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Notizie dal B16F

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2015 04:06
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12/04/2013 23:01
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Ecco come sta Benedetto XVI

12 - 04 - 2013

Fabrizio Anselmo

Che un uomo di quasi 86 anni (li compirà il prossimo 16 aprile) possa non essere in ottime condizioni fisiche è cosa normale. Anzi, è stato lo stesso Benedetto XVI ad ammetterlo, seppure implicitamente, nel giorno in cui ha annunciato la rinuncia all’esercizio del proprio ministero petrino. “Per governare la barca di San Pietro è necessario anche il vigore sia del corpo sia dell’animo. Un vigore che negli ultimi mesi in me è diminuito”, ha affermato il predecessore di Papa Francesco. Certo è, però, che le recenti immagini di Benedetto XVI, apparso piuttosto affaticato e con evidenti difficoltà nel camminare, hanno fatto sorgere nuovamente il dubbio circa le reali condizioni di salute del Papa emerito, sino ad arrivare ad ipotizzare, come fatto da alcuni osservatori, che Benedetto XVI sia stato colpito da una grave malattia. Ma come sta, quindi, il successore di Giovanni Paolo II?Il ricorso alla pedana mobile: il primo segnale della stanchezza
Era il 17 ottobre 2011 quando Benedetto XVI fece il suo ingresso nella Basilica di San Pietro, per celebrare la messa per i “nuovi evangelizzatori”, su una pedana mobile. Una visibile novità grazie alla quale Papa Ratzinger percorse il tragitto dalla sacrestia all’altare della Confessione. Si tratta della stessa pedana utilizzata in passato dal suo predecessore Giovanni Paolo II. Le processioni, infatti, sotto il peso dei paramenti liturgici, si sono rivelate presto abbastanza gravose per il Papa, soprattutto quando il tragitto era molto lungo. Se in passato ogni problema di deambulazione veniva risolto a priori utilizzando, in ogni uscita pubblica, la sedia gestatoria, con l’arrivo di Karol Wojtyla venne subito messa da parte. Quando, però, dopo il 2000, le condizioni fisiche del Papa polacco sono peggiorate, ecco comparire per la prima volta la pedana mobile. Padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, ha, in quei giorni, invitato i giornalisti a non ricamare storie sulla salute di Benedetto XVI. “Non c’è nessuna malattia o indicazione di tipo medico” dietro la scelta dell’uso della pedana, ha spiegato padre Lombardi. “Lo scopo è esclusivamente quello di alleviare l’impegno del Santo Padre, analogamente a quanto già avviene con l’uso della papa mobile durante le processioni” ha precisato, in seguito, il portavoce della Santa Sede.La polemica del vaticanista Aldo Maria Valli
La scelta di ricorrere all’uso della pedana mobile e, in particolare, le giustificazioni addotte dalla Santa Sede, ha portato il vaticanista del TG1 Aldo Maria Valli a polemizzare con le autorità vaticane. In un suo articolo, infatti, Valli decise di spendere “due parole” sull’uso della pedana mobile concentrandosi sui perché della scelta. Si è chiesto Valli: “Ma se sta davvero bene, come dice padre Lombardi, come può essere per lui un compito improbo coprire pochi metri all’inizio ed alla fine di una celebrazione?”. Secondo il vaticanista del TG1, quindi, la Santa Sede avrebbe fatto meglio a “dire semplicemente che il Papa fa fatica a camminare, senza trincerarsi sempre dietro questa ideologia del segreto che non fa altro che alimentare voci e sospetti”. Parole che provocarono reazioni da più parti tanto che, ben presto, lo stesso Valli fu costretto a scusarsi: “Chiedo scusa per quell’articolo e dico apertamente che se ho offeso o addolorato qualcuno significa che ho sbagliato e sono profondamente dispiaciuto”. Senza, però, demordere: “Tuttavia vorrei ricordare che con quello scritto io cercavo solo di fare un ragionamento che riguardava il rapporto tra Vaticano e informazione “ ha poi aggiunto Valli.L’intervento (tenuto nascosto) al cuore
Alla fine padre Lombardi è stato costretto ad ammetterlo. Circa cinque mesi fa Benedetto XVI ha subito un intervento al cuore, nel riserbo più assoluto, presso la clinica Pio XI a Roma per la sostituzione del pacemaker. E’ stato il Sole 24 Ore, in un editoriale del direttore Roberto Napoletano, a darne notizia: “L’intervento è andato bene, il Papa si è ripreso regolarmente, non ha mai mancato l’appuntamento con l’Angelus, ha dimostrato la consueta serenità e buona capacità di sopportazione”. Il medico che ha materialmente eseguito l’operazione, Luigi Chiariello, si è trincerato dietro un “no comment” ma padre Lombardi ha affermato: “non si è trattato di un intervento rilevante, anzi assolutamente normale e di routine, che non ha avuto nessun peso nella sua decisione di rinunciare al ministero petrino”. Padre Lombardi, poi, ha spiegato come, in realtà, Benedetto XVI avesse già il pacemaker sin da prima dell’inizio del pontificato, ed in particolare da quando era cardinale. Secondo fonti mediche, infatti, Ratzinger utilizzerebbe il pacemaker per sostenere il cuore e per aiutarlo anche nelle crisi respiratorie, causate dall’insufficienza del battito.Solo un problema di cuore?
Sembra, però, che non siano solo i problemi relativi al pacemaker ad affliggere il Papa emerito. Secondo il giornalista Franco Bechis, infatti, il Papa negli ultimi mesi avrebbe avuto numerose piccole ischemie. Episodi, quest’ultimi, che avrebbero provocato “smarrimenti nel Papa, ripetute perdite di memoria”. Secondo la ricostruzione del giornalista, infatti, l’allora arcivescovo di Terni, Vincenzo Paglia, si sarebbe accorto di queste “mancanze” in occasione di un incontro con Benedetto XVI: “Ho avuto l’impressione che il Papa non fosse presente a se stesso, e a dire il vero che nemmeno sapesse chi io fossi”, ha detto in via confidenziale (ma neanche troppo) monsignor Paglia. Secondo altre ricostruzioni, poi, Benedetto XVI si sarebbe sentito male durante una celebrazione liturgica privata con la conseguente decisione di portarlo via in sedia a rotelle. Voci difficili da verificare che, però, hanno portato vari giornalisti ad accanirsi nello scrutare il volto di Benedetto XVI, nella “speranza” di trovare segnali di sofferenza.Le ultime voci: Benedetto XVI sta male
La notizia era filtrata su alcuni media spagnoli. Il Papa emerito ha una malattia grave. E’ stata la giornalista Paloma Gomez Borrero, una vera e propria veterana tra i vaticanisti, a riferire che la salute di Benedetto XVI sarebbe peggiorata negli ultimi tempi, tanto da mettere in dubbio la permanenza a lungo nel monastero Mater Ecclesiae all’interno delle mura vaticane. Alle indiscrezioni spagnole si sono aggiunte, poi, quelle del quotidiano arabo “Al Masry”, per il quale Benedetto XVI si sarebbe dimesso perché “malato di cancro” e affetto dal “morbo di Alzheimer”. Notizie che il quotidiano attribuisce a fonti mediche molto vicine al Vaticano, ma sulla cui veridicità e fondatezza sono molti a dubitare. Certo è che Benedetto XVI, nel corso dell’incontro con Papa Francesco a Castel Gandolfo, è apparso piuttosto smagrito e spossato.La smentita di padre Lombardi
Immediata, quindi, è giunta la smentita di padre Federico Lombardi. “Non risulta nessuna malattia in corso che influisca sulla sua salute” ha affermato padre Lombardi, aggiungendo che “avendolo incontrato spesso in queste ultime settimane posso dire di non aver mai notato segni di depressione in Benedetto XVI”. Secondo quanto scrive il vaticanista Giacomo Galeazzi, in realtà, si tratterebbe semplicemente “dell’aggravamento di una generale situazione di fragilità, senza fatti specifici accertati da medici”. Un cedimento fisico e nervoso, quindi, piuttosto normale dopo il periodo di straordinaria tensione provocato dalla decisione di rinunciare al ministero petrino, dal trasferimento a Castel Gandolfo e dall’elezione del suo successore.


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Da "Il sismografo"...

VENERDÌ 12 APRILE 2013

Vaticano

Nota dell'Ufficio stampa del Pontificio Consiglio per la Famiglia in merito ad un articolo di Fabrizio Anselmo

(a cura Redazione "Il sismografo")

Pontificio Consiglio per la Famiglia
Ufficio Stampa

Gentile Signor Fabrizio Anselmo,
Sua Eccellenza Mons Vincenzo Paglia, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, smentisce in maniera categorica le affermazioni che il sig Franco Bechis gli fa pronunciare a proposito della salute del Papa Emerito Benedetto XVI.
Esse sono totalmente false e prive di ogni fondamento.
L'ultima occasione in cui Mons Paglia ha incontrato Benedetto XVI è stato il 20 dicembre scorso in udienza privata. In quella occasione il Presidente ha avuto con l'allora Papa una lunga e straordinaria conversazione sulle tematiche relative alla famiglia, ricevendo illuminanti riflessioni su questa cellula fondamentale della Chiesa e della società.
Mons Paglia esprime il suo rammarico per le affermazioni che gli sono state attribuite e prega pertanto di pubblicare istantaneamente questa decisa smentita.

Distinti saluti

don Andrea Ciucci
addetto stampa

Città del Vaticano, 12 aprile 2013

http://ilsismografo.blogspot.it/2013/04/vaticano-nota-dellufficio-stampa-del.html


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Dal blog di Paolo Rodari...

Più impegni per Gänswein in Vaticano. Ratzinger assistito da un diacono tedesco

13 aprile 2013

REPUBBLICA

Un diacono tedesco per Benedetto XVI. A Castel Gandolfo Joseph Ratzinger continua il proprio ritiro monacale iniziato lo scorso 28 febbraio. E, oltre alle quattro Memores domini che già nell’appartamento del palazzo apostolico sbrigavano le faccende domestiche, è coadiuvato da un diacono di lingua tedesca scelto per lui dal prefetto della Casa Pontificia Georg Gänswein.

Ancora segretario particolare del Papa emerito, Gänswein è sempre più impegnato in curia romana e ha chiesto così l’arrivo a castello di un’altra persona. Il diacono seguirà Ratzinger anche quando egli tornerà in Vaticano.

Ufficialmente dovrebbe fare ritorno il prossimo mese, anche se vi è chi sostiene che rimarrà sui colli albani fino al termine dell’estate.


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Dal blog di Lella...

HO VISSUTO AFFAMATO DEL SUO MAGISTERO

padre Aldo Trento

BENEDETTO XVI

La decisione del Santo Padre, dopo alcuni istanti di smarrimento, grazie a quanto ci ha detto Julián Carrón mi ha colmato di stupore e di silenzio. E quello che mi era apparso come un terremoto, che mi aveva privato di ogni certezza, si è trasformato in una provocazione: ma io in chi pongo la mia consistenza? Chi è il mio centro affettivo, qual è la ragione della mia vita? La decisione del Papa si basa su risposte chiare a queste domande. «L’incredibile libertà di un uomo afferrato da Cristo», ha scritto Carrón. «Un uomo afferrato da Cristo» come san Paolo, o dal Mistero, come Abramo, Giacobbe, Mosè, uomini educati a vivere stando con lo sguardo, l’intelligenza e il cuore di fronte alla grande Presenza. Benedetto XVI mi ha testimoniato questa libertà di lasciarsi guidare dalla voce del Mistero, vivendo intensamente, attraverso la preghiera e il silenzio, la realtà, il luogo dove il Mistero è divenuto un Tu in Cristo Gesù.
Durante questi anni di Pontificato ho percepito con stupore la sintonia tra il suo magistero, espressione della sua vita di fede, e il carisma del Servo di Dio don Giussani. Ciò che mi ha segnato profondamente, dando un gusto nuovo alla mia vocazione missionaria, è stata la centralità di Cristo, espressa in modo profondo e commovente già nelle sue prime parole, in cui ci invitava a non aver timore di Cristo, ma a riconoscere in Lui l’Unicum che comprende pienamente l’uomo rivelandogli ciò che ha nel cuore. Cristo non solo non ci toglie nulla, ma ci dà tutto.
Questa certezza, che ha sempre mosso la sua vita, ha trovato in me non solo l’unica ragione della mia vita, la sua consistenza, la sua gioia, ma è stata anche l’origine di una passione missionaria senza precedenti. Quante volte tornando a casa dopo un lungo viaggio attraverso il Paraguay e contemplando per tutto il cammino l’immensa pianura costellata di case, mi ritrovavo a piangere al pensiero che Cristo non era ancora arrivato là!
Ho vissuto affamato del suo magistero al punto che - senza badare al costo - ho deciso di pubblicare ogni mese tutto ciò che il Santo Padre diceva, poiché ero certo che fosse l’unico strumento in un Paese e in un Continente dove non esiste quella tradizione romana che avrebbe potuto educare il mio popolo alla fede vissuta come un Avvenimento, superando quel moralismo pauroso ed asfissiante della vita. La passione del Santo Padre per Cristo si esprime come passione totale per l’uomo, per il cuore dell’uomo. In questo senso il suo sguardo alla realtà e a tutto ciò che nasce da un amore grande alla realtà mi costringe a domandarmi, per esempio se la clinica è veramente un luogo di evangelizzazione, come lui ha affermato nell’ottobre 2012 alla conclusione di un Congresso medico celebrato a Roma. O come quando nel suo messaggio per la Giornata mondiale del malato, celebrata nel suo amato santuario di Altötting, in Germania, ha ricordato che dobbiamo «riconoscere nel volto del fratello infermo il Santo Volto di Cristo». Sono provocazioni che mi hanno sempre educato a nutrire una grande passione affinché ciò che Dio ha operato nella mia vita e mediante la mia umile persona possa essere segno della Sua gloria nel mondo.
Osservandolo e seguendolo come un figlio ho imparato a sentire il bisogno del silenzio, di quel silenzio pieno della Presenza di Cristo. Ho gustato ogni giorno di più la bellezza e l’amore per Cristo presente nell’Eucarestia, fino a che questa è diventata la guida e il fondamento della mia vita e di tutti i miei gesti. La modalità con cui vivevo la liturgia, momento culminante della preghiera e fonte della bellezza che raduna in armonia tutte le cose, mi ha portato a vivere ogni cosa con una tensione all’Infinito che mi consentiva di curare ogni particolare, favorendo il cammino educativo di tutti. Infine da Benedetto XVI ho imparato, come da don Giussani, che il vertice della carità è la bellezza, l’unica capace di risvegliare il cuore assopito, anestetizzato, dell’uomo di oggi.

© Copyright Tracce marzo 2013


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Da "Riscossa cristiana"...

FORZA E DEBOLEZZA DEL PAPATO


di P. Giovanni Cavalcoli, OP


Ormai appare sempre più chiaro per chi non vive alla superficie della vita ecclesiale, ma vuole essere all’interno della Chiesa o, come diceva S.Teresa di Gesù Bambino, “nel cuore della Chiesa”, “in medio Ecclesiae”, come si diceva di S.Domenico, soprattutto in questi ultimi decenni, si è affermato un episcopato, che impone un modello di Chiesa ispirato a Rahner (anche se non solo), di marca modernistico-protestante-massonica, Chiesa dal basso, Chiesa popolo di Dio, Chiesa pneumatica senza dogmi e senza gerarchia, Chiesa confusa col mondo e quindi mondanizzata[1], Chiesa “trascendentale” ed “atematica” dei cristiani anonimi.

Si tratta di una Chiesa nella Chiesa, dove questa è quella che è governata dal Papa e dai vescovi fedeli al Papa, sulla linea della Scrittura, della Tradizione, dei Padri, dei Concili, di Agostino, di Tommaso sino alla Chiesa del Concilio Vaticano II[2], che però i rahneriani interpretano a proprio uso e consumo.

Infatti questi vescovi recenti sono stati formati da docenti rahneriani non sufficientemente corretti dai vescovi precedenti, già allora troppo indulgenti verso Rahner. Se dunque nei primi anni del postconcilio avevamo per lo più soltanto teologi rahneriani colpevolmente tollerati dai loro vescovi, adesso abbiamo vescovi rahneriani, che sono gli antichi seminaristi di un tempo formati da insegnanti rahneriani. Una situazione incancrenita e pericolosissima. Rahner è diventato un “classico” quasi fosse un Padre della Chiesa o un nuovo S.Tommaso d’Aquino.

E’ dunque avvenuto un salto di qualità: se ai tempi dei teologi rahneriani, costoro influenzavano solo gli ambienti della scuola, adesso che abbiamo vescovi, prelati e superiori rahneriani, i rahneriani hanno acquistato un vero e proprio potere, se è vero come è vero che il potere di governo non spetta ai teologi ma ai vescovi.

Succede così in queste condizioni che l’essenziale apporto del Papato, ben lontano dal sostenere Rahner, giunge faticosamente, scarsamente, precariamente e rischiosamente nelle varie aree della Chiesa, come l’aria in una trachea asmatica o come il cuore in un sistema circolatorio affetto dal colesterolo, e quindi giunge solo in alcuni ambienti ristretti della Chiesa, dove il Papa è rispettato ed obbedito ed ha un vero influsso anche disciplinare.

Ma la maggioranza degli ambienti ecclesiali, la formazione del clero, il clima delle parrocchie, la liturgia, i mass-media, gli istituti religiosi, i movimenti laicali, sono sotto controllo dell’episcopato rahneriano, ribelle o quanto meno indifferente al Papa e quindi si è fatto guida di una Chiesa che si è costituita per conto proprio, indipendentemente dal Papa (se non proprio contro il Papa), sulla linea della teologia e dell’ecclesiologia di Rahner e dei rahneriani. Tutto ciò è frutto di malintesa interpretazione ed attuazione dell’autonomia della Chiesa locale, nonché delle conferenze episcopali nazionali e dei sinodi mondiali.

Dove questo episcopato comanda, è molto difficile e rischioso obbedire al Papa, perché questo episcopato richiede assoluta obbedienza ed avendo in mano il potere, può vessare, diffamare e perseguitare quei cattolici[3], giovani, anziani, laici, docenti, religiosi, preti, seminaristi[4], chiunque, i quali volendo essere integralmente fedeli a Roma, in un modo o nell’altro si pongono in rotta di collisione con i vescovi e i superiori modernisti.

Il potere di questi prelati, essendo immediatamente e spazialmente vicino, conta più di quello del Papa, è più temibile di questo. Disobbedire al Papa in molti ambienti non porta a nessuna conseguenza, anzi si ottiene successo e si passa per moderni ed avanzati, ma disobbedire ai prelati modernisti si paga caro e può compromettere o bloccare la stessa carriera o attività ecclesiastica o sacerdotale, per quanto si possa essere teologi o docenti stimati e di lunga esperienza.

In tal modo il Papato con i pochi collaboratori fedeli che gli restano tra i vescovi e tutti i buoni cattolici, è una specie di stato maggiore di un esercito dove però l’esercito si è costituito capi per conto suo, i quali non seguono affatto le direttive dello stato maggiore, ma vanno per conto proprio con una loro politica ecclesiastica, una loro teologia ed una loro pastorale che non riflette la vera concezione cattolica, ma quella concezione ereticale di cui sopra.

E i Papato ha le mani legate, non può far quasi nulla dal punto di vista del governo, del controllo della dottrina e delle nomine ecclesiastiche. Queste ultime sono per lo più imposte od ottenute con raggiri dai modernisti, sicchè il Papa deve, come si suol dire, “far buon viso a cattivo gioco”, si trova ad avere a che fare con “collaboratori” finti o di facciata che non sono affatto copertamente o scopertamente veri collaboratori, ma che gli remano contro se non in modo plateale e sfacciato, certo comunque in modo reale e come un tarlo che corrode ogni giorno il sistema del Papato.

Il Papa è così sottoposto ad uno stillicidio quotidiano, ad una vita logorante difficilmente sopportabile[5], se non fosse che abbiamo avuto in questi decenni Papi santi che hanno saputo offrire la loro vita per la Chiesa in unione con la croce di Cristo. Con tutto ciò è chiaro che il Papa ha i suoi buoni collaboratori, presenti grazie a Dio in tutti i settori della Chiesa in tutto il mondo, ma in scarsissimo numero, e tutto quello che possono fare, oltre a soffrire insieme col Vicario di Cristo, è la proclamazione della sana dottrina, peraltro sistematicamente ed immediatamente criticata, fraintesa, derisa e contestata dai potenti mezzi propagandistici dei modernisti. E’ possibile dunque sapere, in linea di principio, che cosa pensa il Magistero, ma è assai difficile metterlo in pratica a causa degli ostacoli, delle minacce, delle seduzioni e delle persecuzioni provenienti dal potere modernista.

Questa situazione di debolezza e di impotenza sorge col papato di Paolo VI e si protrae sino ai nostri giorni. Essa certamente è all’origine delle dimissioni di Benedetto XVI[6]. Il Papato con Paolo VI non è più Cristo che guida le folle[7], che compie prodigi, che corregge i discepoli, che caccia i demòni, che minaccia farisei, sommi sacerdoti e dottori della legge, ma è Cristo sofferente, “crocifisso e abbandonato”, inascoltato, disobbedito, contestato, beffato, emarginato, angosciato.

La forza del Papato postconciliare è la forza di Cristo crocifisso, è il potere della croce. Il Papa deve stare continuamente in croce, fino all’ultimo. Alcuni hanno accusato Benedetto XVI di aver abbandonato la croce. Ma chi ci dice che non ne abbia adesso una più pesante, umiliato com’è per essere ingiustamente messo a confronto col nuovo Pontefice, quasi che questi vada bene e non il precedente? Sciocchezze incredibili.

I modernisti le studiano tutte per conquistarsi il nuovo Papa, ma non riusciranno. Avrà certo come tutti i suoi difetti umani, ma non s’illudano che egli perda il carisma dell’infallibilità, se messo alla prova e all’occasione propizia. Essi forse si sentono vicini all’aver messo un rahneriano sul trono di Pietro. Ma saranno scornati. L’eresia può giungere molto in alto, può arrivare tra i Cardinali - e lo abbiamo visto -, ma non può raggiungere il Papa.

Nessun Papa si è piegato all’eresia, per quanto sia stato circonvenuto, adulato, fatto soffrire e minacciato[8]. Nei primi secoli abbiamo Papi martiri e chi ci dice che la serie sia finita? Il Papa si piega a tutto ma non all’eresia. Forse Benedetto ha avuto forti pressioni perché cedesse ai rahneriani. Probabilmente l’enciclica sulla fede che aveva intenzione di preparare avrebbe dato fastidio a molti.

Ottimo è il ritratto di questo Papato che si riflette nelle sofferenze della Chiesa nel libro Gethsemani[9] del grande card. Siri. Egli colpisce nel bersaglio attaccando Rahner, meno felice è nella critica a De Lubac, del tutto fuori centro è col Maritain, uomo di santa vita ed esimio tomista aperto con discrezione ai valori del pensiero moderno, in perfetta linea con la figura di teologo promossa dal Concilio Vaticano II, lodato e raccomandato da Paolo II e dal Beato Giovanni Paolo II.

Non si capisce perchè l’illustre Cardinale se la prenda con lui, quando avrebbe potuto avere l’imbarazzo della scelta nello scegliere i tormentatori della Chiesa[10]: dagli Schillebeeckx, Hulsbosch e Schoonenberg ai teologi della liberazione, Gutierrez, Girardi, Sobrino, Boff ed Assman, dai moralisti esistenzialisti come Molinaro, Rossi, Valsecchi e Mongillo, agli idealisti come Bontadini e Severino, dagli heideggeriani come Marranzini e Sartori ai neohegeliani come Küng, Kasper e Forte. In tal modo la sua polemica perde di mordente e presta il fianco alla critica modernista che lo accusò di conservatorismo, misconoscendo la tempra eccezionale di speculativo del dotto Cardinale.

La debolezza del Papato che si è manifestata ad iniziare dal periodo postconciliare dipende, a mio avviso, da un difetto nelle disposizioni pastorali del Concilio concernenti quella che dev’essere la collaborazione tra Papa e vescovi nella tutela della rettitudine della fede e nella correzione degli eretici. In modo sorprendente - e questo è stato notato dagli studiosi seri - il Concilio, contrariamente a tutta la tradizione dei Concili ecumenici, non fa parola di eresie o dottrine contrarie alla fede. Parla sì genericamente di gravi errori, come l’ateismo, il materialismo, l’antropocentrismo, il secolarismo, lo scientismo, il liberalismo, il naturalismo, ma si tratta di condanne generiche e scontate, più riferite ad errori del passato che a precisi fenomeni eresiologici del presente.

Senza ovviamente negare la preminente responsabilità di Roma nella repressione dell’eresia, il Concilio promuove un’attività autonoma dei singoli vescovi o delle conferenze episcopali nella difesa della fede. In particolare, come sappiamo, il Concilio promuove e sviluppa la dottrina della collegialità episcopale, in se stessa di grande importanza, la quale tuttavia va intesa bene.

Alcuni la hanno intesa non come andava intesa, ossia come promozione della comunione fraterna dei vescovi tra di loro e col Papa e sotto il Papa, ma come accentuazione dell’autonomia del corpo episcopale rispetto al Papa, non certo finendo nel conciliarismo, il che sarebbe stata un’eresia, ma dando adito a questa interpretazione, certo sbagliata ma possibile. Ne hanno approfittato i modernisti per sottolineare esageratamente questa autonomia provocando gravi danni all’unità della fede nella Chiesa e solleticando l’ambizione dei vescovi.

Ancora di recente lo storico modernista Melloni, della cosiddetta “scuola di Bologna” si diceva insoddisfatto del grado di “collegialità” raggiunto ed auspicava che sia più accentuato: dunque un aggravamento del male anziché una sua mitigazione o correzione. Melloni popone una linea che è esattamente l’opposto rispetto a quella nella quale si deve procedere.

Negli anni ’80 a Roma ebbi un colloquio col card. Pietro Parente, illustre cristologo ed ex-Segretario del Sant’Uffizio, il quale mi disse con preoccupazione di essersi quasi pentito di essersi fatto promotore in Concilio della dottrina della collegialità, vista l’interpretazione conciliarista alla quale stava andando soggetta.

Con queste disposizioni poco prudenti per non dire sbagliate del Concilio è successo che il peso gravissimo della condanna dell’eresia e della correzione degli eretici ha finito per cadere quasi esclusivamente su Roma, mentre generalmente i vescovi hanno trascurato questo loro grave dovere per non dire che hanno favorito copertamente e qualche volta scopertamente gli eretici, con la scusa del dialogo, della misericordia, della libertà e cose del genere, che spesso sono diventate etichette che nascondono comportamenti errati.

Il nome scelto dal nuovo Pontefice - Francesco - è certo bello ed ha commosso tutto il mondo per il suo richiamo ai grandi temi della spiritualità francescana, con particolare riferimento alla giustizia sociale, ai poveri, ai semplici, agli umili, agli oppressi, ai perseguitati e ai sofferenti.

Tuttavia mi resta qualche perplessità o qualche timore, che penso saranno fugati dal futuro comportamento del Papa. Si tratta di questo: la spiritualità francescana evidentemente è innanzitutto propria del frate francescano e pertanto insiste sulle virtù tipiche del religioso: la povertà, la mitezza, l’umiltà, la docilità, la pazienza, la penitenza, la dolcezza, la misericordia.

Però, in questa spiritualità non appare evidente un altro essenziale aspetto della condotta cristiana, soprattutto quella che spetta ai superiori: la vigilanza contro il nemico, la forza nello scoprirlo, nel combatterlo e nel vincerlo, il far sentire ai ribelli la forza della legge, l’energia nel disciplinare e saper tenere unito il gregge di Cristo e difenderlo dai lupi, l’autorevolezza che all’occorrenza sa incutere timore nei ribelli e negli arroganti, la forza per difendere i deboli contro gli oppressori, il tutto certo nella massima carità, ma appunto la carità stessa chiede, come insegna il Vangelo e testimoniano i Santi, il saper intervenire con forza quando occorre.

Tutte queste doti si addicono in modo particolare al Papa e sono state proprie di tutti i grandi e santi Pontefici della storia. Certo il Papa dovrebbe poter disporre di questo potere, ma se non ce l’ha, che gli resta? Quello di soffrire sulla croce.

Perché tanti Papi col nome di Leone, Gregorio, Pio, Innocenzo, Giovanni, Paolo? Ma evidentemente perché ricordavano i S.Leone Magno, i S.Gregorio Magno, i S.Pio V o Pio X e via discorrendo, per non parlare dei Papi martiri. Oggi i modernisti sono riusciti a creare nell’immaginario popolare una certa antipatia per questi nomi, ma del tutto a torto. Un tempo il popolo cristiano li venerava ed accoglieva con gioia e speranza questi nomi che evocavano le passate glorie e non sono mancati i risultati positivi. Certo, abbiamo avuto Papi francescani, ma hanno fatto i Papi e hanno smesso di fare i frati. Questo sia detto con tutto rispetto dei frati - io sono un frate domenicano - ma non bisogna confondere i ruoli nella Chiesa. I frati domenicani che sono diventati Papi hanno fatto i Papi.

Questo nuovo Papa poi è Gesuita, ed anche questa sua qualità certo ci fa sperare insieme col carissimo nome di Francesco, anzi vorremmo sperare in una sintesi tra l’energia e la dottrina del Gesuita da una parte e la mitezza ed umiltà francescane dall’altra. In ogni caso il grande problema pastorale di oggi è una ritrovata collaborazione tra Papa ed episcopato. In ciò indubbiamente è utile l’applicazione delle direttive conciliari, tuttavia adeguatamente corrette nei loro difetti e non peggiorate come vorrebbero i modernisti, pensando così di far avanzare la Chiesa e invece la fanno retrocedere.

In particolare bisogna che i vescovi, senza affatto abbandonare la bella figura del pastore evangelico delineata dal Concilio, riprendano in mano il loro ufficio di maestri e custodi della fede evitando di lasciare solo il Papa in questo gravissimo compito che spetta a tutto il Magistero della Chiesa. Ovviamente il corpo episcopale in ciò è infallibile, ma lo è solo a condizione di compiere il proprio dovere in comunione col Papa, che non è un vescovo come gli altri alla pari degli altri, ma è il Successore di Pietro al quale Cristo ha detto pasce oves meas e confirma fratres tuos.

Il Papa non è vescovo di Roma alla pari del vescovo di Milano o di New York, ma è vescovo di quella diocesi che, come dice S.Ireneo, ha il compito e il carisma infallibile e indefettibile di presiedere su tutte le altre Chiese nella carità. Come ebbe a profetizzare il Vate latino: tu regere imperio populos, Romane, memento: parcere subiectis et debellare superbos.




[1] Secondo il teologo domenicano modernista Albert Nolan, in linea con Gutierrez, non esiste un altro mondo oltre a questo, ma solo questo mondo, per cui la Chiesa deve renderci felici in questo mondo.

[2] La “Chiesa del Denzinger”, “piramidale ed aristocratica”, come dicono sarcasticamente i modernisti, mentre la loro è la Chiesa “dello Spirito Santo” o la Iglesia popular dei liberazionisti dell’America Latina. Il card. Martini ebbe a dire che per salvarsi non occorre la Chiesa, ma basta lo Spirito Santo - come se lo Spirito Santo non operasse nella Chiesa e per mezzo della Chiesa.

[3] Famoso fu a suo tempo il processo intentato dall’arcivescovo di Milano al coraggioso pubblicista cattolico Vittorio Messori, per non parlare di altri casi simili..

[4] Alcuni ottimi seminaristi comunicano con me segretamente per non essere scoperti dai loro superiori.

[5] Come giudicare l’ineffabile ipocrisia dei modernisti che parlano di Papato autoritario ed impositivo?

[6] Ridicolo il commento di un modernista alle dimissioni del Papa: vede in esse il gesto di un uomo “non attaccato al potere”.

[7] Le adunate oceaniche del Beato Giovanni paolo II furono fuochi d’artificio o il grido strozzato delle masse cattoliche frastornate e scandalizzate dai loro pastori.

[8] Per citare un esempio relativamente recente: pensiamo all’eroica resistenza di Pio VI, prigioniero di Napoleone. Gli esempi addotti da Küng nel suo famoso libro Infallibile? circa supposte cadute di Papi nell’eresia, sono fasulli. E’ vero però che ciò può accadere come dottori privati o se privi del pieno possesso delle loro facoltà mentali. Teniamo inoltre presente che lo stesso Küng non crede all’immutabilità e quindi alla verità assoluta dei dogmi.

[9] Edizioni della Fraternità della SS.Vergine , Roma 1980.

[10] Bastava che Siri attingesse all’importante rassegna del Fabro L’avventura della teologia progressista, Rusconi Editore, Milano 1974 o al libro del card. Parente La crisi della verità e il Concilio Vaticano II, Istituto Padano di Arti Grafiche, Rovigo 1983.

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Raccomando vivamente la lettura di questo articolo! E' la triste e dura realtà! Il perverso potere dei modernisti nella Chiesa è immenso! TENIAMO GLI OCCHI APERTI CERTI CHE... NON PRAEVALEBUNT!


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14/04/2013 16:01
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Da "Formiche.net"...

Monsignor Paglia e la salute di Benedetto XVI

Dall’Ufficio stampa del Pontificio Consiglio per la Famiglia riceviamo e pubblichiamo:

“Sua Eccellenza Mons Vincenzo Paglia, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, smentisce in maniera categorica le affermazioni che il sig. Franco Bechis gli fa pronunciare a proposito della salute del Papa Emerito Benedetto XVI. Esse sono totalmente false e prive di ogni fondamento.
L’ultima occasione in cui Mons. Paglia ha incontrato Benedetto XVI è stato il 20 dicembre scorso in udienza privata. In quella occasione il Presidente ha avuto con l’allora Papa una lunga e straordinaria conversazione sulle tematiche relative alla famiglia, ricevendo illuminanti riflessioni su questa cellula fondamentale della Chiesa e della società. Mons Paglia esprime il suo rammarico per le affermazioni che gli sono state attribuite. Distinti saluti”.

don Andrea Ciucci
addetto stampa
Città del Vaticano

Risponde l’autore dell’articolo di Formiche.net, Fabrizio Anselmo:

“Non era assolutamente nostra intenzione attribuire a S.E. Monsignor Vincenzo Paglia parole da lui mai pronunciate in merito alle condizioni di salute del Papa emerito Benedetto XVI. Ci siamo infatti limitati a dare conto di una ricostruzione del giornalista Franco Bechis pubblicata in data 12 febbraio 2013 sull’edizione cartacea del quotidiano “Libero”. Una ricostruzione, quest’ultima, successivamente ripresa da altre testate nazionali”.


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Da "Tracce.it"...

UDIENZA 27 FEBBRAIO

«Non siamo mai stati così uniti»

01/03/2013 - Martino, otto amici e un pulmino scassato. In una Piazza San Pietro colma, è valsa tutta la fatica solo perché il Papa «ci ha guardati». Il racconto della "juventud" di Benedetto XVI, che da Varese è scesa per salutarlo

Dopo la notizia della rinuncia al papato di Benedetto XVI, con alcuni amici, a Varese, subito è nata l’idea di andare a Roma per l’ultima Udienza. L’organizzazione è stata molto difficile, e la neve ci ha messo il suo.
Abbiamo deciso di andare in macchina, mezzo più economico, benché richiedesse una grande fatica. Il numero di chi si voleva aggregare aumentava e così, grazie al nostro don, abbiamo trovato un pulmino con nove posti. Certo, non è stato facile partire, il nostro mezzo aveva la batteria completamente a terra, specchietto rotto, e occorreva una tenaglia per aprire il cofano. Ma dopo cambi di guida e di sentinella, circa sette ore di viaggio e qualche pausa, finalmente siamo arrivati a Roma e siamo riusciti a trovare un parcheggio in via delle Fornaci, a due passi da San Pietro.
Anche una volta arrivati non è stato semplice: c'era una grande ressa per entrare in piazza e arrivare alle transenne per vedere meglio il Papa è stata un'impresa.
Andrea, Stefano, Daniele, Benedetta, Isa, Teresa, Silvia, Erica ed io: ragazzi tra i 19 e i 21 anni, con poche briciole di esperienza alla guida, siamo riusciti a portare il nostro ringraziamento di persona a Benedetto XVI. Molti amici non sono riusciti a venire per una più che comprensibile apprensione dei genitori, per esami, per i dubbi sul mezzo, e altri motivi. Ma tra chi è sceso a Roma, chi è rimasto Varese, chi a Milano o a Novara, il nostro gruppo di amici non è mai stato tanto unito, stretti attorno alla Chiesa grazie alla figura del Santo Padre, a cui dobbiamo tanto.
Quello che abbiamo visto ieri in piazza San Pietro, quando la Chiesa è letteralmente “scesa in piazza”, non è un nostalgico e malinconico addio al Papa, ma una dimostrazione di affetto e di unità di un popolo che, nonostante il momento difficile, sa che non è abbandonato, né tanto meno perso. E questo affetto per Benedetto XVI si accompagna alla fiducia nel prossimo Papa, chiunque sarà. La Chiesa si trova ad essere tutta unita nella preghiera per il prossimo pontefice.
Insomma tante ore di sonno perso, code infinite solo per fare Roma-Firenze a causa dell’autostrada chiusa, ostacoli e difficoltà, ma il momento in cui il Santo Padre è passato e ha guardato proprio noi racchiude il motivo per cui davvero ne è valsa la pena.
Alcuni erano presenti il 19 aprile 2005 per la prima messa del suo pontificato: abbiamo conosciuto Giovanni Paolo II, ma per la storia di ognuno di noi, Benedetto XVI è stato il nostro Papa, con lui abbiamo urlato: «Esta es la juventud del Papa» per le strade di Madrid, lo abbiamo accolto a Milano per l’Incontro delle Famiglie. Ci ha accompagnati nella crescita nel Cristianesimo, e la fatica di questo viaggio è nulla rispetto a ciò che ne abbiamo ricevuto.
Grazie Benedetto!

Martino Colonna-Preti


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Da "Korazym"...

Gli studenti delle Marche scrivono su Benedetto XVI

Scritto da Marinella Bandini
Lunedì 15 Aprile 2013 07:00


La diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto “non dimentica la straordinaria figura di Joseph Ratzinger che prima da professore universitario di dogmatica, poi da cardinale e infine da Papa ha spiegato all’uomo moderno le ragioni e le strutture della fede cristiana”. E per questo il giornale diocesano www.ancoraonline.it ha indetto in suo onore il “Concorso diocesano Joseph Ratzinger” rivolto agli studenti di tutti gli istituti superiori della diocesi.
Si legge nella nota di presentazione dell’iniziativa: “L’opera di Ratzinger in materia di fede non è quella di un arido intellettuale interessato dall’esterno all’oggetto studiato, ma è l’appassionata ricerca di un credente che vuole rendere ragione della fede cristiana ai suoi contemporanei. La sua produzione inoltre è del tutto particolare perché ha fortemente influito sul Concilio Vaticano II e non è dunque la riflessione di un intellettuale isolato, ma rappresenta uno straordinario contributo a tutta la vita della Chiesa. Come non ricordare ad esempio il libro ‘Introduzione al Cristianesimo’ scritto nel 1969 e frutto delle lezioni tenute agli studenti dell’Università di Tubinga dal professor Ratzinger sul Credo? O come non citare il suo impegno nella rivista Communio insieme ad altri e importanti nome del novecento teologico come von Balthasar e De Lubac?”
Gli studenti intenzionati a partecipare al concorso si dovranno iscrivere entro il 20 maggio potranno redigere a scelta tre tipi di elaborati: una poesia in lingua italiana, o una in lingua dialettale oppure un racconto breve. Il tema da sviluppare è quello della Fede. Ai primi 10 classificati sarà assegnato un premio di cui il più importante è quello costituito da una borsa di studio di 250 euro. L’iniziativa, oltre ad essere patrocinata dalla Regione Marche, è anche sostenuta dalla fiorente realtà degli oratori diocesani, dal fondo 8 per mille, dall’Ufficio scolastico diocesano per l’IRC e dalla libreria “La Bibliofila”.
Nella locandina con la quale si pubblicizza l’iniziativa, è riportata una poesia del poeta romano Trilussa dedicata alla fede, particolarmente nota poiché recitata durante una delle udienze tenute da Giovanni Paolo I: “Quella vecchietta cieca, che incontrai / la notte che me spersi in mezzo ar bosco, / me disse: – Se la strada nun la sai, / te ciaccompagno io, ché la conosco. / Se ciai la forza de venimme appresso, / de tanto in tanto te darò ‘na voce, / fino là in fonno, dove c’è un cipresso, / fino là in cima, dove c’è la Croce… / Io risposi: – Sarà … ma trovo strano / che me possa guidà chi nun ce vede … - / La cieca allora me pijò la mano / e sospirò: – Cammina! – Era fa Fede”.


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Da "Vatican Insider"...

15/04/2013

Domani Ratzinger compie 86 anni

Messaggi di auguri da tutto il mondo: in quasi otto anni di pontificato Benedetto XVI ha scritto tre encicliche, ha difeso la verità e i deboli

REDAZIONE
ROMA

Compie 86 anni domani Joseph Ratzinger. Da tutto il mondo gli stanno arrivando messaggi di auguri, molti dei quali ricordano il suo impegno in difesa dei deboli, come lo sono i poveri, i bambini non nati e le vittime della pedofilia. In quasi otto anni di Pontificato, Benedetto XVI, infatti, non solo ha compiuto 24 viaggi all'estero e una trentina in Italia, percorrendo oltre 160 mila chilometri (impresa eroica per un uomo anziano), ma soprattutto ha voluto sempre e soltanto annunciare il Vangelo. E la verità. Come ha fatto nelle sue tre Encicliche: «Deus Caritas est, Spe Salvi e Caritas in Veritate», e nei suoi tre libri su Gesù di Nazaret. Non ha avuto paura di puntare il dito contro la «dittatura del relativismo» e di proporre una fede ragionevole. In dialogo con tutti, anche con i non credenti.

Preoccupato di difendere i deboli, senza timore di togliere il velo dalla piaga della pedofilia e degli abusi commessi da ecclesiastici. Un amore per la giustizia ereditato dal padre, un commissario della Gendarmeria proveniente dalla Bassa Baviera. La madre era una ragazza bavarese che prima di sposarsi aveva lavorato come cuoca in diversi alberghi. Con loro, e insieme al fratello Georg e alla sorella Maria, il piccolo Joseph - nato il 16 aprile del 1927 - cresce andando a scuola e imparando a conoscere la Bibbia. La sua giovinezza è segnata dal dramma della seconda guerra mondiale, che vive in prima linea dato che negli ultimi mesi del conflitto viene arruolato nei servizi ausiliari antiaerei.

«Durante la dittatura nazionalsocialista e nella guerra noi siamo stati, per così dire, `rinchiusi´ dal potere dominante», ha raccontato Papa Ratzinger nel messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù 2011. «Volevamo uscire all'aperto per entrare nell'ampiezza delle possibilità dell'essere uomo», si legge in quel testo molto personale, indirizzato al milione di ragazzi che parteciparono all'ultimo grande incontro con i giovani del mondo, di un Papa, Benedetto XVI, che ha iniziato il suo Ministero Petrino con la Gmg di Colonia e lascia il Pontificato in questi giorni anche perché in luglio, alla Gmg di Rio de Janeiro ritiene che i ragazzi abbiano diritto ad avere il Papa e a lui avevano proibito di andare per ragioni di età e di salute.

«Pensando ai miei anni di allora - ha osservato Joseph Ratzinger - ricordo che semplicemente non volevamo perderci nella normalità della vita borghese. Volevamo ciò che è grande, nuovo. Volevamo trovare la vita stessa nella sua vastità e bellezza». «In qualche modo - ha confidato sulla propria giovinezza, resa più amara dal rapimento e l'uccisione di un cuginetto down durante la campagna per l'eutanasia promossa dai nazisti e dal prepensionamento del papà che si era rifiutato di mandare i due figli, Georg e Joseph, alle esercitazioni della Gioventù hitleriana - ho avuto ben presto la consapevolezza che il Signore mi voleva sacerdote. Ma poi, dopo la Guerra, quando in seminario e all'università ero in cammino verso questa meta, ho dovuto riconquistare questa certezza. Ho dovuto chiedermi: è questa veramente la mia strada? È veramente questa la volontà del Signore per me? Sarò capace di rimanere fedele a Lui e di essere totalmente disponibile per Lui, al Suo servizio? Una tale decisione deve anche essere sofferta. Non può essere diversamente. Ma poi è sorta la certezza: è bene così! Sì, il Signore mi vuole, pertanto mi darà anche la forza. Nell'ascoltarLo, nell'andare insieme con Lui divento veramente me stesso. Non conta la realizzazione dei miei propri desideri, ma la Sua volontà».

Così si è radicata la scelta di Joseph Ratzinger di essere prete. Dal 1946 al 1951 - anno in cui, il 29 giugno, viene ordinato sacerdote ed inizia la sua attività di insegnamento - si dedica agli studi di filosofia e teologia nell'Università di Monaco e nella scuola superiore di Filosofia e Teologia di Frisinga. Nel 1953, con la dissertazione «Popolo e casa di Dio nella Dottrina della Chiesa di Sant'Agostino», consegue il dottorato e quattro anni dopo ottiene l'abilitazione all'insegnamento. Appassionato di musica, ma soprattutto brillante professore, diviene consulente teologico dell'arcivescovo di Colonia, Joseph Frings, e partecipa al Concilio Vaticano II in qualità di esperto.

Nel 1977 Paolo VI lo nomina arcivescovo di Monaco e lo crea cardinale nel Concistoro del 27 giugno 1977. Chiamato a Roma da Giovanni Paolo II, Ratzinger diventa Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Ma dal 1986 al 1992 è anche presidente della Commissione per la Preparazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, che dopo sei anni di lavoro presenta a Papa Wojtyla il nuovo Catechismo. È autore di numerose pubblicazioni, tra cui spiccano «Introduzione al Cristianesimo» del 1968, «Dogma e predicazione» del 1973, «Rapporto sulla fede», libro-intervista del 1985, e «Il sale della terra» del 1996.

Nel 2002 i cardinali lo designano come Decano del Collegio Cardinalizio e in tale ruolo, alla morte di Giovanni Paolo II, presiede la messa «pro eligendo pontifice», alla vigilia del Conclave che, dopo soli due giorni, lo eleggerà Papa.


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Dal blog di Luigi Accattoli...

Due o tre idee avventate sulla traumatica e salutifera rinuncia di Papa Benedetto

Sconcerto, tristezza, lenta intelligenza del fatto. Ho bisogno di tempo per fare i conti con l’uscita dalla storia di papa Benedetto, che ho subito avvertito come un traumatico e salutifero fatto di Vangelo. E’ stato come un colpo di bisturi, ha sbloccato il Papato. Stavo rileggendo il terzo volume su Gesù di Nazaret, attendevo l’enciclica sulla fede che non avremo. “Penso che basti ciò che ho fatto” aveva detto a Peter Seewald l’agosto scorso. Forse ha fatto più di quanto abbiamo capito, anche quelli che gli abbiamo voluto bene.

Sono tra quelli che l’hanno amato da subito. Me lo facevano amico – come argomentai in questa rubrica: “Non prevedevo l’elezione di Ratzinger ma sono contento che sia papa”, Il Regno 10/2005 – la sua avvertenza del mistero del male e della difficoltà di credere, l’invocazione al Signore perché torni a manifestarsi.



La teologia dell’amore

è il suo lascito più grande

Considero il suo lascito più grande la teologia dell’amore che è venuto svolgendo con umile costanza, e spero che venga studiata da chi ne ha gli strumenti finchè è ancora viva tra noi la sua lezione. Per seconda metto la chiamata alla penitenza per il peccato che è nella Chiesa. Per terza la concentrazione sulla figura di Gesù.

Avevo conosciuto il teologo Joseph Ratzinger leggendo a 27 anni – nel 1971 – Introduzione al cristianesimo tradotto dalla Queriniana nel 1969. Era stato Franco Rodano a dirmi “leggi Ratzinger”. Ma non fu amore a prima vista. Negli spazi bianchi di quelle pagine ci sono le mie proteste e le approvazioni, che all’incirca si equivalgono.

Allora – ma anche oggi – mi trovavo meglio con Von Balthasar e con De Lubac e per fortuna li ho letti insieme, altrimenti sarei caduto nel gorgo dell’incomprensione che ha risucchiato tanti miei coetanei e che si è espressa a destra con l’esaltazione di chi ne ha fatto il campione della “reazione” al Concilio e a sinistra nella speculare avversione di chi l’ha considerato – a partire dalla fondazione della rivista “Communio” – come uno dei responsabili dell’applicazione frenata del Vaticano II che ha caratterizzato la seconda parte del pontificato di Paolo VI e tutti gli anni di Giovanni Paolo II.

Attenzione alle date e alle compagnie: “Communio” viene fondata da Von Balthasar, Henri De Lubac e Joseph Ratzinger nel 1972, un anno dopo il mio incontro librario con Ratzinger. Chi li aveva letti tutti e tre prima della loro fuoriuscita dalla rivista “Concilium”, e ha continuato a leggere questa anche dopo la nascita di “Communio”, mescolando le acque dell’uno e dell’altro ruscello, è stato poi avvantaggiato nella comprensione dei pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Importanza delle letture giovanili.

Ho sviluppato da giornalista una lunga dimestichezza con la figura del cardinale Ratzinger, a partire dalle giornate della visita in Germania del Papa polacco nel novembre del 1980, che proprio nella Monaco dell’arcivescovo Ratzinger fu apertamente contestato da una giovane donna di nome Barbara Engl incaricata di salutarlo a nome dei giovani.

Ho intervistato il prefetto della Dottrina della Fede per il “Corriere della Sera” e ho studiato ogni sua pubblicazione lungo i 23 anni del suo lavoro nella curia romana. Nell’intervista che fu pubblicata il 22 maggio 1985 una delle domande era: “Si ricorda di Barbara Engl?” e nella risposta c’erano le parole “Certo, la conosco bene”. Ho parlato con lui solo una ventina di volte, da cardinale e da Papa, ma c’era una buona intensità in quei colloqui.



Due volte mi parlò

del “sogno di andare in pensione”

Uno avviene incontrandoci per le vie di Borgo Pio, dove usava fare la passeggiata del dopo pranzo tutto solo, in abito nero e con il baschetto in testa. Era il settembre del 2001, quand’era vicino al compimento dei 75 anni e gli chiesi che pensasse del cardinale Martini che una settimana prima aveva parlato del suo “desiderio” di tornare agli studi, compiendo anch’egli quell’età: “Capisco bene quel suo desiderio, che è anche il mio. Aspetto con impazienza il momento in cui potrò ancora scrivere qualche libro”.

Nove anni più tardi fui tra i presentatori – in Sala Stampa Vaticana – del volume intervista Luce del Mondo (Libreria Editrice Vaticana, novembre 2010) e don Georg dopo l’appuntamento pubblico ci portò da Papa Benedetto. Mentre gli stringevo la mano è avvenuto questo scambio di battute: “- Buon giorno signor Accattoli, la ringrazio dell’impegno con cui ha letto il libro…; – ringrazio io dell’opportunità che ho avuto di leggerlo in anticipo…; – ora lei è in pensione…; – e così ho la possibilità di leggere lentamente…; – era questo il mio sogno, di andare in pensione e di poter leggere lentamente ma non è stato possibile”.

Accennavo sopra alla teologia dell’amore che Benedetto è venuto svolgendo in questi otto anni: nel mio blog ho segnalato via via le proposte più vive che mi è stato dato di cogliere e ora ne richiamo alcune perché mi paiono – nell’insieme – un vero dono che non è stato colto neanche all’interno della Chiesa.

“In questo santuario di Lourdes (…) dove ai malati, ai poveri e ai piccoli è dato il primo posto, siamo invitati a scoprire la semplicità della nostra vocazione: in realtà, basta amare”: così parla dopo la processione “aux flambeaux” il 13 settembre 2008. Mi paiono parole equivalenti alle agostiniane “ama e fa ciò che vuoi”.



Mia esultanza quando disse

che Dio “è tutto e solo amore”

Due settimane più tardi, all’udienza generale del 1° ottobre 2008 afferma che “l’amore per i poveri è liturgia”: aggiunge questa frase improvvisata al testo che sta leggendo e con il quale commenta quanto scriveva Paolo della colletta per i poveri di Gerusalemme: che cioè essa costituiva “un servizio sacro” nei confronti dei “fratelli” che si trovavano nel bisogno (2 Corinti 9, 12).

“La forza della carità è irresistibile: è l’amore che veramente manda avanti il mondo” argomenta poco dopo, il 19 ottobre 2008 a metà dell’omelia davanti alla Basilica di Pompei, dove sono anch’io al caldo sole. Ma ancora più calde mi paiono quelle parole.

Tre giorni più tardi, all’udienza generale del 22 ottobre 2008 esclama che “l’amore è divino”, proponendo un rivelatore rovesciamento linguistico dell’affermazione biblica “Dio è amore”, Deus caritas est.

Nell’ansia di farsi capire – in tali affermazioni portanti della sua predicazione – si appella a Dante: “E’ l’amore divino, incarnato in Cristo, la legge fondamentale e universale del creato. Ciò va inteso in senso non poetico ma reale. Così lo intende Dante quando definisce Dio ‘L’amor che muove il sole e l’altre stelle’, nel verso sublime che conclude il Paradiso e l’intera Divina Commedia” (10 gennaio 2009).

Una delle affermazioni più forti la propone il 7 giugno 2009, festa della Trinità, all’angelus: “Tre Persone che sono un solo Dio perché il Padre è amore, il Figlio è amore, lo Spirito è amore. Dio è tutto e solo amore, amore purissimo, infinito ed eterno. Non vive in una splendida solitudine, ma è piuttosto fonte inesauribile di vita che incessantemente si dona e si comunica”. Un papa dice che “Dio è tutto e solo amore” e nessuno batte ciglio. Mia sorpresa.



“Un solo compito ci è affidato:

imparare a voler bene”

Il 6 settembre 2009, in visita a Viterbo, segnala una conseguenza di quell’idea centrale cristiana di Dio Amore: “Il più immediato dei segni di Dio è certamente l’attenzione al prossimo, secondo quanto Gesù ha detto: ‘Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me’”.

Con maggiore dettaglio espone la stessa conseguenza un mese più tardi, il 5 ottobre 2009, dettando una meditazione a braccio ad apertura della prima congregazione generale del Sinodo africano: “E’ importante che il cristianesimo non sia una somma di idee, una filosofia, una teologia, ma un modo di vivere, il cristianesimo è carità, è amore. Solo così diventiamo cristiani: se la fede si trasforma in carità, se è carità”.

Termino la rassegna con una parola detta all’udienza generale del 3 dicembre 2009, per qualificare l’amore come energia, natura e compito dell’essere umano: “L’energia principale che muove l’animo umano è l’amore. La natura umana, nella sua essenza più profonda, consiste nell’amare. In definitiva, un solo compito è affidato a ogni essere umano: imparare a voler bene, ad amare, sinceramente, autenticamente, gratuitamente”.



La fine del vecchio

e l’inizio del nuovo

Ho riportato nove affermazioni di teologia dell’amore proposte dal papa teologo in un arco di 15 mesi: nell’insieme del Pontificato ne sono rintracciabili un centinaio. In Introduzione al cristianesimo il teologo Ratzinger aveva trattato dell’amore come “unico principio trascendentale” del cristianesimo e suo “nucleo centrale” (vedi a pagina 217 dell’edizione del 1969 che citavo sopra). Da papa ha posto a programma del pontificato l’enciclica su Dio Amore e ha donato come ultimo testo normativo – il dicembre scorso – la “lettera apostolica in forma di motu proprio sul servizio della carità” che ha il titolo latino De caritate ministranda, ma della quale nessuno si è accorto. Spero che qualcuno colga la mia provocazione e si ponga allo studio di questo filo rosso del pontificato benedettiano.

“Lei è la fine del vecchio o l’inizio del nuovo?” chiese Peter Seewald a Benedetto in occasione del loro ultimo incontro, alla fine dello scorso novembre. La risposta fu “entrambi”. La fine del vecchio modo di fare il papa e l’inizio del nuovo, è la mia interpretazione. Un papa che insegna ma che può essere contraddetto, che è per sempre ma che può rinunciare: e anche questo è un buon lascito. Che incentra tutto sulla predicazione dell’amore ma che è ancora percepito come il monarca della Chiesa e non riesce a farsi intendere su quella centralità.

Luigi Accattoli

Il Regno 6/2013


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Benedetto XVI compie 86 anni: gli incontri con la stampa

Scritto da Redazione
Martedì 16 Aprile 2013 07:03



Oggi il Papa emerito Benedetto XVI compie 86 anni. Oltre agli auguri vogliamo rendergli omaggio pubblicando alcuni passaggi della introduzione del libro: "Sull''aereo di Papa Benedetto" di Angela Ambrogettti edito dalla Libreria Editrice Vaticana a fine marzo. Il volume raccoglie i testi delle conferenze stampa che Benedetto XVI ha tenuto con i giornalisti durante i voli che lo hanno portato nei suoi 24 viaggi internazionali. Il libro ha la prefazione dell' arcivescovo Georg Gaenswein, segretario del Papa e Prefetto della Casa Pontificia, ed è introdotto da Padre Federico Lombardi direttore della Sala Stampa della Santa Sede.

Quando Benedetto XVI si è recato in Messico e a Cuba ha conquistato un primato: è stato il Papa più anziano a compiere un viaggio internazionale. Questo spiega molto del signifi cato dei viaggi nel pontificato del Papa teologo che ha raccolto l’eredità del Papa viaggiatore Giovanni Paolo II. Quando il 19 aprile del 2005 il collegio dei cardinali elegge Joseph Ratzinger come 264° successore di San Pietro probabilmente non molti immaginano che Benedetto XVI viaggerà tanto quanto il suo immediato predecessore. Ratzinger ha appena compiuto 78 anni, come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ha soprattutto dedicato il suo tempo allo studio e all’esame di testi, è l’anima teologica del pontificato di Giovanni Paolo II, ma di certo non é un viaggiatore.

Eppure il mondo lo conosce bene. Lo incontra ogni giorno tramite i racconti dei vescovi che arrivano nel suo studio a confidargli problemi e a cercare consiglio. È così che il cardinale bavarese per quasi venticinque anni entra in contatto con le Chiese di ogni parte del mondo. Benedetto XVI sembra voler rispondere ai tanti inviti inviando il proprio Segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone. Ma certo ad alcuni appuntamenti dev’essere presente proprio il Papa. Come a Colonia, alla Giornata Mondiale della Gioventù che nell’agosto del 2005 riunisce per la prima volta i ragazzi di tutto il mondo dopo la scomparsa dell’ideatore delle GMG. Benedetto XVI raccoglie l’eredità e rilancia con una « novità »: l’adorazione Eucaristica.

È l’inizio di una nuova storia per le Giornate e per lo stile dei viaggi del Papa. Lentamente la macchina organizzativa si adatta al nuovo stile pontificio. C’è chi ha paura che lo stile minimal di Benedetto XVI possa far svuotare le piazze e le strade. Invece, un passo dopo l’altro, il Papa timido e riservato stupisce tutti e i suoi viaggi diventano grandi successi. Si potrebbe quasi dire che Benedetto XVI dà il meglio di sé proprio nella grande platea mondiale, lontano da certa atmosfera italiana, romana, curiale. Tra le « eredità » che Ratzinger raccoglie e trasforma da Wojtyła c’è il rapporto con i giornalisti che seguono i viaggi internazionali. Giovanni Paolo II aveva « creato » un modo nuovo di dialogare con la stampa approfittando proprio delle lunghe ore trascorse in aereo. Un modo estremamente diretto, all’inizio anche un po’ caotico, di dialogare. Botta e risposta su temi di ogni genere, e in un secondo tempo vere e proprie conferenze stampa. Benedetto XVI, che da cardinale aveva accettato l’incontro con i giornalisti in modo più mediato e tranquillo, si offre tranquillamente alle domande dei suoi compagni di volo.

Via via il colloquio diventa intenso e si trasforma in piccole lezioni che il professor Ratzinger offre ai media. Niente di arido o scolastico, ma al contrario le parole del Papa sono piene di emozioni, di racconti e commenti personali. Storia, teologia, ecclesiologia si intrecciano per offrire alla stampa una chiave di lettura del viaggio che si sta compiendo, ma il Papa affronta anche i temi « spinosi » che ogni giorno vengono riportati dai media. Il suo è un rapporto tranquillo e a volte distante. Il Papa sa che la comunicazione è importante, ma non vuole farsi tirare dentro polemiche speciose sui temi ecclesiali. Ogni conferenza diventa comunque un evento mediatico. I giornalisti si affrettano a trasmettere i passaggi più significativi, alcuni trascrivono quella mezz’oretta di colloquio in fretta e furia per poterla pubblicare via internet e alla fine magari il primo discorso di Benedetto XVI all’arrivo nel paese visitato resta un po’ nell’ombra. È la dinamica mediatica contemporanea che però Benedetto XVI sembra non voler subire.

Quando da cardinale teneva delle conferenze per la stampa era sempre disponibile a qualunque domanda. Se gli si chiedeva una intervista più articolata occorreva inviare prima lo schema delle domande. Come pontefice Joseph Ratzinger è il Papa dei libri intervista come « Luce del Mondo », e non è cambiata in lui la estrema attenzione e cura con cui si prepara all’incontro con l’intervistatore. Del resto Benedetto XVI si lascerà « intervistare » anche dai telespettatori della trasmissione Rai « A sua immagine » nel pomeriggio del Venerdì Santo del 2011. Tre domande e altrettante risposte sul coraggio della fede, davanti al dolore e alla persecuzione, quattro risposte sulle verità della fede. Ad una bimba giapponese di sette anni, scioccata dal terremoto il Papa dice: « In questo momento mi sembra importante che sappiate: Dio mi ama, anche se sembra che non mi conosca ». Alla madre di un ragazzo in stato vegetativo Benedetto XVI risponde: « Io sono anche sicuro che quest’anima nascosta sente in profondità il vostro amore, anche se non capisce i dettagli, le parole ... ma la presenza di un amore la sente. » Ai cristiani di Baghdad spiega: « vogliamo fare un lavoro di riconciliazione, di comprensione, anche con il governo, aiutarlo in questo cammino difficile di ricomporre una società lacerata ».

E parla di dialogo con l’Islam, di pace, di vita dopo la morte, di cosa è la Risurrezione: « Gesù non muore più, cioè sta sopra le leggi della biologia, della fisica, perché sottomesso a queste uno muore. Quindi c’è una condizione nuova, diversa, che noi non conosciamo, ma che si mostra nel fatto di Gesù, ed è la grande promessa per noi tutti che c’è un mondo nuovo, una vita nuova, verso la quale noi siamo in cammino ». Temi difficili che Benedetto XVI affronta con chiarezza e semplicità. Parole che arrivano all’intelligenza e al cuore. Eppure Joseph Ratzinger sembra non essere stato ben capito dai media. Nonostante la schiettezza e la disponibilità verso la stampa, in molti teorizzano una sua incapacità comunicativa. La verità è che il professor Ratzinger chiede di essere ascoltato con calma. I discorsi di Benedetto XVI richiedono attenzione e preparazione. Da teologo, abituato a parlare con studenti e professori, il Papa sviluppa un discorso ampio e completo che va seguito nella sua interezza. Mentre troppo spesso ormai la stampa cerca il facile slogan, la frase da 140 caratteri da lanciare sui social network entro pochi secondi.

Ecco dove nascono gli equivoci. Come è stato a Ratisbona nello storico discorso tenuto all’Università. Superficialità e fretta hanno rischiato di distruggere uno dei più importanti passi per il dialogo tra cristiani ed islamici. Il caos mediatico ha portato ad un caos reale che ha messo in pericolo delle vite umane. Niente di più lontano ovviamente dalle intenzioni di Benedetto XVI. Di questi « incidenti » il Papa ne ha dovuti affrontare diversi. Certo in parte, e lo ha riconosciuto lo stesso Benedetto, la responsabilità è della Curia e del Papa stesso. Come nel caso dell’annuncio della revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani tra i quali un negazionista. Ma proprio quello è anche un caso evidente della manipolazione mediatica di fatti che, se spiegati nella loro completezza, non avrebbero avuto le conseguenze che hanno avuto. Del resto nel mondo contemporaneo questi « incidenti » si notano maggiormente di un tempo, ma anche i pontefici precedenti ebbero i loro bei problemi nei rapporti con i media. Perfino Giovanni Paolo II, pontefice definito mediatico per eccellenza, per molti anni venne considerato solo un « polacco bigotto » da certa stampa e alcuni dei suoi gesti furono a lungo equivocati.

Poi gli anni della malattia lo trasformarono per i media in una icona silente e si dimenticarono le parole di fuoco che negli anni ’80 avevano scosso le coscienze di molti. Benedetto XVI ama il rapporto intimo e diretto con i fedeli. Nelle parrocchie non legge l’omelia ma propone le sue riflessioni bibliche « a braccio », davanti alle grandi folle preferisce leggere precisamente il testo che viene distribuito a tutti e che tutti possono seguire. I giornalisti hanno il compito di leggerlo con calma, ma spesso questo non accade. Perchè si cerca la « notiziabilità » dimenticando che la vera notizia per un Papa è il Vangelo. Il pontificato di Giovanni Paolo II negli ultimi anni aveva abituato la stampa ad avere degli slogan « politici ». Il Papa polacco era storicamente abituato a parlare di diritti umani, giustizia sociale, presenza della Chiesa nel mondo. Tutto questo, ovviamente, era la naturale conseguenza dell’annuncio del Vangelo. Ma la conseguenza faceva più notizia della motivazione. Nella nuova epoca storica che viviamo Benedetto XVI torna a spiegare al mondo perché la Chiesa cattolica parla di diritti umani, pace e giustizia sociale. Ma il mondo mediatico sembra meno preparato a parlarne. Così dalla Notizia si passa alla notiziola e si perde il senso più ampio del pontificato.

Il 2012, anno del 50 esimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, segna anche il momento in cui i media riprendono a parlare di idee e di fatti piuttosto che di indiscrezioni e pettegolezzi. Noi proviamo a rileggere le parole che Benedetto XVI ha proposto direttamente alla stampa mondiale proseguendo il lavoro di Giovanni Paolo II, ma in un modo che meglio si adatta alle doti umane di Joseph Ratzinger. Una comunicazione personale, da uomo a uomo, un dialogo per coinvolgere la ragione e l’intelligenza pur nella semplicità dell’esposizione. I testi degli incontri del Papa con la stampa in aereo sono stati resi immediatamente disponibili grazie al sito della Sala Stampa della Santa Sede. Nei primi viaggi si tratta di brevi saluti e il portavoce Joaquin Navarro-Valls ha riproposto lo schema degli incontri di Giovanni Paolo II interrotti nel 2000 a causa dell’aggravarsi della malattia del Pontefice. Addirittura Benedetto XVI viene intervistato prima del viaggio dalla Radio Vaticana, come prima della GMG di Colonia, o dai giornalisti del paese che deve visitare come nel caso del viaggio in Polonia o in Baviera nel 2006. Questo libro nasce proprio dalla voglia di rimettere in fila le idee e le riflessioni che Benedetto XVI ha offerto ai media di tutto il mondo in occasione dei suoi viaggi.

Testi integrali che permettano a chi legge di comprendere a pieno il pensiero del teologo Joseph Ratzinger e del Papa Benedetto XVI, ma anche di conoscere la sua profonda umanità, e la sua voglia di comunicare al mondo l’unica vera notizia che cambia la storia. In alcuni casi sono i giornalisti a porre direttamente le domande al Papa e in diverse lingue. Altre volte è Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, a riassumere i diversi interrogativi della stampa mondiale. Le risposte sono essenzialmente in italiano, lingua di lavoro dei vaticanisti, ma Benedetto XVI usa spesso anche altre lingue come il francese, l’inglese, lo spagnolo e ovviamente il tedesco. Il Papa è un perfezionista e le conversazioni in genere vengono revisionate dalla Segreteria di Stato prima di essere pubblicate, senza però modificarne la freschezza dello stile. Ovviamente queste conversazioni non esauriscono la ricchezza dei temi che il Papa affronta nei discorsi pronunciati nei suoi viaggi, ma rendono più facile orientarsi nel magistero di Benedetto XVI. Un viaggio, appunto, nel cuore del « grande innamorato » che dell’Amore e della Gioia ha fatto le parole chiave di tutto un pontificato.

La foto è dell' Osservatore Romano ed una delle foto del volume.


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AUGURI DEL SANTO PADRE FRANCESCO A BENEDETTO XVI PER IL COMPLEANNO, 16.04.2013

Questa mattina in occasione del genetliaco del Papa emerito Benedetto XVI, il Santo Padre Francesco ha iniziato la celebrazione della Messa nella Cappella della Domus Santa Marta invitando alla preghiera tutti i presenti con queste parole: "Oggi è il compleanno di Benedetto XVI, offriamo la Messa per lui, perché il Signore sia con lui, lo conforti e gli dia molta consolazione".

Nel corso della mattinata, il Papa Francesco ha poi fatto una cordiale telefonata di auguri a Benedetto XVI a Castelgandolfo, estendendo i suoi saluti e auguri anche al fratello, Mons. Georg Ratzinger, che si trova da diversi giorni a Castelgandolfo, dove si è trattenuto proprio per festeggiare in forma familiare e fraterna la ricorrenza odierna, e che festeggerà il suo onomastico il prossimo 23 aprile, come il Santo Padre.

Bollettino Ufficiale Santa Sede


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Una cascata di auguri per il compleanno di Benedetto XVI

Quell’abbraccio di popolo a una presenza nascosta ma vicina

Antonella Mariani

Gli auguri come a una persona amata, irraggiungibile e però vicina. Che si fa ormai vedere poco – anzi affatto – ma di cui si rispetta la scelta di vivere ritirata. «Ti voglio un mondo di bene». «Mi manchi tanto». «Cento di questi giorni». «Un forte abbraccio». «Vorrei saper dire qualcosa di bello che la faccia sorridere, riesco solo a dirle: le voglio bene».
Auguri spontanei, come a uno di famiglia. Genuini. Veri. Sembra quasi che aspettassero solo l’occasione giusta, le centinaia di persone – ormai ben oltre il migliaio – che ieri, in una manciata di ore, hanno lasciato un messaggio di auguri al Papa emerito nel giorno del suo 86° compleanno.
Un "guestbook" al quale si accede dal sito internet di Avvenire, un invito semplice a rivolgere gli auguri a Benedetto XVI. E una risposta impetuosa, con post che arrivano come un fiume in piena. Segno che il silenzio aspettava solo di essere rotto, la distanza solo di essere colmata, la frequentazione di essere rinnovata. «Wish you all the best», scrivono dall’Indonesia. «Felicidades», riecheggiano dalla Spagna. E poi messaggi dalla Germania, dalle Filippine, dalla Polonia...
Benedetto è nel cuore del popolo cristiano, la separazione inaspettata ha lasciato attoniti, ma non ha interrotto il dialogo con lui. Le parole sono tracimate alla prima occasione. Come se il nuovo e travolgente affetto per papa Francesco, l’attesa e la speranza che quotidianamente suscitano le sue parole, poggiassero le radici sulla tenera amicizia e sulla comunione profonda con il suo predecessore. Come se fossero due persone della stessa famiglia. E in realtà lo sono.
Hanno scritto a Benedetto persone che lo hanno visto da vicino, come una sedicenne spagnola paraplegica che ricorda con commozione l’incontro durante la Dedicazione della Sagrada Familia a Barcellona nel 2010. Persone che lo portano nel cuore per i suoi insegnamenti, i suoi scritti, «l’educazione alla pace, l’idea dell’onnipotenza disarmata», come Sergio Paronetto di Pax Christi. Semplici famiglie toccate dal coraggio di quel gesto così inedito di lasciare il Pontificato. «Grazie per averci insegnato che anche i grandi come te possono farsi umili», scrive la famiglia Innocenti da Buccinasco.
Sembra prendere corpo quello che Papa Benedetto aveva detto nel suo ultimo Angelus, domenica 24 febbraio: «Il Signore mi chiama a "salire sul monte", a dedicarmi ancora di più alla preghiera e alla meditazione. Ma questo non significa abbandonare la Chiesa, anzi». Continuate a sentirmi vicino, aveva chiesto.
E moltissimi post arrivati a www.avvenire.it colgono a fondo la dimensione evangelica dell’esistenza ora quasi eremitica del Papa emerito: «È forte la certezza che la sua vita è dono fino all’ultimo per la sua e nostra amata Chiesa», scrive suor Teodora da Pietrarubbia. Le fa eco Giovanna, con l’augurio «che la sua preghiera sia ancora più fruttuosa di tutto il bene che ci ha infinitamente iniettato».
È come se la preghiera di Benedetto accompagnasse i gesti di Francesco, in una comunione inedita e straordinaria che coinvolge tutta la Chiesa, fino al suo più piccolo e umile componente. «Ci manca come padre e come maestro, come teologo ed esegeta – scrive Francesco da Acireale – ma sappiamo che sempre ci sarà vicino nella grande comunione della Chiesa». Piccoli, brevi messaggi, che restituiscono l’immagine di un popolo che vuol bene ai suoi pastori. E che guardandoli riscopre l’unica sua autentica ricchezza: Cristo.

© Copyright Avvenire, 18 aprile 2013


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A proposito dell'intervista a mons. Piero Marini...

http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/marini-cerimoniere-gay-24232


"Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli". (Matteo 5,3-12)

Grande sarà, senza dubbio, la ricompensa che Benedetto XVI riceverà quando il Signore lo chiamerà a sé.
Vorrei che qualcuno mi dicesse se si era mai vista, nella storia della Chiesa, almeno quella più o meno recente, una persecuzione così spudorata, immisericorde, accanita, un astio, per non dire odio, non da parte dei quei nemici storici che combattono la Chiesa fino ai nostri giorni, i nemici naturali, insomma, ma da parte di, diciamolo così, "personaggi nefasti" che si nascondono sotto il manto di Santa Madre Chiesa e che da Essa magari percepiscono fior si stipendio, contro colui che per quasi otto anni ha onorato con la sua disponibilità fiduciosa il Soglio di Pietro...
I veri "destabilizzatori" della Chiesa stanno uscendo allo scoperto grazie ai "nuovi venti" che soffiano per vomitare tutto il veleno accumulato per anni!

Parole come: «Si respira aria fresca, è una finestra aperta alla primavera e alla speranza. Fino ad ora abbiamo respirato il cattivo odore di acque paludose, con la paura di tutto e problemi quali i Vatileaks e la pedofilia. Con Francesco si parla solo di cose positive». Oppure: «si respira un'aria diversa di libertà, una Chiesa più vicina ai poveri e meno problematica», mi fanno pensare che tutti i problemi che Benedetto XVI ha dovuto affrontare, la maggior parte ereditati da pontificati precedenti, sono stati fatti scoppiare a posta per colpirlo, indebolirlo e discreditarlo davanti al mondo! Che fortunato che è mons. Piero Marini e noi, perché no, perché si apre un panorama di rose e fiori, una specie di paradiso in terra: spariti tutti i problemi come per magia! Tolto il "vero problema" della Chiesa, e cioè, Benedetto XVI, adesso sì, via libera "all'aria fresca" da respirare a pieni polmoni!

Mons. Piero Marini, si ricorda di queste parole? "Guai a voi ipocriti, maestri della legge e farisei! Voi siete come tombe imbiancate: all’esterno sembrano bellissime, ma dentro sono piene di ossa di morti e di marciume. Anche voi, esternamente, sembrate buoni agli occhi della gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di male [...] Serpenti, razza di vipere! Come potrete evitare i castighi dell’inferno?” (Matteo 23, 4 e sgg.)

Il tradimento che Lei ed alcuni dei suoi colleghi state facendo contro Benedetto XVI, ancora vivente, è diventato il vero "cattivo odore di acque paludose". Voi continuate a pugnalare alle spalle colui che si è consegnato al Signore per amore alla Chiesa. Ma sappiate che noi abbiamo la memoria "fresca" e non dimenticheremo mai come, per colpa vostra, avete fatto soffrire Papa Benedetto... Adesso parlo per me: io non credo, mons. Marini, alle sue parole e sa perché? Perché credo che, se la Chiesa non è perseguitata, perde autenticità! Perché credo che se "colui che viene nel nome del Signore", il suo Vicario, non viene perseguitato come Gesù, perde anche lui credibilità! E questa la Chiesa che vuole Lei, mons. Marini? Se questa è la Chiesa del suo piacimento, mi permetta di dirle che non è quella di Cristo!

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22/04/2013 22:48
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Polemiche sull'opera di Michael Triegel, artista del paese di Benedetto XVI



Il ritratto ufficiale di Ratzinger bocciato dal fratello Georg
Esposto all'ambasciata tedesca per il suo compleanno: «Terribile»

Dal nostro corrispondente PAOLO LEPRI


Il ritratto di Ratzinger del pittore Michael Triegel (Ansa/Schwind)Il ritratto di Ratzinger del pittore Michael Triegel (Ansa/Schwind)
BERLINO - Michael Triegel ci ha riprovato. È venuto in automobile dalla Sassonia con il suo secondo ritratto di Benedetto XVI. Si dice che anche il primo non fosse stato molto apprezzato. Quando il nuovo dipinto, non molto diverso dal precedente, è stato presentato agli ospiti dell'ambasciatore tedesco presso la Santa Sede durante una cerimonia per celebrare l'ottantaseiesimo compleanno del Papa emerito, sembra che molti commenti siano stati negativi. Die Welt ha scritto che Georg Ratzinger lo ha giudicato «terribile». E un prelato avrebbe addirittura sussurrato: «Forse aveva preso le pillole sbagliate». Più diplomatico, l'arcivescovo Gerhard Ludwig Müller. «Se guardiamo a questa immagine disegnata da mano umana allora sulla cattedra di Pietro vediamo l'uomo Joseph Ratzinger, non in una posa da regnante, bensì come uomo del suo tempo», ha commentato il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. L'artista è apparso invece soddisfatto del proprio lavoro.

Benedetto XVI naturalmente non c'era. Come aveva anticipato Georg già all'indomani della decisione di lasciare il pontificato, la sua vita è solitaria, dedicata allo studio e alla preghiera. E suona fuori luogo anche chiedersi se si sarebbe riconosciuto in quella figura seduta con un foglio in mano, un'espressione enigmatica, il volto più pieno di quanto non dica lo scorrere del tempo. Ma non è un mistero che a Triegel non siano arrivati in questi anni né complimenti né elogi per il ritratto che si trova dal 2010 nell'Istituto di Ratisbona dedicato al Papa teologo, non lontano dalla casa dove il fratello abita, nella città vecchia, circondato da immagini e piccoli quadri sicuramente più fedeli, nella loro semplicità.

Triegel, nato ad Erfurt nel 1968, lavora da tempo su soggetti religiosi e mitologici in cui è evidente l'influsso dei maestri del Rinascimento italiano. Benedetto XVI non ha mai posato, ma lui ha assistito a molte udienze generali vedendolo, per così dire, in azione. Ora forse, gli piacerebbe dedicarsi al suo successore. Quando Der Spiegel gli ha fatto questa domanda ha però sorriso e risposto: «Penso che anche in America del Sud ci siano buoni pittori». Le critiche comunque non lo hanno scoraggiato. Fanno parte del mestiere. Del resto, nell'ambasciata tedesca presso il Vaticano, c'è anche il ritratto di Leone XIII eseguito da Franz von Lenbach, rifiutato dal Papa dell'enciclica Rerum Novarum. E, senza essere irriverenti, gli inglesi hanno voltato le spalle indignati, poco tempo fa, al primo dipinto ufficiale che ritrae la duchessa di Cambridge Kate Middleton. Anche in questo ultimo caso, però, almeno all'autore è piaciuto.

Paolo Lepri22 aprile 2013 | 8:30

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26/04/2013 09:09
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Benedetto XVI, il 1 maggio il ritorno!

Il 28 febbraio scorso lo abbiamo seguito con lo sguardo, fino all’arrivo a Castel Gandolfo.

Quell’elicottero che saliva in volo e sorvolava i cieli di Roma, è un’immagine che ci è rimasta impressa negli occhi. L’arrivederci di un padre!

Ed ora il ritorno. Sì, perchè tra qualche giorno, il papa emerito Benedetto XVI, che in questi mesi si è ritirato nella residenza estiva, rientrerà in Vaticano.

Il giorno fissato per il suo rientro è, salvo imprevisti, mercoledì 1 maggio, data in cui, dovrebbe ritornare nello stato pontificio ed andare ad abitare nell’ex monastero di clausura, dove tutto sembra pronto, dopo i lavori di restauro, iniziati prima dell’annuncio della sua rinuncia al soglio pontificio.

Nel monastero, suddiviso su quattro livelli, abiteranno insieme a Benedetto XVI, le quattro «memores Domini» e il segretario particolare Georg Gänswein, Prefetto della Casa Pontificia. Nel complesso claustrale verranno ospitati probabilmente anche il fratello del Papa emerito, e il diacono tedesco che assiste Ratzinger quando don Georg è impegnato nel palazzo apostolico.

Un trasferimento atteso, che faciliterà gli spostamenti di Mons. Gänswein, che ogni giorno faceva la spola tra Castel Gandolfo e Roma, ma anche renderà più semplice possibili visite da parte dell’attuale Papa Francesco, nei confronti del suo predecessore.


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Benedetto XVI torna in Vaticano. Terminata la ristrutturazione del monastero Mater Ecclesiae

aprile 29, 2013 Redazione

Il Vaticano ha fatto sapere che il trasloco potrebbe avvenire tra fine mese e i primissimi di maggio. Il papa emerito vivrà con le memores Domini che lo assistono.

Benedetto XVI accoglie il fratello mons. Georg Ratzinger, giunto in Italia per l'85.mo compleanno del ponteficeEntro la fine di questa settimana Benedetto XVI si trasferirà da Castel Gandolfo in Vaticano, dove gli è stato preparato un alloggio nel monastero “Mater Ecclesiae”. Il Papa emerito si era trasferito temporaneamente a Castel Gandolfo per permettere la ristrutturazione del monastero. Ora che i lavori sono finiti, il Vaticano ha fatto sapere che il trasloco potrebbe avvenire tra fine mese e i primissimi di maggio, probabilmente il due.

MEMORES DOMINI. Il monastero “Mater Ecclesiae” era disabitato dall’inizio dell’inverno, quando le suore di clausura lo hanno lasciato. Diversi i lavori di restauro necessari, tra cui quelli al tetto, visto che pioveva dentro. Benedetto XVI vivrà nel monastero assieme alle memores Domini che lo assistono nella conduzione della casa e con il diacono che lo aiuta per le questioni di segreteria. Insieme a papa Ratzinger, dovrebbe abitare anche monsignor Georg Gaenswein, suo ex segretario personale e oggi Prefetto della casa pontificia. Durante la ristrutturazione, all’abitazione sono state accorpate anche alcune celle, che saranno utilizzate da Benedetto XVI come studio di lavoro.


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Il 2 maggio il Papa emerito rientra in Vaticano. In punta di piedi

Scritto da Marinella Bandini

Martedì 30 Aprile 2013 05:41

Tornerà in punta di piedi, in un normale giovedì pomeriggio. Il prossimo 2 maggio Benedetto XVI farà rientro in Vaticano. Al momento non è prevista una vera e propria cerimonia di bentornato, anche se sul posto sarà presente qualche stretto collaboratore. Chissà se in un fuori programma Francesco sarà ad accoglierlo… Al monastero Mater Ecclesiae – nel cuore dei Giardini Vaticani - i lavori di ristrutturazione sono terminati, e negli ultimi giorni le memores hanno fatto la spola tra Castel Gandolfo e le mura leonine per rassettare e sistemare gli ultimi dettagli. La struttura, che dal 1994 fino a novembre scorso ha ospitato – con turni di cinque anni – le monache, da giovedì diventerà il ritiro del Papa emerito.

A sua disposizione, una stanza e un salottino per ricevere, ma anche uno studio dove probabilmente collocherà l’inseparabile scrivania che comprò quando ancora era un giovane studioso in Germania. E sarà circondato dai suoi libri, rigorosamente collocati nella posizione di sempre. Del resto Ratzinger è un abitudinario… così, foto alla mano e scatoloni meticolosamente ordinati e numerati, i libri sono stati trasferiti in modo preciso su 240 metri di scaffali. Non mancherà il pianoforte, ad allietare qualche momento comune. Quanto al mobilio, la scelta è stata all’insegna della sobrietà: ciò che era nell’appartamento pontificio è rimasto lì, a disposizione del successore, mentre nella nuova dimora Benedetto XVI ha deciso di portare i vecchi mobili che usava da cardinale nell’appartamento di Piazza Leonina.

Con lui abiterà la stessa “famiglia” che è stata al suo fianco durante il Pontificato: le quattro Memores Domini e monsignor Georg Gaenswein, che nel frattempo è diventato prefetto della Casa Pontificia. In questo ruolo, tra l’altro, gli spetterebbe l’appartamento nella prima loggia del Palazzo apostolico, che a questo punto rimarrà vacante, come quello papale, dove per ora Francesco ha deciso di non risiedere. Non ci sarà più monsignor Alfred Xuereb, passato al servizio del nuovo Papa, mentre si aggiungerà alla famiglia Birgit Wansing, storica segretaria di Ratzinger, che prende le dettature ed è l’unica che riesce a leggere la minuta scrittura del Papa emerito, di solito appunti stenografati, come usa da sempre.Nell’ex monastero ci sarà anche una stanza riservata al fratello di Benedetto XVI, monsignor Georg Ratzinger, il quale in una recente esternazione si è detto molto contento di avere “una stanza tutta per me” per quando verrà in visita.


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Rientro del Papa emerito Benedetto XVI in Vaticano

Scritto da Redazione

Giovedì 02 Maggio 2013 15:26

Oggi pomeriggio il Papa emerito Benedetto XVI ha fatto ritorno in Vaticano dopo una permanenza di due mesi a Castelgandolfo. Benedetto XVI è giunto in elicottero da Castelgandolfo poco dopo le 16.45, accompagnato da S.E. Mons. Georg Gaenswein, Prefetto della Casa Pontificia. All’eliporto vaticano è stato accolto dal Card. Decano, Angelo Sodano, dal Card. Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, dal Card. Presidente del Governatorato, Giuseppe Bertello, dal Sostituto, S.E. Mons. Angelo Becciu, dal Segretario per i Rapporti con gli Stati, S.E. Mons.Dominique Mamberti, e dal Segretario generale del Governatorato, S.E. Mons. Giuseppe Sciacca. Si è quindi trasferito in auto alla sua nuova residenza, il ristrutturato Monastero “Mater Ecclesiae”, dinanzi al quale è stato accolto da Sua Santità il Papa Francesco, che gli ha dato il benvenuto con grande e fraterna cordialità. Insieme si sono recati nella Cappella del Monastero per un breve momento di preghiera. Come si ricorderà, Benedetto XVI si era trasferito a Castelgandolfo nel pomeriggio del 28 febbraio, quando, in seguito alla sua rinuncia, iniziava la Sede Vacante. Vi si è trattenuto per due mesi, nel corso dei quali ha ricevuto, il 23 marzo, la visita del Papa Francesco, ed ha atteso il completamento dei lavori di preparazione della sua nuova residenza. Ora è lieto di rientrare in Vaticano, nel luogo in cui intende dedicarsi, come da lui stesso annunciato l’11 febbraio scorso, al servizio della Chiesa anzitutto con la preghiera. Come previsto, nella nuova residenza abiteranno con Benedetto XVI S.E. Mons. Georg Gaenswein e le Memores Domini che hanno già fatto parte della Famiglia pontificia negli ultimi anni.


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RIENTRO DEL PAPA EMERITO BENEDETTO XVI IN VATICANO , 02.05.2013

Oggi pomeriggio il Papa emerito Benedetto XVI ha fatto ritorno in Vaticano dopo una permanenza di due mesi a Castel Gandolfo.

Benedetto XVI è giunto in elicottero da Castel Gandolfo poco dopo le 16.45, accompagnato da S.E. Mons. Georg Gaenswein, Prefetto della Casa Pontificia.

All’eliporto vaticano è stato accolto dal Card. Decano, Angelo Sodano, dal Card. Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, dal Card. Presidente del Governatorato, Giuseppe Bertello, dal Sostituto, S.E. Mons. Angelo Becciu, dal Segretario per i Rapporti con gli Stati, S.E. Mons. Dominique Mamberti, e dal Segretario generale del Governatorato, S.E. Mons. Giuseppe Sciacca.

Si è quindi trasferito in auto alla sua nuova residenza, il ristrutturato Monastero "Mater Ecclesiae", dinanzi al quale è stato accolto da Sua Santità il Papa Francesco, che gli ha dato il benvenuto con grande e fraterna cordialità. Insieme si sono recati nella cappella del Monastero per un breve momento di preghiera.

Come si ricorderà, Benedetto XVI si era trasferito a Castel Gandolfo nel pomeriggio del 28 febbraio, quando, in seguito alla sua rinuncia, iniziava la Sede Vacante. Vi si è trattenuto per due mesi, nel corso dei quali ha ricevuto, il 23 marzo, la visita del Papa Francesco, ed ha atteso il completamento dei lavori di preparazione della sua nuova residenza.

Ora è lieto di rientrare in Vaticano, nel luogo in cui intende dedicarsi, come da lui stesso annunciato l’11 febbraio scorso, al servizio della Chiesa anzitutto con la preghiera.

Come previsto, nella nuova residenza abiteranno con Benedetto XVI S.E. Mons. Georg Gaenswein e le Memores Domini che hanno già fatto parte della Famiglia pontificia negli ultimi anni.

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