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Notizie dal B16F

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2015 04:06
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20/03/2013 21:13
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"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
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I Papi a pranzo per parlare di Vatileaks

Fabio Marchese Ragona

Roma
Le nuove sfide della Chiesa, la situazione della Curia romana e soprattutto il Vatileaks. Sono questi alcuni dei temi che affronteranno domani a pranzo a Castel Gandolfo Papa Francesco e il suo predecessore, il Papa emerito Benedetto XVI.
Due vesti bianche, una accanto all'altra, a tavola, per un incontro storico: la talare semplice di Joseph Ratzinger e quella con la fascia color avorio e la mantellina di Jorge Mario Bergoglio per la prima volta si sfioreranno. Sarà un incontro tanto storico quanto riservato: non ci sarà nessuna autorità ad accogliere il Papa, nessuna cerimonia ufficiale, niente telecamere; sarà tutto off-limits anche per rispettare il volere di Benedetto XVI che ha deciso di rimanere per sempre nell'ombra e in preghiera. Gli unici presenti saranno Mons. Georg Gaenswein, segretario particolare di Ratzinger e Prefetto della Casa Pontificia, il reggente Padre Leonardo Sapienza, Don Alfred Xuereb, attuale segretario di Bergoglio ed ex secondo segretario di Ratzinger e l'assistente di camera del papa «Sandrone» Mariotti.
In privato, lontani da occhi indiscreti, il nuovo e il «vecchio» Papa parleranno liberamente: Francesco chiederà al suo predecessore di pregare intensamente per il suo pontificato ma soprattutto chiederà consigli anche sul caso Vatileaks.
Nonostante la lunga «relatio», redatta dai tre cardinali ultraottantenni che hanno indagato sullo scandalo dei corvi, sia da giorni sulla sua scrivania, Bergoglio, racconta più di un cardinale, vuol chiedere a Benedetto XVI un parere su come affrontare la vicenda, prima di procedere con le nuove nomine. Non sono pochi, infatti, i porporati convinti che prima di qualsiasi atto ufficiale il Papa leggerà attentamente il rapporto stilato dai cardinali detective Herranz, Tomko e De Giorgi per avere una fotografia chiara della Curia Romana, realtà che Bergoglio sta imparando a conoscere in questi giorni, avendo sempre rifiutato incarichi di governo. Dopo l'incontro con Ratzinger, il Papa potrebbe anche convocare il cardinale spagnolo Julian Herranz, che guidava la commissione d'inchiesta su Vatileaks, per farsi raccontare a voce i passaggi più importanti contenuti nei due tomi da 300 pagine dell'inchiesta.
Ma ogni dubbio di Francesco potrà esser dissipato già domani dal Papa emerito: tra i due, in questi giorni, i contatti non sono di certo mancati; Bergoglio ha telefonato a Castel Gandolfo subito dopo l'elezione per dare la notizia a Ratzinger e ringraziarlo per i quasi otto anni di Pontificato. Una seconda telefonata è stata invece il 19 marzo, quando il Papa ha chiamato Benedetto XVI per gli auguri di buon onomastico. Domani ci sarà invece il primo incontro dal vivo in cui il Papa emerito farà anche visitare al nuovo Pontefice il Palazzo Apostolico e i giardini dove ogni pomeriggio di sole passeggia insieme alle quattro memores (le laiche consacrate che curano l'appartamento) e a Suor Birgit Wansing, dell'Istituto di Schönstatt, per recitare il rosario. Nel frattempo a Castel Gandolfo la gente aspetta con ansia: sarà un incontro riservatissimo, ma curiosi e turisti sperano di vedere Francesco e Benedetto XVI affacciarsi insieme dalla finestra che dà sulla piazza della cittadina romana. Una speranza che forse rimarrà soltanto un sogno: dopo pranzo Francesco tornerà in Vaticano ma quello con il Papa emerito non sarà l'ultimo incontro dal vivo; Benedetto XVI, i primi di maggio, farà ritorno all'interno delle Mura Leonine per trasferirsi definitivamente nel monastero «Mater Ecclesiae»: lì troverà il silenzio e la preghiera ma soprattutto troverà Papa Francesco che gli darà il benvenuto.

© Copyright Il Giornale, 22 marzo 2013


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"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
23/03/2013 13:20
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Bollettino Sala stampa...

VISITA DEL SANTO PADRE FRANCESCO AL PAPA EMERITO BENEDETTO XVI A CASTEL GANDOLFO

Alle ore 11.45 di questa mattina, il Santo Padre Francesco ha lasciato la Domus Sanctae Marthae e si è recato all’eliporto vaticano da dove è partito poco dopo mezzogiorno per recarsi in visita al Papa emerito Benedetto XVI a Castel Gandolfo.

Dopo un volo di 20 minuti, il Santo Padre Francesco è atterrato nell’eliporto delle Ville pontificie di Castel Gandolfo, accolto dal Papa emerito Benedetto XVI. Erano presenti S.E. Mons. Marcello Semeraro, Vescovo di Albano, e il Dott. Saverio Petrillo, Direttore delle Ville pontificie.

Il Santo Padre Francesco e Benedetto XVI si sono trasferiti insieme in auto al Palazzo Apostolico per l’incontro privato in Biblioteca e, di seguito, il pranzo.

Nel pomeriggio, dopo il pranzo, Papa Francesco raggiunge in auto l’eliporto delle Ville pontificie di Castel Gandolfo e fa rientro in Vaticano.


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23/03/2013 14:44
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Abbraccio "bellissimo" tra Papa Francesco e Benedetto XVI. Padre Lombardi: incontro storico

Papa Francesco sta incontrando a Castel Gandolfo Benedetto XVI. Questa la cronaca del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, raggiunto telefonicamente a Castel Gandolfo da Sergio Centofanti:

R. – L’elicottero è atterrato a Castel Gandolfo, all’eliporto, verso le 12.15 e la macchina con il Papa emerito si è avvicinata al luogo dell’atterraggio dell’elicottero. Il Santo Padre è sceso: era accompagnato dal Sostituto, mons. Becciu, da mons. Sapienza e da mons. Alfred Xuereb. Appena il Papa è sceso, il Papa emerito si è avvicinato a lui e c’è stato un bellissimo abbraccio tra i due. Poi, dopo brevi saluti anche alle altre persone presenti – il vescovo di Albano e il direttore delle Ville Pontificie, Petrillo – sono saliti in macchina: il Papa Francesco è salito alla destra, quindi nel posto classico del Papa, mentre il Papa emerito si è posto alla sinistra. Vi era anche sulla stessa macchina mons. Georg Gänswein, che è Prefetto della Casa Pontificia. E così, la macchina si è portata poi agli ascensori e quindi i due protagonisti dello storico incontro sono saliti nell’appartamento e si sono recati subito alla cappella per un momento di preghiera. Nella cappella, il Papa emerito ha offerto il posto d’onore a Papa Francesco, ma questi ha detto: “Siamo fratelli”, e ha voluto che si inginocchiassero insieme allo stesso banco. Dopo un breve momento di preghiera, si sono portati alla Biblioteca privata dove, verso le 12.30, è incominciato l’incontro riservato. E’ la Biblioteca in cui normalmente il Papa riceve gli ospiti importanti a Castel Gandolfo. Papa Francesco ha portato una bella icona in dono al Papa emerito e poi è incominciato il colloquio che è finito alle 13.15, è durato quindi circa 45 minuti. Da notare, per quanto riguarda l’abbigliamento, che effettivamente – come avevamo accennato in precedenza – il Papa emerito porta una semplice talare bianca, senza fascia e senza mantelletta: sono i due particolari che lo distinguono, invece, dall’abbigliamento di Papa Francesco che ha anche una mantelletta e la fascia. Per il pranzo è prevista la presenza dei due segretari, quindi di mons. Georg e di mons. Xuereb, quindi l’aspetto totalmente privato e riservato di colloquio si è concluso con il colloquio nella Biblioteca. Il Papa emerito ha intenzione di accompagnare anche all’eliporto Papa Francesco, quando sarà il momento di rientrare. Ricordo ancora che questo non è il primo incontro: è il primo incontro di persona, però Papa Francesco ha già rivolto molte volte il suo pensiero al Papa emerito: sia già dalla Loggia delle Benedizioni, in occasione della prima comparsa alla Loggia, sia poi con due telefonate personali: la sera stessa dell’elezione e il giorno di San Giuseppe per fare gli auguri. Quindi, il colloquio era già avviato, anche se l’incontro personale, fisico non era ancora avvenuto. Ricordiamo anche che il Papa emerito aveva già manifestato la sua incondizionata riverenza e obbedienza per il suo successore in occasione dell’incontro con i cardinali, il 28 febbraio, e quindi ha avuto certamente modo, in questo incontro – che è stato un momento di altissima, profondissima comunione – di rinnovare questo suo atto di riverenza e di obbedienza al suo successore, mentre certamente Papa Francesco ha rinnovato la gratitudine sua e di tutta la Chiesa per il ministero svolto da Papa Benedetto nel corso del suo pontificato.

© Copyright Radio Vaticana


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24/03/2013 09:19
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Francesco a Benedetto «Vieni, siamo fratelli»

Fabio Marchese Ragona

«Il sole oggi ci saluta un po'». Una piccola battuta per rompere il ghiaccio con il suo successore. Joseph Ratzinger con il bastone, la talare semplice e un giubbetto bianco accoglie così, con un sorriso e un abbraccio, Papa Francesco, in quello che è già stato descritto come l'evento del millennio: due Papi insieme, uno accanto all'altro.
Bergoglio è appena sceso dall'elicottero che dal Vaticano l'ha portato a Castel Gandolfo. Il Pontefice emerito è lì, all'eliporto, ad aspettarlo insieme al suo segretario Mons. Georg Gänswein e al vescovo di Albano, Mons. Marcello Semeraro. Il Centro Televisivo Vaticano non trasmette in diretta le immagini, ma le distribuirà poche ore dopo. Si vedono i due Vescovi di Roma vestiti di bianco che si abbracciano, si stringono le mani, si salutano. «Grazie per la sua visita» dice Benedetto XVI. E con rispetto, Papa Bergoglio chiama il suo predecessore «Santità» e replica: «Grazie a lei».
È un'istantanea che entrerà nella storia: non era mai accaduto prima. Ma i due protagonisti vivono questa giornata come un incontro tra vecchi amici anche se si danno del «lei» e tentano di rispettare il protocollo.
L'atteso incontro tra Papa Francesco e Joseph Ratzinger alla fine c'è stato. Prima la telefonata subito dopo l'elezione, poi gli auguri nel giorno di San Giuseppe e, alla fine, il faccia a faccia che tutti i media aspettavano. È da poco passato mezzogiorno, in macchina i due Papi si spostano verso il Palazzo Apostolico. Quindi, l'ingresso in Cappella per un momento di preghiera, davanti all'immagine della Madonna di Czestochowa. Ed è qui che si consuma il gesto più «tenero»: Papa Bergoglio prova a sedersi su un banco qualsiasi per pregare quando Ratzinger lo ferma e gli indica il posto d'onore preparato appositamente per lui al centro della stanza. Ma Francesco insiste: «Siamo fratelli» e prende Ratzinger per mano, chiedendogli di pregare accanto a sé, in fondo alla cappella, sullo stesso banco.
Un momento intenso, «di altissima e profondissima comunione» dice il direttore della Sala Stampa Vaticana, Padre Federico Lombardi; un incontro in cui il Papa emerito ha rinnovato quell'atto di riverenza e di obbedienza al suo successore, come aveva fatto nel suo ultimo discorso ai cardinali.
«È stato tanto umile durante il suo pontificato», dice emozionato Papa Francesco a Benedetto XVI, «Ci ha dato tanti esempi di umiltà e di tenerezza». E poi la consegna di un dono speciale, un'icona con l'immagine della Madonna dell'umiltà: dopo aver mostrato a Ratzinger l'opera d'arte, Bergoglio confessa al suo predecessore di non aver mai visto una rappresentazione simile della Vergine Maria, di non averne mai sentito parlare. Ratzinger accenna un sorriso e dice: «Neanche io».
Sono le 12.30, il Papa con il suo predecessore si trasferiscono per l'incontro riservato nella Biblioteca privata, sul tavolo ci sono alcune buste sigillate.
I due discutono di diversi temi tra cui le finanze vaticane, la Curia Romana e il Vatileaks; un mini vertice tra Papi che si conclude alle 13.15. Francesco e Benedetto XVI si spostano quindi nella sala da pranzo dove ad attenderli ci sono i segretari, Gänswein e Xuereb, invitati a tavola insieme a loro.
Un pasto semplice nel sabato che precede la Domenica delle Palme durante il quale i commensali, dopo una preghiera di ringraziamento, hanno trattato temi più leggeri, con qualche sorriso e qualche battuta.
Poi l'ultimo saluto, sono le 14.30: Ratzinger riaccompagna fino all'eliporto il suo successore che fa rientro in Vaticano. Ma è soltanto un arrivederci ai primi di maggio, quando Benedetto XVI tornerà dentro le mura leonine.
Mentre le pale dell'elicottero iniziano a girare e l'apparecchio si solleva da terra, Ratzinger rimane lì, in preghiera per il nuovo Pontefice, con l'augurio di un buon viaggio verso casa.

© Copyright Il Giornale, 24 marzo 2013


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"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
27/03/2013 09:01
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"BENEDETTO DAVA FASTIDIO"

Omelia di Padre Santiago Martín

3 marzo 2013:

- Trascrizione dal video in spagnolo -





Seconda parte dell'omelia:

(...)"...Volevo parlarvi adesso della situazione che stiamo vivendo. E voglio iniziare aprendovi il cuore, raccontandovi come mi sento io. Io mi sento molto male! Questa è la prima cosa che voglio dirvi. E mi fa male inoltre specialmente vedere che tutto il mondo è contento. Quello che io percepisco è che l'immensa maggioranza è felice che il Papa se ne sia andato! Come se il Papa se ne fosse andato in pensione ad una spiaggia dei Caraibi o come se il Santo Padre se ne fosse andato in un modo naturale. Ha quasi 86. Potrebbe avere un Parkinson avanzato, una demenza senile, un Alzheimer. Potrebbe avere un problema renale gravissimo, potrebbe avere un problema di cuore che gli rende impossibile... bene, quello è una cosa. Ma questo non è quello che è successo! Non c'entra niente con quello che è successo! Se il Papa se ne fosse andato per esaurimento relativo all'età, bene, giacché sarebbe una cosa diversa se il Papa fosse morto. Entra dentro la legge naturale. Ma non c'entra niente con quello che è successo! Il Papa è stato crocifisso per i quasi otto anni che ha governato la Chiesa! E l'abbiamo visto. E' stata una crocifissione, un martirio agli occhi di tutti. Abbiamo, almeno io ed altri, abbiamo sofferto vedendo come gli andavano adosso, come veniva sopraffatto dai nemici di fuori con la collaborazione di alcuni nemici che sono dentro, con la spazzatura di dentro, arieata e promozionata per anni per quei nemici di fuori! Questo è quello che è successo! Un popolo di Dio che vede come ammazzano il suo pastore e che non se ne rende conto, è terribile! Il Papa è un... martire! Non è sceso dalla croce! Infatti si è dimesso per il bene della Chiesa. Infatti, ma è stato martirizzato.

Questa settimana, lo scrittore peruviano Vargas Llosa ha pubblicato un articolo... del contenuto solo a metà sono d'accordo con lui. Il titolo è perfetto. Non ho visto un titolo migliore che riassuma quello che sta succedendo nella Chiesa, quello che sta succedendo da molto tempo. Ha titolato il suo articolo: "L'uomo che dava fastidio". Infatti, Benedetto XVI è stato l'uomo che ha dato fastidio dal primo momento. Lui ha una capacità unica, prodigiosa de definire con una frase, con una idea, un trattato di teologia. Quando fa la Messa, prima d'iniziare il conclave, due giorni dopo era Papa, lui definisce la situazione in cui viviamo: la dictadura del relativismo! Non situazione di relativismo... stiamo vedendolo da molto tempo, ma di dittatura, cioè, di persecuzione a tutti quelli che insistano nel dire che il bene è oggettivo e che il male è oggettivo, cioè, che il bene esiste e che il male esiste. In un contesto nel quale tutto dev'essere relativo, tu non puoi dire che abortare non va bene, tu non puoi dire che uccidere tua mamma con l'eutanasia non va bene. Tu puoi dire, al massimo: "E quello mi sembra che non va bene", e quello che si azzarda a dire che il bene è oggettivo e che il male è oggettivo, cioè, il bene esiste ed il male esiste, in un contesto nel quale tutto dev'essere relativo, tu non puoi dire che abortire non va bene, tu non puoi dire che uccidere tua mamma con l'eutanasia non va bene.Tu puoi dire, al massimo: "A me sembra che non va bene". E colui che si azzarda a dire "quello non va bene" è perseguitato. Per quello questo Papa ha dato fastidio. Ma non ricordate quello che è successo nel 2011, quando approfittando una circostanza che ha risultato falsa e viene accusato di essere complice di pedofilo chiedono che si dimetta? Le campagne feroci del New York Times o della BCC e, in Spagna, di giornali alleati a loro. Questa è stata una cosa orripilante! I nemici di fuori ed i nemici di dentro. I nemici di dentro che hanno fatto questo scandalo del Vatileaks. I nemici di dentro che con i loro peccati, ripeto, publicizzati per i nemici di fuori, eh? Che sono rimasti in silenzio mentre li interessava fino a quando è arrivata l'ora di fare luce sulla porcheria che c'era lì... I nemici di dentro, i nemici di fuori sono quelli che gli hanno portato a dire: "Non ce la faccio più!". Questo è così duro e così grave che deve arrivarne un altro! E' una tragedia! Le dimissioni di un Papa sono una tragedia! Non è... questo non è che va in vacanza. Questo è una tragedia! Gli hanno piegato la mano e non ce l'ha fatta più!

Io ho avuto il dono, la fortuna di essere collaboratore suo come lo sono stato di Giovanni Paolo II e di essere con lui come sono stato con Giovanni Paolo II. Vi assicuro, è un santo! E' un bambino, un bambino di 86 anni, perch'è un bambino, timido, umile fino a dire basta! Saggio... E quando vedi come l'hanno tritato, com'è stato umiliato, com'è stato schiacciato, quello che mi fa è una profonda compassione! Non so se avete visto la scena giovedì quando usciva il pomeriggio dal suo appartamento. A me mi si restringeva l'anima di vedere come faceva una faccia da circostanze, mentre usciva dalla sua casa! Il suo segretario dietro piangendo. Arrivato giù, e l'autista s'inginocchiava piangendo! Voi credete che questo è un andare in pensione in allegria? E' andarsene in allegria? No, gli hanno.. gli sono andati addosso! Gli sono andati addosso e gli hanno piegato la mano! Ha fatto quello che doveva fare perché non c'era altro rimedio! Eh? Però c'è qualcosa terribile che sta succedendo nella Chiesa e che sta succedendo nella società contro la Chiesa e quello lo dobbiamo sapere. Se siamo in una specie di mondo angelico dove pensiamo che tutte le cose succedono perché sì o per coincidenza. Questo non è vero! Che c'è un piano programmato, deliberato contro la Chiesa. Non potranno contro di Essa che quello è un'altra questione che loro non sanno.

Cosa dobbiamo fare in questo momento? Considero che bisogna fare due cose urgentemente: la prima è un esame di coscienza, certamente dai cardinali, certamente! E naturalmente dai vescovi che l'hanno lasciato solo! Non dico che tutti loro ma sì in molti! L'hanno lasciato solo! Lui stesso, dopo quell'incidente spiacevole quando ha tolto la scomunica ai lefebvriani e risulta che uno era un negazionista dell'olocausto. Come gli sono caduti addosso! Non era colpa sua perché non era stato informato e come lui stesso ha detto pubblicamente in una lettera ai vescovi: "Mi sono sentito solo in questa battaglia". Questa è la prima cosa, ripeto, esame di coscienza. Certamente, questi i primi, ma anche noi. I sacerdoti, abbiamo pregato continuamente per il Santo Padre? I laici... Nell'anno 2011... - ci sono cose da dire e bisogna dirle ed oggi è un giorno per dirle - quando c'era l'accanimento feroce, noi, i Francescani di Maria, abbiamo messo le mani nella tasca,eh? Un gruppo di laici di questa parrocchia e noi come istituzione abbiamo pagato 6.000 euro per pubblicare annunci pagati in "El País", in "ABC", in "El Mundo" ed in "La Razón". Sei mila euro per pubblicare un annuncio di mezza pagina per dire: "Santo Padre, siamo con Lei". Senti e questo chi l'ha fatto? Chi l'ha fatto? Se la maggioranza dei vescovi quando gli hanno fatto arrivare i loro sostegno era già passato molto tempo e già si trovava lui veramente crocifisso! In questa parrocchia ed in altre parrocchie del mondo abbiamo iniziato immediatamente a raccogliere firme di sostegno e le abbiamo spedite alle rispettive nunziature. Questo, chi l'ha fatto?

Abbiamo iniziato ad organizzare una veglia di preghiera per il Papa una volta al mese... Questo, chi l'ha fatto? L'immensa maggioranza hanno visto come crocifiggevano quest'uomo ed hanno guardato da un'altra parte! Né l'hanno sostenuto con la preghiera né l'hanno sostenuto mettendo la faccia per lui! E questa è la prima cosa che dobbiamo fare oggi, nella settimana in cui un Papa si è dovuto dimettere! La prima cosa che dobbiamo fare è un esame di coscienza. Ho difeso io il Papa a casa mia quando l'hanno insultato, al lavoro, con i miei amici? Ho pregato io per il Papa? Sono stato consapevole se quest'uomo, Vicario di Cristo, cadeva, era un danno per me, per la mia famiglia, per la Chiesa e per l'umanità. E inoltre vanno a dire: "Eh, guarda, Benedetto XVI com'era buono, com'era umile, come non era legato alla carica e si è dimesso! Questo è quello che succederà tra poco! Il Papa non può essere solo! Va difeso ed accompagnato da ognuno di noi! Ripeto, bisogna fare un esame di coscienza dal primo all'ultimo, domandandoci cosa abbiamo fatto mentre vedevamo come crocifiggevano questo santo martire!

Seconda cosa che dobbiamo fare che è fondamentale in questo momento: conservare la fede e conservare la calma. Sapendo quello che è successo, sapendo quello che ci aspetta, conservare la fede e conservare la calma. Il Papa ha ripetuto negli ultimi giorni nei suoi ultimi messaggi, ha ripetuto una volta ed un'altra, perch'è una grande preoccupazione per lui, ha ripetuto: "La Chiesa è di Cristo, la Chiesa è di Cristo. La Chiesa non rimane abbandonata. Lo Spirito Santo si prende cura della Chiesa. La Chiesa è stata fondata da Cristo che ha detto: "Le porte degli inferi non prevarranno". Perciò... fede e calma! Non so se vi ricordate... Io mi ricordo perfettamente quando è morto Giovanni Paolo I... ch'è stata la stessa cosa! Ossia, Giovanni Paolo I muore di un attacco al cuore perché si trova nella... (n.d. t. non si capisce)... che c'è dentro, il problema che c'è dentro. Problema che questo Papa sa, perché ha il dossier, e che ha ordinato che non lo sappia nessuno e che se lo ritrovi il suo successore in un cassetto come se fosse il quarto segreto di Fatima. Quello che succede è che Giovanni Paolo I muore di un attacco al cuore. Ma quello che ci ha commosso, quello si è saldato con l'apparizione di Giovanni Paolo II. Perciò noi dobbiamo aver fede che Cristo, che lo Spirito Santo, non abbandona la Chiesa. E' un momento di fede e di calma ed è un momento di preghiera. E' un momento per mettersi in ginocchio davanti al Signore pregando per i cardinali perché siano docili allo Spirito Santo... Esame di coscienza, preghiera, fede e fiducia. Cristo non abbandona la Chiesa e non l'abbandonerà mai. Così sia".

Chi è Padre Santiago Martín: http://es.wikipedia.org/wiki/Santiago_Martín_(sacerdote)

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Ratzinger: "Senza fondamento notizia del suo ritorno in Germania"

"La notizia non ha nessun fondamento". Con queste parole il vice direttore della sala stampa vaticana, padre Ciro Benedettini, ha smentito oggi la notizia di stampa sul possibile ritorno, in un prossimo futuro, di Benedetto XVI in Germania, lasciando l'ex monastero di clausura in Vaticano dove il Papa emerito si trasferirà tra breve da Castel Gandolfo. (Ansa)


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Francesco e Benedetto. Il Papa che sussurrava al papa

Posted By: tiziana27@...

Fri Mar 29, 2013 11:59 pm |

«L'ESPRESSO» ONLINE.

Numero 13 del 2013.

Attualità

Paolo Rodari

Consigliere teologico. È il ruolo che Ratzinger ha svolto per 24 anni con Wojtyla. E che si prepara a riprendere Joseph Ratzinger torna all'antico.
Dopo essere stato per ventiquattro anni, da prefetto della Dottrina della fede, consigliere per le questioni teologiche del suo predecessore Giovanni Paolo secondo, si appresta a svolgere il medesimo ruolo col successore Francesco. Una funzione che non ha precedenti, nonostante tutti in Vaticano insistano nel dire che il suo futuro è il ritiro, il nascondimento al mondo.
Certo, ufficialmente scomparirà dalla scena, ma da dietro le quinte è pronto a consigliare sulle linee teologiche e sulla dottrina Jorge Mario Bergoglio, colui che non a caso nel Conclave del 2005, mentre cresceva a suon di voti la sua candidatura in opposizione a quella di Ratzinger, si stizzì. Non voleva essere visto come l'antagonista di un cardinale che stimava. «Non mi sento ancora pronto per l'elezione», disse per togliersi dall'imbarazzo.

Il ruolo di consigliere teologico. Non si tratta di una boutade. Ma della posizione che Ratzinger predilige per servire la Chiesa. Gli domandò lo scorso autunno Peter Seewald, il giornalista tedesco che con lui ha scritto il libro intervista "Luce del mondo": «Lei è la fine del vecchio o l'inizio del nuovo?». La risposta fu inequivocabile: «Entrambi». Come a dire, sono uno spartiacque fra i due pontificati, e sia prima sia dopo gioco la mia parte, un passo indietro chi guida, a mio agio nei panni del suggeritore.

Francesco è un decisionista. Già da arcivescovo di Buenos Aires, conduceva la diocesi con piglio e praticità. Riceveva chiunque volesse incontrarlo, anche senza appuntamento. I preti potevano bussare a ogni ora: se era in casa li faceva entrare. Chiedeva loro di accomodarsi in un sobrio salottino all'ultimo piano del palazzo diocesano e poi li lasciava parlare sovente prendendo qualche appunto. E alla fine, senza rinviare a successive udienze, diceva: «Ho deciso in questo modo. Punto primoà Punto secondoà». E così via, fino a offrire la soluzione per lui migliore a ogni problema. Come allora, così Bergoglio fa anche in queste ore nella residenza di Santa Marta dove alloggia: i capi dicastero vaticani, come anche i responsabili degli istituti religiosi, si susseguono nel suo studio. Egli ascolta e poi dispone. E presto metterà mano a quella riforma della curia romana che in molti reputano indispensabile. Certo, dietro un'indiscussa capacità manageriale, non mancano i fondamenti teologici. Eppure lui, come prima di lui Karol Wojtyla, sulla linea teologica si lascerà portare per mano dal teologo Ratzinger.

Benedetto XVI quando era prefetto della Dottrina della fede incontrava Wojtyla una volta alla settimana. Fra i due, un continuo scambio di documenti più che di parole. Il Papa polacco gli lasciava i propri appunti, le bozze delle encicliche, i discorsi più impegnativi. E Ratzinger interveniva, note a margine che poi riconsegnava senza commentare a meno che non gli fosse espressamente richiesto. Con Bergoglio non cambierà molto.
Seppure il mutuo scambio fra i due sarà più che altro verbale. Francesco a chiedere, Benedetto a rispondere.

Già i primi segnali vanno in questo senso. Non è un caso se le due
personalità oggi maggiormente vicine a Bergoglio sono i due segretari particolari di Ratzinger: il maltese Alfred Xuereb, che gestisce i suoi incontri privati, e il tedesco Georg Gänswein, che in qualità di prefetto della Casa pontificia coordina le udienze di tabella. Entrambi fanno la spola fra Roma e Castel Gandolfo. Entrambi gestiranno la convivenza dei due Papi fra qualche settimana nel recinto delle mura leonine. Quando il sole calerà la sera oltre il colle vaticano, i giardini si spopoleranno dai turisti e dai dipendenti vaticani. Allora Francesco potrà scendere dal suo
appartamento a Santa Marta, salire a fianco della basilica vaticana,
oltrepassare il governatorato, prendere la rampa dell'Archeologia e, poco dopo la fontana dell'Aquila, bussare al monastero Mater Ecclesiae, la nuova dimora del suo predecessore. Qui, come è avvenuto sabato scorso a Castel Gandolfo nel primo incontro fra i due, non sarà Ratzinger ad avanzare proposte né a suggerire argomenti di discussione. Sarà Bergoglio a porre domande, chiedere lumi, ascoltare consigli.

Molto cambierà la curia romana nei prossimi mesi. A non cambiare però sarà il prefetto della Dottrina della fede, il tedesco Gerhard Ludwig Müller. Già curatore dell'opera omnia di Ratzinger, ha in mano i quattro dossier dottrinali più importanti per Bergoglio: non soltanto la questione lefebvriana e i rapporti ancora da risolvere con le suore "disobbedienti" americane, ma anche le linee dottrinali decisive circa l'ermeneutica del Concilio Vaticano II a cinquant'anni dalla sua apertura e il tema della fede
nell'anno a essa dedicato. Parlare con Müller sarà per Bergoglio come parlare con Ratzinger, trovare dunque il giusto appoggio per condurre in porto, con le proprie capacità e fiuto teologico, ogni controversia.

Alla Dottrina della fede giace una bozza dell'enciclica di Ratzinger
dedicata alla fede. Non è però un testo suo. Si tratta di pagine redatte dai teologi in forza a Müller per conto dello stesso Papa emerito. Lo scorso autunno egli chiese loro di «fare presto». Voleva pubblicare quanto prima un ultimo lascito: dopo le encicliche dedicate alle virtù teologali speranza e carità, una dedicata alla fede. Ma poi non è riuscito a intervenire sulle bozze. E il progetto si è arenato. Difficile dire se il nuovo Papa lo farà
suo. Di certo al termine dell'anno della fede (il prossimo ottobre) egli dovrà dare la giusta chiosa con un intervento in merito non semplice. La "bozza Ratzinger" gli potrà dunque tornare utile. Non è un mistero per nessuno che l'enciclica Fides et Ratio del 1998 di Wojtyla aveva dietro molto del pensiero di Ratzinger. E poi il Vaticano II: Benedetto ritiene che il Concilio non sia stato assunto dalla Chiesa in tutta la sua portata. Fra i tanti nodi ancora irrisolti, quello della collegialità nella Chiesa. In merito la Costituzione dogmatica Lumen Gentium fu chiara. Tanto che sull'ultimo numero della "Civiltà Cattolica" è il canonista Gianfranco Ghirlanda a menzionarla scrivendo del «ministero petrino». Ghirlanda, gesuita di peso i cui testi, come tutti quelli della "Civiltà Cattolica", sono rivisti dalla segreteria di Stato vaticana, dopo aver sollevato
perplessità sulla scelta di Ratzinger di chiamarsi «Papa emerito» - meglio «vescovo emerito di Roma», sostiene - ricorda questa volta a Francesco che tanto invece fatica a chiamarsi «Papa» prediligendo dirsi «vescovo di Roma», in che cosa consistono le potestà primaziali di chi guida la Chiesa. Il Papa, dice, ha piena potestà su tutta la Chiesa anche se questa potestà è vista in un'ottica di maggiore orizzontalità. Bergoglio guiderà senz'altro
la Chiesa verso la collegialità, ma difficilmente lo potrà fare prescindendo dal parere del suo predecessore, anch'egli favorevole a un governo collegiale pur nel rispetto del Concilio.

Infine, gli scismatici lefebvriani che faticano ad accettare il Concilio
tout court e le suore americane commissariate dal Vaticano perché spintesi a benedire la riforma sanitaria di Obama che prevede anche pratiche abortive: non sono che gli ultimi dossier, fra i più difficili, che Ratzinger lascia al successore. Dai quartier generali dei lefebvriani e delle suore - Econe in Svizzera e Silver Spring nel Maryland - arrivano segnali di attesa.
Francesco non agirà in tempi brevi. E in ogni caso non lo farà prima che il suo predecessore faccia ritorno in Vaticano, nella residenza dove egli gli potrà fare visita lontano da occhi indiscreti.


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Franco Califano, convertitosi grazie a Papa Ratzinger...

Sabato scorso è morto Franco Califano, artista romano conosciuto sopratutto per la sua “vita spericolata” dedicata all’eccesso e conclusasi con una sorprendente conversione.

Tra le mani nella camera ardente la factotum dell’artista romano, Donatella Diana, le ha messo una foto di Papa Benedetto XVI: «Franco Califano voleva farsi confessare da Papa Ratzinger e l’aveva chiesto anche ad un suo amico prete. Voleva un’udienza riservata, non ci è mai riuscito. Riteneva Ratzinger veramente una persona grande, un po’ ruvida, che non aveva nulla da dimostrare», ha detto Diana, che lo ha seguito negli ultimi dodici anni.

Ha poi aggiunto: «Quando si è dimesso lo ha difeso con tutti. È stato lui a farlo riconciliare con il sacro, con la cristianità. Per questo tra le mani di Franco ho messo la foto di Papa Ratzinger». Lo stesso Califfo in un’intervista del 2008 aveva dichiarato: «Benedetto XVI mi ha fatto scattare qualcosa dentro e allora mi sono riavvicinato a Dio. A me questo Papa ha dato emozione. Io ho sempre cercato di credere in Dio ma visto che non mi piace il mistero, ho sempre avuto difficoltà ad accogliere la Fede, in assenza di segni. Ora è arrivato, il segno. Con questo Papa che mi fa innamorare».


L'articolo completo qui.


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Ironia tedesca sulla lingua italiana Se al comico manca il buon gusto

di Diego Marani

in “Corriere della Sera” del 4 aprile 2013

Sarebbe perfino troppo facile seppellire il comico tedesco Harald Schmidt che a proposito della benedizione pasquale di papa Francesco proclama l'italiano lingua dei poveri sotto una montagna di luoghi comuni sulle opportunità d'uso della sua lingua. Del resto già il concetto di comico tedesco è difficilmente traducibile nell'immaginario collettivo di mezzo mondo. È però rincuorante scoprire
che anche i tedeschi ridono, segno che il Papa ha visto giusto: c'è del buono nella creazione e il mondo sta indiscutibilmente andando verso il meglio. Adesso bisognerebbe insegnare ai tedeschi anche il buon gusto nell'esercizio dell'ironia. Eppure l'ironia è una categoria di pensiero che non è passata inosservata alla grande filosofia tedesca, la più attenta e solida erede di quella greca. Ma chissà quanta ne ha letta Harald.
Quanto alla lingua, sicuramente il guitto d'oltralpe era più a suo agio con l'italiano da Sturmtruppen di Papa Ratzinger, dove ogni benedizione sembrava un rastrellamento. Chissà, magari è proprio
questo che papa Bergoglio ha voluto farci dimenticare. Una parte dell'impopolarità di Benedetto XVI forse era dovuta proprio alla lingua, a quel suo spigoloso accento che noi italiani inesorabilmente associamo a diverse decine di film sul nazismo e, in chiave più amena,
all'indimenticabile professor Kranz di Paolo Villaggio. Per fortuna che è soprattutto questa l'immagine consolidata del tedesco in Italia.
Sul fondo della questione, a Harald Schmidt bisogna però dare ragione: assieme al greco, oggi le lingue neolatine sono tutte lingue di straccioni. La civiltà sembra andare a rovescio e i grandi dell'antichità oggi chiedono l'elemosina. È quindi comprensibile che un Papa privilegi le lingue dei poveri nelle sue benedizioni. Ma le lingue hanno forze sotterranee che nessuno controlla. È successo che la lingua di tanti disperati messicani, per la sola forza della loro ignoranza, è diventata la seconda lingua dei potentissimi Stati Uniti. Chissà che anche l'italiano, tanto trascurato e derelitto, non trovi anche lui una volta o l'altra passaggi segreti per imporsi. In fondo una strada c'è già, e papa Francesco la indica: come si dice da sempre, l'italiano è l'inglese dei preti. Investiamo dunque in preti per difendere la nostra lingua.



SIGNORI DEL CORRIERE DELLA SERA: SIETE UNO SCHIFOOOOOOO!!!! COME VI PERMETTETE D'INSULTARE PAPA BENEDETTO, TUTTORA VIVENTE? NON AVETE UN BRICIOLO DI VERGOGNA!!!!!
PERCHE' NON ANDATE A CHIEDERE IN GIRO AI FEDELI SE IL MODO DI PARLARE L'ITALIANO DI BXVI DAVA FASTIDIO????? LAMENTARSI DELLE BENEDIZIONI POI... TENETEVELE VOI QUESTE MESCHINITA'!!!! VEDIAMO CHI CONTINUERA' A LEGGERVI! SIETE PROPRIO DEGLI ITALIOTI CHE DATE DA MANGIARE SPAZZATURA AI POVERI IGNORANTI DI TANTI VOSTRI LETTORI!
:-(((((((((((((((((


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IL MISTERO DELLA TAVOLA ATTRIBUITA A FRANCESCO DI GIORGIO MARTINI

Risolto il giallo del dipinto sparito da casa Sordi: la sorella dell'attore lo regalò a Benedetto XVI

Aurelia portò a Ratzinger il quadro che il fratello voleva regalare alla città di Roma



Il quadro scomparso, nell'immagine ripresa dall'invito fatto da Don Georg per la festa per la sua nomina a vescovo.

Risolto nel più clamoroso e spettacolare dei modi possibili il giallo della cosiddetta «Tavola Sordi», il dipinto quattrocentesco di proprietà del grande attore scomparso e attribuito a Francesco di Giorgio Martini. La tavola si trova nell’appartamento pontificio in Vaticano.

DONAZIONE - Fu Aurelia Sordi, la sorella dell’attore, a chiedere e ottenere udienza da papa Benedetto XVI mercoledì 4 febbraio 2009. Fu un’udienza riservatissima, nemmeno «L’Osservatore Romano» ne dette notizia. Aurelia Sordi regalò l’opera al Papa che decise subito di collocarla nel suo appartamento privato. Il legame di Joseph Ratzinger con quell’opera doveva essere fortissimo: monsignor Georg Ganswein, il suo segretario particolare, prefetto della Casa pontifica, la usò sull’invito che spedì a parenti ed amici per la sua ordinazione episcopale ad arcivescovo titolare eletto di Urbisaglia.

LA STORIA - La vicenda della Tavola Sordi è lunga. Giovedì l’ex sindaco di Roma ed ex ministro per i Beni e le attività culturali, Francesco Rutelli. Raccontava al Corriere della Sera , molto preoccupato, questa storia legata al carattere del grande attore, al suo rapporto con Roma e alla nebulosa che ora circonda il destino della sua ricchissima eredità: «Sordi ed io alla fine degli anni Novanta eravamo diventati grandi amici, festeggiavamo il nostro compleanno insieme, io sono nato il 14 giugno e lui era nato il 15. Comunque, un giorno mi invitò a casa sua e mi mostrò con orgoglio la splendida tavola dicendomi: «È il pezzo a cui tengo di più, sono legatissimo a questo gioiello. Sappi che, quando non ci sarò più, voglio che sia regalata a Roma, alla nostra città. Deciderai poi tu dove...». La tavola ha una storia illustre: venne esposta nel 1894 alla Royal Academy di Londra già con l’attribuzione a Francesco di Giorgio Martini, quasi certamente l’autore (tra mille dibattiti) della «Città ideale» esposta a Berlino alla Gemäldegalerie: sue madonne analoghe a questa sono esposte al Metropolitan musem di New York, alla Pinacoteca nazionale di Siena. Secondo la ricostruzione dei prestigiosi antiquari Apolloni di via del Babuino a Roma, l’opera venne comprata da Sordi negli anni Cinquanta.

VOLONTA' - L’attore non lasciò nulla di scritto ma la sua volontà era inequivocabilmente nota. Lo dimostrerà il fatto che, quando Alberto Sordi nel 2003 morirà, sarà proprio la sorella Aurelia a contattare (qualche anno dopo) Francesco Rutelli, diventato nel frattempo ministro per i Beni e le attività culturali. Racconta ancora l’ex ministro: «La signorina Aurelia mi confermò con lucidità e precisione che la volontà del fratello era di regalare la Pala a Roma. Fu così gentile da permettere di far visionare l’opera dagli esperti del ministero. Chiesi di esaminarla a due personaggi di indiscutibile valore, come l’allora direttore generale del ministero e oggi sottosegretario Roberto Cecchi e come Cristina Acidini, soprintendente per il Polo museale fiorentino». Acidini e Cecchi studiarono con attenzione l’opera: una relazione di otto pagine, del 17 marzo 2008, riporta le caratteristiche storico-artistiche e strutturali della tavola. Alla fine si può leggere: «L’attribuzione a Francesco di Giorgio Martini può essere confermata precisando che, alla luce degli studi più recenti, egli fu probabilmente responsabile del disegno e della stesura pittorica delle due figure principali, Madonna e Gesù Bambino, mentre delegò la dipintura delle figure secondarie a un assistente, indicato convenzionalmente come "Fiduciario di Francesco"». Nel documento l’opera viene indicata come «Tavola Sordi», nome ormai «storicizzato» con mezzo secolo di possesso. Rutelli immaginò di collocarla al Museo nazionale di Arte antica di palazzo Barberini. Da quel momento nessuna notizia della Tavola.

ELEZIONI - Nella primavera 2008, alle elezioni vinse il centrodestra, la macchina ministeriale si arenò e, con tutta probabilità, il fascicolo si perse semplicemente perché mancava l’interesse che Rutelli personalmente aveva nei confronti del vecchio amico. Forse qui nasce la decisione di Aurelia Sordi di regalare la Tavola a Papa Benedetto XVI: Rutelli, che ignorava come tutti la destinazione, aveva inviato nei giorni scorsi una e-mail a Roberto Cecchi suggerendogli l’opportunità che il ministero avvii «una procedura per l’apposizione del vincolo per cautelarsi dalla dispersione o da una anomala destinazione». Perché? Persone amiche dell’ex ministro e che avevano visto recentemente casa Sordi («non faccio nomi per riservatezza», spiega Rutelli) non avevano trovato traccia della Tavola. Cecchi si è mosso subito, girando il dossier a Daniela Porro, nuova soprintendente al Polo museale romano. Ora il clamoroso sviluppo chiude ogni congettura: la Tavola è nell'appartamento papale. Chissà se papa Francesco l’ha già vista. E chissà cosa deciderà di farne ora, sapendo che la volontà di Sordi era di regalarla a Roma.

Paolo Conti
5 aprile 2013 | 11:59


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UNA LETTERA A PAPA BENEDETTO

di DANIELA VILLA

Con una nota del nostro direttore

Quella che leggerete di seguito è sicuramente una lettera d'amore. E' scritta da una donna. Ci sono toni lirici, immagini struggenti, sentimenti profondi. Sembra di leggere un testo del periodo romantico del 1800. Non c'è dubbio, dal cuore di questa donna che scrive esce amore, amore puro, lontano mille miglia da un volgare amore carnale, come quelli a cui le TV ci hanno oggi abituati, del tipo una botta e via. Un tipo di amore difficile da capire e spiegare al giorno d'oggi ma che però esiste e questa lettera ne è testimonianza. E questo anche per la particolarità dell'oggetto dell'amore di questa donna che non è rivolto ad un uomo qualsiasi, uno dei tanti destinati ad innamorarsi e poi magari a sposarsi e a fare figli e figlie, no! Uno per il quale, come scrisse Dante, si possa dire:

Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.

Uno cioè che potrebbe in qualche modo ricambiare l'amore ricevuto, perché l'amore, quando è vero e sincero, è cieco, muto, sordo a qualsiasi richiamo e a qualsiasi incombente pericolo e che, quindi, non può che essere ricambiato, e a volte portare alla perdizione.

L'oggetto dell'amore di questa donna è una persona che è stata educata in anni e anni di studio, in ambienti esclusivamente maschili, a non dover mai provare alcun tipo di sentimento, seppur svincolato da qualsiasi sensualità, per una qualsiasi donna di questa terra. Donne tutte subliminate in Maria madre di Gesù e madre di Dio. Anzi l'educazione ricevuta è stata basata spesso su una ferrea misoginia. E man mano che egli saliva nella scala gerarchica della chiesa di cui fa parte, è stato via via abituato a sublimare qualsiasi pensiero che potesse in qualche modo apparire come un sentimento. Potrà sembrare strano ma l'oggetto dell'amore di questa donna è l'oramai ex Papa Benedetto XVI.

Questa lettera ci è stata inviata da un ex prete, ora sposato, che l'ha inserita sul suo blog e che dobbiamo ringraziare perché abbiamo scoperto che egli ha fra i propri link amici quello del nostro sito. E su quel blog abbiamo potuto leggere alcuni commenti di lettori che, parlando di Benedetto XVI, dichiaravano il loro amore a prima vista per lui, fin dall'Habemus Papam e forse prima ancora che si conoscesse il suo nome profano, cardinale Joseph Ratzinger. E perciò esprimevano ampi consensi al contenuto di questa lettera, che richiamava in loro quei primi sentimenti scaturiti subito dopo quell'annuncio, urbi et orbi, gridato dal loggione centrale della Basilica di San Pietro a Roma.

Potenza dei simboli e dei ruoli, che spesso fanno apparire le persone molto diversamente da quello che sono, o forse le trasformano. Il prete non è più un uomo, il vescovo ancora di più, il Papa è al massimo dell'annullamento dei suoi sentimenti umani, perché tutti dedicati esclusivamente al servizio di Dio, a fare da ponte tra Dio e gli uomini, con le loro angosce e frustrazioni e desiderio di salvezza. Del resto il mistero più misterioso e impenetrabile della teologia cattolica non è forse quello della transustanziazione? Direbbe Antoine-Laurent de Lavoisier (1743 – 1794), chimico francese, “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”.

Probabilmente non basterebbe un intero battaglione di psichiatri per mettere in luce gli aspetti profondi dell'animo umano che sono coinvolti nella interpretazione dei simboli religiosi o dei ruoli ricoperti da persone in carne ed ossa come tutti, ma marchiati, Ab aeterno, dal fuoco dello Spirito Santo, attraverso l'imposizione delle mani, da un altro uomo che ha sua volta ha ricevuto la stessa imposizione da un altro uomo. Non basterebbe un battaglione di psichiatri per comprendere come e perché simboli e ruoli abbiano la capacità di suscitare sentimenti come quelli che questa lettera esprime. Qualcuno potrebbe parlare di “sindrome di Stoccolma”, con le vittime che finiscono per amare il proprio carnefice. E così si può finire per amare anche la Curia romana, quell'enorme buco nero che sembra l'anticamera dell'inferno piuttosto che la porta del paradiso, e rimanere impotenti e smarriti di fronte ad essa. Oppure sarà il bisogno di avere un oggetto sacro da adorare, un oggetto in carne ed ossa, che sia visibile e di cui magari poter baciare la mano o l'anello, e che magari sia luccicante e splendente o vestito con colori smaglianti, quasi come se gli uomini e le donne di oggi fossero simili, nella loro ingenuità, ai primi indigeni trovati da Colombo nelle Americhe, attirati dagli specchietti che gli furono regalati e che pagarono amaramente la loro curiosità e profonda ingenuità. Ed in effetti i vestiti, che sono abituati ad usare i Papi, hanno tutte queste caratteristiche, pieni di oro e di pietre preziose luccicanti, con il colore rosso predominante, dalle scarpette alla mantellina o ai copricapi, tutti fatti amorevolmente a mano e con i migliori materiali, quelli che Benedetto XVI ha usato in abbondanza, attingendo ai molto forniti armadi Vaticani, a differenza degli ultimi suoi predecessori. Questi simboli emanano qualcosa di profondo che può trasformarsi in amore e amore a prima vista e amore che dura.

Abbiamo così deciso, come redazione, di pubblicare questa lettera anche per dimostrare che il nostro sito non è fatto solo di mangiapreti o mangia papi che dir si voglia, ma anche di persone che sanno commuoversi di fronte ad un amore vero e viscerale come quello che qui viene rappresentato. Anche perché a noi interessa poter rappresentare la realtà per quello che è, per quanto strana e anacronistica essa possa sembrarci.

Ed ora bando alle ciance, gustatevi questa lettera. (Giovanni Sarubbi)




LETTERA A PAPA BENEDETTO

Dolcissimo e meraviglioso Papa Benedetto!

Grazie infinite per la tua splendida e toccante testimonianza umana, un autentico “dono” che ci rende partecipi e pronti a condividere quell’ultimo tratto del tuo cammino da pellegrino su questa terra, forse quello più difficile, perché sguarnito dell’antico vigore nel corpo e soprattutto nello spirito!

L’apostolo Paolo affermava: «Quando sono debole è allora che sono forte …» ed è per questo che il coraggio della tua scelta di “lasciare”, ma comunque di “restare” ai piedi di quella Croce, scandalo e delizia dell’Umanità, ti svela quale Tu sei veramente, come espressione unica e irripetibile della tua essenza semplicemente e straordinariamente umana: un anziano saggio Papa che merita, da parte del suo Popolo, un rapporto fatto di fiducia, Amore, rispetto e riverenza, per la tenera e delicata essenza che Ti contraddistingue.

Permettici di dirti quanto Ti sentiamo, oggi più che mai, vicino a quella schiera di uomini e donne di buona Volontà, desiderosi di amare, perché, con sofferenza, fatica e sacrificio, hanno guadagnato innanzitutto l’Amore di se stessi, la propria autostima, che prima o poi, sicuramente, se è già scritto da sempre nel libro della vita, ha trovato e troverà il suo valore di “senso” nell’Unione con Dio e con i Fratelli, i nostri “compagni di viaggio” per eccellenza, con i quali ricercare, in piena comunione d’intenti, il significato dell’esistenza della Chiesa, senza però annullarsi, senza diventare altro da noi, senza vivere drammaticamente in dipendenza dei nostri “cambiamenti” fisici, psichici, spirituali, che inevitabilmente l’età comporta!!!

Caro Papa, Tu ami la Chiesa e i tuoi sentimenti restano immutati, anzi, risultano migliorati e affinati dal “crogiuolo della prova”, accettata con serenità.

E quanto, ora, dalla tua assenza/presenza potrebbe scaturire di valido, di costruttivo e di positivo per tutti noi, poveri Cristiani in cammino, è intanto la riscoperta di aspetti e di qualità della Tua personalità e della Tua anima grande: in piena coscienza, caro Papa Benedetto, apprezziamo di Te, più che mai, ancora la guida e l’assunzione responsabile di gioie e dolori, che derivano dalla tua paternità, perché tappa irrinunciabile del tuo cammino vocazionale di Vicario di Cristo sulla terra, per sempre …

Del resto, caro Papa Benedetto, fin dall’inizio di quella sorprendente “avventura” sul soglio di Pietro, iniziata otto anni fa or sono, avventura che si chiama Amore, hai scelto di amare Dio e il suo Gregge in un’accettazione consapevole, che si basa sul rispetto della realtà, ossia di luci e di ombre, di verità aperte e nascoste, di fatti e di situazioni non sempre facili e risolvibili, proprio perché spesso negate, non adeguatamente affrontate e considerate irrazionalmente “non fatti”, non esistenti come tali, a incominciare dalle ferite vergognose della pedofilia, dello strapotere vaticano, del dialogo sofferto tra le diverse confessioni religiose … E altro, altro, altro ancora …

Caro Papa Benedetto, anche Tu ne hai pagato lo scotto altissimo! Forse, pure con il rischio di una totale confusione di ruoli, affetti e legami: è tristissimo chiamarti “Papa emerito” ed è ancora più infelice domandarsi o almeno avere semplicemente il dubbio sull’effettiva presenza di un autentico spirito collegiale accanto a Te! Dove erano tutti gli Eminenti Cardinali nell’ora del Getsemani? Forse dormivano!

Ci hai comunque insegnato, ancora una volta, da sapiente esegeta e biblista quale sei, che il sapersi tirare indietro nel momento opportuno, potrebbe essere quello il giusto e corretto atteggiamento per sperimentare che cosa significhi acquisire il senso vero della vita, di una particolare condizione di vita, e dei rapporti, che nel suo corso si intrecciano secondo un «ordine discreto» dei sentimenti del cuore, come sostiene il profano cantautore De André!

Eppure, caro Papa Benedetto, come ci piace immaginarti tranquillo e sereno nel riposo delle mura domestiche di Castel Gandolfo, magari mentre sorseggi una birra bavarese o suoni il tuo amato pianoforte o ti dedichi alle tue letture predilette …

Papa carissimo, ripuliti da ogni forma di burocratismo clericale, ci piacerebbe ancora vederti, stringerti la mano, salutarti e non pensarti nascosto agli occhi indiscreti del mondo, al di là del muro!

Di Te, ci rimarranno, comunque e sempre, i tuoi preziosi scritti, i sentimenti di Amore e di Amicizia che ancora nutriamo per Te: quelle sono le “perle” preziose, il vero “balsamo” dello spirito, che renderanno, per il momento e il più a lungo possibile, la tua persona viva e presente tra di noi!

Grazie Caro Padre! Ti auguriamo di essere sempre fiducioso e aperto a tutte le belle novità che ogni giorno può offrirti. Apprezza, più di ogni altro bene, la salute fisica e la tua serenità di spirito! Ti Vogliamo un Mondo di Bene!!! Grazie! Grazie! Grazie!

Ai Signori Cardinali, come li chiami Tu, auguriamo: «Buon Conclave!»

DANIELA VILLA da Montanaso Lombardo-Lodi

danielavilla09@libero.it


http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http%3A%2F%2Fwww.ildialogo.org%2FRatzinger%2FInterventi_1363078610.htm


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Grazie a Papa Benedetto mi sono convertita!

Scritto da Elisa Bertoli

Lunedì 08 Aprile 2013 07:33

Sono passati ormai due mesi da quell’11 febbraio in cui Benedetto XVI ha annunciato al mondo le sue dimissioni. Sessanta giorni in cui l’animo dei cattolici è passato dallo stupore e dallo smarrimento per l’inaspettata decisione del Papa alla speranza riposta nel conclave, fino all’entusiasmo che circonda ora con sempre maggior energia papa Francesco: in meno di due mesi gli otto anni di pontificato di Benedetto XVI sembrano essere già diventati solo un vecchio ricordo.
Il ricordo di Benedetto XVI ancora vivo tra i fedeli
“Mi aspetto tuttora Benedetto XVI sulla papamobile: non mi sono ancora abituata a non vederlo più qui”. Mancano pochi minuti all’ingresso di Francesco in piazza S. Pietro, ma Paola non riesce a nascondere il proprio smarrimento. “Ho visto Francesco per la prima volta dal vivo alcuni giorni fa, ma mi sembrava di essere in un film. - ammette invece Elisa - In televisione mi ci sono subito abituata, ma a S. Pietro è tutto diverso: non riesco ancora a credere che quel puntino bianco non fosse Benedetto XVI”.
Ad ascoltare i discorsi di chi Papa Francesco non l’ha visto solo in tv, ci si rende conto tuttavia di quanto i tempi umani siano molto più lunghi di quelli dettati dai media: la tv dimentica in fretta, i fedeli no. E molti di loro non solo non dimenticano Benedetto XVI come pastore della Chiesa: tanti non scorderanno mai quanto egli abbia trasformato le loro vite.
Liliana, donna vittima di violenza
Liliana è una donna vittima di violenza familiare. Violenza morale, psicologica, economica e fisica. Dopo ventun anni di matrimonio e due figli (il più piccolo di 8 anni e il più grande di 13) “ero nel momento più buio della mia storia – ricorda con dolore - credevo che la vita fosse inutile e la disperazione mi stava travolgendo”.
Poi quell’invito continuo del Papa a pregare: “Pregate con il cuore – diceva - la vostra arma vincente è la preghiera! Pregate e i miracoli arriveranno, pregate e vi cambierà la vita”. Ricorda Liliana: “Era il 2010 e non so come, ma mi sembrava che il Papa stesse parlando direttamente a me. Così ho cominciato a pregare, facendomi aiutare da un libro di preghiere che avevo nel cassetto da un paio d’anni, ma non avevo ancora aperto”.
“Poi il caso volle che Benedetto XVI venisse a Mestre e Venezia, proprio vicino a dove abitavo. Subito, nonostante le difficoltà, mi sono organizzata assieme ai miei figli per andare a vederlo. Sono tornata a casa con una tranquillità strana, quella serenità che chiedevo sempre nelle mie preghiere: “Papa Benedetto – dicevo – prega per i miei figli, per me e per il mondo intero”. Be’, dopo poco più di due anni il miracolo è arrivato, e ora vivo assieme ai miei figli lontana dalla città in cui abbiamo tanto sofferto. Ho casa e lavoro, ma la cosa più importante è che siamo tutti e tre liberi, sereni e in pace”.
“Quando Benedetto XVI ha indetto l’Anno della Fede, mi sono commossa, perché proprio con una fede sincera ho allontanato il male e riempito il cuore di serenità. Mi auguro di cuore – conclude Liliana - che ogni donna vittima di violenza possa trovare come me la forza nella preghiera, perché le preghiere muovono montagne”.
Elisa, studentessa universitaria
Elisa è invece una giovane studentessa di lettere moderne, e papa Benedetto l’ha “conosciuto” in piazza S. Pietro la scorsa primavera. “Ero a Roma per un convegno assieme ad un’amica, e il programma prevedeva tra le altre cose anche l’udienza, il mercoledì mattina. Camminando verso S. Pietro immaginavo semplicemente che di lì a pochi minuti avrei trovato conferme al consueto stereotipo: il Vaticano luogo esclusivamente di potere e il Papa – freddo teologo tedesco - figura ricca e lontana dalla gente”.
Elisa però quel giorno, a Roma, ha scoperto ben altro: “Ho trovato in realtà in Benedetto un papa profondamente umano, vicino, e ho iniziato a vedere la Chiesa in modo nuovo, a sentirmi davvero cattolica. Ho ancora davanti agli occhi l’immagine di quel momento: Benedetto XVI passa davanti a noi in papamobile ed io mi rendo conto improvvisamente di quanto abbia il volto ed il fisico stanco, affaticato, come se realmente portasse sulle sue spalle il peso della Chiesa intera”.
Un attimo che è rimasto per sempre: “In seguito ho rivissuto tante altre volte attraverso la tv quanto percepito a Roma, ad esempio seguendo il papa nei suoi viaggi e negli incontri con la gente: ormai mi si erano aperti gli occhi sulla sua umanità, così come sulla bellezza della Chiesa Cattolica.”
“Benedetto XVI mi lascia però anche un’altra importante eredità – conclude Elisa - Mi ha fatto capire infatti che la Chiesa non si rinnova con il “progresso” inteso come “aperture” eclatanti, bensì con gesti semplici. Mi ha insegnato inoltre che il volto della Chiesa si può migliorare semplicemente essendo più umani e mostrando che si può essere nel mondo ma non del mondo: in una società dove il potere è tutto, Benedetto XVI ha fatto al contrario una scelta di umiltà.”


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Dal blog di Lella...

LA FISIONOMIA DI UN AUTENTICO “UOMO DI CHIESA”

Ettore Penza

“Un semplice ed umile lavoratore nella vigna del Signore”.
Con queste parole, «dopo il grande Papa Giovanni Paolo II» si era presentato al mondo il timido Joseph Ratzinger che con il suo passo felpato, si era inserito nel cammino dell’amato predecessore. Fin da subito mi aveva colpito la comunione e la continuità con il suo predecessore. In lui non vi era alcuna volontà di imporsi fin da subito come il nuovo “Sommo Pontefice”ma il desiderio di continuare ad essere un semplice servitore della vigna, chiamato a condurre la barca di Pietro al seguito di quella lunga catena di pastori che hanno guidato la Chiesa lungo i secoli. Guardando alla sua vita non possiamo fare altro che riconoscere la semplicità e l’umiltà di un uomo che certamente è stato chiamato a responsabilità grandi, a ruoli che possono apparire prestigiosi anche nella Chiesa.
Tuttavia il ruolo e le grandi responsabilità non lo hanno mai insuperbito. Soprattutto non ha mai inseguito il successo e la carriera. Egli è rimasto sempre se stesso, il piccolo Joseph. Quando Joseph Ratzinger apparve per la prima volta dalla loggia centrale della basilica di S. Pietro ci aveva anticipato che lo consolava «il fatto che il Signore sa lavorare e agire anche con strumenti insufficienti». È così, lo scorso 11 febbraio, ha riconosciuto l’insufficienza delle sue forze davanti alla situazione della Chiesa e ha lasciato ad altri il timone. Non nascondo che davanti alla scioccante decisione di Benedetto XVI di abdicare ho provato sentimenti contrastanti. Inizialmente smarrimento e tristezza, che hanno lasciato poi il posto alla ragionevole comprensione, davanti ad una scelta che ad ogni modo, richiede all’intera compagine ecclesiale di essere metabolizzata, attraverso la riflessione e l’interiorizzazione. Una decisione che il Santo Padre (emerito) ha maturato in un clima di preghiera, sotto la luce di Dio. Presto la tristezza ha lasciato spazio ad una profonda gratitudine ripensando a quanto Dio mi ha donato attraverso la vita, l’esempio, e l’insegnamento di Benedetto XVI. La mia vocazione è da sempre legata alla persona del Papa. Non per fanatico papismo ma per grazia, perché il Signore mi ha parlato attraverso l’ultimo tratto della testimonianza sofferta di Giovanni Paolo II come anche mediante la predicazione e la testimonianza di Benedetto XVI. Sebbene la persona del Papa sia un riferimento necessario per la fede di un cattolico a prescindere dalla persona chiamata ad assumere questo servizio in un dato momento della storia, devo però riconoscere che è un legame spirituale intenso quello che si è creato tra me e Benedetto XVI. Non so se sono in grado di spiegarlo bene.
È come se vi fosse un amicizia, una conoscenza, una sintonia spirituale che ci precedeva. Spesso nella preghiera e nella meditazione personale leggendo le sue parole ho avvertito una grande vicinanza, come se egli avesse ben presente la mia situazione. Mi sono sentito realmente accompagnato nel cammino di fede e vocazionale È un po’ forse quello che dice Gesù nel Vangelo: «Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me» (Gv 10,14). Questo è stato il rapporto tra me e Joseph Ratzinger una profonda e intima comunione. Certamente questo è accaduto perché attraverso la sua parola, il suo pensiero e la sua fede ho trovato sostegno in un momento della mia vita in cui le domande erano tante e la ricerca di senso, molto forte. Vorrei ora condividere i frutti di questa “amicizia spirituale”. Il suo lascito, la sua eredità è molto ricca!
L’amore per la Verità che salva. Proprio mentre Joseph Ratzinger diventava Papa, in me cresceva un desiderio di fare chiarezza in merito alla fede, desideravo andare più in profondità e non rimanere in superficie. La scoperta di tante immagini distorte su Dio e sulla Chiesa hanno fatto sorgere in me questo esigenza. L’esigenza di non accontentarmi dell’opinione dominante o della verità a buon mercato e “per sentito dire”, ma di coinvolgermi in prima persona e più direttamente con l’essenza della fede. La scoperta della persona di Joseph Ratzinger avviene proprio nel 2005 qualche giorno prima della sua elezione. In famiglia abbiamo sempre seguito con intensa partecipazione la via crucis al Colosseo del Papa. Quell’anno le meditazioni erano proprio del Card Ratzinger. Rimasi colpito dalla descrizione circa la situazione della Chiesa:«Quanta sporcizia c'è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!». Da queste sue parole emergeva un bilancio drammatico . Al tempo stesso però si poteva cogliere una fede incrollabile in Cristo! «Satana se la ride, perché spera che non riuscirai più a rialzarti da quella caduta; spera che tu, essendo stato trascinato nella caduta della tua Chiesa, rimarrai per terra sconfitto. Tu, però, ti rialzerai. Ti sei rialzato, sei risorto e puoi rialzare anche noi. Salva e santifica la tua Chiesa. Salva e santifica tutti noi.» Quel cardinale mi aveva profondamente colpito. La sua fede mi aveva conquistato. Mi diceva che Il peccato e lo scandalo nella Chiesa non hanno l’ultima parola anche quando possono costituire un ostacolo per la fede. La verità e l’amore di Cristo restano il fondamento inattaccabile. Si può dire che attraverso quelle riflessioni conobbi per la prima volta il futuro papa.
Una mite fermezza e una chiara concezione del ministero. Fin da subito sono rimasto affascinato dal tratto mite, umile, direi quasi timido di Benedetto XVI. Tuttavia non è mai venuta meno la sua chiarezza e fermezza quando si trattava della fede in Gesù. Mi ha conquistato la sua concezione del ministero. Per lui il sacerdote non annuncia opinioni personali, bensì è un messo, è chiamato all’espropriazione di se stesso, è chiamato ad aprire il proprio “io” per far entrare il “Tu” di Cristo. A partire da questo amore per Gesù non si può non amare la Chiesa che non può tollerare la confusione, il relativismo e neanche pastori remissivi tiepidi o indifferenti nella fede. Alla chiusura dell’anno sacerdotale in piazza San Pietro così il Papa si rivolgeva a migliaia di sacerdoti: «il pastore ha bisogno del bastone contro le bestie selvatiche che vogliono irrompere tra il gregge; contro i briganti che cercano il loro bottino. Accanto al bastone c’è il vincastro che dona sostegno ed aiuta ad attraversare passaggi difficili. Ambedue le cose rientrano anche nel ministero della Chiesa, nel ministero del sacerdote. Anche la Chiesa deve usare il bastone del pastore, il bastone col quale protegge la fede contro i falsificatori, contro gli orientamenti che sono, in realtà, disorientamenti. Proprio l’uso del bastone può essere un servizio di amore. Oggi vediamo che non si tratta di amore, quando si tollerano comportamenti indegni della vita sacerdotale. Come pure non si tratta di amore se si lascia proliferare l’eresia, il travisamento e il disfacimento della fede, come se noi autonomamente inventassimo la fede. Come se non fosse più dono di Dio, la perla preziosa che non ci lasciamo strappare via. Al tempo stesso, però, il bastone deve sempre di nuovo diventare il vincastro del pastore – vincastro che aiuti gli uomini a poter camminare su sentieri difficili e a seguire il Signore».Un amore dunque, che contempla la misericordia ma che non autorizza a soprassedere sulla Verità, semmai per dirla con Sant’Agostino una «Caritas in Veritate».
Il coraggio di apparire perdenti e fuori moda. Se Giovanni Paolo II con la sua testimonianza sofferta mi ha aperto alla novità di Gesù, Benedetto XVI mi ha condotto ad un ulteriore passo. Tutto il suo pontificato sembra dire “Spalanca le porte a Cristo! Lascialo entrare! Ma ricordati che sei tu che devi lasciarti trasformare da Lui, guardati bene dall’entrare in compromessi quando la tua amicizia con Gesù ti mette davanti a scelte coraggiose e contro-corrente”. La libertà di Ratzinger mi ha sempre affascinato. La sua vita ci da prova di questa grande libertà di spirito. Dal 1981 al 2005 è il“Custode della fede” un compito di grande responsabilità, ma anche piuttosto impopolare. La sua fedeltà alla verità di Cristo gli è costata cara in termini di immagine è popolarità. Ma il successo non è stato mai la misura del suo lavoro. L’unico interesse? L’amore per la fede dei semplici, che non deve essere ingannata! Ammirabile il suo coraggio nel difenderla da i mistificatori e dai mercenari, da far propria l’umile consapevolezza che la fede va servita e non si può mercanteggiare con essa perché non è nostra, la fede non si può mettere ai voti, non si può esporre alla mercé di chiunque, perché non ne siamo noi i padroni. Di questo Joseph Ratzinger ne è convinto fino in fondo e questa convinzione è parte della sua eredità.
Una viva consapevolezza: noi non siamo la verità! Se la fede non è nostra vuol dire che non possiamo trattarla con arroganza occorre accoglierla, comprenderla, e per fare questo bisogna camminare. Ratzinger è sempre rimasto in cammino. Anche da Papa. Lo abbiamo sentito dalle sue parole anche quando ha deciso di ritirarsi “nascosto al mondo” come semplice pellegrino. In fondo questo è sempre stato Ratzinger un semplice “pellegrino” lo ricordava la conchiglia nel suo stemma. La conchiglia rimandava ad una leggenda riferita a sant’Agostino che passeggiando sul lungo mare incontra un bambino un po’ ingenuo che usando una conchiglia era tutto intento a riversare le acque dell’oceano all’interno di una buca. Il Santo riflette guardando il bambino e comprende che la mente umana è “limitata”proprio come quella buca nella sabbia. La ragione umana per quanti sforzi possa fare non potrà mai comprendere totalmente il mistero di Dio. Ratzinger nel suo ministero è sempre rimasto in cammino dietro al Signore. Questa sua umiltà nonostante la sua sapienza di vero teologo è disarmante!
La fisionomia dell’autentico “uomo di Chiesa”. Henry De Lubac, uno dei grandi teologi del novecento, in una sua opera intitolata “Meditazione sulla Chiesa” dedica un capitolo alla descrizione del vero uomo di Chiesa. L’autore così dice: «la Chiesa ha rapito il suo cuore. È la sua patria spirituale.[…] Nulla di ciò che la tocca lo lascia indifferente o insensibile. Egli si radica in essa, si forma a sua immagine, s’inserisce nella sua esperienza, si sente ricco delle sue ricchezze. […]. Uomo della Chiesa, egli ne ama il passato, ne medita la storia, ne venera e ne esplora la Tradizione. Si guarda dal confondere l’ortodossia o la fermezza dottrinale con la grettezza e la pigrizia mentale e si ricorda che uno dei suoi compiti è di illustrare agli uomini del suo tempo le cose necessarie alla salvezza. Ha grande cura di non lasciare che una idea strana prenda a poco a poco il posto della persona di Gesù Cristo. […]Quando non può impedire la polemica, non si lascia per lo meno inasprire da essa, e le manovre di coloro che san Paolo chiamava già i “falsi fratelli” non lo inducono a ricorrere alle stesse armi[…]. Tutto il suo comportamento dà a vedere che lo spirito fortificante che ha ricevuto è nello stesso tempo spirito di amore e di sobrietà[…]. Egli soffre dei mali interni della Chiesa[...]. Vorrebbe sempre che in tutti i suoi figli la chiesa celebrasse una Pasqua di sincerità e di verità[…]. Non è un fanatico del passato, si sforza piuttosto di discernere gli spiriti[…]. L’uomo di Chiesa rimane sempre aperto alla speranza. L’orizzonte per lui, non è mai chiuso […]. Non si stupisce di dovere talvolta seminare nelle lacrime». Rileggendo queste parole, che sono tratte da un capitolo molto più lungo, non ho potuto fare a meno di rivederle “incarnate” nella profilo e nel ministero di Benedetto XVI. Anche questo appartiene all’eredità che mi lascia il Papa (emerito). Lui è un vero uomo di Chiesa perché l’ha amata anche quando la più grande persecuzione alla Chiesa e al Papa non veniva dai nemici fuori, ma dai nemici dentro la Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa (parole sue!). Un amore, il suo, che lo ha condotto ad attraversare la via impopolare della purificazione, a differenza di altri che volevano salvare “l’istituzione”!
Benedetto XVI se ne va, ma la sua eredità resta. Il successore di questo umilissimo Papa dell'era moderna seguirà le sue orme. Sarà uno con un altro carisma, un proprio stile, ma con la stessa missione. Condivido l’analisi di Peter Seewald Il quale osserva giustamente che non è un caso che il Papa uscente abbia scelto il Mercoledì delle Ceneri per la sua ultima grande liturgia. Poteva andar via suonando le trombe davanti a sé e invece no! Ci ha lasciato una eredità impegnativa. «Con quell’ultima liturgia penitenziale voleva dire disintossicatevi, rasserenatevi, liberatevi dalla zavorra, non fatevi divorare dallo spirito del tempo, non perdete tempo, desecolarizzatevi! Dimagrire per aumentare di peso è il programma della Chiesa del futuro». Il Papa non esiste per se stesso, esiste per la Chiesa di Cristo. Il Papa va ascoltato sostenuto a accompagnato nel ministero chiunque esso sia. Non possiamo lasciarlo solo. Noi tutti insieme in forza della comunione che ci lega al Signore e al suo Vicario, possiamo rendere bello il volto della Chiesa, ricordandoci, che non c’è vera riforma nella Chiesa senza conversione personale.



Una frase che mi ha colpito: "Ci ha lasciato una eredità impegnativa". Un mio pensiero: "La sua eredità appartiene a tutta la Chiesa e questa ha l'obbligo morale di non buttarla via perch'è un dono di Dio!"

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Rio Pusteria, una statua di papa Benedetto


RIO DI PUSTERIA. Papa Benedetto XVI è un po’ altoatesino. Tracce della sua famiglia ci sono sia a Naz che a Rio Pusteria e i due Comuni non hanno perso occasione per sottolineare questo onore. La giunta di Rio ha voluto rimarcare ancora di più questo aspetto dando incarico ad un artista di realizzare un monumento in bronzo proprio per ricordare papa Ratzinger, coltivando la segreta speranza di poterlo accogliere - magari ora che ha un po’ più di tempo libero - in vista alla casa dei suoi avi. Gli antenati materni del papa Benedetto XVI erano cittadini e proprietari del “Huandlmüller Gutes” e il prossimo 8 giugno verrà pure celebrata una festa in memoria degli antenati di Ratzinger. Ottima occasione per invitarlo in Alto Adige, magari a benedire la sua stessa immagine bronzea.

Per questo la giunta ha deliberato di incaricare l’artista di Ortisei Viktor Senor di realizzare una statua in bronzo del papa emerito, che poi la cittadina avrà cura di esporre davanti alla cappella Floriani a imperitura memoria. Il costo dell’opera è di 9.500 euro più Iva per un totale di poco inferiore agli 11.500 euro.

29 marzo 2013


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Da "Vatican Insider"...

9/04/2013

Ratzinger: “Troppe lacrime versate per i nazionalismi”

Lo scrive Benedetto XVI in un testo inedito pubblicato oggi dall'Osservatore Romano

redazione
roma

«Nella storia degli ultimi centoquarant'anni vediamo quanto sangue e quante lacrime siano state versate a causa della sbornia del nazionalismo, non solo in Europa, ma in tutto il mondo». Lo scrive Benedetto XVI in un testo inedito pubblicato oggi dall'Osservatore Romano che lancia così un dizionario del pensiero di Benedetto XVI curato dal presidente dei vescovi tedeschi Rober Zollitsch «L'abc di Joseph Ratzinger».

Secondo il Papa Emerito, i drammi del `900 originano dal fatto che «tutti (anche noi cristiani, noi cattolici) erano per lo più anzitutto tedeschi, francesi, italiani, inglesi, e solo in un secondo momento cristiani e cattolici. Abbiamo troppo dimenticato ciò che abbiamo imparato proprio dalla Scrittura, cioè che noi tutti nella nostra diversità, che doveva essere ricchezza dell'essere insieme, siamo destinati a essere insieme figli di Dio, fratelli di Gesù Cristo, una grande famiglia, e che il mondo, come dice la Scrittura, non viene unito con la forza di una nazione particolarmente significativa che si concepisca come nazione dominante o prescelta, piuttosto viene unificato tramite colui che può legare cielo e terra, Gesù Cristo».

Per Ratzinger, proprio «quel collocare il principio dell'unità al di sopra dei confini nazionali, benché purtroppo velleitario nella nostra storia, è risultato di grande attualità e non solo per allora». «Quel principio di unità è urgente anche oggi, poiché - afferma il Pontefice tedesco - ci troviamo dentro talmente tanti intrecci e dipendenze politiche ed economiche che nessuno può più uscirne». Il testo inedito pubblicato dal giornale vaticano mette in guardia dalla tentazione di «ritirarsi nella dimensione spirituale, religiosa, nel nostro mondo, nel nostro guscio». «Allora - spiega - se non il gruppo per cui simpatizziamo, è la coscienza, che spesso è solo un nome di copertura per i nostri personali desideri e per le nostre opinioni, ad essere intesa come ultima istanza. Tutto ciò possiede un valore proprio, ma lo si coglie, ed è vero e giusto, solo se si inquadra nella grande verità del nostro essere una cosa sola a partire da Dio Padre, da Gesù Cristo».

«Per questo motivo - conclude - dobbiamo essere ancora oggi grati per il fatto che esista il Papa come punto di riferimento dell'unità, come forza visibile dell'unità; dovremmo riconoscere il fatto che l'unità non è solo dono, piuttosto ci pone delle esigenze, e solo dopo può arricchirci; dovremmo sforzarci di condividere nella grande unità ciò che è nostro, così che noi siamo in grado di ricevere anche dagli altri».


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Da "Cristiano cattolico.it"...

Testo completo

La finestra della fede


Category: evangelizzazione Creato 09 Aprile 2013 Hits: 19
In un inedito di Joseph Ratzinger - Dal Vaticano i al Vaticano II

Sono ben 164 le brevi voci scelte per presentare il pensiero teologico di Joseph Ratzinger, e che vanno nell'edizione italiana da Abbà (Padre) a Vocazione (L'abc di Joseph Ratzinger, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2013, pagine 287, euro 15). Il piccolo libro, edito da Herder nel 2012, è stato curato dall'arcivescovo di Friburgo, presidente della Conferenza episcopale della Germania, Robert Zollitsch, in collaborazione con l'Institut Papst Benedikt XVI. di Ratisbona.
Con lemmi inconsueti e a volte inattesi, come i seguenti: Aggiornamento, Antico Testamento e cristianesimo, Ateismo: la sua funzione positiva, Chiesa peccatrice, Demitizzazione della Bibbia, Domenica giorno della speranza, Dottrina della reincarnazione e vita eterna, Dubbio, Essere come bambini, Evoluzione e continuità nella Chiesa, Festa, Gioco, Infallibilità della Chiesa, Inri: l'iscrizione della croce, Lutto, Morire e lasciarsi morire, Sabato santo: disceso nel regno degli inferi, Senso della vita, Teoria dell'evoluzione e fede nella creazione, Umiltà, Unità e integrità della Sacra Scrittura, Verità e storicità. Spicca in questo singolare dizionario la scelta di illustrare le 164 voci con brevi testi attinti alle opere di Ratzinger e di Benedetto XVI. Ne risulta insomma una piccola e preziosa antologia che si fonda anche su testi meno noti, come alcuni del giovane Ratzinger, e addirittura su un testo finora inedito. Si tratta di una omelia sul passaggio dal Vaticano i al Vaticano II tenuta dal cardinale il 13 luglio 1997 a Marktl am Inn, suo paese natale, che anticipiamo in questa pagina.

Il concilio Vaticano I ebbe luogo proprio nel momento in cui, al termine della guerra franco-tedesca, sorsero due nuovi grandi stati nazionali: la Germania e l'Italia. Contemporaneamente lo Stato della Chiesa, il potere temporale del papato, scomparve definitivamente dalla carta geografica e dalla nostra storia. In quel momento il Vaticano i mise in luce la veste puramente spirituale, libera da ogni zavorra temporale, del papato, la descrisse nuovamente partendo dalla sequela del Cristo privo di potere terreno anche nella successione, così come anche Pietro, il pescatore, lo aveva seguito, senza alcun potere, fino alla crocifissione a Roma.
Da tutto questo possiamo quindi provare un po' di sollievo e di cordoglio riguardo al passato: sollievo per il fatto che è venuto meno molto di quello per cui ci si compiaceva; forse anche cordoglio per qualcosa che si sarebbe voluto conservare. È importante però che nel momento in cui il principio della nazione celebrò il proprio trionfo, quando la nazione veniva perfino adorata, il Concilio le contrappose il principio dell'unità. La nazione è un valore, non lo si vuole contestare. Ma laddove viene assolutizzata essa diventa pericolosa.
Nella storia degli ultimi centoquarant'anni vediamo quanto sangue e quante lacrime siano state versate a causa della sbornia del nazionalismo, non solo in Europa, ma in tutto il mondo. E questo perché tutti (anche noi cristiani, noi cattolici) erano per lo più anzitutto tedeschi, francesi, italiani, inglesi, e solo in un secondo momento cristiani e cattolici. Abbiamo troppo dimenticato ciò che abbiamo imparato proprio dalla Scrittura, cioè che noi tutti nella nostra diversità, che doveva essere ricchezza dell'essere insieme, siamo destinati a essere insieme figli di Dio, fratelli di Gesù Cristo, una grande famiglia, e che il mondo - come dice la Scrittura - non viene unito con la forza di una nazione particolarmente significativa che si concepisca come nazione dominante o prescelta, piuttosto viene unificato tramite colui che può legare cielo e terra - Gesù Cristo. Così quel collocare il principio dell'unità al di sopra dei confini nazionali, benché purtroppo velleitario nella nostra storia, è risultato di grande attualità e non solo per allora.
Quel principio di unità è urgente anche oggi, poiché ci troviamo dentro talmente tanti intrecci e dipendenze politiche ed economiche che nessuno può più uscirne. Tanto più che vogliamo ritirarci nella dimensione spirituale, religiosa, nel nostro mondo, nel nostro guscio. Allora, se non il gruppo per cui simpatizziamo, è la coscienza, che spesso è solo un nome di copertura per i nostri personali desideri e per le nostre opinioni, ad essere intesa come ultima istanza. Tutto ciò possiede un valore proprio, ma lo si coglie, ed è vero e giusto, solo se si inquadra nella grande verità del nostro essere una cosa sola a partire da Dio Padre, da Gesù Cristo. Per questo motivo dobbiamo essere ancora oggi grati per il fatto che esista il Papa come punto di riferimento dell'unità, come forza visibile dell'unità; dovremmo riconoscere il fatto che l'unità non è solo dono, piuttosto ci pone delle esigenze, e solo dopo può arricchirci; dovremmo sforzarci di condividere nella grande unità ciò che è nostro, così che noi siamo in grado di ricevere anche dagli altri.
Qual è ora il messaggio del Concilio Vaticano II? Dalla molteplicità dei suoi testi non è facile estrapolare il messaggio centrale. Ma dovremmo ricordarci che il Concilio Vaticano i fu sciolto per la guerra tra i popoli, che esso non poté arrivare a un messaggio conclusivo. Così il Vaticano II ha continuato ciò che allora era stato interrotto, e diede forma alla parola definitiva sulla Chiesa e quella parola pronunciata nuovamente sulla Chiesa è Cristo. La prima frase del testo sulla Chiesa dice così: "La luce dei popoli è Cristo" (Lumen gentium 1). La Chiesa dunque esiste per tramandare questa luce. Essa non esiste per se stessa, ma come finestra che lascia penetrare la luce di Cristo in questo nostro mondo.

(©L'Osservatore Romano 10 aprile 2013)


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Da "Il popolo di Pordenone"...

Dolce e fermo nel suo servizio alla Chiesa versione testuale

Bruno Cescon

Il Papa della ragione e del sentimento, del trattato teologico e della parola limpida, della dolcezza e della fermezza ha deciso di scendere dal soglio pontificio per consegnarsi al silenzio e alla preghiera. Evidenzia esemplarmente nella sua persona ciò che ha cercato e proposto con i suoi libri e il suo insegnamento per tutta la vita. Ha ascoltato la sua coscienza che lo confermava nella constatazione della sua fragilità fisica, non bastante per guidare una Chiesa che ha anticipato il mondo nella sua globalizzazione.
Illuminato dalla sua fede, da quel Cristo che egli accosta con affetto e tenerezza nel suo ultimo libro, ha voluto servire la sua comunità cristiana con un gesto di insuperabile umiltà. Che è una forma di responsabilità verso la Chiesa pari a quella di Giovanni Paolo II. Un altro modo di stare sulla croce e di guardare al futuro, magari perché altri seguano questa via. Con questa scelta ha espresso il suo stile di Pontificato, il suo modo di essere martire, maturando nella preghiera una decisione che certamente avrà vissuta con un denso travaglio dentro di sé. Deve aver attraversato il deserto che non lascia scorgere tra le dune la pista e toglie le forze. Ma poi si è fatta luce nel suo animo, anzi "illuminazione", come scrive Sant’Agostino, filosofo e teologo che ha lungamente studiato e amato.
Sapendo che il mandato di pascere il gregge non è legato ad una persona, si è fatto autenticamente servo. E quando il servo vacilla nelle sue forze e nel suo vigore, avverte che è giunto il tempo di arretrare, perché un altro chiamato al servizio apostolico continui l’azione di Pietro.
E così il Papa, ritenuto un conservatore, compie un gesto storicamente innovatore. Dagli studi di storia aveva ben chiaro che Leone XIII non aveva governato per nulla la Barca di Pietro negli ultimi anni della sua esistenza, più che probabilmente a causa di una demenza senile. Per esperienza diretta ha constatato quanto Giovanni Paolo II sia stato in difficoltà a reggere la Chiesa, dovendo per forza di cose demandare e delegare di fatto troppi compiti e poteri al suo segretario, divenuto eccessivamente filtro e perno di tutto. Benedetto XVI inoltre non ha certamente dimenticato il peso che ebbe suor Pasqualina alla fine del pontificato di Pio XII. Con la sua scelta non ha voluto che ciò potesse accadere ancora.
E qui probabilmente si annuncia una svolta nel governo della Chiesa cattolica. Il Concilio Vaticano I aveva fatto del Papa una sorta di "monarca" assoluto, caricato di tutti i pesi dell’orbe cattolico. Il Concilio Vaticano II ha riequilibrato il servizio papale in senso più collegiale. Basti pensare al peso del collegio cardinalizio, ai sinodi, alle conferenze episcopali, alle visite del Papa alle chiese locali ma anche agli incontri con le chiese continentali in America Latina, in Africa, in Asia. Dopo questo gesto coraggioso la cattolicità troverà nuove forme di collegialità e di comunione.
Benedetto XVI ha capito tutto questo e per amore ai nuovi bisogni della Chiesa e del mondo ha ceduto il pastorale a un suo successore. Ci ha sorpreso nonostante ci avesse già chiesto di valutare la possibilità umana e cristiana della rinuncia. L’esempio di Papa Ratzinger pone al centro della vita di tutti, cristiani e sacerdoti, vescovi e cardinali, la gratuità e l’oblazione di sé.

http://www.db.ilpopolopordenone.glauco.it/pls/ilpopolopordenone/v3_s2ew_consultazione.mostra_pagina?id_pagina=8202


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Da "Formiche.net"...

Padre Lombardi assicura: nessuna malattia per Ratzinger

11 - 04 - 2013

Domenico Lofano

Il Papa emerito non ha alcun problema di salute particolare. Lo assicura il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, che smentisce una notizia circolata ieri su una presunta malattia grave di Benedetto XVI.Si sarebbe aggravato negli ultimi 15 giorni. “Benedetto XVI non ha nessuna malattia specifica e i suoi problemi di salute sono quelli legati all’età”, dichiara padre Lombardi, commentando la notizia diffusa dall’agenzia cattolica Aci Prensa che aveva parlato addirittura di “malattia grave” del Papa emerito Ratzinger.Durante la presentazione di un suo libro, la giornalista spagnola Paloma Gómez Borrero aveva affermato che “in 15 giorni, il deterioramento fisico di Benedetto XVI è stato impressionante; inoltre ha qualcosa di abbastanza grave”.La notizia era stata riportata da El Mundo e diffusa dall’agenzia Aci Prensa. La giornalista aveva anche annunciato che Joseph Ratziger, ora a Castel Gandolfo, non risiederà a lungo nel monastero Mater Ecclesiae, presso il quale si recherà dal prossimo maggio. In più, “non dovremmo vederlo molto” da ora in poi, concludeva Gómez Borrero.

www.formiche.net/2013/04/11/padre-lombardi-assicura-nessuna-malattia-grave-per-r...


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Dal blog di Lella...

CASTEL GANDOLFO PRESTO IL RITORNO IN VATICANO DEL PAPA EMERITO

La salute di Ratzinger :«Problemi legati all'età»

Padre Lombardi e i giorni difficili dopo la rinuncia: «No è malato»

Il fratello Georg in Italia per gli 86 anni del Papa emerito

Gian Guido Vecchi

CITTÀ DEL VATICANO - In questi giorni e in tutta riservatezza è arrivato a Castel Gandolfo il fratello maggiore, monsignor Georg Ratzinger, martedì festeggeranno serenamente assieme l'ottantaseiesimo compleanno di Joseph. Con buona pace di chi lo aveva dato per morto (su Twitter) o affetto da una grave malattia (su alcuni media spagnoli), dal Palazzo sul lago di Albano filtra che Benedetto XVI si sta riprendendo, compatibilmente con gli acciacchi della vecchiaia, dal classico «choc da pensionamento» patito nei primi giorni da Papa emerito.
Lo stesso padre Federico Lombardi, del resto, ha smentito seccamente «malattie specifiche» spiegando che «i suoi problemi di salute sono quelli legati all'età». Certo, nell'incontro storico tra papa Francesco e il suo predecessore, il 23 marzo, Benedetto XVI era apparso smagrito e spossato, le immagini da Castel Gandolfo ne rimandavano il viso sparuto, lo sguardo come estenuato. Voci e supposizioni nascono da lì. D'altra parte Ratzinger lo aveva spiegato nel motivare la «rinuncia» al ministero petrino e ripetuto il 27 febbraio nell'ultima udienza, «in questi ultimi mesi ho sentito che le mie forze erano diminuite». Poi, quando la «rinuncia» è diventata effettiva e alle 20 del 28 febbraio ha iniziato a vivere «nascosto al mondo», è successa una cosa che nell'immediato capita a molti.
Un luminare come il professor Attilio Maseri, che tra l'altro è stato cardiologo di Giovanni Paolo II e della Regina Elisabetta II d'Inghilterra, spiega che lo «choc da pensionamento» è un effetto abituale: «Lo è a maggior ragione quando si parla di persone che avevano grandi responsabilità, figuriamoci un Papa. Ed è tanto più naturale e comprensibile che possa succedere di fronte a una decisione di quella entità». All'inizio è dura - smettere d'improvviso, e dopo otto anni di pontificato - ma poi si ha una sorta di «effetto rimbalzo» e si recupera. I problemi al cuore del Papa emerito sono noti «ma in questi casi è una questione di cervello, non di cuore», spiega il professor Maseri. Ed è un «buon segno» quando la persona si mantiene intellettualmente attiva, com'è appunto il caso di Ratzinger.
A Castel Gandolfo, Benedetto XVI si è portato una quantità di libri, a cominciare dall'«Estetica teologica» di Hans Urs von Balthasar, il grande teologo svizzero con il quale fondò nel '72 la rivista Communio . Con lui, nell'appartamento, ci sono l'arcivescovo Georg Gänswein - è prefetto della Casa pontificia e si divide tra il Vaticano e il lago -, le quattro Memores Domini e, segnale importante, Birgit Wansing, laica consacrata dell'«Istituto di Schönstatt» nonché storica segretaria di Ratzinger: l'unica persona, si dice, in grado di decrittarne con facilità la calligrafia minuta a matita. Il Papa emerito continua insomma a studiare e a scrivere.
Ora, con il fratello Georg, 89 anni, è arrivata anche suor Christine, che aiuta il monsignore, e la piccola «famiglia» è al completo: il compleanno martedì, la festa di San Giorgio che il 23 aprile accomunerà l'onomastico del fratello e di Gänswein. Benedetto XVI sta beneficiando del clima finalmente mite dei Castelli. Rispetto a Roma si sveglia solo un po' più tardi. Poi la recita del breviario e le lodi prima di colazione, la lettura dei giornali, i libri, la riflessione e la preghiera, dopo pranzo il riposo e una passeggiata nei giardini recitando il rosario, la cena e i telegiornali, le letture e la preghiera prima di andare a letto. Gradualmente, raccontano, si sta riprendendo e prepara il ritorno in Vaticano «a fine mese o ai primi di maggio». I lavori nell'ex monastero dove alloggerà sono quasi terminati: là lo attendono casse di documenti privati - le carte personali, di studio - e la sua amata biblioteca.

© Copyright Corriere della sera, 12 aprile 2013


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