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I lefebvriani

Ultimo Aggiornamento: 18/02/2013 22:40
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24/03/2009 22:01
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Comunicato del Superiore Generale della Fraternità San Pio X

Su richiesta della Santa Sede, abbiamo deciso di spostare le ordinazioni suddiaconali che avrebbero dovuto avere luogo a Zaitzkofen, in Germania, questo sabato 29 marzo. Esse avranno luogo presso il seminario di Ecône, in Svizzera, nella stessa data.
Questa decisione vuole essere gesto di distensione dopo la revoca delle ingiuste scomuniche che gravavano sui vescovi della Fraternità e le violente reazioni che ne sono seguite.

Di fatto, ci dispiace che certi episcopati ne abbiano approfittato per portare avanti un'aperta rivolta contro il Sovrano Pontefice.
Siamo particolarmente disgustati per l'atteggiamento dell'episcopato tedesco che non cessa di manifestarci la sua ostilità priva di carità e i suoi continui processi alle intenzioni, trattandoci «con odio, senza timore nè riserva», come ha giustamente rilevato il Santo Padre nella sua lettera del 10 marzo scorso.

Noi sappiamo che la nostra situazione, in base al diritto della Chiesa, è imperfetta. Ciò non è una cosa nuova e intimamente legata alla crisi che attraversa la Chiesa ed allo stato di necessità che ne deriva.

Pertando, non serve a nulla invocare il diritto per tentare di soffocare la vita della nostra società sacerdotale. Le altre ordinazioni avranno luogo come previsto; mai c'è stata una richiesta di sopprimerle. In effetti l'atto di benevolenza della Santa Sede non può essere interpretato come una volontà di soffocare la Fraternità San Pio X.

Noi ci atteniamo al calendario indicato dal decreto del 21 gennaio scorso che prevede dei «colloqui necessari» a proposito del Concilio Vaticano II e delle sue novità. Noi rinnoviamo al Santo Padre l'assicurazione della nostra preghiera affinchè da questi colloqui dottrinari sgorghi la piena luce della Verità tutta intera.

Menzingen, le 24 mars 2009

+ Bernard Fellay


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I vescovi tedeschi rispondono piccati a mons. Fellay

Ecco l'amabile risposta della Conferenza episcopale tedesca al comunicato di mons. Fellay, da noi riportato in questo post (è pur vero che mons. Fellay 'non le aveva mandate a dire', affermando senza mezzi termini che l'episcopato tedesco "non cessa di manifestarci la sua ostilità priva di carità e i suoi continui processi alle intenzioni, trattandoci «con odio, senza timore né riserbo», come ha giustamente rilevato il Santo Padre nella sua lettera del 10 marzo scorso").

Matthias Kopp, portavoce della Conferenza episcopale tedesca, ha dunque dichiarato (fonte: Kath.net):

Con una tale scelta di parole nel comunicato odierno il vescovo Fellay mostra la sua vera attitudine mentale. Essa è marcata da una infelice ristrettezza di orizzonti. Noi rigettiamo totalmente l'accusa di avere intrapreso una aperta rivolta contro il Papa. Per il resto, rigettiamo l'accusa di ostilità priva di carità.

Se le parole di Fellay erano singolarmente gravi, questo commento del portavoce dei vescovi tedeschi è un attacco ad hominem contro il superiore dei lefebvriani (con l'accusa di mentalità distorta e chiusa). Sul merito invece della questione, se cioè la posizione dei vescovi teutonici sia o meno un'aperta rivolta al Papa e un'ostilità poco caritatevole, supponiamo che ciascuno si sarà già fatto la propria opinione.

Da Messainlatino.it


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Germania/ Arcivescovo Colonia: Merkel si scusi per critiche papa

Meisner: "toni inadeguati";poi difende pontefice su preservativi

Berlino, 27 mar. (Apcom)

L'arcivescovo di Colonia, Joachim Meisner, ha chiesto al cancelliere tedesco Angela Merkel di scusarsi per aver criticato Papa Benedetto XVI. "Mostri magnanimità e si scusi, Frau Bundeskanzlerin!", ha detto Meisner in un'intervista al quotidiano Bild.
A inizio febbraio Merkel aveva invitato il pontefice a fornire dei chiarimenti sulla riabilitazione del vescovo negazionista Richard Williamson.
Quel rimprovero "è stato uno dei più grandi errori", spiega Meisner. Merkel, argomenta l'arcivescovo, non era stata informata dai suoi collaboratori che il Papa aveva già chiarito la sua posizione una settimana prima.
Anche il tono della cancelliera "era completamente inadeguato: so di molti cattolici e protestanti che hanno abbandonato la Cdu per questo motivo".
Benedetto XVI "non ha riabilitato nessun negazionista: il papa non sapeva nulla delle indicibili parole del vescovo Williamson e la rimozione della scomunica non rappresenta una riabilitazione", ha spiegato Meisner.
"Di sicuro - ha aggiunto - si possono fare degli errori, ci sono stati degli intoppi in Vaticano, ma anche la cancelliera ha commesso un errore".
Meisner ha inoltre difeso le parole del Papa sull'uso dei preservativi.
"Viene accusato di aver invitato tutto il mondo a non usare i preservativi, ma non l'ha fatto", ha chiarito.
"Se uno distribuisce solo dei preservativi ed è convinto di aver risolto così il problema dell'Aids è incredibilmente ingenuo e può effettivamente peggiorare quel problema perché lo stile di vita contrario alle donne di alcuni macho può propagarsi in modo ancora più sfrenato", ha concluso.

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Aids/ Lefebvriani: Contro Benedetto XVI linciaggio mediatico

Manipolazione denunciata da vescovi Africa, ignorata da giornali

Roma, 12 apr.

(Apcom)

I lefebvriani denunciano il "linciaggio mediatico" contro il Papa per le dichiarazioni sull'aids e l'uso dei preservativi in occasione del suo viaggio in Africa.
"I giornalisti e gli uomini politici non hanno voluto conservare del viaggio apostolico di Benedetto XVI in Africa null'altro che la polemica orchestrata attorno ad una citazione troncata sulla lotta contro l'aids, al momento della conferenza stampa nell'aereo", si legge nell'ultimo bollettino della fraternità sacerdotale San Pio X.
"Questa manipolazione è stata denunciata dai vescovi africani e da varie personalità politiche e scientifiche alle quali i giornali, le radio e le televisioni non hanno dato la parola. Noi gliela diamo qui".

© Copyright Apcom



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Anno XI - Aprile 2009 - n.82

Con il Papa

di Gianpaolo Barra

Il Papa ha scritto una lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica per spiegare le ragioni che lo hanno indotto a togliere la scomunica ai quattro vescovi consacrati nel 1988 da Mons. Marcel Lefebvre.
La lettera è stata ampiamente commentata sui media nazionali ed internazionali.
lo non ho nulla da aggiungere che non sia già stato detto.
Mi limito ad un'unica, dolorosa e triste constatazione, che emerge dalle parole del Sommo Pontefice.
La constatazione, detta senza giri di parole, è questa: ci sono cardinali e vescovi che si oppongono al Santo Padre. Di certo non saranno la maggioranza, ma ci sono. Chi nella Chiesa gli è ostile giunge perfino ad "attaccarlo" e "colpirlo", a "mordere" e "divorare", palesando sentimenti di "intolleranza" e di "odio".
Parole forti, quelle virgolettate, ma sono del Sommo Pontefice. E noi ne prendiamo atto.
Nella lettera si trovano affermazioni così chiare che non necessitano di spiegazione. Ne elenco alcune, evidenziando qualche espressione:
«La remissione della scomunica ai quattro vescovi, consacrati nell'anno 1988 dall'arcivescovo Lefebvre senza mandato della Santa Sede, per molteplici ragioni ha suscitato all'interno e fuori della Chiesa cattolica una discussione di una tale veemenza quale da molto tempo non si era più sperimentata».

«Sono rimasto rattristato dal fatto che anche cattolici, che in fondo avrebbero potuto sapere meglio come stanno le cose, abbiano pensato di dovermi colpire con un'ostilità pronta all'attacco».

«A volte si ha l'impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo, almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi - in questo caso il papa - perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo».

«Cari confratelli, nei giorni in cui mi è venuto in mente di scrivere questa lettera, è capitato per caso che nel seminario romano ho dovuto interpretare e commentare il brano di Galati 5,1315. Ho notato con sorpresa l'immediatezza con cui queste frasi ci parlano del momento attuale: "Che la libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri. Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso. Ma se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!"».

«Sono stato sempre incline a considerare questa [ultima] frase come una delle esagerazioni retoriche che a volte si trovano in san Paolo. Sotto certi aspetti può essere anche cosi. Ma purtroppo questo "mordere e divorare" esiste anche oggi nella Chiesa come espressione di una libertà mal interpretata».

Che cosa dobbiamo fare in queste circostanze?
Semplicemente quello che ci compete: noi vogliamo bene al Papa e gli promettiamo la nostra preghiera. Vogliamo bene alla Chiesa, e quindi preghiamo anche per quanti, al suo interno, avversano il Pontefice.
È un fatto gravissimo, speriamo che Dio li guidi a ravvedersi, prima di presentare loro il conto. Infine, per quello che vale il nostro mensile, assicuriamo a Benedetto XVI che il Timone è al suo servizio e dunque a sua disposizione. Siamo con lui e gli promettiamo obbedienza e gratitudine. L'ostilità la lasciamo ad altri.

© Copyright Il Timone aprile 2009


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VENERDÌ 17 APRILE 2009

La Fraternità San Pio X espelle un altro prete

Dopo l'italiano don Abramowicz, cacciato dalla Fraternità per le sue stolte affermazioni negazioniste (tra l'altro pronunziate nel bel mezzo della tempesta Williamson, quindi con l'intento di nuocere al massimo grado), il Superiore dei lefebvriani Mons. Fellay (nella foto) ha ora espulso dalla Fraternità Basilio Méramo.

Questa volta gli Ebrei non c'entrano affatto: Méramo si è distinto per le forti proteste contro i tentativi di mons. Fellay di riavvicinare la Fraternità "alla Roma modernista e liberale": ha considerato la lettera di ringraziamento al Papa per la revoca delle scomuniche un tradimento, poiché equivarrebbe a suo dire a riconoscere che quelle scomuniche erano effettivamente valide; infine ha proposto una mozione per far dichiarare le decadenza di mons. Fellay dal suo incarico di Superiore Generale.

La tesi di fondo del rev. Méramo è che Benedetto XVI stia ordendo una sorta di complotto per riassorbire e neutralizzare gli ultimi difensori della tradizione, ossia la Fraternità: di qui la sua rumorosa opposizione (per chi volesse approfondire queste tesi deliranti, questo è il link al suo sito, in castigliano e in francese).

Pur nella drammaticità del caso umano, riteniamo salutare e positiva quest'opera di eliminazione, all'interno della Fraternità, degli elementi più estremisti e refrattari. Già mons. Lefebvre aveva allontanato decine di sedevacantisti, palesi o meno, dai ranghi della Fraternità; è giusto che mons. Fellay ne segua l'esempio. La Tradizione, minoritaria e pesantemente sotto attacco, non può permettersi di offrire ai progressisti il fianco, con fin troppo facili argomenti, mostrandosi compromessa con cripto-sedevacantisti, estremisti privi di elementare buon senso e spirito di carità, negazionisti e complottisti lunatici di vario genere. C'è già Williamson, basta ed avanza...


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Kasper: colloqui con la FSPPX quest'estate

Treviri, 24 aprile 2009 - Colloqui per la riunificazione tra il Vaticano e la tradizionalista Fraternità di S. Pio X, secondo le parole del card. della Curia Walter Kasper, potrebbero cominciare quest'estate.
"Non si può sempre rimandare", ha detto il Presidente del Pontificio Concilio per l'Unità dei Cristiani venerdì, 24 aprile, a Treviri.
La FSSPX dovrebbe riconoscere le decisioni del Concilio Vaticano II e il Catechismo cattolico. "Non c'è altro modo", ha detto Kasper. Che è, comunque, contrario ad ultimatum.
Il ritiro delle scomuniche dei quattro vescovi della FSSPX alla fine di gennaio ha portato ad un serio risentimento ebreo-cattolico. Uno dei quattro, il britannico Richard Williamson, nega l'Olocausto.
Kasper ha detto che la Fraternità dovrebbe compiere passi verso il Vaticano. L'obiettivo è, per quanto possibile, riportarli nella Chiesa e non rischiare una divisione permanente.
Il cardinale ha accusato la FSSPX di una "rigida visione tradizionale".

Dispaccio Kipa-apic.ch


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MARTEDÌ 28 APRILE 2009

Il distretto tedesco della FSSPX invita il vescovo Zollitsch a ritrattare

Ringraziamo Rosanna che ci manda questo aggiornamento dalla Germania:

Nel sito del distretto tedesco della Fraternità sacerdotale S. Pio X (link) si legge il seguente comunicato.

A seguito delle eretiche dichiarazioni del vescovo Zollitsch rilasciate alla trasmissione Horizonte l`11.4.09 [segue estratto dell`intervista più la spiegazione del perchè si tratti di un`eresia:


VENERDÌ 24 APRILE 2009

Il Capo dei Vescovi tedeschi ha le sue idee sul mistero della Redenzione

Il blog Fides et forma, che più volte abbiamo raccomandato, ha curato la traduzione di un resoconto delle dichiarazioni, diciamo così, opinabili del Presidente della Conferenza Episcopale tedesca, mons. Zollitsch (nella foto). Il quale, non lo nascondiamo, ci è cordialmente antipatico, come scrivemmo, a ragion veduta, in questo post, ricordando come egli abbia vietato ad un sacerdote della sua diocesi (compiendo un evidente abuso di potere, ma chi se ne cura?) di celebrare in rito antico, perché "non si devono girare all'indietro le lancette della storia": sembra di sentire il vecchio politburo sovietico, quando pontificava che i nemici del sistema comunista erano destinati alla "spazzatura della storia".
Su segnalazione di Francesco Colafemmina, che ringraziamo cordialmente, riportiamo l'articolo: su Fides et forma troverete anche un vecchio articolo di Tornielli che spiega chi sia questo Zollitsch.
FRIBURGO 21 Aprile 2009 -(Lifesitenews.com) Secondo il Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, la morte di Gesù Cristo non è stato un atto di redenzione di Dio per liberare la natura umana dalle catene del peccato e aprirgli la via del Cielo. L'Arcivescovo di Friburgo, Robert Zollitsch, noto per le sue idee progressiste, ha pubblicamente negato il dogma fondamentale cristiano della natura sacrificale della morte di Cristo, in una sua recente intervista alla TV tedesca. Zollitsch ha pubblicamente affermato che "Cristo non è morto per i peccati della gente come se Dio avesse preparato un'offerta sacrificale, un capro espiatorio." Piuttosto, Gesù ha offerto soltanto "solidarietà" con i poveri ed i sofferenti. Zollitsch ha inoltre affermato "che questa è la grande prospettiva, questa tremenda solidarietà." L'intervistatore ha chiesto: "Dunque lei non descriverebbe più la cosa quasi come se Dio avesse donato Suo Figlio, perchè gli uomini erano talmente peccatori? Non lo descriverebbe più così?" Monsignor Zollitsch ha risposto: "No."

L'Arcivescovo Robert Zollitsch è stato nominato alla sede di Friburgo nel 2003, sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II. Sede in qualità di Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, a capo della quale è stato eletto nel 2008 ed è considerato un "progressista" nell'episcopato tedesco. Nel febbraio 2008 ha affermato che il celibato dei sacerdoti dovrebbe essere volontario e che non è "teologicamente necessario". Zollitsch ha inoltre affermato che lui accetta le unioni civili omosessuali da parte dei vari ordinamenti nazionali, ma è contrario ai matrimoni di persone dello stesso sesso. Ha detto a Meinhard Schmidt-Degenhard, il conduttore del programma, che Dio "ha mandato Suo Figlio in solidarietà con noi fino alla sua ultima agonia mortale per mostrare che 'più voi mi adorate, più io sono con voi e sono sempre con voi in ogni situazione'. "Egli si è unito a me per solidarietà -in base ad un atto di libera volontà". Cristo, ha proseguito, ha "preso su di sè i motivi per cui sono stato biasimato, incluso il male che ho causato, e anche per ritornare nel mondo di Dio e quindi mostrarmi la via priva del peccato, della colpa e tornare dalla morte alla vita".

Comunque l'art. 613 del Catechismo della Chiesa Cattolica, l'ultima opera pubblicata dalla Chiesa per spiegare i dogmi e le dottrine della religione cattolica, descrive la morte di Cristo come "contemporaneamente il sacrificio pasquale che compie la redenzione definitiva degli uomini per mezzo dell''Agnello che toglie il peccato del mondo' e il sacrificio della Nuova Alleanza che di nuovo mette l'uomo in comunione con Dio riconciliandolo 'con lui mediante il sangue versato per molti in remissione dei peccati'." Il Catechismo continua "questo sacrificio di Cristo è unico: compie e supera tutti i sacrifici. Esso è innanzitutto un dono dello stesso Dio Padre che consegna il Figlio per riconciliare noi con lui. Nel medesimo tempo è offerta del Figlio di Dio fatto uomo che, liberamente e per amore, offre la propria vita al Padre suo nello Spirito Santo per riparare la nostra disobbedienza."

Proprio la nostra avversione nei confronti di Zollitsch ci impone, per cercare di essere equanimi, di tentare di ridimensionare la portata eversiva (per la retta dottrina) di queste affermazioni, che comunque, anche ove fossero passibili - compito ben arduo! - di una interpretazione "alla luce dell'ortodossia", restano gravemente imprudenti, e impudenti, in bocca ad un vescovo, per tutta la confusione (come minimo) che ingenerano. Altro che confermare i fratelli nella fede, compito che non dovrebbe essere esclusivo di Pietro, ma anche dei suoi "fratelli nell'episcopato"!
E dunque, è giusto aggiungere che Zollitsch nel corso dell'intervista (video in calce, in tedesco) ha pure aggiunto che "i peccati di ciascuno di noi sono la causa per cui Cristo è diventato così coinvolto con ognuno". "E' diventato così coinvolto con ognuno per solidarietà, di propria volontà". Cristo ha "preso su di sé quello per cui io ero stato rimproverato, incluso il male che io ho causato, e anche per riportarlo nel mondo di Dio e così mostrare il cammino fuori dal peccato, dalla colpa, e dalla morte alla vita". Frasi più accettabili, insomma, anche se in non risolta contraddizione con quella secca negazione che Dio abbia donato il Suo Figlio perché gli uomini erano peccatori. Ma si sa, già la Pascendi osservava come i modernisti non colgano il senso del principio di non contraddizione.
]

, Padre Franz Schmidberger, superiore distrettuale della fraternità in Germania, richiede al vescovo in questione un`immediata ritrattazione delle sue dichiarazioni, in quanto tali eresie, pronunciate da un vescovo, danneggiano il magistero della chiesa cattolica.
Schmidberger si augura che questa ritrattazione, con la corretta proposizione sostitutiva, avvenga nei prossimi giorni.
[Modificato da Paparatzifan 28/04/2009 22:54]
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29/04/2009 20:55
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MARTEDÌ 28 APRILE 2009

Mons. Mons. Fellay fa il punto e lancia una crociata di rosari per il Papa

+Ave Maria

Cari Amici e Benefattori,

Al momento di lanciare una nuova crociata del Rosario, durante il nostro pellegrinaggio a Lourdes lo scorso ottobre, non pensavamo in una risposta così veloce dal cielo alla nostra richiesta! [..] Dopo il Motu Proprio sulla Messa, [..] è nella visita a Roma nel mese di gennaio, dove abbiamo donato un bouquet di 1.703.000 rosari al Papa, che ho ricevuto dalle mani del Cardinale Castrillón Hoyos il decreto sulla rimessione delle “scomuniche”.
[..]
In effetti, è impossibile capire la nostra posizione e il nostro atteggiamento nei confronti della Santa Sede, se non riconosciamo la percezione della crisi in cui versa la Chiesa. Qui non si tratta di situazioni superficiali, o di visioni personali. Si tratta di una realtà che va al di là della nostra percezione, riconosciuta dalle stesse autorità di tanto in tanto, e verificata nei fatti oramai troppe volte. Questa crisi ha molti aspetti, diversi, a volte profondi, a volte circostanziali, e di questo noi tutti soffriamo. I fedeli sono soprattutto sconvolti da certe cerimonie della nuova liturgia - purtroppo spesso scandalose! – dalla normale predicazione, dove vengono proposte posizioni, in particolare sulla morale, in totale contraddizione con l'insegnamento della Chiesa plurisecolare o l'esempio dei santi. I genitori hanno spesso dovuto constatare con immenso dolore la perdita della fede nei loro figli affidati ad istituti di educazione cattolica, o deplorare la loro quasi totale ignoranza della dottrina cattolica dovuta a mancanza di catechesi. Nei religiosi, in numero incalcolabile, a seguito delle revisioni nelle loro costituzioni, e dopo la riqualificazione conciliare, si manifesta la perdita di spirito evangelico, in particolare quello della rinuncia, della povertà, del sacrificio che si è tradotto in una quasi immediata diminuzione delle vocazioni, tanto che molti ordini e congregazioni chiudono i loro conventi, uno dopo l'altro, quando addirittura non scompaiono del tutto. La situazione di molte diocesi è altrettanto drammatica.
[..]

Ma prendiamo i testi dei Padri della Chiesa, il magistero, la liturgia, la teologia attraverso tutti i secoli: troviamo una unità alla quale noi intendiamo aderire con tutto il nostro cuore. Ma questa unità dottrinale è fortemente contraddetta, ferita, diminuita in pratica, dalle attuali linee di condotta. Non siamo noi ad inventare una rottura, purtroppo esiste, basta vedere come alcuni Episcopati ci trattano, anche dopo la rimozione delle scomuniche, per vedere come profondo è il rifiuto di questi moderni nei confronti di tutto quanto sa di Tradizione, al punto che risulta impossibile non dare a questo rifiuto altra definizione se non quella di rottura con il passato.

Sì, noi tutti siamo stati tanto sorpresi dalla pubblicazione del decreto del 21 gennaio, quanto lo siamo stati per la violenza della reazione dei progressisti e della sinistra, in generale, nei nostri confronti. E' vero che hanno trovato un'occasione d'oro nelle malaugurate parole del Vescovo Williamson, che hanno permesso loro di attribuirle a tutta la Fraternità maltrattandola e considerandola il capro espiatorio. In realtà, siamo stati strumentalizzati in una lotta molto più importante: quella della Chiesa, che porta bene il suo titolo di Chiesa militante contro gli spiriti maligni che vagano in aria, come dice San. Paolo.

Sì, non esitiamo ad inserire la nostra piccola storia nella grande storia della Chiesa, in questa lotta titanica per la salvezza delle anime, come è già annunciato nella Genesi, e descritta in modo sorprendente nel l'Apocalisse di San Giovanni. Spesso questa lotta spirituale, rimane a livello spirituale; di tanto in tanto dal livello delle menti e delle anime scende a livello del corpo e diventa visibile, come nelle aperte persecuzioni.

Dobbiamo riconoscere, vedendo quanto è accaduto negli ultimi mesi, un aumento di intensità in questa lotta. Ed è chiaro che l'unico a cui in ultima analisi è mirata, è il Vicario di Cristo, nel suo sforzo di avviare una qualche restaurazione della Chiesa. Si teme un riavvicinamento tra il capo della Chiesa e il nostro movimento, la paura della perdita dei risultati del Concilio Vaticano II, e viene fatto ogni sforzo per neutralizzarlo. Ma che cosa pensa veramente il papa?

Qual è la sua posizione? Progressisti ed ebrei gli intimano di scegliere tra il Concilio Vaticano II e noi ... al punto che per rassicurarli la Segretaria di Stato non ha trovato di meglio che porre come condizione necessaria per la nostra esistenza canonica la piena accettazione di ciò che noi vediamo come la principale fonte di problemi attuali e alla quale ci siamo sempre opposti ... Tuttavia, loro come noi sono vincolati dal giuramento anti-modernista e da tutte le altre condanne della Chiesa. E’ per questa ragione che non possiamo accostarci al Concilio Vaticano II se non alla luce di queste dichiarazioni solenni (professione di fede e giuramento antimodernista) fatte davanti a Dio e alla Chiesa. E se questo sembra incompatibile, vuol dire che sono le novità ad essere sbagliate. Facciamo affidamento sulle discussioni dottrinali annunciate al fine di chiarire il più profondamente possibile questi punti.

Approfittando della nuova situazione dopo il decreto sulle scomuniche, che non ha cambiato nulla nello statuto canonico della Fraternità, molti vescovi tentano di imporci la quadratura del cerchio esigendo da noi l'obbedienza alla lettera del diritto canonico, in ogni punto, come se noi fossimo perfettamente in ordine, allorché al tempo stesso ci dichiarano canonicamente inesistenti! Già un Vescovo tedesco ha annunciato che prima della fine dell'anno, la Fraternità sarà ancora una volta al di fuori della Chiesa... Bella prospettiva! L'unica soluzione praticabile, quella d’altronde che noi abbiamo sempre chiesto è di una situazione intermedia, necessariamente incompleta e imperfetta dal punto di vista canonico, ma che venga accettata in quanto tale, senza rinfacciarci sempre l’accusa di disobbedienza o ribellione, senza continuare a lanciare nei nostri confronti divieti insostenibili. Perché, in ultima analisi, la situazione anomala in cui si trova la Chiesa e che noi chiamiamo stato di necessità, è dimostrata una volta di più con l'atteggiamento e le parole di alcuni vescovi nei confronti del Papa e della Tradizione.

Come andrà a finire? Non lo sappiamo. Noi manteniamo la nostra proposta e cioè che venga accettata la nostra attuale situazione imperfetta come provvisoria, affrontando le discussioni dottrinali finalmente annunciate, con la speranza che si raggiungano buoni frutti.

Ma in questo percorso così difficile, di fronte a così violente opposizioni, chiediamo a voi, cari fedeli, ancora una volta, di ricorrere alla preghiera. Ci sembra che sia giunto il momento di lanciare una vasta offensiva, profondamente radicata nel messaggio della Madonna a Fatima, che ha promesso una felice soluzione, come ha annunciato che alla fine il suo Cuore Immacolato trionferà. E’ questo trionfo che Le chiediamo, nel modo che Ella stessa ha chiesto, e cioè la consacrazione della Russia al suo Cuore Immacolato fatta dal Sommo Pontefice e da tutti i Vescovi dell’orbe cattolico, con la diffusione della devozione al Suo Cuore Immacolato e addolorato. Ecco perché vogliamo offrire al Papa, a tal fine, entro il 25 marzo 2010, ancora un bouquet di 12 milioni di rosari, come una corona di stelle attorno alla Sua persona, accompagnata da una altrettanto notevole quantità di sacrifici e fioretti quotidiani che avremo cura di attingere ogni giorno nel fedele compimento del nostro dovere di stato, e con la promessa di diffondere la devozione al suo Cuore Immacolato. [..] E' chiaro che non intendiamo forzare la Divina Provvidenza, ma abbiamo imparato dagli esempi dei santi e dalla Sacra Scrittura, che i grandi desideri possono affrettare in modo impressionante i disegni di Dio.

Ed è con questa audacia che oggi noi poniamo davanti al Cuore Immacolato di Maria questa intenzione domandando altresì di prendere tutti voi sotto la sua materna protezione.

Dio vi ricolmi di benedizioni!

Nella festa della gloriosa Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo
Winona, Pasqua 2009.

+ Bernard Fellay


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30/04/2009 17:59
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LEFEBVRIANI: FELLAY, PAPA ACCETTI NOSTRA SITUAZIONE COME PROVVISORIA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 29 apr.

La Fraternita' di San Pio X chiede al Papa di proteggere le trattative per il rientro definitivo dei seguaci di mons. Marcel Lefebvre nella piena comunione concedendo "una situazione intermedia, necessariamente incompleta e imperfetta dal punto di vista canonico".
Questo passo e' ritenuto necessario per tutelare le trattative stesse da tensioni che continuamente vengono innescate.
"Approfittando della nuova situazione - rileva il superiore generale Bernard Fellay in una lettera indirizzata nei giorni scorsi a fedeli e benefattori per chiedere sostegno attraverso al preghiera del Rosario - dopo il decreto sulle scomuniche, che non ha cambiato nulla nello statuto canonico della Fraternita', molti vescovi tentano di imporci la quadratura del cerchio esigendo da noi l'obbedienza alla lettera del diritto canonico, in ogni punto, come se noi fossimo perfettamente in ordine, allorche' al tempo stesso ci dichiarano canonicamente inesistenti".
Per questo, spiega, sarebbe necessario che l'esistenza della Fraternita' "venga accettata in quanto tale, senza rinfacciarci sempre l'accusa di disobbedienza o ribellione, senza continuare a lanciare nei nostri confronti divieti insostenibili".
La Lettera cita la dichiarazione di "un vescovo tedesco" per il quale "prima della fine dell'anno, la Fraternita' sara' ancora una volta al di fuori della Chiesa".
"Bella prospettiva", commenta mons. Fellay che aggiunge: "come andra' a finire? Non lo sappiamo. Noi manteniamo la nostra proposta e cioe' che venga accettata la nostra attuale situazione imperfetta come provvisoria, affrontando le discussioni dottrinali finalmente annunciate, con la speranza che si raggiungano buoni frutti. Ma in questo percorso cosi' difficile, di fronte a cosi' violente opposizioni, chiediamo a voi, cari fedeli, ancora una volta, di ricorrere alla preghiera: ci sembra che sia giunto il momento di lanciare una vasta offensiva, profondamente radicata nel messaggio della Madonna a Fatima, che ha promesso una felice soluzione, come ha annunciato che alla fine il suo Cuore Immacolato trionfera'".
"E' questo trionfo - afferma il successore di mons. Lefebvre esortando i seguaci della Fraternita' a rinnovate preghiere alla Vergine - che Le chiediamo, nel modo che Ella stessa ha chiesto, e cioe' la consacrazione della Russia al suo Cuore Immacolato fatta dal Sommo Pontefice e da tutti i Vescovi dell'orbe cattolico, con la diffusione della devozione al Suo Cuore Immacolato e addolorato.
Ecco perche' vogliamo offrire al Papa, a tal fine, entro il 25 marzo 2010, ancora un bouquet di 12 milioni di rosari, come una corona di stelle attorno alla Sua persona, accompagnata da una altrettanto notevole quantita' di sacrifici e fioretti quotidiani che avremo cura di attingere ogni giorno nel fedele compimento del nostro dovere di stato, e con la promessa di diffondere la devozione al suo Cuore Immacolato.
E' chiaro che non intendiamo forzare la Divina Provvidenza, ma abbiamo imparato dagli esempi dei santi e dalla Sacra Scrittura, che i grandi desideri possono affrettare in modo impressionante i disegni di Dio".
"Al momento di lanciare una nuova crociata del Rosario, durante il nostro pellegrinaggio a Lourdes lo scorso ottobre, non pensavamo - scrive mons. Fellay nella sua lettera a fedeli e benefattori della Fraternita' San Pio X - in una risposta cosi' veloce dal cielo alla nostra richiesta ed e' stato nella visita a Roma nel mese di gennaio, dove abbiamo donato un bouquet di 1.703.000 rosari al Papa, che ho ricevuto dalle mani del card. Castrillon Hoyos il decreto sulla rimessione delle scomuniche".
"Noi tutti - confessa il vescovo lefebvriano - siamo stati tanto sorpresi dalla pubblicazione del decreto del 21 gennaio, quanto lo siamo stati per la violenza della reazione dei progressisti e della sinistra, in generale, nei nostri confronti. E' vero che hanno trovato un'occasione d'oro nelle malaugurate parole del Vescovo Williamson, che hanno permesso loro di attribuirle a tutta la Fraternita' maltrattandola e considerandola il capro espiatorio".
"In realta', siamo stati strumentalizzati in una lotta molto piu' importante: quella della Chiesa, che porta bene il suo titolo di Chiesa militante contro gli spiriti maligni che vagano in aria, come dice San. Paolo", commenta Fellay che spiega: "non esitiamo ad inserire la nostra piccola storia nella grande storia della Chiesa, in questa lotta titanica per la salvezza delle anime, come e' gia' annunciato nella Genesi, e descritta in modo sorprendente nell'Apocalisse di San Giovanni. Spesso questa lotta spirituale, rimane a livello spirituale; di tanto in tanto dal livello delle menti e delle anime scende a livello del corpo e diventa visibile, come nelle aperte persecuzioni.
Dobbiamo riconoscere, vedendo quanto e' accaduto negli ultimi mesi, un aumento di intensita' in questa lotta. Ed e' chiaro che l'unico a cui in ultima analisi e' mirata, e' il Vicario di Cristo, nel suo sforzo di avviare una qualche restaurazione della Chiesa. Si teme un riavvicinamento tra il capo della Chiesa e il nostro movimento, la paura della perdita dei risultati del Concilio Vaticano II, e viene fatto ogni sforzo per neutralizzarlo.
Progressisti ed ebrei gli intimano di scegliere tra il Concilio Vaticano II e noi al punto che per rassicurarli la Segretaria di Stato non ha trovato di meglio che porre come condizione necessaria per la nostra esistenza canonica la piena accettazione di cio' che noi vediamo come la principale fonte di problemi attuali e alla quale ci siamo sempre opposti. Tuttavia loro, come noi, sono vincolati dal giuramento anti-modernista e da tutte le altre condanne della Chiesa. E' per questa ragione che non possiamo accostarci al Concilio Vaticano II se non alla luce di queste dichiarazioni solenni (professione di fede e giuramento antimodernista) fatte davanti a Dio e alla Chiesa. E se questo sembra incompatibile, vuol dire che sono le novita' ad essere sbagliate.
Facciamo affidamento - conclude - sulle discussioni dottrinali annunciate al fine di chiarire il piu' profondamente possibile questi punti".

Il sito del distretto tedesco della Fraternita' San Pio X ha intanto pubblicato anche una lettera del superiore locale, mons. Franz Schmidberger, che chiede al presidente dei vescovi tedeschi, mons. Robert Zollitsch, di correggere le dichiarazioni rilasciate a una tv tedesca, che negano il valore di sacrificio redentivo alla Crocifissione e dunque "danneggiano il Magistero della Chiesa".

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"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
23/05/2009 20:59
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Intervista a mons. de Gallareta, vescovo lefebvriano

[..]
- Eccellenza, lei ha detto nel suo sermone che [la revoca delle scomuniche] aveva aumentato il numero di fedeli nel mondo, dopo il decreto del 21 gennaio.
Sì, in effetti, dopo il Motu Proprio, diverse migliaia di sacerdoti hanno chiesto il DVD che insegna a pregare la Messa tradizionale. Inoltre dopo questo decreto c’è un sacco di persone nuove che sono in contatto con i nostri conventi e seminari.

- Molti si chiedono perché il papa ha emesso il decreto del 21 gennaio. Alcuni parlano di una volontà di assorbire la Fraternità Sacerdotale di San Pio X e di metterla tacere. Altri parlano di un semplice atto di benevolenza del Papa. Qual è il Suo parere su questo argomento?
E’ difficile capire le intenzioni, ma da quello che si può dedurre dai fatti, ci sono probabilmente diverse ragioni. Mi sembra indiscutibile che vi sia da parte del Papa una certa volontà di ristabilmento della giustizia e benevolenza. Ma è chiaro che essi si aspettano che tali azioni e i contatti con Roma permettano loro di incorporarci all'interno della "dinamica chiesa", che limerebbe le spine che secondo loro noi abbiamo, per esempio, essere tanto rigidi e intransigenti, come dicono, sulla dottrina. Ossia si aspettando di "moderarci" un po’, incorporando anche alcune nostre cose positive.
Un altro aspetto importante è il desiderio di Benedetto XVI di dimostrare la continuità del Concilio Vaticano II con la Tradizione: se vuole dimostrare che vi è continuità, ci deve essere permesso di esistere e di vivere entro i confini della Chiesa. Certo, questa visione delle cose e di noi stessi è il più grande pericolo dei contatti a venire.

- Possiamo parlare di un papa tradizionalista?
No. Purtroppo no. Benedetto XVI ha inteso esplicitamente negarlo. Si sente pienamente e teologicamente identificato con il Concilio Vaticano II. Il suo insegnamento e il suo governo della Chiesa rientrano perfettamente nello spirito del Concilio. La prova è che vuole incorporarci alla Chiesa ufficiale, ma all'interno di una concezione ecumenica. Sta praticando dell’ecumenismo nei nostri confronti.
Tuttavia, vi è un cambiamento di atteggiamento nei confronti della tradizione: non è più di persecuzione, ma, in una certa misura, di accettazione. Questo cambiamento di atteggiamento, più sincero, più aperto circa la tradizione, fornisce una base per affrontare i colloqui con la Roma. Il buono, il nuovo dell’attuale Papa, è questo cambiamento di atteggiamento e di accettazione che il Concilio e il magistero postconciliare devono essere in continuità con la tradizione. Si tratta di un punto di contatto e di partenza che ci permette di discutere.

- Nella sua lettera ai vescovi del mondo, 12 marzo, il Papa ha affermato che "i problemi da affrontare adesso sono essenzialmente di natura dottrinale, e si riferiscono principalmente all'accettazione del Concilio Vaticano II e al magistero postconciliare dei Papi ". Quali sono i problemi dottrinali di cui Benedetto XVI ha parlato?
Sono precisamente le novità ispirate ai principi liberali, neomodernisti, come per esempio la libertà religiosa, la libertà di coscienza, l'ecumenismo, il democratismo che entrò nella chiesa con la visione della "Chiesa comunione", "Chiesa popolo di Dio", e attraverso la collegialità, che limita l'autorità del Papa e dei vescovi. In sintesi, è la svolta antropocentrica, di umanesimo e di personalismo che sono entrati nella Chiesa, e hanno operato una rivoluzione copernicana. Siamo passati da una concezione cristocentrica, teocentrica, a una sorta di culto dell'uomo, come lo rivendicò Papa Paolo VI.

- Secondo il decreto del 21 gennaio, dovrebbero iniziare colloqui dottrinali tra la Fraternità Sacerdotale San Pio X e il Vaticano. Nella Fraternità di San Pio X, più volte si è dichiarato di voler "guardare al Concilio Vaticano II alla luce della Tradizione". Come comprendere questa espressione?
Tale espressione richiede certa precisione. Ciò significa che il criterio per una spiegazione di ogni dottrina della Chiesa è la sua conformità alla tradizione. Pertanto studiare il Concilio alla luce della Tradizione significa respingere tutto ciò che è in contraddizione con l'insegnamento e l'insegnamento tradizionale, e accettare ciò che è armonioso e coerente con ciò che si crede da sempre, ovunque e da tutti: che è la definizione della tradizione.

- Allora possiamo dire che scopo di questi colloqui è quello di "convertire Roma"? Non le sembra forse una manifestazione di arroganza? Un’illusione?
Il termine "convertire Roma" non è corretta. Si tratta piuttosto di un ritorno, di una riconversione. D'altro canto, è Dio che può illuminare le menti e i cuori a muoversi per essere in grado di tornare alla Tradizione della Chiesa. Arroganza sarebbe se, sulla base di idee nostre, nuove, ci erigessimo a giudici della dottrina della Chiesa. Ma è piuttosto il contrario: giudicare una serie di sviluppi alla luce di ciò che è stato sempre pensato e vissuto nella Chiesa. Quindi, c'è fedeltà e non orgoglio. Arroganza è proprio l'atteggiamento di coloro che hanno disprezzato l'insegnamento di duemila anni di Chiesa, sulla base di decisioni personali e totalmente contraria alla fede. Illusione? No. Perché non andiamo con false aspettative, vale a dire che non abbiamo un’aspettativa già stabilita. Riteniamo che sia nostro dovere di testimoniare la fede cattolica, difenderla e condannare gli errori ad essa contrari, però non sappiamo quanto frutto si trarrà da queste discussioni. Non sappiamo se poco, molto o nulla. Non sappiamo se appena iniziati i colloqui se ne pentiranno, o se saremo in grado di continuare. Abbiamo l'obbligo di farlo, è nostro dovere, ma è Dio che dà il frutto ... niente, trenta per cento, sessanta, cento per cento? Dio solo lo sa, e provvederà, ma per Dio nulla è impossibile.

– A suo tempo Monsignor [Lefebvre] consacrò quattro vescovi invocando uno stato di necessità. Ha parlato nella sua omelia di una "operazione sopravvivenza" della Chiesa. Dopo il Motu Proprio del 7 luglio 2007 che autorizza la messa tridentina e il decreto del 21 gennaio 2009 concernente la scomunica vi è ancora un tale stato di necessità?
Sì, lo stato di necessità non è causato solo da un’ingiusta condanna o anche solo per la scomparsa della liturgia tradizionale. La nostra battaglia non è finita con il Motu Proprio. Lo stato di necessità deriva dal cambiamento della fede, dall'introduzione di dottrine radicalmente opposte alla fede cattolica e alla tradizione. In questo senso, il problema rimane lo stesso e non è cambiato. Se vi è stato un certo miglioramento nella posizione della Chiesa per quanto riguarda la liturgia tradizionale, in nessun modo v’è stata una soluzione al problema dottrinale della Messa. Lo stato di necessità prosegue esattamente uguale, perché la questione della fede continua a sussistere.

- Quali prospettive vede per la Fraternità di San Pio X, in futuro? Un accordo con Roma? Un riconoscimento canonico?
Non sarà, in assoluto, in un futuro immediato o a medio periodo. Noi precisamente escludiamo questa possibilità. Sappiamo che fino a quando non vi è un ritorno alla tradizione da parte di Roma, qualsiasi accordo pratico o canonico è incompatibile con la confessione e difesa pubblica della fede, e vorrebbe dire la nostra morte. Nella migliore delle ipotesi, umanamente parlando, ci sono davanti diversi anni di discussioni.
[..]

Fonte: Secretum meum mihi


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Iniziati i colloqui Roma-FSSPX? Mons. Fellay a Roma

Fonti (Religione en Libertad) riferiscono della presenza di mons. Fellay a Roma venerdì scorso, presso la Congregazione per la Dottrina della Fede che, come noto, è stata designata dal Papa, nella sua lettera ai vescovi del marzo scorso, come organismo deputato a condurre i colloqui dottrinali con la Fraternità ribelle.
La notizia, se confermata, può significare, se non l'inizio dei colloqui, quanto meno la definizione preliminare delle modalità con le quali i colloqui stessi saranno tenuti.
Da segnalare inoltre un'informazione tanto incredibile quanto autorevolmente sostenuta (dall'abbé Claude Barthe in Présent e ripresa dal progessista The Tablet), ossia che il card. Castrillòn Hoyos, Presidente della Commissione Ecclesia Dei, starebbe considerando l'opportunità di recarsi a Ecône (Svizzera), il quartier generale lefebvriano, per assistere alle ordinazioni sacerdotali in programma, come ogni anno, per il 29 giugno, festa dei SS. Pietro e Paolo.
Sarebbe in effetti un modo, di grande impatto, per mettere a tacere i vescovi teutonici, ora in fibrillazione, che diffidano la Fraternità dal procedere a nuove ordinazioni, aprire nuove cappelle (l'ultima a Fulda, con il vescovo locale che ha i fumi e grida all'attentato all'unità della Chiesa), chiamando tali eventi inaccettabili provocazioni, atti scismatici, minacciando nuove scomuniche: il bizzoso presidente della conferenza episcopale alemanna, Robert Zollitsch, ipotizza perfino una nuova scomunica dei lefebvriani, se persevereranno nell'ordinare sacerdoti contro il volere di Roma (non si sa bene sulla base di quale norma, visto che il codex iuris canonici la prevede solo per le ordinazioni episcopali senza permesso).
Se Roma mandasse il cardinale a presenziare a quelle ordinazioni, a Zollitsch non rimarrebbe che rimangiarsi le parole. Ma l'ipotesi, si ripete, non sembra molto probabile.

Da Messainlatino.it


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Ecclesia Dei passa all’ex Sant’Uffizio, dialogo con i lefebvriani

Sarà pubblicato nelle prossime settimane il motu proprio di Benedetto XVI che rende la commissione Ecclesia Dei - sorta per volontà di Papa Wojtyla allo scopo di favorire il rientro nella piena comunione con Roma dei lefebvriani - un organismo interno alla Congregazione per la dottrina della fede.
Papa Ratzinger lo aveva già annunciato nel marzo scorso, nella lettera dedicata al caso Williamson e alla revoca della scomunica ai prelati consacrati da Lefebvre, inviata ai vescovi di tutto il mondo.
Il prossimo 4 luglio il cardinale Darìo Castrillòn Hoyos, attuale presidente di Ecclesia Dei, compirà 80 anni e lascerà l’incarico per raggiunti limiti d’età.
La commissione sarà quindi presieduta dal Prefetto dell’ex Sant’Uffizio, il cardinale americano William Joseph Levada.
Il vicepresidente monsignor Perl rimarrà al momento al suo posto, mentre verrà nominato un nuovo segretario in sostituzione dello scomparso Mario Marini.
Proprio questa mattina, ha rivelato l’agenzia francese IMedia, nella riunione della “feria quarta” i cardinali membri della Congregazione per la dottrina della fede hanno messo a punto una prima piattaforma per l’inizio del dialogo con i lefebvriani. Dialogo che compete al supremo dicastero dottrinale in quanto i seguaci di Lefebvre sostengono che con il Concilio Vaticano II è la dottrina cattolica ad essere cambiata e chiedono che su questo avvenga il chiarimento in vista di un rientro formale della Fraternità San Pio X nella Chiesa cattolica.
Intanto, come anticipato dal Giornale nei giorni scorsi, questo sabato dovrebbe essere annunciata la nomina del segretario della Congregazione del Culto Divino, monsignor Malcom Ranjith Patabendige Don, ad arcivescovo di Colombo.
Al suo posto sarà designato l’attuale sottosegretario dellìex Sant’Uffizio, il domenicano Di Noia.

dal blog di Andrea Tornielli


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LEFEBVRIANI:VESCOVI TEDESCHI,VATICANO INTERVENGA PER FERMARE ORDINAZIONI

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 11 giu

I vescovi tedeschi chiedono alla Santa Sede una ''parola chiara'' nei confronti della lefebvriana Fraternita' Sacerdotale San Pio X, che ha annunciato per questo mese l'ordinazione di 21 nuovi preti in tre diverse parti del mondo.
Le richieste di intervento da parte della Santa Sede nei confronti degli ultradizionalisti, ai cui quattro vescovi - tra cui il negazionista mons. Richard Williamson - papa Benedetto XVI ha revocato la scomunica in gennaio, si sono fatte piu' pressanti negli ultimi giorni, man mano che si avvicinano le ordinazioni al sacerdozio, previste per il 19 giugno nel seminario statunitense di Winona nel Minnesota, per il 27 giugno in quello tedesco di Zaitzkofen e per il 29 giugno nel 'quartier generale' lefebvriano di Econe, in Svizzera.
Contro la nuova 'sfida' degli ultratradizionalisti, ha fatto particolarmente sentire la propria voce il vescovo di Ratisbona, mons. Gerhard Ludwig Muller, che ha definito le ordinazioni una ''provocazione''.
Il vescovo - sotto la cui giurisdizione ricade il seminario lefebvriano di Zaitzkofen - aveva gia' scritto in Vaticano in primavera, in occasione di alcune ordinazioni minori da parte della Fraternita' (successivamente spostate in Svizzera), per chiedere una parola chiara sulla legittimita' o meno di questi atti da parte dei lefebvriani.
Muller non ha pero' ricevuto risposta e la scorsa settimana ha nuovamente presentato la questione di fronte alla Congregazione per la Dottrina della Fede - di cui e' membro - che ha iniziato a discutere della 'cornice' all'interno della quale avviare il ''dialogo dottrinale'' con la Fraternita' lefebvriana, in vista di un suo possibile reintegro ufficiale nel seno della Chiesa.

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Santa Sede: le ordinazioni “lefebvriane” sono tuttora illegittime

Confermato il prossimo cambio di status della Commissione Pontificia “Ecclesia Dei”

CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 17 giugno 2009 (ZENIT.org).

La Santa Sede ha ribadito che i Vescovi e i sacerdoti seguaci dell'Arcivescovo Marcel Lefebvre non potranno esercitare dei ministeri legittimi fino a che la Fraternità di San Pio X non godrà di uno status canonico riconosciuto dalla Chiesa cattolica.
La dichiarazione vaticana, rilasciata attraverso un comunicato diffuso questo mercoledì dalla Sala Stampa della Santa Sede, è stata resa necessaria dalle numerose richieste di informazioni sulle ordinazioni sacerdotali programmate dalla Fraternità di San Pio X per la fine del mese di giugno.
La nota si rifa a quanto affermato da Benedetto XVI nella sua Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica dello scorso 10 marzo per spiegare le ragioni e i fatti legati alla revoca della scomunica dei Vescovi ordinati nel 1988, senza mandato pontificio, da mons. Lefebvre.
In questa Lettera il Papa spiega che "finché la Fraternità (San Pio X) non ha una posizione canonica nella Chiesa, anche i suoi ministri non esercitano ministeri legittimi nella Chiesa”.
Il Pontefice aggiunge poi che “finché le questioni concernenti la dottrina non sono chiarite, la Fraternità non ha alcuno stato canonico nella Chiesa, e i suoi ministri (...) non esercitano in modo legittimo alcun ministero nella Chiesa".
Inoltre, il comunicato conferma l'internzione del Papa di provvedere a un nuovo status della Commissione Pontificia "Ecclesia Dei", “in collegamento con la Congregazione per la Dottrina della Fede”.
Questa Commissione, dal 1988, ha come finalità quella di favorire la piena comunione ecclesiale di sacerdoti, seminaristi, comunità, religiosi e religiose, legati alla Fraternità fondata nel 1970 da monsignor Lefebvre per la formazione dei sacerdoti desiderosi di celebrare la liturgia secondo il Messale preconciliare.
Con questo gesto, il Papa intedeva chiarire che “i problemi che devono ora essere trattati sono di natura essenzialmente dottrinale e riguardano soprattutto l’accettazione del Concilio Vaticano II e del magistero post-conciliare dei Papi”.
Il comunicato continua poi affermando che “vi è ragione di pensare che la definizione di tale nuovo status sia prossima. Ciò costituisce la premessa per l'avvio del dialogo con i responsabili della Fraternità San Pio X in vista dell'auspicato chiarimento delle questioni dottrinali e, conseguentemente, anche disciplinari, che rimangono tuttora aperte”.
In una intervista pubblicata questo martedì dalla nostra agenzia (cfr. ZENIT, 16 giugno 2009), il Superiore generale della Fraternità di San Pio X, il Vescovo Bernard Fellay ha fatto riferimento alle ordinazioni di tre sacerdoti e di tre diaconi che saranno presiedute dal Vescovo “lefebvriano” Alfonso de Galaretta, il 27 giugno prossimo, nel seminario della Fraternità a Zaitzkofen, in Baviera (Germania).
Il Vescovo Fellay aveva inoltre detto di credere che il Vaticano ora “non abbia problemi di fondo” per quanto riguarda le prossime ordinazioni sacerdotali, pur ammettendo che una nuova scomunica potrebbe “compromettere tutto” e far naufragare i colloqui in corso con la Congregazione per la Dottrina della Fede.
Sempre in merito alle ordinazioni previste per fine giugno, il Vescovo Gerard Muller di Ratisbona ha avvertito la Fraternità che, fino a che non verrà risolta la questione dello status canonico, le ordinazioni, mancando dell'autorizzazione dovuta, farebbero incorrere in misure disciplinari.

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Lefebvriani/ Vaticano: Illegittime nuove ordinazioni

Dopo scontro tra tradizionalisti e vescovi tedeschi

All'origine del comunicato odierno del Vaticano, c'è la decisione della branca tedesca dei lefebvriani di ordinare alcuni sacerdoti il prossimo 27 giugno presso il seminario di Zaitzkofen, non lontano da Ratisbona, per mano del vescovo Alfonso de Galarreta. Scelta che ha sollevato le aspre critiche della Conferenza episcopale austriaca e la risposta piccata dei lefebvriani stessi.
"Secondo loro - si legge in una nota ufficiale dell'ufficio stampa dei lefebvriani - ai fedeli legati alla Tradizione deve essere impedito di svilupparsi, asfissiandoli poco a poco...".
Per i lefebvriani, invece, sono i vescovi a ignorare la "crisi dottrinale e morale, liturgica e disciplinare" che, "da più di quarant'anni", cioè del Concilio vaticano II, caratterizza la vita della Chiesa cattolica.
"Come se fossimo nel mondo di Alice nel paese delle meraviglie. E' decisamente tempo di ritornare da questo lato dello specchio e di aprire gli occhi sulla realtà della Chiesa! Vedranno che la linea divisoria non è quella tra Econe (quartier generale dei lefebvriani, ndr.) e Roma, ma tra la Chiesa che ha duemila anni e quella che non ha nemmeno cinquant'anni e che il cardinal Benelli, sostituto della Segreteria di Stato, definiva, nel 1976, 'Chiesa conciliare'".
Quando questa "frattura" non ci sarà più, per i lefebvriani, "i vescovi sapranno quanto fossero necessarie le ordinazioni di preti e le benedizioni delle cappelle: perché la Chiesa viva!". Oggi la risposta del Vaticano: quelle ordinazioni sono illegittime.
Il Papa aveva revocato la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani lo scorso febbraio, sollevando perplessità e resistenze in alcuni episcopati. Benedetto XVI ha allora inviato una lettera ai vescovi di tutto il mondo per spiegare il motivo della sua decisione, anticipando anche modifiche della Curia in Vaticano in vista dei colloqui tra Santa Sede e fraternità San Pio X. Il superiore, mons. Bernard Fellay, ha rilasciato una dichiarazione, proprio ieri, per confermare di avere incontrato il cardinale William Levada, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, lo scorso 5 giugno in Vaticano. In quell'occasione, ha detto Fellay, gli sarebbe stata notificata la pubblicazione imminente - prima del 20 giugno - di una dichiarazione emessa come Motu proprio (di propria iniziativa) da Benedetto XVI sulla nuova struttura della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, che verrebbe inglobata nella Congregazione della Dottrina della fede.
E' questa commissione che ha sinora tenuto le fila dei negoziati con i lefebvriani e non ha evitato che, prima della revoca della scomunica, il Papa fosse avvertito delle dichiarazioni negozioniste del britannico Richard Williamson.
Anche su questo, oggi, il Vaticano sembra frenare, quando precisa - senza dare date - che "vi è ragione di pensare che la definizione di tale nuovo status sia prossima.

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MARTEDÌ 16 GIUGNO 2009

Botta e risposta tra vescovi tedeschi e Frat. S. Pio X

Pubblichiamo di seguito, grazie al preziosissimo ed indefesso compito di traduzione dal tedesco svolto da Rosanna, nostra affezionata lettrice e collaboratrice dalla Germania, l'articolo di Der Spiegel, diffusissimo settimanale tedesco, dedicato alle prossime ordinazioni sacerdotali della Fraternità San Pio X in programma a Zeitzkofen. L'articolo dello Spiegel muove da un presupposto del tutto errato, ossia che la celebrazione all'aperto rappresenti un'enfasi provocatoria, allorché tutte le ordinazioni dei lefebvriani a Zeitzkofen (e non solo) si sono sempre svolte in tendoni, per l'impossibilità di contenere tutti nelle chiese e cappelle. Ma la parte divertente dell'articolo, che offre alla Fraternità una grossa pubblicità presso il grande pubblico, è soprattutto nella figura di petulanti mocciosi che fa fare ai due vescovi in esso menzionati, così innaturalmente indispettiti dal fatto che vengano creati nuovi preti...


La fraternità FSPPX vuole celebrare le sue discusse ordinazioni sacerdotali vicino a Ratisbona con una grande Messa all`aperto

Dopo colloqui in Vaticano la FSPPX intende celebrare le sue ordinazioni in Germania in modo più vistoso del solito, con una Messa all`aperto. Il superiore generale dei Tradizionalisti, Bernard Fellay, lascerà la sede centrale in Svizzera per recarsi al seminario di Zaitzkofen presso Ratisbona, dove celebrerà la consacrazione. Per l`occasione sono attesi più di mille fedeli simpatizzanti della Fraternità. Diversi vescovi tedeschi avevano già protestato contro tutto questo, ma venerdí scorso Fellay, durante la sua visita in Vaticano, "non ha ricevuto nessun tipo di segnale, che le consacrazioni contravvengano al diritto canonico".
I vescovi tedeschi si sentono in contrasto con la FSPPX e abbandonati dal Vaticano. Sia il vescovo di Ratisbona Gerhard Ludwig Mueller che il vescovo di Fulda Heinz Josef Algermissen non hanno infatti ricevuto alcuna risposta alle loro lettere dirette al Pontefice, lettere che contengono ulteriori domande sulle relazioni da intrattenere con la Fraternità.
Ecco il motivo: nel corso della settimana cambieranno i responsabili per i colloqui con la FSPPX -questo era già stato annunciato a marzo da Benedetto XVI con un "Motu Proprio", ossia un decreto. "Ci troviamo ancora in una situazione ambigua", si lamenta un collaboratore della Conferenza Episcopale.


Ed ora la dichiarazione alla stampa del reggente del seminario sull`ordinazione sacerdotale (LINK), in replica alle contestazioni dell'episcopato alemanno:

Il seminario Cuore di Gesù della fraternità FSSPX in merito alla prevista ordinazione sacerdotale del 27 giugno 2009 dichiara quanto segue:

1. Queste ordinazioni verranno impartite nell`intenzione di servire la Chiesa Cattolica. Impartiremo tale ordinazione sacerdotale perchè vogliamo esprimere così la nostra unità con Roma. Tale unità consiste nel medesimo Magistero, nei medesimi Sacramenti e nel Sacrificio della Messa di tutti i tempi. I nuovi sacerdoti ordinati come tutti i membri della fraternità riconoscono l`ufficio del Papa e l`autorità della Chiesa. I candidati all`ordinazione pregheranno in tutte le loro Sante Messe nominalmente per il Santo Padre in carica così come per il vescovo locale, espressione di unità che tutti i sacerdoti della fraternità praticano da oltre trent`anni. Non vogliamo fondare alcuna chiesa parallela, bensì intendiamo conservare nell´unica vera Chiesa cattolica l`inestimabile tesoro della Tradizione Cattolica.

2. Il Santo Padre aveva sicuramente in mente un provvedimento di vita, e non di morte, con la revoca della scomunica ai quattro vescovi del 21 gennaio 2009. Il magnanimo gesto è stato soprattutto un provvedimento per gli imminenti colloqui teologici con i rappresentanti della Santa Sede, pensati per chiarire le rimanenti difficoltà e che si suppone non saranno facili.

3. Una situazione di emergenza richiede adeguati provvedimenti di necessità. Esiste nella Chiesa di oggi una tale situazione di emergenza? A tale nostra dichiarazione in appendice alleghiamo una serie di dichiarazioni di Pontefici, Cardinali, vescovi e teologi che documentano una tale crisi. Papa paolo VI parla di "autodemolizione della Chiesa", Papa Giovanni Paolo II di "silenziosa apostasia". Due esempi numerici: nel 1950 13 milioni di cattolici frequentavano regolarmente la Santa Messa domenicale, oggi sono meno di due milioni, una riduzione di più dell`85%! Il numero delle ordinazioni sacerdotali nelle diocesi tedesche quest`anno non ha raggiunto nemmeno il numero di 100, e mai si era verificata una cifra così bassa. Si tratta dell`esistere o del non esistere del Cristianesimo in Europa. Si dovrebbe rimandare l`ordinazione sacerdotale di nuovi preti formati sul solido fondamento della Tradizione Cattolica e che per la continuità della Chiesa sono così necessari? Non si dovrebbe ringraziare invece con insistenza il Signore per la Grazia di tali vocazioni, oggi che le vocazioni autentiche sono così rare? Di un affronto all´unità della Chiesa non se ne parla nemmeno, e tantomeno di un rifiuto alla mano tesa dal Santo Padre, per il quale ogni giorno preghiamo.

4. Gli adirati vescovi si appellano sempre al diritto canonico. Allora un paragone: un prezioso edificio brucia con fiamme alte, un gruppo di giovani uomini coraggiosi si affretta sul luogo dell`incendio per spengerlo o almeno circoscriverlo, per più tardi cominciare la ricostruzione. Ecco che però i tutori dell`ordine ostacolano tali uomini, dicendo loro che avrebbero infranto i limiti di velocità. Allora non è più valido l`ultimo canone del diritto canonico del 1983, in base al quale la suprema legge della Chiesa è la salvezza delle anime?

5. Poichè i problemi esistenti non sono di natura disciplinare, la discussione si deve portare allora su di un altro piano, quello della Fede. Se Papa Benedetto XVI nella sua lettera ai vescovi del 10 marzo 2009 ha dichiarato drammaticamente che la Fede in molte parti del mondo minaccia di estinguersi, non dovremmo allora tutti insieme fare il possibile per ricercare le cause di questa crisi della Fede ed eliminarle? In tal senso rinnoviamo la nostra disponibilità al dialogo con i vescovi tedeschi in un`atmosfera di pace e di onestà intellettuale, lungi da polemiche e sterili accuse.

pater Stefan Frey, rettore del Seminario Herz Jesu


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19/06/2009 19:27
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Voci di regolarizzazione canonica provvisoria per i lefebvriani

Secondo Father Zuhlsdorf, ex membro della Commissione Ecclesia Dei, varie fonti vaticane da lui consultate dichiarano che il Superiore della Fraternità S. Pio X, mons. Bernard Fellay, sarebbe disposto ad accettare una qualche sorta di status canonico provvisorio.
Pare che poco dopo la revoca delle scomuniche, mons. Fellay abbia rifiutato di firmare un documento, propostogli da parte vaticana, che chiedeva la revoca anche delle sospensioni a divinis.
Questo perché la conseguente regolarizzazione canonica, per positiva ch'essa fosse, avrebbe implicato di attenersi d'ora innanzi alle direttive romane e, soprattutto, di non poter più prescindere totalmente dai vescovi delle diocesi ove la Fraternità è presente.
Prospettiva particolarmente preoccupante, come mostra, a posteriori, l'ottusa malevolenza dei vescovi tedeschi nelle ultime settimane.
E' per questi timori che la FSSPX vuole risolvere i problemi dottrinali prima di quelli canonici.
Tuttavia, dato il polverone che si sta levando, montato ad arte da certi episcopati, può diventare molto opportuno metter tutti a tacere regolarizzando in qualche modo, certo transitorio e ad hoc, la situazione canonica della Fraternità e delle sue ordinazioni.
A dire il vero, non si tratta di una novità. Già nel marzo scorso Mons. Fellay, in un'intervista alla rivista americana Angelus, la adombrava:

- Che tipo di soluzione canonica è attualmente proposta, se ce n'è una?

E' troppo presto per dirlo con precisione. Noi sappiamo che Roma lavora da tempo su questo progetto canonico e che una proposta ci sarà fatta a tempo opportuno.[..] Secondo il nostro programma, questo dovrebbe avvenire dopo la soluzione dei principali problemi da sciogliere nelle discussioni dottrinali.

- E' possibile che siano date alla Fraternità facoltà temporanee, mentre le discussioni dottrinali hanno intanto luogo, parallelamente?

Anche qui, a rischio di ripetermi, dirò che è troppo presto per dirlo. Noi pensiamo che entro qualche tempo avremo precisazioni su questo punto. Sarebbe certamente pericoloso ridurre la questione della Fraternità a un problema di diritto canonico.

Si tratterebbe di una soluzione, interinale e provvisoria (ma si sa che poche cose sono altrettanto durature di quelle provvisorie e ad experimentum): lasciare la Fraternità in uno stato di limbo giuridico, ma nondimeno riconoscere il carattere cattolico e la legittimazione ad amministrare tutti i sacramenti, togliendo ogni dubbio di sospensione a divinis dei suoi sacerdoti. Il riconoscimento comporterebbe anche il consolidamento e il riconoscimento de facto dello stato attuale (statuti, apostolati, comunità religiose connesse).
Tutta l’attività della Fraternità perderebbe ogni carattere illecito dal punto di vista del diritto canonico, pur restando la stessa di fatto indipendente e non ancora inquadrata in una struttura canonica.
Si tratta, beninteso, di una forzatura al diritto canonico, sicché per giustificarla si parlerebbe di concessione di "facoltà temporanee" (sacramentali e disciplinari). La soluzione non obbligherebbe le parti in questione: né la Fraternità, che potrebbe continuare ad emettere le sue "riserve dottrinali" verso il Concilio (evitando tra l’altro il rischio, almeno nell’immediato, di una scissione della sua ala più oltranzista e contraria ad accordi con Roma), né la Santa Sede, che potrebbe continuare a prendere le distanze dalla Fraternità, evitando così di esporre troppo il fianco agli alti lai dei progressisti.
La Fraternità resterebbe come è ora; ma liberata di ogni macchia di scomunica, di scisma, di illiceità, potrebbe con ben maggiore efficacia raggiungere fedeli finora restii proprio per quegli stigmi. E quindi rafforzarsi ulteriormente; il che, oltre a corrispondere ovviamente al desiderio dei lefebvriani, può essere quanto mai utile anche in funzione del disegno del Papa di una reinserzione di alcuni elementi tradizionali nell’ordinario tessuto ecclesiale (orrida espressione: ma avreste preferito "nel mainstream della Chiesa"?), in vista del più ampio, e improcrastinabile, disegno della riforma della riforma.

Dal blog degli amici di Messainlatino


[Modificato da Paparatzifan 19/06/2009 19:29]
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Nuova e importante intervista a mons. Fellay

- Come va il dialogo tra la FSSPX e Roma, che ha creato tanto polverone in gennaio?

Ci siamo chiarite le idee all’inizio di giugno. La decisione del Papa sullo schema dei colloqui verrà annunziato tra pochi giorni. E’ vero che una commissione speciale sarà costituita per la discussione, con alcuni teologi di Roma e alcuni nostri preti.

- Qual è lo scopo di questo riavvicinamento: una struttura speciale per voi in una piccola nicchia, oppure è un cambiamento fondamentale nella Chiesa, secondo Lei?

Bella domanda: chi o che cosa dovrebbe esser cambiato? E’ sbagliato, naturalmente, se qualcuno pretende che l‘intera Chiesa debba cambiare. Noi non siamo il grande nemico. La nostra situazione è comparabile piuttosto a un termometro che mostra la febbre in un corpo. Il fatto è che c’è un problema da risolvere. E non è un problema nostro, ma di leadership nella Chiesa. La Chiesa soffre una crisi seria, e Roma vuole trattarla così blandamente che la malattia si è sviluppata e non si vede più la fine della crisi. Noi proponiamo misure che potrebbero aiutare.

- Ci sono due punti di conflitto: da una parte la vostra tesi, il deposito della Fede è generalmente in pericolo, e il vostro rifiuto di documenti specifici del Concilio Vaticano II. Volete che Roma ritiri o modifichi tali documenti, o è possibile un accordo del tipo: "siamo d’accordo che voi non siate d’accordo"?

La confusione attuale viene in larga parte da una crisi culturale del mondo e non solo della Chiesa: una crisi del pensiero, della filosofia. Alcuni punti della crisi comunque hanno anche preso forma concreta al Concilio. Noi vediamo alcune cause della crisi nel Concilio. Roma dovrebbe prepararsi a chiarificare, perché ci sono molte interpretazioni del Concilio Vaticano. Che cosa esattamente noi dovremmo riconoscere? Ogni teologo interpreta i documenti in modo così diverso. Il Santo Padre ha già dovuto condannare l’interpretazione del Concilio come discontinuità e rottura col passato.
Ma l’80% dei vescovi e dei teologi vogliono questa frattura. In questa materia, non siamo noi il problema.

- Voi non solo rifiutate certe interpretazioni ma anche alcuni documenti conciliari in se stessi, quando si tratta di libertà religiosa e rispetto per altre religioni.

Un esempio. La dichiarazione sulla collegialità dei vescovi (Lumen Gentium) che fu perfino corretta durante il Concilio dal Papa Paolo VI...
Il testo conciliare può essere interpretato in un senso cattolico con un testo che il Papa emanò, la cosiddetta Nota praevia (Paolo VI stabilì che i vescovi possono condurre la Chiesa, come collegio, solo "sotto e con il Papa"). Purtroppo alcuni leggono il Concilio senza la Nota praevia.

- Una Nota praevia papale su queste due dichiarazioni disputate soddisferebbe le vostre richieste?

Non possiamo pretendere di dettare cosa e come la Chiesa pensa. Non è mai stata la nostra idea. Noi diciamo: la Chiesa finora ha insegnato così e così, e ora sorge qualcosa che non è chiaro. Chiediamo questo chiarimento.

- L’altra principale asperità tra voi e Roma è il rito tridentino. Vista la riautorizzazione del Papa di questo rito, ciò è stato in buona parte risolto. E’ sufficiente così per voi, o vi sareste aspettati ancora di più?

Sono sicuro che arriverà ancora di più in futuro. Non per noi, ma per Roma stessa la situazione liturgica va migliorata. Arriverà.

- Il Papa ha facilmente adattato il vecchio rito, per esempio per una revisione della preghiera del Venerdì Santo per gli Ebrei. Voi pregate la vecchia versione?

Sì, preghiamo la vecchia.

- Sarebbe possibile per voi seguire il Papa e introdurre la nuova preghiera?

Sì, sarebbe possibile. Quanto dice il Papa, non contraddice la fede. E’ più un problema contro la Storia, anche per l’attitudine del fedele. La preghiera del Venerdì Santo è una delle più antiche preghiere che abbiamo.

- Per una riconciliazione con Roma, probabilmente occorre dare qualche dichiarazione di lealtà. La potete dare anche se la Chiesa non torna a vestirsi in tutti i punti con gli abiti pre-Vaticano II?

Io direi piuttosto: se i principi cattolici sono stati chiariti, anche se non tutto è stato risolto, allora è possibile. C’è una questione molto pratica, che è ora evidente e che è: Come siamo accettati? C’è un blocco molto forte. Questo al momento ci impedisce di andare avanti. Se vediamo troppa opposizione, allora diciamo semplicemente: bene aspettiamo ancora un poco.

- Un attuale punto di contesa è l’annunzio della FSSPX delle ordinazioni di 3 preti il 27 giugno a Zaitzkofen in Germania. Molti vedono questo come una provocazione per Roma e il Papa, la cui mano spiegata ora viene respinta.

Mi spiace che ciò sia visto come una provocazione. Queste ordinazioni sono state fatto ogni anno per 30 anni nella stessa forma. Quando abbiamo parlato con Roma delle scomuniche ecc., mai è stata sollevata alcuna questione che queste ordinazioni non dovessero più avvenire. Per noi è questione di vita, come respirare, abbiamo bisogno di questi preti.

- Tutto non può dipendere da queste tre ordinazioni. Non sarebbe stato prudente sospendere le ordinazioni per migliorare il clima.

Il problema è solo in Germania. A Roma, c’è simpatia per queste ordinazioni, anche se dicono che è illegale e non conforme al diritto canonico. Ci hanno detto che siamo in uno stato intermedio in cui possiamo parlare di pace, in cui Roma può anche osservarci. Noi non abbiamo nulla in contrario, se Roma volesse mandarci un osservatore. Lo abbiamo offerto, ma forse non abbastanza chiaramente.

- Vi ha sorpreso che Roma non abbia posto condizioni per revocare le scomuniche?

No, no davvero. Riguarda un riavvicinamento, Questo può solo avvenire attraverso piccoli passi, per via di tutte le ferite e di ciò che è successo. In questo senso, quel gesto del Papa, che noi accettiamo con gratitudine, aveva anche lo scopo di migliorare il clima. Per nostra parte, c’è apertura, ma in nessun caso per cambiare il nostro lavoro.

- Con la revoca delle scomuniche, il Papa è stato spesso comparato al padre che riprende il figliol prodigo che torna pieno di rimorsi. E’ stato così, o voi non vi vedete come figliol prodigo pentito?

Sì, sì, ma non più in quella direzione. Ma c’è un’apertura da parte nostra. Abbiamo chiesto questi colloqui, e la richiesta è stata accettata. Ci spiace che certuni cerchino di sabotarli, con il loro attuale odio.

- Perché non fare le ordinazioni sacerdotali altrove? L’aspra reazione dei vescovi tedeschi era prevedibile.

A questo punto, uno vede che c’è mala fede. Possiamo fare quel che si vuole, noi siamo la pecora nera comunque. Questa è la mia impressione. A un certo punto, noi diciamo che non faremo altre ritirate. Dovete capire.

- Voi quindi non ravvisate alcun ripudio del Papa nei vostri atti.

Quella sarebbe una errata interpretazione dei fatti. Questo non è un atto ostile, l’ho scritto al Papa e chiesto a lui, dovrebbe considerare queste ordinazioni come non un atto di ribellione, ma un passo di sopravvivenza in circostanze complesse e difficili.

- Comunque Lei voglia interpretare le ordinazioni, il Papa è messo in ogni caso in una situazione spiacevole.

Lo capisco bene. Questa situazione è molto spiacevole per tutti. Mi lasci ripetere: questo problema viene dalle differenti correnti nella Chiesa, che anche loro possono difficilmente sopportare. Questo problema alla fine può solo essere risolto dal papa. Ma io non sono nemmeno sicuro se potrà mai essere risolto.

- Che cosa sta facendo mons. Williamson ora?

E’ a Londra. Prega, studia, null’altro.

- C’è una fine prevedibile al suo esilio interno.

Io non la vedo. L’intera questione dipende da lui.

- Lei vorrebbe una maggior presa di distanza dalla sua negazione dell’Olocausto.

Se una dichiarazione come quella si ripetesse, allora sarebbe intollerabile.

Fonte: Die Presse, via Cathcon

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MARTEDÌ 23 GIUGNO 2009

Il Concilio è solo pastorale e in parte non vincolante?

Si apriranno a breve i colloqui con i lefebvriani e la grande questione è: il Concilio Vaticano II dev'essere accettato così come è (e ancora: che cosa significa, viste le molte interpretazioni avanzate?) oppure è compatibile con l'appartenenza alla Chiesa un rigetto di parti di esso considerate fallibili e non vincolanti? Che obblighi di fede derivano dal Concilio? Che cosa significa che fu un "Concilio pastorale"? Ma fu tale per davvero? Risponde a queste obiezioni l'abbé Claude Barthe, sul blog Disputationes theologicae. Invitiamo caldamente a leggere a quel link l'intero articolo, che dà una risposta a questi interrogativi quanto mai d'attualità e d'importanza (si pensi a come l'intera Chiesa sia divisa, nemmeno in modo sotterraneo, tra fautori di un'interpretazione del Concilio come rottura e assertori invece, il Papa in testa, della sua continuità). Qui riportiamo alcuni stralci di quel lavoro.


[..]
Bisogna ricordare con fermezza i diversi gradi che impegnano l'insegnamento supremo del Papa solo o del Papa e dei vescovi uniti a Lui. E' necessario soprattutto specificare che il magistero più elevato deve collocarsi intorno a due gradi di autorità:

1) Quello delle dottrine irreformabili del Papa solo oppure del collegio dei Vescovi (Lumen gentium N. 25 § 2, 3). Questo magistero infallibile al quale bisogna " obbedire nella obbedienza della Fede", può essere a sua volta proposto sotto due forme:
a) Le dichiarazioni solenni del Papa solo o del Papa e dei vescovi riuniti in Concilio.
b) Il magistero ordinario e universale (Dz 3011).

2) Secondariamente quello degli insegnamenti del Papa o del Collegio dei Vescovi col Papa, senza intenzione di proporlo in maniera definitiva, ai quali è dovuto "un assenso religioso della volontà e dello spirito" (Lumen gentium N.25 § 1). Si parla in questo caso, in genere, di "magistero autentico", sebbene l'espressione non sia stata fissata in maniera assoluta.
[..]

L'infallibilità del Concilio è paradossalmente un tema tradizionalista

In effetti la questione tanto discussa non è stata mai sollevata altrove se non nel mondo tradizionalista, di cui una parte di teologi, in maniera senza dubbio molto bene intenzionata, ma di cui in fin dei conti non si riesce a percepire l'utilità, vorrebbe che queste dottrine si accordassero perfettamente con il magistero anteriore. Ma a dire il vero mai nessuna istanza romana ha preteso la cosa ed ancor meno ha preteso farne una dottrina infallibile! D'altro canto i teologi "non tradizionalisti" non sono obnubilati da "Dignitatis humanae", ma da "Humanae vitae". La loro letteratura a proposito dell'autorità del magistero è immensa, ma essa si occupa – o almeno si occupava fino a "Ordinatio sacerdotalis" sull'impossibilità di ordinare preti le donne – solo del valore dell'enciclica di Paolo VI sull'immoralità intrinseca della contraccezione. Certamente qualche rarissimo autore, tacciato di massimalismo, ha sostenuto che la dottrina del N. 14 di "Humanae vitae" fosse Magistero Ordinario Universale (espressa dal Papa ed approvata dai vescovi in comunione con Lui), magistero di conseguenza infallibile: si tratta dei moralisti C. Ford e Germain Grisez, ed del P. Ermenegildo Lio, i quali hanno inutilmente fatto pressione affinché questa infallibilità fosse riconosciuta ufficialmente.
Per tutti gli altri teologi, "Humanae vitae" non voleva essere altro che "magistero autentico" (e ciò ci appare come un fatto certo, anche se noi consideriamo, come tesi nostra, che questa dottrina in sé sia conseguenza diretta della legge naturale). I teologi della contestazione sostengono che una dottrina non sia vincolante se semplicemente autentica. I teologi, invece, favorevoli a "Humanae vitae", al seguito di Giovanni Paolo II, affermano che benché non sia infallibile, sia vincolante in maniera assoluta. Ma costoro hanno dovuto ammettere che può essere prudentemente discussa. Così anche S.E.R. Mons. William Levada, allora Arcivescovo di Portland: " Visto che l'insegnamento certo, ma non infallibile, non comporta l'assoluta garanzia a proposito della sua veridicità, è ben possibile, per una persona che sia arrivata a delle ragioni veramente convincenti, giustificare la sospensione dell'adesione." Se quindi "Humanae vitae", che è nella linea della continuità con l'insegnamento anteriore a riguardo della condanna della contraccezione, non è stata mai proposta come infallibile, a maggior ragione "Dignitatis humanae", la quale propone in una maniera che può essere intesa in diversi modi, una dottrina che ha tutte le apparenze di una novità, non può avere questa pretesa. L'argomento, sicuramente insufficiente se preso in se stesso, ci rimanda ad un'inquietudine delle origini per quanto riguarda l'infallibilità, la quale é introdotta dal famoso fine semplicemente "pastorale" del Concilio.

Il contesto: un Concilio "semplicemente pastorale", cioè "semplicemente autentico"

All'origine di tutto c'è la dichiarazione preliminare di Giovanni XXIII nel suo discorso "Gaudet mater Ecclesia" del 11 Ottobre 1962: visto che una dottrina infallibilmente definita è già stata sufficientemente espressa dai concili precedenti, ora non resta che presentarla "nella maniera che corrisponde alle esigenze della nostra epoca" e dare attraverso quest'azione "un insegnamento di carattere soprattutto pastorale". Il punto cruciale è dunque sapere se il Concilio abbia potuto essere infallibile senza volerlo veramente e ciò per il solo fatto che pronunciava delle dottrine che adempivano oggettivamente le "condizioni" tipiche degli enunciati che devono esse fermamente accettati e creduti. Ma bisognerebbe anche valutare la reale pertinenza della questione.
Il Vaticano II è incontestabilmente un concilio eccezionale, unico nel suo genere, in tutta la storia della Chiesa, il quale ha provocato un sommovimento senza eguali nella fede e nella disciplina. Non si può dubitare che richiami un certo numero di insegnamenti tradizionali (come quello dell'infallibilità per esempio), e che abbia prodotto dei bei testi (sulle missioni o sulla Rivelazione per esempio). Ma è impossibile ragionare teologicamente fuori dal contesto pregnante del suo svolgimento e delle sue conseguenze, nel quale il fatto di volere attenuare le chiusure della dottrina tradizionale sembrava naturale nonché necessario per realizzare una "apertura verso il mondo". In questo contesto "pastorale", i Padri conciliari, coltivando una certa ambiguità che permetteva di scioccare un po' meno i propri contemporanei, i quali giudicavano come "tirannico" per le coscienze moderne, il potere di "scogliere e legare", hanno dovuto semplicemente lasciarsi trasportare dalla corrente generale. Questo Concilio ha si insegnato, ma "pastoralmente". [..] la situazione a-magisteriale che ha preceduto il Vaticano II rende almeno dubbia una delle specificità del Concilio, e non la meno importante, quella della volontà del Papa e dei vescovi sull'obbligo all'adesione. Invece, anche dopo tutte le dispute per l'interpretazione che conosciamo bene, è perfettamente presente la chiara volontà di "fissare una certa linea". Il Concilio Vaticano II ha creato una "disposizione dell'animo", ma non ha creato nessun corpo dottrinale. I teologi non-tradizionalisti, quasi unanimemente, non hanno mai smesso di conservare la spiegazione di "pastorale" come praticamente sinonimo di "autentico", cioè di non infallibile.


L'interpretazione degli autori: una chiara volontà di non definire

In ogni caso, le testimonianze ufficiali sono concordi sulla volontà di non "definire". A due riprese (6 marzo 1964, 16 novembre 1964), la Commissione Dottrinale, alla quale era stato chiesto quale dovesse essere la qualifica teologica della dottrina proposta nello schema sulla Chiesa (e la domanda mirava soprattutto alla dottrina della collegialità), rispose: "Tenendo conto della pratica conciliare e del fine pastorale dell'attuale Concilio, quest'ultimo definisce solo le cose concernenti la Fede e la Morale che esso stesso avrà esplicitamente dichiarato tali".
Paolo VI spiegò che la cosa non era avvenuta. Una volta terminato il Concilio ritornò in effetti due volte sulla questione. Una prima volta, nel discorso di chiusura del 7 dicembre 1965: "Il Magistero (..), pur non volendo pronunciarsi con sentenze dogmatiche straordinarie, ha profuso il suo autorevole insegnamento sopra una quantità di questioni, che oggi impegnano la coscienza e l'attività dell'uomo". Una seconda volta nel discorso del 12 gennaio 1966: "Vi è chi si domanda quale sia l'autorità, la qualifica teologica, che il Concilio ha voluto attribuire ai suoi insegnamenti, sapendo che esso ha evitato di dare definizioni dogmatiche solenni, impegnanti l'infallibilità del magistero ecclesiastico (…), dato il carattere pastorale del Concilio, esso ha evitato di pronunciare in modo straordinario dogmi dotati della nota di infallibilità; ma esso ha tuttavia munito i suoi insegnamenti dell'autorità del supremo magistero ordinario; il quale magistero ordinario e così palesemente autentico deve essere accolto docilmente e sinceramente da tutti i fedeli, secondo la mente del Concilio circa la natura e gli scopi dei singoli documenti". La redazione di questi testi è in certa misura imbarazzata. Li si può interpretare in due modi a seconda che si insista sull'uno o l'altro versante della dichiarazione essenziale:

1) il concilio non ha mai fatto uso di "definizioni dogmatiche solenni impegnanti l'infallibilità del magistero ecclesiastico", ma ha potuto far uso del magistero ordinario universale (infallibile). La cosa sarebbe sufficiente a fare del Vaticano II un Concilio "a parte" nella storia della Chiesa, il quale insegna su "materie nuove" (l'ecumenismo) ma rifiutando di definire;

2) il Concilio non ha mai fatto uso di "definizioni dogmatiche solenni impegnanti l'infallibilità del magistero ecclesiastico". Se non ha mai fatto uso di definizioni solenni è perché non ha voluto essere infallibile. Il che conferma il fatto che questi testi evitino accuratamente di parlare di "obbedienza della fede": "(Questo Concilio ha tuttavia) profuso il suo autorevole insegnamento sopra un quantità di questioni che oggi impegnano la coscienza e l'attività dell'uomo"….. "ha munito i suoi insegnamenti dell'autorità del supremo magistero ordinario; il quale magistero ordinario e così palesemente autentico deve essere accolto docilmente e sinceramente da tutti i fedeli". La qual cosa rinvia all' "assenso religioso della volontà e dello spirito" richiesto dal magistero "palesemente autentico", e non già all'"obbedienza della fede" richiesta dal magistero infallibile.
[..]
Eppure il commento più autentico che sia possibile, in quanto emana dagli autori stessi dei documenti, lo afferma senza ambiguità: non sono dei dogmi. Malgrado le apparenze, o malgrado la necessita intrinseca. Joseph Ratzinger commentava in un complemento all'opera classica di riferimento in Germania, il Lexicon fur Theologie und Kirche: "il Concilio non ha creato nessun nuovo dogma su nessuno dei punti abbordati. (…) Ma i testi includono, ognuno secondo il proprio genere letterario, una proposizione ferma per la loro coscienza di cattolici". Soltanto una "proposizione ferma": non l'obbligo a credere. Ciò che d'abitudine in un Concilio dovrebbe comportare l'impegno del magistero solenne non lo ha comportato nel caso del Vaticano II, quindi e a maggior ragione, se valutiamo il magistero non solenne, il quale, con la grande difficoltà che esso comporta nel discernimento del grado di impegno, si troverà al di sotto dell'infallibilità, altrimenti detto sarà semplicemente autentico.

Inoltre, qualunque ipotesi si voglia considerare, "nessuna dottrina è considerata come infallibilmente definita se la cosa non è stata stabilita in maniera manifesta" (CJC, can. 749 c. 3). L'importanza di questo canone è enorme perché legata all'appartenenza alla Chiesa. In effetti tutti sono obbligati a evitare ogni dottrina contraria", tenentur devitare (CJC, can. 750). E chiunque nega una verità cade nell'eresia (can. 751). (Allorché nulla di simile succede a colui che rifiuta una verità del "magistero autentico": "i fedeli avranno cura di evitare ciò che non concorda con questa dottrina", curent devitare, can. 752). La cosa deriva, del resto, dal principio generale che vuole che non si imponga mai un fardello senza motivo, e dunque che ciò che è più esigente non si presume: "le leggi che impongono una pena (…) sono di interpretazione stretta" (can. 18).
[..]


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