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I lefebvriani

Ultimo Aggiornamento: 18/02/2013 22:40
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06/02/2009 21:32
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Da "Messainlatino.it"...

Quando la realtà diviene onirica: i Protestanti intimano al Papa di rispettare un Concilio cattolico!

La "Chiesa" Evangelica, per bocca del suo "vescovo" Wolfgang Huber, si dice preoccupata per la revoca delle scomuniche, non tanto e non soltanto per la questione del negazionismo, ma per il rischio che ciò comporta per l'ecumenismo e l'apertura dei cattolici verso le congregazioni protestanti cui questo Papa (che oltracotanza!) rifiuta perfino il titolo di chiese; chiedono quindi che il Papa rispetti senza riserve le decisioni ecumeniche del Concilio Vaticano II [che, per inciso, già aveva negato ai protestanti il titolo di chiese].

Da "Messainlatino.it"


Oggi è la giornata nazionale delle risate!
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"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
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La questione Williamson potrà avere anche effetti positivi?

Sappiamo che talvolta da un male può derivare qualche, o molte, conseguenze positive. La Provvidenza, dicono gli Spagnoli, va dritta per linee storte. Per i materialisti, aggiungiamo che ciò rappresenta un applicazione della teoria del caos. E dunque, proviamo a considerare se dalle dissennate affermazioni di Mons. Williamson possa derivarne alcunché di bene, soprattutto quando il polverone si sarà placato; l’offesa alla memoria degli sterminati sarà stata attutita da gesti di scusa e di ritrattazione da parte dei lefebvriani (gesti da incoraggiare: sappiamo che chi si umilia sarà esaltato; e pensiamo alle scuse di fra’ Cristoforo del Manzoni); e i critici a priori del Papa e della Chiesa avranno trovato qualche altro pretesto per mordere.


Ebbene, nel frattempo potremo forse vedere (se siamo buoni profeti) evoluzioni positive all’interno della Fraternità San Pio X. Non è un mistero per nessuno che all’interno di questa una frangia non trascurabile propende per posizioni larvatamente sedevacantiste e non ha alcuna "nostalgia di Roma", ossia teme l’abbraccio mortifero della "Chiesa conciliare". E il vescovo Williamson, giudicato il più duro dei quattro (anche se cordialmente detestato dai sedevacantisti: si sa che l’odio è direttamente proporzionale alla vicinanza ideologica), appariva come il leader naturale di questa corrente; tanto più che il suo background di anglicano lo rende più impermeabile all’anelito di ritrovarsi cum Petro et sub Petro. Si è perfino avuto il sospetto che le sue frasi incriminate, pronunziate proprio allorché la Fraternità, lanciando la sua campagna di rosari per la revoca delle scomuniche, cominciava ad adoperarsi anche coi fatti e la diplomazia a tale effetto, avessero il preciso fine di sabotare o procrastinare quel riavvicinamento a Roma.


Ma quelle stesse dichiarazioni, così come sono riuscite a compiere il massimo danno alla Chiesa per il perfetto tempismo della loro messa in onda, a ridosso della revoca delle scomuniche e del Giorno della Memoria dell’Olocausto, hanno però anche avuto l’effetto di screditare, agli occhi di un’opinione pubblica di solito poco incline a seguire l’attualità religiosa, l’intera Fraternità (nonché, ahinoi, tutto il movimento tradizionalista, il S. Padre e la Curia), sì da costringere i vertici lefebvriani a scelte del tutto inedite: smarcarsi da Williamson e condannarlo apertamente, addirittura ingiungendogli di tacere, dichiarandolo non gradito nel seminario tedesco, progettando sanzioni a suo carico. Non solo, si sono visti i vertici della Fraternità (e lo stesso Williamson, per giunta) chiedere scusa al Papa: a qualcuno che mons. Fellay, nemmeno un anno fa, diffamava chiamandolo "un perfetto liberale" (che è grave insulto nella bocca di un lefebvriano, come si può immaginare). E ancora: nell'intervista di cui abbiamo fornito anticipazioni (v. qui), mons. Fellay, pur ribadendo il rifiuto di un ecumenismo inteso come equivalenza delle religioni (ma su questa posizione pienamente ortodossa siamo certi troverà la consonanza del Papa), riconosce che vi sono "ricchezze" nei "fratelli separati".


Questo tipo di approccio al problema non è stata una reazione immediata: sulle prime sono scattati vecchi riflessi identitari di persone abituate ad un permanente stato d’assedio: la prima uscita pubblica di mons. Fellay è stato un maldestro fax in cui se la prendeva... con la TV svedese; le dichiarazioni di alcuni esponenti lefebvriani pur in vista, come mons. Tissier de Mallerais e don Pagliarani, sono state nel senso di "non avere opinioni" sull’Olocausto... Ma poi, gradualmente, l’enormità delle reazioni negative dell’opinione pubblica, il buon senso, la stessa fine di un isolamento al riparo del quale ogni "sparata" poteva quasi passare inosservata, hanno provocato una quanto mai salutare inversione di rotta e una presa di coscienza in fin dei conti liberatoria. Di qui alcune assolute novità (chiedere scusa al Papa!), rispetto a certe attitudini del passato talvolta altezzose, diciamolo pure, se non fanfarone (ricordate la similitudine della Fraternità come "ultima cartuccia", l’unica che potesse salvare la Chiesa uccidendo l’Idra modernista? Se l’avete scordata, ripassatela qui, su La Porte Latine, sito del Distretto francese: data meno di un anno fa).


La nuova attitudine, quella dell’umiltà e della sottomissione al Papa, è tanto più salutare quanto più si rifletta che, dopo vent’anni di "scisma" (senza voler entrare nella querelle se di vero scisma si trattasse, intendiamo con quell’espressione indicare lo stato di indipendenza e autocefalia di fatto della Fraternità), le cattive abitudini rischiavano di radicarsi e le differenze approfondirsi. La reazione alle enormità di mons. Williamson almeno questo di positivo avrà prodotto: costringere la maggior parte dei membri della Fraternità, quella che segue mons. Fellay per intenderci, a stringersi intorno al Papa, che tutti vedono iniquamente perseguitato dai media: il senso di colpa che nasce dalla constatazione che quel crucifige mediatico di un pontefice bendisposto e innocente, nasce proprio da un gesto di speciale benevolenza verso la Fraternità, avrà almeno avuto l’effetto di molcire gli animi lefebvriani pur induriti da lustri di lotta, persecuzione e resistenza.


La "nuova" Fraternità che ne nasce ci piace molto di più. Se saprà mantenersi su questo registro di moderazione, di sensus Ecclesiae, di rispetto filiale al Papa (in pratica, i requisiti che erano stati richiesti con il famoso ultimatum del giugno scorso), nonché di buon senso e vero amore della Chiesa (il che non significa nullamente rinunziare ai punti dottrinali che sostengono la sua ragion d’essere e che oggi, alla luce dell’ermeneutica della continuità propugnata dal Papa, trovano terreno fertile e dissodato); se saprà mantenersi su questo piano, dicevamo, siamo certi non solo che la piena comunione sarà facilmente raggiunta, ma soprattutto che essa riuscirà a raggiungere campi di apostolato che finora le erano preclusi e guadagnerà attraverso l’umiltà una persuasività davvero più incisiva.


Non sarà d’ostacolo a questo esito, a nostro avviso, la apparentemente "dura" Nota della Segreteria di Stato del 4 febbraio (riportata qui). Un qualunque osservatore smaliziato può constatare che il Vaticano ha "fatto la faccia feroce", ma più che altro a beneficio dei giornalisti, dell’opinione pubblica e per togliere argomenti a tutti quei prelati (anche se certo questi ultimi non si lasceranno illudere) che negli ultimi giorni si sono strappati le vesti a difesa del Concilio (ma in realtà, a difesa non del Concilio, bensì di un certo suo "spirito" oggi sempre più screditato).

Di fatto, leggendo la Nota, non troviamo nulla che la Fraternità non sia già notoriamente disposta a concedere senza troppi problemi: la ritrattazione dell’antisemitismo (per quanto lasci perplessi la novità di questo "giuramento antinegazionista") riguarda solo Williamson, quindi ha scarsa rilevanza per un accordo. Riconoscere gli ultimi Papi è un’ovvietà: i lefebvriani si sono sempre smarcati in proposito dai sedevacantisti e hanno sempre pregato nei dittici per il Pontefice regnante. Circa il Concilio, la Fraternità non ha mai negato che sia stato un Concilio ecumenico della Chiesa. Dire nella Nota che occorre il "pieno riconoscimento del Concilio" e poi subito aggiungere che comunque si affronteranno in proposito le questioni ancora aperte, è consentire alla Fraternità di mantenere e sviluppare (ma all'interno di documenti teologici per addetti ai lavori, non spiattellati sulle pagine dei giornali a lettori ignoranti) tutte le riserve su alcuni documenti conciliari che, ricordiamo, non sono dogmaticamente vincolanti. Con l’approccio congiunto tra Roma e la Fraternità incentrato su una "ermeneutica della continuità", non vediamo proprio come quei colloqui possano fallire, se non ci si mette la mala fede di qualcuno, oppure un’ostinazione cieca della Fraternità che in questo momento, dopo le micidiali "botte" all’immagine subite per la vicenda Williamson (a molti fedeli lefebvriani deve seccare parecchio essere additati per strada come neonazisti...), ci sembrerebbe suicida.


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Williamson: “Se scopro che avevo torto, chiederò scusa”.

La TV svedese avvertita in anticipo.

In una dichiarazione fatta al settimanale tedesco Der Spiegel il vescovo della Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX/SSPX), Richard Williamson, ha affermato che si scuserà se scoprirà di aver torto. Ecco quanto riporta l’agenzia Reuter:
Alla domanda sul perché non avesse chiesto scusa per le sue affermazioni, Williamson ha detto al settimanale tedesco “Der Spiegel”: “ Se dovessi scoprire di essere in difetto, allora lo farò”

In un’intervista rilasciata sabato ha detto al settimanale“Chiedo a tutti di credermi quando affermo di non aver detto deliberatamente nulla di falso. Ero convinto dell’accuratezza delle mie affermazioni sulla base di una mia ricerca fatta negli anni ‘80”.

“Ora devo riesaminare tutto e verificare le prove” ha aggiunto.

Williamson, di origini britanniche, il mese scorso si è scusato con il papa per “l’inutile pena e i problemi” che lui gli ha causato. Ma non ha ritrattato né ritirato le sue affermazioni sull’Olocausto, che ha definito “imprudenti”.

Nel frattempo, Kreuz.net riferisce che gli avvocati di Williamson avevano contattato l’emittente svedese SVT prima che l’intervista fosse resa pubblica. Secondo Chris Gillibrand, di Catholic Church Conservation:

“Il Superiore Generale della Fraternità, il vescovo Bernard Fellay, ha inviato prima della trasmissione un fax alla rete televisiva:

“E’ vergognoso usare un’intervista su argomenti religiosi per discutere di questioni storiche controverse, con l’ovvia intenzione di deturpare e calunniare il lavoro della nostra comunità religiosa”.

Il vescovo Williamson aveva anche inviato una lettera alla sede della televisione prima della trasmissione.

Il suo avvocato aveva detto: “ Vi chiediamo di non pubblicare l’intervista, né integralmente né in parte, su Internet o in qualunque altro modo.

Da Rorate Coeli


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Lefebvriani/ Padre Gemmingen: In atto ondata di abbandoni Chiesa

Direttore tedesco Radio Vaticana: "danneggiato" rapporto col Papa

Berlino, 7 feb. (Apcom)

In Germania sempre più fedeli tagliano i ponti con la chiesa cattolica, a causa delle polemiche sulla riabilitazione del vescovo negazionista Richard Williamson. "L'ondata di abbandoni è iniziata", ha detto al quotidiano Passauer Neue Presse il direttore della redazione tedesca di Radio Vaticana, Eberhard von Gemmingen. In Germania, Austria e Svizzera i cittadini possono uscire dalla chiesa cattolica, presentando un'apposita domanda presso una pretura o un ufficio anagrafico. "In altri Paesi questo non è possibile, in quanto non si può annullare il battesimo", ha ricordato Gemmingen.
Il rapporto di fiducia tra i cattolici tedeschi e il "loro" papa è "un po' danneggiato", ha aggiunto il sacerdote, secondo il quale il viaggio di Benedetto XVI in Germania, atteso il prossimo anno, potrebbe migliorare la situazione. Diverso il caso della visita in Israele che, secondo Gemmingen, resta una questione aperta.
Il sacerdote ha poi mosso delle critiche al Vaticano. "Non si tratta soltanto di problemi di comunicazione, ma anche di organizzazione", ha spiegato, riferendosi alle polemiche innescate dalla riabilitazione dei vescovi lefebvriani. "Bisogna informare meglio e decidere insieme", ha concluso.

© Copyright Apcom



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Physikelly Scrive: February 6th, 2009 at 10:59 pm

Galeazzi non sembra aver notato che la revoca della scomunica porta solo e semplicemente allo ’status quo ante’, sino alla primavera ‘88. Di ordinazioni illecite ve ne sono state almeno dal 1975, se è per questo.
-Inoltre (cito da un articolo online del Messaggero di oggi) : “La Fraternità San Pio X non fermerà l’ordinazione di sacerdoti, perché «il decreto di remissione della scomunica non ci chiede l’interruzione della nostra attività ordinaria».Lo ha detto l’abate Gregoire Celier, responsabile delle comunicazioni della comunità lefebvriana in Francia. Celier ha confermato il desiderio della Fraternità di giungere alla piena comunione con Roma, ma che per questo occorrerà avviare una «discussione dottrinale» che «prenderà il suo tempo» e che difficilmente potrà essere avviata «finché non si placa questa tempesta mediatica».”

Ora: senza tirare in ballo gli Ortodossi, prendiamo un caso in parte più semplice. A quanto pare, dovrebbe essere alle porte (l’ha riportato bene in evidenza lo stesso Galeazzi giorni fa -in realtà pescando a piene mani verbatim da un settimanale cattolico australiano- ) la ammissione nella Chiesa cattolica, forse come prelatura personale, di circa mezzo milione di tradizionalisti anglicani. Quelli della TAC, la “Comunione Anglicana Tradizionale”, scismatica da vent’anni dalla Comunità Anglicana (quindi da non confondere con gli anglo-cattolici interni a quest’ultima).

Bene: vi è qualcuno, fra i giornalisti non dico italiani, ma di tutto il mondo, che vada a spulciare se quelli della TAC effettuano ancora ordinazioni al momento, o le hanno sospese?

Eppure: “L’arcivescovo John Hepworth, primate di questo gruppo, ha detto di voler portare a Roma tutti i suoi vescovi in occasione della beatificazione (la cui data non è ancora stata fissata) di John Henry Newman, il grande convertito dall’anglicanesimo. Nell’aprile del 2007 Hepworth ha scritto a Benedetto XVI, annunciandogli che i vescovi della Comunione tradizionale avrebbero sottoscritto il Catechismo della Chiesa Cattolica, e un documento in cui chiedevano l’unione con Roma. L’incontro , e la firma, è avvenuta nel santuario mariano più famoso del Regno Unito, a Walsingham, Norfolk. Nell’ottobre del 2007 Hepworth accompagnato da due vescovi, Robert Mercer e Peter Wilkinson hanno consegnato il Catechismo e il documento a padre Augustine Di Noia, OP, un alto funzionario statunitense della Congregazione per la Dottrina della Fede. Secondo The Record un annuncio in questo senso potrebbe venire presto, subito dopo Pasqua.”

(parole del collega di Galeazzi, Marco Tosatti, nel suo articolo del 30 gennaio scorso:
www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=196&ID_articolo=268&ID_sezione=396&... )

Aggiungo due dettagli interessanti: si sa che i leader della TAC *non hanno posto condizioni* per la loro riammissione nella Chiesa. Quindi non hanno nulla contro Roma. Fedelissimi. Ora tutto è nelle mani del Papa, da cui aspettano solo un cenno d’invito ufficiale. Inoltre, molto importante: non avendo gli anglicani in genere Ordini validi (a differenza per esempio dei lefebvriani, che hanno ordini validi ma conseguiti illecitamente), tutti i sacerdoti della TAC che accettano questo accordo con Roma, dovranno essere ri-ordinati (almeno almeno sub-conditione) .
Ma non basta: probabilmente, la futura TAC riconciliata, pur mantenendo molti riti e tradizioni tipici dell’anglicanesimo (quello ‘high church’, però) non avranno più la possibilità di tenere, oltre ai presbiteri, anche i vescovi sposati. Cioè: sì a preti sposati, ma non a vescovi, che dovranno quindi eventualmente rinunciare a tale dignità, e ‘tornare’ semplici sacerdoti. Comunque, tutte le ordinazioni sono da (ri)fare ancora, per cui, la cosa sarà non semplicissima, come redistribuzione di ministeri, etc…

Bene, ho mostrato tutto questo per dire: come mai non c’è alcuno che va a sfrugugliare se questi qua della TAC non solo continuano a ordinare ‘illecitamente’, ma anche ‘invalidamente’? Per dirla in modo crudo, a continuare a fregiarsi di titoli come ‘vescovo’ pur essendo meramente dei laici, a rigore, e per di più sposati che dovranno limitarsi al presbiterato, una volta riconciliati definitivamente?

Dopo tutto, è da decenni (e prima del loro scisma, da secoli) che ’simulano’ un sacramento che non possono validamente conferire…

Naturalmente, non amo moltissimo tali durezze teoretiche , pur vere, sbattute in faccia ai fratelli separati e le loro Chiese/Comunità ecclesiali.. Ma noto che , come per il concetto di scomunica, tale durezza è ‘ecclesially correct’ solo nei riguardi dei “Lefebvriani”.

Avete capito il mio punto? Voglio dire: non si può vedere tutto alla luce della informativa ma dopotutto limitata nota della Segreteria di Stato. Non tutto si esaurisce lì, era solo un modo per placare in prima approssimazione un bisogno di chiarezza da parte dell’opinione pubblica.

Notate: se si ragionasse in punta di diritto canonico, allora non solo i vescovi della Fraternità dovrebbero rinunciare a ordinare nuovi sacerdoti, ma loro, e tutti i cinquecento sacerdoti, dovrebbero rinuciare a celebrare tutti i Sacramenti tout-court…
(Peraltro, matrimoni e confessioni sono addirittura invalidi, non solo illeciti, poichè non c’è giurisdizione, anche se la SSPX ha sempre sostenuto che lo’ stato d’emergenza’ giustificava il tutto, e lo giustificherebbe ancora.)

Noto solo che adesso, andando scemando (molto) lentamente l’argomento ‘antisemitismo’, si cerca di premere l’acceleratore e dare forza all’argomento “ordinazioni sacerdorali-nonostante-la-sospensione”, che è fallacissimo, perchè allora, a rigor di logica, Benedetto l’altro giorno avrebbe dovuto mandare a Kirill di Mosca non un telegramma di congratulazioni, ma una nota in cui gli ricordava di ‘non avere una funzione canonica nella Chiesa e non esercitare lecitamente un ministero in essa’, dal 1054, e intimandogli di non celebrare i sacramenti, men che meno ordinazioni che alimenterebbero ulteriormente lo scisma orientale (non superato dalla mera remissione della scomunica, nel ‘65) …

In sintesi: qui qualcuno soffia sul fuoco [e stasera ho visto il tono delle news della redazione tedesca di Radio Vaticana, diretta dal polemico e ribelle gesuita E. von Gemmingen -quello che due anni fa propose donne-cardinale (sic!) - che ha la faccia di descrivere la questione delle possibili nuove ordinazioni a giugno, come ‘la scelta dello scontro aperto con Roma’ !!] , soffia sul fuoco o in buona fede per ignoranza, o in mala fede, e sapendo di mentire, poichè qui ci sono molti che vogliono montare il “caso mediatico ordinazioni”, come se nuove ordinazioni sacerdotali a giugno potessero attrarre sulla Fraternità nuove scomuniche, pur non avendone mai attratte per quasi tre lustri, Giovanni Paolo II regnante. Insomma: i media cattolici anti-ricnciliazione stanno preparando l’ennesima trappola. Prego chi di dovere -Roma, Econe, Giornalisti realmente cattolici- di disinnescarla per tempo..

Gigi Scrive: February 6th, 2009 at 11:34 pm

Chi ha scritto queste cose fa una gran confusione tra le ordinazioni di vescovi, che necessitano del placet vaticano, e le ordinazioni di sacerdoti che sono di appannaggio dei vescovi. Ora, i vescovi della Fraternità sacerdotale san Pio X, ordinati dall’arcivescovo Lefebvre validamente ma illecitamente (mancava l’assenso del Papa sui nomi) sono sempre stati vescovi a tutti gli effetti poichè posseggono la successione apostolica, trasmessa loro da mons. Lefebvre. Hanno ordinato centinaia di sacerdoti, perchè i seminari tradizionalisti a digfferneza dei conciliari sono pieni, che sono sacerdoti validissimi a tutti gli effetti. Lo dimostra il fatto che quando alcuni di costoro sono passati con Roma lasciando la Fraternità, non sono stati nuovamente ordinati, poichè l’ordinazione ricevuta dai vescovi della Fraternità (così come tutti gli altri sacramenti sia dei vescovi che di questi sacerdoti) è valida. I preti tradizionalisti, peraltro, sono ottimi sacerdoti: vivono poveramente (la Chiesa non gli passa l’8 per mille) e mai si è registrato tra loro qualche caso vergognoso (tipo pedofilia o immoralità che affliggono la Chiesa conciliare). Da notare che i sacerdoti della Fraternità non sono mai stati scomunicati, come più volte dichiarato dalla santa Sede, poichè questo provvedimento riguardava solo i vescovi ordinati validamente ma non lecitamente. Ora per la santa Sede si tratta solo di sistemare una questione di diritto canonico. Quanto agli anglicani, il paragone è sbagliato. Non sono stati ordinati da vescovi cattolici, ma nominati dal parlamento inglese che li mantiene: quindi hanno perso la successione apostolica.


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I lefebvriani «scomunicano» il prete che nega l’Olocausto

di Andrea Tornielli

La Fraternità San Pio X ha espulso don Floriano Abrahamowicz, il prete responsabile delle comunità lefebvriani del Nordest, che in un’intervista aveva detto di essere certo soltanto che le camere a gas furono usate «per disinfettare» e che poi ha definito il Concilio Vaticano II una «cloaca maxima».
«Il provvedimento», annuncia un comunicato a firma di don Davide Pagliarani, superiore del Distretto italiano della Fraternità, ha effetto da ieri ed «è stato preso per gravi motivi di disciplina». Le ultime uscite di don Abrahamowicz non sono state casuali. Da tempo infatti il sacerdote, si legge ancora nella nota, «esprimeva posizioni diverse da quelle ufficiali della Fraternità San Pio X. La decisione dell’espulsione, pur dolorosa, si è resa necessaria per evitare che venga ulteriormente distorta l’immagine della Fraternità San Pio X e, di conseguenza, sia danneggiata la sua opera al servizio della Chiesa».
Era noto da tempo che don Abrahamowicz temeva i contatti in corso tra i capi lefebvriani e la Santa Sede e che, nel caso di accordo, il sacerdote si sarebbe opposto. Dopo la revoca della scomunica e l’insorgere delle infuocate polemiche sulle inaccettabili dichiarazioni negazioniste del vescovo Williamson, e nonostante il silenzio stampa invocato dal superiore della Fraternità, monsignor Bernard Fellay, don Floriano si è fatto sentire, prima avallando i dubbi negazionisti sulle camere a gas e sul numero delle vittime della Shoah, poi infierendo con parole terribili contro il Vaticano II.
Sulla vicenda, la polemica interna ai sacri palazzi non sembra placarsi.
In un’intervista al quotidiano cattolico francese «La Croix» padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, ha detto che il Vaticano non controlla la propria comunicazione e ha ipotizzato che «le persone che hanno gestito la vicenda» della revoca della scomunica non abbiano avuto «coscienza della gravità» di quanto detto da Williamson. «Se c’era uno che doveva essere al corrente - ha aggiunto Lombardi - era il cardinale Castrillón Hoyos», presidente della commissione «Ecclesia Dei» e mediatore tra la Chiesa e il gruppo lefebvriano. Lo stesso Castrillón ha però affermato nei giorni scorsi di non essere stato a conoscenza dell’intervista negazionista al momento in cui è stato approntato il decreto.

© Copyright Il Giornale, 7 febbraio 2009


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Vergognose parole del responsabile della sezione tedesca della Radio Vaticana...

Il Riformista 07-02-2009


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Domenica 8 febbraio 2009


Anticipazioni: Williamson non è più rettore del seminario. I vescovi tedeschi in fibrillazione


Riferisce la Cigüeña de la Torre, un sito spagnolo che abbiamo ormai imparato a considerare come assolutamente e indefettibilmente affidabile, che è stata ricevuta in Vaticano una lettera congiunta dei quattro vescovi lefebvriani con la quale ringraziano il Santo Padre per la revoca delle scomuniche.

La lettera, scritta in francese, è molto affettuosa e conciliante.

Viene comunicato inoltre che Williamson ha cessato dalle funzioni di rettore del seminario della Fraternità a La Reja, in Argentina. Pare che abbia accettato la situazione dicendosi disposto a ritirarsi in silenzio e nello studio. Noi di Messainlatino.it aggiungiamo che, quasi a voler dimostrare questo suo distacco dagli impegni e l’inizio della sua nuova vita di otium (nel senso latino, nobile del termine), il blog del discusso vescovo è stato questa sera aggiornato con un suo post di... critica musicale alla terza sinfonia di Beethoven, l’Eroica. Forse, aggiungiamo, il suo stato d’animo non lo fa sentire dissimile dall’Eroe innominato cui il musicista di Bonn dedicò la sua opera; o forse ancora egli sente risuonare negli attacchi mediatici di questi giorni profetiche affinità con il greve tema del secondo movimento della sinfonia, la marcia funebre....

Sembra inoltre al sito spagnolo citato - ma qui passiamo del tutto al piano delle supposizioni - che l’anticipazione dell' intervista di mons. Williamson apparsa sul sito on line del Der Spiegel, di cui abbiamo dato una ben negativa notizia in questo precedente post, possa anche essere interpretata (ma, ripetiamo, l’interrogativo è d’obbligo) in modo non totalmente negativo. Ossia nel senso che, se pure allo stato Williamson dice di non poter revocare le sue frasi negazioniste, si sarebbe impegnato, ordinando anche libri a tal fine, a ristudiare approfonditamente la questione per verificare le prove dello Sterminio.

Per il momento, però, le conseguenze di quella intervista allo Spiegel appaiono tutt’altro che pacificanti: i vescovi tedeschi ne sono esacerbati fino al parossismo (fonte: Cathcon): poche ore fa il presidente della Conferenza Episcopale Zollitsch (OK, non un simpaticone, d’accordo) ha invocato a gran voce che Williamson sia riscomunicato. Canonisti tedeschi sono già al lavoro (coi ramponi... sugli specchi!) per suggerire le modalità giuridiche di un tale provvedimento: o considerando il diniego di olocausto come espressione di ideologia disumana e come quindi dissenso su grave questione morale, oppure ritenendo eretico il rifiuto del Concilio. Il vescovo di Ratisbona, Mueller, rincara la dose dicendo che anche gli altri tre vescovi lefebvriani, se vogliono esser ripresi nella Chiesa, devono rinunziare alle funzioni episcopali e servire come semplici preti.

La volontà di Roma appare quella di un ritorno di tutti e quattro i vescovi: questo per evitare che lo scisma possa essere perpetuato se uno dei vescovi, avente quindi la potestà di ordinare sacerdoti, resta indipendente. Qui è tutta la differenza tra la posizione di mons. Williamson e quella di don Abramowicz.

Questi sono tempi - è il meno che si possa dire - interessanti!


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Il vescovo lefebvriano insiste: Olocausto? Non intendo abiurare

Williamson: «Ritratterò solo di fronte a nuove prove»

Il Papa incontrerà presto le organizzazioni ebraiche Usa

Lorenzo Cremonesi

ROMA — Santa Sede e Israele almeno su di un punto sono d'accordo: lavorare al meglio per mantenere valida la visita del Papa in Terra Santa tra l'11 e il 15 maggio superando le ipotesi di un possibile rinvio a dopo l'estate. «Nonostante i problemi sorti negli ultimi giorni sulla questione dell'Olocausto e le tensioni generate con l'operazione militare a Gaza, resta chiaro l'impegno per garantire il viaggio del Papa in Israele. Anche nel momento più grave dei bombardamenti su Gaza i contatti per definire i dettagli tecnici sono continuati sulla falsariga degli impegni presi a dicembre. L'annuncio ufficiale della visita dovrebbe venire dalla sala stampa Vaticana tra fine febbraio e i primi di marzo», confermano le due diplomazie. Con un particolare: i diplomatici della Chiesa vorrebbero ritardare il più possibile l'annuncio nel timore che eventuali riprese dello scontro con Hamas costringano poi a rinviare la visita. «Il Papa non potrebbe essere a Gerusalemme mentre a Gaza scoppiano le bombe», commentano. Un impegno che viene comunque mantenuto anche dopo le ultimissime tempeste. Ancora ieri il vescovo lefebvriano Richard Williamson ha ribadito che non abiura le sue posizioni negazioniste. «Ritratterò il mio punto di vista sull'Olocausto solo se troverò nuove prove», ha dichiarato al giornale tedesco Der Spiegel riferendosi alle sue tesi circa l'«invenzione» delle camere a gas naziste.

C'è però una considerazione meno positiva che accomuna i due campi. Il pellegrinaggio di Benedetto XVI si svolgerà in un clima senz'altro migliore di quello di Paolo VI il 5 gennaio 1964, quando il Papa rimase solo undici ore nel Paese senza mai pronunciare la parola «Israele » e rifiutando di incontrare l'allora presidente Zalman Shazar. Pure, facilmente, sarà molto peggiore di quello di Papa Wojtyla nel Duemila. «Anche grazie alle sue qualità di gran comunicatore, la visita di Giovanni Paolo II fu un enorme successo. Gli israeliani si innamorarono di lui. Nessuno pensa ciò possa avvenire con il Pontefice tedesco. Wojtyla era l'apertura nello spirito del Concilio Vaticano II. L'attuale Papa è invece la chiusura, l'espressione più evidente della lettura conservatrice del Concilio», dicono al ministero degli Esteri di Gerusalemme e al quotidiano Yediot Aharonot. Lo stesso parere arriva, sebbene in toni più sfumati, anche dalla Santa Sede: «Non ci illudiamo di poter riscontrare lo stesso successo di nove anni fa. Questo sarà più un pellegrinaggio personale, una visita di basso profilo».

Il Papa dovrebbe volare prima ad Amman con Alitalia. Poi raggiungere Tel Aviv con la compagnia di bandiera giordana e infine tornare a Roma con El Al. Giovanni Paolo II raccolse ben oltre 100 mila persone sulle sponde del lago di Galilea. Oggi si pensa a un luogo più raccolto, magari a Nazaret, con meno di 60.000 posti a sedere. Allora le televisioni israeliane commossero il Paese con le immagini del Papa polacco in preghiera al Muro del Pianto. E piacque la sua preghiera sofferente allo Yad vaShem, il museo dell'Olocausto. Adesso si sta ancora negoziando come trattare questo capitolo, che negli ultimi tempi è diventato una vera mina vagante. «Resta del tutto controversa la questione della didascalia alla foto di Pio XII, che del tutto gratuitamente lo accusa per i silenzi durante l'Olocausto. Si cerca un compromesso. Magari Benedetto XVI si limiterà a pregare all'ingresso del Museo», dicono alla Santa Sede. Non aiuta la polemica che ancora accompagna i lavori della commissione bilaterale per l'applicazione dell' «Accordo Fondamentale» per l'avvio dei rapporti diplomatici del 1993. Il tema più controverso riguarda il regime fiscale. La Chiesa chiede l'esenzione totale, come ai tempi dell'Impero ottomano e del mandato britannico. Israele non ci sta.
Potrebbe invece aiutare l'udienza che il Papa avrà giovedì prossimo con i presidenti delle maggiori organizzazioni ebraiche americane. «Ciò contribuisce a facilitare il dialogo», ci dice monsignor Pietro Parolin, sottosegretario alla Segretaria di Stato. Anche Mordechai Lewy, ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, ci tiene a sottolineare gli elementi positivi: «Un secolo fa il padre del movimento sionista, Theodor Herzl, fu invitato dal Papa a convertirsi al cristianesimo e a rinunciare all'idea di uno Stato ebraico. Oggi il Papa benedice Israele».

© Copyright Corriere della sera, 8 febbraio 2009


Ma quanta sofferenza... [SM=g7966] Adesso risulta che gli ebrei conoscono più del Papa il Vaticano II!!! Ma va'...
[SM=g7934] E poi... gli inmancabili confronti... Shhhhh, zita, Paparatzifan!!!! [SM=g7934] [SM=g7934] [SM=g7934] [SM=g7934] [SM=g7934] [SM=g7934] [SM=g7934] [SM=g7934] [SM=g7934] [SM=g7934]

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Lefebvriani/ Vescovi tedeschi chiedono esclusione Williamson

Presidente conferenza episcopale: non ha posto nella Chiesa

Berlino, 7 feb. (Apcom)

Il presidente della conferenza episcopale tedesca, Robert Zollitsch, ha chiesto di escludere nuovamente dalla chiesa cattolica il vescovo negazionista Richard Williamson. "Adesso nella chiesa cattolica non vedo nessun posto per lui", ha detto Zollitsch alla 'Bild am Sonntag'. Williamson è "irresponsabile", ha aggiunto.
Zollitsch ha annunciato che lunedì proporrà alla presidente del Consiglio centrale degli ebrei tedeschi, Charlotte Knobloch, due date per un possibile incontro. Spero, ha aggiunto, che il colloquio possa svolgersi entro le prossime quattro settimane. Intanto in un'intervista al settimanale Der Spiegel Williamson ha fatto sapere che non vuole ritrattare le sue frasi sull'Olocausto. Prima di farlo, ha detto, vuole vedere le prove dell'esistenza delle camere a gas.

Apcom


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domenica 8 febbraio 2009

Thompson (The Catholic Herald): amici del card. Sodano alimentano il fuoco mediatico contro il Papa

E’ quanto afferma in un suo recente messaggio sul sito del Telegraph Damian Thompson, serio e informato giornalista, direttore del settimanale britannico The Catholic Herald e redattore capo del citato Daily Telegraph, uno dei quotidiani storici del Regno Unito.

Ecco le sue esatte parole (tratte dal suo sito), che a scanso di equivoci, data la gravità delle inaudite accuse, riportiamo nell'originale inglese, seguite dalla nostra traduzione:
Perhaps Cardinal Angelo Sodano, the former Secretary of State who is still hanging around the Vatican despite his "retirement", might care to restrain some of his friends, who - according to my Rome contacts - are prolonging this affair beyond its shelf-life.
Sodano, it may be recalled, was a great supporter of the late Fr Marcial Maciel, disgraced founder of the Legionaries of Christ, while it was Pope Benedict who sent him into exile.

Forse il card. Angelo Sodano, ex Segretario di Stato che è ancora in circolazione in Vaticano nonostante il suo "pensionamento", potrebbe curarsi di calmare alcuni dei suoi amici che – secondo i miei contatti romani – stanno prolungando questa storia [la questione Williamson] oltre la sua durata normale.
Sodano, può esser ricordato, è stato un grande supporter del defunto P. Marcial Maciel, il disonorato fondatore dei Legionari di Cristo, mentre è stato Papa Benedetto che lo mandò in esilio [è di questi giorni la diffusione della notizia che, oltre agli abusi sessuali già denunziati, P. Maciel ebbe una figlia].

Noi non abbiamo mezzo alcuno per giudicare della fondatezza di tale illazione che ci limitiamo a riportare, sperando sia falsa. Relata referimus. Sappiamo solo esser vero che il card. Sodano ha ancora molta influenza nella Segreteria di Stato, che resse per tanti anni, e che in effetti il card. Bertone dovette attendere a lungo prima di poter prendere possesso dell’appartamento e dell’ufficio spettante al Segretario di Stato, data la riluttanza del card. Sodano, pur già sostituito, a rilasciarlo. Ma di qui ad alimentare proditoriamente una campagna mediatica contro il Papa... ci sembra degno del peggiore feuilleton; non fosse per l'autorevolezza della fonte.

Anche l’abbé Barthe, un sacerdote francese le cui analisi sui meccanismi di curia sono tanto accurati quanto illuminanti, considera il card. Sodano, insieme ad altri come il card. Silvestrini (di cui sono note le entrature con giornali laicisti come La Repubblica) uno degli avversari della politica ecclesiale di Benedetto XVI (v. qui). Ma, ripetiamo, da questa considerazioni all'accusa di Thompson di 'alto tradimento', c'è un passo notevole.


Papa, c'è tanta pulizia da fare ancora! [SM=g7966]


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Dopo le polemiche sulle dichiarazioni del vescovo lefebvriano Williamson

Chiarimento tra la Cancelliera tedesca e il pontefice: "La Shoah monito sempre valido"

Benedetto XVI telefona alla Merkel
"Nessun spazio al negazionismo"

E in Argentina circola la voce che il discusso prelato potrebbe presto essere sostituito alla guida del seminario di La Reja

ROMA

Il Papa ha telefonato alla Cancelliera tedesca Angela Merkel: la riabilitazione di monsignor Richard Williamson, ha chiarito il ponteficie, non significa aver sdoganato il negazionismo. "Nel corso della conversazione - spiegano il direttore della sala stampa della Santa sede padre Federico Lombardi e il portavoce del governo federale tedesco Ulrich Wilhelm - è stata espressa una comune e profonda adesione al monito sempre valido della Shoah per l'umanità".
Un colloquio cordiale, richiesto dalla Cancelliera cristianoconservatore all'indomani della revoca della scomunica concessa al religioso lefebvriano che ha messo in dubbio l'esistenza delle camere a gas.
Benedetto XVI si è rifatto alle parole già pronunciate nell'udienza generale di mercoledì 28 gennaio quando, in pieno caso-Williamson, sotto la minaccia di una crisi devastante con l'ebraismo e mentre il Rabbinato d'Israele valutavava se sospendere le relazioni con la Chiesa cattolica, il Pontefice ricordò la Shoah: "Mi ritornano alla memoria le immagini raccolte nelle ripetute visite ad Auschwitz, uno dei lager nei quali si è consumato l'eccidio efferato di milioni di ebrei, vittime innocenti di un cieco odio razziale e religioso».
La Shoah, continuò Benedetto XVI scandendo i concetti, sia per tutti un «monito contro l'oblio, la negazione o il riduzionismo». Parole esplicite che non convinsero però il Cancelliere decisa a chiedere un chiarimento. "Non sono solita prendere posizione su questioni interne della Chiesa", disse Angela Merkel. "Ma questa è un'eccezione. A me sembra una questione fondamentale se una scelta del Vaticano può dare e diffondere l'impressione che la negazione dell'Olocausto sia possibile". Ieri il colloquio telefonico "cordiale e costruttivo", che ha sciolto i dubbi del Cancelliere e riportato il sereno nei rapporti tra la Santa Sede e la patria del pontefice.

"Williamson sostituito".

E intanto dall'Argentina rimbalzano voci che vorrebbero imminente la partenza di Williamson da Buenos Aires, dove dirige il seminario di La Reja.
Il vescovo, dice la stampa argentina citando "ambienti lefebvriani", potrebbe essere presto sostituito. Le fonti della Nacion sottolineano che l'intervista al vescovo negazionista resa nota ieri da Der Spiegel è stata concessa "con l'accordo dei suoi superiori e dietro consiglio del suo avvocato". Il vescovo sarebbe disposto a riconsiderare le sue dichiarazioni, aggiungono le fonti, precisando che "dopo la pubblicazione integrale dell'intervista", Williamson "potrà essere visto con occhi diversi, dopo che nelle ultime settimane è stato presentato quasi come un mostro".
A sostituire Williamson alla guida del seminario lefebvriano a Buenos Aires potrebbe essere lo spagnolo Alfonso de Galarreta, uno dei quattro vescovi ordinati nel 1988 da Marcel Lefebvre, afferma il quotidiano La Nacion.
In queste ultime ore, al seminario sono giunti numerosi sacerdoti, fatto che, precisa il giornale, potrebbe preludere a qualche annuncio importante.

© Copyright Repubblica online


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En el seminario de La Reja ya piensan en un sucesor

Aunque dicen que Williamson está dispuesto a recapacitar, se especula con un reemplazante

Silvina Premat
LA NACION

La reafirmación de la posición de Richard Williamson, difundida a través de una revista alemana - Der Spiegel -, tomó por sorpresa a la comunidad lefebvrista en la Argentina. Pero no tanto a los superiores de ese prelado, a quien el Papa pidió el miércoles que tomara distancia de sus dichos sobre el Holocausto para integrarlo nuevamente a la Iglesia, de la que permanece excomulgado desde 1988.
"La entrevista con Der Spiegel fue concertada con acuerdo de sus superiores y el consejo de su abogado", dijo ayer a LA NACION una fuente inobjetable de la Fraternidad Sacerdotal San Pío X, que reúne a los seguidores del ultratradicionalista y cismático Marcel Lefebvre.

Según esa fuente, una vez que se difunda la entrevista completa otorgada por Williamson, "se verá con ojos muy distintos a quien desde hace dos semanas se presenta poco menos que como un monstruo". El obispo, dicen, "está dispuesto a recapacitar" su opinión y reconsiderar su punto de vista.

Durante la mañana de ayer un inusitado movimiento de sotanas llamó la atención de los fieles que acostumbran participar de la misa en latín de las 11.30 en el templo del seminario de La Reja, Moreno, que dirige Williamson desde hace cinco años.
Llegaron sacerdotes de distintos puntos del país. "Evidentemente, habrá algún anuncio importante que debe ser comunicado personalmente", dedujo uno de los asistentes.
Pero el motivo de ese encuentro extraordinario no trascendió los muros entre los que, en poco menos de tres semanas, retomarán sus estudios unos 25 jóvenes.
Antes o después, se esperan allí cambios en la dirección del seminario. Sus declaraciones a la televisión sueca sobre el número de víctimas del Holocausto y la negación del uso de las cámaras de gas para asesinar prisioneros provocaron uno de los peores dolores de cabeza a Benedicto XVI, empeñado en continuar el diálogo que comenzó su antecesor con la comunidad judía. Además, hizo peligrar el intento de la Santa Sede de reincorporar a la Iglesia a los seguidores de Lefebvre.

Cambios

Entre los allegados a la comunidad lefebvrista argentina especulaban ayer con la posibilidad de que, en lugar de Williamson, sea designado Alfonso de Galarreta, quien fue consagrado obispo por Lefebvre en el mismo momento que el británico.
Galarreta, actual superior de la Casa Autónoma de España, tiene 52 años, nació en España pero vivió desde niño en la Argentina. Estudió tres años en el seminario de La Plata y luego ingresó al de Econe, en Suiza. En el seminario de La Reja fue profesor y director durante pocos meses.
Antes de conocerse la ratificación de los dichos de Williamson se especulaba con que no correría la misma suerte que su ocasional defensor, el padre Floriano Abrahamowicz. Ese sacerdote, que era responsable del nordeste italiano, fue expulsado anteayer de la Fraternidad San Pío X por respaldar las afirmaciones de Williamson.
La situación de este último era distinta, decían aquí, porque a diferencia del sacerdote italiano el obispo británico había obedecido la indicación de no volver a hablar sobre el tema. La expulsión de Williamson de la Fraternidad sería una medida extraordinaria sin antecedentes.
Hasta el momento es muy común que los miembros se vayan por decisión propia de la organización a raíz de disidencias con el manejo de las relaciones con el Vaticano, el problema principal de los lefebvristas. La indisciplina o autonomía de sus integrantes es bastante tolerada. O lo era hasta ahora.

© Copyright La Nacion, 8 febbraio 2009


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09/02/2009 17:18
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Lefebvre, la modernità e la strana alleanza tra atei e clerical-progressisti

Raffaele Iannuzzi

Premessa necessaria: parlare dei lefebvriani “rientrati” nella Chiesa non significa affatto tematizzare direttamente ed unicamente la valenza della Tradizione cattolica come tale, ma significa, piuttosto, criticare un certo punto di vista sulla modernità.
Quale punto di vista? Quello reso dogma dal Concilio Vaticano II.
Con un “notabene”: il Vaticano II ha affrontato di petto una modernità pressoché dissolta – avrebbe, almeno dovuto precisare: si tratta di affrontare una delle tante possibili “modernità”, ma, così, sarebbe caduto il castello di carte ideologicamente frapposto tra i teorici dello “spirito conciliare” e la realtà -, un’idea di modernità consunta e finita, si badi, a detta dei grandi soloni del Moderno, i più à la page di quel tempo, Foucault in testa: dunque, un fantasma. Aperta parentesi: Foucault è quel filosofo che, durante la cosiddetta “rivoluzione iraniana”, fatta da fondamentalisti e seguaci dell’Ayatollah Khomeini, ha sostenuto questo nuovo modello giacobino-totalitario, in quanto orfano della rivoluzione marxiano-occidentale mai realizzatasi: non so se rendo l’idea del “tasso di modernità” di lorsignori! Chiusa parentesi. E a capo. Dunque, l’operazione suddetta ha, di fatto, resuscitato questa putrescente modernità – frutto di un perfetto distillato ideologico veteromarxista, da un lato, e umanistico-atea, dall’altro, un sartrismo ammuffito, riveduto e poco corretto -, riconsegnandole un’aura che aveva perso da più di un decennio, almeno, forse più. Non è certamente casuale che la teologia della liberazione, figlia bastarda del cosiddetto “spirito del Concilio” (amen!), sia stata un mix reazionario di populismo terzomondista, anticipando Chavez, e marxismo moraleggiante mal digerito, ovvero una sostanza assai poco fina ed interessante e distante sideralmente dalla realtà. Per giunta, come sottolineato dal grande Lucio Colletti e dal grande cattolico Del Noce, costruita di sana pianta nei laboratori accademici delle università teologiche tedesche e, in parte, olandesi. Dunque, il Vaticano II si è confrontato con un fantasma, ponendo, questo è vero, un problema serio e grave, dal punto di vista mistico e spirituale, ma di fronte ad interlocutori ingessati, finiti, dunque sbagliati. Questo è il punto.
Ora, si dà il caso che il problema del Vaticano II consista proprio nella Renovatio Ecclesiae, come correttamente intese il Card. Siri, che fondò appunto un’importante rivista teologica e culturale, “Renovatio”.
La Renovatio Ecclesiae si fonda sull’idea della continuità della Tradizione nella storia e, dunque, anche nella modernità; di conseguenza, il Vaticano II non è stato l’unico Concilio della Chiesa, quasi che Trento non ci fosse mai stato, ma è uno dei concili che la Chiesa ha celebrato, l’ultimo in ordine di tempo e in grado di meritarsi il famoso “last, but not least”, nulla di più.
Nell’immaginario sociale, simbolico e collettivo, esso, invece, è diventato l’ “unico” Concilio, punto e basta. I cattolici si sono sentiti in dovere di assoggettarsi allo “spirito conciliare” come al Verbo del Partito Unico, di fatto si è trattato di una gigantesca e sicuramente ben riuscita operazione ideologica. E, come tale, andrebbe trattata. Le ideologie, ricordiamolo, non hanno storia, ciò vale anche quando la Chiesa ci mette lo zampino.

Siri ebbe intuizioni notevolissime e di grande impianto laico, cioè aperte al popolo cristiano ed alla società (questo vuol dire, infatti, “laico”), ma vinse il Minculpop clerical-progressista. E la storia, si sa, la scrivono i vincitori. In ogni caso, richiamo un testo notevole dell’Arcivescovo di Genova, dedicato al laicismo, diffuso (siamo nel 1960!) anche nel clero e, comunque, moltissimo nella vita quotidiana, tra la gente comune. Gli ideologi si occupano delle “classi sociali”, i Vescovi delle persone. Così fece, allora, Siri e la sua lezione di metodo e teorico-pratica è ancora significativa. Ma così fece anche, attenzione, anche l’allora Arcivescovo di Cracovia, in seguito divenuto Giovanni Paolo II, con una sorta di manuale, scritto all’indomani del Vaticano II, per istruire, appunto, ancora una volta, il popolo, il clero e i fedeli in genere. Con questa visione del Concilio non siamo sulle barricate, ma nel solco della ricerca di equilibrio, perduta da tempo nella modernità, tra la verità come sostanziale portato di una storia comune e condivisa universalmente, e la libertà di aderire ad essa da parte della persona. E’ un grande problema epistemologico moderno e Andrea Riccardi lo pose a tema di un saggio fortunato di alcuni anni fa, apprezzato da un Vescovo ortodosso e tosto come Maggiolini.

Dunque, con una visione di questa solidità, non esiste più una Chiesa “pre-conciliare” ed una “post-conciliare”, ma esiste la Chiesa, l’unica Chiesa nella continuità della Tradizione e della Verità di Cristo.

Il Card. Ratzinger del “Rapporto sulla fede” – anni Ottanta del secolo scorso – affermò questa banale, ma non scontata verità e scoppiò un putiferio, sempre i soliti clerical-progressisti, alla ricerca della coperta di Linus, lo “spirito del Concilio”. Questa è una storia interna ad una certa idea di modernità e la Tradizione cattolica è soltanto il pretesto per uno scontro ideologico in una Chiesa ideologizzata fino al midollo. Questa è la verità. L’interlocutore moderno oggi esiste meno di ieri, figuriamoci, ma la rabbia ideologica dei clerical-progressisti è sempre al top, non mancano un’occasione per sparare bordate che sbagliano il bersaglio. Perché, con questo straccio di modernità, chiamata in mille forme, perfino “post” se stessa, ci sarebbe bisogno soltanto di un balzo in avanti. Pena il suicidio della stessa modernità, dell’idea stessa di una modernità veramente laica e direi anche libertaria (Dio volesse!). Il fatto è che la modernità è tutt’altro che un relitto nichilistico e oggi è ridotta a qualcosa di assolutamente penoso. Alla canna del gas, insieme, guarda caso, alla sinistra, così apologeta di se stessa in quanto paladina della “vera” modernità. Il partito radicale di massa: il clerical-progressismo è l’altra faccia della luna, di fatto.
Allora, i lefebvriani richiamano questa continuità e provocano, di conseguenza, la sfinità modernità ad essere se stessa, aperta all’alleanza fede-ragione e tesa all’allargamento del concetto stesso di ragione (l’intera epistemologia olistica moderna si è fatta carico di questa domanda).
L’ideologia clerical-progressista e quella laicista più rozza sono fatte per intendersi: certi martiniani somigliano ai nipotini di Odifreddi, francamente, tutti algidi, su questo non ci piove.
Una ragione fredda, senza passione, mira sempre a conquistare qualcosa e, per conquistare qualcosa, di solito, si deve conquistare qualcuno, con le buone o (più spesso, come ci insegna la storia), con le cattive. L’ultimo Colletti era furiosamente contro questa stracca modernità e contro la Chiesa di Martini e di Cacciari, oscillante tra il solidarismo astratto e l’ateismo, cioè un cristianesimo senza Cristo, con un Dio biblico lassù o nel cuore dell’uomo, ma sempre in attesa di qualcos’altro (il “dio debole”, infatti…). Perché un laicone di razza come Colletti aveva capito tutto questo e i cattolici non gliela fanno? Bella domanda. Certo è che, con tutti questi “dialoganti” in cerca di un Nemico, i lefebvriani, bollati tout court come negazionisti perché un cretino lo è (e la libertà?), finirà che qualcuno ci perderà le penne. Chi gioirà, come sempre, saranno i meglio organizzati e, secondo Buttafuoco, i meglio in generale, gli islamici, così pii da inginocchiarsi in massa di fronte al Duomo di Milano, mentre bruciano le bandiere con l’accendino nascosto da qualche parte (magari intima…). E sia, ce la siamo voluta? Chissà. Certo è che i lefebvriani sono marginali, in questo caso, il vero casino sta nelle viscere della pseudo modernità. Meditate, gente (di tutte le fedi e senza fede alcuna), meditate.

© Copyright L'Occidentale, 9 febbraio 2009



E sì, sono 25 anni che medito... dopo la lettura di "Rapporto sulla fede" di un "certo" cardinale Ratzinger!!!!
[SM=g7566]

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"Non andrò ad Auschwitz"

Domande al Vescovo della FSSPX Williamson. Wiliamson non vuole concedere un’intervista diretta, ma le domande gli sono state faxate in Argentina e le sue risposte sono arrivate via e-mail. Sono state poi confermate per telefono da Williamson e dal suo avvocato.

- Il Vaticano le ha chiesto di ritirare il suo diniego dell’olocausto e minacciato di revocarle l’ufficio episcopale. Come reagisce?

Per tutta la mia vita ho cercato la verità. Per questo motivo, mi sono convertito al cattolicesimo e sono diventato un prete. Io al momento posso chiarire, per come la vedo, che mentre molte onorevoli e intelligenti persone la vedono diversamente, io devo nuovamente esaminare le prove storiche. Ho detto invero nell’intervista alla TV svedese: “Qui non parliamo di prove storiche ma di emozioni. E quando troverò queste prove, allora mi correggerò; ma ho bisogno di tempo”

- Come può un cattolico istruito negare l’Olocausto?

Mi sono occupato del tema negli anni Ottanta. Lessi allora una varietà di articoli sulla materia. Nell’intervista, ho citato il rapporto Leuchter, che mi sembrava plausibile. Ora mi si dice che esso è stato scientificamente rigettato. Desidererei perciò distanziarmi da esso.

- Potrebbe andare personalmente ad Auschwitz?

No, non andrò ad Auschwitz. Ho ordinato il libro di Jean-Clause Bressac che in inglese è intitolato "Auschwitz. Technique and Operation of the Gas Chambers" [Auschwitz, tecnica e operatività della camere a gas]. E’ in ordine come fuori catalogo, lo leggerò e studierò.

- La FSSPX le ha dato un termine ultimativo per la fine di febbraio [interessante informazione!]. E’ possibile una rottura con loro?

Nel vecchio testamento, il profeta Giona disse ai marinaio, quando la nave era in pericolo di ribaltarsi: “Prendetemi e buttatemi in mare, così che il mare si calmi e voi siate risparmiati. So che questa tempesta possente vi ha colpito per la mia colpa”.
La FSSPX ha una missione religiosa, che è stata danneggiata da me. Io controllo le prove storiche. Se queste non mi convincono, farò tutto quanto in mio potere per assicurare che non ci siano più ulteriori danno per la Chiesa e la FSSPX

- Che cosa significa per lei la revoca delle scomuniche?

Noi vogliamo solo essere cattolici, nulla più. Ci siamo sviluppati attraverso gli anni solo attenendoci a quello che la Chiesa ha sempre insegnato e predicato. E tutto quello che fu cambiato negli anni Sessanta e Settanta dopo il Concilio non è nient’altro che uno scandalo. Così siamo stati spinti ai margini della Chiesa e ora, perfino nel crepuscolo di quei cambiamenti tra un clero che invecchia e chiese vuote, noi ritorniamo nuovamente al centro. E’ quello che accade con noi conservatori: manteniamo le cose giuste, e dobbiamo solo aspettare

Fonte: Cathcon

Da Messainlatino.it

TRADUZIONE DAL FRANCESE (nostra):

Il Vaticano esige la ritrattazione delle Sue tesi sull'Olocausto e ha minacciato di non accettarLa come vescovo senza di essa. Come reagisce?

Per tutta la mia vita ho sempre cercato la verità ed ho messo la verità al di sopra del mio ego. E' per questo motivo che mi sono convertito al Cattolicesimo e sono diventato un prete. Ancora oggi non posso affermare nulla di cui non sono convinto. Ma vedo che numerose persone oneste e colte la pensano diversamente, è per questo che bisogna che io riveda nuovamente queste prove. Ciò che ho detto nel corso della mia intervista (il 1° novembre 2008 alla televisione svedese, ndr): si tratta di prove storiche e non di emozioni. E se scopro queste prove, allora mi correggerò. Ma questo richiede del tempo.

Come si è interessato a questa tematica?

Mi sono occupato del tema negli anni Ottanta. All'epoca lessi studi differenti. Nell’intervista, ho citato il rapporto Leuchter, che mi sembrava plausibile. Ora mi si dice che esso è stato scientificamente rigettato.

Come ha intenzione di trovare nuove prove? Ha in mente di andare ad Auschwitz?

No, non andrò ad Auschwitz. Ho ordinato il libro di Jean-Clause Bressac che in inglese è intitolato "Auschwitz. Technique and Operation of the Gas Chambers" [Auschwitz, tecnica e operatività della camere a gas]. E' davvero difficile trovarlo perchè esso è esaurito su Amazone e a Buenos Aires non lo si trova in nessuna libreria d'occasione; ma dovrei prossimamente riceverne una copia fuori catalogo. Mi hanno detto che questo libro è attualmente un'opera di riferimento e che contiene delle informazioni non ancora disponibili negli anni ottanta. Lo leggerò e lo studierò.

La Fraternità le ha dato un ultimatum per la fine di febbraio, Lei può immaginare di separarsi dalla Fraternità?

Nel vecchio testamento, il profeta Giona disse ai marinaio, quando la nave era in pericolo di ribaltarsi: “Prendetemi e buttatemi in mare, così che il mare si calmi e voi siate risparmiati. So che questa tempesta possente vi ha colpito per la mia colpa”.
La Fraternità ha una missione religiosa, che è stata danneggiata a causa mia. Io controllo le prove storiche. Se queste non mi convincono, farò tutto il necessario per non nuocere in nessun caso all'opera della Fraternità.

Che cosa ha significato per Lei la revoca della scomunica da parte di Benedetto XVI?

Noi, i vescovi, abbiamo sempre considerato questa scomunica come ingiusta e anche senza effetto. La conferma di questa valutazione da parte del decreto del Papa è ovviamente per noi un evento felice. Noi vogliamo essere cattolici e nient'altro. Noi non abbiamo sviluppato una dottrina propria, noi conserviamo ciò che la Chiesa ha sempre insegnato e praticato, ma siccome negli anni sessanta e settanta tutto è stato cambiato in nome del Concilio Vaticano II, la nostra posizione è diventata improvvisamente uno scandalo. Ed è stato così che noi siamo stati messi da parte nella Chiesa. Ora, quando l'effetto di questi cambiamenti è diventato chiaro di fronte alle chiese vuote e al clero vecchio, noi ritorniamo al centro del dibattito. E' così per i conservatori: noi abbiamo ragione, dobbiamo semplicemente attendere un pò.

VERSIONE COMPLETA FORNITA DA SPIEGEL

SPIEGEL INTERVIEW WITH BISHOP RICHARD WILLIAMSON

'I Will Not Travel to Auschwitz'

Bishop Richard Williamson's denial of the Holocaust has done serious damage to the Catholic Church. In an e-mail and fax exchange with SPIEGEL, the ultra-conservative bishop says that he is willing to "review the historical evidence."

SPIEGEL: The Vatican is demanding that you retract your denial of the Holocaust, and it is threatening to not allow you to resume your activities as a bishop. How will you react?

Williamson: Throughout my life, I have always sought the truth. That is why I converted to Catholicism and became a priest. And now I can only say something, the truth of which I am convinced. Because I realize that there are many honest and intelligent people who think differently, I must now review the historical evidence once again. I said the same thing in my interview with Swedish television: Historical evidence is at issue, not emotions. And if I find this evidence, I will correct myself. But that will take time.

SPIEGEL: How can an educated Catholic deny the Holocaust?

Williamson: I addressed the subject in the 1980s. I had read various writings at the time. I cited the Leuchter report (eds. note: a debunked theory produced in the 1980s claiming erroneously that the Nazi gas chambers were technically impractical) in the interview, and it seemed plausible to me. Now I am told that it has been scientifically refuted. I plan now to look into it.

SPIEGEL: You could travel to Auschwitz yourself.

Williamson: No, I will not travel to Auschwitz. I've ordered the book by Jean-Claude Pressac. It's called "Auschwitz: Technique and Operation of the Gas Chambers." A printout is now being sent to me, and I will read it and study it.

SPIEGEL: The Society of Saint Pius X has set an ultimatum for the end of February. Are you not risking a break with the group?

Williamson: In the Old Testament, the Prophet Jonah tells the sailors when their ship is in distress: " Take me up, and cast me forth into the sea; so shall the sea be calm unto you: for I know that for my sake this great tempest is upon you." The Society has a religious mission that is suffering because of me. I will now examine the historic evidence. If I do not find it convincing, I will do everything in my power to avoid inflicting any further harm on the Church and the Society.

SPIEGEL: What does the repeal of the excommunication by Pope Benedict XVI mean to you?

Williamson: We just want to be Catholic, nothing else. We have not developed our own teachings, but are merely preserving the things that the Church has always taught and practiced. And in the sixties and seventies, when everything was changed in the name of this Council (eds. note: the Second Vatican Council), it was suddenly a scandal. As a result, we were forced to the margins of the church, and now that empty churches and an aging clergy make it clear that these changes were a failure, we are returning to the center. That's the way it is for us conservatives: we are proved right, as long as we wait long enough.

SPIEGEL: People at the Vatican claimed that they didn't know you. Is that true?

Williamson: Most contacts pass through Bishop Fellay and the General Council, of which I am not a member. But three of us four bishops attended a private dinner with Cardinal Castrillon Hoyos in 2000. It was more about getting to know each other, but we certainly talked about theological issues and even a bit of philosophy. The cardinal was very friendly.

SPIEGEL: The Second Vatican Council counts as one of the great achievements of the Catholic Church. Why do you not fully recognize it?

Williamson: It is absolutely unclear what we are supposed to recognize. An important document is called "Gaudium et spes," or Joy and Hope. In it, the writers rhapsodize about the ability of mass tourism to bring people together. But one can hardly expect a conservative society to embrace package tours. It discusses fears and hardships. And then a nuclear war between the superpowers is mentioned. You see, much of this is already outdated. These Council documents are always ambiguous. Because no one knew what exactly this was supposed to mean, everyone started doing as he wished shortly after the Council. This has resulted in this theological chaos we have today. What are we supposed to recognize, the ambiguity or the chaos?

SPIEGEL: Are you actually aware that you are dividing the Church with your extreme views?

Williamson: Only violation of the dogmas, that is, the infallible principles, destroys faith. The Second Vatican Council declared that it would proclaim no new dogmas. Today the liberal bishops act as though it were some sort of all-encompassing super-dogma, and they use it as justification for a dictatorship of relativism. This contradicts the texts of the Council.

SPIEGEL: Your position on Judaism is consistently anti-Semitic.

Williamson: St. Paul put it this way: The Jews are beloved for the sake of Our Father, but our enemies for the sake of the gospel.

SPIEGEL: Do you seriously intend to use Catholic tradition and the Bible to justify your anti-Semitism?

Williamson: Anti-Semitism means many things today, for instance, when one criticizes the Israeli actions in the Gaza Strip. The Church has always understood the definition of anti-Semitism to be the rejection of Jews because of their Jewish roots. This is condemned by the Church. Incidentally, this is self-evident in a religion whose founders and all important individuals in its early history were Jews. But it was also clear, because of the large number of Jewish Christians in early Christianity, that all men need Christ for their salvation -- all men, including the Jews.

SPIEGEL: The pope will travel to Israel soon, where he plans to visit the Holocaust Memorial. Are you also opposed to this?

Williamson: Making a pilgrimage to the Holy Land is a great joy for Christians. I wish the Holy Father all the best on his journey. What troubles me about Yad Vashem is that Pope Pius XII is attacked there, even though no one saved more Jews during the Nazi period than he did. For instance, he had baptismal certificates issued for persecuted Jews to protect them against arrest. These facts have been distorted to mean exactly the opposite. Otherwise, I hope that the pope will also have an eye and a heart for the women and children who were injured in the Gaza Strip, and that he will speak out in support of the Christian population in Bethlehem, which is now walled in.

SPIEGEL: Your statements have caused great injury and outrage in the Jewish world. Why don't you apologize?

Williamson: If I realize that I have made an error, I will apologize. I ask every human being to believe me when I say that I did not deliberately say anything untrue. I was convinced that my comments were accurate, based on my research in the 1980s. Now I must review everything again and look at the evidence.

SPIEGEL: Do you at least recognize universal human rights?

Williamson: When human rights were declared in France, hundreds of thousands were killed throughout France. Where human rights are considered an objective order for the state to implement, there are constantly anti-Christian policies. When it comes to preserving the individual's freedom of conscience against the democratic state, then human rights perform an important function. The individual needs these rights against a country that behaves like a Leviathan. But the Christian concept of the state is a different one, so that the Christian theories of human rights emphasize that freedom is not an end in itself. The point is not freedom from something, but freedom for something. For good.

SPIEGEL: Your statements and the lifting of your excommunication have triggered protests worldwide. Can you understand this?

Williamson: A single interview on Swedish television has dominated the news for weeks in Germany. Yes, it does surprise me. Is this the case with all violations of the law in Germany? Hardly. No, I am only the tool here, so that action can be taken against the SSPX and the pope. Apparently Germany's leftist Catholicism has not yet forgiven Ratzinger for becoming pope.

Interview conducted by Peter Wensierski and Steffen Winter

Interview conducted in German and translated into English by Christopher Sultan


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09/02/2009 17:30
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Lefebvriani: Williamson, stop a guida seminario B. Aires

BUENOS AIRES

La decisione era nell'aria ormai da qualche giorno e rappresenta l'ultimo capitolo delle accese polemiche che in questi giorni hanno visto al centro il movimento lefebvriano: Richard Williamson l'ultra tradizionalista vescovo che ha negato l'Olocausto, è stato sostituito alla guida del seminario che dirige dal 2003 a La Reja, una cinquantina di chilometri dal centro di Buenos Aires. A rendere noto l'allontanamento del vescovo negazionista è stato padre Christian Bouchacourt, responsabile per l'America Latina della Fratenità San Pio X, alla quale appartiene Williamson, che ormai da anni vive, tra un viaggio e l'altro, in Argentina, da sempre uno dei paesi del mondo dove i lefebvriani sono più presenti.

Un vescovo cattolico può parlare "con autorità ecclesiastica" solo su materie riguardanti "la fede e la morale", ha detto in un comunicato reso noto dall'agenzia Don Bouchacourt, precisando che le "affermazioni" di Williamson "non riflettono in modo alcuno la posizione" della congregazione. Bouchacourt ha inoltre respinto "con tristezza" le accuse lanciate negli ultimi tempi contro la stessa congregazione "al fine di screditarla", ha precisato.

Che a La Reja (dove Williamson si era rinchiuso ormai da qualche settimana) le cose si stessero muovendo si era capito chiaramente nel corso del fine settimana. Nella magnifica struttura che i lefebvriani hanno a Buenos Aires (una chiesa e il seminario di 'Nuestra Senora Corredentora', immersi in una sorta di 'tenuta' in mezzo ad un grande parco) nelle ultime ore c'era infatti stato un via vai di sacerdoti. Sembrava essere vicino un annuncio, e infatti ambienti lefebvriani citati dal quotidiano La Nacion avevano riferito sulla possibilità di una rimozione, di fatto, di Williamson. Il giornale aveva riferito anche il nome del probabile successore, e cioé lo spagnolo Alfonso de Galarreta, uno dei quattro vescovi ordinati nel 1988 da Marcel Lefebvre.

© Copyright SDA-ATS


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LEFEBVRIANI: WILLIAMSON, MI HANNO ATTACCATO PER COLPIRE PAPA

Berlino, 9 feb.

Il vescovo negazionista Richard Williamson ha affermato che le sue dichiarazioni sulla Shoah sono state strumentalizzate da chi aveva interesse ad attaccare Benedetto XVI.
Gli attacchi nei miei confronti, ha dichiarato nell'intervista allo "Spiegel" di cui era stata diffusa un'anticipazione, sono state "lo strumento per attaccare la Fraternita' di San Pio X e il Papa".
"Il cattolicesimo di sinistra tedesco non ha evidentemente ancora perdonato a Ratzinger di essere diventato Papa". Williamson ha ribadito che non si rechera' a Auschwitz, ma ha detto di aver ordinato il libro di Jean-Claude Pressac "Auschwitz. Tecnica e funzionamento delle camere a gas": "La copia e' gia' in viaggio, la leggero' e la studiero' attentamente".
Il vescovo lefebvriano britannico ha spiegato la revoca della scomunica della Chiesa nei suoi confronti con quello che ha definito il "fallimento" del Concilio Vaticano II: "E' sempre cosi' con noi conservatori: abbiamo ragione, ma dobbiamo aspettare parecchio per vederla riconosciuta".
Sulla probabile visita di Benedetto XVI in Israele, Williamson ha detto di augurarsi che il Papa "abbia anche a cuore le donne e i bambini feriti nella Striscia di Gaza e si impegni in favore della popolazione cristiana di Betlemme, che attualmente e' circondata da un muro".

© Copyright Agi


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Notizie interne dalla Fraternità San Pio X

Da attendibili informazioni apprendiamo che mons. Fellay ha indirizzato una lettera interna ai membri della Fraternità, ove egli afferma, tra l'altro, che:

- Il Concilio Vaticano II è sì un Concilio Ecumenico della Chiesa Cattolica ma, per aver espressamente affermato che non intendeva dichiarare nulla di nuovo su fede e morale, si pone come un "unicum" fra i Concili i quali in passato avevano sempre proclamato qualche verità di fede o morale.

- Per questo fatto, sempre secondo mons. Fellay, esso assumerebbe un livello in un certo senso "minore" di autorevolezza. Non sarebbe dunque uno scandalo contestarne alcuni punti limitati.

- Nella lettera dei quattro vescovi del 15 dicembre 2008, quella che ha sbloccato definitivamente la situazione, i presuli avrebbero spiegato che essi accettano pienamente l'autorità del Papa nella misura in cui egli trasmette fedelmente il "depositum fidei". Le perplessità sul Magistero degli ultimi decenni si fonderebbe proprio sulla piena adesione alla dottrina insegnata dai Pontefici e dai Concili dogmatici precedenti.

Se una tale lettera è stata ritenuta sufficiente da Benedetto XVI significa evidentemente che nelle future discussioni dottrinali sarà concesso un margine di critica nei confronti di taluni documenti del Concilio Vaticano II e del Magistero successivo.

Apprendiamo inoltre che mons. Fellay si è recato a Roma il 17 gennaio ed è ritornato il medesimo giorno in Svizzera portando con sè il documento già firmato, anche se datato 21 gennaio. Nella Fraternità si attribuisce una notevole importanza al fatto che la revoca della scomunica sia avvenuta con un documento della Congregazione dei Vescovi e non della Ecclesia Dei. Ciò denota l'importanza dell'atto e, implicitamente, l'abbattimento di una sorta di "recinto" o "ghetto" posto in essere allo scopo di tenere separati i tradizionalisti dal resto del corpo ecclesiale.

La FSSPX avrebbe preferito una dichiarazione di nullità delle scomuniche piuttosto che una revoca. Si fa comunque notare come in un passaggio del documento, pur senza nominarlo, si potrebbe evincere anche il venir meno della sanzione per i Vescovi ordinanti (mons. Lefebvre e De Castro Mayer).

da "Messainlatino"


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Intervista a Fellay: "Mons. Lefebvre ha accettato il Concilio alla luce della Tradizione"

E’ uscita oggi l’intervista di Samuel Pruvot e di Gérard Leclerc su “Famille Chretienne" a Mons. Fellay, Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X. Anche sulla rivista è divisa in due parti e noi vi proponiamo una nostra traduzione, senza commenti, della prima parte a cui seguirà la seconda. Ecco l’intervista:

Parte 1

Lei ha evocato « il malessere e la sofferenza » della Fraternità San-Pio X… Ma non è da suicidi voler restare lontani dalla Chiesa di Roma ?

Mons. Fellay : La posizione della FSSPX presenta in effetti un pericolo obiettivo a livello sociologico, su un piano puramente umano. Il pericolo di rimanere chiusi in se stessi. Siamo stati talmente attaccati che, automaticamente, c’è stata la reazione di tipo difensivo. In questo modo abbiamo tentato di proteggerci ma questa autodifesa comporta il rischio di restare “tra noi” ancora di più. Ne siamo assolutamente coscienti e cerchiamo di far tutto il possibile per impedire, anche solo a livello di attitudine, ogni rottura. Dobbiamo certamente fare molta attenzione. In questo senso, cerchiamo di prendere tutte le misure possibili al fine di neutralizzare questo pericolo. Per questa ragione parliamo sempre di Roma e della Chiesa (anche nei casi in negativo !) Non dimentichiamo mai la Chiesa non facciamo che pregare per essa. E ci accorgiamo allora di non essere soli in questo. Preghiamo per il Papa ricordando che è il Vicario di Cristo. Detto questo, sul piano ben più profondo dell’appartenenza alla Chiesa, ribadiamo il fatto che mai abbiamo pensato a separarcene. Siamo totalmente cattolici, fermamente attaccati alla Chiesa e sempre lo siamo stati.

Samuel Pruvot : Ma un disaccordo lungo decenni crea, di fatto, una situazione critica. Molte persone, ad esempio, sono state da voi battezzate senza aver conosciuto la piena unità con Roma. Si tratta di una realtà incontestabilmente pericolosa. In quale forma e con quale calendario intendete affrontare il dibattito con Roma ?

Mons. Fellay : Sono sicuro che tutto si svolgerà con rapidità... Ritengo che andremo a presentare le nostre questioni, perché siamo noi (la FSSPX ndtr) ad avere il problema. Per quello che sarà in seguito, non posso esprimermi più di tanto, non posso dir nulla. Non ne so nulla !

Accettate il Concilio ponendo delle riserve oppure lo rifiutate in blocco?

Mons. Fellay : Dobbiamo distinguere gli scritti dallo spirito. Esiste uno spirito pericoloso che ha attraversato tutto il Concilio e in questo senso, questo spirito noi rifiutiamo. Ma quando si parla di leggerlo non dobbiamo pensare ad un rifiuto totale. Mons. Lefebvre, egli stesso ha accettato il Concilio "alla luce della Tradizione". Cosa vuol dire ? Negli anni 1982-1983, egli andò senza ottenere risultato a Roma davanti al cardinale Ratzinger. Mons. Lefebvre diceva : "Tutto quanto è conforme all’insegnamento perenne lo accettiamo, quello che è ambiguo lo accogliamo secondo questo insegnamento perenne, quello che invece vi si oppone lo rigettiamo".
Nel discorso alla Curia il 22 dicembre 2005, Benedetto XVI ha parlato di "ermeneutica" del Concilio. Ha condannato l’idea di una rottura, basata sullo "spirito del concilio". Quanti sono oggi i favorevoli all’ermeneutica della rottura? Pochi, molti?
Questi, che vogliono tale rottura con il passato, sono allontanati dalla Chiesa? Come dice, molto giustamente, Benedetto XVI, la Chiesa non può separarsi dal suo passato. E’ impossibile! Non possiamo pretendere di avere il ventesimo piano di un palazzo senza che sotto ci siano gli altri diciannove.

Gérard Leclerc : La distinzione fra spirito e lettera del Concilio può risultare speciosa, pensiamo a un De Lubac che denuncia la perversione del clima che regnava intorno al Concilio, o all’autentico spirito del Concilio che ne illumina la lettera e non può non riferirsi allo Spirito Santo stesso ! E in quanto alla continuità organica della Tradizione, la stessa presuppone forzatamente degli sviluppi. E’ quanto diceva già il cardinale Newman. Il rischio oggi sarebbe che la Fraternità San Pio X, rifiutando ogni sviluppo della Tradizione volendola bloccare, di fatto ne esca fuori.

Mons. Fellay : Ci sono, in effetti, dei punti che il Papa presenta come legati alla Tradizione e che invece, ai nostri occhi, non lo sarebbero.

E’ possibile fare una cernita nelle affermazioni conciliari?

Mons. Fellay : Non si tratta di discutere « questo sì e questo no » A mio avviso, molti problemi che noi ci poniamo possono risolversi facendo delle distinzioni e non attraverso il rigetto o l’accettazione assoluta. Non vogliamo essere univoci e basta. Quando parliamo di Concilio, sappiamo bene come debba essere inserito in una serie di circostanze, in un contesto, in un movimento. Mi baso su una nota del Segretariato del Concilio di novembre 1964. Il testo è diviso in due parti. Nella prima si legge: "la Chiesa non intende obbligare ad aderire, in questioni di fede e costumi se non su quei punti che Essa presenta come tali". E la stessa nota precisa come il Concilio si voglia "pastorale". Esso si distingue dagli altri. Non ci si può porre in maniera dogmatica e dire AMEN, a tutto. Questo approccio è semplicemente falso. Ci sono ambiti differenti, temi differenti e differenti gradi di autorità.

Samuel Pruvot : Un Concilio é sempre qualcosa di non finito, pone nuove questioni da risolvere. In più, il Vaticano II ha portato innovazioni , nel senso che ha voluto proporre una visione positiva della fede e non ha lanciato anatemi. Si può vedere in questo contesto uno sviluppo organico della Tradizione che segna una incontestabile avanzata della Chiesa. A seguito del Motu proprio, le sembra che si possa considerare risolta la questione liturgica ? Ritiene che il rito romano nella sua forma ordinaria (Paolo VI) sia valido ?

Mons. Fellay : La questione della validità non pone problemi in sé. Nella misura in cui viene rispettata la forma. La nuova messa è valida. Il problema si pone a posteriori. Dobbiamo purtroppo constatare che, nel comportamento così come nelle parole, i sacerdoti e i fedeli, non hanno sempre la stessa fede nella presenza eucaristica. Questo è da considerare come un’intenzione contraria a quella della Chiesa. La liturgia è un’insieme che accompagna l’essenziale della messa. E’ un insieme di gesti, di parole che accompagna e deve nutrire questa fede. E’ qui che abbiamo forti obiezioni, come ad esempio per l’Offertorio: mettete a confronto i due messali e capirete le nostre obiezioni e perplessità.

Gérard Leclerc : Certamente avrei un grosso problema ad assistere ad una messa dove il prete non condivide la fede della Chiesa. Ritengo che la questione si sia potuta porre in qualche circostanza. Paolo VI emanò un’enciclica sull’Eucarestia che venne ricusata da alcuni all’epoca. Un fatto molto grave. Sui riti ritengo che la discussione sarà lunga. Ci sarà da rivedere come è stata fatta la riforma liturgica. Non per niente il cardinal Ratzinger chiedeva una riforma della riforma. Ma dobbiamo allo stesso tempo considerare le ricchezze del nuovo rito. Queste ultime provengono dalla più autentica tradizione ecclesiale.

Mons. Fellay : Per Benedetto XVI, la riforma liturgica è una delle prime cause della crisi nella Chiesa. E’ un’affermazione molto forte. Che dice molto e non sono io che la dico !

Lei critica la nozione di libertà religiosa. Perchè ?

Mons. Fellay : Il Concilio ha fatto proprio uno dei principi fondamentali dello Stato Moderno, e cioè l’imparzialità nei confronti delle religioni. Ora, per noi lo Stato deve riconoscere la vera religione. Benedetto XVI ritiene, a proposito di libertà religiosa, che "la Chiesa ha riscoperto il suo patrimonio". E' un’espressione che mi fa sussultare! Se la Chiesa ha riscoperto la libertà religiosa, quando mai l’avrebbe persa? E ancora, avrebbe potuto perderla? Per quasi 1500 anni la Chiesa ha tenuto una posizione ben diversa.

Gérard Leclerc : C’è un problema storico. La Chiesa ha conosciuto situazioni molto differenti. Di clandestinità sotto l’impero romano, la libertà religiosa ottenuta con Costantino e in seguito con Teodosio, l’impero divenuto cristiano. C’è poi la lunga epoca della cristianità medioevale e poi la rottura con la modernità. La Chiesa in ambito storico ha vissuto situazioni differenti ed ha reagito in funzione di dette situazioni. Non si reagisce allo stesso modo in uno Stato ufficialmente cristiano rispetto ad un altro regime impostato sulla laicità. Non dobbiamo essere anacronistici. La nozione di libertà religiosa è associata alla libertà radicale dell’atto di fede e all’incompetenza religiosa dei poteri pubblici. In Cina oggi, ad esempio, la Chiesa reclama la libertà di coscienza!

Mons. Fellay : Siamo perfettamente d’accordo ! E’ ovvio che in uno Stato dove esistono religioni diverse debba essere lo Stato stesso a legiferare al fine di un bene comune. Il bene più grande è la pace tra i cittadini. E’ quello che la Chiesa chiama la "tolleranza cristiana". Ma si tratta di un altro principio.

Da Messainlatino.it


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Parte 2

Condivide e accetta l’impostazione ecumenica iniziata col Concilio Vaticano II ?

Mgr Fellay : Anche dobbiamo fare una distinzione riguardo l’ecumenismo. Il desiderio di unità, e cioè che quanti hanno lasciato la Chiesa ritornino ad essa è nelle Litanie dei Santi. Ed è la nostra posizione. Noi preghiamo e desideriamo di tutto cuore che tutti siamo uno, secondo la parola stessa di Nostro Signore. Il concetto sempre ribadito dalla Chiesa secondo il quale Essa sola è Madre di Verità e possiede tutta la Verità Rivelata, risolve il problema. Se la finalità dell’ecumenismo è questa noi certo non ci opporremmo. Quello che non va è al di fuori di questo principio. Nel 1949, una nota del Santo Uffizio, (primo testo ufficiale della Chiesa che parla di ecumenismo), metteva in guardia contro una serie di pericoli. Oggi ci siamo dentro alla grande. Questo pericolo è il relativismo, è l’arrivare ad una connivenza col mondo rinunciando alla conversione. In un recente testo concernente la migliore comprensione della missione della Chiesa, si parla del grande rispetto dovuto alle tradizioni dei cristiani non cattolici. Il solo punto dove si parla di conversione è in nome della libertà di coscienza del soggetto stesso. Ma sembra non esserci più nella Chiesa la volontà di convertire. A questo punto, è ovvio, non possiamo essere d’accordo, è molto grave!

Gérard Leclerc : Roma è anch’essa cosciente di certe devianze nell’ecumenismo. La prova è la pubblicazione di « Dominus Jesus » del cardinal Ratzinger. D’altra parte il papa mette in guardia contro la dittatura del relativismo. Detto ciò, il modo con il quale il Concilio Vaticano II ha affrontato la questione cambia di fatto il nostro approccio alle altre confessioni. Nella misura in cui esse hanno saputo coltivare elementi importanti, sono depositarie di ricchezze che dovremo riscoprire. In questo senso l'ortodossia, ad esempio, è largamente tstimone della fede dei Padri, ed ha coltivato più della Chiesa d’Occidente alcune prospettive. E' per ciò che Giovanni Paolo II dichiarava come « la Chiesa deve respirare con i suoi due polmoni ». Intendiamo così riallacciarci alla continuità della Chiesa indivisa.

Mgr Fellay : Che cosa si vuole? Una reale, autentica unità oppure un tipo di connivenza, in una sorta di confederazione? Da quello che dice la Chiesa esiste una sola soluzione ed è l’Unità. La Chiesa deve essere Una e non ce ne possono essere tante. Questa unità deve essere fondata, basata sulla Verità. Va da sè che si trovino delle ricchezze, dei valori, del vero in tutte le religioni. Ma il bene viene dell’integrità totale mentre il male viene da una mancanza. E’ il senso dell’Epistola : "Colui che pecca contro un comandamento pecca contro tutti i comandamenti". Il fine a cui dobbiamo tendere è quello della salvezza, per avere la salvezza dobbiamo mantenere tutta la fede, tutto il suo insieme. Quello che manca agli ortodossi è l’accettazione del primato del Papa. Per quanto riguarda il resto, siamo d’accordo, ci sono molte ricchezze che possono servire da punto di partenza, queste devono esser tenute in considerazione ma non possiamo fermarci lì.

Riguardo al giudaismo lei condivide la formula venuta fuori dal Concilio che presenta gli Ebrei come "i nostri fratelli maggiori" ?

Mgr Fellay : L’espressione può essere presa in due modi diversi, è pertanto ambigua. Il primo cottetto, l’altro non corretto. La Sacra Scrittura è formata dall’Antico e dal Nuovo Testamento. Tutto quello che Dio ha trasmesso al popolo eletto si trova nella Prima Alleanza. Ma questa è stata sostituita dalla Nuova Alleanza, la Buona Novella, insomma dal Vangelo. Noi, in quanto cattolici abbiamo il tutto. L’antico e il nuovo. Gli Ebrei restano fedeli all’Antico Testamento ma è avvenuto qualcosa di nuovo mentre il giudaismo si è fermato a quel punto. Ma questo qualcosa di nuovo è l’essenziale: è la venuta del Messia. Gli Ebrei sono nostri fratelli maggiori nella misura in cui possediamo cose in comune. Ma dobbiamo dire che quello che abbiamo in comune non potrà essere sufficiente per la loro salvezza.

Gérard Leclerc : [...] Coltivate la speranza che Roma riabiliti la memoria di Mons. Lefebvre. Che può dire a tal proposito ?

Mgr Fellay : Mons. Lefebvre ha indicato un problema alla Chiesa ed è per questa ragione che è stato condannato. Non si è voluto approfondire questo problema. Diceva infatti : "Attenzione, c’è una crisi nella Chiesa ! Dobbiamo assolutamente individuarne le cause !" La difficoltà resta praticamente totale ancora oggi poiché la Chiesa vuole attribuire i problemi esistenti al mondo esterno, all’ambiente. Questo è vero solo in parte.

Gérard Leclerc : Purtroppo Mons. Lefebvre è stato artefice di una divisione ecclesiale. Eppure ricordo quanto mi fu detto dal cardinal Thiandoum, suo successore a Dakar. E dallo stesso formato. Non dobbiamo dimenticare che fu lo stesso mons. Lefebvre a creare le conferenze episcopali nell’Africa occidentale. Ma non solo Thiandoum ne riconosceva i grandi meriti e il debito che aveva nei suoi confronti. Ricordo anche quanto mi fu detto da padre Albert Chapelle, un grande gesuita, consigliere del Cardinal Lustiger, in momenti difficili : "Mons. Lefebvre è stato indubbiamente un grande vescovo missionario." Ed anche il cardinal Lustiger ha avuto parole di apprezzamento fraterno nonostante le divergenze profonde. Ritengo che grandi autorità all’interno della Chiesa abbiano sempre riconosciuto a mons. Lefebvre la volontà di servire la Chiesa stessa. Dovremmo considerare il tutto con maggiore giustizia. Detto questo però non possiamo che deplorare fortemente la polemica nella quale coinvolse i pontefici. Questa rischiava di sminuire certamente il messaggio ecclesiale. Aprendo una piaga che continua a sanguinare ancora oggi. Il riavvicinamento con Roma le sembra unicamente dottrinale ? Non crede che possa comportare anche una posta in gioco spirituale ?

Mons. Fellay : A una dottrina chiara deve seguire la vita morale e spirituale. L’entusiasmo fa seguito alla conoscenza. Se si riesce a ridare chiarezza su molteplici punti, si potrà arrivare ad un rinnovamento nel mondo. E quello che si fa attualmente potrà essere proficuo per tutto il mondo. Dobbiamo pregare intensamente al fine di ottenere che queste discussioni siano di beneficio per tutta la Chiesa. Non si tratta di chi vincerà o chi perderà. Non siamo altro che poveri e piccoli esseri umani, le nostre vite finiranno. Dovremo rispondere davanti al Buon Dio di quanto abbiamo fatto. L’essenziale per me, è che Nostro Signore sia amato, lodato, glorificato e adorato. Deve essere la finalità di ogni uomo e di tutta la vita cristiana.

Pensa di poter vedere con i suoi occhi questa piena comunione?

Mons. Fellay : Io, noi, ci siamo sentiti sempre del tutto membri della Chiesa. Quanto al resto, spero di riuscire nel mio intento! Ma è il Buon Dio che decide. Il successo di una tal opera, non ha valenza umana, si tratta di un bene sopranaturale che viene da Dio stesso. Io non sono altro che uno strumento. Il successo verrà quando Dio lo vorrà. Credo fermamente che le forze del male non prevarranno contro la Chiesa. So benissimo che la Chiesa continuerà ed è per questa ragione che aderisco ad essa nonostante tutte le pene che ne ricevo. Io amo profondamente questa Chiesa anche se da Essa ricevo tante percosse!

Gérard Leclerc : Ritengo che si debba cambiare il clima e non solo nel dibattito teologico. Me ne rendo conto non fosse altro per le polemiche alle quali ho dovuto partecipare in questi ultimi giorni. Si deve ritrovare una certa serenità senza colpevolizzare l’altro, soprattutto con falsi pregiudizi. E questo si potrà fare solamente nella docilità allo Spirito Santo. Cosa si attende dai cattolici francesi ?

Mons. Fellay : Mi attendo molto! Primariamente che crescano nell’amore per il Buon Dio e nel Suo servizio. La comunione dei santi fa in modo che ogni buona azione compiuta nella Chiesa sia di profitto per tutti. Quando qualcuno si santifica nella Chiesa ne guadagna tutto il corpo mistico. Mi aspetto che tutti noi viviamo meglio questa comunione dei santi e tutto il resto seguirà di conseguenza. Il momento è grande. La vocazione universale alla santità è giustamente una delle basi se non la cosa più importante che ci ricorda il Concilio.

Da Messainlatino.it


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