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I lefebvriani

Ultimo Aggiornamento: 18/02/2013 22:40
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27/10/2009 20:44
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Da "Messainlatino.it"...

Mons. Fellay parla nuovamente. E ipotizza soluzioni giuridiche

Mons. Fellay, dopo aver rilasciato un'intervista in Cile e un'altra in Argentina, ha pensato questa volta al Brasile. Domenica 25 ottobre, trovandosi a San Paolo del Brasile per l'inaugurazione di una cappella della Fraternità, ha avuto questo scambio sugli aspetti canonistici della sperata riconciliazione (ns. traduz. dal portoghese):

- I giornalisti spesso chiedono quale sarà la forma preferita dalla fraternità: Amministrazione apostolica come Campos, una Prelatura personale come l'Opus dei o un ordinariato personale come gli anglicani?
Il Vaticano ha detto molto chiaramente che non farà nessuna erezione canonica della FSSPX prima dei colloqui dottrinali. Siccome non c'è niente di ufficiale e niente di noto, non posso dire nulla. L'unica cosa che posso dire è che Roma vuole stabilire per noi qualcosa di utile per la Fraternità.

- Si dice che la Santa sede potrebbe riconoscere pubblicamente facoltà per tutti i sacramenti celebrati dalla FSSPX. Eccellenza, ritiene che ciò possa avvenire in tempi brevi?
Non ne ho idea. Semplicemente non si sa.

- E un'ultima questione è se la Fraternità accetterebbe temporaneamente una struttura canonica provvisoria nel corso della discussione dottrinale.
C'è questa idea, ma è un problema all'interno della Chiesa. Ci sono molti, molti vescovi che davvero ci odiano. Nemici della FSSPX, davvero. E farebbero tutto il possibile per distruggerci. E questo accordo temporaneo non risolverebbe il problema dei sacerdoti e dei fedeli. I vescovi porrebbero immensi ostacoli e sarebbe un caos. Quindi una soluzione canonica deve essere definitiva. Potrebbero essere fatte solo piccole cose. Ad esempio, riconoscere i sacramenti della Fraternità, cose di questo genere.

Fonte: Veritatis splendor


L'interesse di questa intervista è che mons. Fellay abborda gli aspetti giuridici di una futura, auspicata riconciliazione. Sappiamo che il problema si porrà solo una volta definite le divergenze dottrinali; ma siamo ottimisti e pensiamo già al dopo. Anche perché l'aspetto dei diritti e dei doveri di una Fraternità riconciliata attira, riconosciamolo, più interesse di complesse disquisizioni teologiche.

Inevitabilmente la Fraternità, dal giorno del suo rientro, non godrà più di una indipendenza assoluta. Anche nei confronti dei vescovi diocesani. O meglio: se è pur vero (e lo vedremo) che sono possibili soluzioni canoniche che le consentano di operare liberamente senza l’impiccio malevolente dei vescovi, è anche vero che insorgeranno obblighi, se non altro di bon ton, che al momento non la astringono. Ora, se la Fraternità vuole aprire una cappella, un priorato, un seminario, non chiede niente a nessuno. Domani, per quanto libera sarà la situazione canonica, almeno una visita di cortesia al vescovo del luogo dovrà farla. E si sa come funzionano queste cose in una struttura come la Chiesa: il vescovo si lamenta, il nunzio interviene, il cardinale raccomanda e chiede il favore...
 
Ma vediamo dunque quale potrebbe essere la soluzione canonica adottabile. Il termine "ordinariato", di recente proposto agli anglicani, di per sé non vuol dire molto, a parte il richiamo agli ordinariati castrensi (ossia militari), che peraltro hanno regole proprie, spesso concordatarie; l'elemento comune è che si tratta di giurisdizione determinata su base personale e non territoriale. Ma il codice di diritto canonico non prevede quell'istituto (infatti è disciplinato, per quanto concerne i militari, da una costituzione apostolica extracodicistica, la Spirituali militum cura di Giovanni Paolo II), sicché volendo restare nel diritto comune non restano che le figure di cui ora si dirà.

Nei giornali si fa gran parlare di una Prelatura personale e si osserva come al momento ne esista una soltanto, quella dell’Opus Dei (che, si aggiunge pure, m non vediamo su quali basi, vedrebbe di cattivo occhio la perdita dell’uso esclusivo di questo strumento giuridico). Chi ha maggior dimestichezza col diritto canonico menziona invece la figura dell’amministrazione apostolica come più adatta al caso, anche in forza di un precedente (i tradizionalisti della diocesi di Campos, in Brasile, eretti in Amministrazione apostolica S. Giovanni Vianney, con vescovo proprio: sicché nella stessa diocesi v’è il vescovo ‘territoriale’ come dappertutto e l’altro vescovo tradizionalista, con proprio clero, parrocchie e fedeli di rito tridentino) e del fatto che, anni addietro, mons. Fellay fece riferimento a tale soluzione, propostagli da Roma, dicendo che sarebbe stata una "Rolls Royce" ma che nondimeno non poteva accettarsi finché fossero rimasti i problemi dottrinali di fondo.

Vediamo allora, nel sistema del diritto canonico, come funzionano i due istituti.

Il can 368 c.j.c. equipara la "amministrazione apostolica eretta stabilmente" alle altre chiese particolari, che sono le diocesi (innanzitutto), le prelature ed abbazie territoriali, il vicariato apostolico e la prefettura apostolica.

Il can. 371 § 2 c.j.c. così definisce l'istituto: "L'amministrazione apostolica è una determinata porzione del popolo di Dio che, per ragioni speciali e particolarmente gravi, non viene eretta come diocesi dal Sommo Pontefice e la cura pastorale della quale viene affidata ad un Amministratore apostolico, che la governa in nome del Sommo Pontefice".

Il can. 372 c.j.c., dopo aver al primo par. stabilito che "di regola" la chiesa particolare deve avere una circoscrizione territoriale, aggiunge al § 2: "Tuttavia, dove a giudizio della suprema autorità della chiesa, sentite le Conferenze episcopali interessate (auditis Episcoporum conferentiis quarum interest), l'utilità lo suggerisca, nello stesso territorio possono essere erette chiese particolari distinte sulla base del rito dei fedeli o per altri simili motivi".

L’Amministrazione apostolica territoriale, quindi, non è altro che una diocesi con un altro nome (e, magari, con alla guida un presule non ordinato vescovo): vi si ricorre allorché difficoltà politiche sconsigliano la creazione di una vera diocesi, oppure in caso di assenza di strutture o di un numero congruo di fedeli, ecc. Ma quel che interessa è invece quanto previsto al secondo paragrafo del can. 372, ossia l’Amministrazione apostolica creata su base personale che dà origine, sullo stesso territorio, a chiese particolari distinte per ragioni di rito o similari (può ben rientrare tra queste "ragioni similari" l’uso esclusivo della forma straordinaria del rito romano). L’istituto giuridico consente dunque la creazione di strutture parallele sullo stesso territorio, qualcosa che si avvicina non poco alla coesistenza di differenti "chiese sorelle" pur dipendenti egualmente dal Papa (come si verifica laddove la chiesa latina convive con quelle cattoliche-orientali: le quale non sono Amministrazioni apostoliche bensì strutture sui iuris aventi un livello ancor maggiore di indipendenza, tanto da non soggiacere nemmeno al codice di diritto canonico dei latini bensì all’apposito codice per le chiese orientali).

Le Prelature personali sono invece definite così dal canone 294 c.j.c.: "Al fine di promuovere un'adeguata distribuzione dei presbiteri o di attuare speciali opere pastorali o missionarie per le diverse ragioni o per le diverse categorie sociali, la Sede Apostolica può erigere prelature personali formate da presbiteri e da diaconi del clero secolare, udite le conferenze dei Vescovi interessate (auditis quarum interest Episcoporum conferentiis)"

Il can. 295 c.j. prevede che la prelatura personale è retta da un Prelato come ordinario proprio, il quale ha diritto di erigere "nationale vel internationale seminarium necnon alumnos incardinare".


Il can. 297 poi statuisce: "Parimenti gli statuti definiscano i rapporti della prelatura personale con gli Ordinari del luogo nelle cui chiese particolari la prelatura esercita o intende esercitare, praevio consensu Episcopi diocesani, le sue opere pastorali o missionarie".

Ecco qui, tutto l’inghippo (il diavolo è nei cavilli, si sa): in quelle quattro parole del canone 297: per esercitare le sue opere pastorali o missionarie, la prelatura necessita del "previo consenso del vescovo diocesano". Il che basta, e avanza, ad escludere in radice l’utilizzabilità dello strumento per la Fraternità S. Pio X, che come noto è vista come una brutta malattia infettiva da un buon numero di vescovi all over the world.

La Prelatura personale, in altri termini, consente la massima indipendenza dai vescovi diocesani per quanto concerne l’organizzazione interna (ossia per i rapporti tra i chierici che ne fanno parte). Ma quando vuole assumere iniziative esterne di apostolato, deve passare per le forche caudine episcopali. Un po’ come gli Ordini monastici (di diritto pontificio): possono aprire case e conventi, ma per l’esercizio pubblico del culto devono pur sempre avere il placet dell’Ordinario.

Non solo: la Prelatura comprende solo presbiteri e diaconi secolari; resterebbero scoperti da quell’ombrello giuridico tutti i fedeli laici della FSSPX (suore comprese!) e perfino i chierici regolari, ossia i religiosi.
L’Amministrazione apostolica, invece, non prevede quelle limitazioni. Per questo appare l’unica accettabile per la Fraternità S. Pio X. Anche se, data la diffusione di questa, si dovrebbe avere una diffusione su scala mondiale, o quasi, dell’Amministrazione apostolica: cosa che avvicinerebbe ancor più la Fraternità ad una sorta di chiesa uniate come quelle orientali. Se invece si optasse per la Prelatura personale, essa dovrebbe avere necessariamente caretteri sui iuris, ossia in deroga al codice di diritto canonica: tanto da avere, della prelatura, soltanto il nome.

Come si è visto dai canoni, per costituire sia una Amministrazione apostolica non territoriale (e quindi personale), sia una Prelatura personale, il codice richiede di "sentire le Conferenze episcopali" interessate (rispettivamente ai canoni 372 e 294 c.j.c.). Ma questo è un vincolo che il codice pone alla Curia papale e il Papa può in tutta legalità decidere di derogare alla legge canonica (è il bello degli ordinamenti assolutistici, no?); oppure, se vuole rispettare il codice, questo gli chiede solo di raccogliere un parere non vincolante, e poi può fare di testa propria; ma visti gli umori episcopali in giro, si farebbe meglio a seguire l’altra strada: regola sempre valida allorché si vuole seguire una certa strada e si sa che i pareri che si otterrebbero sarebbero contrari; inoltre per i lefebvriani, diffusi ovunque, sarebbero troppo le conferenze episcopali da sentire.

Vi è infine, una ulteriore soluzione, interinale e provvisoria, cui mons. Fellay fa riferimento (ma si sa che poche cose sono altrettanto durature di quelle provvisorie e ad experimentum). Lasciare la Fraternità in uno stato di limbo giuridico, ma nondimeno riconoscere il carattere cattolico e la legittimazione ad amministrare tutti i sacramenti, togliendo ogni dubbio di sospensione a divinis dei suoi sacerdoti. Il riconoscimento comporterebbe anche il consolidamento e il riconoscimento de facto dello stato attuale (statuti, apostolati, comunità religiose connesse). Tutta l’attività della Fraternità perderebbe ogni carattere illecito dal punto di vista del diritto canonico, pur restando la stessa di fatto indipendente e non ancora inquadrata in una struttura canonica.

Si tratta, beninteso, di una forzatura al diritto canonico, sicché per giustificarla si parlerebbe di concessione di "facoltà temporanee" (sacramentali e disciplinari). La soluzione non obbligherebbe le parti in questione: né la Fraternità, che potrebbe continuare ad emettere le sue "riserve dottrinali" (evitando tra l’altro il rischio, almeno nell’immediato, di una scissione della sua ala più oltranzista e contraria ad accordi con Roma), né la Santa Sede, che potrebbe continuare a prendere le distanze dalla Fraternità, evitando così di esporre troppo il fianco agli alti lai dei progressisti.
La Fraternità resterebbe come è ora; ma liberata di ogni stigma di scomunica, di scisma, di illiceità, potrebbe con ben maggiore efficacia raggiungere fedeli finora restii proprio per quegli stigmi. E quindi rafforzarsi ulteriormente.


Papa Ratzi Superstar









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