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Viaggi pastorali in Italia

Ultimo Aggiornamento: 06/10/2012 20:47
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04/06/2012 16:38
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4/06/2012

Tre giorni di serenità ma ora tornano i “corvi”


RITORNO IN VATICANO
Oltretevere continua la guerra: “Usciranno altri documenti riservati”

ANDREA TORNIELLI
MILANO

Il giorno dell’abbraccio con un milione di persone che hanno trascorso la notte all’addiaccio o si sono incamminate all’alba dai quartieri più lontani verso il parco di Bresso, per il Papa è anche il giorno della nuova minaccia del «corvo».

Le ultime ore della visita, con la messa conclusiva e il bagno di folla, non consentono all’entourage papale di fermarsi a pensare all’ultimo – ma solo in senso temporale – avvertimento di chi ha gestito la fuga delle carte riservate, che torna a farsi sentire con un ultimatum dalle pagine del quotidiano La Repubblica. Due lettere con intestazione, data e firma del segretario del Pontefice, don Georg Gänswein, ma senza il contenuto, che la talpa preannuncia sarà reso disponibile nel caso Ratzinger non si decida ad allontanare i suoi più stretti collaboratori. Ma nonostante l’evidente salto di qualità nella gestione dei vatileaks, operazione che appare ogni giorno di più governata da una regia raffinata per colpire al cuore gli uomini più vicini al successore di Pietro, le tensioni non arrivano a lambire l’appuntamento finale della trasferta milanese.

La sera di sabato, quando ormai l’oscurità aveva coperto ogni più pallido rossore del tramonto al parco di Bresso, dopo una giornata densa di appuntamenti faticosi, il Papa aveva risposto a braccio alle domande delle famiglie, sapendo essere preciso, conciso e incisivo. Senza un testo preparato, nel dialogo diretto, aveva dato il meglio di sé, la migliore delle risposte a quanti continuano a parlare di sue possibili dimissioni. E ancora ieri mattina, nonostante la fragilità dei suoi 85 anni e il fastidio all’anca che non gli permette di far lunghi percorsi a piedi rivestito dei paramenti pontificali, eccolo affacciarsi sorridente dentro la papamobile tra due ali di folla, mentre percorre in lungo e in largo la grande spianata dell’aeroclub trasformato in una gigantesca cattedrale a cielo aperto. Benedice, saluta e lungo il percorso si fa passare nell’abitacolo dai gendarmi vaticani diversi neonati, per dar loro un bacio.

La visita di tre giorni a Milano, per Benedetto XVI è un successo al di là delle cifre sulle presenze, della buona riuscita organizzativa e persino del clima atmosferico, con cielo coperto senz’afa, che ha ridotto drasticamente malori e svenimenti. È un successo innanzitutto per lo spettacolo dei volti di chi si è sottoposto a piccole o grandi fatiche per venire fin qui a vederlo, rispettando in rigoroso silenzio ogni momento essenziale della messa, per poi esplodere in una standing ovation alla fine di tutto. Volti come quello di Karina, originaria di Lima, da vent’anni in Italia, agente di commercio. Sventola una grande bandiera del Perù: «Tutto questo è emozionante, si percepisce un amore grande, si sente che tutto questo viene da Gesù. Si vede quanto bene vogliamo al Papa. Il messaggio che parte da qui è positivo e bello…».

All’incontro delle famiglie, Kingsly Perera, cinquantasettenne che lavora per una società di autotrasporti ma da cinque mesi è bloccato a causa di un grave incidente, è venuto senza la famiglia. I suoi cari sono rimasti tutti nello Sri Lanka: «Volevo essere qui, quanto stiamo vivendo è importante per tutto il mondo». C’è il volto emozionato di Pia, milanese acquisita con origini meridionali. A Bresso è venuta per cercare risposta ai suoi «mille dubbi». Lavora in un’agenzia di scommesse sportive. Abituata a stare da sola, è rimasta colpita dal clima positivo che si respira: «Mi sono commossa, ho preso anche la comunione…». I veleni dei vatileaks appaiono distanti anni luce. Ma anche il popolo riunito a Bresso è cosciente del momento delicato che Benedetto XVI deve attraversare. A Jandiro, una colf boliviana da pochi anni in Italia, chiediamo se ne ha sentito parlare: «Sì, povero Papa! Il diavolo c’è sempre. E dove c’è il bene, c’è sempre il male in azione».


L’affetto dei fedeli ha consolato Ratzinger in un momento difficile. Lui ha incoraggiato e sostenuto non «la famiglia normale», ma le famiglie concrete, in carne e ossa, che da ogni parte del mondo hanno accettato il suo invito. Non ha lanciato anatemi. Ha parlato per tre giorni di famiglia senza mai pronunciare le parole «aborto», «eutanasia» o «coppie di fatto». È stato sempre positivo e incoraggiante. Come sabato sera, quando ha parlato della sua esperienza di vita familiare. «Se cerco di immaginare come sarà in paradiso – ha detto – mi sembra sempre il tempo della mia giovinezza, della mia infanzia. Così, in questo contesto di fiducia, di gioia e di amore eravamo felici e penso che in paradiso dovrebbe essere simile a come era nella mia gioventù. In questo senso spero di andare “a casa”, andando verso l’ “altra parte del mondo”».

Ma è tempo di far ritorno in Vaticano dove l’attendono giorni difficili, nel clima dei palazzi d’Oltretevere, che a leggere le carte del «corvo» assomigliano ben poco a quel paradiso di concordia di cui l’anziano Papa bavarese sente così tanta nostalgia.


Papa Ratzi Superstar









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