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I lefebvriani

Ultimo Aggiornamento: 18/02/2013 22:40
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08/02/2009 11:53
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Il vescovo lefebvriano insiste: Olocausto? Non intendo abiurare

Williamson: «Ritratterò solo di fronte a nuove prove»

Il Papa incontrerà presto le organizzazioni ebraiche Usa

Lorenzo Cremonesi

ROMA — Santa Sede e Israele almeno su di un punto sono d'accordo: lavorare al meglio per mantenere valida la visita del Papa in Terra Santa tra l'11 e il 15 maggio superando le ipotesi di un possibile rinvio a dopo l'estate. «Nonostante i problemi sorti negli ultimi giorni sulla questione dell'Olocausto e le tensioni generate con l'operazione militare a Gaza, resta chiaro l'impegno per garantire il viaggio del Papa in Israele. Anche nel momento più grave dei bombardamenti su Gaza i contatti per definire i dettagli tecnici sono continuati sulla falsariga degli impegni presi a dicembre. L'annuncio ufficiale della visita dovrebbe venire dalla sala stampa Vaticana tra fine febbraio e i primi di marzo», confermano le due diplomazie. Con un particolare: i diplomatici della Chiesa vorrebbero ritardare il più possibile l'annuncio nel timore che eventuali riprese dello scontro con Hamas costringano poi a rinviare la visita. «Il Papa non potrebbe essere a Gerusalemme mentre a Gaza scoppiano le bombe», commentano. Un impegno che viene comunque mantenuto anche dopo le ultimissime tempeste. Ancora ieri il vescovo lefebvriano Richard Williamson ha ribadito che non abiura le sue posizioni negazioniste. «Ritratterò il mio punto di vista sull'Olocausto solo se troverò nuove prove», ha dichiarato al giornale tedesco Der Spiegel riferendosi alle sue tesi circa l'«invenzione» delle camere a gas naziste.

C'è però una considerazione meno positiva che accomuna i due campi. Il pellegrinaggio di Benedetto XVI si svolgerà in un clima senz'altro migliore di quello di Paolo VI il 5 gennaio 1964, quando il Papa rimase solo undici ore nel Paese senza mai pronunciare la parola «Israele » e rifiutando di incontrare l'allora presidente Zalman Shazar. Pure, facilmente, sarà molto peggiore di quello di Papa Wojtyla nel Duemila. «Anche grazie alle sue qualità di gran comunicatore, la visita di Giovanni Paolo II fu un enorme successo. Gli israeliani si innamorarono di lui. Nessuno pensa ciò possa avvenire con il Pontefice tedesco. Wojtyla era l'apertura nello spirito del Concilio Vaticano II. L'attuale Papa è invece la chiusura, l'espressione più evidente della lettura conservatrice del Concilio», dicono al ministero degli Esteri di Gerusalemme e al quotidiano Yediot Aharonot. Lo stesso parere arriva, sebbene in toni più sfumati, anche dalla Santa Sede: «Non ci illudiamo di poter riscontrare lo stesso successo di nove anni fa. Questo sarà più un pellegrinaggio personale, una visita di basso profilo».

Il Papa dovrebbe volare prima ad Amman con Alitalia. Poi raggiungere Tel Aviv con la compagnia di bandiera giordana e infine tornare a Roma con El Al. Giovanni Paolo II raccolse ben oltre 100 mila persone sulle sponde del lago di Galilea. Oggi si pensa a un luogo più raccolto, magari a Nazaret, con meno di 60.000 posti a sedere. Allora le televisioni israeliane commossero il Paese con le immagini del Papa polacco in preghiera al Muro del Pianto. E piacque la sua preghiera sofferente allo Yad vaShem, il museo dell'Olocausto. Adesso si sta ancora negoziando come trattare questo capitolo, che negli ultimi tempi è diventato una vera mina vagante. «Resta del tutto controversa la questione della didascalia alla foto di Pio XII, che del tutto gratuitamente lo accusa per i silenzi durante l'Olocausto. Si cerca un compromesso. Magari Benedetto XVI si limiterà a pregare all'ingresso del Museo», dicono alla Santa Sede. Non aiuta la polemica che ancora accompagna i lavori della commissione bilaterale per l'applicazione dell' «Accordo Fondamentale» per l'avvio dei rapporti diplomatici del 1993. Il tema più controverso riguarda il regime fiscale. La Chiesa chiede l'esenzione totale, come ai tempi dell'Impero ottomano e del mandato britannico. Israele non ci sta.
Potrebbe invece aiutare l'udienza che il Papa avrà giovedì prossimo con i presidenti delle maggiori organizzazioni ebraiche americane. «Ciò contribuisce a facilitare il dialogo», ci dice monsignor Pietro Parolin, sottosegretario alla Segretaria di Stato. Anche Mordechai Lewy, ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, ci tiene a sottolineare gli elementi positivi: «Un secolo fa il padre del movimento sionista, Theodor Herzl, fu invitato dal Papa a convertirsi al cristianesimo e a rinunciare all'idea di uno Stato ebraico. Oggi il Papa benedice Israele».

© Copyright Corriere della sera, 8 febbraio 2009


Ma quanta sofferenza... [SM=g7966] Adesso risulta che gli ebrei conoscono più del Papa il Vaticano II!!! Ma va'...
[SM=g7934] E poi... gli inmancabili confronti... Shhhhh, zita, Paparatzifan!!!! [SM=g7934] [SM=g7934] [SM=g7934] [SM=g7934] [SM=g7934] [SM=g7934] [SM=g7934] [SM=g7934] [SM=g7934] [SM=g7934]

Papa Ratzi Superstar









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