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    00 01/03/2011 01:13
    La Chiesa può offrire un prezioso contributo all'Unione Europea
    Il Papa riceve il Presidente del Parlamento Europeo, Buzek




    CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 28 febbraio 2011 (ZENIT.org).- Il contributo che la Chiesa può offrire all'Unione Europea è stato uno degli argomenti principali dell'udienza che Papa Benedetto XVI ha concesso questo lunedì al Presidente del Parlamento Europeo, l'onorevole Jerzy Buzek.

    Buzek ha poi incontrato il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, accompagnato da monsignor Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati.

    Una nota vaticana emessa al termine dell'incontro spiega che i colloqui, “svoltisi in un clima di cordialità”, “hanno permesso un utile scambio di opinioni sulle relazioni fra la Chiesa cattolica, il Parlamento Europeo e le altre istituzioni europee, nonché sul contributo che la Chiesa può offrire all’Unione”.

    Nel corso dell’udienza, aggiunge il testo, “ci si è soffermati anche su temi di attualità quali l’impegno per la promozione della libertà religiosa e la tutela delle minoranze cristiane nel mondo”.

    Il sito web del Parlamento Europeo riferisce che dopo la sua visita ufficiale alla Santa Sede Buzek ha definito l'udienza di Benedetto XVI un incontro “toccante”.

    Il Papa, ha sottolineato, è “un uomo di fede e di intelletto”.

    “In un momento di cambiamenti drammatici come questi”, ha aggiunto, Benedetto XVI “offre un indirizzo e una stabilità a milioni di persone in tutto il mondo”.

    Quanto alla situazione in Nordafrica, una delle realtà più difficili di queste ultime settimane, il Pontefice e il Presidente del Parlamento Europeo hanno concordato nell'esprimere “la speranza che le violenze finiscano rapidamente, e abbia inizio la transizione verso la democrazia e la pace”.















    Il Papa: la Chiesa deve parlare il “nuovo linguaggio” della comunicazione
    Chiede di scoprire simboli significativi per le persone della cultura digitale



    CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 28 febbraio 2011 (ZENIT.org).- Per Benedetto XVI, la Chiesa cattolica deve imparare e parlare il “nuovo linguaggio” dei mezzi di comunicazione delle reti digitali.

    E' questa la sfida che ha lanciato questo lunedì ai partecipanti all'assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, che riunisce fino a questo giovedì in Vaticano pastori, comunicatori ed esperti della comunicazione dei cinque continenti.

    “Non si tratta solamente di esprimere il messaggio evangelico nel linguaggio di oggi, ma occorre avere il coraggio di pensare in modo più profondo, come è avvenuto in altre epoche, il rapporto tra la fede, la vita della Chiesa e i mutamenti che l’uomo sta vivendo”, ha spiegato il Pontefice.

    Benedetto XVI ha quindi affidato al dicastero il compito di approfondire la “cultura digitale”, “stimolando e sostenendo la riflessione per una maggiore consapevolezza circa le sfide che attendono la comunità ecclesiale e civile”.

    Ha poi esortato quanti lo ascoltavano nell'“impegno di aiutare quanti hanno responsabilità nella Chiesa ad essere in grado di capire, interpretare e parlare il 'nuovo linguaggio' dei media in funzione pastorale, in dialogo con il mondo contemporaneo”.

    Per questo, ha constatato, bisogna rispondere a queste domande: “Quali sfide il cosiddetto 'pensiero digitale' pone alla fede e alla teologia? Quali domande e richieste?”.

    Nuovi simboli e metafore

    “La cultura digitale pone nuove sfide alla nostra capacità di parlare e di ascoltare un linguaggio simbolico che parli della trascendenza”, ha riconosciuto il Vescovo di Roma.

    “Gesù stesso nell’annuncio del Regno ha saputo utilizzare elementi della cultura e dell’ambiente del suo tempo: il gregge, i campi, il banchetto, i semi e così via”.

    “Oggi siamo chiamati a scoprire, anche nella cultura digitale, simboli e metafore significative per le persone, che possano essere di aiuto nel parlare del Regno di Dio all’uomo contemporaneo”, ha invitato.

    Una comunicazione umana

    La proposta del Papa è quella di “promuovere una comunicazione veramente umana”, che analizzi il nuovo fenomeno comunicativo “al di là di ogni facile entusiasmo o scetticismo”.

    Il contributo dei credenti, ha sottolineato, deve aiutare “lo stesso mondo dei media, aprendo orizzonti di senso e di valore che la cultura digitale non è capace da sola di intravedere e rappresentare”.













    Il Papa nomina nuovi membri della Commissione per l'America Latina
    Il Cardinale Ortega e l'Arcivescovo Eterović



    CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 28 febbraio 2011 (ZENIT.org).- Papa Benedetto XVI ha effettuato nuove nomine per la Pontificia Commissione per l'America Latina, ha reso noto questo lunedì la Sala Stampa della Santa Sede.

    Il Papa ha infatti nominato Consigliere della Commissione monsignor Nikola Eterović, Arcivescovo titololare di Cibale, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi.

    Ha anche nominato membro della stessa Commissione il Cardinale Jaime Lucas Ortega y Alamino, Arcivescovo di San Cristóbal de La Habana (Cuba).

    Secondo la Costituzione Apostolica Pastor Bonus, la Pontificia Commissione per l'America Latina ha il compito di “assistere col consiglio e con i mezzi economici le Chiese particolari dell'America Latina, e di attendere, altresì, allo studio delle questioni che riguardano la vita e lo sviluppo delle medesime Chiese”.

    Alla Commissione spetta anche di “favorire i rapporti tra le istituzioni ecclesiastiche internazionali e nazionali che operano per le regioni dell'America Latina e i dicasteri della Curia romana”.

    Altre nomine diffuse questo lunedì riguardano incarichi nell'Ufficio del Fondo Pensioni e nell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica.

    L'avvocato Stefano Di Pinto è stato infatti nominato dal Pontefice Direttore dell'Ufficio del Fondo Pensioni. Di Pinto era finora Officiale dello stesso Ufficio.

    E' stato poi nominato per un quinquennio Dirigente dell'“Area Controllo di gestione e procedure” dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica il dottor Stefano Loreti, finora Capo Ufficio nella Sezione Ordinaria della stessa Amministrazione.

    Il Papa ha inoltre nominato Capo Ufficio nella Sezione Ordinaria dell'Amministrazione il ragioniere Francesco Anastasi, finora Officiale della Sezione Straordinaria, e Capo Ufficio nella Sezione Straordinaria il dottor Roberto Carulli e il dottor Stefano Lori, finora Officiali della stessa Sezione.

    Compito dell'Ufficio dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, ricorda sempre la Pastor Bonus, è quello di “amministrare i beni di proprietà della Santa Sede, destinati a fornire fondi necessari all'adempimento delle funzioni della Curia romana”.

    L'Ufficio ha due sezioni: quella ordinaria “amministra i beni che le sono affidati, avvalendosi, quando sia opportuno, della collaborazione di esperti; cura la gestione del personale della Santa Sede; sovraintende alla direzione amministrativa degli enti che fanno capo ad essa; provvede a quanto è necessario per l'attività ordinaria dei dicasteri; cura la contabilità e redige il bilancio consuntivo, e preventivo”.

    La Sezione straordinaria, invece, “amministra i beni mobili propri e quelli ad essa affidati da altri enti della Santa Sede”.



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    00 02/03/2011 01:44
    L'Osservatore Romano

    Edizione quotidiana 2 marzo 2011






    www.vatican.va/news_services/or/or_quo/index.html

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    00 02/03/2011 01:45
    Entra in vigore la nuova legge sulla cittadinanza del Vaticano


    CITTA' DEL VATICANO, martedì, 1° marzo 2011 (ZENIT.org).- E' entrata questo martedì in vigore la nuova legge che regola la cittadinanza, l'accesso e la residenza nello Stato della Città del Vaticano. La legge, promulgata da Papa Benedetto XVI il 22 febbraio scorso, sostituisce quella precedente, del 1929.

    La nuova regolamentazione prevede una serie di modifiche, due delle quali fondamentali: un maggior controllo dell'accesso con veicoli all'interno del territorio e la consacrazione di una figura legale non prevista nelle legge precedente ma che era già abituale: quella del residente.

    In un articolo pubblicato questo martedì da “L'Osservatore Romano”, il presidente del Comitato che ha portato a termine la redazione della nuova legge, monsignor Giorgio Corbellini, spiega le ragioni per cui era necessaria una nuova legge di cittadinanza.

    In primo luogo, il motivo è che il contesto giuridico di riferimento è cambiato, con l'approvazione di una nuova Legge Fondamentale, da parte di Giovanni Paolo II, il 26 novembre 2000 e di una nuova Legge sulle Fonti del Diritto, di Benedetto XVI, il 1° ottobre 2008, derogando quelle del 1929, su cui si basava la legge sulla cittadinanza precedente.

    In secondo luogo, ha spiegato monsignor Corbellini, “a nessuno sfugge l’opportunità di adeguare le leggi vaticane all’attuale situazione, tenendo conto dei profondi mutamenti che si sono verificati dal 1929 ad oggi”.

    Una delle prime modifiche, ha osservato il presule, è la semplificazione: la legge precedente aveva 3 capitoli, un addendum e un totale di 33 articoli. Quella attuale, invece, ha quattro capitoli, ma solo 16 articoli.

    “In effetti, il testo ha subito una notevole semplificazione; in alcuni casi, la legge opera un rinvio a determinazioni lasciate all’attività regolamentare”, ha osservato il presule.

    Cittadino e residente

    Cittadini del Vaticano sono il Papa, i Cardinali che risiedono in Vaticano o a Roma, i membri del Corpo diplomatico vaticano in carica e altri responsabili vaticani per l'incarico che ricoprono o il servizio che svolgono. La cittadinanza non si ottiene per nascita, per ovvie ragioni, ma per concessione.

    La prima novità è la tipificazione della figura del residente, cioè di chi vive in Vaticano senza averne la cittadinanza.

    Questa figura, spiega monsignor Corbellini, “ha acquistato importanza sempre maggiore nella realtà vaticana; nel corso degli anni, molte persone abitanti nello Stato hanno preferito, pur avendone i requisiti, non assumere la condizione di cittadino, che, nella legge del 1929, era considerata la situazione normale di quanti vivevano nella Città del Vaticano”.

    Il Vaticano ha attualmente più di 800 abitanti, ma solo 572 cittadini. Di questi, circa 220 vivono nel territorio.

    La ragione della “diaspora” è che gran parte dei cittadini vaticani è costituita da Nunzi e personale diplomatico.

    In questo senso, un'altra delle novità della legge è il riconoscimento della cittadinanza a Nunzi e diplomatici mentre esercitano il loro incarico, fatto che non era previsto nella legge del 1929 ed è stato introdotto in forma di nota nel 1940 da Papa Pio XII.

    Accesso

    La seconda novità di rilievo è la regolamentazione degli accessi, in particolare della circolazione, una situazione che è molto cambiata dal 1929.

    Lo Stato della Città del Vaticano ha due parti: una ad accesso libero (la Basilica, Piazza San Pietro e i Musei Vaticani) e un'altra ristretta, nella quale è necessario disporre di un permesso se non si è né cittadini né residenti.

    Nella parte ad accesso libero, segnala monsignor Corbellini, non serve alcun permesso, anche se negli ultimi anni, a causa delle minacce del terrorismo internazionale, è stato necessario avviare una serie di controlli.

    Nella parte ristretta sarà necessaria una tessera di accesso, o un permesso permanente. Per motivi validi, l'accesso può anche essere negato.

    Un'altra disposizione di riferisce ai veicoli. La nuova legge, infatti, prevede che possano accedere in automobile all'interno dello Stato solo i cittadini, i residenti o quanti dispongono di un permesso speciale.



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    Sì del Papa alle elezioni del Sinodo dei Vescovi siro-cattolici


    ROMA, martedì, 1° marzo 2011 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha concesso il suo assenso alla elezione canonicamente fatta dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa Patriarcale Siro-cattolica: del rev.do Corepiscopo Boutros Moshe, finora Protosincello dell’Arcieparchia di Mossul dei Siri, ad Arcivescovo di Mossul dei Siri; del rev.do Corepiscopo Yousif Abba, Cancelliere dell’Eparchia Siro-cattolica degli Stati Uniti d’America e Canada, ad Arcivescovo di Baghdad dei Siri; del rev.do Jihad Battah, finora Protosincello dell’Arcieparchia di Damasco dei Siri, a Vescovo della Curia Patriarcale Siro-cattolica, al quale è stata assegnata la Sede vescovile titolare di Fena.

    Il rev.do Corepiscopo Boutros Moshe è nato a Qaraqosh il 23 novembre 1943. Ha studiato teologia presso l’Istituto di San Giovanni il Prediletto dei Padri Domenicani a Mossul. È stato ordinato sacerdote il 9 giugno 1968 per l’Arcieparchia di Mossul e dal 1968 al 1975 è stato Vice Rettore nel Seminario di San Giovanni il Prediletto. Dal 1975 al 1992 è stato Vice-parroco a San Giovanni di Qaraqosh e nello stesso tempo ha assunto diverse cariche: direzione della scuola elementare, responsabile della formazione cristiana e professore di religione. Dal 1992 al 2000 ha assunto l’incarico di responsabile della formazione dei seminaristi siro cattolici nel Babel College di Bagdad. In seguito è stato nominato Protosincello dell’Arcieparchia e Parroco della Cattedrale dell’Immacolata a Mossul. Fino al 2009 è stato Presidente del Tribunale ecclesiastico interrituale. Nel 2007 è stato nominato Rettore del nuovo Seminario Sant’Efrem a Qaraqosh. Dal 19 dicembre 2003 è Corespiscopo. Oltre all’arabo e al siriaco, parla il francese.

    Il rev.do Corepiscopo Yousif Abba è nato il 18 giugno 1951 a Qaraqosh, in Iraq. È entrato nel Seminario di San Giovanni dei Padri Domenicani a Mossul nel 1961; ha studiato poi - dal 1976 al 1977- nel Seminario di Maadi dei Copti Cattolici in Egitto; infine, per un anno, nel Seminario di Charfet. È stato ordinato sacerdote il 30 giugno 1978. Ha esercitato il ministero presbiterale nelle parrocchie di Qaraqosh, come viceparroco e poi come Parroco di Saint Jacques et Saint Jean. Nel 1997 è stato inviato negli Stati Uniti per la cura pastorale dei fedeli dell’Eparchia Siro-cattolica degli Stati Uniti d’America e Canada, dove ha assunto l’incarico di Parroco di S. Giuseppe a Toronto (Ontario in Canada) e ultimamente di Cancelliere della Curia Eparchiale. Parla siriaco, arabo, francese ed inglese.

    Il rev.do Jihad Battah è nato a Damasco il 26 giugno 1956. Ha frequentato i corsi filosofici e teologici all’Università Saint Esprit di Kaslik in Libano, dal 1983 al 1988. Inviato a Roma per gli studi in Diritto Canonico, ha conseguito il dottorato al Pontificio Istituto Orientale nel 1998. Ha studiato iconografia e teologia biblica a Parigi, dedicandosi nel contempo ad una esperienza assistenziale col movimento L’Arche. È stato ordinato sacerdote il 19 maggio 1991 e incardinato nell’Arcieparchia Siro Cattolica di Damasco, dove per quattro anni è stato Parroco di Quatana, dedicandosi anche agli handicappati per i quali ha fondato una comunità. Dal 1999 al 2002 ha svolto l’incarico di Rettore del Seminario Patriarcale di Charfet in Libano e dal 2002 al 2009 quello di Rettore del Collegio S. Efrem in Roma per studenti orientali di lingua araba. Tornato a Damasco è stato nominato Protosincello. Oltre all’arabo, conosce l’italiano, il francese e il siriaco.











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    00 02/03/2011 10:45
    Dal blog di Lella...

    Movimento Pastori Sardi da Benedetto XVI, Pastore tra i pastori

    Zerca Majlovich

    Il Movimento Pastori Sardi, simbolo di una tradizione millenaria, di un orgoglio e di una civiltà che viene dalla terra e dal sole, verranno ricevuti da Benedetto XVI in Udienza. L'MPS è sempre più il simbolo della Sardegna che non vuole diventare un enorme poligono sterile.
    Il Movimento Pastori Sardi (MPS) di cui via abbiamo parlato anche pochi giorni fa nell'articolo "Pastori Sardi a Milano: o la Borsa o la vita" (http://is.gd/JzyeV9), sarà ricevuto in delegazione da Benedetto XVI.
    "L'udienza del Santo Padre, si terrà nell'aula Paolo VI nei pressi della Basilica di S. Pietro in Vaticano. Il Movimento Pastori Sardi ringrazia il Papa e gli manda coloroso abbraccio" scrivono i Pastori in una nota. I Pastori Sardi quindi vanno dal Pastore per antonomasia e sicuramente l'emozione sarà grande, visto che Gesù nacque proprio tra i pastori (anche all'epoca considerati "gli ultimi") e furono proprio loro, i pastori, i primi testimoni di Cristo. Nel buio della politica, nel disinteresse del Parlamento, tra multe e le denunce che fioccano sulla loro lotta di civiltà, il Movimento Pastori Sardi, pacifico come i suoi agnelli, va a farsi benedire dal Santo Padre. Perché grazie al loro impegno, alla loro costanza e pazienza, la pastorizia in Sardegna (e forse in tutta Europa) non andrà a farsi benedire.

    www.mainfatti.it/Benedetto-XVI/Movimento-Pastori-Sardi-da-Benedetto-XVI-Pastore-tra-i-pastori_03490...


    Papa Ratzi Superstar









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    00 02/03/2011 15:32
    Benedetto XVI e il Direttore del WFP parlano della crisi libica
    In una udienza privata Josette Sheeran ha riferito sulla sua recente missione



    ROMA, mercoledì, 2 marzo 2011 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha ricevuto questo mercoledì in udienza privata Josette Sheeran, Direttore esecutivo del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite (WFP), che ha aggiornato il Papa sulla sua recente missione al confine tra la Libia e la Tunisia, dove ha potuto constatare direttamente la presenza di decine di migliaia di persone in fuga dalle violenze e fare il punto sui bisogni umanitari, dopo la rivolta civile anti-Gheddafi.

    La Sheeran si è recata nell’area il 28 febbraio per lanciare una risposta immediata in grado di fornire assistenza alimentare ai più vulnerabili, soprattutto donne e bambini, e per aiutare i Paesi in transizione politica a rafforzare le proprie reti di protezione alimentare. Oltre 40.000 persone hanno, infatti, attraversato il confine dalla Libia in Tunisia nella scorsa settimana, portando spesso con sé poco cibo.

    “Mi ha commosso l’interesse di Sua Santità per questo resoconto – ha detto la Sheeran, secondo quanto riferito in una nota dal WFP –. Ha espresso la sua preoccupazione per la gente innocente intrappolata in questa terribile tragedia”.

    “Mi è risultato subito chiaro – ha aggiunto –, vedendo queste persone disperate che si riversavano oltre il confine – ad un ritmo di oltre 2.000 all’ora – che il mondo deve agire, e con rapidità, per prevenire un disastro umanitario ancora più grande. Sono stata onorata di incontrare nuovamente sua Santità e portargli i nostri ringraziamenti per il prezioso sostegno che continua a dare al nostro lavoro di sfamare gli affamati nel mondo”.

    “In una fase economica di aumento dei prezzi alimentari e del petrolio e di cambiamenti politici che toccano milioni di persone che soffrono già la fame, l’aiuto della Chiesa cattolica e delle sue diverse istituzioni ecclesiastiche è ancora più vitale nel sostenere l’azione del WFP verso i più vulnerabili”, ha dichiarato infine.

    Fondato nel 1962, il WFP è la più grande organizzazione umanitaria al mondo. Il suo scopo, nelle emergenze, è quello di fornire fornisce cibo là dove è necessario, salvando la vita alle vittime di guerre, di conflitti civili e di disastri naturali. Nel 2010 ha fornito assistenza alimentare a oltre 90 milioni di persone in 73 paesi.

    Questa agenzia delle Nazioni Unite collabora stabilmente con numerose istituzioni ecclesiastiche e organizzazioni non governative di ispirazione cattolica, tra cui la Caritas Internationalis con le sue diverse agenzie nazionali - con cui il WFP ha stretto accordi di partenariato in 29 paesi -, la Comunità di Sant’Egidio - con cui sono attivi programmi nei settori dell’assistenza alimentare e della salute -, il Catholic Relief Services (CRS) e il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS).

    Il 28 febbraio, dalla base UNHRD di Brindisi, è decollato il primo volo umanitario del WFP per la Tunisia con biscotti ad alto contenuto energetico destinati a migliaia di persone in fuga dalle violenze in Libia.

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    00 03/03/2011 00:55
    Il Papa: per redimere il mondo bisogna conoscere la Verità, Cristo
    Anticipazioni del secondo volume del libro “Gesù di Nazaret”

    di Roberta Sciamplicotti


    CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 2 marzo 2011 (ZENIT.org).- “La non-redenzione del mondo” consiste “nella non-riconoscibilità della verità”, che “diventa riconoscibile se Dio diventa riconoscibile”, e ciò avviene “in Gesù Cristo”.

    Papa Benedetto XVI lo afferma nel secondo volume del suo libro “Gesù di Nazaret”, che verrà presentato il 10 marzo e tratta dall’ingresso in Gerusalemme alla risurrezione. “L'Osservatore Romano” ha riportato alcuni stralci del testo.

    Nel capitolo intitolato “Il processo a Gesù”, il Papa si chiede chi fossero i suoi accusatori.

    Per Giovanni, l’unico che riferisce il colloquio tra Gesù e Pilato, sono semplicemente i “Giudei”. Questa espressione, sottolinea il Pontefice, “non indica affatto il popolo d’Israele come tale, ancor meno essa ha un carattere 'razzista'”, anche perché Giovanni stesso era israelita, così come l'intera comunità primitiva.

    Nell'evangelista questa espressione indica l’aristocrazia del tempio, pur se con eccezioni come fa capire l'accenno a Nicodemo. In Marco gli accusatori sono anche i sostenitori di Barabba, che ne chiedono il rilascio al posto di Gesù. Matteo parla invece di “tutto il popolo”, anche se “sicuramente non esprime un fatto storico”.

    Quanto al giudice, il governatore romano Ponzio Pilato, “sapeva che da Gesù non era sorto un movimento rivoluzionario”. Gesù “deve essergli sembrato un esaltato religioso, che forse violava ordinamenti giudaici riguardanti il diritto e la fede, ma ciò non gli interessava”, perché su di questo dovevano giudicare i Giudei.

    “Sotto l’aspetto degli ordinamenti romani concernenti la giurisdizione e il potere, che rientravano nella sua competenza, non c’era nulla di serio contro Gesù”, ma nell'interrogatorio la sua risposta alla domanda “Dunque tu sei re?” - “Tu lo dici: io sono re” - cambia la situazione.

    Il regno di Gesù “è non violento”, “non dispone di alcuna legione”, sottolinea Benedetto XVI. Con le sue parole, “Gesù ha creato un concetto assolutamente nuovo di regalità e di regno”, qualificando come essenza della sua regalità “la testimonianza alla verità”.

    “Che cos’è la verità? Non soltanto Pilato ha accantonato questa domanda come irrisolvibile e, per il suo compito, impraticabile – indica il Pontefice –. Anche oggi, nella disputa politica come nella discussione circa la formazione del diritto, per lo più si prova fastidio per essa. Ma senza la verità l’uomo non coglie il senso della sua vita, lascia, in fin dei conti, il campo ai più forti”.

    “Può la politica assumere la verità come categoria per la sua struttura?”, chiede il Papa.

    “Dare testimonianza alla verità”, sottolinea, “significa mettere in risalto Dio e la sua volontà di fronte agli interessi del mondo e alle sue potenze”, vuol dire “rendere la creazione decifrabile e la sua verità accessibile in modo tale che essa possa costituire la misura e il criterio orientativo nel mondo dell’uomo”.

    “Diciamolo pure: la non-redenzione del mondo consiste, appunto, nella non-decifrabilità della creazione, nella non-riconoscibilità della verità, una situazione che poi conduce inevitabilmente al dominio del pragmatismo, e in questo modo fa sì che il potere dei forti diventi il dio di questo mondo”.

    “'Redenzione' nel senso pieno della parola può consistere solo nel fatto che la verità diventi riconoscibile. Ed essa diventa riconoscibile, se Dio diventa riconoscibile. Egli diventa riconoscibile in Gesù Cristo. In Lui Dio è entrato nel mondo, ed ha con ciò innalzato il criterio della verità in mezzo alla storia”.

    Giuda

    Nel capitolo “La lavanda dei piedi”, il Papa ricorda che Gesù, profondamente turbato, dichiara: “In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà” (Gv 13, 21).

    “La rottura dell’amicizia giunge fin nella comunità sacramentale della Chiesa, dove sempre di nuovo ci sono persone che prendono 'il suo pane' e lo tradiscono”.

    “Chi rompe l’amicizia con Gesù, chi si scrolla di dosso il suo 'dolce giogo', non giunge alla libertà, non diventa libero, ma diventa invece schiavo di altre potenze”.

    “Tuttavia, la luce che, provenendo da Gesù, era caduta nell’anima di Giuda, non si era spenta del tutto. C’è un primo passo verso la conversione: 'Ho peccato', dice ai suoi committenti. Cerca di salvare Gesù e ridà il denaro. Tutto ciò che di puro e di grande aveva ricevuto da Gesù, rimaneva iscritto nella sua anima - non poteva dimenticarlo”.

    La seconda tragedia, dopo il tradimento, è che Giuda non riesce più a credere a un perdono. Il suo pentimento diventa allora disperazione.

    Giuda “ci fa così vedere il modo errato del pentimento”, sottolinea il Pontefice: “un pentimento che non riesce più a sperare, ma vede ormai solo il proprio buio, è distruttivo e non è un vero pentimento”.

    “Fa parte del giusto pentimento la certezza della speranza – una certezza che nasce dalla fede nella potenza maggiore della Luce fattasi carne in Gesù”.

    L'ultima cena

    Il Papa ricorda anche che “Giovanni bada con premura a non presentare l’ultima cena come cena pasquale”.

    “Ha ragione: al momento del processo di Gesù davanti a Pilato, le autorità giudaiche non avevano ancora mangiato la Pasqua e per questo dovevano mantenersi ancora cultualmente pure”. “La crocifissione non è avvenuta nel giorno della festa, ma nella sua vigilia”.

    “Ma perché allora i sinottici hanno parlato di una cena pasquale?”, si chiede il Papa.

    “Gesù era consapevole della sua morte imminente. Egli sapeva che non avrebbe più potuto mangiare la Pasqua. In questa chiara consapevolezza invitò i suoi ad un’ultima cena di carattere molto particolare, una cena che non apparteneva a nessun determinato rito giudaico, ma era il suo congedo, in cui Egli dava qualcosa di nuovo, donava se stesso come il vero Agnello, istituendo così la sua Pasqua”.

    “Anche se questo convivio di Gesù con i Dodici non è stata una cena pasquale secondo le prescrizioni rituali del giudaismo, in retrospettiva si è resa evidente la connessione interiore dell’insieme con la morte e risurrezione di Gesù: era la Pasqua di Gesù”.














    Il Papa: la vera libertà rifugge la violenza e l'inquietudine
    In occasione dell'Udienza generale su san Francesco di Sales



    ROMA, mercoledì, 2 marzo 2011 (ZENIT.org).- La vera libertà si può trovare solo in un amore incondizionato per Dio e non attraverso la violenza o l'inquietudine. E' quanto ha detto questo mercoledì Benedetto XVI in occasione dell'Udienza generale nell’Aula Paolo VI, dedicata a san Francesco di Sales (1567-1622).

    Nel richiamare la figura di questo dottore della Chiesa, che fu Vescovo di Ginevra e fondatore con santa Giovanna di Chantal dell’Ordine della Visitazione, il Papa ha dapprima ricostruito la vicenda umana e sacerdotale di san Francesco di Sales, che seppe riconciliare in sé “l’eredità dell’umanesimo con la spinta verso l’assoluto propria delle correnti mistiche”.

    Formatosi a Parigi e all’università di Padova, il santo francese, “riflettendo sul pensiero di sant’Agostino e di san Tommaso d’Aquino, ebbe una crisi profonda che lo indusse a interrogarsi sulla propria salvezza eterna e sulla predestinazione di Dio nei suoi riguardi, soffrendo come vero dramma spirituale le principali questioni teologiche del suo tempo”.

    Ed è proprio nella capitale francese, allora ventenne, racconta nel Trattato dell’amore di Dio, che recandosi nella chiesa dei domenicani trovò la pace nella realtà radicale dell’amore di Dio, cioè nell'“amarlo senza nulla chiedere in cambio e confidare nell’amore divino”.

    “All’origine di molte vie della pedagogia e della spiritualità del nostro tempo”, egli fu “apostolo, predicatore, scrittore, uomo d’azione e di preghiera; impegnato a realizzare gli ideali del Concilio di Trento; coinvolto nella controversia e nel dialogo con i protestanti, sperimentando sempre più, al di là del necessario confronto teologico, l’efficacia della relazione personale e della carità; incaricato di missioni diplomatiche a livello europeo, e di compiti sociali di mediazione e di riconciliazione”.

    Nell’Introduzione alla vita devota, san Francesco di Sales invitava “a essere completamente di Dio, vivendo in pienezza la presenza nel mondo e i compiti del proprio stato”.

    Ecco che in lui, ha detto il Papa, “si manifestava l’ideale di un’umanità riconciliata, nella sintonia fra azione nel mondo e preghiera, fra condizione secolare e ricerca di perfezione, con l’aiuto della Grazia di Dio che permea l’umano e, senza distruggerlo, lo purifica, innalzandolo alle altezze divine”.

    Nella “regola” scritta a santa Francesca di Chantal, e su cui si formeranno santi come Giovanni Bosco e Teresa di Lisieux, san Francesco di Sales invitava a “fare tutto per amore, niente per forza - amar più l’obbedienza che temere la disobbedienza. Vi lascio lo spirito di libertà, non già quello che esclude l’obbedienza, ché questa è la libertà del mondo; ma quello che esclude la violenza, l’ansia e lo scrupolo”.

    Una regola, ha osservato il Papa, che mette in crisi molti modelli attuali.

    “In una stagione come la nostra – ha sottolineato infatti il Pontefice – che cerca la libertà, anche con violenza e inquietudine, non deve sfuggire l’attualità di questo grande maestro di spiritualità e di pace, che consegna ai suoi discepoli lo ‘spirito di libertà’, quella vera”.

    “San Francesco di Sales – ha quindi concluso – è un testimone esemplare dell’umanesimo cristiano; con il suo stile familiare, con parabole che hanno talora il colpo d’ala della poesia, ricorda che l’uomo porta iscritta nel profondo di sé la nostalgia di Dio e che solo in Lui trova la vera gioia e la sua realizzazione più piena”.




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    Edizione quotidiana 3 marzo 2011





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    Web. Vaticano, nasce portale da sinergia fra Osservatore Romano, Radio e Fides

    Citta' del Vaticano, 2 mar. (Adnkronos)

    Entro Pasqua sara' attivo un nuovo 'portale multimediatico' dove affluiranno le notizie pubblicate da L'Osservatore Romano, dalla Radio Vaticana e dall'agenzia Fides: una sorta di portale Vatican news — inizialmente in italiano e inglese, poi anche francese, spagnolo e portoghese — che raccogliera' tutte le presenze mediatiche della Santa Sede, le quali manterranno comunque la propria autonomia e individualita'.
    L'annuncio e' stato dato dall'arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, durante la plenaria del dicastero, che si e' aperta ieri nella sede di Via della Conciliazione, per concludersi giovedi' 3 marzo. E' quanto riferisce oggi l'Osservatore romano. ''Nel presentare l'attivita' del dicastero nel 2010 - spiega il quotidiano della Santa Sede - il presule ha anche ricordato che e' stato eseguito un aggiornamento del sito istituzionale. Le novita' riguardano la possibilita' di consultare alcuni articoli e la scelta di dare maggiore visibilita' a problematiche o situazioni che riguardano la comunione ecclesiale nei vari Paesi''.

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    PAPA: OGGI SI CERCA LA LIBERTA' CON VIOLENZA E INQUIETUDINE

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 2 mar.

    Viviamo "una stagione che cerca la libertà, anche con violenza e inquietudine".
    Lo ha detto il Papa al ternmine dell'Udienza Generale di oggi, dedicata a San Francesco di Sales "grande maestro di spiritualita' e di pace", che consegno' ai suoi discepoli lo "spirito di liberta'", cioe' "quella vera, al culmine di un insegnamento affascinante e completo sulla realta' dell'amore".
    Per Bendetto XVI, "San Francesco di Sales e' un testimone esemplare dell'umanesimo cristiano; con il suo stile familiare, con parabole che hanno talora il colpo d'ala della poesia, ricorda che l'uomo porta iscritta nel profondo di se' la nostalgia di Dio e che solo in Lui trova la vera gioia e la sua realizzazione piu' piena". "Vissuto a cavallo tra due secoli, il Cinquecento e il Seicento, San Francesco di Sales raccolse in se' il meglio degli insegnamenti e delle conquiste culturali del secolo che finiva, riconciliando l'eredita' dell'umanesimo con la spinta verso l'assoluto propria delle correnti mistiche", ha ricordato Ratzinger rilevando che "l'influsso della sua vita e del suo insegnamento sull'Europa dell'epoca e dei secoli successivi appare immenso".
    E' stato infatti, ha elencato il Papa, "apostolo, predicatore, scrittore, uomo d'azione e di preghiera; impegnato a realizzare gli ideali del Concilio di Trento; coinvolto nella controversia e nel dialogo con i protestanti, sperimentando sempre piu', al di la' del necessario confronto teologico, l'efficacia della relazione personale e della carita'; incaricato di missioni diplomatiche a livello europeo, e di compiti sociali di mediazione e di riconciliazione".
    Ma, ha aggiunto il Pontefice teologo, "soprattutto san Francesco di Sales e' guida di anime" e la sua figura "emana un'impressione di rara pienezza, dimostrata nella serenita' della sua ricerca intellettuale, ma anche nella ricchezza dei suoi affetti, nella dolcezza dei suoi insegnamenti che hanno avuto un grande influsso sulla coscienza cristiana". Per Benedetto XVI, san Francesco di Sales e' stato infatti un precursore come dimostrano "l'appello ai laici, quella cura per la consacrazione delle cose temporali e per la santificazione del quotidiano su cui insisteranno il Concilio Vaticano II e la spiritualita' del nostro tempo".
    "Della parola 'umanita'' - inoltre - ha incarnato diverse accezioni che, oggi come ieri, questo termine puo' assumere: cultura e cortesia, liberta' e tenerezza, nobilta' e solidarieta'". In san Francesco di Sales, ha concluso il Papa, "si manifestava l'ideale di un'umanita' riconciliata, nella sintonia fra azione nel mondo e preghiera, fra condizione secolare e ricerca di perfezione, con l'aiuto della Grazia di Dio che permea l'umano e, senza distruggerlo, lo purifica, innalzandolo alle altezze divine".

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    00 04/03/2011 01:08
    L'Osservatore Romano

    Edizione quotidiana 4 marzo 2011





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    Benedetto XVI riceve il Presidente del Cile

    CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 3 marzo 2011 (ZENIT.org).- Papa Benedetto XVI ha ricevuto questo giovedì in udienza il Presidente del Cile, Sebastián Piñera Echenique, in visita ufficiale in Italia e in Vaticano.

    Nel corso dell'incontro, il Capo di Stato ha sottolineato la sua coincidenza con la Santa Sede su argomenti come la difesa della vita dal concepimento fino alla morte naturale, i diritti umani, la famiglia e l'ambiente.

    “La ringrazio per questa udienza, che è per me un onore”, ha detto il Presidente cileno incontrando nel Palazzo Apostolico il Papa, che indossava la mozzetta rossa.

    Dal tronetto sono passati alla biblioteca, dove è iniziata la loro conversazione. Il Presidente cileno ha confidato al Santo Padre: “Questa è la seconda volta in vita mia che incontro un Papa, e quest’ultimo anno per il Cile è stato difficile, tra terremoto e riscatto dei minatori, ma malgrado tutto direi che è andata bene”.

    Durante la conversazione tra il Papa e il Presidente, c’era un monaco che aiutava come interprete e che ha commentato all'uscita: “Visto che il Papa parlava spagnolo e Piñera in modo lento, in pratica non hanno avuto bisogno del mio aiuto”.

    Verso la fine dell’udienza, durata 25 minuti, ha fatto ingresso la delegazione cilena composta da 17 persone, compresa la consorte del Presidente, Cecilia Morel, che indossava un velo nero come da protocollo, oltre a tre Ministri, il presidente della Suprema Corte, 9 parlamentari e altre autorità.

    Nello scambio dei doni, il Santo Padre ha consegnato un medaglione d’oro del suo pontificato e Piñeda un turibolo d’argento, copia di quello della Cattedrale di Santiago.

    Altri doni per il Papa sono stati una Bibbia scritta nella lingua indigena mapuche e una copia della Costituzione del Cile, che difende la vita.

    In seguito il Presidente ha incontrato il Segretario di Stato, il Cardinale Tarcisio Bertone, e il Cardinale Angelo Sodano, ex Nunzio in Cile. Piñera ha anche fatto visita alla tomba di Giovanni Paolo II.

    All’uscita del Vaticano, il Capo di Stato ha trovato alcuni giornalisti con i quali ha commentato l’udienza: “Abbiamo parlato di tutto un po’ - ha detto -, e il Papa ha inviato ai cileni parole di sostegno per la loro lotta in difesa della vita dal concepimento fino alla morte naturale, per la difesa del bimbo nel grembo materno, la famiglia e tutti i diritti umani in Cile e in tutto il mondo”.

    “Abbiamo parlato della coincidenza esistente per quanto riguarda la difesa di valori fondamentali come la libertà e la protezione dell’ambiente – ha aggiunto –. L'ho inoltre ringraziato per le parole di conforto quando abbiamo subito il terremoto e l’incidente con i minatori”.

    Piñera ha invitato il Papa a visitare il Cile ricordando che “i cileni hanno nostalgia della visita di Giovanni Paolo II”.

    “Da parte sua il Papa mi ha ricordato che ha 84 anni, quindi che era difficile, anche se cercherà di mettercela tutta”, ha indicato.

    Poco dopo, in un prestigioso albergo romano, si è svolto un pranzo offerto dal Presidente e dalla moglie in onore del Cardinal Bertone.

    Si è quindi conclusa la visita di tre giorni del Presidente del Cile in Italia, che ha incluso diversi eventi: incontri con il Presidente Giorgio Napolitano e con il premier Silvio Berlusconi, una conferenza alla LUISS, la firma di uno scambio con sei università italiane e l’inaugurazione della nuova sede dell'Istituto Italo-Latinoamericano a Roma.

    “L'Osservatore Romano” ha pubblicato nella sua edizione di questo giovedì un articolo del Presidente cileno intitolato “Sviluppo economico e sviluppo integrale”, in cui il Capo di Stato afferma che “il vero sviluppo è molto più della semplice produzione di beni o del conseguimento di un determinato rendimento economico”.

    Piñera ricorda che nell'Enciclica Caritas in Veritate Benedetto XVI “ha approfondito e posto l’accento sul concetto e sulla necessità di uno sviluppo integrale”.

    Dopo aver indicato alcuni successi e obiettivi del suo Governo, osserva che “con l’aiuto di tutti stiamo avanzando verso uno sviluppo non solo economico, ma anche profondamente umano, comprensivo e coerente con la realtà materiale e spirituale delle persone. Si tratta di un compito che va ben al di là di un Governo e persino dello Stato, perché riguarda tutti e ognuno dei cittadini”.
















    Benedetto XVI: bisogna rafforzare la catechesi familiare
    Invita i Vescovi filippini ad assistere cristiani e non cristiani



    CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 3 marzo 2011 (ZENIT.org).- Papa Benedetto XVI ha ricevuto questo giovedì un terzo gruppo di Vescovi della Conferenza Episcopale delle Filippine (settore centrale e sud), in occasione della loro visita ad limina apostolorum.

    I presuli provengono dalle province ecclesiastiche di Mindanao e Lipa, nella zona sud-orientale del Paese, a forte presenza musulmana e dove negli ultimi anni si sono radicalizzati gli attacchi da parte del fondamentalismo islamico.

    Il Pontefice ha sottolineato l'importanza di “adoperarsi per fare il bene fra i cristiani, nonché fra i non cristiani”.

    Quanto ai primi, ha rimarcato la necessità di una “formazione catechetica permanente”.

    “La profonda pietà personale del vostro popolo deve essere alimentata e sostenuta da una comprensione profonda e dall’apprezzamento per gli insegnamenti della Chiesa in materia di fede e di morale”, ha detto ai Vescovi.

    In questa formazione, il Papa ha segnalato la rilevanza della catechesi alle famiglie, “con particolare attenzione ai genitori nel loro ruolo di primi educatori dei figli nella fede”.

    “Quest’opera è già evidente nel sostegno che offrite alla famiglia di fronte a influenze che potrebbero diminuirne o distruggerne i diritti e l’integrità”, ha aggiunto, riconoscendo che “offrire questo tipo di formazione catechetica non è compito da poco”.

    Un'altra delle sfide pastorali nei confronti delle comunità cristiane, ha spiegato, è l'assistenza ai sacerdoti. Come Vescovi, ha detto ai suoi ospiti, hanno “il dovere particolare” di conoscerli bene e di “guidarli con sincera premura, mentre i sacerdoti devono essere sempre preparati a svolgere con umiltà e fedeltà i compiti loro affidati”.

    Allo stesso modo, ha insistito sull'importanza dell'accompagnamento nei primi anni del presbiterato, così come sull'opportunità di celebrare incontri periodici con il clero e di aiutare i sacerdoti che attraversano “difficoltà”.

    “Con questo spirito di cooperazione reciproca per il bene del Regno di Dio, di certo a tempo debito raccoglieremo la nostra messe di fede”, ha indicato.

    I non cristiani

    Quanto alla pastorale con i seguaci di altre religioni, il Papa ha sottolineato l'importanza di promuovere il dialogo interreligioso; “in particolare nelle aree meridionali del vostro Paese”, ha indicato riferendosi alla difficile situazione dei cristiani di Mindanao.

    “Sebbene la Chiesa proclami senza posa che Cristo è la via, la verità e la vita, rispetta tutto ciò che è vero e buono nelle altre religioni, e cerca, con prudenza e carità, di instaurare un dialogo onesto e amichevole, con i seguaci di quelle religioni, laddove è possibile”.

    In questo senso, si è congratulato con i Vescovi per quanto hanno già svolto, e li ha esortati, “per mezzo del dialogo che è stato instaurato, a continuare a promuovere il cammino verso la pace autentica e duratura con il vostro prossimo”.

    Popolo di speranza

    Nel suo saluto al Papa a nome dei presuli delle province ecclesiastiche di Mindanao e di Lipa, monsignor Nereo P. Odchimar, Vescovo di Tandag e presidente della Conferenza Episcopale delle Filippine, ha affermato che i suoi connazionali, “sebbene tormentati da varie forme di disastri naturali e causati dall’uomo, sono ancora un popolo toccato dalla speranza portata da Cristo”.

    Nonostante i “tempi difficili” che si vivono nel Paese, ha indicato il Vescovo, “abbiamo formato persone di buon cuore fra la nostra gente che ancora desidera pace e bontà, giustizia e integrità. La forza del Vangelo ci fa risplendere per dissipare le ombre dell’oscurità”.

    “Percepiamo bene la sua volontà incondizionata di ascoltare la storia del cammino di fede dei filippini”, ha detto monsignor Odchimar al Papa, come riporta “L'Osservatore Romano”.

    “Lodiamo la sua lealtà alla verità del Vangelo che siamo tenuti ad annunciare”, ha aggiunto.

    “Venire qui è come trovare una casa, una casa alla presenza di Colui che ci viene a cercare se ci siamo persi e prova grande gioia per il nostro umile ritorno”.



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    PAPA: 25 MINUTI DI COLLOQUIO CON IL PRESIDENTE DEL CILE

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 3 mar.

    Benedetto XVI ha ricevuto oggi per 25 minuti il presidente del Cile Sebastian Pinera, al quale ha ricordato di aver molto pregato per il suo Paese, colpito dal recente terremoto, e per la salvezza dei minatori intrappolati sottoterra.
    "Alla fine e' stato comunque un anno buono", ha replicato Pinera a Benedetto XVI a quanto riferito dal pool dei giornalisti presenti alle fasi pubbliche dell'incontro, tra le quali lo scambio dei doni: il presidente del Cile ha regalato al Papa un turibolo d'argento, copia di quello della cattedrale di Santiago, e ha ricevuto le altrettanto preziose medaglie del Pontificato.
    In un articolo scritto per l'Osservatore Romano in vista dell'incontro di oggi, Pinera ha descritto il Cile "unito come una grande famiglia, superando le differenze, disposto a fare tutti gli sforzi necessari per trovare e trarre in salvo i minatori". "In questo frangente come pure nella ricostruzione dopo il terremoto e il maremoto dello scorso anno, abbiamo potuto apprezzare - ha sottolineato - la tempra e il coraggio di un popolo, disposto a compiere qualsiasi sacrificio pur di fare del Cile un Paese piu' libero, prospero, giusto e fraterno".
    Prima di lasciare il Palazzo Apostolico, il presidente Pinera si e' incontrato anche con il card. Tarcisio Bertone, segretario di Stato, e con mons. Dominique Mamberti, responsabile vaticano per i Rapporti con gli Stati. "Nel corso dei cordiali colloqui - riferisce una nota vaticana - sono stati affrontati temi di comune interesse, come la salvaguardia della vita umana e della famiglia, l'aiuto allo sviluppo integrale, la lotta contro la poverta', il rispetto dei diritti umani, la giustizia e la pace sociale. In questo contesto, si e' ribadito il ruolo e il contributo positivo delle istituzioni cattoliche nella societa' cilena, specialmente nella promozione umana e nella formazione". "Nel prosieguo dei colloqui - conclude il comunicato della Sala Stampa della Santa Sede - si e' dato uno sguardo panoramico alla situazione dell'America Latina e si e' registrata la convergenza fra la Santa Sede e il Governo cileno sui valori fondamentali della convivenza umana".

    © Copyright (AGI)


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    00 04/03/2011 15:42
    Apprezzamento dal mondo ebraico per il nuovo libro del Papa
    Il Premier Netanyahu: respinge l'accusa alla base dell'odio secolare per gli ebrei

    di Mirko Testa



    ROMA, venerdì, 4 marzo 2011 (ZENIT.org).- Da più parti, nel mondo ebraico, sono giunte parole di apprezzamento per la seconda parte dell'opera teologica su Gesù scritta da Benedetto XVI, che tratta dall’ingresso in Gerusalemme alla risurrezione e la cui uscita è prevista per il 10 marzo prossimo.

    In una nota dell'Ambasciata d'Israele presso la Santa Sede si legge: “Accogliamo con tutto il cuore l’enfasi rimarcata dal Papa nel suo nuovo libro, in cui solleva gli ebrei dalla responsabilità per la morte di Gesù”.

    “Le sue parole – si afferma di seguito – sono coerenti con la politica ufficiale della Chiesa a partire dalla Dichiarazione Nostra Aetate del 1965” e sono “una conferma della ben nota posizione del Papa a favore del Popolo Ebraico e dello Stato d’Israele”.

    “Non dovremmo dimenticare che senza la Nostra Aetate non ci sarebbe stato un processo di riconciliazione tra Ebrei e Cattolici da una parte e Santa Sede e Israele dall’altra – conclude la nota –. Speriamo che questo Suo atteggiamento positivo sia di ispirazione per più di un miliardo di Cattolici sparsi in tutto il mondo”.

    Nel suo nuovo libro, il Papa rilegge le pagine dei Vangeli sul processo a Gesù, affermando che gli eventi furono narrati in maniera più imparziale dal quarto Vangelo di Giovanni che non dai tre sinottici scritti da Luca, Marco e Matteo.

    In particolare Benedetto XVI sottolinea che quando Giovanni, l’unico che riferisce il colloquio tra Gesù e Pilato, parla dei “Giudei” come degli accusatori di Gesù, con questa espressione “non indica affatto il popolo d’Israele come tale, ancor meno essa ha un carattere 'razzista'”, anche perché Giovanni stesso era israelita, così come l'intera comunità primitiva. Nell'evangelista questa espressione indica l’aristocrazia del tempio, pur se con eccezioni (da qui l'accenno a Nicodemo).

    In Marco si parla di “una quantità di gente, la 'massa'”, da identificare con i sostenitori di Barabba, che ne chiedono il rilascio al posto di Gesù, e sembra assumere una connotazione negativa, nel senso di “plebaglia”. Per quanto riguarda Matteo, invece, la lettura critica di questo Vangelo spinge il Pontefice ad affermare che quando egli riporta il grido a favore della condanna di Gesù: “Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli”, non parla di “tutto il popolo”, e comunque “non è maledizione ma redenzione, non chiede vendetta e punizione ma riconciliazione”.

    Lo stesso Premier israeliano Benjamin Netanyahu ha inviato un messaggio al Papa nel quale afferma: “Mi congratulo con lei per aver seccamente respinto nel suo libro l'accusa infondata sulla quale per secoli si è basato l'odio per gli ebrei. Spero di vederla presto di nuovo per poterle esprimerle il mio profondo e personale apprezzamento”.

    Dal canto suo anche Ronald S. Lauder, Presidente del World Jewish Congress, l'Organizzazione internazionale fondata a Ginevra nel 1936 che cura gli interessi e le necessità delle comunità ebraiche in oltre 80 paesi di tutto il mondo, ha espresso parole di lode per Benedetto XVI.

    "Per molti secoli – ha detto –, gli ebrei hanno patito una brutale persecuzione e l'antisemitismo perché i cristiani li avevano ritenuti collettivamente responsabili per l'uccisione di Gesù Cristo – nonostante lui stesso fosse ebreo e a crocifiggerlo furono i governatori romani. A duemila anni di distanza da quell'evento era giunto realmente il momento che il capo della Chiesa cattolica si esprimesse in maniera chiara sulla questione. Questo gesto è un segnale importante contro l'antisemitismo nella Chiesa”.

    Lauder ha poi ringraziato Benedetto XVI per aver contribuito a migliorare il dialogo cattolico-ebraico e per essersi pronunciato in maniera netta, in più occasioni e con autorità, contro qualsiasi forma di antisemitismo: "gli ebrei di tutto il mondo ripongono un grande valore nell'assoluta serietà di questo Papa nel portare avanti le buone relazioni tra cristiani ed ebrei senza limitarsi a una adesione puramente formale a questo impegno”.

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    Papa/ Battesimo non basta,vita cristiana chiede coerente impegno

    Discorso ai seminaristi di Roma: Fede è vincolo ma non catena

    Roma, 4 mar. (TMNews)

    “Il battesimo non produce automaticamente una vita coerente. Questa è frutto della volontà di collaborare con il dono e con la grazia ricevuta”.
    Il Papa lo ha detto ai seminaristi romani che ha incontrato nel tardo pomeriggio nella cappella del seminario maggiore in Laterano.
    Benedetto XVI ha commentato un passaggio della lettera agli Efesini di san Paolo per sottolineare le implicazioni personali ed ecclesiali della fede.
    “La vita cristiana comincia con una chiamata e rimane sempre una risposta fino alla fine”, ha detto Ratzinger, “sia nel credere che nell’agire, tanto la fede che il comportamento del cristiano sono una corrispondenza alla grazia del Signore”. Citando san Giovanni Crisostomo, il Papa ha detto che il vincolo della fede “non è una catena che ferisce, non dà crampi alle mani, ma le lascia libere”.
    Dopo aver enumerato quattro caratteristiche indicate da san Paolo ai credenti di Efeso – umiltà, dolcezza, magnanimità e sopportazione gli uni degli altri – il Papa ha sottolineato il carattere comunitario della conversione. “La chiamata di Dio è ecclesiale”, ha detto. “Ora in seminario, poi sarà in parrocchia, bisogna accettare, sopportare e animare tutte le persone, quelle simpatiche e quelle non simpatiche. E se sentiamo di avere un problema con la comunità, con le istituzioni della Chiesa, dobbiamo anche tenere presente che è bello camminare in una grande compagnia di tutti i secoli, avere amici in cielo e in terra e in tutte le parti del mondo”.

    © Copyright TMNews


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    PAPA: IL CORPO DELLA CHIESA SPESSO NON CI PIACE

    (AGI) - CdV, 4 mar.

    "Il corpo della Chiesa spesso non ci piace, ma e' molto bello essere in una grande compagnia, avere amici in cielo e in terra, in tempi diversi e in tutte le parti del mondo".
    Lo ha detto il Papa ai seminaristi della diocesi di Roma, per i quali ha tenuto questa sera una "lectio divina' al Laterano.
    "San Paolo - ha ricordato - ci dice che per conservare unita' dello Spirito servono umilta', dolcezza e magnanimita'. E l'umilta' non e' parola che indica una qualche modestia: la Scrittura ci dice che Dio ha umiliato se stesso fino a farsi uomo e a morire sulla croce. Essere sacerdoti implica questo".
    Per Benedetto XVI, poi, anche la dolcezza e' una caratteristica del Signore. Il Vangelo, ha spiegato, "dice beati i miti perche' possiederanno la terra. Mite e' dunque una parola cristologica: nel battesimo siamo conformati a Cristo, dobbiamo vincere senza violenza. E la magnanimita' ci esorta a essere grandi: non siamo minimalisti, diamo tutto quello che possiamo. Quando sarete in parrocchia, dovrete accettare, sopportare e animare - ha scandito il Papa teologo rivolto ai seminaristi - tutte le persone, quelle simpatiche e non simpatiche". "L'unicita' di Dio - ha poi aggiunto - si esprime nella nostra comunione. Un vincolo, ma non una catena che ferisce, o da' i crampi alle mani.
    L'amore cristiano e' un vincolo che libera. Legatevi ai vostri fratelli. Dio vuole che siamo legati gli uni gli altri non solo per essere amici. C'e' in questo una dimensione personale, ma nello stesso tempo spirituale: la chiamata di Dio e' chiamata ecclesiale, ci chiama in una comunita'. Io sono in catene ma dietro c'e' la grande catena dell'amore. Siamo dunque - ha concluso il Papa - in questo grande vincolo della pace che e' la Chiesa".

    © Copyright (AGI)

    PAPA: BATTESIMO NON PRODUCE AUTOMATICAMENTE UNA VITA COERENTE

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 4 mag.

    "Il battesimo non produce automaticamente una vita coerente.
    Per questo San Paolo dice 'comportatevi in modo degno della chiamata che avete ricevuto'. E' un impegno che costa: il comportamento dei cristiani e' la conseguenza del dono, ma non si tratta di un effetto automatico perche' la realizzazione del dono e' nella liberta'". Lo ha detto il Papa nella "lectio divina" tenuta questa sera nella Cappella del Seminario Maggiore di Roma, al Laterano. "Seguire Cristo - ha ricordato ai futuri sacerdoti della diocesi di Roma - significa partecipare alla sua Passione".
    "La vita cristiana - ha aggiunto Benedetto XVI - comincia come una chiamata e rimane come una risposta fino alla fine. Maria Santissima e' la chiamata per eccellenza. L'icona dell'annunciazione rappresenta molto di piu' di quell'episodio pure importantissimo della storia della salvezza. Dio e' cosi' grande che ha tempo per ciascuno di noi.
    Ci conosce individualmente, chiama me, mi conosce, aspetta una mia risposta. Questo fatto dovrebbe farci attenti alla chiamata di Dio".

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    00 05/03/2011 01:17
    L'Osservatore Romano

    Edizione quotidiana 5 marzo 2011





    www.vatican.va/news_services/or/or_quo/index.html

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    Il Papa ripercorre 1.000 anni di relazioni con l'Islanda
    Riceve in udienza il Presidente del Paese



    CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 4 marzo 2011 (ZENIT.org).- I rapporti che legano da un millennio l'Islanda e la Sede Apostolica sono stati al centro dell'udienza che Papa Benedetto XVI ha concesso questo venerdì mattina al Presidente islandese, Ólafur Ragnar Grímsson.

    Il Presidente ha poi incontrato il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, accompagnato da monsignor Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati.

    Una nota diffusa dalla Sala Stampa della Santa Sede al termine dell'incontro spiega che nell'udienza “ci si è soffermati sul buono stato dei rapporti che da un millennio legano l’Islanda con la Sede Apostolica e che sono emblematicamente rappresentati dalla figura di Gudridur Thorbjarnardottir, pioniera della fede cristiana nell’Isola”.

    Grímsson, sottolinea il testo, ha voluto lasciare in dono al Pontefice una scultura della Thorbjarnardottir, “in ricordo del pellegrinaggio che avrebbe compiuto a Roma, poco dopo l’anno 1000, incontrandosi con il Successore di Pietro”.

    Nell'udienza è stata anche ricordata “la stima di cui gode la piccola comunità cattolica nel Paese”, sottolineando “il valido contributo che essa offre alla società islandese con le sue iniziative in campo educativo e sociale, in modo particolare nell’attuale congiuntura economica”.

    Sono stati poi affrontati temi di comune interesse a livello nazionale e internazionale, “con particolare rilievo al ruolo dei valori tradizionali nella costruzione della Nazione e al contributo dell’Islanda nella promozione della pace, nella pacifica convivenza delle varie comunità e nella tutela dell’ambiente”, conclude la nota.

    L'Islanda ha una popolazione di quasi 310.000 abitanti. I cattolici sono quasi il 2%.









    Il 9 marzo, celebrazione del Papa a Santa Sabina all'Aventino
    In occasione del Mercoledì delle Ceneri, che segna l’inizio della Quaresima



    ROMA, venerdì, 4 marzo 2011 (ZENIT.org).- In occasione del Mercoledì delle Ceneri – il prossimo 9 marzo –, giorno di inizio della Quaresima, Benedetto XVI presiederà la Stazione quaresimale nella Basilica di Santa Sabina all'Aventino.


    La celebrazione, si legge in una nota dell’Ufficio Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice, avrà il seguente svolgimento: alle ore 16.30 nella Chiesa di Sant'Anselmo all'Aventino avrà luogo un momento di preghiera, cui farà seguito la processione penitenziale verso la Basilica di Santa Sabina.

    Alla processione prenderanno parte i Cardinali, gli Arcivescovi, i Vescovi, i Monaci Benedettini di Sant'Anselmo, i Padri Domenicani di Santa Sabina e alcuni fedeli.

    Al termine della processione, nella Basilica di Santa Sabina, avrà luogo la celebrazione dell'Eucaristia con il rito di benedizione e di imposizione delle ceneri.

    L’uso di celebrare in Quaresima la Messa “stazionale” risale ai secoli VII-VIII, quando il Papa celebrava l’Eucaristia assistito da tutti i preti delle Chiese di Roma, in una delle 43 basiliche stazionali della Città.

    Dopo una preghiera iniziale si snodava la Processione da una Chiesa ad un’altra al canto delle Litanie dei Santi, che si concludeva con la celebrazione dell’Eucaristia.

    Alla fine della Messa i preti prendevano il pane eucaristico (fermentum) e lo portavano ai fedeli che non avevano potuto partecipare, ad indicare la comunione e l’unità fra tutti i membri della Chiesa.

    L’imposizione delle ceneri era un rito riservato dapprima ai penitenti pubblici, che avevano chiesto di venir riconciliati durante la Quaresima. Tuttavia, per umiltà e riconoscendosi sempre bisognosi di riconciliazione, il Papa, il clero e poi tutti i fedeli vollero successivamente associarsi a quel rito ricevendo anch’essi le ceneri.

    La Stazione Quaresimale indica la dimensione pellegrinante del popolo di Dio che, in preparazione alla Settimana Santa, intensifica il deserto quaresimale e sperimenta la lontananza dalla “Gerusalemme” verso la quale si dirigerà la Domenica delle Palme, perché il Signore possa completare – nella Pasqua – la sua missione terrena e realizzare il disegno del Padre.




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    Il Papa ai seminaristi: siate degni della chiamata

    Umiltà, dolcezza, generosità, e sopportazione sono tra le «qualità cristologiche» indicate da Benedetto XVI visitando a Roma il Seminario maggiore, dov’è stato accolto da Vallini e dal rettore Tani

    DA ROMA MIMMO MUOLO

    Come un maestro in mezzo ai suoi discepoli. Per spiegare due concetti fondamentali nell’itinerario che porta al sacerdozio ministeriale: la vocazione e l’unità della Chiesa. «Anche quando qualcosa non ci piace, è molto bello essere in una grande compagnia, avere amici in cielo e in terra, in tempi diversi e in tutte le parti del mondo». Il Papa, ieri pomeriggio, ha fatto visita ai seminaristi di Roma, riuniti nel Seminario romano maggiore. Una visita che sempre il Pontefice compie alla vigilia della Festa della Madonna della Fiducia, patrona dell’Istituto, e che gli ha fornito lo spunto per una lectio divina su un passo della Lettera agli Efesini.
    Vocazione ed unità nello Spirito. «La vita cristiana – ha detto il Papa, integrando il testo scritto del suo discorso con ampi approfondimenti 'a braccio' – comincia con una chiamata e rimane sempre una risposta fino alla fine. E ciò sia nella dimensione del credere, sia in quella dell’agire». Di qui anche la sua esortazione ai seminaristi a «comportarsi in maniera degna della chiamata ricevuta». Il Battesimo, infatti, «non produce automaticamente una vita coerente». Per questo occorre anche «l’impegno personale». Anzi, il Pontefice non ha nascosto ai futuri sacerdoti «l’alto prezzo da pagare». «Seguire Cristo – ha avvertito – significa condividere la sua Passione, la sua Croce». Proseguendo, poi, nella sua riflessione, Benedetto XVI ha enumerato le qualità spirituali necessarie al sacerdote nella sua missione: l’«umiltà», la «dolcezza», o «mitezza», la «magnanimità» e «generosità», la capacità di «sopportazione», tutte «qualità cristologiche», le ha definite il Papateologo, dato che attengono all’imitazione di Cristo, che è la vera bussola nella vita di ogni presbitero.
    «L’umiltà, ad esempio, non è sinonimo di modestia: la Scrittura ci dice che Dio ha umiliato se stesso fino a farsi uomo e a morire sulla croce. Essere sacerdoti implica questo». Allo stesso modo anche «la dolcezza, la mitezza è una caratteristica del Signore. E la magnanimità ci esorta a essere grandi: non siamo minimalisti, diamo tutto quello che possiamo». Infine il sopportare con amore: «Quando sarete in parrocchia, dovrete accettare, sopportare e animare tutte le persone, – ha detto il Papa ai seminaristi – quelle simpatiche e non simpatiche». Il Pontefice ha quindi insistito sulla «forma trinitaria della vocazione cristiana, sia a livello di singola persona, sia a livello di comunità ecclesiale». «La chiamata di ogni singolo cristiano – ha spiegato ai seminaristi – è un mistero trinitario: il mistero dell’incontro con Gesù, con la Parola fatta carne, mediante la quale Dio Padre ci chiama alla comunione con sé e per questo ci vuole donare il suo Santo Spirito, ed è proprio grazie allo Spirito che noi possiamo rispondere a Gesù e al Padre in modo autentico, all’interno di una relazione reale, filiale. Senza il soffio dello Spirito Santo – ha aggiunto il Pontefice – la vocazione cristiana semplicemente non si spiega, perde la sua linfa vitale». Ed è proprio lo Spirito a dare forma di unità, cioè di comunione, alla Chiesa. «Il corpo ecclesiale, la vocazione, la fede, il Battesimo, tutto è uno perché animato dal soffio dell’unico Spirito, lo Spirito del Padre e del Figlio».
    L’unità, dunque, è «un vincolo, ma non una catena che ferisce, o dà i crampi alle mani. L’amore cristiano è un vincolo che libera. Legatevi ai vostri fratelli – ha esortato il Papa con le parole di san Giovanni Crisostomo – . Dio vuole che siamo legati gli uni gli altri non solo per essere amici. C’è in questo una dimensione personale, ma nello stesso tempo spirituale: la chiamata di Dio è chiamata ecclesiale, ci chiama in una comunità. Io sono in catene ma dietro c’è la grande catena dell’amore. Siamo dunque – ha concluso il Papa – in questo grande vincolo della pace che è la Chiesa». Benedetto XVI, accolto con gioia dai seminaristi e salutato al suo arrivo dal cardinale vicario, Agostino Vallini, e dal rettore del Seminario romano maggiore, monsignor Giovanni Tani, ha fatto poi rientro in Vaticano in serata.

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    PEDOFILIA: LINEAMENTA SINODO, VESCOVI D'ACCORDO CON LINEA PAPA

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 4 mar.

    La lotta intransigente di Benedetto XVI contro gli abusi sessuali compiuti da ecclesiastici e' appoggiata e condivisa dagli Episcopati di tutto il mondo. E' quanto emerge dai Lineamenta preparati in vista del prossimo Sinodo sulla base delle risposte date dalle Conferenze Episcopali e dai corrispondenti organi delle Chiese Orientali in comunione con Roma.
    La Chiesa deve avere, si legge nel testo diffuso oggi, "il coraggio di denunciare le infedelta' e gli scandali che emergono nelle comunita' cristiane, come segno e conseguenza di momenti di fatica e stanchezza" nel compito dell'annuncio evangelico.
    Il documento preparatorio dell'assemblea dei vescovi di tutto il mondo che si terra' nell'ottobre 2012 sul tema della Nuova Evangelizzazione afferma che "il coraggio di riconoscere le colpe; la capacita' di continuare a testimoniare Gesu' Cristo mentre raccontiamo il nostro continuo bisogno di essere salvati, sapendo che, come ci insegna l'apostolo Paolo, possiamo guardare le nostre debolezze perche' in questo modo riconosciamo la potenza di Cristo che ci salva; l'esercizio della penitenza, l'impegno in cammini di purificazione e la volonta' di riparare le conseguenze dei nostri errori; una solida fiducia che la speranza che ci e' stata donata 'non delude, perche' l'amore di Dio e' stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci e' stato dato' sono anch'essi frutto di una trasmissione della fede, di un annuncio del Vangelo che in primo luogo non smette di rinnovare i cristiani, le loro comunita', mentre porta al mondo il Vangelo di Gesu' Cristo".

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    SINODO: LINEAMENTA, FEDE INDIETREGGIA QUANDO MANCA SPERANZA

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 4 mar.

    Tra gli "ostacoli alla nuova evangelizzazione", i vescovi di tutto il mondo segnalano la "mancanza di gioia e di speranza" create da "deserto e sconforto" che dominano il mondo moderno come il principale, piu' insormontabile.
    "Spesso - si legge nel documento preparatorio del prossimo Sinodo - questa mancanza di gioia e di speranza sono cosi' forti da intaccare lo stesso tessuto delle nostre comunita' cristiane. La nuova evangelizzazione - prosegue - si propone in questi contesti non come un dovere, un peso ulteriore da portare, ma come quel farmaco capace di ridare gioia e vita a realta' prigioniere delle proprie paure". A nulla dunque servono evangelizzatori "tristi e scoraggiati".
    "C'e' bisogno che la pratica cristiana guidi la riflessione in un lento lavoro di costruzione di un nuovo modello di essere Chiesa, che eviti gli scogli del settarismo e della 'religione civile', e permetta in un contesto postideologico come l'attuale di continuare a mantenere la forma di una Chiesa missionaria. In altri termini, la Chiesa ha bisogno, dentro la varieta' delle sue figure, di non perdere il volto di una Chiesa missionaria", si legge, inoltre, nei 'lineamenta' del Sinodo che si terra' nel 2012 sulla nuova evangelizzazione, il documento preparatorio presentato oggi in Vaticano.
    "C'e' bisogno di generare famiglie segno vero e reale di amore e di condivisione, capaci di speranza perche' aperte alla vita", si legge nei 'lineamenta'; "occorre la forza di costruire comunita' dotate di vero spirito ecumenico e capaci di un dialogo con le altre religioni; urge il coraggio di sostenere iniziative di giustizia sociale e solidarieta', che mettono al centro dell'interesse della Chiesa il povero; si auspica la gioia di donare la propria vita in un progetto vocazionale o di consacrazione".

    © Copyright (AGI)

    SINODO: LINEAMENTA CRITICANO STILI VITA E CULTURA DELL'EFFIMERO

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 4 mar.

    La nuova evangelizzazione, alla quale e' chiamata la Chiesa nel Terzo Millennio, dovra' operare anche una "critica degli stili di vita, delle strutture di pensiero e di valore, dei linguaggi costruiti per comunicare".
    Lo affermano i vescovi di tutto il mondo, i cui contributi sul tema sono stati raccolti nei Lineamenta pubblicati oggi dalla segreteria generale del Sinodo. Lo "scenario culturale di fondo" con cui i cristiani devono confrontarsi e' quello di una "profonda secolarizzazione", che, si legge nel testo, "ha perso la capacita' di ascoltare e comprendere il Vangelo come un messaggio vivo e vivificante" e immagina il mondo e l'umanita' "senza riferimento alla trascendenza".
    Nel testo, i vescovi sottolineano che "i discorsi diretti e forti contro Dio, la religione e il cristianesimo" sono diminuiti, ma proprio questo "tono dimesso" ha permesso alla secolarizzazione di "invadere la vita quotidiana delle persone e sviluppare una mentalita' in cui Dio e' di fatto assente, in tutto o in parte, dall'esistenza e dalla coscienza umana". Il documento sollecita anche "un'autocritica del cristianesimo moderno, che deve sempre di nuovo imparare a comprendere se stesso a partire dalla proprie radici". Il documento esorta ad accettare anche "il confronto con quelle recenti forme di ateismo aggressivo o di secolarizzazione estrema, il cui scopo e' l'eclissi della questione di Dio dalla vita dell'uomo".
    La "apologia della fede" puo' richiedere di "imparare un nuovo stile", "uno stile globale che abbraccia il pensiero e l'azione, i comportamenti personali come testimonianza pubblica, la vita interna delle nostre comunita' e il loro slancio missionario".
    Nel testo elaborato sulla base dei suggerimenti giunti dalle Conferenze Episcopali e dai corrispondenti organi delle Chiese Orientali in comunione con Roma, e' denunciata poi l'influenza che ha anche sui cristiani la "cultura mediatica e digitale" che favorisce una "profonda concentrazione egocentrica su di se' e sui soli bisogni individuali", la "perdita del valore oggettivo dell'esperienza della riflessione e del pensiero", ed una "progressiva alienazione della dimensione etica e politica della vita, che riduce l'alterita' al ruolo funzionale di specchio e spettatore delle mie azioni". "Il punto finale a cui possono condurre questi rischi - concludono i Lineamenta - e' quello che viene chiamato cultura dell'effimero, dell'immediato, della appartenenza, ovvero una societa' incapace di memoria e di futuro".

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