I lefebvriani

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Paparatzifan
00giovedì 22 gennaio 2009 09:21
Paparatzifan
00giovedì 22 gennaio 2009 09:23
Dal blog di Lella...

Esclusivo: Benedetto XVI revoca la scomunica ai Lefebvriani

di Paolo Rodari

Benedetto XVI ha deciso. Il decreto contenente la revoca della scomunica per i vescovi scismatici lefebvriani è pronto. E uscirà nei prossimi giorni, probabilmente entro questa domenica. L’ha redatto e firmato, per volere del Papa, il presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, l’arcivescovo Francesco Coccopalmerio.

Si tratta di un atto di grande magnanimità del Pontefice.

Dal giorno della sua pubblicazione i successori di Marcel Lefevbre alla guida della Fraternità San Pio X, ovvero gli “ultra tradizionalisti” Bernard Fellay, Alfonso de Gallareta, Tissier de Mallerais e Richard Williamson non saranno più scomunicati.
Ratzinger ha deciso dopo che erano stati gli stessi vescovi a scrivere al cardinale Darío Castrillón Hoyos, presidente della Ecclesia Dei, chiedendogli la possibilità di essere reintegrati in seno alla Chiesa cattolica.
Certo, manca ancora un accordo su come e dove la Fraternità si posizionerà all’interno della Chiesa, ma intanto un passo enorme, senz’altro il più decisivo, sulla strada della piena comunione con Roma è stato fatto.
Fu nel 1969 che Lefebvre si ritirò con un manipolo di seminaristi a Econe, in Svizzera. Lo scopo era fuggire da Roma, la città che aveva aperto le porte al Concilio Vaticano II. Lefebvre rigettò sempre le conquiste del Concilio (anche se la sua firma appare sotto tutti i suoi documenti) e, in particolare, la conseguente riforma liturgica. La rottura con Roma avvenne il 30 giugno 1988. Ratzinger era prefetto della Dottrina delle fede e assistette, impotente, all’ordinazione da parte di Lefebvre di quattro vescovi. Un gesto che pose Lefebvre ipso facto nella scomunica latae sententiae. Il Papa, nel settembre 2007, promulgò il Motu Proprio Summorum Pontificum col quale vennero riaperti nuovi spazi per l’uso liturgico del messale antico.
Un gesto che tolse un grosso ostacolo sulla strada del ritorno dei lefebvriani a Roma. Un ritorno oggi definitivo e che ricuce una ferita dolorosissima per tutta la Chiesa.

© Copyright Il Riformista, 22 gennaio 2009


CHE DIRE! ABBIAMO UN GRANDISSIMO PAPA!!!!!!

W IL PAPAAAAAAAAA!!!!!!


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TERESA BENEDETTA
00giovedì 22 gennaio 2009 09:41
OOPS! L'HO POSTO LA STESSA NOTIZIA SCRITTA DA ANDREA TORNIELLI NELLA CARTELLA SULLE NOTIZE DEL PAPA - E MOLTO PIU DI UNA QUESTIONE DI LITURGIA E SI TRATTA ANCHE DELLA MAGNANIMITA, LA PAZIENZA E LA PERSEVARANZA DEL NOSTRO PAPINO SAGGISSIMO.




Paparatzifan
00giovedì 22 gennaio 2009 13:00
Re:

TERESA BENEDETTA, 22/01/2009 9.41:

OOPS! L'HO POSTO LA STESSA NOTIZIA SCRITTA DA ANDREA TORNIELLI NELLA CARTELLA SULLE NOTIZE DEL PAPA - E MOLTO PIU DI UNA QUESTIONE DI LITURGIA E SI TRATTA ANCHE DELLA MAGNANIMITA, LA PAZIENZA E LA PERSEVARANZA DEL NOSTRO PAPINO SAGGISSIMO.




Sì, non importa, Teresita, hai fatto comunque bene di postarla lì!!! Ho postato qua quella di Rodari perché mi è venuta in mente l'idea di aprire una discussione dedicata ai lefevbriani.

Paparatzifan
00giovedì 22 gennaio 2009 19:02
Dal blog Cantuale Antonianum...

giovedì 22 gennaio 2009

Conferme ufficiose: la scomunica revocata

Tornielli e Rodari, confer- mano l'ormai imminente decreto che revoche- rebbe la scomunica ai vescovi lefebvriani, annunciata per primo dalla "Cicogna nella torre".


Si parla appunto di revoca, non di "nullità".
Questo mi pare comunque più serio, se verrà confermato. Si intende cioè che i vescovi (sia consacranti che illecitamente consacrati 21 anni fa) erano davvero incorsi nella scomunica latae sententiae, e in seguito alla loro richiesta (che c'è stata) e alla loro conversione (che speriamo ci sia davvero, il papa lo sa) sono riaccolti nella chiesa cattolica. L'accettazione del Concilio, la validità della nuova messa e degli ordini, l'obbedienza al Papa sono tutti requisiti da tempo richiesti e necessari a confermare la volontà di comunione con la sede di Pietro. La nullità avrebbe comportato il riconoscimento di un errore da parte di Lefebvre, che vedeva minacciata di estinzione la sua fraternità, ma la cui coscienza, soggettivamente, era in buona fede nell'agire in reale "stato di emergenza" senza mandato papale. Il che, francamente, stando a tutte le conoscenze di dialoghi tra Santa Sede e Mons. Lefebvre, non mi pare così facilmente sostenibile. Ma nella chiesa non si sa mai...


Probabilmente, poi, nello stesso decreto (o in un documento accompagnatorio), preparato dall'esperto giurista card. Coccopalmerio ci sarà anche qualche parola per revocare la sospensione e l'interdetto che colpisce i preti e i diaconi ordinati dai vescovi lefebvriani. Anche questi 500 ministri di Dio, pur non scomunicati secondo alcuni, sono in una posizione irregolare davanti alla Chiesa. Non dimentichiamoli per favore.
Ma una cosa è la revoca della scomunica (anche Paolo VI ha revocato la scomunica degli ortodossi) e un'altra cosa è il ritorno nella piena "comunione gerarchica" di questi 4 vescovi, i quali rimangono senza giurisdizione (e bisogna vedere come potranno essere sistemati).


Infine c'è il problema Williamson, uno dei quattro, il quale è soggetto ad intemperanze verbali esagerate, sia nei confronti del papa, che del Concilio Vaticano II, sia - ultimamente - contro gli ebrei: un vero revisionista ai limiti dell'apologia nazi-fascista, stando alle fonti (si spera sincere).
Anche fr. Z, nel suo arcinoto blog, è preoccupatissimo per il ritorno di questo ex-anglicano fattosi lefebvriano e ora in arrivo nella chiesa di Roma. Addirittura spererebbe in un ritorno di 3 sui 4 pur di non dover affrontare la patata surriscaldata che sicuramente sarà.


Aggiornamento e approfondimento: pare proprio che ANCHE I SACERDOTI E DIACONI lefebvriani siano da considerare scomunicati.
leggete questo documento chiarificatore del Pontificio consiglio per l'interpretazione dei testi legislativi, riporto solo la parte in questione, il resto lo leggete qui:


5. Come dichiara il motu proprio n. 5c, la scomunica latae sententiae per scisma riguarda coloro che "aderiscono formalmente" a detto movimento scismatico. Anche se la questione sull'esatta portata della nozione "adesione formale allo scisma" andrebbe posta alla competente Congregazione per la dottrina della fede, sembra a questo pontificio consiglio che tale adesione debba implicare due elementi complementari:

a) uno di natura interna, consistente nel condividere liberamente e coscientemente la sostanza dello scisma, ossia nell'optare in tal modo per i seguaci di Lefebvre che si metta tale opzione al di sopra dell'obbedienza al Papa (alla radice di questo atteggiamento vi saranno abitualmente posizioni contrarie al magistero della Chiesa);

b) un altro d'indole esterna, consistente nell'esteriorizzazione di quell'opzione, il cui segno più manifesto sarà la partecipazione esclusiva agli atti "ecclesiali" lefebvriani, senza prendere parte agli atti della Chiesa cattolica (si tratta comunque di un segno non univoco, poiché c'è la possibilità che qualche fedele prenda parte alle funzioni liturgiche dei seguaci di Lefebvre senza condividere però il loro spirito scismatico).

6. Nel caso dei diaconi e dei sacerdoti lefebvriani sembra indubbio che la loro attività ministeriale nell'ambito del movimento scismatico è un segno più che evidente del fatto che si danno i due requisiti di cui sopra (n. 5) e che vi è quindi una adesione formale.


Paparatzifan
00giovedì 22 gennaio 2009 23:13
Dal blog di Lella...

VATICANO: LEFEBVRIANI, NO COMMENT FINO A PUBBLICAZIONE TESTO SANTA SEDE

(ASCA) - Roma, 22 gen

''In assenza di una dichiarazione ufficiale da parte della Santa Sede, la Fraternita' Sacerdotale San Pio non commenta le voci su una possibile revoca della scomunica.
Non ci sara' alcuna comunicazione fino alla pubblicazione di un testo da parte del Vaticano'': e' la risposta dell'abata Alan Lorans, direttore dei servizi di informazione della Fraternita' scismatica fondata da mons. Lefebvre, in risposta alle notizie di stampa su una imminente revoca della scomunica sui quattro vescovi lefebvriani da parte di papa Benedetto XVI.

© Copyright Asca

TERESA BENEDETTA
00venerdì 23 gennaio 2009 20:43
Vescovi lefebvriani assolti dalla scomunica -
Ma uno di loro nega la Shoah


1/22/09


La notizia dell’imminente revoca della scomunica ai quattro vescovi della Fraternità Sacerdotale di San Pio X fondata da Marcel Lefebvre ha fatto salire di colpo la temperatura di una polemica riguardante uno di loro.

Nell’occhio del ciclone c’è il vescovo lefebvriano Richard Williamson, inglese di nascita. Lo scorso 1 novembre, festa di Tutti i Santi, Williamson ordinò diacono, in Germania, a Zaitkofen, un giovane svedese convertitosi al cattolicesimo, Sten Sandmark. A seguire la cerimonia c’era una televisione di Stoccolma. Al termine, il reporter intervistò sia il vescovo che il nuovo ordinato.

La conversazione toccò il tema del nazismo. E a questo punto il vescovo Williamson intervenne dicendo di non credere che sei milioni di ebrei fossero stati sterminati. Negò che si fosse fatto uso di camere a gas e disse di associarsi ai “revisionisti” che abbassano il numero degli ebrei uccisi a due-trecentomila.

“Se questo non è antisemitismo, allora cos’è?”, obiettò il giornalista.

E il vescovo: “Se l’antisemitismo è una cosa cattiva, esso è contro la verità. Quando una cosa è vera, essa non è cattiva. La parola anti-semitismo non mi riguarda”.

L’intervista andò in onda, finì anche su internet, e la polemica nei giorni scorsi è salita alle stelle. Il settimanale tedesco “Der Spiegel” vi ha imbastito un articolo. Gli ebrei hanno protestato, i vescovi tedeschi si sono dissociati sdegnati dalle affermazioni del loro confratello, pur scomunicato. E anche la diocesi di Stoccolma ha preso le distanze.

Il 20 gennaio la Fraternità Sacerdotale di San Pio X ha cercato di limitare i danni, con due comunicati emessi dai suoi distretti di Gran Bretagna-Scandinavia e di Germania: “Gesù era ebreo, Maria era ebrea, gli apostoli erano ebrei, e quindi nessun vero cristiano può essere antisemita. Le affermazioni fatte dal vescovo Williamson sono esclusivamente sue e non riflettono le vedute della Società di San Pio X. Inoltre, papa Pio XI nella sua enciclica ‘Mit Brennender Sorge’ condannò il regime senza Dio del nazismo e i suoi crimini”.

Trovi qui la traduzione in inglese dell’articolo di “Der Spiegel”, con il video dell’intervista:
“Traditionalist bishop may be charged with holocaust denial in Germany“.
cathcon.blogspot.com/2009/01/traditionalist-bishop-may-be-char...

E qui, sempre in inglese, i comunicati della diocesi cattolica di Stoccolma e dei lefebvriani:
“Williamson to be Charged? Diocese of Stockholm and SSPX District Superiors Respond“.
www.remnantnewspaper.com/Archives/2009-williamson_to_be_cha...



Paparatzifan
00venerdì 23 gennaio 2009 22:35
Dal blog di Lella...

Lefebvre: la storia di un scisma lungo venti anni. Il ruolo di Ratzinger e quello dei vescovi francesi

È difficile sapere come l’episcopato francese prenderà la notizia della decisione del Papa di revocare la scomunica (il decreto, firmato dal Pontificio Consiglio per i testi legislativi, uscirà nei prossimi giorni) ai quattro vescovi scismatici appartenenti alla Fraternità San Pio X fondata nel 1970 da Marcel Lefebvre. Una cosa, comunque, la si può dire: in una parte di questo episcopato la notizia non susciterà particolari emozioni. Anzi.
Non è un mistero, infatti, che nei mesi passati, prima ancora che il Papa approvasse nel settembre del 2007 il motu proprio Summorum Pontificum col quale liberalizzò il cosiddetto rito antico (è il messale di San Pio V riformato nel 1962 da Giovanni XXIII) era stato l’allora presidente della conferenza episcopale francese, il cardinale Jean-Pierre Ricard, a esprimersi su tale decisione in molto critico. Questi, infatti, paventava (le sue previsioni si sono dimostrate poi fondate) che con il motu proprio si sarebbe aperta la strada al rientro dei lefebvriani nella Chiesa cattolica.

E la cosa non gli andava a genio: la Chiesa francese, infatti, viveva (e vive tutt’oggi) una profonda crisi. Le celebrazioni eucaristiche hanno raggiunto il minimo storico di presenza di fedeli.

Nell’ultimo anno, nei seminari di tutte le novantuno diocesi francesi, sono entrati soltanto centoventi seminaristi e quaranta di questi provenienti da comunità tradizionaliste, non scismatiche come quella lefebvriana, ma comunque legate a una visione di Chiesa similare a quella della Fraternità San Pio X.

Insomma, oltralpe sono le comunità tradizionaliste che stanno sempre più prendendo piede e la cosa, per una gerarchia ecclesiastica che più che in altre parti d’Europa ha spinto sull’applicazione in chiave intra-mondana della riforma liturgica del post Concilio Vaticano II, fa preoccupare.

Il 12 settembre scorso, tuttavia, Benedetto XVI, volando verso Parigi, fu chiaro. Egli lanciò un messaggio inequivocabile all’episcopato francese: il motu proprio Summorum Pontificum - disse - «è semplicemente un gesto di tolleranza, in ottica pastorale, per delle persone che sono state formate a questa liturgia, che l’amano, la conoscono, e vogliono vivere con essa». Come a dire: chiunque preghi seguendo l’antico rito (lefebvriani in testa) non va discriminato, in quanto fa parte della Chiesa cattolica a pieno titolo.
Poco dopo il viaggio papale a Parigi (con tappa a Lourdes), furono i lefebvriani a recarsi in pellegrinaggio a Lourdes. Qui il superiore generale della Fraternità San Pio X, Bernard Fellay, lanciò un’iniziativa singolare. La chiamò «Crociata del rosario». In sostanza, chiese a tutti i fedeli lefebvriani di sgranare rosari affinché il Papa ritirasse la scomunica pendente su di lui e sui tre suoi confratelli vescovi. Secondo Fellay in meno di due mesi sono stati recitati in tutto il mondo un milione e settecentotremila rosari. Ultime notizie alla mano, un numero sufficiente per fare divenire il decreto di revoca di scomunica una realtà.
Il decreto verrà reso noto dal pontificio consiglio per i testi legislativi nei prossimi giorni e permetterà a Ratzinger di ricordare con meno dolore quanto accadde nel 1988: allora Giovanni Paolo II comminò la scomunica a Lefebvre dopo che questi rifiutò un accordo già siglato con l’allora prefetto della congregazione per la dottrina della fede, appunto il cardinale Ratzinger.
Certo, molte questioni restano ancora aperte: i lefebvriani non hanno mai detto apertamente di accettare in toto i documenti del Concilio Vaticano II. In particolare, su alcuni aspetti della dottrina sulla Chiesa, si dichiarano ancora perplessi - soprattutto sulle nozioni di libertà religiosa e di ecumenismo -. Eppure, a ben vedere, un accordo di riappacificazione definitiva con Roma sembra ormai più che possibile. Non ci sono divergenze gravi tra le due parti e il gesto di questi giorni di Ratzinger non può che accelerare il tutto.

L’episcopato francese dovrà farsene una ragione. E probabilmente dovrà fare autocritica. E ammettere che il rinnovamento liturgico attuato in Francia negli ultimi decenni ha avuto sviluppi a volte maldestri o grossolani, che senz’altro (volutamene o meno) hanno dato la netta sensazione di una rottura della tradizione. Una sensazione che ha portato Lefebvre a reagire e a scegliere la strada della rottura con Roma pur di non sottomettersi a una Chiesa che, soprattutto in Francia, vedeva inquinata da un vento progressista.

Quando la piena comunione con Roma sarà defintivamente sancita si potrà scoprire sotto quale forma la Fraternità San Pio X farà parte della Chiesa. E si potrà scoprire quale destino avrà la pontifica commissione Ecclesia Dei, istituita da Wojtyla con lo scopo di seguire i rapporti coi lefebvriani.
Si parla di un suo possibile accorpamento con la congregazione per il culto divino. Ecclesia Dei manterrebbe una propria autonomia, ma dedicherebbe principalmente a vagliare la corretta applicazione del motu proprio Summorum Pontificum.
A conti fatti, il decreto di revoca di scomunica che il Papa ha voluto per i vescovi lefebvriani, rappresenta una vittoria per il cardinale Darío Castrillón Hoyos, presidente di Ecclesia Dei. È lui che ha curato in questi anni i rapporti con la Fraternità San Pio X. È stato lui a tenere una fitta corrispondenza con Fellay, alimentatasi soprattutto dopo che questi, pochi mesi dopo l’ultimo conclave, incontrò privatamente Benedetto XVI a Castel Gandolfo.

© Copyright Il Riformista, 23 gennaio 2009


Paparatzifan
00venerdì 23 gennaio 2009 22:45
Dal blog di Lella...

Curie e Curiali

Ratzinger riabilita i lefebvriani e riporta la tradizione in Francia

PRIMO PIANO

Di Andrea Bevilacqua

Con l'imminente revoca della scomunica per i quattro vescovi scismatici lefebvriani (il decreto uscirà entro domenica dal pontificio consiglio per i testi legislativi e riguarda i superiori della Fraternità San Pio X Bernard Fellay, Alfonso de Gallareta, Tissier de Mallerais e Richard Williamson) è soprattutto l'anima più liberal dell'episcopato francese a subire un duro colpo. Questa, infatti, si era duramente contrapposta alla promulgazione del Motu Proprio Summorum Pontificum col quale Benedetto XVI aveva liberalizzato nel 2007 l'antico rito, perché vedeva in questo gesto la volontà di Roma di ricucire con gli ultra tradizionalisti lefebvriani che parecchio seguito hanno - oltre che in Svizzera - anche in Francia.

La Chiesa francese, infatti, annaspa costretta a fare i conti con le Chiese vuote e la mancanza di vocazioni, mentre le comunità più tradizionaliste (non soltanto quella lefebvriana) si moltiplicano.

L'episcopato francese è tradizionalmente refrattario alla supremazia romana. A ciò si è aggiunto, dal Concilio Vaticano II in poi, un progressismo esasperato, soprattutto in campo liturgico. È principalmente in Francia che quella riforma della liturgia smaccatamente “intramondana” si è affermata con un'escalation inarrestabile.

Benedetto XVI, tuttavia, dovrebbe a breve mettere mano alle sedi vescovili più importanti al fine di portare, in terra francese, un episcopato meno ostile nei confronti di una visione liturgica più ancorata alla tradizione.

Già molto Papa Joseph Ratzinger ha fatto nel 2008: ad aprile Benedetto XVI ha nominato come ausiliare di Nanterre monsignor Nicolas Jean René Brouwet, distintosi per aver partecipato all'annuale «pellegrinaggio della Tradizione» da Parigi a Chartres. Molto più eclatante, a ottobre, è stata la nomina come vescovo di Bayonne di monsignor Marc Aillet, già vicario generale della diocesi di Tolone ma soprattutto membro della Comunità San Martino che era stata fondata a Genova dal cardinal Giuseppe Siri per quei sacerdoti francesi che fuggivano dal progressismo. Pare che, sulla nomina, abbia inciso l'influenza del giovane monsignore di curia Martin Viviès, anch'egli della medesima comunità. Monsignor Aillet celebra spesso la messa col rito antico, ha scritto un piccolo e favorevole trattato sulla messa tradizionale.
Il 21 novembre, alla diocesi di Le Mans, è stato nominato monsignor Yves Le Saux, finora responsabile di preti, diaconi e seminaristi della comunità dell'Emmanuel. Non un gruppo tradizionale, ma comunque uno di quei movimenti che i progressisti vedono come fumo negli occhi. E, subito dopo, ecco la nomina di monsignor Jean-Pierre Batut come vescovo ausiliario di Lione: è stato parroco della chiesa parigina di St-Eugène-Ste Cécile, la cosiddetta «chiesa dell'indulto», dove Batut celebrava nelle due forme del rito romano.

© Copyright Italia Oggi, 23 gennaio 2009


Paparatzifan
00venerdì 23 gennaio 2009 22:49
Dal blog di Lella...

«Noi riconosciamo l’autorità del Papa»

di Andrea Tornielli

Roma

«Se il Papa deciderà di ritirare il decreto di scomunica nei confronti dei quattro vescovi della Fraternità San Pio X, per noi sarà una grande gioia...».

Don Davide Pagliarani, dal 2006 superiore del distretto italiano della Fraternità fondata da monsignor Lefebvre, dal quale dipendono circa 25 celebrazioni domenicali secondo l’antico rito nel nostro Paese, sottolinea con particolare enfasi il «se».

E al telefono con il Giornale ribadisce di non sapere nulla della notizia pubblicata ieri dal nostro quotidiano. La revoca della scomunica decisa da Papa Ratzinger sarà pubblicata già sabato o al massimo entro la prossima settimana, a conclusione della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
I quattro vescovi in queste ore attendono in silenzio, anche se stanno facendo il giro del mondo le dichiarazioni improvvide e imbarazzanti, vicine alle tesi negazioniste sull’Olocausto, rilasciate lo scorso novembre da uno di loro, Richard Williamson, nel corso di un’intervista televisiva.
Il superiore generale della Fraternità, monsignor Bernard Fellay, primo firmatario della lettera con la quale è stato chiesto al Pontefice di ritirare la scomunica, nei giorni scorsi è stato a Roma e ha incontrato anche il cardinale Antonio Cañizares, nuovo Prefetto della Congregazione del culto divino. Va ricordato che il ritiro della scomunica (comminata nel 1988 da Giovanni Paolo II dopo che monsignor Lefebvre aveva consacrato illecitamente vescovi quattro suoi sacerdoti) rappresenta un atto di magnanimità di Benedetto XVI anche se non significa la soluzione di ogni problema tra la Santa Sede e la Fraternità.

Don Davide, come reagisce alla notizia?

«Io non ho notizie, non so se quanto lei mi dice sia vero...».

Diciamo così: se il Papa toglierà la scomunica, come reagirà?

«È chiaro che si tratterebbe di un atto che coinvolge tutta la Fraternità, anche se dal punto di vista canonico riguarda soltanto i quattro vescovi. Sarebbe accolto con grande gioia dai sacerdoti e da tutti i nostri fedeli».

Può spiegare che cos’è la «crociata del rosario» che monsignor Fellay ha lanciato nei mesi scorsi?

«L’iniziativa è stata proposta dal superiore della Fraternità l’ultima domenica di ottobre, nella quale secondo il calendario liturgico dell’antico rito romano si celebra la festa di Cristo Re. In quei giorni si è svolto un pellegrinaggio a Lourdes, al quale hanno partecipato, con i quattro vescovi, circa ventimila fedeli. In quella occasione monsignor Fellay ha lanciato la “crociata del rosario”, chiedendo ai fedeli di recitare rosari alla Vergine per una precisa intenzione: far sì che il Pontefice accogliesse la richiesta del ritiro della scomunica».

Si è parlato di più di un milione di rosari. È vero?

«Grazie a Dio alla fine sono stati molti di più, un milione e settecentomila».

Con la revoca della scomunica vi sentirete più uniti al Papa...

«Se la scomunica sarà revocata, ripeto, sarà una grande gioia per tutti noi. Ma vorrei ricordare che mai la Fraternità San Pio X ha avuto l’intenzione di separarsi dal Papa. Riconosciamo il Papa, preghiamo ogni giorno per lui. Lo stesso fatto di chiedere il ritiro della scomunica attesta questa volontà. La Fraternità non rifiuta l’autorità dei Papi né di quelli che si sono succeduti prima del Concilio Vaticano II, né di quelli che si sono succeduti dopo il Concilio».

Però sia monsignor Lefebvre che i suoi successori hanno criticato aspramente sia i Pontefici che alcuni documenti conciliari.

«Su questo la posizione della Fraternità è sempre stata chiara e non ha subito modifiche. Fin dal 2001 abbiamo chiesto che fosse ridata piena cittadinanza alla Messa antica e abbiamo espresso la volontà di discutere alcuni punti e problemi dottrinali che sono emersi con la riforma liturgica e con alcuni dei testi conciliari. Ma ciò non significa rifiutare l’autorità del Papa».

© Copyright Il Giornale, 23 gennaio 2009


Benedicta1983XVI
00sabato 24 gennaio 2009 15:36
Ecco i frutti dell' ottavario per la preghiera per l' unità dei cristiani!!!!!!!!!!!!!!! [SM=g6398] [SM=g6398] [SM=g6398]
GIORNO DI IMMENSA GIOIA [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8431] [SM=g8431] [SM=g8431]
Paparatzifan
00sabato 24 gennaio 2009 16:59
Re:

Benedicta1983XVI, 24/01/2009 15.36:

Ecco i frutti dell' ottavario per la preghiera per l' unità dei cristiani!!!!!!!!!!!!!!! [SM=g6398] [SM=g6398] [SM=g6398]
GIORNO DI IMMENSA GIOIA [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8431] [SM=g8431] [SM=g8431]




Credo che la Madonna non poteva non ascoltare queste preghiere ferventi!!!!
Il Signore e la Madonna siano benedetti per sempre!!!!


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Paparatzifan
00sabato 24 gennaio 2009 17:19
Da www.sanpiox.it

Comunicato del Superiore generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X

La scomunica dei vescovi consacrati da Sua Eccellenza Mons. Marcel Lefebvre il 30 giugno 1988, dichiarata dalla Congregazione dei Vescovi con decreto del 1 luglio 1988 e da noi sempre contestata, è stata ritirata con un altro decreto della medesima Congregazione in data 21 gennaio 2009, su mandato del papa Benedetto XVI.

Noi esprimiamo la nostra gratitudine filiale al santo Padre per questo atto che, al di là della Fraternità Sacerdotale San Pio X, rappresenterà un beneficio per tutta la Chiesa. La Nostra Fraternità desidera poter aiutare sempre di più il papa nel portare rimedio alla crisi senza precedenti che attualmente investe il mondo cattolico e che il papa Giovanni Paolo II ha definito come situazione di "apostasia silenziosa".

Oltre ad esprimere la nostra riconoscenza verso il Santo Padre e verso tutti coloro che lo hanno aiutato a compiere questo atto coraggioso, ci rallegriamo del fatto che il decreto del 21 Gennaio consideri come necessari dei "colloqui" con la Santa Sede, colloqui che permetteranno alla Fraternità Sacerdotale San Pio X di mettere sul tappeto le ragioni dottrinali di fondo che essa ritiene essere all'origine degli attuali problemi della Chiesa.

In questa nuova situazione, nutriamo la ferma speranza di giungere presto al riconoscimento dei diritti della Tradizione cattolica.


Menzingen, il 24 gennaio 2009

+ Bernard Fellay


Paparatzifan
00sabato 24 gennaio 2009 17:21
Da www.sanpiox.it

Lettera di S.E. Mons. Bernard Fellay ai fedeli

Carissimi fedeli,

Come annuncio nel comunicato annesso a questo, “la scomunica dei vescovi consacrati da Sua Eccellenza Mons. Marcel Lefebvre il 30 giugno 1988, dichiarata dalla Congregazione dei Vescovi con decreto del 1 luglio 1988 e da noi sempre contestata, è stata ritirata con un altro decreto della medesima Congregazione in data 21 gennaio 2009, su mandato del papa Benedetto XVI”.
Si tratta dell’intenzione di preghiera che vi ho affidato a Lourdes, il giorno della festa di Cristo Re 2008. Voi avete risposto al di là delle nostre speranze, poiché unmilionesettecentotremila corone del rosario sono state recitate per ottenere attraverso l’intercessione della Madonna la fine di questo obbrobrio che pesava, nella persona dei vescovi della Fraternità, su tutti coloro che in un modo o nell’altro sono attaccati alla Tradizione.
Ringraziamo vivamente la Vergine Santissima che ha ispirato al Santo Padre questo atto unilaterale, benevolo e coraggioso.
Continuiamo a pregare per lui con fervore.

Grazie a questo gesto, i cattolici del mondo intero attaccati alla Tradizione non saranno più stigmatizzati e condannati per avere mantenuto la fede dei loro padri. La Tradizione Cattolica non è più scomunicata. Quantunque non lo sia mai stata in sé, essa lo è stata molto spesso e crudelmente nei fatti. Esattamente come la messa tridentina, che non era stata mai abrogata in sé, come ha giustamente ricordato il Santo Padre attraverso il Motu Proprio Summorum pontificum del 7 luglio 2007.

Il decreto del 21 Gennaio cita la lettera al Card. Castrillon Hoyos nella quale esprimevo il nostro attaccamento “alla Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo che è la Chiesa Cattolica”, ribadendo la nostra accettazione del suo insegnamento bimillenario e la nostra fede nel Primato di Pietro.
Ricordavo quanto noi soffriamo della situazione attuale della Chiesa in cui questo insegnamento e questo primato sono vilipesi, e aggiungevo: “Noi siamo pronti a scrivere il Credo con il nostro sangue, a firmare il giuramento antimodernista, la professione di fede di Pio IV, noi accettiamo e facciamo nostri tutti i concili fino al Vaticano II sul quale noi esprimiamo delle riserve”. In tutto questo, noi abbiamo la convinzione di restare fedeli alla linea di condotta tracciata dal nostro fondatore Mons. Marcel Lefebvre di cui noi speriamo la pronta riabilitazione.

Inoltre noi desideriamo intraprendere questi “colloqui” - che il decreto definisce “necessari” - sulle questioni dottrinali che si oppongono al magistero perenne.
Noi non possiamo che constatare la crisi senza precedenti che oggi investe la Chiesa: crisi di vocazioni, crisi della pratica religiosa, del catechismo e della frequentazione dei sacramenti… Prima di noi, Paolo VI parlava addirittura di una infiltrazione del “fumo di Satana” e della “autodemolizione” della Chiesa. Giovanni Paolo II non ha esitato a dire che il cattolicesimo in Europa era come in uno stato di “apostasia silenziosa”. Poco tempo prima della sua elezione al Supremo Pontificato, Benedetto XVI stesso paragonava la Chiesa a una “barca in cui l’acqua entra da tutte le parti”. Pertanto noi intendiamo, in questi colloqui con le autorità romane, esaminare le cause profonde della situazione attuale e, apportandovi il rimedio adeguato, giungere a una vera restaurazione della Chiesa.

Cari fedeli, la Chiesa è nelle mani di sua Madre, la Santissima Vergine Maria. In Lei noi confidiamo. Noi Le abbiamo chiesto la libertà della Messa di sempre, dappertutto e per tutti. Noi Le abbiamo chiesto il ritiro del decreto delle scomuniche. Noi Le chiediamo nelle nostre preghiere, a Lei che è la Sede della Sapienza, queste necessarie chiarificazioni dottrinali di cui le anime turbate hanno tanto bisogno.



Menzingen, il 24 gennaio 2009

+ Bernard Fellay


Paparatzifan
00sabato 24 gennaio 2009 21:32
Dal blog di Lella...

IL PAPA PERDONA I LEFEBVRIANI, VIA LA SCOMUNICA

(AGI) - CdV, 24 gen.

(di Salvatore Izzo)

La grande generosita' del gesto compiuto oggi da Benedetto XVI e' sottolineata in diverse dichiarazioni di episcopati europei che auspicano pero' che i vescovi non piu' scomunicati possano compiere l'ulteriore passo di un'adesione convinta al Concilio Vaticano II, con toni che inevitabilmente ricordano un po' quelli del fratello del ''figliol prodigo'' che nella parabola si lamentano della festa organizzata per il peccatore che ritorna.
''Nella sua decisione - afferma in una nota il presidente dei vescovi svizzeri mons. Kurt Koch - il Papa e' stato guidato dalla convinzione che dopo il riconoscimento del magistero e dell'autorita' del Papa vi sono buone prospettive che i pendenti colloqui sulle questioni ancora irrisolte dell'eredita' vincolante del Concilio Vaticano II possano giungere a buon fine.
In questo modo la piena riconciliazione deve trovare la sua visibile espressione nella piena comunione sulla base di una fede comuna.
Spero e prego - conclude - che questa riconciliazione abbia luogo''.
''Il Papa mostra la possibilita' del ritorno nella piena comunione con la Chiesa Cattolica e non lascia al contempo alcun dubbio sul fatto che le conclusioni del Concilio Vaticano II sono un fondamento irrinunciabile per la vita della Chiesa'', fa eco il presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, mons. Robert Zollitsch.
''Ogni volta che la Chiesa sospende una pena io me ne rallegro", conferma da Parigi il card. Andre' Vingt-Trois intervistato sul sito della Conferenza Episcopale.
''E' un'opportunita', una porta aperta, per permettere a dei cristiani di ritrovare la pienezza della comunione con la Chiesa. A condizione - conclude il presidente dei vescovi francesi - che essi lo desiderino o l'accettino. E' un gesto di apertura per fortificare l'unità della Chiesa''.
Da parte loro i lefebvriani si rallegrano del fatto che ''la tradizione cattolica non e' piu' scomunicata'', come scrive il vescovo Bernard Fellay, superiore della Fraternita' San Pio X, nella lettera con la quale comunica la decisione del Papa di revocare le scomuniche. Coerentemente il presule ribadisce che da parte della Fraternita' restano le obiezioni mosse da mons. Lefebvre al Concilio, quasi per rispondere anticipatamente alle obiezioni di quanti criticheranno la sua irremovibilita' (e con cio' tacceranno il Papa di ingenuita').
"Non possiamo - spiega - che constatare la crisi senza precedenti che scuote la Chiesa oggi: crisi di vocazioni, crisi della pratica religiosa, del catechismo e della frequentazione dei sacramenti".
"Prima di noi - ricorda il superiore dei lefebvriani - Paolo VI parlava addirittura dell'infiltrazione di 'fumi di Satana' nella Chiesa. Giovanni Paolo II non ha esitato a dire che il cattolicesimo in Europa era come in stato di 'apostasia silenziosa'. Poco tempo prima della sua elezione a Sovrano Pontefice, Benedetto XVI stesso comparava la Chiesa ad una 'nave che prende acqua da tutte le parti'. Cosi' vogliamo, nei colloqui con il Vaticano, esaminare le cause profonde della situazione presente, apportandovi il rimedio adeguato, giungere ad una
restaurazione solida della Chiesa'''.
''Siamo pronti - conclude la lettera - a scrivere col sangue il nostro credo, a firmare il giuramento anti-modernista, la professione di fede di Pio IV, accettiamo e facciamo nostri tutti i Concili fino al Vaticano II, sul quale manteniamo delle riserve''. L'Osservatore Romano pero' indica nella lettura ratzingeriana della storia della Chiesa come ''continuita''' la linea di un compromesso che potra' essere raggiunto: per il giornale, infatti, il Vaticano II non e' minimamente messo in discussione dal perdono ai quattro vescovi.
''E' un concilio - spiega il direttore Giovanni Maria Vian - che, come tutti gli altri, deve essere storicizzato e non mitizzato, inseparabile dai suoi testi, che proprio dal punto di vista storico non possono essere contrapposti a un supposto 'spirito' del Vaticano II''.
Per l'Osservatore, ''i problemi della recezione del Concilio Vaticano II sono nati dal fatto che due interpretazioni contrarie si sono trovate a confronto e hanno litigato tra loro. L'una ha causato confusione.
L'altra, silenziosamente, ha portato e porta frutti visibili''.

© Copyright (AGI)


Paparatzifan
00sabato 24 gennaio 2009 21:38
Dal blog di Lella...

La cifra di un pontificato

di Gianteo Bordero

Benedetto XVI, con la revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani, scrive un'altra pagina importante del suo pontificato.

Una pagina destinata a rimanere e, probabilmente, a diventare la cifra del papato ratzingeriano. Sanare uno scisma, infatti, significa medicare la ferita più profonda che possa essere inferta all'unità del corpo mistico di Cristo, la Chiesa: la divisione tra le sue membra.

Dividere è facile, unire è molto più difficile. Papa Benedetto, rispondendo all'esortazione di Gesù nel Vangelo di Giovanni («Che siano una sola cosa affinché il mondo creda»), si avvia a chiudere definitivamente una delle vicende più dolorose nella storia della Chiesa degli ultimi due secoli. «Uno scisma piccolo - afferma Gianni Baget Bozzo intervistato dal Foglio - ma che ha avuto un ruolo importante nel post-Concilio».

I segnali di una pacificazione definitiva tra Roma ed Ecône (la cittadina svizzera nella quale monsignor Lefebvre aveva fondato il suo seminario alla fine degli anni Sessanta dopo la rottura definitiva con il Vaticano a causa delle riforme conciliari) si erano intensificati sin dai primi mesi del pontificato di Benedetto XVI: già sul finire dell'agosto 2005, infatti, Ratzinger aveva incontrato a Castel Gandolfo Bernard Fellay, superiore generale della Fraternità San Pio X.
I comunicati ufficiali scaturiti da quell'incontro - sia quello della Santa Sede che quello dei lefebvriani - sottolineavano il desiderio reciproco di procedere gradualmente ad un riavvicinamento nel nome del comune amore per la Chiesa.

Ma l'evento decisivo è stato senz'altro la promulgazione del motu proprio «Summorum pontificum», del 7 luglio 2007, con il quale Benedetto XVI ha deciso di «liberalizzare» l'uso del messale romano di San Pio V (nella sua ultima versione risalente al 1962, Giovanni XXIII regnante) affermando che esso non è stato abrogato dalla riforma liturgica del 1970 e che il nuovo messale di Paolo VI rappresenta la forma ordinaria, ma non esclusiva, della liturgia cattolica.
Un gesto, questo, che ha provocato numerose contestazioni all'interno della Chiesa, soprattutto da parte di coloro che - per usare un'espressione dello stesso Papa Ratzinger - considerano il Vaticano II come un momento di «rottura» rispetto al passato, una sorta di rifondazione della Chiesa scaturita dal compromesso con la modernità.
Le contestazioni hanno assunto forme più o meno eclatanti, soprattutto in Francia (patria di Lefebvre), e lo stesso Benedetto XVI, durante il suo viaggio a Lourdes dello scorso anno, ha dovuto richiamare i vescovi transalpini al rispetto del motu proprio.

Ma le diffuse proteste non hanno fermato Papa Ratzinger. Anzi. Dopo aver ricevuto lo scorso 15 dicembre fa una lettera di monsignor Fellay che chiedeva la revoca della scomunica promulgata da Giovanni Paolo II nel 1988 («Siamo sempre fermamente determinati nella volontà di rimanere cattolici e di mettere tutte le nostre forze al servizio della Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo, che è la Chiesa cattolica romana. Noi accettiamo i suoi insegnamenti con animo filiale. Noi crediamo fermamente al Primato di Pietro e alle sue prerogative, e per questo ci fa tanto soffrire l'attuale situazione» scriveva Fellay nella missiva) e dopo aver appreso che la Fraternità San Pio X ha organizzato per il Natale 2008 una preghiera del rosario volta a «ottenere dalla Madonna il ritiro del decreto», ha valutato che i tempi erano maturi per il passo decisivo.

Il testo della revoca è stato diffuso questa mattina dalla sala stampa vaticana.
In esso la Santa Sede afferma che «con questo atto si desidera consolidare le reciproche relazioni di fiducia e intensificare e dare stabilità ai rapporti della Fraternità San Pio X con questa Sede Apostolica. Questo dono di pace, al termine delle celebrazioni natalizie, vuol essere anche un segno per promuovere l'unità nella carità della Chiesa universale e arrivare a togliere lo scandalo della divisione. Si auspica che questo passo sia seguito dalla sollecita realizzazione della piena comunione con la Chiesa di tutta la Fraternità San Pio X, testimoniando così vera fedeltà e vero riconoscimento del Magistero e dell'autorità del Papa con la prova dell'unità visibile».
Vedremo ora, dunque, se gli auspici del Vaticano troveranno rapida realizzazione.

Ma quello che sin d'ora si può dire è che Benedetto XVI, che già quand'era come cardinale alla guida dell'ex Sant'Uffizio aveva provato ripetutamente a raggiungere un accordo con i lefebvriani, ha compiuto un gesto di alto valore storico ed ecclesiologico.

Riammettendo i vescovi ordinati da Lefebvre alla piena comunione con Roma, egli chiude definitivamente un'epoca, si lascia alle spalle la deleteria spaccatura post-conciliare tra tradizionalisti e progressisti, riconosce che anche i primi avevano delle ragioni che solo le mode teologiche del momento hanno impedito di valutare sino in fondo.
Riprendendo un'immagine usata da Jean Guitton in un suo famoso saggio, potremmo dire che, con la sua decisione, Papa Ratzinger contribuisce a ricucire la veste di Cristo dilacerata nella storia dagli scismi e dalla divisione tra i cristiani.
Guitton sostiene che gli strappi, sin dalla grande eresia ariana, hanno sempre fatto assumere alla Chiesa maggiore coscienza di sé e della sua missione. Ora che uno di questi strappi si appresta ad essere sanato, è augurabile che i motivi che l'hanno causato possano essere finalmente letti alla luce della ritrovata unità delle membra, e non con le lenti di un fanatismo ideologico e teologico che ha fatto solo tanto male alla Chiesa in questi ultimi decenni.

© Copyright Ragionpolitica, 24 gennaio 2009


Paparatzifan
00sabato 24 gennaio 2009 21:45
Dal blog di Lella...

"Dai lefebvriani uno schiaffo a Wojtyla"

Il grido d'allarme del teologo Gianni Gennari, testimone diretto della stagione conciliare

GIACOMO GALEAZZI

Il teologo Gianni Gennari, testimone diretto della stagione conciliare avverte: "Attenti a fidarsi dei lefebvriani. Ricordiamoci tutti l’accordo che era stato firmato con Roma il 5 maggio. Il 6 monsignor Lefebvre se lo è rimangiato e lo ha deriso. Ai tempi delle ordinazioni del 1988 eseguite da Lefebvre contro la volontà del Papa, c’erano canonisti che negavano persino la loro validità perché per la validità dei sacramenti serve l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa, ma dal momento che Lefebvre considerava la Chiesa completamente fuori gioco a causa del Concilio Vaticano II, le ordinazioni di per sè non solo sarebbero illecite ma serebbero adirittura invalide. Milingo, che più volte ho pubblicamente contestato, di fronte ai vescovi lefebvriani è un fiore di ortodossia, perché ha commesso una cosa illegittima ma non ha contestato nessun punto di fede. Lui contesta la legge del celibato che non è certamente una legge di fede. Sono scandalizzato, turbato, addolorato per la revoca della scomunica ai vescovi scismatici lefebvriani. Ci sono dietro almeno 40 anni di calunnie verso i Papi. Maolo VI lo chiamavano, come era scritto sui manifesti a Roma dai lefebvriani, Papa bastardo, messa bastarda. Per anni. I preti sono stati picchiati dai lefebvriani. Alla parrocchia della Natività di Roma hanno rotto la testa a un sacerdote, hanno bruciato la porta della parrocchia, hanno fatto cacciare don Luigi Della Torre semplicemente perché era il liturgista più noto che aveva lavorato per la messa in italiano, poi le calunnie contro monsignor Bugnini, contro il Concilio Vaticano II. La rivista ufficiosa dei lefebvriani italiani «Sì sì, no no» per anni ha riempito le pagine di calunnie, anche di carattere personale, scrivendo che la sede era vacante, che l’ultimo Papa era Pio XII. Con la demonizzazione di qualsiasi tentativo di ecumenismo. E' ancora più sconvolgente presentare la revoca della scomunica nel giorno in cui si chiude la settimana per l’unità dei cristiani e nel giorno in cui si celebrano i 50 anni dall’indizione del Concilio Vaticano II, cui ero presente a cinque metri da Giovanni XXIII. 50 anni dopo, nello stesso giorno, si fa un discorso del genere e mi meraviglio come il cardinale Re (creatura di Paolo VI e di monsignor Benelli) abbia potuto firmare un decreto simile. Non so se è vero che qualche altro vescovo abbia rifiutato la propria firma al documento, ma questo sarebbe stato un atto di coscienza. Tutto ciò è uno schiaffo a Giovani Paolo II. Se le cose sono andate come dice il superiore dei lefebvriani Fellay, oggi ad essere clamorosamente smentito è proprio Karol Wojtyla. Il 30 giugno 1988, il giorno della scomunica, il cardinale Jospeh Ratzinger mandò un telegramma molto chiaro e netto a monsignor Lefebvre per bloccare le consacrazioni vietate dal Papa. Qui c’è qualcosa che non fila. Io non so cosa ci sia dietro, chi ha indotto Benedetto XVI, chi lo ha costretto. Il Papa sa bene quanto gli voglio bene, quanto gli sono grato, ma resto scandalizzato dalla revoca delle scomuniche. Dire, come ha fatto monsignor Bernard Fellay, che adesso è stata ripristinata la dottrina cattolica, significa dare uno schiaffo direttamente a Giovanni Paolo II che ha sancito la scomunica, ma anche al cardinale Ratzinger, a Paolo VI, a Giovanni XXIII, che per i dissidenti erano dei traditori della dottrina. C’era bisogno che loro rientrassero il 24 gennaio 2009 perché si ripistinasse la dottrina cattolica? Serviva aspettare che questi quattro vescovi non fossero più scomunicati? . Ma stiamo scherzando? Ma di cosa parliamo? Mi viene da piangere, non è tollerabile una cosa del genere. C’è qualcosa che non funzione. La fede in Cristo e nella Chiesa eretta da Lui rimane, ma se dipendesse soltanto da gesti umani ci sarebbe soltanto da dire "arrivederci e grazie." Siamo di fronte a una vergogna, una vera vergogna. Questa insistente, sottile, spregiudicata opera di calunnia che per quarant’anni i lefebvriani hanno fatto contro tutti e tutti non può essere cancellata con un colpo di spugna. I cardinali Casaroli, Silvestrini, Martini sono stati tacciati di esseri dei lupi che disperdevano il gregge dei fedeli, dei banditi. I seguaci di Lefebvre hanno accusato tutti in Curia di essere massoni, persino Poletti e Ruini. Ma come è pensabile riprenderli nella Chiesa come se nulla fosse? Dicono di riconoscere l’autorità del Papa. Ma quale? E perché solo adesso? S per il documento di revoca delle loro scomuniche? Gli fa comodo? O noi non sappiamo qualcosa? Mi auguro che ci siano delle condizioni che sono state messe ai lefebvriani, in cui devono rinnegare esplicitamente quattro decenni di calunnie, di violenza, di menzogne , di insulti. Se non fanno questo non è credibile nulla. Oppure loro si serviranno di questo decreto come fece Lefebvre il 5 maggio 1988, firmando un accordo e rimangiandoselo il giorno dopo. Né fece nulla in risposta ai tentativi del cardinale Ratzinger di scongiurare uno scisma. A cosa stiamo assistendo? Qui c’è un mistero che non capisco. Per non disperare ci vuole tutta la fede, che non dipende per fortuna dai preti e neppure dai Papi. Questa è una cosa sconvolgente".


Paparatzifan
00sabato 24 gennaio 2009 21:47
Re: Dal blog di Lella...
Paparatzifan, 24/01/2009 21.45:


"Dai lefebvriani uno schiaffo a Wojtyla"

Il grido d'allarme del teologo Gianni Gennari, testimone diretto della stagione conciliare

GIACOMO GALEAZZI

Qui c’è un mistero che non capisco. Per non disperare ci vuole tutta la fede, che non dipende per fortuna dai preti e neppure dai Papi. Questa è una cosa sconvolgente".





Tu non capisci? Io non capisco te! [SM=g7564] Non capisco che tu non veda che si tratta di un atto di misericordia!
Hai mai letto la parabola del figliol prodigo?


Paparatzifan
00domenica 25 gennaio 2009 16:33
Dal blog di Lella...

Ebrei e Concilio. Tensioni dopo il perdono papale

di Paolo Rodari

Come con gli ortodossi, anche coi lefebvriani la Chiesa cattolica fa in qualche modo pace, seppure la piena comunione sia ancora di là da venire.
Ieri, infatti, la Santa Sede ha comunicato che, in data 21 gennaio (il Riformista ha anticipato la cosa tre giorni fa), Benedetto XVI (per certi versi come fece Paolo VI con gli ortodossi nel 1965) ha accettato, tramite un decreto firmato dalla congregazione dei vescovi sentito il parere del pontificio consiglio per i testi legislativi, la richiesta di revoca della scomunica avanzatagli lo scorso dicembre dai quattro vescovi lefebvriani che nel 1988, per il fatto di aver ricevuto l’ordinazione episcopale da Marcel Lefebvre senza mandato pontificio, si erano posti fuori dalla Chiesa. Il decreto non significa che tra le due parti vi sia piena riconciliazione, seppure un enorme passo in avanti è stato compiuto.
A poco sono servite le polemiche - dalle quali il Vaticano si è distanziato con forza - sollevatesi nelle scorse ore nel mondo ebraico intorno alle dichiarazioni di uno dei quattro vescovi lefebvriani, l’inglese Richard Williamson, che qualche settimana addietro aveva detto di non credere che sei milioni di ebrei fossero stati sterminati.
E, insieme, a poco sono servite le polemiche sviluppatesi all’interno del mondo cattolico. Qui c’è chi non ha gradito la scelta del Papa di concedere la revoca della scomunica in coincidenza del cinquantesimo anniversario di convocazione del Concilio Vaticano II. Lefebvre, infatti, si staccò dalla Chiesa cattolica anche a seguito di una certa ermeneutica del Concilio dissona, a suo dire, dal Concilio stesso.

Ma proprio qui sta il punto: revocare la scomunica ai lefebvriani nei giorni in cui si celebra la convocazione del Concilio, non significa rinnegare il Concilio stesso, non significa voler riabilitare un “anti-conciliarista”, quanto ricordare come l’assise fu una tappa importante per la Chiesa a differenza, invece, di una sua scorretta esegesi sviluppatasi successivamente la quale, per la verità, è sempre stata rifiutata anche da Benedetto XVI.

La strada della piena comunione con Roma, comunque, è ancora lunga per i lefebvriani. La loro comunità, la Fraternità San Pio X (ben 450 sacerdoti e circa 40 seminaristi) dovrà peregrinare ancora a lungo. Aperture definitive e chiare su tutti i documenti del Concilio, infatti, dovranno arrivare da Econe prima che alla Fraternità venga assegnato, anche ai sensi del diritto canonico, un suo posto nella Chiesa cattolica (si parla di una sorta di prelatura stile Opus Dei). Ma, certo, già il fatto che fu lo stesso Lefebvre a porre la propria firma in calce a ogni documento del Concilio potrà aiutare anche i suoi fedelissimi a essere un po’ più coraggiosi in merito. Mentre, senz’altro, a poco potranno giovare le riserve in stile a quelle espresse ancora ieri dalla Fraternità sempre sul Vaticano II.
Benedetto XVI ha dimostrato di non temere la prevedibile reazione negativa dell’episcopato francese.

Una parte dei vescovi di Francia, infatti, non solo ha apertamente osteggiato il motu proprio Summorum Pontificum col quale è stato liberalizzato il rito antico. Ma non ha mai nascosto di non vedere di buon occhio un’eventuale revoca della scomunica ai lefebvriani.

E il motivo di questa doppia ostilità è semplice.

La Chiesa francese la quale, più che in altre parti d’Europa, ha messo in campo un’esegesi di rottura del Vaticano II, vive una crisi profondissima. Secondo dati riservati in possesso del Vaticano e noti al Riformista, a novembre 2008 in tutta la Francia c’erano soltanto 741 seminaristi. Di questi, il 12 per cento proviene da comunità tradizionaliste (non lefebvriane ma semplicemente che seguono il rito antico). Ma non basta: volutamente non conteggiate nelle statistiche ufficiali, vi sono altri 205 seminaristi appartenenti anch’essi a comunità cosiddette tradizionaliste: 55 della Comunità San Martino, 60 della Fraternità San Pietro, 50 dell’Istituto Cristo Re, 20 dei canonici di Carcassonne, 20 del Buon Pastore in Chartres. Ai quali vanno aggiunti i 40 seminaristi lefebvriani. In tutto, dunque, 245 seminaristi: un numero considerevole rispetto ai 741 conteggiati ufficialmente.

Benedetto XVI non ha agito in modo sprovveduto. Prima di decidere di rispondere affermativamente ai lefebvriani, ha incontrato più volte i responsabili della pontificia commissione Ecclesia Dei incaricata dal 1988 di seguire i rapporti tra la Fraternità San Pio X e la Santa Sede.

E nelle righe del decreto della congregazione dei vescovi si nota molta prudenza. Il decreto, infatti, rettifica una scomunica nella quale i lefebvriani vi erano incappati liberamente. Ma non dice nulla intorno alla futura collocazione della Fraternità nella Chiesa. Molto dipenderà dai lefebvriani. A loro toccherà scegliere se incamminarsi sulla strada della piena comunione con Roma, oppure su quella della definitiva rottura.

© Copyright Il Riformista, 25 gennaio 2009


Paparatzifan
00domenica 25 gennaio 2009 18:53
Dal blog di Lella...

E anche Oltretevere cresce il malumore: «Si nega l’operato di Wojtyla e Paolo VI»

CITTA’ DEL VATICANO - Il superiore dei lefebvriani, monsignor Fellay, ha subito espresso «gratitudine filiale» a Benedetto XVI per la revoca della scomunica. Il decreto papale, a suo dire, «sarà un bene per tutta la Chiesa». Fellay ha scritto in una nota: «La nostra Fraternità desidera poter aiutare sempre più il Papa a portare rimedio alla crisi senza precedenti che scuote attualmente il mondo cattolico e che Giovanni Paolo II aveva designato come stato di 'apostasia silenziosa'».

Di tutt’altra opinione sono autorevoli prelati di curia che, dietro anonimato, fanno presente che il rientro dei lefebvriani non sarà a costo zero.

Anche se il gesto è animato dalla volontà di arrivare all’unità, le conseguenze dell’ingresso degli ultra-tradizionalisti che «non credono al Vaticano II» e che si sono battuti per la riabilitazione della messa in latino secondo il rito antico, porterà «inevitabilmente qualche scompenso». Gli esperti di liturgia appaiono più che scettici e concordano. «Mi chiedo - fa sapere un prelato - a che prezzo avverrà il rientro. Temo che consoliderà quello che fino a due anni fa era solo un rito straordinario. L’ingresso dei lefebvriani non potrà che minare il cammino fatto dal Vaticano II. Inoltre è come disconoscere l’operato di Paolo VI e di Giovanni Paolo II». Papa Montini fece il possibile per comprendere il gesto di monsignor Lefebvre, mentre Papa Wojtyla, prima di arrivare alla decisione di scomunicarlo, promosse una specie di inchiesta interna presso l’episcopato, arrivando all’indulto del 1984. «Il gesto di Papa Ratzinger provocherà una certa destabilizzazione - aggiunge un cardinale -. Farà esplodere ancora di più la corsa all’antico rito creando ulteriori disagi a livello teologico e pastorale nelle parrocchie».
La cancellazione della scomunica è arrivata dopo una lunghissima trattativa tra la Santa Sede e monsignor Fellay. Quest’ultimo in una lettera a Benedetto XVI il 15 dicembre formulava la richiesta di rientrare nei ranghi. «Siamo fermamente determinati di mettere tutte le nostre forze al servizio della Chiesa (...). Noi accettiamo i suoi insegnamenti con animo filiale. Noi crediamo fermamente al Primato di Pietro e alle sue prerogative». Del Vaticano II, però, nessun esplicito riferimento. Forse non è un caso.
F.GIA.

© Copyright Il Messaggero, 25 gennaio 2009


Paparatzifan
00domenica 25 gennaio 2009 18:59
Re: Dal blog di Lella...

Paparatzifan, 25/01/2009 18.53:


E anche Oltretevere cresce il malumore: «Si nega l’operato di Wojtyla e Paolo VI»

Di tutt’altra opinione sono autorevoli prelati di curia che, dietro anonimato, fanno presente che il rientro dei lefebvriani non sarà a costo zero.

© Copyright Il Messaggero, 25 gennaio 2009





Cresce il malumore in me di sapere quanta opposizione c'è dentro la curia vaticana.
Ratzi, c'è ancora molta spazzatura nei corridoi!!!!
[SM=g7629] [SM=g7629] [SM=g7629] [SM=g7629] [SM=g7629] [SM=g7629]



Paparatzifan
00domenica 25 gennaio 2009 19:04
Dal blog di Lella...

Resta aperta la questione conciliare

È una lunga lotta la storia dello scisma di monsignor Marcel Lefebvre. È la storia della lotta contro il Concilio Vaticano II e la si può leggere per intero in una monumentale biografia del vescovo francese, morto scomunicato da Papa Wojtyla nel 1991, scritta alcuni anni fa da Bernard Tissier de Mallerais, il principale collaboratore di Lefebvre, rettore del seminario scismatico di Econe, in Svizzera, uno dei quattro vescovi tradizionalisti ordinati proprio da lui il 30 giugno 1988, e uno dei quattro a cui ieri il Papa ha revocato la scomunica. La questione del Concilio infatti resta sul tavolo, anche dopo la cancellazione della scomunica. Quell'idea di Roncalli di convocare un Concilio non era mai piaciuta a Lefebvre, allora vescovo di Dakar in Senegal e non smetterà mai per tutta la vita di rievocare «le vittorie dell'ala liberale che piegarono fin dai primi giorni il corso del Concilio investito dalla forze progressiste», al punto da trarne l'impressione che «stesse accadendo qualcosa di anormale». Alla fine del Concilio Lefebvre accusa addirittura Paolo VI di aver stabilito un «nuovo dogma», cioè la «dignità della persona umana», che profila il «primato dell'uomo su Dio» e quindi la «detronizzazione di Cristo». Insomma, nota De Mallerais, Il Concilio è la «più grande tragedia che abbia mai subito la Chiesa», la «cassa di risonanza di nuovi eretici», che «con le sue innovazioni ha squassato la verità cattolica».
La liturgia è solo l'arma più visibile per colpire tutto il Concilio. Lefebvre interviene 14 volte, ma della liturgia parla una volta sola il 29 ottobre 1962. Gli altri interventi tutti fortemente critici sono sulla collegialità, l'ecumenismo, la libertà religiosa. Ma è ottimista sul fatto che non passeranno né la collegialità, né l'ecumenismo. Nel 1988, poco prima di essere scomunicato da Wojtyla, si pentirà in una lettera di averlo pensato: «L'ottimismo riguardo al Concilio e al Papa era davvero mal fondato». Tuttavia firma tutti i documenti conciliari. Al termine del Concilio va per la sua strada. Fonda la Fraternità a Econe. Paolo VI lo richiama più volte. De Mallerais ricostruisce con molti particolari inediti scontri durissimi. Alla Fraternità viene revocata l'autorizzazione, ma Lefebvre ordina ugualmente alcuni sacerdoti. Il Papa nel 1976 lo sospende a divinis. Ma Lefebvre pochi giorni dopo celebra, in segno di sfida, la «messa proibita», alla Fiera commerciale di Lille. È il 29 agosto 1976. Dieci giorni dopo avviene il drammatico colloquio a Castelgandolfo tra Montini e il vescovo ribelle. La rottura è totale e tale rimarrà. Finché Giovanni Paolo II nel 1982 incarica il cardinale Ratzinger di trovare una soluzione. Ratzinger va da Lefebvre. Passano cinque anni, ma Lefebvre non cede e nel 1987 annuncia di aver intenzione di ordinare vescovi entro l'anno. Ci sono nuovi incontri a Roma. Ratzinger manda ad Econe il cardinale Gagnon. Le due commissioni raggiungono un accordo, la Lefebvre all'ultimo momento si tira indietro. Il 30 giugno 1988 Lefebvre ordina quattro vescovi. È immediatamente scomunicato e lo scisma è consumato. Il 25 marzo 1991 Lefebvre muore senza essersi riconciliato con la Chiesa. Il nuovo superiore monsignor Fellay continua a contestare Concilio, ecumenismo e la messa conciliare. Ma nel 2000 seimila tradizionalisti vanno in pellegrinaggio a Roma e il 30 dicembre Wojtyla riceve Fellay. È un cammino che ricomincia. Fellay alla morte di Giovanni Paolo II esprime il suo cordoglio, ma ribadisce le critiche all'ecumenismo di Wojtyla. Ratzinger appena eletto mette mano alla questione e il 28 agosto 2005 riceve Fellay. Il cammino verso una prima riconciliazione è avviato. L'autorizzazione a celebrare la messa in latino, secondo il rito di Giovanni XXIII, è un passo importante, che porta al decreto di ieri. Ma la partita non è chiusa. Resta la questione più difficile: il Concilio Vaticano II.
A. B.

© Copyright Eco di Bergamo, 25 gennaio 2009

le tappe

La revoca delle scomuniche ai vescovi lefebvriani, annunciata ieri, è un passo fondamentale per la fine dello scisma dei cattolici tradizionalisti. Quelle che seguono sono le tappe fondamentali della vicenda.

1962-1965 - Si svolge il Concilio Vaticano II; Lefebvre vi partecipa e ne sottoscrive quasi tutti i documenti.

1970 - Lefebvre fonda la Fraternità San Pio X, che ha sede presso il seminario di Econe, in Svizzera, ed entra presto in contrasto con i vescovi locali per il rifiuto del Concilio.

1975 - Revocata l'autorizzazione vescovile alla fraternità San Pio X; Paolo VI richiama Lefebvre. Ma il vescovo si ribella ed ordina tre sacerdoti. Un motivo di scontro è la Messa, che i lefebvriani celebrano secondo il vecchio rito, in latino.

1976 - Lefebvre sospeso a divinis; non può amministrare i sacramenti e ordinare sacerdoti (se lo fa, l'ordinazione è valida, ma illecita e può essere punito). Ma Lefebvre continua.

1982 - Giovanni Paolo II incarica il cardinal Ratzinger di cercare una soluzione. Il 20 luglio Lefebvre incontra Ratzinger.

1987 - Lefebvre conferma di avere intenzione di ordinare dei vescovi entro un anno. Nuovi incontri a Roma con Ratzinger, ed invio ad Econe del visitatore apostolico, cardinal Edouard Gagnon.

5 MAGGIO 1988 - Raggiunto un accordo fra la commissione nominata da Lefebvre e quella vaticana guidata da Ratzinger. Ma, all'ultimo momento, Lefebvre si tira indietro.

16 GIUGNO 1988 - Il Vaticano invita Lefebvre a non ordinare dei vescovi, e compiere così «un atto scismatico».

30 GIUGNO 1988 - Lefebvre ordina quattro vescovi, e da Roma scattano le scomuniche. Il papa concede a chi resta nella Chiesa di chiedere la celebrazione della Messa secondo il rito antico.

25 MARZO 1991 - Lefebvre muore senza riconciliazione col Papa.

12 LUGLIO 1994 - Bernard Fellay eletto superiore della San Pio X. Sotto la sua guida i lefebvriani continuano a contestare il Concilio, l'ecumenismo, e il rito della Messa.

2000 - In agosto pellegrinaggio di seimila lefebvriani a Roma per il Giubileo. Il 30 dicembre Wojtyla riceve Fellay.

22 marzo 2001 - Il Vaticano conferma che sono in corso contatti formali con i tradizionalisti.

24 maggio 2003 - Il cardinale Dario Castrillon Hoyos celebra a Santa Maria Maggiore la Messa secondo il rito preconciliare, mandando un segnale di disponibilità ai lefebvriani.

2 maggio 2005 - Muore Giovanni Paolo II. Monsignor Fellay esprime cordoglio, ma ribadisce le critiche all'ecumenismo di Wojtyla.

29 agosto 2005 - Benedetto XVI riceve Fellay a Castelgandolfo.

28 giugno 2007 - Il Papa autorizza la Messa in latino secondo la revisione del canone di Giovanni XXIII.

4 giugno 2008 - Il cardinale Castrillon Hoyos consegna a Fellay le cinque condizioni per il pieno reintegro nella Chiesa.

1 luglio 2008 - La fraternità San Pio X chiede il ritiro dei decreti di scomunica come condizione per il confronto.

15 dicembre 2008 - Lettera di Fellay che chiede al Papa la riammissione nella Chiesa.

24 gennaio 2009 - La Santa Sede annuncia che il Papa ha concesso il perdono pontificio, revocando la scomunica ai vescovi ordinati da Lefebvre.

© Copyright Eco di Bergamo, 25 gennaio 2009


Paparatzifan
00domenica 25 gennaio 2009 19:30
Dal blog di Lella...

Intervista a Vittorio Messori: «Agli ebrei dico: lasciateci lavorare»

di Paolo Rodari

Vittorio Messori, il Papa ha accettato la richiesta giunta da Econe di rimettere la scomunica nella quale erano incorsi nel 1988 i quattro vescovi lefebvriani. Ma il fatto che tra questi vescovi vi sia monsignor Richard Williamson, che recentemente ha mosso dichiarazioni revisioniste e negazioniste sull’Olocausto, ha scatenato feroci polemiche nel mondo ebraico e internazionale. L’ultima di ieri è del Rabbino David Rosen. Come commenta?

Mi appello ai princìpi del diritto internazionale secondo i quali ogni Stato è sovrano al suo interno. La revoca della scomunica è un fatto interno alla Chiesa sul quale non riesco a capire perché il mondo ebraico si senta in diritto di intervenire. Insomma, chiedo che ai cattolici venga lasciata la libertà di lavorare in pace portando avanti le proprie azioni. Non mi sembra che il Vaticano si sia mai sentito in dovere di intervenire sulla nomina di un Gran Rabbino o su altre questioni interne al mondo ebraico. Sarebbe corretto, dunque, che gli ebrei avessero il medesimo atteggiamento nei confronti dei cattolici.

Il decreto col quale viene rimessa la scomunica è un primo passo verso la piena comunione?

Non so se si arriverà mai alla piena comunione. Le difficoltà, a mio avviso, più che teologiche sono politiche.

Cioè?

I lefebvriani sono un fenomeno tutto francese. Dietro i lefebvriani c’è un intreccio di religione e politica che Ratzinger conosce bene ma che in Italia si fatica a comprendere appieno. Dietro c’è la rivoluzione francese, la nostalgia monarchica, il gallicanesimo e il giansenismo. C’è la legislazione religiosa di Pétain, punto di riferimento dei lefebvriani. Insomma, è un groviglio non affrontabile soltanto a livello teologico ma anche e soprattutto a livello di filosofia della storia. È una visione delle cose, quella lefebvriana, una Veltanschaung, che poco ha a che vedere con quella cattolica.

Eppure il Papa sembra vicino ai lefebvriani…

Il Papa adotta nei loro confronti una sorta di “ecumenismo paziente”. Benedetto XVI è buono e paziente. Conosce la storia dei lefebvriani e sa bene chi sono. Sa che, allo stesso modo della teologia della liberazione, anche la loro esperienza è necessaria alla Chiesa: le ali estreme servono alla Chiesa perché le permettono di rimanere nel centro, di continuare sulla strada dell’“et-et”. E anche i lefebvriani conoscono bene Ratzinger e infatti lo temono.

In che senso?

Voglio raccontarle un episodio degno di un romanzo di Dan Brown. Un giorno di qualche anno fa venni prelevato (ovviamente col mio consenso) dalla mia casa di Desenzano del Garda da una Mercedes nera con targa svizzera coi vetri oscurati. Mi portarono in uno chalet nascosto in un bosco nel cantone di Zug. Qui mi aspettava il superiore generale della Fraternità San Pio X, monsignor Bernard Fellay.
Mi convocò perché voleva saperne di più di Ratzinger: chi fosse, cosa pensasse di loro etc. Insomma, Fellay temeva Ratzinger molto di più di quanto avrebbe potuto temere un cardinale o un Papa di posizioni teologiche diametralmente opposte alle sue: che so io, un Martini o un vescovo francese. Lo temeva perché sapeva che Ratzinger, proprio perché non apertamente nemico loro, conosceva a fondo la loro storia. E, quindi, conosceva bene che ciò che divideva i lefebvriani da Roma non era e non è innanzitutto la messa in latino o il decreto sulla libertà religiosa del Concilio Vaticano II, quanto l’intreccio religioso-politico tutto francese che sta dietro la stessa esperienza nata con Marcel Lefebvre.

Rispetto al Vaticano II, quali sono le differenze tra Benedetto XVI e i lefebvriani?

Nonostante le semplificazioni giornalisitiche, tutti sanno che Giovanni XXIII era un conservatore. Voleva un Concilio di pochi mesi nel quale si approvassero semplicemente i decreti preparati dal cardinale Ottaviani. E lo stesso Concilio si sarebbe dovuto concludere con la beatificazione di Pio XII.

Ma fu proprio Ratzinger, quale consultore teologico del cardinale arcivescovo di Colonia Joseph Frings, a far sì che il Concilio andasse in altro modo. Ed è principalmente questa l’“onta” che i lefebvriani non hanno mai perdonato a Ratzinger. Questi era un conciliarista vero. Avverso all’ermeneutica dello Spirito del Concilio, ma aperto alle innovazioni portate dal Concilio stesso. E questa fedeltà al Vaticano II propria di Ratzinger è invisa ai lefebvriani.

© Copyright Il Riformista, 25 gennaio 2009


Paparatzifan
00lunedì 26 gennaio 2009 18:44
Dal blog di Lella...

Quando un gesto di riconciliazione diventa caso mediatico

Un copione sbagliato

In scena è andato un copione sbagliato e così la revoca della scomunica ai vescovi ordinati nel 1988 è diventato un nuovo caso mediatico pieno di toni emotivi. Con tempismo frettoloso si è addossata a Benedetto XVI la colpa non solo di resa a posizioni anticonciliari, ma perfino, se non la connivenza, almeno l'imprudenza di sostenere tesi negazioniste sulla Shoah.
Le parole del Papa ai vespri conclusivi della settimana di preghiera per l'unità dei cristiani e la sua riflessione alla preghiera dell'Angelus sono state una smentita a queste paure diffuse.
Benedetto XVI ha detto parole importanti garantendo che "gli anziani tra noi certamente non dimenticano" il primo annuncio del Concilio fatto da Giovanni XXIII "il 25 gennaio 1959, esattamente cinquant'anni or sono". Un gesto che oggi Papa Ratzinger definisce "provvida decisione" suggerita dallo Spirito Santo e che il nostro giornale non casualmente ha ricordato con enfasi proprio nel giorno della revoca della scomunica.
È in forza della convinzione nei confronti del concilio quale avvenimento ispirato dall'alto che si deve leggere il gesto di revoca della scomunica. La riforma del concilio non è ancora del tutto attuata, ma è ormai talmente consolidata nella Chiesa cattolica che non può essere messa in crisi da un magnanimo gesto di misericordia. Ispirato per di più al nuovo stile di Chiesa voluto dal concilio che preferisce la medicina della misericordia alla condanna.
La revoca che ha suscitato tanto allarme non conclude una vicenda dolorosa come lo scisma lefebvriano. Con essa il Papa sgombera il campo da possibili pretesti per infinite polemiche, entrando nel merito del vero problema: l'accettazione piena del magistero, compreso ovviamente il concilio Vaticano II. Se infatti è vero che la Chiesa cattolica non nasce con il concilio, è vero altrettanto che anche la Chiesa rinnovata dal concilio non è un'altra Chiesa, ma la stessa Chiesa di Cristo, fondata sugli apostoli, garantita dal successore di Pietro e quindi parte viva della tradizione. Con l'annuncio di Papa Giovanni la tradizione certo non sparisce, ma continua ancora oggi nelle forme proprie di una pastorale e di un magistero aggiornati dall'ultimo grande concilio.

Pertanto appare un esercizio retorico, se non proprio offensivo, pensare che Benedetto XVI possa svendere anche in parte il concilio a chicchessia. Come retorico è il ricorrente chiedersi di alcuni se il Papa sia davvero convinto del cammino ecumenico e del dialogo con gli ebrei.

Gli impegni strategici del suo pontificato sono sotto gli occhi di tutti e i singoli atti pastorali e di magistero procedono limpidamente nell'applicazione della strategia annunciata al momento della sua elezione. Egli persegue quel programma nella condivisione collegiale con l'episcopato degli atti più impegnativi. Il dialogo è parte costitutiva della Chiesa conciliare e Benedetto XVI ha ripetuto più volte, e di nuovo ora, che l'ecumenismo richiede la conversione di tutti - anche della Chiesa cattolica - a Cristo. In una Chiesa convertita "le diversità non saranno più ostacolo che ci separa, ma ricchezza nella molteplicità delle espressioni della fede comune".
La revoca della scomunica non è ancora la piena comunione. Il percorso di riconciliazione con i tradizionalisti è una scelta collegiale e già nota della Chiesa di Roma e non un gesto repentino e improvviso di Benedetto XVI. Dall'accettazione del concilio discende necessariamente anche una limpida posizione sul negazionismo. La dichiarazione Nostra aetate, che segna la più autorevole svolta cattolica nei confronti dell'ebraismo, deplora "gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell'antisemitismo, dirette contro gli ebrei in ogni tempo e da chiunque". Si tratta di un insegnamento non opinabile per un cattolico. Gli ultimi Papi, compreso Benedetto XVI, hanno esplicitato questo insegnamento. In decine di documenti, gesti e discorsi. Le recenti dichiarazioni negazioniste contraddicono questo insegnamento e sono pertanto gravissime e incresciose.

Rilasciate prima del documento di revoca della scomunica, restano - come abbiamo già scritto - inaccettabili.

c. d. c.

(©L'Osservatore Romano - 26-27 gennaio 2009)


Paparatzifan
00lunedì 26 gennaio 2009 18:56
Dal blog di Lella...

VESCOVI LEFEBVRIANI: VESCOVI BELGI, “NON MESSO IN DISCUSSIONE IL VATICANO II”

“Tutto ciò che contribuisce all’unità dei cristiani è di fatto una cosa buona”.
“Ma come ricorda spesso Benedetto XVI, l’unità non si fa mai a scapito della verità. Con questo gesto di riconciliazione, non è dunque messo in discussione il Concilio Vaticano II e i suoi insegnamenti”.
E‘ il commento di padre Eric de Beukelaer, portavoce della Conferenza episcopale belga, alla revoca della scomunica ai 4 vescovi lefevbriani resa nota sabato scorso dalla Santa Sede.
Il portavoce dei vescovi del Belgio mette in guardia dal rischio di “confondere questa questione con eventuali dichiarazioni di un vescovo tradizionalista che nega la realtà della Shoah” ed aggiunge: “non si può che deplorare tutto questo.
La Shoah resta il simbolo della follia omicida di un regime disumano ossessionato dall’idea di annientare il popolo ebraico. Qualsiasi persona che ne minimizza la portata, si comporta da ideologo più che da storico. Ferisce, facendo così, il nostro dovere di memoria. E’ evidentemente inaccettabile e …poco intelligente”.
Nella nota, diffusa oggi sul sito della Conferenza episcopale belga, c’è anche il commento di un professore di diritto canonico, Alphonse Borras, che definisce la revoca della scomunica come “un atto innegabile della volontà di Benedetto XVI di ricercare con tutti i cristiani separati dalla sede di Roma la via dell’unità”.

© Copyright Sir


+PetaloNero+
00martedì 27 gennaio 2009 02:11
Caso Lefebvre: il Papa non nega il Vaticano II


L'Osservatore Romano risponde al “caso mediatico” sulla revoca della scomunica




CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 26 gennaio 2009 (ZENIT.org).- L'impegno di Benedetto XVI nell'applicazione del Concilio Vaticano II non cambia per il fatto di aver revocate le scomuniche a quattro Vescovi consacrati da monsignor Marcel Lefebvre nel 1988, spiega il quotidiano della Santa Sede constatando la creazione di un “caso mediatico”.

Carlo Di Cicco, Vicedirettore de “L'Osservatore Romano”, in un articolo intitolato “Un copione sbagliato” osserva che in questi giorni “in scena è andato un copione sbagliato e così la revoca della scomunica ai Vescovi ordinati nel 1988 è diventato un nuovo caso mediatico pieno di toni emotivi”.


“Con tempismo frettoloso si è addossata a Benedetto XVI la colpa non solo di resa a posizioni anticonciliari, ma perfino, se non la connivenza, almeno l'imprudenza di sostenere tesi negazioniste sulla Shoah”.


Secondo il quotidiano vaticano, le parole del Papa ai Vespri conclusivi della Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani e la sua riflessione alla preghiera dell'Angelus sono state una smentita a queste paure diffuse.

Benedetto XVI ha pronunciato parole importanti garantendo che “gli anziani tra noi certamente non dimenticano” il primo annuncio del Concilio fatto da Giovanni XXIII “il 25 gennaio 1959, esattamente cinquant'anni or sono”.


“Un gesto che oggi Papa Ratzinger definisce 'provvida decisione' suggerita dallo Spirito Santo e che il nostro giornale non casualmente ha ricordato con enfasi proprio nel giorno della revoca della scomunica”.


“È in forza della convinzione nei confronti del Concilio quale avvenimento ispirato dall'alto che si deve leggere il gesto di revoca della scomunica – spiega il vicedirettore –. La riforma del Concilio non è ancora del tutto attuata, ma è ormai talmente consolidata nella Chiesa cattolica che non può essere messa in crisi da un magnanimo gesto di misericordia. Ispirato per di più al nuovo stile di Chiesa voluto dal concilio che preferisce la medicina della misericordia alla condanna”.

“La revoca che ha suscitato tanto allarme non conclude una vicenda dolorosa come lo scisma lefebvriano”, ricorda Di Cicco. “Con essa il Papa sgombera il campo da possibili pretesti per infinite polemiche, entrando nel merito del vero problema: l'accettazione piena del magistero, compreso ovviamente il Concilio Vaticano II”.

“Se infatti è vero – aggiunge – che la Chiesa cattolica non nasce con il Concilio, è vero altrettanto che anche la Chiesa rinnovata dal Concilio non è un'altra Chiesa, ma la stessa Chiesa di Cristo, fondata sugli apostoli, garantita dal successore di Pietro e quindi parte viva della tradizione”.

“Con l'annuncio di Papa Giovanni la tradizione certo non sparisce, ma continua ancora oggi nelle forme proprie di una pastorale e di un magistero aggiornati dall'ultimo grande Concilio”.

“Pertanto appare un esercizio retorico, se non proprio offensivo, pensare che Benedetto XVI possa svendere anche in parte il Concilio a chicchessia – osserva Di Cicco – . Come retorico è il ricorrente chiedersi di alcuni se il Papa sia davvero convinto del cammino ecumenico e del dialogo con gli ebrei”.

“Gli impegni strategici del suo pontificato – prosegue – sono sotto gli occhi di tutti e i singoli atti pastorali e di magistero procedono limpidamente nell'applicazione della strategia annunciata al momento della sua elezione”.

“Egli persegue quel programma nella condivisione collegiale con l'episcopato degli atti più impegnativi – continua Di Cicco –. Il dialogo è parte costitutiva della Chiesa conciliare e Benedetto XVI ha ripetuto più volte, e di nuovo ora, che l'ecumenismo richiede la conversione di tutti – anche della Chiesa cattolica – a Cristo. In una Chiesa convertita 'le diversità non saranno più ostacolo che ci separa, ma ricchezza nella molteplicità delle espressioni della fede comune'”.


“La revoca della scomunica non è ancora la piena comunione. Il percorso di riconciliazione con i tradizionalisti è una scelta collegiale e già nota della Chiesa di Roma e non un gesto repentino e improvviso di Benedetto XVI. Dall'accettazione del Concilio discende necessariamente anche una limpida posizione sul negazionismo”.

“La dichiarazione Nostra aetate, che segna la più autorevole svolta cattolica nei confronti dell'ebraismo, deplora 'gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell'antisemitismo, dirette contro gli ebrei in ogni tempo e da chiunque'”, ricorda poi.

“Si tratta di un insegnamento non opinabile per un cattolico. Gli ultimi Papi, compreso Benedetto XVI, hanno esplicitato questo insegnamento. In decine di documenti, gesti e discorsi. Le recenti dichiarazioni negazioniste contraddicono questo insegnamento e sono pertanto gravissime e incresciose. Rilasciate prima del documento di revoca della scomunica, restano – come abbiamo già scritto – inaccettabili”.
Paparatzifan
00martedì 27 gennaio 2009 18:04
Re:

+PetaloNero+, 27/01/2009 2.11:

Caso Lefebvre: il Papa non nega il Vaticano II

L'Osservatore Romano risponde al “caso mediatico” sulla revoca della scomunica


“Con tempismo frettoloso si è addossata a Benedetto XVI la colpa non solo di resa a posizioni anticonciliari, ma perfino, se non la connivenza, almeno l'imprudenza di sostenere tesi negazioniste sulla Shoah”.




Connivenza con le tesi negazioniste???? [SM=g7564] [SM=g7564] [SM=g7564] [SM=g7564] [SM=g7564]
Ma stiamo scherzando? Ma chi l'ha detto che la revoca delle scomuniche si sposa con le idee dei beneficiari? [SM=g7564]
La questione è solo una: colpire sempre e comunque B16. Manca solo dire che il Papa è come Gesù: che carica con i peccati del mondo!
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Paparatzifan
00martedì 27 gennaio 2009 20:06
Dal blog di Lella...

Shoah. Lefebvriani chiedono scusa al Papa per il loro Vescovo

Sue idee non ci rappresentano. A Williamson divieto di intervento

Roma, 27 gen. (Apcom)

I lefebvriani chiedono "perdono" al Papa per le affermazioni negazionistiche di un loro vescovo, mons. Richard Williamson.

Opinioni, scrive il superiore Fellay, "che non riflettono in nessun caso la posizione della nostra Fraternità".

"Abbiamo avuto conoscenza di un'intervista rilasciata da mons. Richard Williamson, membro della nostra Fraternità San Pio X, alla televisione svedese", afferma il superiore, mons. Bernard Fellay, in un comunicato rilanciato dalla sala stampa della Santa Sede.
"In questa intervista, egli si esprime su questioni storiche, in particolare sulla questione del genocidio degli ebrei da parte dei nazionalsocialisti.
E' evidente che un vescovo cattolico non può parlare con autorità ecclesiastica che su questioni che riguardano la fede e la morale. La nostra Fraternità non rivendica alcuna autorità sulle altre questioni. La sua missione è la propagazione e la restaurazione della dottrina cattolica autentica, esposta nei dogmi della fede. E' per questo motivo che siamo conosciuti, accettati e apprezzati nel mondo intero".

"E' con grande dolore - prosegue Fellay - che costatiamo quanto la trasgressione di questo mandato può far torto alla nostra missione. Le affermazioni di Mons. Williamson non riflettono in nessun caso la posizione della nostra Fraternità. Perciò - spiega il successore di Lefebvre - io gli ho proibito, fino a nuovo ordine, ogni presa di posizione pubblica su questioni politiche o storiche.

Noi - sottolinea - domandiamo perdono al Sommo Pontefice e a tutti gli uomini di buona volontà, per le conseguenze drammatiche di tale atto. Benché noi riconosciamo l'inopportunità di queste dichiarazioni, noi non possiamo che costatare con tristezza che esse hanno colpito direttamente la nostra Fraternità discreditandone la missione. Questo non possiamo ammetterlo - conclude Fellay - e dichiariamo che continueremo a predicare la dottrina cattolica e di amministrare i sacramenti della grazia di Nostro Signore Gesù Cristo".

Apcom


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Paparatzifan
00martedì 27 gennaio 2009 21:13
Da "Rinascimento Sacro"...

FSSPX: Fellay, "Io credo all'infallibilità della Chiesa".

Mons. Fellay si dice fiducioso per l'avvernire.

Condannate i propositi negazionisti di Mons. Williamson?
Non è mio compito condannarli. Io non ho le competenze per farlo. Ma io deploro che un Vescovo abbia potuto dare l’impressione d’impegnare la Fraternità in un punto di vista che non è assolutamente il nostro.

Secondo alcuni osservatori la decisione del Papa potrebbe creare divisioni in seno alla Fraternità. Non tutti i fedeli e preti sarebbero pronti per l’unità.
Io non lo credo. Ci può essere sempre una voce discordante, qui o là. Ma lo zelo che i fedeli hanno messo nel pregare per domandare la cancellazione della scomunica la dice lunga sulla nostra unione; 1.700.000 rosari sono stati detti in due mesi e mezzo.

Nella vostra lettera ai fedeli del 24 gennaio, voi manifestate il desiderio di esaminare con Roma le cause profonde della “crisi senza precedenti che investe la Chiesa oggi”. Quali sono queste cause?
Essenzialmente, questa crisi è dovuta ad un nuovo approccio del mondo, ad una nuova visione dell’uomo, cioè ad un antropocentrismo che consiste in un’esaltazione dell’uomo a scapito di Dio. La comparsa dei filosofi moderni, con il loro linguaggio meno preciso, ha condotto ad una confusione nella teologia.

Anche il Concilio Vaticano II è responsabile della crisi della Chiesa, secondo voi?
Non tutto viene dalla Chiesa. Ma è anche vero che noi respingiamo una parte del Concilio. Benedetto XVI stesso ha condannato quelli che rivendicano lo spirito del Concilio Vaticano II per domandare una evoluzione della Chiesa in rottura con il passato.

Al centro delle critiche che fate al Concilio c’è l’ecumenismo e la libertà religiosa.
La ricerca dell’unità tra tutti nel corpo mistico della Chiesa è il nostro desiderio più caro. D’altra parte, il metodo utilizzato non è adeguato. Oggi si insiste così tanto sui punti che ci uniscono alle altre confessioni cristiane che si elimina ciò che ci divide. Noi pensiamo che coloro che hanno lasciato la Chiesa cattolica, cioè gli ortodossi e i protestanti, devono tornarci. Noi concepiamo l’ecumenismo come un ritorno all’unita nella Verità.

Riguardo alla libertà religiosa, bisogna distinguere due situazioni: la libertà religiosa dell’individuo e le relazioni tra la Chiesa e lo Stato. La libertà religiosa implica la libertà di coscienza. Noi siamo d’accordo sul fatto che non esiste il diritto di forzare qualcuno ad accettare una religione. Quanto alla nostra riflessione sulle relazioni tra Chiesa e Stato, questa si basa sul principio della tolleranza. Ci sembra evidente che la dove ci sono più religioni, lo stato deve garantire l’intesa e la pace. Ma - d'altra parte - non c’è che una religione vera, le altre non lo sono. Ma noi tolleriamo questa situazione per il bene di tutti.

Cosa succederà se i negoziati falliscono?
Io sono fiducioso. Se la Chiesa dice qualcosa oggi in contraddizione con ciò che insegnava ieri e ci ha costretti ad accettare questo cambiamento, allora ci deve spiegare la ragione. Io credo nell’infallibilità della Chiesa e penso che arriveremo ad una completa soluzione.

Traduzione di Lucpip per Oriens.



Paparatzifan
00martedì 27 gennaio 2009 21:15
Dal blog di Lella...

Fuoco di polemiche sul vescovo negazionista

I vescovi svizzeri prendono carta e penna e, in una nota, condannano quanto affermato dal vescovo negazionista.
Monsignor Kurt Koch, presidente della Conferenza episcopale elvetica definisce "intollerabile" la negazione della Shoah e chiede ai lefebvriani di riconoscere esplicitamente il Concilio vaticano II e la dichiarazione conciliare "Nostra aetate" sui rapporti con l’ebraismo.
I vescovi svizzeri sono particolarmente sensibili alla "questione lefebvriana" anche perché il quartier generale dei seguaci di monsignor Lefebvre si trova proprio in Svizzera, ad Econe.

Resta la sospensione a divinis

"Con un decreto firmato dal prefetto per la Congregazione per i vescovi, il cardinale Giovanni Battista Re, il Papa Benedetto XVI ha revocato il 21 gennaio la pena della scomunica contro i quattro vescovi della Fraternità sacerdotale San Pio X. Questo decreto è l’espressione della volontà del Papa di riassorbire lo scisma con una comunità che conta nel mondo alcune centinaia di migliaia di fedeli e 493 preti. Si è tuttavia prestata poca attenzione - sottolinea il presidente dei vescovi svizzeri - al fatto che questi quattro vescovi rimangono sospesi a divinis. Non è loro permesso, pertanto, di esercitare il loro ministero episcopale".

Evitare equivoci

"Diverse reazioni - prosegue Koch - hanno manifestato una grande preoccupazione di fronte a questa decisione del Papa che tende la mano per la riconciliazione. Qui bisogna evitare equivoci: secondo il diritto della Chiesa, la revoca della scomunica non è la riconciliazione o la riabilitazione, ma l’apertura della strada verso la riconciliazione. Questo atto non è, dunque, la fine, ma il punto di partenza per un dialogo necessario sulle questioni controverse. Di fronte a queste profonde divergenze, questo cammino potrà essere lungo".

Intervista inquietante

"L’intervista concessa da uno di questi vescovi alla televisione svedese poco prima della pubblicazione della revoca della scomunica - prosegue il presidente dei vescovi svizzeri - ha aggravato le preoccupazioni. Monsignor Richard Williamson vi affermava che non ’è evidenza storica dell’esistenza delle camere a gas e che solo due-trecentomila ebrei sono stati uccisi dai nazisti e non sei milioni. La Chiesa cattolica - sottolinea il presule - non può in alcun modo accettare questa negazione dell’Olocausto. Il portavoce vaticano ha preso posizione al momento della pubblicazione del decreto su queste affermazioni assurde e le ha definite totalmente inaccetabili. Noi, vescovi svizzeri, facciamo nostra questa condanna e preghiamo i membri delle comunità ebraiche svizzere di scusare le irritazioni di questi ultimi giorni. Coloro che conoscono Benedetto XVI e il suo atteggiamento positivo nei confronti dell’ebraismo sanno che non può tollerare gli sbandamenti indifendibili di monsignor Williamson".

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