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I lefebvriani

Ultimo Aggiornamento: 18/02/2013 22:40
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22/08/2009 17:56
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Mons. de Galarreta nominato presidente della Commissione teologica della FSSPX

Traduciamo dal sito sudamericano Panorama Catòlico Internacional:

Il vescovo ispano-argentino mons. Alfonso de Galarreta è stato nominato presidente della Commisione di teologi della Fraternità S. Pio x con l’incarico delle discussioni dottrinali con Roma. Suo compito sarà coordinare e dirigere gli incontri con la Commissione designata dalla Santa Sede. Poiché attualmente egli è rettore del seminario di Nostra Signora Corredentrice di La Reja, in Argentina [dopo che mons. Williamson, precedente rettore, è stato sollevato dall’incarico], dovrà dividersi tra tale incarico e in viaggi in Europa per assolvere al nuovo compito.

Di profilo discreto, si sa che sostiene posizioni dottrinali dure; tratta poco, quasi nulla con la stampa e ha uno stile pastorale che gli ha guadagnato il rispetto di clero e fedeli in tutta la Fraternità, specie per la sua abilità come persona di consiglio e per la chiarezza nell’esposizione e nel pensiero. Sebbene la sua intransigenza dottrinale sia fuori discussione, si caratterizza per le sue attitudini ragionevoli e di sperimentato realismo.

Secondo fonti vicine alla FSSPX, resterebbe destinato all’Argentina finché l’andamento delle discussioni determinino se le sue funzioni in Europa assorbano più del tempo necessario a seguire il seminario.
[..]
La attuale impossibilità pratica di mons. Williamson di svolgere incarichi di apostolato, dato il polverone mediatico e la sua situazione legale, ha provocato un maggior carico di lavoro agli altri tre vescovi coadiutori della FSSPX.
Le discussioni dottrinali cominceranno presumibilmente dopo l’estate europea, senza tuttavia data fissa definitiva.

***

Per avere un'idea più precisa circa l'attitudine di mons. de Galarreta in merito agli incipienti colloqui, è utile riportare di seguito alcuni estratti di una intervista apparsa il 21 maggio scorso su un periodico lefebvriano e ripresa e tradotta dal sito Unavox, ove troverete il testo integrale:

[..]

- Molti si chiedono per quale motivo il Papa ha pubblicato il decreto del 21 gennaio. Alcuni parlano della volontà di assorbire la Fraternità Sacerdotale San Pio X e ridurla al silenzio. Altri parlano di un semplice atto di benevolenza da parte del Papa. Lei cosa ne pensa?

È difficile conoscere le intenzioni, tuttavia, per ciò che si può dedurre dagli atti, probabilmente esistono varie distinte ragioni. A me sembra indiscutibile che da parte del Papa esista la sicura volontà di ripristino della giustizia e della benevolenza. Però, è altrettanto indubitabile che a Roma sperano che tali misure e i contatti che seguiranno permetteranno loro di incorporarci nella “dinamica ecclesiale”, e che noi smusseremo gli spigoli che secondo loro presentiamo, per esempio, nell’essere così rigidi e intransigenti, come dicono, a riguardo della dottrina. Ossia, sperano di “moderarci” un poco, incorporando anche alcune della nostre cose positive. Altro aspetto importante è la volontà di Benedetto XVI di dimostrare la continuità del Concilio Vaticano II con la Tradizione: se si vuole provare che vi è continuità, basta lasciarci esistere e vivere entro il perimetro della Chiesa ufficiale. Indubbiamente questa visione delle cose e di noi costituisce il maggior pericolo per i contatti a venire.

- Possiamo parlare di un Papa tradizionalista?

No. Disgraziatamente, no. Benedetto XVI si è preoccupato di smentire esplicitamente questa affermazione. Egli si identifica pienamente e teologicamente col Concilio Vaticano II. Il suo insegnamento e il suo governo della Chiesa si iscrivono direttamente nello spirito del Concilio. La prova sta nel fatto che vuole incorporarci nella Chiesa ufficiale, però secondo una concezione ecumenica. Egli sta praticando l’ecumenismo con noi.
Tuttavia, contemporaneamente vi è un cambio di atteggiamento rispetto alla Tradizione: non si tratta più di persecuzione, ma, fino ad un certo punto, di accettazione. Questo cambio di attitudine, oggi più chiara, più aperta rispetto alla Tradizione, ci serve da base per affrontare i colloqui con Roma.
Il buono, il nuovo, del Papa attuale è questo cambio di attitudine e l’accettazione che il Concilio e il magistero debbono mantenersi in continuità con la Tradizione. Questo è un punto di partenza che ci permette di discutere.

- Nella sua lettera ai vescovi del mondo, del 12 marzo, il Papa dice che «i problemi che ora debbono essere affrontati sono di natura essenzialmente dottrinale, e si riferiscono soprattutto all’accettazione del Concilio Vaticano II e del magistero post-conciliare dei Papi». Quali sono i problemi dottrinali di cui parla Benedetto XVI ?

Sono precisamente le novità ispirate ai principi liberali, neomodernisti, come per esempio la libertà religiosa, la libertà di coscienza, l’ecumenismo, il democratismo introdotto nella Chiesa con la visione della “Chiesa comunione”, “Chiesa del popolo di Dio”, che, attraverso la collegialità, limita l’autorità del Papa e dei vescovi. Insomma, si tratta della svolta antropocentrica, dell’umanesimo e il personalismo che sono penetrati nella Chiesa e hanno operato una rivoluzione copernicana. Siamo passati da una visione cristocentrica, teocentrica, ad una specie di culto dell’uomo, come ebbe a rivendicarlo il Papa Paolo VI.

- Secondo il decreto del 21 gennaio si dovranno iniziare colloqui dottrinali tra la Fraternità Sacerdotale San Pio X e il Vaticano. Nella Fraternità San Pio X si è detto più volte che si vuole “studiare il Concilio Vaticano II alla luce della Tradizione”. Come intendere questa espressione ?

Questa espressione richiede una certa precisione. Essa intende affermare chiaramente che per noi il criterio di spiegazione di qualsivoglia dottrina nella Chiesa è la sua conformità con la Tradizione. Quindi, studiare il Concilio alla luce della Tradizione vuol dire rifiutare tutto quello che è in contraddizione con l’insegnamento e il magistero tradizionali, e accettare tutto quello che è conforme e in armonia con ciò che si è sempre creduto, ovunque e da tutti, che è la definizione della Tradizione.

- Allora si può dire che questi colloqui hanno lo scopo di “convertire Roma”? Tale desiderio non le sembra una manifestazione di superbia? Un’illusione?

L’espressione “convertire Roma” non è corretta. Si tratta piuttosto di un ritorno, di una riconversione. Peraltro è Dio che può illuminare le intelligenze e muovere i cuori perché si possa attuare questo ritorno della Chiesa alla Tradizione. Superbia sarebbe se noi, in base a idee nostre, nuove, ci erigessimo a giudici della dottrina della Chiesa. Invece si tratta proprio del contrario; di giudicare una serie di novità alla luce di ciò che si è sempre creduto e vissuto nella Chiesa. Allora in questo caso vi è fedeltà, non superbia. La superbia è giustamente l’attitudine di chi disprezza l’insegnamento di duemila anni della Chiesa sulla base di giudizi personali e propri del tutto contrari alla fede. Illusione? No. Perché non andiamo con false aspettative, cioè non abbiamo un’aspettativa fissata. Ci sembra che sia nostro dovere dare testimonianza della fede cattolica, difenderla e condannare gli errori contrari, però non sappiamo quanti frutti deriveranno da questi colloqui. Non sappiamo se poco, molto o niente. Non sappiamo se appena iniziati questi colloqui se ne pentiranno o se noi potremo continuarli. Abbiamo l’obbligo di farlo, è nostro dovere, ma è Dio che dà i frutti. Niente, trenta per cento, sessanta, cento per cento? Solo Dio lo sa e provvederà, perché a Dio niente è impossibile.

[..]

- Che prospettive vede per la Fraternità San Pio X nel futuro? Un accordo con Roma? Un riconoscimento canonico?

No, assolutamente, né in un futuro prossimo né lontano. Precisamente noi escludiamo questa possibilità. Sappiamo che fintanto che non vi sarà un ritorno alla Tradizione da parte di Roma, qualsiasi accordo pratico o canonico è incompatibile con la confessione e la difesa pubblica della fede, sarebbe la nostra morte. Nel migliore dei casi, parlando umanamente, avremo diversi anni di colloqui.

da Messainlatino.it


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