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I lefebvriani

Ultimo Aggiornamento: 18/02/2013 22:40
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28/01/2009 02:02
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I lefebvriani chiedono perdono al Papa per le parole di mons. Williamson sulla Shoah

In merito all’intervista rilasciata da Mons. Richard Williamson alla televisione svedese sulla Shoah, monsignor Fellay, Superiore della Fraternità San Pio X, in una nota, ha scritto che "Le affermazioni di Mons. Williamson non riflettono in nessun caso la posizione della Fraternità" e dunque di avergli proibito, fino a nuovo ordine, ogni presa di posizione pubblica su questioni politiche o storiche. “Noi domandiamo perdono al Pontefice e a tutti gli uomini di buona volontà, per le conseguenze drammatiche di tale atto – dice monsignor Fallay - Benché noi riconosciamo l’inopportunità di queste dichiarazioni, noi non possiamo che costatare con tristezza che esse hanno colpito direttamente la nostra Fraternità discreditandone la missione. E’ evidente che un vescovo cattolico non può parlare con autorità ecclesiastica che su questioni che riguardano la fede e la morale”.

www.radiovaticana.org





Tentativi di ricucire uno scisma


La revoca delle scomuniche favorirebbe il dialogo con gli ortodossi





ROMA, martedì, 27 gennaio 2009 (ZENIT.org).- La revoca della scomunica ai quattro Vescovi della Fraternità Sacerdotale S. Pio X (FSSPX) sta suscitando un intenso dibattito.

Diversi e moltissimi i temi sollevati. Per cercare di chiarire i termini della questione, ZENIT ha intervistato don Alfredo Morselli, parroco nella Diocesi di Bologna e uno dei sacerdoti incaricati dal Cardinale Carlo Caffarra di celebrare la Messa Tridentina

Qual è il significato della revoca della scomunica?

Don Alfredo: Mi pare che il significato sia duplice: in primo luogo si tratta di un atto di paternità nei confronti degli stessi Vescovi e di tutti i fedeli legati alla fraternità San Pio X. Sono molto significative le parole di mons. Fellay in una recentissima intervista: “L’ho capito dalla prima udienza in cui lo incontrai poco dopo la sua elezione. Pur muovendoci dei rimproveri, il Santo Padre aveva un tono dolce, veramente paterno... E’ un atto gratuito e unilaterale che mostra che Roma ci vuole realmente bene. Un bene vero”.

Ma questo gesto è soprattutto un messaggio a tutta la Chiesa e a tutto il mondo, la più energica riproposizione della chiave ermeneutica di questo pontificato: l’ “ermeneutica della riforma e della continuità”.

Può spiegare meglio quest’ultimo punto?

Don Alfredo: Ci sono persone che dopo il Concilio Vaticano II hanno parlato dell' “ermeneutica della discontinuità”, mentre il Pontificato di Benedetto XVI sostiene che “la Chiesa e la sua fede non possono cambiare e non sono cambiate”.

Il Pontefice si sta impegnando, con tutta la forza del suo Magistero, a “spiegare come la fede della Chiesa, pur insidiata dalla tentazione della discontinuità e della rottura, non è mai andata soggetta a trasmutazione”.

E sembra che mons. Fellay stia accettando questa prospettiva. Se ho ben capito le sue parole, egli afferma che nel Papa “traspaiono, insieme, la consapevolezza dei tempi in cui viviamo, la fermezza nel porvi rimedio e l’attenzione a tutti i suoi figli”.

Rilevante la dichiarazione di mons. Fellay rilasciata ad un giornale francese: “Io credo nell’infallibilità della Chiesa e penso che arriveremo ad una soluzione vera”. (http://www.letemps.ch/Facet/print/Uuid/68fdc1aa-eb30-11dd-b87c-1c3fffea55dc/Je_crois_à_linfaillibilité_de_lEglise)

Molti hanno parlato della fine di uno scisma, di un atto che non ha precedenti nella storia. Qual è il suo commento in merito?

Don Alfredo: Diciamo che se alla buona volontà del Papa corrisponderà altrettanta buona volontà da parte della FSSPX, avremo evitato uno scisma.

E’ vero che i Vescovi i sacerdoti e i fedeli della Fraternità sacerdotale di San Pio X hanno sempre riconosciuto e pregato per il Papa?

Don Alfredo: Questo è verissimo. Mons. Lefebvre definì anni addietro “Colpo da maestro di satana” l’allontanamento dei fedeli dalla Tradizione credendo di obbedire. Ma sarebbe stato ancora più grave riuscire a staccare da Pietro i Tradizionalisti, che hanno nel loro DNA il massimo amore alla Sede Apostolica: e così si capisce un certo malcontento progressista per la felice soluzione del caso.


Perché la Fraternità sacerdotale di San Pio X ha così tante vocazioni al sacerdozio?

Don Alfredo: La Messa Tridentina – contra factum non fit argumetum – è una fucina di vocazioni: nel rito romano antico viene proposto un modello di sacerdozio dove la singolarità del prete scompare e dove emerge invece tutto il valore delle parole della ordinazione: “Imitate ciò che trattate”.

Una vera “vita spericolata” affascina, per imitare prima Cristo in stato di vittima, e, alla fine, seguirlo nella Sua gloria; al contrario, tanti abusi liturgici finiscono col far pensare che animare una celebrazione come un presentatore è un po’ poco per lasciare tutto.

Pensa che le dichiarazioni del vescovo Williamson possano compromettere il processo di riammissione nella Chiesa cattolica?

Don Alfredo: Bisogna diffidare da interviste rispolverate ad arte mesi dopo le dichiarazioni stesse. Questo “polverone” non fermerà la volontà del Papa, che ripresenta – qui e ora – la volontà di Gesù Cristo: che tutti siamo “uno” come Lui e il Padre sono “uno”.

La ricucitura di questo scisma e l’attenzione per la liturgia, potrebbero essere segnali importanti anche per rinnovati e migliori rapporti con le Chiese ortodosse?

Don Alfredo: Ma certo! In questi casi, dove il Papa scende in campo in prima persona come buon pastore, si vede proprio che il successore di Pietro è il “Servo dei Servi di Dio”, come si leggeva nelle intestazioni dei vecchi documenti pontifici: e si vede pure che la comunione con Pietro non minaccia nessuna realtà ecclesiale particolare, ma la rafforza.

Da un punto di vista pratico, la soluzione che si troverà per regolarizzare la posizione giuridica della FSSPX, darà garanzie agli ortodossi di ampie autonomie future. Già non erano mancati segnali di apprezzamento, da parte degli Ortodossi, del Motu Proprio “Summorum Pontificum”.

Lei ha conosciuto nella sua vita diversi sacerdoti della FSSPX? Che cosa ci può dire di questa esperienza?

Don Alfredo: Certamente non ho condiviso la scelta delle ordinazioni dei Vescovi e di quanto - al di là delle intenzioni personali – potesse anche solo sembrare disobbedienza al Magistero. Ma il loro amore per la Santa Messa e la loro spiritualità sacerdotale, incentrata sulla Santa celebrazione del Santo Sacrificio, rimangono esemplari.

Alcuni dicono che senza di loro non sarebbe arrivato il Motu Proprio. Correggerei l’affermazione con: “Il Signore, per meritarci la grazia del Motu Proprio, ha versato nel calice del Suo Preziosissimo Sangue la 'goccia d’acqua' della sofferenza dei Tradizionalisti; di quelli legati alla Fraternità San Pio X e di quelli che, spesso emarginati nel lungo 'inverno liturgico' - in cui si è tollerato di tutto fuorché la Messa di San Pio V -, non di meno sono rimasti nella più perfetta obbedienza”.




Remissione delle scomuniche: inizio e non fine di un cammino


Afferma il Cardinale Jean-Pierre Ricard




BORDEAUX, martedì, 27 gennaio 2009 (ZENIT.org).- La remissione della scomunica imposta nel 1988 ai quattro Vescovi consacrati illegittimamente dall'Arcivescovo francese Marcel Lefebvre, resa pubblica dalla Congregazione per i Vescovi il 24 gennaio, “non è la fine ma l'inizio di un processo di dialogo” in cui restano ancora questioni da chiarire.


Lo ha affermato il Cardinale Jean-Pierre Ricard, Arcivescovo di Bordeaux e membro della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”, in una dichiarazione diffusa sabato dalla Conferenza Episcopale Francese.

Secondo il porporato, perché lo scisma possa ritenersi terminato devono ancora essere regolate due questioni fondamentali: “l'integrazione della struttura giuridica della Fraternità di San Pio X nella Chiesa” e “un accordo su questioni dogmatiche ed ecclesiologiche”.

Tra gli argomenti da dibattere, il Cardinale Ricard si è riferito alla questione del Concilio Vaticano II come “testo magisteriale di prima importanza. Questo è fondamentale”.

Il porporato ha anche alluso a questioni di tipo culturale e politico, come “le ultime dichiarazioni, inaccettabili, di monsignor Williamson negando il dramma dello sterminio degli ebrei”.

“Il cammino sarà senz'altro lungo, e richiederà una migliore conoscenza e stima reciproche, ma la remissione della scomunica permetterà di percorrerlo insieme”, ha aggiunto.

Il Cardinale Ricard ha spiegato che la scomunica è stata sollevata dopo varie richieste in questo senso da parte di monsignor Fellay, Superiore Generale della Fraternità di San Pio X, “soprattutto dopo una lettera indirizzata al Cardinale Castrillón Hoyos, il 15 dicembre scorso, a nome dei quattro Vescovi interessati”.

L'Arcivescovo di Bordeaux spiega anche che Benedetto XVI “ha voluto andare il più lontano possibile con la mano tesa, come invito a una riconciliazione”, per la sua missione di “fare il possibile per tornare a tessere i fili spezzati dell'unità ecclesiale”.

“Il Papa, teologo e storico della teologia, conosce il dramma che rappresenta uno scisma nella Chiesa – aggiunge –. Comprende la questione che spesso si presenta nella storia degli scismi: sono stati veramente usati tutti i mezzi per evitarli?”.

Non bisogna dimenticare, osserva, che il Pontefice “conosce bene il caso perché Giovanni Paolo II lo incaricò di mettersi in contatto con monsignor Lefebvre per cercare di impedire che commettesse l'atto irrimediabile delle consacrazioni episcopali”.

“L'allora Cardinale Ratzinger rimase colpito dall'insuccesso della sua missione”, ha confessato.

Il porporato si è detto fiducioso che “la dinamica suscitata dalla remissione della scomunica aiuti ad avviare il dialogo voluto dal Papa” e ha chiesto ai fedeli di “pregare per l'unità dei cristiani”.

“Non dimentichiamo che il cammino più sicuro per avanzare nell'unità dei discepoli di Cristo continua ad essere la preghiera”, ha concluso.



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