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I lefebvriani

Ultimo Aggiornamento: 18/02/2013 22:40
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13/03/2009 19:47
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l’intervista

Il teologo emerito della Casa Pontificia: «La lettera del Papa è un gesto nobile che ribadisce, nella fedeltà al Concilio, la collegialità episcopale. E la vera natura della Chiesa»

Cottier: una vicenda che darà frutti spirituali

DI LORENZO ROSOLI

La lettera del Papa «mi ha dato una grande gioia. Mi ha col pito per l’u miltà, la mode stia e la grande nobiltà che rive la. E ha dissolto l’angoscia che gravava su di noi per il clima che s’era crea to dopo la revoca della scomunica ai vesco vi lefebvriani. Benedetto XVI ha messo una volta di più in evidenza che la sua autorità è spirituale, non umana».

Così il cardinale Georges Cottier, domenicano, teologo eme rito della Casa Pontificia che partecipò come «esperto» al Vaticano II, rilegge per Avvenire il testo indirizzato dal Papa ai vescovi quale «parola chiarificatrice» sulla questione del la revoca della scomunica e contributo alla «pace nella Chiesa».

Un gesto insolito e inedito, questa lettera?

Sì. Ma il Papa dev’essere libero di scegliere i mezzi più convenienti nel servizio alla Chie sa.

Perché si è rivolto ai vescovi e non a tutti i fedeli cattolici?

Benedetto XVI, nella sua fedeltà al Concilio, ha voluto ribadire l’importanza della colle gialità episcopale. La remissione della sco munica ha sorpreso molti vescovi; alcuni fra loro – non certo con spirito di ribellione – hanno reagito con grande franchezza. Il Pa pa ha voluto confermare che non vuole fare niente senza i suoi vescovi. Lo stesso coin volgimento della Congregazione della dot trina della fede non solo dice che la questio ne da affrontare ora è di natura dottrinale e non solo disciplinare, ma implica anche u na sempre maggiore collegialità nell’affron tare la questione.

Qui sta uno dei «nodi» della lettera...

Sì. In essa il Papa chiarisce bene la distin zione fra scomunica, atto disciplinare, e l’a spetto dottrinale dell’adesione al Vaticano II e al magistero dei Ponte fici che ne hanno fatto la propria bussola. La sco munica è un atto con fi nalità pedagogica, per aiutare un cammino di conversione. Averla ri messa è dunque un gesto in vista della piena rein tegrazione dei vescovi or dinati da Lefebvre. I qua li però, come la Fraternità San Pio X, devono aderi re al Vaticano II. Il Conci lio ecumenico è un atto e minente del Collegio epi scopale guidato dal Papa. Rifiutarlo – come fanno loro – è gravissimo. Finché non sa ranno chiariti gli aspetti dottrinali, la Frater nità non avrà alcuno stato canonico nella Chiesa, né i suoi ministri potranno esercita re in modo legittimo alcun ministero nella Chiesa. Queste distinzioni forse era meglio spiegarle prima alla gente. Gli esperti di teo logia o di diritto canonico non ne hanno bi sogno, ma i fedeli possono restare confusi e sconvolti. Dobbiamo pensare a questa vi cenda come a un grave incidente di comu nicazione. Il Papa lo ha riconosciuto con grande lealtà, com’è stato per la vicenda di Williamson affermando: sì, in Vaticano dob biamo imparare a usare meglio Internet...

Il Papa ha ringraziato gli ebrei per aver aiu tato a spazzare via ogni malinteso. È sor preso?

No. Hanno capito – forse meglio di alcuni cattolici – che il Papa non era informato sul negazionismo di Williamson. Le parole di Benedetto XVI hanno chiarito che sul rapporto con l’ebraismo e sulla Shoah, la Chiesa non tor na indietro.

C’è chi dice che la Chiesa ha cose più importanti dei lefebvriani di cui preoccuparsi. Che ne pensa?

Benedetto XVI, anche in questa lettera, ci ricorda che il primo compito del la Chiesa è ridare alla gen te il senso di Dio – la nuo va evangelizzazione la chiamava Giovanni Paolo II. Perciò siamo chiamati ad annunciare e testimoniare la fe de. E a dimostrare con i fatti che la Chiesa è comunione di carità. Da qui deriva la ne cessità dell’ecumenismo – movimento che i lefebvriani contestano. Ma da questo sforzo ecumenico – che è nella logica della missio ne della Chiesa – nemmeno i lefebvriani pos sono essere esclusi. Perciò il Papa stigmatiz­za quel bisogno del nemico, del capro e spiatorio, che appare talvolta anche fra i cat tolici.

Una lettera meditata e sofferta, questa?

Sì: ben costruita, meditata. E sofferta. Il Pa pa dimostra di essere ben informato sulle reazioni alla revoca della scomunica. Penso che abbia avuto momenti di grande solitu dine. Ed è molto bello che recentemente ab bia chiesto a tutti di pregare per lui e per la sua missione di custode e garante dell’unità e della comunione, nel collegio episcopale e in tutta la Chiesa. È un compito che sente e che vive con straordinaria intensità, fin dal l’inizio del pontificato. In questa vicenda la sua sofferenza è stata grande perché con i suoi atti, più che portare verso l’unità, sem bravano aprirsi spazi di divisione e confu sione. Credo abbia vissuto un grande dram ma spirituale. Invitando a pregare per lui, ci ha chiamati a rinnovare il nostro sguardo verso la Chiesa: che prima d’essere una realtà sociologica o istituzionale, è un mistero di fede, un luogo di santificazione, 'casa' del lo Spirito. Perciò non può essere governata solo con mezzi umani: serve la preghiera. L’affidamento allo Spirito. E credo che que sta vicenda darà dei frutti spirituali.

Il Papa infine ha citato la lettera di Paolo ai Galati, addolorato dal «mordersi e divorar si » che ancor oggi c’è nella Chiesa...

Siamo chiamati a evitare tanto l’omologa zione quanto la lacerazione conflittuale. Il mio maestro di teologia, il cardinale Journet, diceva che la frontiera della Chiesa attraver sa i nostri cuori. È nella logica della carità, co me insegnano i grandi santi, che la nostra li bertà e le nostre differenze e peculiarità co struiscono comunione.

© Copyright Avvenire, 13 marzo 2009


Papa Ratzi Superstar









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