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Ultimo Aggiornamento: 19/10/2015 04:06
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13/02/2009 19:30
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Dal blog di Lella...

QUEL PONTE DEL DIALOGO CHE HA TROPPI NEMICI

di GENNARO ACQUAVIVA

LA CONFERMA del prossimo viaggio del Papa in Israele, venuta per bocca dello stesso protagonista, è sicuramente una notizia importante: per il momento in cui viene data e forse più per gli interlocutori a cui Benedetto XVI l’ha voluta comunicare. Ma è anche una buona notizia, perché consente alla Santa sede di diradare quella cappa di ambiguità che si era di recente addensata su di essa e su alcuni dei suoi massimi dirigenti, sfiorando anche lo stesso Pontefice.
Sarà possibile, ed anche più utile, tornare a parlare di questo viaggio del Capo della cattolicità quando ne conosceremo l’itinerario e soprattutto gli interlocutori programmati ed i luoghi prescelti per la visita, oltre quelli “canonici”.
Forse oggi può servire di più cercare di comprendere cosa questo annuncio sembra voler far intendere a tutti: nel segno naturalmente del desiderio vivissimo di Papa Benedetto di procedere in pace nel cammino così proficuamente avviato della sua testimonianza di fede e della sua predicazione universale, centrata sulla figura del Cristo.
C’è innanzitutto la volontà di chiudere definitivamente l’incidente, nato con la remissione della scomunica al movimento lefebvriano; e questo taglio netto sulla “melina” che ha accompagnato per diversi mesi la fissazione della data, e quindi la conferma della visita, sembrerebbe confermarlo in pieno. C’è, in secondo luogo, la sottolineatura della particolare sensibilità che, da sempre, è nel cuore del Papa tedesco rispetto al delicato argomento della Shoa. Ratzinger si è probabilmente sentito toccare nel profondo dalle parole e dai comportamenti di molti ebrei che hanno parlato sul caso Williamson. Non si può non vedere, infatti, nell’attenzione che egli ha dedicato alle conseguenze di quella vicenda come, ad esempio, nella risposta che ha voluto dare al cancelliere Merkel un tratto personale che è spia della sua sensibilità profonda sull’argomento, espresso nel suo umanissimo dolore.
C’è infine la constatazione che i caratteri innovativi assunti dalla partita, diciamo così, cultural-religiosa inaugurata con l’avvento di questo Papa-teologo, hanno ormai raggiunto un livello di asprezza e di radicalità difficilmente paragonabile con il tempo recente, almeno se guardiamo agli ultimi trent’anni.

In riferimento al caso lefebvriano, gli errori, anche puerili, gli uffici della Santa sede ne hanno certamente commessi non pochi; oltre alla colpevole lentezza e banalità della reazione, basti richiamare il fatto che solo una gran bella dose di ingenuità poteva consentire di ignorare che il giorno stabilito per rendere pubblica la remissione papale della scomunica, era anche quello dedicato alla memoria delle ignominie naziste.

Ma a queste (sante) stupidaggini si sono certamente sovrapposte una serie di dubbie coincidenze che hanno visto protagonista l’ignoto vescovo scismatico Williamson ed anche i suoi, altrettanto ignoti, epigoni riminesi.

A chiunque fosse in buona fede è apparso infatti evidente che la montatura scandilistica che è immediatamente seguita all’esplodere del caso, il suo essere richiamato e riecheggiato in giro per il mondo come un tam-tam irrefrenabile, fosse anche mossa, e corposamente alimentata, da un desiderio di colpire e comunque di sporcare il Papa, dalla volontà di denigrare e quindi di dividere la comunità dei credenti, cercando di assestare ad entrambi, in quel momento, un bel colpo dove essi apparivano più vulnerabili.
Il pellegrinaggio di Benedetto XVI a Gerusalemme è, dunque, anche da questo punto di osservazione, una giusta ed opportuna iniziativa che, ripeto, sarà anche utile per diradare le ipocrisie e le ambiguità che si erano improvvisamente addensate sulla Sede apostolica.

Ma rimane il punto che ho prima richiamato: in questa circostanza, ma non è la prima volta, abbiamo visto in azione un vasto e ramificato mondo di opposizione non solo al cristinesimo ma soprattutto ai suoi testimoni; esiste ed è viva ed attivissima una ramificata realtà di contrasto alla predicazione di questo Pontefice che ha dimensione massiccia e qualità alta.

Certo alla Chiesa non mancano le promesse divine, iscritte a caratteri cubitali anche dentro la Cupola di San Pietro; non manca il ricordo al richiamo del “non prevalebunt” che campeggia nel frontespizio dell’Osservatore Romano, messe lì a ricordo di ben altra stagione storica e politica. Ma capire di più ed attrezzarsi al meglio non è certamente inutile: anzi può diventare la carta decisiva.

© Copyright Il Messaggero, 13 febbraio 2009


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