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I lefebvriani

Ultimo Aggiornamento: 18/02/2013 22:40
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28/06/2009 17:05
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Dal blog di Lella...

"L'atto del Papa è sempre valido"

GIACOMO GALEAZZI

«Si può discutere l’opportunità della revoca della scomunica, ma essa, senza dubbio, è tecnicamente valida».

Riconosce che «le difficoltà individuate dal bravo canonista Hunermann sono canonicamente fondate», l’arcivescovo canonista Velasio De Paolis, attuale ministro vaticano delle Finanze, ex segretario della Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e decano della facoltà di diritto canonico della pontificia università Urbaniana. Però, canoni alla mano, contesta la conclusione che i quatto vescovi lefebvbriani «graziati» da Benedetto siano ancora scomunicati.

Nonostante l’avvertimento del Vaticano, i lefebvriani hanno ordinato in Baviera nuovi sacerdoti. La revoca della scomunica vale anche se non si è pentiti?

«Oggi non si può dire che i quattro vescovi rimangano scomunicati. La revoca è valida, però non sono neppure né in comunione con la Chiesa né a posto in coscienza. Ci sono diversi livelli e la scomunica è l’ultimo, puramente positivo, pur fondato sulla teologia. Revocando la scomunica, il Papa, come lui stesso dice, ha compiuto un gesto di misericordia. Se abbia fatto bene o male non spetta a noi dirlo. E’ lui che ha sindacato giusto agire così. La revoca è valida e, canonicamente, è un atto autonomo. Anche qualora i vescovi lefebvriani non avessero promesso quel poco che hanno promesso, il Papa poteva comunque togliere la scomunica, senza con ciò legittimare il loro atto di disobbedienza. Comunque, non essere più scomunicati non significa automaticamente essere a posto con la coscienza o poter accedere ai sacramenti».

E le ordinazioni lefebvriane dei nuovi sacerdoti?

«Esistono diversi livelli di vita ecclesiale.
Se i quattro vescovi “graziati” hanno ordinato sacerdoti ciò è valido, ma illecito, illegittimo.
Cioè sono preti ma non conformi alle leggi ecclesiastiche: sono contro l’obbedienza alla Chiesa, quindi non possono esercitare il loro ministero. Un conto è l’ordinazione, un altro è la liceità del ministero. Nella Chiesa un prete può esercitare il suo ministero solo se è incardinato in una diocesi. La scomunica suppone un delitto, la revoca è un atto di perdono e di riammissione. Negare validità alla revoca implica una valutazione di opportunità che appartiene solo al Papa».

Su cosa poggia la validità della revoca?

«Il Papa, teoricamente, potrebbe pure abolire il canone che scomunica chi consacra un vescovo contro la volontà della Chiesa. Anzi in origine queste censure non erano ben regolate. Certo, senza pene ecclesiastiche si avrebbe confusione dottrinale, ma qui non parliamo di problemi morali, bensì di una scomunica che è privazione di alcuni effetti, come ricevere i sacramenti o esercitare alcuni diritti nella vita della Chiesa. Il Papa che toglie una scomunica non è come il prete in confessionale che assolve un penitente».

© Copyright La Stampa, 28 giugno 2009


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