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Viaggio apostolico in Camerun e Angola

Ultimo Aggiornamento: 02/05/2009 17:13
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21/03/2009 21:13
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Ha fatto sentire all'Africa la vicinanza della Chiesa

dal nostro inviato Mario Ponzi

L'Africa, il giorno dopo. Il giorno dopo aver preso coscienza che, forse, da domani sarà più difficile operare nell'ombra per quelle "forze internazionali" che "in connivenza con uomini e donne del continente africano" sfruttano quanto di male viene dal cuore dell'uomo e "fomentano le guerre per la vendita di armi", o "sostengono poteri irrispettosi dei diritti umani" per avidità di guadagno. Se non altro l'Africa ha la certezza che la Chiesa non tace su questo fronte e denuncia il pericolo insito nel fenomeno del secolo, la globalizzazione, che "tende a emarginare l'Africa".
Se obiettivo primario di questa fase del viaggio di Benedetto XVI era quello di far sentire all'Africa la vicinanza della Chiesa, certamente è stato raggiunto. Almeno a scorrere le pagine dei principali quotidiani in edicola in edizione straordinaria già giovedì sera 19: "L'Africa nel cuore della Chiesa" titola "Mutations quotidien"; "Benedetto, la riconciliazione, la giustizia e la pace per l'Africa" il "Cameroon tribune"; "Il Sinodo africano in Africa per un futuro di riconciliazione, di giustizia, di pace" "Le Jour". Tutti ormai hanno in mano il testo dell'Instrumentum laboris per il Sinodo africano. Da quando il Papa lo ha consegnato ai vescovi, ne circolano migliaia di copie. I quotidiani se non integralmente, ne hanno pubblicato ampi stralci. E naturalmente si tratta dei passaggi più significativi.
È dunque già consegnato alla storia quanto accaduto a Yaoundé nelle poche ore appena trascorse, fitte di appuntamenti per Benedetto XVI. La recita dei vespri mercoledì sera, 18 marzo, nella bella basilica di Maria Regina degli Apostoli, dove il Papa ha raccolto le testimonianze di un sacerdote, di una religiosa e di un giovane, animatori dei numerosi movimenti ecclesiali che arricchiscono l'arcidiocesi, e rappresentanti delle altrettanto numerose confessioni cristiane, importate dall'Europa e dagli Stati Uniti. L'incontro di giovedì mattina, 19 marzo, in nunziatura, con i rappresentanti della comunità musulmana, durante il quale è stata riaffermata la volontà di incontrarsi sempre più spesso per imparare a conoscersi più a fondo. E poi l'appuntamento più importante, quello nello stadio Amadou Ahidjo di Yaoundé.
L'immagine più significativa che resta di quel momento è forse lo sfilare dinnanzi all'altare eretto al centro del prato verde, di 42 vescovi (36 presidenti di Conferenze episcopali locali e sei presidenti di riunioni di Conferenze episcopali regionali) per ricevere dalle mani del Papa un libricino con su scritto "La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo". Lo stringevano tra le mani tradendo ora emozione, ora gioia, ora perplessità per un futuro che sanno comunque difficile. Esternavano anche un po' di preoccupazione per la grande responsabilità che il Papa aveva appena messo nelle loro mani, cioè guardare con onestà e fino in fondo anche all'interno della propria casa, per vedere, per capire.
Si è compiuto così il momento culminante di questa prima tappa del viaggio di Benedetto XVI in Africa. La più significativa, la più importante per la Chiesa in questo continente, poiché l'aiuta a sentire l'universalità del suo appartenere a Cristo, riaccende la speranza di cui è portatrice, rinvigorisce la forza di cui ha bisogno per affiancare un popolo che ha estremamente bisogno della sua Chiesa.
La consegna è avvenuta al termine della messa, celebrata in uno stadio gremito. Incredibile quanta gente sia rimasta fuori. Anche perché gran parte delle gradinate sono state riservate alle delegazioni di tutte le nazioni africane che hanno voluto essere presenti in una giornata fondamentale per il futuro.
Il Papa è stato accolto da un boato incredibile. Sugli spalti sventolavano bandiere, lunghe strisce di stoffa colorata, fazzolettoni di foggia diversa. Un coro tipicamente africano dettava il ritmo delle ovazioni e accompagnava l'ondeggiare della folla sugli spalti. Le canzoni eseguite a una sola voce dai circa sessantamila presenti, tutte rigidamente africane, erano accompagnate dal suono di strumenti tradizionali, frammisto con quello di clarini, trombe e sax. Tradizione e modernità, dunque per un'unica festa della fede secondo il genio africano. Come solo un genio africano poteva disegnare e realizzare l'altare. Un'arca immensa, fatta tutta di legno, con la prua puntata verso la gente. A bordo tutti i vescovi dell'Africa, centinaia di sacerdoti. Al centro la cattedra del Papa, il timoniere della barca di Pietro. E non mancavano le onde disegnate sul prato sul quale l'arca era poggiata. Pennellate blu con al centro una scritta ricorrente "riconciliazione, giustizia e pace".
E tipicamente africane sono state altre parti della messa: l'incensazione dell'altare è inizialmente avvenuta con l'incenso bruciato in un crogiolo portato all'altare da quattro diaconi in vesti tradizionali, così come il libro del Vangelo è stato portato ai piedi dell'altare su un baldacchino di legno sorretto da sei diaconi africani nei loro vestiti tradizionali, preceduto e seguito da schiere di giovani donne, anch'esse avvolte nei loro abiti tradizionali, che procedevano con il passo ritmico e sinuoso segnato dalla musica. È stato poi consegnato nelle mani del diacono ministrante che si è incaricato di portarlo sull'altare. Anche questo momento è stato accompagnato da un coro di voci di sessantamila elementi.
È in questi momenti, espressioni di una fede profonda, che essi amano proporre tutta la bellezza della loro tradizione, che nulla toglie alla solennità della celebrazione, anzi la rende veramente più partecipata e interiorizzata. Non è una Chiesa africana, ma è la Chiesa in Africa.
Indubbiamente la Chiesa in Africa, oggi come ieri, sta recando un fermento di cui il futuro dimostrerà tutto il valore. È ricca di vocazioni perché ha un bisogno particolare di uomini di Dio che, senza alcuna interferenza politica, rechino un generoso contributo alla difesa dei diritti umani; alla riconciliazione, da ricercare anche al proprio interno; alla giustizia perché prenda il posto della corruzione; alla pace stabile e duratura. L'Africa non può progredire serenamente se non sulla scia di una realistica riaffermazione della dignità della persona.
Benedetto XVI parla all'Africa ma il suo cuore e il suo pensiero sono rivolti al mondo intero. Nella sua omelia c'è una perfetta consonanza con quanto denunciato dall'Instrumentum laboris. "In questo tempo - dice - ci sono tante persone senza scrupoli che cercano di imporre il regno del denaro disprezzando i più indigenti". "Dovete stare molto attenti", li ammonisce.
Secondo alcuni la parola "Africa" deriva dalla voce semitica "farag" che significa "separazione". Ma a dispetto di questa etimologia ieri in quello stadio sembrava essersi veramente radunata un'Africa in miniatura, rappresentata da tutti i suoi popoli, quelli che ne costituiscono l'anima. Sanno di essere ormai al giro di boa, tra un passato che è finito e un futuro in gran parte da costruire. Il Papa è qui tra loro, per camminare con loro sui sentieri della riconciliazione, della giustizia e della pace. Ma devono essere uniti. Ieri l'altare, al centro dello stadio, è stato punto di riferimento per ritrovare questa unità.
Una festa di famiglia, per forza di cose abbastanza ristretta, se paragonata alle celebrazioni oceaniche cui siamo abituati ad assistere durante i pellegrinaggi papali. Si è scelto di celebrare questo momento così solenne in un posto tutto sommato limitato per un motivo molto semplice. Intanto si trattava di un momento particolare per i pastori di questo immenso gregge africano durante il quale è a loro che il Papa si è rivolto per invitarli a riflettere e a rileggere la storia e la realtà delle loro Chiese locali. Ci sembra, però, che sia soprattutto il viaggio del Papa in se stesso che ha certi ritmi. Il viaggio, in due diverse nazioni, è stato organizzato in modo tale da non proporre ripetizioni di eventi simili, a poca distanza l'uno dall'altro. Così la grande messa di popolo si celebrerà domenica prossima a Luanda, in Angola, su uno spazio capace di ospitare oltre un milione di persone. Così come l'incontro con il mondo della sofferenza si è svolto giovedì pomeriggio a Yaoundé, quello con i giovani si terrà sabato a Luanda, ove si svolgeranno gli incontri con i rappresentanti della comunità internazionale, mentre a Yaoundé si è svolto quello con i rappresentanti delle altre religioni.
La messa è stata tra l'altro occasione per tutti i vescovi africani per fare gli auguri di buon onomastico al Papa nel giorno di san Giuseppe. Successivamente, durante il pranzo in nunziatura parole augurali al Papa sono state rivolte anche dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e dal nunzio apostolico in Camerun Eliseo Ariotti.

(©L'Osservatore Romano - 20-21 marzo 2009)


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