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I lefebvriani

Ultimo Aggiornamento: 18/02/2013 22:40
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23/10/2009 19:09
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Anglicani e lefebvriani verso Roma

PRIMO PIANO

Di Marco Bertoncini

Entra nel vivo la strategia di Benedetto XVI, favorevole all'accoglienza degli scismatici

Gli scogli da superare sono molti ma il Vaticano non dispera

Gli anglicani, dunque, sia pure in numero limitato, ritornano a Roma, come si è appreso dall'annuncio ufficiale dell'imminente e specifica costituzione apostolica, che regolerà le complesse e innovative norme per immettere nell'alveo cattolico non più singoli fedeli, bensì interi gruppi.
E i tradizionalisti cattolici, i seguaci di mons. Lefebvre raccolti nella Fraternità s. Pio X? Il loro turno forse sta per venire. Certo, si avviano passi concreti, e in parte proprio l'accoglienza riservata agli anglicani dissidenti fa pensare che vi siano più possibilità di prima, per il papa, di sanare lo scisma. Infatti lunedì prossimo s'inizieranno i colloqui fra le due delegazioni della S. Sede e della Fraternità.
Fra i rappresentanti vaticani figurano il segretario della commissione Ecclesia Dei (una struttura creata per recuperare i tradizionalisti, da poche settimane passata sotto l'egida della congregazione per la Dottrina della fede), mons. Guido Pozzo, e il gesuita mons. Luis Ladaria Ferrer, segretario della stessa congregazione. Personaggi dunque di primo piano nell'organigramma d'Oltretevere, che saranno affiancati da autorevoli consultori della medesima congregazione.
Da parte dei lefebvriani, il capo delegazione sarà uno dei quattro vescovi ordinati dal defunto Lefebvre, mons. Alfonso de Galarreta. I punti caldi saranno la libertà religiosa, l'ecumenismo, la collegialità, il rinnova-mento liturgico e l'influsso della filosofia moderna e in generale del mondo con-temporaneo sulla Chiesa. Argomenti d'indubbia difficoltà, viste le posizioni fino-ra assunte dalla Fraternità; ma nella S. Sede non si dispera.
Certo, i passi già compiuti dall'odierno pontefice qualcosa significano: la revoca della scomunica ai quattro vescovi scismatici e le disposizioni contenute nel motu proprio Summorum Pontificum (che ha liberalizzato il messale romano del 1962, sostanzialmente quello di s. Pio V) sono la massima apertura concepibile da parte di un papa.
Difficilmente un altro pontefice avrebbe agito come Benedetto XVI, con tanta palese disponibilità verso gli scismatici: certo né Paolo VI né lo stesso Giovanni Paolo II mai avrebbero mostrato tanta benevolenza.
Quindi i lefebvriani hanno questa grande occasione.
Perché i gesti compiuti verso gli anglicani che intendono passare al cattolicesimo possono giovare alla causa dei tradizionalisti? Perché non avrebbe molto senso accogliere degli scismatici di mezzo millennio addietro e respingere scismatici di tre decenni fa.
Perché sarebbe contraddittorio accogliere gruppi di acattolici, serbandone i peculiari riti e tradizioni, e respingere cattolici legati a riti, liturgie, tradizioni, che per secoli sono stati propri dell'intera Chiesa cattolica. Perché la strada seguita concretamente per accogliere gli anglicani può essere ripercorsa nel caso dei tradizionalisti; anzi, vi potrebbero essere consistenti diversità a vantaggio di questi ultimi. Sembra infatti di capire (non si dispone della nuova costituzione apostolica, che sarà resa pubblica fra un paio di settimane; in compenso, come si diceva all'inizio, l'annuncio è stato dato, in una conferenza stampa che si dovrebbe definire grottesca, posto che si è illustrato un documento ancora non emanato e non diffuso) che, in deroga delle norme canoniche, saranno istituite parrocchie e altresì diocesi personali riservate agli ex anglicani, con propri seminari e propri pastori, anche di clero uxorato, cioè sposato.
Nel caso dei lefebvriani, invece, la proposta sarebbe più consistente: una «prelatura personale», come l'Opus Dei, per intenderci, quindi una struttura che giornalisticamente potremmo definire planetaria, autonoma, centralizzata.
La soluzione era già stata prospettata; se ne è arrivati a un'applicazione parzia-le, molto parziale, con l'istituzione di una «amministrazione apostolica personale» (un unicum di cui non si trova cenno nell'intero codice di diritto canonico) all'interno della diocesi brasiliana di Campos, per raggrupparvi i fedeli che se-guirono il locale vescovo mons. Antonio de Castro Meyer, figura poco conosciuta rispetto a mons. Lefebvre, ma anch'egli esponente del tradizionalismo cattolico.
I colloqui saranno lunghi, difficili, spesso al limite della rottura. Una cosa è certa: se quest'occasione sarà persa, lo scisma non verrà ricucito per chissà quanti anni (o decenni?) ancora.

© Copyright Italia Oggi, 23 ottobre 2009


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