterebbe conflitti e partigianerie". I presuli, tuttavia, sottolineano che "prima che il Santo Padre prenda l'ultima decisione, ci devono essere fondamenti affidabili e ampiamente provati sui quali egli possa appoggiarsi".
Memori delle polemiche sollevate da alcune nomine episcopali di Wojtyla, e in vista di una serie di pensionamenti imminenti, evidenziano che "i fedeli attendono con ragione che il processo nella ricerca dei candidati, l'esame delle proposte e l'ultima decisione venga presa accuratamente e con sensibilità pastorale".
Monsignor Wagner, da parte sua, assicura di aver rassegnato le dimissioni - non ancora accolte dal Papa - di sua spontanea volontà e "nell'interesse e per il bene della Chiesa". Il sacerdote precisa di aver sentito fin dall'annuncio della sua nomina una diffusa "resistenza" che - "a essere sincero" - si è espressa "con modalità prive di amore e di misericordia". Il suo superiore, il vescovo di Linz, getta acqua sul fuoco. "L'immagine di vincitori e perdenti in questo momento non serve affatto", afferma, specificando che sulla scelta del suo ausiliare adesso è il momento di prendere una "pausa".
Nel Pontificato di Ratzinger c'è solo un precedente a questa decisione: quando, nel gennaio 2007, monsignor Stanislaw Wielgus, arcivescovo di Varsavia, fu costretto a poche ore dall'insediamento ufficiale in diocesi perché accusato di aver collaborato con i servizi segreti durante il periodo sovietico.
Tra Roma e Vienna, ad ogni modo, la tensione resta alta. I vescovi austriaci assicurano "stretta collaborazione" agli uffici vaticani responsabili delle nomine dei vescovi. E, tornando sull'affaire lefebvriani, auspicano - come già aveva fatto Schoenborn - "che si riescano a migliorare gli insufficienti processi comunicativi anche in Vaticano, in modo che il servizio universale del Papa non venga coperto da ombre".
I seguaci di Lefebvre? Gli è stata revocata la scomunica, ma non per questo sono "automaticamente" rientrati nella Chiesa, puntualizzano. Per essere ammessi devono "ovviamente" accettare il Concilio vaticano II.
Risponde, a distanza, il superiore dei lefebvriani.
Un consenso dottrinale col Papa "sembra difficile" a mons. Bernard Fellay. "Certo, abbiamo l'impressione che sia vicino a noi sulla questione liturgica", spiega in un'intervista al quotidiano svizzero 'Le Nouvelliste'. "D'altro canto tiene molto profondamente alle novità del Concilio vaticano II".
Poi lancia la sfida. "Nel momento in cui si parla di ritorno alla piena comunione, forse, in effetti, il Papa si sta domandando chi, tra certi vescovi e noi, è più vicino a lui".

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+PetaloNero+
00mercoledì 18 febbraio 2009 01:21
Etica e genetica, un'alleanza auspicabile


Presentato il prossimo Congresso della Pontificia Accademia per la Vita





CITTA' DEL VATICANO, martedì, 17 febbraio 2009 (ZENIT.org).- “Etica e genetica, un'alleanza auspicabile” è il punto centrale dell'intervento pronunciato questo martedì mattina in Vaticano da monsignor Ignacio Carrasco de Paula, Cancelliere della Pontificia Accademia per la Vita, durante la conferenza stampa di presentazione del Congresso “Le nuove frontiere della genetica e il rischio dell’eugenetica”, che si svolgerà il 20 e il 21 febbraio.

L’incontro intende esplorare, da un lato, l’importanza della ricerca medica nel campo della genetica ai fini del progresso della medicina; e dall’altro porre in luce le possibili derive dello sviluppo della genetica moderna, in particolare la cosiddetta “eugenetica”, volta ad ottenere l’essere umano perfetto, contravvenendo in alcuni casi a principi etici inderogabili come il rispetto della vita umana e la non discriminazione.

Monsignor Carrasco ha sottolineato che tra le grandi scoperte di questi inizi di un nuovo millennio un posto di “assoluta rilevanza” è occupato dal Progetto del Genoma Umano (HGP), nato nel 1990 e che in soli tredici anni ha portato alla mappatura dell’intero patrimonio genetico dell’uomo, aprendo “una promettente e affascinante prospettiva per le scienze biomediche e in particolare per la medicina preventiva”.

“Meno conosciuto – ha commentato – risulta invece, almeno in Europa, un altro progetto di ricerca partito in contemporanea nello stesso anno 1990 e intitolato ELSI, un acronimo che sta a indicare lo studio delle implicazioni etiche, legali e sociali correlate alle scoperte ed eventuali applicazioni derivate dal HGP”.

“Se per la medicina, e non solo per essa, la conoscenza del genoma umano è assolutamente essenziale, altrettanta importanza riveste l’individuazione delle conseguenze etiche, legali e sociali”, ha spiegato il presule.

Monsignor Carrasco ha quindi evidenziato alcuni potenziali pericoli come “l’utilizzo in ambito lavorativo (selezione del personale), assicurativo, bancario (crediti), la protezioni dei dati da conservare nelle banche genetiche, e soprattutto il possibile cattivo uso discriminatorio di informazioni genetiche, in particolare nell’ambito della eugenetica”.

L’eugenetica, ha osservato, “rappresenta oggi la principale strumentalizzazione discriminatoria delle scoperte della scienze genetica”.

E' proprio questo il punto che il Congresso si propone di esplorare, pur ricordando che l’obiettivo principale è “richiamare l’attenzione di tutti sui notevoli benefici che possiamo ottenere dalla ricerca genetica se, come sembra corretto e auspicabile, vengono indirizzati verso di essa sia l’impegno dei ricercatori che gli investimenti pubblici e privati, superando la tentazione delle apparenti scorciatoie proposte dall'eugenetica”.

Dal canto suo, il professor Bruno Dallapiccola, docente di Genetica Medica presso l’Università “La Sapienza” di Roma, ha riconosciuto durante la presentazione del Congresso che “se da un lato non si può non essere affascinati da questo progresso scientifico, dall’altro lato si deve prendere coscienza che la società è impreparata ad affrontare e a governare la mole delle informazioni prodotte e non sembra pronta a renderle fruibili a beneficio dell’uomo, avendone compreso e valutato tutto l’impatto a livello del singolo e della popolazione”.

“Nonostante questi limiti”, ha lamentato, “molte conoscenze mediate dalla genetica, prima di essere sufficientemente sperimentate e validate, vengono trasferite al mercato della salute e sono proposte agli utenti al di fuori dei protocolli e delle cautele con i quali la Medicina dovrebbe avvicinarsi alle innovazioni diagnostiche e tecnologiche”.

La diffusione delle analisi genomiche, ha aggiunto, è destinata anche a trasformare la figura del medico. Lo sviluppo della medicina di laboratorio e delle indagini strumentali, infatti, ha già modificato drasticamente negli ultimi 50 anni la professione del medico di famiglia, “che, con il tempo, ha ridotto l’attitudine a visitare il paziente, a dialogare con lui e ad ascoltarlo, a favore di una crescente propensione alla prescrizione di indagini strumentali e di laboratorio spesso di discutibile utilità”.

“L’era postgenomica rischia di produrre un’ulteriore involuzione della figura del medico, destinato, forse, a diventare un ‘genomicista’, cioè un addetto alla interpretazione dei dati sofisticati che escono da qualche strumento di elevata tecnologia”, ha avvertito.

Il professor Dallapiccola ha anche messo in guardia contro “ogni tentativo di semplificazione di un progetto che, per la sua stessa natura, è molto complesso”, che significa “fare un cattivo uso della Genetica”.

Per questo, sostiene che si debba essere “critici tanto nei confronti dei ‘riduzionisti’, che ritengono che il sequenziamento del genoma umano sia sufficiente a chiarire il senso della vita umana, quanto nei confronti dei ‘deterministi’, che credono di riuscire a predire, solo attraverso la lettura del DNA, il destino biologico di una persona”.

“I progressi della Genetica stanno chiarendo i meccanismi che sono alla base della variabilità tra le persone e questo, in un’epoca di disumanizzazione della Medicina, rappresenta un valore che necessita di essere apprezzato, perché è proprio il riconoscimento di quella variabilità biologica ad aiutarci a guardare ad ogni paziente non più come ad un numero, all’interno di un protocollo, e neppure come ad un semplice prodotto del codice genetico, ma come ad una persona”, ha osservato.

+PetaloNero+
00mercoledì 18 febbraio 2009 16:05
Il Cardinale Crescenzio Sepe incontra il Patriarca Bartolomeo I



ISTANBUL, mercoledì, 18 febbraio 2009 (ZENIT.org).- L'Arcivescovo di Napoli, il Cardinale Crescenzio Sepe, è stato ricevuto questo martedì in udienza dal Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, che ha apprezzato i suoi sforzi e quelli dei vari movimenti cattolici per promuovere l'unità tra i cristiani, secondo quanto ha reso noto l'Arcidiocesi napoletana.

L'incontro è avvenuto a mezzogiorno nella Sala del Trono del Patriarcato a Istanbul. L'Arcivescovo di Napoli era accompagnato dall'Arcivescovo emerito di Campobasso, monsignor Armando Dini, dal Nunzio Apostolico in Turchia, monsignor Antonio Lucibello, e da vari membri della Comunità di Sant'Egidio.

Durante l'incontro, Bartolomeo I si è riferito alla visita di Benedetto XVI nel novembre 2006 e alla sua decisione di “andare avanti verso il comune cammino dell’unità nella speranza di vedere ricomposta al più presto la frattura fra le due Chiese sorelle”.

“Il dialogo teologico fra le nostre Chiese interrotto quasi sei anni fa – ha detto il Patriarca – è ricominciato prima a Belgrado e poi a Ravenna e continuerà nel prossimo ottobre a Cracovia. Saremo chiamati ad esaminare il tema del primato del Vescovo di Roma nel quadro della Chiesa cristiana”, ha spiegato il Patriarca.

Bartolomeo I ha anche ringraziato per il lavoro di tanti Vescovi e teologi, così come quello di alcuni movimenti, come quello dei Focolarini e della Comunità di Sant’Egidio, che lavorano per la piena unità dei cristiani.

In particolare, ha ringraziato per l'opera del Cardinale Sepe, “così pronto a contribuire all’unità dei cristiani”. Questi, a sua volta, ha invitato il Patriarca a tornare a Napoli, città che “vuole essere un ponte” con gli ortodossi.

Opera ecumenica

Il Cardinale Sepe si trova in Turchia insieme a un gruppo di cinquanta sacerdoti dell'Arcidiocesi per un pellegrinaggio nei luoghi collegati alla vita dell'Apostolo San Paolo, dal 16 al 21 febbraio.

Dalla sua presa di possesso come Arcivescovo di Napoli, nel luglio 2006, il porporato, precedentemente prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, ha portato avanti un'importante opera di promozione del dialogo ecumenico.

Nell'ottobre 2007, l'Arcidiocesi ha organizzato un Incontro Internazionale per la Pace, nel quale Benedetto XVI ha avuto occasione di incontrare Bartolomeo I e altri leader religiosi.

L'Arcivescovo di Napoli ha anche fatto visita di recente ai Patriarchi di Cipro, Chrisostomos II, e di Mosca, Alessio II, poche settimane prima della sua morte. A quest'ultimo, il Cardinale Sepe ha consegnato personalmente una lettera del Papa.

Alla vigilia di questo viaggio in Turchia, il porporato ha espresso la convinzione che “solo attraverso il dialogo e la frequentazione si può passare gradatamente da un ecumenismo di facciata a quello che si radica nel cuore di chi si incontra”.

“Il viaggio ci aiuterà ancora una volta a prendere consapevolezza dell’importanza di gettare ponti e di non alzare muri in un tempo particolarmente difficile in cui l’intolleranza e la paura di relazionarsi con mondi e culture diverse dalla nostra non possono prendere il sopravvento”, ha affermato.

“La nostra presenza a Istanbul vuole ribadire, in definitiva, la vocazione della Chiesa e della città di Napoli ad essere capitale dell’incontro e del dialogo”.
+PetaloNero+
00mercoledì 18 febbraio 2009 16:05
Da Petrus

Il Direttore dell’Osservatorio astronomico di Castelgandolfo non esclude presenze aliene nel cosmo: “Gli extraterrestri? Possibile che esistano davvero e siano creature buone volute da Dio”

CITTA’ DEL VATICANO - "Si calcola che esistano 100 miliardi di galassie, ognuna con 100 miliardi di stelle. Molte di queste hanno intorno pianeti. Sono insomma alte le possibilita' che ve ne sia uno simile al nostro. È anche possibile che esistano nell'universo altre forme di vita, magari intelligenti": lo sostiene padre Jose' Funes, direttore dell'Osservatorio astronomico del Vaticano, la Specola di Castelgandolfo, in un'intervista a "Focus", mensile diretto da Sandro Boeri, nell'ambito di un dossier dedicato a "quello che si sa di Dio oggi". "Se dovessero esistere extraterrestri intelligenti, non ci sarebbero contraddizioni (ad esempio con l'unicita' della rivelazione: Dio che si fece uomo solo per noi, ndr) - prosegue padre Funes -. Questi esseri sarebbero gia' fuori dal peccato e in accordo con Dio. L'umanita' terrena sarebbe l'evangelica pecorella smarrita che Cristo vuole riportare all'ovile per farla stare con le altre 99 (le civilta' aliene, ndr)". Per il direttore della Specola vaticana, comunque, "l'universo e' finito, anche se non si possono escludere universi paralleli. Quella del Big Bang e' secondo noi l'ipotesi piu' valida finora sulla sua origine. Che tra l'altro si accorda molto bene con la figura di un Dio creatore".
+PetaloNero+
00mercoledì 18 febbraio 2009 16:06
Il cardinale Arinze terrà gli esercizi spirituali per la Quaresima in Vaticano


Sarà il cardinale Francis Arinze, prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, a tenere dal primo al 7 marzo in Vaticano, nella cappella Redemptoris Mater, gli esercizi spirituali per la Quaresima alla presenza di Benedetto XVI e della Curia Romana. Tema delle meditazioni di quest’anno: “Il sacerdote incontra Gesù e lo segue”. La giornata del primo marzo inizierà con l’adorazione eucaristica, alle 18.00, cui seguirà la celebrazione dei Vespri, la prima meditazione e la benedizione. I giorni successivi saranno scanditi dalle Lodi, alle 9.00, e dall'Ora Terza alle 10.15, seguite da due meditazioni. Alle 17.00 il cardinale Arinze terrà la terza meditazione del giorno. Alle 17.45 la celebrazione dei Vespri, l’adorazione eucaristica e la benedizione. Sabato 7 marzo, dopo le Lodi, la meditazione conclusiva.


www.radiovaticana.org
+PetaloNero+
00mercoledì 18 febbraio 2009 16:07
Il Papa all'udienza generale parla di San Beda il Venerabile e prega perché l'Europa si riscopra cristiana alle radici per essere "più umana"


Curare in modo assiduo la formazione religiosa “per riprodurre in vita” ciò che si celebra nella liturgia. E’ uno degli insegnamenti per i cristiani contemporanei che Benedetto XVI ha tratto dagli scritti di San Beda il Venerabile, presentato all’udienza generale di oggi in Piazza San Pietro come “una delle più insigni figure di erudito dell’Alto Medioevo”. Con i suoi studi - ha detto fra l’altro il Papa ai circa 20 mila fedeli presenti, Beda contribuì “alla costruzione di un’Europa cristiana”. Un continente al quale Benedetto XVI ha auspicato di riscoprirsi come tale sin dalle sue antiche radici. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Teologo, biblista, liturgista, storico della Chiesa. Beda il Venerabile è l’ingegno poliedrico tipico di un’epoca - quella medievale - dove lo studioso praticava contemporaneamente e con perizia più discipline. Ma è anche un maestro di vita cristiana di grande attualità, che già 1300 anni fa invitò a permeare istituzioni e vita sociale dei valori del Vangelo. A lui - vissuto tra gli ultimi decenni del settimo secolo e i primi trenta dell’ottavo nel nordest dell’Inghilterra - si devono insegnamenti che Benedetto XVI ha detto tuttora pienamente adeguati ai vari “stati di vita” del cristiano. In particolare, ha evidenziato il Papa:

“Agli studiosi ricorda due compiti essenziali: scrutare le meraviglie della Parola di Dio per presentarle in forma attraente ai fedeli; esporre le verità dogmatiche evitando le complicazioni eretiche e attenendosi alla 'semplicità cattolica', con l’atteggiamento dei piccoli e umili ai quali Dio si compiace di rivelare i misteri del Regno”.

A coloro che invece hanno responsabilità pastorali, Beda il Venerabile suggerisce di accompagnare la predicazione con espressioni di devozione popolare - icone, processioni, pellegrinaggi - e di privilegiare l’uso “della lingua volgare”. Ai consacrati rivolge l’invito a curare l’ascesi e la contemplazione ma anche l’apostolato. Un fermento che per San Beda si traduce in un’immagine, quella di una “Chiesa industriosa”, “abbronzata - scrive - dalle fatiche dell’evangelizzazione”. Una Chiesa, ha proseguito Benedetto XVI:

“Intenta a dissodare altri campi o vigne e a stabilire fra le nuove popolazioni ‘non una capanna provvisoria ma una dimora stabile’, cioè a inserire il Vangelo nel tessuto sociale e nelle istituzioni culturali. In questa prospettiva il santo Dottore esorta i fedeli laici ad essere assidui all’istruzione religiosa (...) Insegna loro come pregare continuamente, ‘riproducendo nella vita ciò che celebrano nella liturgia’”.

Durante la catechesi, il Papa ha definito via via Beda il Venerabile esperto di Sacre Scritture, “insigne maestro di teologia liturgica”, attento storico della Chiesa della quale traccia, tra l’altro, una cronologia dei primi sei Concili ecumenici e la descrizione delle eresie che essi denunciarono. E’ autore anche di una famosa “Storia ecclesiastica dei Popoli Angli”, che lo rende “padre” della storiografia inglese, ma soprattutto – ha affermato Benedetto XVI - di una visione della Chiesa in senso pienamente cristologico, dove cioè l’Antico Testamento trova spiegazione e compimento in Cristo:

“I tratti caratteristici della Chiesa che Beda ama evidenziare sono: primo, la cattolicità come fedeltà alla tradizione e insieme apertura agli sviluppi storici, e come ricerca della unità nella molteplicità, nella diversità della storia e delle culture. (…) Secondo, l’apostolicità e la romanità: a questo riguardo ritiene di primaria importanza convincere tutte le Chiese Iro-Celtiche e dei Pitti a celebrare unitariamente la Pasqua secondo il calendario romano”.

La catechesi - tenuta per la prima volta da mesi in una Piazza San Pietro inondata di sole anche se, come sottolineato pure dal Papa, fredda e attraversata di tanto in tanti da folate di vento gelido - è stata conclusa dalla constatazione della grande diffusione che ebbero gli scritti di San Beda in varie zone dell’Europa medievale. Dunque, ha terminato Benedetto XVI:

“E’ un fatto che, con le sue opere, Beda contribuì efficacemente alla costruzione di una Europa cristiana, nella quale le diverse popolazioni e culture si sono fra loro amalgamate, conferendole una fisionomia unitaria, ispirata alla fede cristiana. Preghiamo perché anche oggi ci siano personalità della statura di Beda, per mantenere unito l’intero Continente; preghiamo affinché tutti noi siamo disponibili a riscoprire le nostre comuni radici, per essere costruttori di una Europa profondamente umana e autenticamente cristiana”.
(applausi)

Tra i numerosi saluti rivolti dal Papa ai vari gruppi nella Piazza, da rilevare quello ai fedeli dell'arcidiocesi di Brindisi-Ostuni, che hanno così ricambiato la visita pastorale compiuta da Benedetto XVI nella loro diocesi lo scorso anno. Il Pontefice ha rivolto un pensiero, fra gli altri, alle Suore Figlie di Maria Santissima dell’Orto, riunite per il Capitolo generale, e ai Chierici Regolari di San Paolo - Barnabiti. “Auspico - ha detto loro il Papa - che voi possiate testimoniare con sempre più forte ardore apostolico nella Chiesa il vostro specifico carisma paolino”.


Breve colloquio tra il Papa e il presidente della Camera dei Deputati Usa Nancy Pelosi


Al termine dell’udienza generale il Papa ha incontrato brevemente Nancy Pelosi, presidente della Camera dei Deputati degli Stati Uniti. Benedetto XVI – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana – “ha colto l’occasione per illustrare che la legge morale naturale e il costante insegnamento della Chiesa sulla dignità della vita umana dal concepimento alla morte naturale impongono a tutti i cattolici, e specialmente ai legislatori, ai giuristi e ai responsabili del bene comune della società, di cooperare con tutti gli uomini e le donne di buona volontà per promuovere un ordinamento giuridico giusto, inteso a proteggere la vita umana in ogni suo momento”.





www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=706&set...
Paparatzifan
00mercoledì 18 febbraio 2009 18:18
Dal blog di Lella...

Così hanno “suonato” Wagner

Andrea Tornielli

Qualche dettaglio in più sulla delicatissima vicenda del vescovo ausiliare di Linz, dimissionario prima ancora di ricevere la consacrazione episcopale.
Fonti ben accreditate mi confermano che la scelta di designarlo era stata presa per ovviare a un problema in diocesi, la crescente influenza dei gruppi di base (come “Noi siamo Chiesa”) e una certa evidente difficoltà del vescovo diocesano a tenere la barra a dritta.
Se ora le dimissioni di Wagner saranno accettate - e nel caso siano irrevocabili, è ovviamente impossibile costringere l’interessato a rimanere - ci troveremo di fronte a un caso di revoca di una nomina episcopale sancita dalla pressione mediatica.

Dal blog di Andrea Tornielli



Che dire... [SM=g7953] Continuino pure gli austriaci con i loro seminari vuoti!


Paparatzifan
00mercoledì 18 febbraio 2009 19:11
Dal blog di Lella...

Papa/ Udienza in piazza, Benedetto XVI: Fa freddo, ma non piove

Siamo grati a Dio perchè almeno non piove nè nevica

Città del Vaticano, 18 feb. (Apcom)

Oggi l'udienza generale di Benedetto XVI torna all'aperto, in piazza San Pietro. "Anche se fa un po' freddo, non piove e nemmeno nevica, quindi per questo dobbiamo essere grati", ha esordito il Papa davanti a circa 15mila fedeli che, nonostante il vento pungente, si sono riuniti in piazza per assistere all'udienza generale del mercoledì, dedicata oggi alla figura di San Beda il Venerabile.

Apcom

(dato di presenze incompatibile con le immagini)



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