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I lefebvriani

Ultimo Aggiornamento: 18/02/2013 22:40
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10/03/2009 21:18
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© Die Tagespost 10 marzo 2009

Guido Horst

Adesso si tratta della dottrina

Il dialogo con i lefebvriani è da preparare con molta cura

A Roma niente lascia pensare che ci sarà in tempi rapidi una riconciliazione con i responsabili della fraternità di san Pio X fondata da Marcel Lefèbvre.
Fino a quando non comincerà il dialogo, per il quale Papa Benedetto XVI ha creato le condizioni revocando la scomunica dei quattro vescovi lefebvriani, anche da parte del Vaticano sono da chiarire alcune questioni: chi, ad esempio, dovrà sedere a un tavolo e trattare con i rappresentanti della Fraternità?

L’”Ecclesia Dei”, la pontificia commissione che si occupa dei tradizionalisti, è un piccolo ufficio. Oltre al quasi ottuagenario presidente, il cardinale Castrillón Hoyos, che per motivi di età andrà presto in pensione, vi lavorano un vice-presidente, un segretario e un altro collaboratore.
Oggetto delle discussioni con i lefèbvriani saranno principalmente temi dogmatici, tra questi la valutazione dei testi del Concilio Vaticano II.
Si renderà allora necessaria una competenza teologica che la piccola commissione “Ecclesia Dei” da sola, con il personale che ha a disposizione, non potrà offrire e di cui è invece depositaria la Congregazione per la Dottrina della Fede con i suoi circa trenta collaboratori.

In che modo sarà possibile costituire, sotto la guida di questa congregazione, una squadra che intraprenda il dialogo dogmatico con la Fraternità di San Pio X?

Per Papa Benedetto revocare la scomunica dei quattro vescovi lefebvriani significava liberarli dal peso di coscienza di una grave pena ecclesiastica che quelle persone avevano attirato su di sé.
Ciò non significa, però, che la Fraternità San di San Pio X, i suoi vescovi e i suoi sacerdoti abbiano adesso assunto una posizione canonica nella chiesa.
Essi, dal punto di vista del diritto canonico, ancora non sottostanno all’autorità della Chiesa Cattolica, anche se i quattro vescovi, nella lettera del loro superiore, datata 15 Dicembre 2008, avevano riconosciuto, in linea di principio, il Papa e la sua autorità di pastore.
Se uno o più vescovi della Fraternità in estate ordinassero altri sacerdoti, questo sarebbe un atto che, pur valido – come le altre ordinazioni sacerdotali degli ultimi venti anni – avverrebbe al di là della piena legittimità canonica. Ma per il Vaticano il problema non consiste nella legittimità di queste ordinazioni.
Finché non saranno risolte definitivamente le questioni dottrinali che separano la fraternità di san Pio X da Roma, i suoi membri non hanno alcuno status canonico nella chiesa.
In primo luogo, quindi, ci deve essere il dialogo sulla fede ed un accordo sulla dottrina della Chiesa, prima che possa essere realmente sanata la rottura tra il Papa e questa comunità.

Come amano ripetere i seguaci di Lefèbvre, i dialoghi sulla fede con Roma, quando dovessero iniziare, verteranno soprattutto sulle dichiarazioni del Concilio Vaticano II. Questo concilio, però, si è astenuto dal definire con precisione il peso ed il valore che i singoli documenti, i singoli capitoli e parti rivestono nei testi conclusivi dell’assemblea dei vescovi. Anche qui si avverte la necessità di ulteriore lavoro che richiederà del tempo.
Se si intraprenderà un dialogo con la fraternità di san Pio X dovrà essere stato stabilito con maggiore chiarezza quali documenti conciliari, come per esempio le costituzioni dogmatiche, hanno alta cogenza e richiedono una fedele adesione, e quali sezioni di singoli testi, come le dichiarazioni del concilio, erano invece semplicemente risposte alle domande dell’epoca, risposte, che come le domande, sono sempre soggette a ulteriori evoluzioni e che pertanto non possono pretendere per sé la stessa cogenza delle dichiarazioni dogmatiche.

La fraternità di san Pio X, però, si chiederà quali siano al momento le prospettive per i dialoghi sulla fede con Roma e per l'obiettivo a lungo termine di uno status canonico all’interno della chiesa cattolica. Dal versante dei vescovi cattolici un vento forte soffia sui lefebvriani. Devono avere l’impressione che molti proprio non li rivogliono nella chiesa. E nella fraternità resta il dubbio se questo sia davvero il momento propizio per negoziare con il Vaticano una completa reintegrazione.

© Copyright Die Tagespost 10 marzo 2009


Papa Ratzi Superstar









"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
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Il Papa scrive ai Vescovi per spiegarsi. E il card. Castrillòn va in pensione

Il sempre informato vaticanista Tornielli scrive questa sera nel suo blog che giovedì a mezzogiorno verrà resa nota una lettera di Benedetto XVI a tutti i i Vescovi, nella quale spiega la revoca delle scomuniche ai Vescovi lefebvriani ed affronta le polemiche generate da questo gesto e dalle dichiarazioni negazioniste di Williamson.
La lettera, dice sempre Tornielli, è lunga sette pagine ed il contenuto è "umile e forte".
Secondo il giornale on line americano Newsmax invece (ma qui la notizia diviene meno certa), come effetto della cattiva gestione da parte della Curia del caso Williamson il cardinale Castrillòn Hoyos verrà 'giubilato' prima di Pasqua, quindi prima del compimento del suo ottantesimo compleanno, età canonica della pensione per i capi di pontifici consigli e commissioni (mentre per i prefetti di congregazione quell'età è 75 anni, salvi i numerosi casi di proroga e mantenimento nelle funzioni per alcuni anni ulteriori). Il pretesto sarà dato da una riorganizzazione della Commissione Ecclesia Dei, che verrà integrata nella Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, oggi retta dal card. Cañizares Llovera.

Eguale sorte toccherà ad alcuni funzionari "di seconda linea" della Segreteria di Stato: con ogni probabilità proprio alcuni tra quelli cui si riferiva Rodari (nella sua analisi riportata qui): Paolo Sardi, l’arcivescovo che per anni ha scritto i testi dei discorsi di Wojtyla, destinato a diventare patrono dell’ordine di Malta (incarico rimasto vacante dopo la morte del card. Laghi), monsignor Carlo Maria Viganò, Fernando Filoni, Pietro Parolin e Gabriele Giordano Caccia.

Messainlatino.it


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Papa Ratzi Superstar









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Contrattacco Benedetto

Ecco la lettera con cui B-XVI spiega tutto sui lefebvriani

Le parole del Papa sulle “stonature” e gli “sbagli” nella revoca della scomunica

Con una mossa a sorpresa, umile e allo stesso tempo forte, Benedetto XVI ha deciso di spiegare personalmente all’episcopato cattolico la revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani che ha suscitato non poche polemiche.
Lo ha fatto con una lettera autografa rivolta a tutti i vescovi del mondo che verrà resa nota presto, forse già domani.
Una lettera accorata e ferma in cui il Pontefice spiega il vero significato del suo gesto, ne ribadisce la necessità e l’urgenza inquadrandola nella priorità “suprema e fondamentale” della sua missione di successore di Pietro, non senza ammettere gli errori commessi nella gestione di tutta l’affaire. Una “parola chiarificatrice”, insomma, che ha come obiettivo dichiarato quello di “contribuire in questo modo alla pace nella chiesa”.

Cominciamo dagli “sbagli” riconosciuti.

Sono essenzialmente due: la Santa Sede non si è accorta che tramite “Internet” si poteva venire a conoscenza delle dichiarazioni negazioniste di Williamson che invece si sono sovrapposte in modo “imprevedibile” alla remissione della scomunica, provocando un corto circuito mediatico che ha fatto travisare l’intera vicenda.

D’ora in poi, è la conclusione, il Vaticano dovrà prestare più attenzione a Internet come fonte di informazioni. Il secondo “sbaglio” nella gestione della vicenda è stato quello di un modo “non sufficientemente chiaro” di illustrare la remissione della scomunica.

Benedetto XVI spiega che la revoca della scomunica è personale, riguarda i quattro vescovi, e non implica il riconoscimento canonico della Fraternità San Pio X che potrà avvenire solo dopo un suo riallineamento dottrinale, con tanto di accettazione del Vaticano II e del magistero post-conciliare dei Papi.

A questo proposito il Papa fa un annuncio importante.

Siccome la questione è dottrinale, la pontificia Commissione Ecclesia Dei, che segue le pratiche dei lefebvriani che vogliono rientrare pienamente in comunione con Roma, sarà collegata alla Congregazione per la dottrina della fede, in modo tale che per queste pratiche ci sia anche un coinvolgimento dei prefetti delle altre Congregazioni vaticane e dei rappresentanti dell’episcopato mondiale che partecipano al lavoro collegiale dell’ex Sant’Uffizio.
Riguardo al Vaticano II Papa Ratzinger è chiaro: i lefebvriani non possono pretendere di “congelare” l’autorità magisteriale della chiesa al 1962, ma d’altra parte coloro che si proclamano “grandi difensori del Concilio” devono comprendere che il Vaticano II porta con sé “l’intera storia dottrinale della chiesa”.

A questo punto il Papa nella sua lettera affronta forse la domanda più delicata: ma era proprio necessaria questa revoca? Era una priorità reale?

Su questo punto Benedetto XVI non mostra tentennamenti. Il Pontefice sa bene che una certa pubblicistica era interessata a suggerire che la questione lefebvriana fosse una sua maniacale fissazione personale. Ma il Papa non vuole polemizzare e ribadisce, con assoluta disinvoltura, che fin dagli inizi il suo pontificato ha voluto avere come priorità assoluta quella stabilita da Gesù per il Successore di Pietro, e cioè “rendere Dio presente a questo mondo e di aprire agli uomini l’accesso a Dio”, in un mondo in cui “Dio sparisce dall’orizzonte degli uomini”.
Questa “priorità suprema” per Benedetto XVI ha come logica conseguenza che si debba “avere a cuore l’unità dei credenti”, e quindi anche l’ecumenismo. E’ alla luce di questa vera priorità che – spiega il Papa – trovano posto anche “le riconciliazioni piccole e medie” come quella in corso d’opera con i lefebvriani.

Un tentativo di riconciliazione che riguarda una realtà – ricorda il Papa – estesa a migliaia di fedeli e soprattutto a 491 sacerdoti: “Possiamo noi semplicemente escluderli, come rappresentanti di un gruppo marginale radicale, dalla ricerca della riconciliazione e dell’unità?”. Benedetto XVI si mostra cosciente che dai lefebvriani si sono sentite “molte cose stonate”, frutto di superbia e fissazioni unilateraliste; ma allo stesso tempo ammette che “qualche stonatura” si è sentita anche dentro la chiesa: “A volte – conclude con una punta di amarezza – si ha l’impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi – in questo caso il Papa – perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo”.

© Copyright Il Foglio, 11 marzo 2009


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Le parole chiave sono: "Umile e forte. Il Papa parla e agisce".

Scopo del Papa è: contribuire alla pace nella Chiesa.

Egli constata: un invito alla riconciliazione con un gruppo ecclesiale implicato in un processo di separazione si trasformò a causa della questione "Williamson" nel suo contrario: un apparente ritorno indietro rispetto a tutti i passi di riconciliazione tra cristiani ed ebrei fatti a partire dal Concilio – passi la cui condivisione e promozione fin dall’inizio era stato un obiettivo del suo personale lavoro teologico.

Il Pontefice parla come padre, come successore di Pietro che trova al centro del suo ministero il comandamento: "Tu conferma sempre i tuoi fratelli".

Il Papa scrive in positivo. Prende atto del fatto che nel nostro tempo in cui in vaste zone della terra la fede è nel pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimento, la priorità che sta al di sopra di tutte è di rendere Dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l'accesso a Dio. E non ad un qualsiasi Dio, ma a quel Dio che ha parlato sul Sinai, il cui volto riconosciamo nell’amore spinto sino alla fine. Il vero problema in questo nostro momento della storia consiste per il Pontefice nella constatazione che Dio sparisce dall’orizzonte degli uomini e che con lo spegnersi della luce proveniente da Dio l’umanità viene colta dalla mancanza di orientamento, i cui effetti distruttivi ci si manifestano sempre di più.

Ecco perché il suo amore, la sua carità per l'umanità lo spinge all'atto del perdono, della remissione della grave pena della scomunica, per alleviare la pena di coscienza di coloro che hanno chiesto la remissione, riconoscendo il loro profondo amore per Dio e la Chiesa, per il vangelo che portano nel mondo.

Poi è importante la questione della "dottrina"; constata il Pontefice che non si può congelare l’autorità magisteriale della Chiesa all'anno 1962, e che questo deve essere ben chiaro alla Fraternità di San Pio X.
Ma ad alcuni di coloro che si segnalano come grandi difensori del Concilio deve essere pure richiamato alla memoria che il Vaticano II porta in sé l’intera storia dottrinale della Chiesa.

Dunque: chi vuole essere obbediente al Concilio, deve accettare la fede professata nel corso dei secoli e non può tagliare le radici di cui l’albero vive.

E qui subentra il "dialogo teologico", l'esigenza (che riguarda tutta la Chiesa) di riflettere su quelle radici, di occuparsi di una realtà come in concilio fuori dai luoghi comuni e di parole che sono solo capsule vuote, strumentalizzate di volta in volta e a piacere.

E mi sembra che quest'ultimo sia il punto saliente.


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Da "Cantuale Antonianum"...


MERCOLEDÌ 11 MARZO 2009

La lettera del Papa intorno alle polemiche sul caso Williamson e Lefebvriani riconosce l'importanza di internet

E' già uscita in tedesco su Frankfurter Allgemeine Zeitung e gli amici di NLM già la stanno traducendo in inglese: la ''Lettera di Sua Santità Benedetto XVI ai vescovi della Chiesa cattolica riguardo alla remissione della scomunica dei 4 vescovi consacrati dall'arcivescovo Lefebvre'', insomma: sugli avvenimenti della revoca delle scomuniche, poi seguita dal "caso Williamson", con il corteggio di polemiche e velenosi articoli susseguitisi nei giorni scorsi.
Nel merito entreremo domani: già i contenuti si preannunciano sostanziosi. E' comunque è positivo che il Papa stesso voglia fare chiarezza, partecipando al discorso pubblico con una sua lettera.

Per quanto riguarda le diatribe sulla comunicazione della Santa Sede e sull'uso delle informazioni in questi giorni caldi, pare esserci qualche novità. Traducendo da una traduzione, quindi non ci fidiamo, pare che il Papa nella sua lettera riconosca alcuni "sbagli mediatici", come quello di non prestare abbastanza attenzione a Internet (in cui le sparate Williamson già c'erano e ci sono ancora), scrivendo più o meno:

Seguire più da vicino le notizie disponibili su internet avrebbe reso possibile ottenere consapevolezza del problema in tempo. Ho imparato da questo che noi, qui alla Santa Sede, dobbiamo prestare più attenzione nel futuro a questa fonte di informazione

Anche i bloggers esultano e confermano il loro supporto al Santo Padre su questa intuizione. Se poi davvero troverà tempo per leggerci, ancora meglio! Intanto: Santità, lasci perdere la carta stampata. La "quotidiana divoratrice di alberi" sa nutrirsi solo di conflitto suscitato ad arte e sensazionalismo, glielo dico per esperienza personale. Il dover vendere un giornale non è garanzia di qualità dell'informazione, come non lo è mai stato (e non può esserlo) per l'opinione. Fatti e opinioni oggigiorno- soprattutto nel giornalismo italiano - sono più confusi che mai. Legga il blog di Raffaella (e le sue sfuriate) e vedrà.
Deve cambiare il modo di intendere l'informazione, questo è vero. I giornali non hanno più, come forse credono, il monopolio della notizia e dell'opinione. Possono essere smentiti o corretti in cinque minuti. L'empowerment a livello orizzontale che il mezzo internet fornisce anche a chi non ha altri potenti mezzi è notevole, e mostra come la verità sa farsi largo anche in mezzo a tanti strilli che cercano di coprirla.
Forza Santo Padre! Al lavoro per l'unità della Chiesa.

Pubblicato alle 16:36


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PAPA, REVOCA NECESSARIA MA LEFEBVRIANI ANCORA FUORI

(AGI) - CdV, 11 mar.

(di Salvatore Izzo)

"La scomunica colpisce persone, non istituzioni: la revoca e' un atto disciplinare, che rimane ben distinto dall'ambito dottrinale". Lo chiarisce Benedetto XVI nella sua lettera ai vescovi di tutto il mondo, anticipata questa notte dal sito del quotidiano Il Foglio, che oggi ne pubblica ampi stralci.
I vescovi ordinati da mons. Lefebvre nell'88, anche se "sono stati liberati dalla punizione ecclesiastica non esercitano in modo legittimo alcun ministero nella Chiesa", afferma il Pontefice nel testo, che la Sala Stampa della Santa Sede pubblichera' domani.
Con la sua Lettera, il Papa risponde dichiaratamente alla domanda critica che molti (in primis gli episcopati francese, svizzero, tedesco e austriaco) gli hanno rivolto in queste settimane: "la revoca della scomunica era necessaria?
Era davvero una priorita'?". "Puo' lasciarci totalmente indifferenti - si chiede - una comunita' nella quale si trovano 491 sacerdoti e migliaia di fedeli? Dobbiamo davvero lasciarli andare alla deriva lontani dalla Chiesa?''.
Ratzinger afferma che dalla Fraternita' sono venute "molte cose stonate, superbia, saccenteria, unilateralismi", ma anche "una serie di testimonianze commoventi di gratitudine, nelle quali si rendeva percepibile un'apertura dei cuori".
Rileva che anche nell'ambiente ecclesiale sono emerse stonature: "a volte si ha l'impressione - scrive - che la nostra societa' abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio.
E se qualcuno osa avvicinarglisi - in questo caso il Papa - perde anche lui il diritto alla tolleranza e puo' pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo". Dicendosi addolorato perche' questo e' avvenuto da parte di "molti cattolici", lamenta quindi che il "sommesso gesto di una mano tesa" e' stato interpretato come "una cosa totalmente diversa: come una smentita della riconciliazione tra cristiani ed ebrei, e quindi come la revoca di cio' che in questa materia il Concilio aveva chiarito per il cammino della Chiesa".
A proposito del Concilio il Papa scrive che "non si puo' congelare l'autorita' magisteriale della Chiesa all'anno 1962 e cio' deve essere ben chiaro alla Fraternita. Ma - osserva - ad alcuni di coloro che si segnalano come difensori del Concilio deve essere pure richiamato alla memoria che il Vaticano II porta con se' l'intera storia dottrinale della Chiesa.

Chi vuole essere obbediente al Concilio deve accettare la fede professata nel corso dei secoli e non puo' tagliare le radici di cui l'albero vive".

La Lettera ammette poi che ci sono stati errori di comunicazione da parte della Santa Sede per non aver saputo presentare il senso della revoca in modo adeguato e per non aver monitorato internet in merito alle dichiarazioni del vescovo negazionista Richard WIlliamson che hanno alimentato le polemiche.
Nel testo il Pontefice annuncia infine di voler collegare la commissione Ecclesia Dei, che si occupa dei lefebvriani, con la Congregazione per la dottrina della Fede.
Papa Ratzinger ricorda che il caso ''ha suscitato all'interno e fuori della Chiesa Cattolica una discussione di tale veemenza quale da molto tempo non si era piu' sperimentata''. Benedetto XVI ricorda la ''valanga di proteste'' e l'accusa a lui rivolta di voler tornare indietro rispetto al Concilio e spiega che in futuro la Santa Sede dovra' prestare piu' attenzione alle notizie diffuse su Internet (le dichiarazioni di Williamson erano circolate infatti sul Web gia' prima della pubblicazione della revoca della scomunica).
E aggiunge: ''Sono rimasto rattristato dal fatto che anche i cattolici, che in fondo avrebbero potuto sapere meglio come stanno le cose, abbiano pensato di dovermi colpire con un'ostilita' pronta all'attacco. Proprio per questo ringrazio tanto piu' gli amici ebrei che hanno aiutato a togliere di mezzo prontamente il malinteso e a ristabilire l'atmosfera di amicizia e di fiducia''.

E' la prima volta che il Papa ammette l'esistenza di problemi di comunicazione relativi all'attivita' della Santa Sede. Alcune settimane fa lo stesso portavoce, padre Federico Lombardi, ha sottolineato in un'intervista a ''La Croix'' le difficolta' che incontra con i dicasteri che sembrano voler comunicare direttamente senza nessun coordinamento (ne' strategia). E' accaduto ad esempio che dichiarazioni critiche verso il Governo rilasciate dal numero due del dicastero per la pastorale dei migranti, mons. Agostino Marchetto, fossero attribuite direttamente al Vaticano, costringendo padre Lombardi a precisare che la Santa Sede guarda con rispetto alla legittima azione del Governo e del Parlamento. Analoghe tensioni all'interno del Vaticano hanno suscitato le parole giudicate troppo forti usate dal ministro della salute Lozano Barragan sul caso Eluana (e che hanno attirato tra l'altro una querela del signor Englaro, che ha creato imbarazzo anche se giuridicamente un capo dicastero vaticano non e' perseguibile per le affermazioni che puo' fare in quanto l'autonomia della Santa Sede e' tutelata dai Patti Lateranensi). Per una curiosa circostanza, anche la Lettera nella quale il Papa fa cenno al problema comunicativo e' stata anticipata su Internet fin da ieri sera (e' apparsa prima di mezzanotte sul sito del Foglio, che nell'edizione di oggi commenta il testo del Pontefice). E cosi' ancora una volta non c'e' stata possibilita' di una mediazione tempestiva che accompagnasse e illustrasse un documento di Papa Ratzinger, forse uno dei piu' belli e sofferti del suo grande Magistero.
Nel testo il Pontefice annuncia infine di voler collegare la commissione Ecclesia Dei, che si occupa dei lefebvriani, con la Congregazione per la dottrina della Fede.

© Copyright (AGI)


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La lettera del Papa su Williamson: «Mi hanno attaccato con una veemenza mai sperimentata».

Il restroscena di una riunione che non ha capito la gravità della situazione

mar 12, 2009 il Riformista

Paolo Rodari

Perché Benedetto XVI abbia deciso di pubblicare una lunga lettera - viene resa nota dalla sala stampa della Santa Sede quest’oggi dopo che ieri era stato Il Foglio ad anticipare la cosa - per spiegare le motivazioni che lo hanno portato, il 21 gennaio scorso, a revocare la scomunica ai quattro vescovi consacrati nel 1988 da Marcel Lefebvre senza il mandato della Santa Sede, viene spiegato nelle prime righe della stessa missiva: la revoca della scomunica ha suscitato «una discussione di una tale veemenza quale da molto tempo non si era sperimentata». Addirittura «alcuni gruppi» hanno «accusato direttamente il Papa di voler tornare indietro, a prima del Concilio». Insomma, si è assistito a «una valanga di proteste, la cui amarezza rivelava ferite risalenti al di là del momento».
Si è trattato di una «disavventura imprevedibile» che ha di fatto costretto il Pontefice a intervenire, a spiegare meglio, perché altrimenti «il discreto gesto di misericordia verso quattro vescovi» avrebbe continuato ad apparire quello che in realtà non era: «come la smentita della riconciliazione tra cristiani ed ebrei, e quindi la revoca di ciò che in questa materia il Concilio aveva chiarito per il cammino della Chiesa».
Dunque il Papa non torna indietro, come molti vescovi gli hanno chiesto di fare in queste settimane, sulla decisione presa di revocare la scomunica ai lefebvriani. Dice che il gesto era necessario per intraprendere la strada del «ritorno» dei quattro vescovi nella Chiesa cattolica. E spiega che la strada è ancora lunga perché, prima della piena comunione con Roma, manca ancora da parte dei lefebvriani la piena accettazione del «Concilio Vaticano II» e del «magistero post-conciliare dei Papi».
La lettera di Ratzinger è inusuale. Non capita tutti i giorni di vedere un Pontefice costretto a scrivere una lettera di spiegazione di un suo gesto. Ma, appunto, la cosa aveva assunto toni troppo gravi. E troppo gravi erano le accuse mossegli direttamente contro. E occorreva soprattutto puntualizzare la giustezza della decisione presa dicendo anche che la revoca della scomunica non tradisce «la priorità suprema e fondamentale della Chiesa e del Successore di Pietro in questo tempo». Ovvero «condurre gli uomini verso Dio e, verso Dio che parla nella Bibbia». E non tradisce «l’atmosfera di amicizia e di fiducia che come nel tempo di Giovanni Paolo II anche durante tutto il periodo del mio pontificato è esistita e, grazie a Dio, continua a esistere».
Benedetto XVI non nasconde gli errori compiuti nelle ultime settimane. Anzi, dice di aver imparato «la lezione» di Internet. Ovvero del fatto che una maggiore osservazione del web gli avrebbe dato la possibilità di «venir tempestivamente a conoscenza del problema».
E, ancora, dice che vi sono stati errori di comunicazione che hanno poi ingenerato equivoci, soprattutto nella Chiesa. Gli ebrei, infatti, si sono comportati lealmente: «Hanno aiutato a togliere di mezzo prontamente il malinteso e a ristabilire l’atmosfera di amicizia».
È vero, errori di comunicazione ve ne sono stati. Ma, giustamente, il Papa non cita mai padre Federico Lombardi. Non è stato il portavoce vaticano, infatti, a valutare erroneamente che le dichiarazioni di Williamson sulla Shoah erano di poco conto.

Secondo indiscrezioni, invece, sarebbero stati alcuni porporati che, riunitisi in segreteria di Stato il 22 gennaio appena dopo la revoca della scomunica e l’inizio del montare delle polemiche, hanno valutato che problemi non ve ne erano.

Benedetto XVI è consapevole delle difficoltà di governo della curia romana. E la pubblicazione della lettera indica che ha voluto cominciare ad aggiustare le cose. Facendo capire che lui è presente, è al timone della Chiesa, è non è disposto a cedere alle pressioni esterne ed interne. Alla Chiesa dice che se è vero che i lefebvriani debbono accettare il Vaticano II, è anche vero che «coloro che si segnalano come i grandi difensori del Concilio devono essere richiamati alla memoria che il Vaticano II porta in sé l’intera storia dottrinale della Chiesa». Non c’è Vaticano II, insomma, senza ciò che c’è stato prima.
Ancora alla Chiesa dice che a lui, i 491 sacerdoti della Fraternità San Pio X, non sono indifferenti: «Davvero - si chiede - dobbiamo lasciarli andare alla deriva lontani dalla Chiesa?».
Quindi, ecco un passaggio molto amaro: «A volte si ha l’impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi - in questo caso il Papa - perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo».
Il Papa confida che gli è venuto in mente di scrivere la lettera il giorno in cui ha visitato il seminario romano. Era il 29 febbraio. Allora, sulla Chiesa, ebbe parole durissime: «Vediamo bene - disse - che anche oggi» ci sono situazioni dove, «invece di inserirsi nella comunione con Cristo, nel Corpo di Cristo che è la Chiesa, ognuno vuol essere superiore all’altro e con arroganza intellettuale vuol far credere che lui sarebbe migliore». Al posto di questa arroganza intellettuale c’è la possibilità dell’amore. L’amore - scrive il Papa nella lettera odierna - «è la priorità suprema».

È questa priorità che Benedetto XVI ha messo in campo coi lefebvriani. Nonostante in molti non l’abbiano capito. Nonostante in molti abbiano reagito a questo suo mite gesto con «un’ostilità pronta all’attacco».

© Copyright Il Riformista, 12 marzo 2009


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L’analisi

Ratzinger e la priorità di unire la Chiesa

di Andrea Tornielli

Parla con l’umiltà del servo dei servi di Dio, ammette che «portata e limiti» del provvedimento di revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani non sono stati illustrati «in modo sufficientemente chiaro».
Assicura che d’ora in avanti la Santa Sede presterà più attenzione alle informazioni che circolano su internet, dove la notizia dell’intervista a Williamson era presente prima della pubblicazione del decreto sulla scomunica.

Ma non cela tutta la sua amarezza per le strumentalizzazioni e i travisamenti, che hanno snaturato un atto di riconciliazione facendolo passare per un atto di rottura.

La lettera umile e forte di Benedetto XVI giunta in queste ore nelle mani di tutti i vescovi cattolici, è un documento inusuale, che lascia trasparire quanto Ratzinger abbia sofferto soprattutto per le critiche feroci interne alla stessa Chiesa, anche da parte di alcuni vescovi.

Con profonda onestà, il Papa riconosce che vi sono stati problemi di regia e di comunicazione. Il decreto di revoca andava adeguatamente spiegato, ma, da quanto ha potuto ricostruire il Giornale, la decisione di non presentarlo alla stampa venne presa durante una riunione tenutasi in Vaticano nel pomeriggio del 22 gennaio, alla quale partecipavano i vertici della Segreteria di Stato insieme ai cardinali coinvolti a vario titolo nella revoca, che giudicarono il decreto stesso sufficientemente chiaro.
L’intervista negazionista di Williamson, diffusa quasi in coincidenza con la revoca della scomunica, ha prestato il fianco a strumentalizzazioni e Benedetto XVI, il Papa teologo che ha molto approfondito proprio lo speciale legame che unisce i cristiani alla loro radice ebraica, è stato accusato di voler cambiare rotta rispetto a quanto stabilito dal Concilio in rapporto al popolo d’Israele. Il ritiro della grave pena canonica è stato fatto passare, da chi è interessato a creare divisione o a fare pressioni sulla Chiesa, per acquiescenza verso le tesi negazioniste del presule lefebvriano. Nella lettera ringrazia gli ebrei che lo hanno aiutato a superare il malinteso. Ad aver colpito particolarmente il pontefice non sono state tanto le critiche provenienti dall’esterno, quanto piuttosto l’«ostilità» proveniente dagli ambienti ecclesiali.
Ecco dunque lo scopo della missiva: contribuire alla pace nella Chiesa, spiegando il vero significato della revoca della scomunica e lo stato della questione con i lefebvriani. Benedetto XVI, in un mondo che ha allontanato Dio dal suo orizzonte, vuole testimoniare il suo volto, svelato da Gesù Cristo.

L’unità tra i credenti è importante per questa testimonianza, la priorità per Papa Ratzinger è quella di favorire questa unità, di ricucire gli strappi, di tendere la mano, di compiere gesti di misericordia, di includere e non di escludere.

La revoca della scomunica, chiarisce allo stesso tempo il pontefice, non ha risolto i problemi, è solo un primo passo per facilitare il dialogo: vescovi e preti lefebvriani non avranno alcun ruolo nella Chiesa se continueranno a rifiutare il Concilio. Proprio per questo, nella lettera Benedetto XVI annuncia che la commissione «Ecclesia Dei», destinata al recupero alla piena comunione cattolica della Fraternità San Pio X, sarà in futuro collegata alla Congregazione per la dottrina della fede.
La chiave di lettura adeguata per comprendere documento papale si può ritrovare nelle parole che lo stesso Ratzinger ha pronunciato ieri mattina, durante l’udienza generale, quando ha invitato ad «amare appassionatamente la Chiesa, a sentirci corresponsabili del suo futuro, a cercarne l’unità attorno al successore di Pietro». Uno sguardo e uno spirito che è spesso mancato negli interventi critici rivolti al vescovo di Roma da alcuni confratelli.

© Copyright Il Giornale, 12 marzo 2009


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Commento di un utente:

gianni ha detto...

Le pressioni, più o meno evidenti, che una certa parte (ben identificabile) della Chiesa Cattolica (per capirci bene quella parte che si ritiene la sola depositaria di quella verità che è nata negli anni sessanta/settanta, e che si presenta sempre in contrasto, dichiarato e agito, con il Magistero del Papa), sono veramente potenti e organiche! Come disse qualcuno, tanto potenti da far pensare ad una strategia che travalica i confini della Chiesa Cattolica e che si salda con tutte le forze contrarie ad Essa (dal modernismo più o meno ateo, all’anticlericalismo e laicismo di sapore ottocentesco, alla massoneria e via dicendo).
La velenosità e la forza di questa strategia a me sembra calcolata e proporzionata a… a una grande paura. Paura? Sì. A me sembra proprio paura, una paura dettata dalla percezione di quanto possa essere pericoloso (per le loro idee) Papa Benedetto, “Apostolo disarmato”, ma dotato di “armi” uniche: grande chiarezza e profondità, ortodossia illuminata, visione aperta del passato del presente e del futuro, amore infinito per la Verità, per la Chiesa “Una Santa e Apostolica”, “mitezza, coraggio, onesta', fermezza, carita', misericordia ed amore per l'unita'” come dici tu, Raffaella.
E’ questo che non possono sopportare! Come possono combattere la loro battaglia queste “forze oscure”? Possono solo cercare di opporsi in modo infido stravolgendo il senso degli atti di Papa Benedetto, inquinando la sua parola, oscurando le sue chiarezze, minando cioè la credibilità del suo Magistero e, di conseguenza, del Magistero della Chiesa.

Fanta-religione? Giudicate voi!

12 marzo 2009 9.52


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Gracias, padre

José Luis Restán

Una conmoción serena le recorre a uno el alma, tras la lectura de la carta que Benedicto XVI ha dirigido a sus hermanos obispos en todo el mundo para explicar las razones que le movieron a la remisión de la excomunión de los cuatro obispos ordenados por el arzobispo Lefebvre.
Ahí está sobre todo, abierto en canal, el corazón de un pastor a la medida de Cristo. Ahí está el dolor de un padre que ha sido maltratado e incomprendido por muchos de los suyos.

Ahí está el hombre humilde que no esconde los errores del cuerpo humano de la Iglesia que él preside. Ahí se revela, en fin, la mano firme de Pedro que agarra el timón en medio de la tempestad.

En primer lugar el Papa reconoce que su decisión ha suscitado dentro y fuera de la Iglesia una discusión de una vehemencia desconocida. A ello colaboró la falta de una explicación clara del alcance y los límites de su decisión en el momento en que fue publicada, y más aún la superposición del caso Williamson, con sus nefastas declaraciones sobre la Shoá. Y así un gesto de reconciliación con un grupo eclesial separado se trocó en lo contrario, “en un aparente volver atrás en la reconciliación entre cristianos y judíos”, tarea a la que ha servido desde el principio la teología de Joseph Ratzinger.

Con paciente minuciosidad Benedicto XVI responde una por una a las acusaciones que ha recibido. No esconde su dolor pero no hay sombra de resentimiento, como si de esta vorágine de críticas emergiera más límpida su humanidad cristiana.

“¿Era necesaria esta iniciativa, constituía realmente una prioridad, acaso no había cosas más importantes?” La prioridad del Papa sólo puede ser hacer presente a Dios en este mundo, abrir a los hombres el acceso al Dios que habló en el Sinaí y cuyo rostro reconocemos en Cristo crucificado y resucitado. Porque cuando se apaga la luz que procede de Dios, la humanidad se hunde en la oscuridad.
De esta tarea de conducir a los hombres al Dios de Jesucristo deriva la urgencia de velar por la unidad de los creyentes. Por eso es preciso buscar también, dice el Papa, “las reconciliaciones pequeñas y medianas”. Y Benedicto XVI demuestra que el suyo no ha sido un gesto romántico, aislado de la realidad o fruto de una obsesión personal: “yo mismo he visto en los años posteriores a 1988 cómo mediante el regreso de comunidades separadas anteriormente de Roma ha cambiado su clima interior; cómo el regreso a la gran y amplia Iglesia común ha hecho superar posiciones unilaterales y ablandado rigideces, de modo que luego han surgido fuerzas positivas para el conjunto”. ¿Debía el Papa realmente dejar tranquilamente que esta parte del rebaño anduviera a la deriva, tras observar que había motivos para el acercamiento? ….
La remisión de las excomuniones a los cuatro obispos tiende a invitarlos al retorno, pero no significa que la Fraternidad San Pío X haya alcanzado la plena comunión. Quedan pendientes serias cuestiones doctrinales (entre ellas la plena aceptación del Concilio Vaticano II) y mientras tanto los miembros de dicha Fraternidad no ejercen legítimamente ministerio alguno en la Iglesia.

A este respecto el Papa les advierte que “no se puede congelar la autoridad magisterial de la Iglesia al año 1962”, pero también añade que “a algunos de los que se muestran como grandes defensores del Concilio se les debe recordar también que el Vaticano II lleva consigo toda la historia doctrinal de la Iglesia”.

Cuando llega el momento de abordar la zarabanda de declaraciones que han salpicado esta polémica, Benedicto XVI no es precisamente blando. Reconoce que de parte lefebvriana se han escuchado muchas cosas fuera de tono, a las que califica como soberbia, presunción y obcecación, aunque también ha recibido desde esa orilla conmovedores testimonios de gratitud y apertura de corazón. Pero también en el ámbito eclesial se han producido amargas salidas de tono, como si el gesto de misericordia del Papa justificase para muchos dirigirle acusaciones intolerantes y llenas de odio. En la parte final del texto evoca el famoso pasaje de la carta a los Gálatas, en el que san Pablo advierte a la comunidad de que si unos y otros se muerden y devoran terminarán por destruirse mutuamente. Nosotros, dice el Papa, no somos mejores que los Gálatas, y no debemos escandalizarnos. Estamos amenazados por sus mismas tentaciones y debemos aprender una y otra vez la prioridad del amor y el uso justo de la libertad. Para eso contamos con el Señor, “que nos guiará incluso en tiempos turbulentos”.

Después de haber leído las imprecaciones de algunos teólogos, los titulares miserables de cierta prensa, e incluso las timoratas dubitaciones de algún episcopado centroeuropeo, la lectura de esta carta me trae la imagen contrapuesta del águila y de las gallinas.

Benedicto XVI remonta el vuelo como un águila, pero al tiempo está cercano a nuestro dolor cotidiano, a nuestras pobres disputas, a nuestra débil fe de cada día. Esa es su tarea, la de confirmarnos en la fe, y con esta carta impresionante la ha cumplido una vez más. Gracias, padre.

José Luis Restán


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LETTERA SUI LEFEBVRIANI: PADRE LOMBARDI, “AMMIRO IL CORAGGIO DEL PAPA”

“Ammiro il coraggio del Papa di manifestare anche una propria soggettività, nello svolgimento di un ministero che è di grande responsabilità per tutti”.
Così padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede, ha risposto alla domanda di un giornalista sull’eventuale carattere di “eccezionalità”, all’interno della storia dei Papi, della decisione di Benedetto XVI di scrivere una lettera ai vescovi come intervento “chiarificatore” su una questione controversa.
“Devo dire che quando ho letto per la prima volta la lettera – ha rivelato il portavoce vaticano ai giornalisti – mi ha ricordato subito il coraggio di Giovanni Paolo II di esporsi personalmente nella sua poesia. Come nel «Trittico Romano», nel modo in cui racconta la sua esperienza spirituale connessa alla dimensione di pastore universale”.
“Umiltà” e “ascolto”, “perfino su Internet”: questi, per Lombardi, due tratti essenziali dello “stile” del Papa nella lettera sui lefebvriani, “un documento singolare, non comune, molto espressivo della personalità del Papa, che si espone, si assume le sue responsabilità di pastore della Chiesa in prima persona, esprimendosi con molta libertà in certi punti”.
Quello usato da Benedetto XVI, per Lombardi, è “un linguaggio personale, non curiale, che nasce da un atteggiamento di umiltà e di schiettezza, di assunzione di responsabilità, di coraggio spirituale nell’affrontare i punti del dibattito. Tutti aspetti, questi, molto caratteristici, che non si trovano tutti i giorni nei documenti dei Papi”. Questi elementi, secondo il portavoce vaticano, fanno di quello diffuso oggi “un documento davvero inconsueto e degno della massima attenzione. Mai come in questo caso finora durante il suo pontificato, Benedetto XVI si era espresso in un modo così personale e intenso su un argomento dibattuto. Non vi è dubbio che la lettera sia sua dalla prima parola all’ultima”. “Con la consueta lucidità ed umiltà – ha fatto notare Lombardi – riconosce limiti e sbagli che hanno influito negativamente sulla vicenda, e con grande nobiltà non ne attribuisce ad altri la responsabilità, manifestandosi solidale con i suoi collaboratori. Parla d’informazione insufficiente e di non sufficiente chiarezza”. “In lui – ha proseguito Lombardi – c’è la consapevolezza che non è stato gestito tutto nel modo migliore, e proprio per questo lui riprende in mano la situazione per dare un contributo chiarificante. Lo fa con molta discrezione, senza l’intenzione di attribuire colpe o responsabilità all’uno o all’altro dei suoi collaboratori”.

© Copyright Sir


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Comunicato del Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X

Il Papa Benedetto XVI ha indirizzato una lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica, in data 10 marzo 2009, nella quale porta alla loro conoscenza le intenzioni che lo hanno guidato in questo passo importante che costituisce il Decreto del 21 gennaio 2009.

Dopo il recente «scatenarsi di una valanga di proteste», noi ringraziamo vivamente il Santo Padre di aver riportato il dibattito ai livelli ai quali si deve svolgere, e cioè quello della fede.
Noi condividiamo la sua preoccupazione prioritaria della predicazione "al nostro tempo nel quale in vaste regioni della terra la fede rischia di spegnersi come una fiamma che non trova più alimento"

La Chiesa attraversa effettivamente una crisi grave che non potrà essere risolta che con un ritorno integrale alla purezza della fede.
Con Sant'Atanasio, noi affermiamo che «Chiunque voglia essere salvato, deve prima di tutto mantenere la fede cattolica: colui che non la conserva integra ed inviolata andrà, senza dubbio, verso la sua rovina eterna» (Symbole Quicumque).

Lungi dal voler fermare la Tradizione al 1962, vogliamo considerare il Concilio vaticano II e l'insegnamento post-conciliare alla luce di questa Tradizione che san Vincenzo di Lerins ha definito come «ciò che è stato sempre creduto, dappertutto e da parte di tutti» (Commonitorium), senza rotture e in uno sviluppo perfettamente omogeneo. E' così che potremo contribuite all'evangelizzazione che ci è chiesta dal Salvatore (Matteo, 28,19-20).

La Fraternita' Sacerdotale San Pio X assicura a Benedetto XVI la sua volontà di affrontare i colloqui dottrinali riconosciuti come «necessari» dal Decreto del 21 gennaio, con il desiderio di servire la Verità rivelata che è prima carità a manifestare lo sguardo di tutti gli uomini, cristiani o meno.
Essa assicura la sua preghiera affinché la sua fede non ceda ed egli possa confermare tutti i suoi fratelli. (Luca 22,32)

Noi mettiamo questi colloqui dottrinali sotto la protezione di Nostra Signora della Fiducia, con la certezza che Ella ci concederà la grazia di trasmettere fedelmente ciò che abbiamo ricevuto, «tradidi quod et accepi» (Corinzi 15,3)

Menzingen, le 12 mars 2009

+ Bernard Fellay


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Lefebvriani, Osservatore Romano: «Nella chiesa bufera senza precedenti»

Attacco anche alla Curia per la fuga di notizie
Monsignor Bernard Fellay: affrontiamo il dialogo

ROMA (12 marzo)

Parte dall'Osservatore romano un durissimo attacco alla Curia vaticana per le fughe di notizie che hanno caratterizzato tutta la vicenda della revoca della scomunica a quattro vescovi lefebvriani e al caso Williamson.
In un editoriale di prima pagina, siglato dal direttore Gian Maria Vian, commentando il grande valore della lettera del Papa ai vescovi di tutto il mondo, si afferma fra l'altro: «La lucidità dell'analisi papale non evita questioni aperte e difficili, come la necessità di una attenzione e di una comunicazione più preparate e tempestive in un contesto globale dove l'informazione, onnipresente e sovrabbondante, è di continuo esposta a manipolazioni e a strumentalizzazioni, tra cui le cosiddette fughe di notizie, che si fatica a non definire miserande. Anche all'interno della Curia romana, organismo storicamente collegiale e che nella Chiesa ha un dovere di esemplarità».

«Accuse infondate».

Contro Benedetto XVI e la sua decisione di revocare la scomunica ai quattro vescovi lefebvriani «si sono scagliate accuse infondate ed enormi», afferma Giovanni Maria Vian. Proteste non giustificate, secondo il giornale del Papa, visto che l'intenzione della revoca della scomunica «ora confermata ma già di per sè evidente, era ed è quella di evitare il pericolo di uno scisma». Un «gesto di misericordia, perfettamente in linea con il concilio e con la tradizione della Chiesa».

«Tempi non casuali».

«Sulla convenienza di questo gesto si sono moltiplicati interrogativi - afferma Vian nell'editoriale - e soprattutto si sono scagliate contro Benedetto XVI accuse infondate ed enormi: di rinnegamento del Vaticano II e di oscurantismo. Fino a un disonesto e incredibile rovesciamento del gesto papale, favorito dalla diffusione, in una concomitanza di tempi certo non casuale - osserva l'Osservatore romano - delle affermazioni negazioniste nei confronti della Shoah di uno dei presuli a cui il Papa ha rimesso la scomunica. Affermazioni inaccettabili - insiste Vian - come inaccettabili e vergognosi sono gli atteggiamenti verso l'ebraismo di alcuni membri dei gruppi a cui Benedetto xvi ha teso la mano».

Lefebrvriani: affrontiamo il confronto.

I lefebvriani intendono «Affrontare il confronto dottrinale ritenuto "necessario" dal decreto del 21 gennaio» con il quale Benedetto XVI ha revocato la scomunica ai quattro vescovi ordinati da Marcel Lefebvre. Lo ha affermato in una nota il superiore generale della Fraternità San Pio X, monsignor Bernard Fellay, ringraziando il pontefice per la sua lettera ai vescovi cattolici con la quale - secondo Fellay - «ha riportato il dibattito all'altezza dovuta, quella della fede».

© Copyright Il Messaggero onlin
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Come la lettera ai Galati

Un testo appassionato e senza precedenti nato dal cuore di Benedetto XVI per contribuire alla pace nella Chiesa: ecco la lettera del Papa ai vescovi cattolici sulla remissione della scomunica ai presuli consacrati nel 1988.

Senza precedenti perché non ha precedenti recenti la bufera scatenata in seguito alla pubblicazione del provvedimento lo scorso 24 gennaio.

Non a caso alla vigilia del cinquantesimo anniversario dell'annuncio del Vaticano II, perché l'intenzione del vescovo di Roma - ora confermata ma già di per sé evidente, come il giorno stesso aveva sottolineato il nostro giornale - era ed è quella di evitare il pericolo di uno scisma. Con un iniziale gesto di misericordia, perfettamente in linea con il concilio e con la tradizione della Chiesa.
Sulla convenienza di questo gesto si sono moltiplicati interrogativi e soprattutto si sono scagliate contro Benedetto XVI accuse infondate ed enormi: di rinnegamento del Vaticano II e di oscurantismo.

Fino a un disonesto e incredibile rovesciamento del gesto papale, favorito dalla diffusione, in una concomitanza di tempi certo non casuale, delle affermazioni negazioniste nei confronti della Shoah di uno dei presuli a cui il Papa ha rimesso la scomunica.

Affermazioni inaccettabili - e anche questo è stato subito sottolineato dal giornale del Papa - come inaccettabili e vergognosi sono gli atteggiamenti verso l'ebraismo di alcuni membri dei gruppi a cui Benedetto XVI ha teso la mano.
Il rovesciamento della misericordia in un incredibile gesto di ostilità contro gli ebrei - che si è voluto ripetutamente attribuire al Pontefice da molte parti, anche autorevoli - è stato grave perché ha ignorato la realtà, stravolgendo il convincimento e le realizzazioni personali di Joseph Ratzinger come teologo, come vescovo e come Papa, in testi a disposizione di tutti. Di fronte a questo attacco concentrico, persino da parte di cattolici e anche "con odio", Benedetto XVI "tanto più" ha voluto ringraziare gli ebrei che hanno aiutato a superare questo difficile momento, confermando la volontà di un'amicizia e di una fratellanza che affonda le sue radici nella fede dell'unico Dio e nelle Scritture.
La lucidità dell'analisi papale non evita questioni aperte e difficili, come la necessità di una attenzione e di una comunicazione più preparate e tempestive in un contesto globale dove l'informazione, onnipresente e sovrabbondante, è di continuo esposta a manipolazioni e a strumentalizzazioni, tra cui le cosiddette fughe di notizie, che si fatica a non definire miserande.
Anche all'interno della Curia romana, organismo storicamente collegiale e che nella Chiesa ha un dovere di esemplarità.
Il Papa affronta poi il cuore della questione: cioè il problema dei gruppi cosiddetti tradizionalisti e il pericolo dello scisma, con la distinzione dei livelli disciplinare e dottrinale. In altre parole, sul piano disciplinare Benedetto XVI ha revocato la scomunica ma su quello dottrinale è necessario che i tradizionalisti - verso i quali il Papa non risparmia toni severi ma confidando nella riconciliazione - non congelino il magistero della Chiesa al 1962.
Così come i sedicenti grandi difensori del concilio devono ricordare che il Vaticano II non può essere separato dalla fede professata e confessata nel corso dei secoli.
Era davvero una priorità questo gesto? Il Papa risponde di sì perché in un mondo dove la fiamma della fede rischia di spegnersi la priorità è proprio condurre gli uomini verso il Dio che ha parlato sul Sinai e si è manifestato in Gesù. Un Dio che rischia di sparire dall'orizzonte umano e che solo la testimonianza di unità dei credenti rende credibile. Ecco perché sono importanti l'unità della Chiesa cattolica e l'impegno ecumenico, ecco perché ha significato il dialogo tra le religioni. Per questo la grande Chiesa - un termine caro alla tradizione - deve ricercare la pace con tutti.
Per questo i cattolici non devono dilaniarsi come i Galati a cui Paolo intorno all'anno 56 scrisse di suo pugno una delle lettere più drammatiche e belle. Come questa di Papa Benedetto.

g. m. v.

(©L'Osservatore Romano - 13 marzo 2009
)

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PAPA: LODA SOLO EBREI, EX LEFEBRIANI E INTERNET

(AGI) - CdV, 12 mar.

(di Salvatore Izzo)

Le ondate di anticipazioni sulla Lettera di Benedetto XVI che hanno sommerso ieri i desk hanno messo in luce, come e' ovvio, piu' l'aspetto negativo del testo, cioe' le ammissioni sugli errori comunicativi, le errate interpretazioni sul perdono concesso anche al negazionista Williamson (che riguardava solo l'infrazione canonica del 1988 e non certo le assurde dichiarzioni sulle camere a gas) e in generale sulla revoca della scomunica (che lascia tuttavi ai lefebvriani ancora fuori dall'ordinamento canonico) e soprattutto la tristezza per gli attacchi ricevuti, che il Papa escrive come un "odio" (ben poco cristiano) verso i lefebvriani che viene trasferito "senza timore e riserbo" a chiunque si avvicini loro, fosse anche il Papa.

Ma ci sono almeno tre elementi positivi che il Papa mette in luce nel documento, che rappresentano per lui motivo di consolazione in un panorama ecclesiale che descrive come piuttosto desolante, tanto da usare l'epressione di San Paolo ai Galati, "se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri".

La prima citazione positiva riguarda gli ebrei ai quali nella Lettera rivolge un grande grazie per averlo sostenuto nella crisi scaturita dal caso Williamson e dalle sue affermazioni negazioniste della Shoah. Davanti agli attacchi di molti cattolici, scrive il Papa, "ringrazio tanto piu' gli amici ebrei che hanno aiutato a togliere di mezzo prontamente il malinteso e a ristabilire l'atmosfera di amicizia e di fiducia, che, come nel tempo di Papa Giovanni Paolo II, anche durante tutto il periodo del mio pontificato e' esistita e, grazie a Dio, continua ad esistere".

Una lode altrettanto convinta il Papa ha voluto riservarla agli ex lefebvriani che sono gia' rientrati nella Chiesa e che lo hanno fatto sulla base di un protocollo che l'allora card. Ratzinger aveva firmato insieme a mons. Lefebvre e al quale poi il vescovo tradizionalista non si era attenuto procedendo ugualmente allo scisma: un documento che impegnava il fondatore della Fraternita' San Pio X piu' che a una accettazione del Concilio punto per punto (per i tradizionalisti, ma anche per il teologo Ratzinger, le frasi sul pluralismo religioso e sulla pluralita' delle Chiese debbono essere rilette alla luce della dottrina sulla centralita' di Cristo e sulla missione evangelizzatrice da lui affidata ai suoi seguaci) ad un atteggiamento di obbedienza e rispetto verso il Magistero del Vaticano II e dei Papi successivi al Concilio, e ad astenersi da un atteggiamento polemico.

Su questa base sono rientrati gia' il gruppo piu' numeroso dei lefebvriani del Brasile, in pratica l'intera diocesi di Campos che aveva seguito il suo vescovo, mons. Castro Mayer nello scisma lefebvriano, e i tradizionalisti usciti dalla Fraternita' San Pio X per dar vita in comunione con Roma alla Fraternita' San Pietro, alcuni monasteri e conventi nell'Europa centro settentrionale e i membri di due nuovi istituti religiosi: l'Istituto del Buon Pastore e l'Istituto di Cristo Re che in accordo con la Santa Sede accolgono seminaristi intenzionati a celebrare con il rito tradizionale (vedi qui, nota di Raffaella). Per Benedetto XVI essi danno un esempio edificante a tutta la Chiesa (e l'auspicio non scritto e' che l'intera Fraternita' possa prenderli ad esempio).

"Io stesso ho visto - scrive il Papa - negli anni dopo il 1988, come mediante il ritorno di comunita' prima separate da Roma sia cambiato il loro clima interno; come il ritorno nella grande ed ampia Chiesa comune abbia fatto superare posizioni unilaterali e sciolto irrigidimenti cosi' che poi ne sono emerse forze positive per l'insieme".

Infine il terzo elemento in positivo riguarda l'impegno che il Papa ha pubblicamente assunto con il documento a utilizzare meglio internet nella Chiesa.

"Seguire piu' da vicino le notizie disponibili su Internet avrebbe reso possibile - scrive Benedetto XVI - ottenere consapevolezza del problema in tempo. Ho imparato da questo che noi, qui alla Santa Sede, dobbiamo prestare piu' attenzione nel futuro a questa fonte di informazione".
"Anche i bloggers - commenta da parte sua Cantuale Antonianum, sito collegato alla Basilica di Padova - esultano e confermano il loro supporto al Santo Padre su questa intuizione. Santita', lasci perdere la carta stampata: i giornali non hanno piu', come forse credono, il monopolio della notizia e dell'opinione. Possono essere smentiti o corretti in cinque minuti.
L'empowerment a livello orizzontale che il mezzo Internet fornisce anche a chi non ha altri potenti mezzi e' notevole, e mostra come la verita' sappia farsi largo anche in mezzo a tanti strilli che cercano di coprirla".

© Copyright (AGI)


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l’intervista

Il teologo emerito della Casa Pontificia: «La lettera del Papa è un gesto nobile che ribadisce, nella fedeltà al Concilio, la collegialità episcopale. E la vera natura della Chiesa»

Cottier: una vicenda che darà frutti spirituali

DI LORENZO ROSOLI

La lettera del Papa «mi ha dato una grande gioia. Mi ha col pito per l’u miltà, la mode stia e la grande nobiltà che rive la. E ha dissolto l’angoscia che gravava su di noi per il clima che s’era crea to dopo la revoca della scomunica ai vesco vi lefebvriani. Benedetto XVI ha messo una volta di più in evidenza che la sua autorità è spirituale, non umana».

Così il cardinale Georges Cottier, domenicano, teologo eme rito della Casa Pontificia che partecipò come «esperto» al Vaticano II, rilegge per Avvenire il testo indirizzato dal Papa ai vescovi quale «parola chiarificatrice» sulla questione del la revoca della scomunica e contributo alla «pace nella Chiesa».

Un gesto insolito e inedito, questa lettera?

Sì. Ma il Papa dev’essere libero di scegliere i mezzi più convenienti nel servizio alla Chie sa.

Perché si è rivolto ai vescovi e non a tutti i fedeli cattolici?

Benedetto XVI, nella sua fedeltà al Concilio, ha voluto ribadire l’importanza della colle gialità episcopale. La remissione della sco munica ha sorpreso molti vescovi; alcuni fra loro – non certo con spirito di ribellione – hanno reagito con grande franchezza. Il Pa pa ha voluto confermare che non vuole fare niente senza i suoi vescovi. Lo stesso coin volgimento della Congregazione della dot trina della fede non solo dice che la questio ne da affrontare ora è di natura dottrinale e non solo disciplinare, ma implica anche u na sempre maggiore collegialità nell’affron tare la questione.

Qui sta uno dei «nodi» della lettera...

Sì. In essa il Papa chiarisce bene la distin zione fra scomunica, atto disciplinare, e l’a spetto dottrinale dell’adesione al Vaticano II e al magistero dei Ponte fici che ne hanno fatto la propria bussola. La sco munica è un atto con fi nalità pedagogica, per aiutare un cammino di conversione. Averla ri messa è dunque un gesto in vista della piena rein tegrazione dei vescovi or dinati da Lefebvre. I qua li però, come la Fraternità San Pio X, devono aderi re al Vaticano II. Il Conci lio ecumenico è un atto e minente del Collegio epi scopale guidato dal Papa. Rifiutarlo – come fanno loro – è gravissimo. Finché non sa ranno chiariti gli aspetti dottrinali, la Frater nità non avrà alcuno stato canonico nella Chiesa, né i suoi ministri potranno esercita re in modo legittimo alcun ministero nella Chiesa. Queste distinzioni forse era meglio spiegarle prima alla gente. Gli esperti di teo logia o di diritto canonico non ne hanno bi sogno, ma i fedeli possono restare confusi e sconvolti. Dobbiamo pensare a questa vi cenda come a un grave incidente di comu nicazione. Il Papa lo ha riconosciuto con grande lealtà, com’è stato per la vicenda di Williamson affermando: sì, in Vaticano dob biamo imparare a usare meglio Internet...

Il Papa ha ringraziato gli ebrei per aver aiu tato a spazzare via ogni malinteso. È sor preso?

No. Hanno capito – forse meglio di alcuni cattolici – che il Papa non era informato sul negazionismo di Williamson. Le parole di Benedetto XVI hanno chiarito che sul rapporto con l’ebraismo e sulla Shoah, la Chiesa non tor na indietro.

C’è chi dice che la Chiesa ha cose più importanti dei lefebvriani di cui preoccuparsi. Che ne pensa?

Benedetto XVI, anche in questa lettera, ci ricorda che il primo compito del la Chiesa è ridare alla gen te il senso di Dio – la nuo va evangelizzazione la chiamava Giovanni Paolo II. Perciò siamo chiamati ad annunciare e testimoniare la fe de. E a dimostrare con i fatti che la Chiesa è comunione di carità. Da qui deriva la ne cessità dell’ecumenismo – movimento che i lefebvriani contestano. Ma da questo sforzo ecumenico – che è nella logica della missio ne della Chiesa – nemmeno i lefebvriani pos sono essere esclusi. Perciò il Papa stigmatiz­za quel bisogno del nemico, del capro e spiatorio, che appare talvolta anche fra i cat tolici.

Una lettera meditata e sofferta, questa?

Sì: ben costruita, meditata. E sofferta. Il Pa pa dimostra di essere ben informato sulle reazioni alla revoca della scomunica. Penso che abbia avuto momenti di grande solitu dine. Ed è molto bello che recentemente ab bia chiesto a tutti di pregare per lui e per la sua missione di custode e garante dell’unità e della comunione, nel collegio episcopale e in tutta la Chiesa. È un compito che sente e che vive con straordinaria intensità, fin dal l’inizio del pontificato. In questa vicenda la sua sofferenza è stata grande perché con i suoi atti, più che portare verso l’unità, sem bravano aprirsi spazi di divisione e confu sione. Credo abbia vissuto un grande dram ma spirituale. Invitando a pregare per lui, ci ha chiamati a rinnovare il nostro sguardo verso la Chiesa: che prima d’essere una realtà sociologica o istituzionale, è un mistero di fede, un luogo di santificazione, 'casa' del lo Spirito. Perciò non può essere governata solo con mezzi umani: serve la preghiera. L’affidamento allo Spirito. E credo che que sta vicenda darà dei frutti spirituali.

Il Papa infine ha citato la lettera di Paolo ai Galati, addolorato dal «mordersi e divorar si » che ancor oggi c’è nella Chiesa...

Siamo chiamati a evitare tanto l’omologa zione quanto la lacerazione conflittuale. Il mio maestro di teologia, il cardinale Journet, diceva che la frontiera della Chiesa attraver sa i nostri cuori. È nella logica della carità, co me insegnano i grandi santi, che la nostra li bertà e le nostre differenze e peculiarità co struiscono comunione.

© Copyright Avvenire, 13 marzo 2009


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Il Congresso Mondiale Ebraico loda il Papa e la sua franchezza

Testo del comunicato diffuso dal World Jewish Congress. Traduzione di Messainlatino.it

Papa Benedetto ha scritto una lettera ai vescovi della Chiesa cattolica, in cui ammette che il caso di un vescovo negazionista dell’Olocausto era stato mal gestito e avverte che la Chiesa rischia di “divorare se stessa” con litigi interni.
Nella lettera che il Vaticano ha rilasciato giovedì, Benedetto dice anche che ha avuto sofferenza per le critiche dei cattolici verso di lui e che il Vaticano avrebbe potuto prevedere i problemi se avesse usato di più l’internet.
“La lettera è molto personale, molto angustiata, molto sofferta ma molto onesta”, ha detto alla Reuters un vescovo italiano sotto condizione di anonimato.
Il Papa dice che la questione ha scatenato una tempesta di “veemenza” e lo ha ferito profondamente, particolarmente perché molte delle critiche sono venute da cattolici.

Il Presidente del Congresso Mondiale Ebraico [World Jewish Congress - WJC], Ronald S. Lauder, ha lodato Benedetto XVI per aver emanato la lettera. “Il Papa ha trovato parole chiare e inequivoche riguardanti la negazione dell’Olocausto del vescovo Williamson, e merita lode per aver ammesso gli errori commessi in vaticano nella gestione della pratica”, ha detto Lauder.
“La lettera del Papa trasmette i requisiti essenziali per il dialogo interreligioso: franchezza e la volontà di affrontare direttamente gli argomenti difficili. L’angoscia da lui espressa per gli eventi seguiti alle frasi negazioniste di Williamson riflette l’analoga pena emotiva sentita dagli Ebrei di tutto il mondo durante questa vicenda. Noi restituiamo le sue parole di apprezzamento per gli sforzi ebraici per ricomporre il dialogo interreligioso e continueremo a lavorare con la Chiesa cattolica per rafforzare ulteriormente il rispetto e la comprensione reciproci”, ha puntualizzato il presidente del Congresso Mondiale Ebraico.

Da Messainlatino.it


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La lettera di Benedetto XVI

Il senso della Chiesa

Camillo Ruini
Cardinale vicario generale emerito di Roma

Un'autentica novità: chiamerei così la lettera che Benedetto XVI ha scritto ai "Confratelli nel ministero episcopale" sulla remissione della scomunica ai quattro vescovi consacrati da monsignor Lefebvre nel 1988.

Novità che si manifesta anzitutto nel carattere fortemente personale di questa lettera, che pure è rivolta a tutti i vescovi della Chiesa cattolica e di fatto, essendo stata resa pubblica, anche a tutti i fedeli: una comunicazione personale che supera i limiti dell'ufficialità e si offre al lettore in maniera trasparente, consentendogli di entrare, per così dire, nell'animo del Papa e di prender parte dal di dentro alla sua sollecitudine pastorale, alle motivazioni fondamentali che guidano le sue scelte e anche all'atteggiamento interiore con cui egli vive il suo ministero.

In questa medesima chiave, la lettera non nasconde certo le difficoltà del momento e le loro cause immediate, anzi le sottolinea, ma per andare più in profondità, alle radici spirituali, culturali ed ecclesiali di quegli ostacoli che rendono faticoso il cammino della Chiesa e che richiedono a ciascuno di noi conversione e rinnovamento.

Se vogliamo trovare per questa lettera qualche analogia dobbiamo pensare ad alcune lettere che, soprattutto nei primi secoli del cristianesimo, vescovi di grandi sedi - in particolare i vescovi di Roma - hanno inviato ai loro Confratelli sui problemi allora più preoccupanti.
Benedetto XVI ha chiarito con quella precisione di pensiero che gli è propria il significato positivo e i limiti del provvedimento di remissione della scomunica: sarebbe inutile pertanto ritornare su ciò che è perfettamente chiaro nella sua lettera. Assai utile può essere invece riflettere - per farle intimamente nostre - sulle grandi priorità del suo pontificato, che egli aveva evidenziato fin dall'inizio e che ripresenta e approfondisce con sofferta e vorrei dire drammatica convinzione in questa lettera.
La prima priorità è confermare nella fede i fratelli: in concreto, in questo nostro tempo, "la priorità che sta al di sopra di tutto è di rendere Dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l'accesso a Dio", a quel Dio che si è pienamente manifestato in Gesù Cristo. Guardando ai nostri fratelli in umanità, e guardando anche dentro alla Chiesa e anzitutto dentro a noi stessi, possiamo renderci conto che questa è davvero, nella concretezza della vita e della storia, la questione decisiva: una questione spesso ignorata o rimossa, o ritenuta ormai superata, ma in realtà la questione da cui tutto dipende, la sola chiave che può aprire al pensiero dell'uomo tutto il suo spazio legittimo e necessario e può offrire al cuore dell'uomo una solida speranza.
Dentro alla suprema priorità di Dio trova immediatamente posto la priorità dell'amore e della comunione tra noi: in concreto la priorità dell'unità dei credenti in Cristo e la priorità della pace tra tutti gli uomini.

Di qui la sofferenza che Benedetto XVI non nasconde di fronte all'inclinazione a "mordersi e divorarsi a vicenda", purtroppo oggi presente tra noi come fu presente tra i Galati a cui scriveva san Paolo.

Tocchiamo qui un nervo scoperto del cattolicesimo degli ultimi secoli, un punto di fragilità e di sofferenza di cui dobbiamo diventare più e meglio consapevoli. Mi riferisco all'indebolirsi, e a volte praticamente all'estinguersi, del senso di appartenenza ecclesiale, della gioia cioè e della gratitudine di far parte della Chiesa cattolica. Non si tratta di qualcosa di secondario e di accessorio, che dovrebbe giustamente lasciare il passo di fronte alla nostra libertà individuale e al nostro rapporto personale con Dio, o anche a tante altre appartenenze che appaiono più concrete e più gratificanti.
Occorre invece ricostruire dentro di noi quella convinzione di fede che ha caratterizzato il cristianesimo fin dal suo inizio, secondo la quale il senso della Chiesa è parte essenziale della nostra appartenenza a Cristo. Hanno qui la loro radice l'accoglienza del magistero della Chiesa e lo sforzo di conformare la nostra vita ai suoi insegnamenti, ma anche un atteggiamento che abbraccia la sfera dei sentimenti e che si traduce spontaneamente nell'affetto per coloro che nella fede ci sono padri e fratelli. Se questi sentimenti saranno vivi in noi resteremo lontani da quel gusto amaro di cogliere in fallo il nostro presunto avversario, che in realtà è nostro fratello, che purtroppo affiora in molte parole, gesti o silenzi, come la lettera del Papa, con onestà e sofferenza, ci aiuta a comprendere.

(©L'Osservatore Romano - 14 marzo 2009)


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Benedetto XVI risponde ai «grandi difensori del Concilio»

di Gianteo Bordero

mercoledì 11 marzo 2009

C'è un passaggio, nella lettera che Papa Ratzinger ha inviato ai vescovi di tutto il mondo riguardo al caso Williamson e alla remissione della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani, che lascia trasparire tutta la sofferenza interiore e l'amarezza che il pontefice deve aver provato in queste ultime settimane a causa delle critiche e degli attacchi subìti per le decisioni da lui assunte nei confronti degli scismatici di Ecône.
Scrive a un certo punto Benedetto XVI: «Sono rimasto rattristato dal fatto che anche cattolici, che in fondo avrebbero potuto sapere meglio come stanno le cose, abbiano pensato di dovermi colpire con un'ostilità pronta all'attacco».

Il Papa non fa - com'è ovvio - nomi né cognomi, ma è facile pensare che egli si riferisca a quegli episcopati europei che non hanno mancato di esprimere in forma ufficiale e pubblica la loro presa di distanze dalla scelta pontificia.

Ma non solo, visto che larga parte della stessa pubblicistica cattolica non si è mostrata di certo entusiasta nel vedere «condonata» la scomunica i seguaci di monsignor Lefebvre.

In più, si tengano a mente le dichiarazioni, le interviste, le prese di posizione di numerosi teologi che si sono affrettati a spiegare urbi et orbi che l'atto papale ha rappresentato un netto passo indietro nella storia della Chiesa.
Un quadro davvero desolante, che però non deve stupire più di tanto.

Esiste infatti a tutt'oggi, nella Chiesa cattolica, una sorta di «pensiero dominante» che si nutre di luoghi comuni ormai in voga da decenni, che venera anch'esso i suoi totem ideologici, che considera alla stregua di un reato di lesa maestà la messa in discussione dei suoi slogan «ecclesialmente corretti».

Quasi inutile ribadire che tra questi luoghi comuni, tra questi totem, tra questi slogan, c'è quello della mitizzazione del Vaticano II, pensato come rifondazione della Chiesa, come rottura con una storia ritenuta infame, come presa di distanze da una tradizione da ripudiare. E' questo «pensiero dominante» che, sin dai primi mesi di pontificato ratzingeriano, diciamo sin dal discorso di Benedetto XVI alla Curia romana del dicembre 2005, riguardante la corretta ermeneutica del Concilio, ha soffiato sul fuoco della polemica, ha diffuso nell'opinione pubblica e nel mondo cattolico l'immagine falsata e artefatta di un Papa con lo sguardo tutto rivolto al passato, intento a restaurare ciò che il Vaticano II aveva superato, mosso unicamente da una ferrea e ostinata volontà conservatrice.

Una «leggenda nera» anti-ratzingeriana, questa, che ha conosciuto una seconda fase di sostanziosa crescita nel luglio del 2007, al momento dell'emanazione del motu proprio Summorum pontificum, con il quale Benedetto XVI ha «liberalizzato» la celebrazione della Messa secondo il rito di San Pio V, definito forma straordinaria dell'unica liturgia cattolica (la cui forma ordinaria è quella fissata dal Messale riformato da Paolo VI nel 1970).

A quella decisione seguirono dapprima vibrate proteste, e poi un vero e proprio ammutinamento da parte di sacerdoti ma soprattutto vescovi, fermamente intenzionati a non concedere (contravvenendo così allo stesso dettato del motu proprio) la Messa col rito antico ai fedeli che legittimamente ne facevano richiesta.

E così arriviamo allo tsunami di polemiche di questi ultimi 40 giorni e alla lettera papale resa nota quest'oggi dalla Santa Sede. Una missiva che, se da un lato contiene il riconoscimento, da parte del Papa, di alcuni errori che potremmo definire «di gestione» dell'intera vicenda legata alla revoca della scomunica, dall'altro lato non fa che confermare ed esplicitare le ragioni e le motivazioni che hanno spinto Benedetto XVI a compiere un passo così importante: in primis la ricerca della «piena unità tra i credenti», compito specifico assegnato al successore di Pietro, come Ratzinger sottolinea nella seconda parte della missiva.

Ma il nocciolo della lettera è in fondo, ancora una volta, rappresentato dalla questione dell'interpretazione del Vaticano II: Ratzinger fa direttamente riferimento a coloro che a parole si dicono «grandi difensori del Concilio» senza però comprendere che esso è in continuità con «l'intera storia dottrinale della Chiesa»: «Chi vuole essere obbediente al Concilio - scrive il Papa - deve accettare la fede professata nel corso dei secoli e non può tagliare le radici di cui l'albero vive». E' chiaro che, seguendo una lettura distorta del Vaticano II, i lefebvriani divengono i supremi rappresentanti di tutti coloro che si sono opposti alla rottura col passato e alla discontinuità con la storia della Chiesa operate dal Concilio. Ed è per questo che essi non dovrebbero in alcun modo essere riaccolti, appunto perché emblema di una Chiesa che non esiste più, spazzata via dal vento della rivoluzione conciliare. Osservare come questa mentalità abbia messo radici profonde e quanto essa ancora incida all'interno della comunità cattolica ha evidentemente amareggiato il Papa, che si è visto contestato proprio da coloro che invece dovrebbero essere i suoi collaboratori fedeli e obbedienti.

Perciò, dopo aver puntualizzato che la revoca della scomunica si applica ai singoli e non all'istituzione, e che quindi la remissione operata a favore dei quattro vescovi lefebvriani non significa per ciò stesso la riappacificazione definitiva con la comunità San Pio X; dopo aver sottolineato che «da rappresentanti di quella comunità abbiamo sentito molte cose stonate - superbia e saccenteria, fissazione su unilateralismi»; ebbene, dopo tutto ciò Benedetto scrive: «Non dobbiamo forse ammettere che anche nell'ambiente ecclesiale è emersa qualche stonatura? A volte si ha l'impressione che la nostra società abbia bisogno di un gruppo almeno, al quale non riservare alcuna tolleranza; contro il quale poter tranquillamente scagliarsi con odio. E se qualcuno osa avvicinarglisi - in questo caso il Papa - perde anche lui il diritto alla tolleranza e può pure lui essere trattato con odio senza timore e riserbo». Più chiaro di così...

Concludendo: non sappiamo ancora come evolverà e quale esito finale avrà la revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani. Quello che però già oggi si può sottolineare - e la missiva ne è indirettamente la conferma - è l'evidenza di un ampio dissenso nei confronti del pontefice all'interno della Chiesa stessa, l'emergere di un contrasto (tra Papa da un lato e parte di vescovi e teologi dall'altro) che tocca una ferita ancora aperta e sanguinante nel corpo ecclesiale (appunto l'ermeneutica del Concilio), di cui la questione lefebvriana è solo una manifestazione.

Da questo punto di vista, Benedetto XVI ha davvero scelto, con coraggio, di dare un significato audace e profondo al suo pontificato, ben al di là di quella «continuità con Giovanni Paolo II» che a molti sembrava l'unica ragion d'essere dell'elezione di Ratzinger al soglio di Pietro.

© Copyright Ragionpolitica, 11 marzo 2009


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LETTERA SUI LEFEBVRIANI: CONFERENZA EPISCOPALE AUSTRIACA, “RINGRAZIAMO COMMOSSI”

Con "gioia spirituale" la Conferenza episcopale austriaca, riunita ad Innsbruck per la sessione plenaria primaverile, ha accolto ieri la lettera di Papa Benedetto XVI ai vescovi.
"In questo grande documento che dispiega la vastità e la profondità del Vangelo, Lei ci fa partecipi della preoccupazione pastorale che L'ha mossa a revocare la scomunica dei quattro vescovi lefebvriani. Lei menziona chiaramente gli equivoci da ciò originati. Dalla lettera si indovina il dolore che ha colpito Lei in questa vicenda, ma che è stato provato anche da molte Chiese locali e da persone al di fuori della Chiesa. Ancora una volta, Lei fa capire che la parola neotestamentaria 'Dio è carità' è e rimane la luminosa stella polare del Suo servizio petrino". "La ringraziamo commossi dal profondo del cuore", termina il comunicato, "assicurandoLe le nostre fedeli preghiere e chiedendo di pregare e di impartire la Sua benedizione apostolica per noi e per le nostre Chiese locali come forza per l'unità e l'amore nella Chiesa".

© Copyright Sir



IPOCRITI!!!!!!!! [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473]

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