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I lefebvriani

Ultimo Aggiornamento: 18/02/2013 22:40
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11/03/2009 13:04
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Contrattacco Benedetto

Ecco la lettera con cui B-XVI spiega tutto sui lefebvriani

Le parole del Papa sulle “stonature” e gli “sbagli” nella revoca della scomunica

Con una mossa a sorpresa, umile e allo stesso tempo forte, Benedetto XVI ha deciso di spiegare personalmente all’episcopato cattolico la revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani che ha suscitato non poche polemiche.
Lo ha fatto con una lettera autografa rivolta a tutti i vescovi del mondo che verrà resa nota presto, forse già domani.
Una lettera accorata e ferma in cui il Pontefice spiega il vero significato del suo gesto, ne ribadisce la necessità e l’urgenza inquadrandola nella priorità “suprema e fondamentale” della sua missione di successore di Pietro, non senza ammettere gli errori commessi nella gestione di tutta l’affaire. Una “parola chiarificatrice”, insomma, che ha come obiettivo dichiarato quello di “contribuire in questo modo alla pace nella chiesa”.

Cominciamo dagli “sbagli” riconosciuti.

Sono essenzialmente due: la Santa Sede non si è accorta che tramite “Internet” si poteva venire a conoscenza delle dichiarazioni negazioniste di Williamson che invece si sono sovrapposte in modo “imprevedibile” alla remissione della scomunica, provocando un corto circuito mediatico che ha fatto travisare l’intera vicenda.

D’ora in poi, è la conclusione, il Vaticano dovrà prestare più attenzione a Internet come fonte di informazioni. Il secondo “sbaglio” nella gestione della vicenda è stato quello di un modo “non sufficientemente chiaro” di illustrare la remissione della scomunica.

Benedetto XVI spiega che la revoca della scomunica è personale, riguarda i quattro vescovi, e non implica il riconoscimento canonico della Fraternità San Pio X che potrà avvenire solo dopo un suo riallineamento dottrinale, con tanto di accettazione del Vaticano II e del magistero post-conciliare dei Papi.

A questo proposito il Papa fa un annuncio importante.

Siccome la questione è dottrinale, la pontificia Commissione Ecclesia Dei, che segue le pratiche dei lefebvriani che vogliono rientrare pienamente in comunione con Roma, sarà collegata alla Congregazione per la dottrina della fede, in modo tale che per queste pratiche ci sia anche un coinvolgimento dei prefetti delle altre Congregazioni vaticane e dei rappresentanti dell’episcopato mondiale che partecipano al lavoro collegiale dell’ex Sant’Uffizio.
Riguardo al Vaticano II Papa Ratzinger è chiaro: i lefebvriani non possono pretendere di “congelare” l’autorità magisteriale della chiesa al 1962, ma d’altra parte coloro che si proclamano “grandi difensori del Concilio” devono comprendere che il Vaticano II porta con sé “l’intera storia dottrinale della chiesa”.

A questo punto il Papa nella sua lettera affronta forse la domanda più delicata: ma era proprio necessaria questa revoca? Era una priorità reale?

Su questo punto Benedetto XVI non mostra tentennamenti. Il Pontefice sa bene che una certa pubblicistica era interessata a suggerire che la questione lefebvriana fosse una sua maniacale fissazione personale. Ma il Papa non vuole polemizzare e ribadisce, con assoluta disinvoltura, che fin dagli inizi il suo pontificato ha voluto avere come priorità assoluta quella stabilita da Gesù per il Successore di Pietro, e cioè “rendere Dio presente a questo mondo e di aprire agli uomini l’accesso a Dio”, in un mondo in cui “Dio sparisce dall’orizzonte degli uomini”.
Questa “priorità suprema” per Benedetto XVI ha come logica conseguenza che si debba “avere a cuore l’unità dei credenti”, e quindi anche l’ecumenismo. E’ alla luce di questa vera priorità che – spiega il Papa – trovano posto anche “le riconciliazioni piccole e medie” come quella in corso d’opera con i lefebvriani.

Un tentativo di riconciliazione che riguarda una realtà – ricorda il Papa – estesa a migliaia di fedeli e soprattutto a 491 sacerdoti: “Possiamo noi semplicemente escluderli, come rappresentanti di un gruppo marginale radicale, dalla ricerca della riconciliazione e dell’unità?”. Benedetto XVI si mostra cosciente che dai lefebvriani si sono sentite “molte cose stonate”, frutto di superbia e fissazioni unilateraliste; ma allo stesso tempo ammette che “qualche stonatura” si è sentita anche dentro la chiesa: “A volte – conclude con una punta di amarezza – si ha l’impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi – in questo caso il Papa – perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo”.

© Copyright Il Foglio, 11 marzo 2009


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