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Ultimo Aggiornamento: 19/10/2015 04:06
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17/02/2009 16:04
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Mons. Fisichella : il rischio della "deriva genetica" non è solo teorico. Presentato il Congresso sul tema della Pontificia Accademia per la Vita


Verificare se all’interno della sperimentazione genetica siano presenti aspetti che attuano di fatto un’azione eugenetica. E' l’obiettivo del Congresso internazionale incentrato sul tema “Le nuove frontiere della genetica e il rischio dell’eugenetica” che si terrà venerdì e sabato prossimi in Vaticano. L'avvenimento, promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita, è stato presentato stamani nella Sala Stampa della Santa Sede. Alla conferenza stampa hanno partecipato l'arcivescovo Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, mons. Ignacio Carrasco de Paula, cancelliere del medesimo dicastero, e il prof. Bruno Dallapiccola, docente di Genetica medica all’Università “La Sapienza” di Roma. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

Le conquiste genetiche - ha detto mons. Fisichella - appartengono al costante e spesso frenetico progresso tecnologico che sembra non avere più confini: oggi è possibile la mappatura di migliaia di geni che permettono la conoscenza di diverse tipologie di malattie e viene offerta spesso la concreta possibilità di superare la patologia ereditaria. Ma ogni conquista scientifica porta sempre con sé, inevitabilmente, quello sguardo bifronte che mostra la bellezza e insieme la tragicità. Diversi progetti in ordine scientifico, biologico e politico - ha spiegato mons. Fisichella - comportano “un giudizio etico, soprattutto quando si vuole sostenere che si attua un’azione eugenetica in nome di una ‘normalità’ di vita":

“Questa mentalità certamente riduttiva, ma presente, tende a considerare “che ci siano persone che hanno meno valore di altre, sia a causa della loro condizione di vita quali la povertà o la mancanza di educazione, sia a causa della loro condizione fisica: ad esempio i disabili, i malati psichici, le persone in cosiddetto ‘stato vegetativo’, le persone anziane con gravi patologie”.

“Un sottile formalismo linguistico unito a una buona pubblicità sostenuta da grandi interessi economici - ha osservato mons. Fisichella - fa perdere di vista i veri pericoli sottesi e tende a creare una mentalità non più in grado di riconoscere l’oggetivo male presente e formulare un giudizio etico corrispondente”. Il rischio di una deriva della genetica - ha aggiunto - non è solo un richiamo teorico, ma appartiene purtroppo a una mentalità che tende lentamente, ma inesorabilmente, a diffondersi. Mons. Ignacio Carrasco de Paula ha poi ricordato l’obiettivo principale del Congresso:

“L’obiettivo principiale è di richiamare l’attenzione di tutti sui notevoli benefici che possiamo ottenere dalla ricerca genetica se - come sembra corretto e auspicabile - vengono indirizzati verso di essa sia l’impegno dei ricercatori che gli investimenti pubblici e privati, superando la tentazione delle apparenti scorciatoie proposte dalla eugenetica”.

Il professor Bruno Dallapiccola si è soffermato sulle conseguenze legate alla conoscenza del genoma umano: molte conoscenze mediate dalla genetica prima di essere sperimentate - ha affermato - vengono trasferite al “mercato della salute e sono proposte agli utenti al di fuori dei protocolli” con i quali la medicina dovrebbe avvicinarsi alle innovazioni diagnostiche. Il riconoscimento della variabilità biologica aiuta comunque a guardare “ad ogni paziente non più come ad un numero e neppure come ad un semplice prodotto del codice genetico, ma - ha aggiunto il prof. Dallapiccola - come ad una persona”:

“C’è una grande ammirazione per questo progresso scientifico che veramente sta cambiando la vita. La comprensione delle basi biologiche delle malattie ci consente di migliorare gli approcci diagnostici. Ma naturalmente servono prudenza e cautela nell’uso perché non tutto ciò che viene venduto come 'oro colato' effettivamente può fare il bene dell’umanità”.

Rispondendo alle domande dei giornalisti, mons. Fisichella ha infine sottolineato come il pensiero della Chiesa, anche su temi legati all’inizio e alla fine della vita, non debba mai essere emarginato:

“Perlomeno in una società democratica laica, le istanze che sono presenti sul territorio devono essere non soltanto sentite. Il legislatore stesso dovrebbe avvertire l’esigenza di sentire le varie istanze per cercare di arrivare a formulare poi una legislazione che sia più possibile conforme a quella società pluralistica nella quale anche i cattolici si trovano”.






www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=705&set...

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Gerhard Wagner: troppo conservatore per essere vescovo

feb 17, 2009 il Riformista

di Paolo Rodari

È dall’episcopato austriaco, oltre che tedesco e francese, che sono arrivate nelle scorse settimane le critiche più aspre alla decisione del Papa di revocare la scomunica ai lefebvriani (un caso ancora non risolto: ieri, infatti, è intervenuto il superiore della Fraternità San Pio X, monsignor Bernard Fellay, a chiedere «chiarimenti urgenti» sulla revoca e sulla reintegrazione nella Chiesa Cattolica). Tra le critiche austriache, quella del vescovo di Salisburgo, Alois Kothgasserm, il quale senza mezzi termini ha detto che con Papa Ratzinger la Chiesa «si sta riducendo a una setta».

Parole gravi, in merito alle quali, il presidente della Conferenza episcopale austriaca, il cardinale Christoph Schönborn, non ha preso alcun provvedimento.

E, sempre Schönborn, nessun provvedimento ha pensato di prendere nelle scorse ore a seguito della notizia che riguarda un altro suo confratello, il vescovo Gerhard Wagner. Questi, soltanto due settimane fa (il 31 gennaio), era stato nominato dal Papa vescovo ausiliare della diocesi austriaca di Linz. Un po’ come è avvenuto con Richard Williamson, Wagner, appena nominato, ha subìto da parte dei media del suo paese una serie violentissima di accuse per colpa di alcune sue vecchie dichiarazioni. Se nel caso Williamson le dichiarazioni contestate erano quelle negazioniste sulla Shoah, qui a essere sotto torchio sono quelle che Wagner dedicò tempo addietro al ciclone Katrina che distrusse New Orleans e alla saga di Harry Potter (proprio così: alla saga di Harry Potter). Nel 2001 Wagner aveva messo in guardia i giovani dalla lettura dei romanzi del ciclo di J. K. Rowling perché, a suo dire, portano a forme di «satanismo». Mentre, nel 2005, il presule (allora era ancora un semplice sacerdote) disse apertamente che l’uragano Katrina era una sorta di punizione divina per l’immoralità di New Orleans: «Non per caso - spiegò - sono state distrutte le cinque cliniche dove si pratica l’aborto e i postriboli». «La catastrofe naturale - si chiese ancora Wagner - non è forse la conseguenza di una catastrofe spirituale?».
Le accuse a Wagner sono montate giorno dopo giorno. Sui media austriaci il caso ha avuto sempre più spazio. I giornali lo hanno bollato come “ultraconservatore”, etichetta che in certi Paesi pesa come una maledizione.

E, di fatto, visto anche il silenzio in merito dei suoi confratelli vescovi, hanno obbligato il presule alle dimissioni.

Poche ore fa, infatti, Wagner ha deciso di rinunciare all’incarico affidatogli da Roma: «Alla luce delle pesanti critiche - ha detto - ho deciso, dopo preghiere e un consulto con il vescovo, di chiedere al Santo Padre di ritirare la mia nomina». Così, ha detto, «mi potrò sentire più leggero in confronto alle scorse notti».

Questo sta succedendo alla Chiesa: mentre presuli e porporati possono liberamente attaccare il Pontefice per la revoca della scomunica ai lefebvriani, un presule ausiliare (dunque un monsignore che svolge semplicemente una funzione di supporto a quella del vescovo titolare) deve dimettersi per dichiarazioni rese in passato sui romanzi di Herry Potter e sull’uragano Katrina.

Dichiarazioni (soprattutto quelle su Katrina) gravi ma che, rilasciate tempo addietro a dei media in modo estemporaneo, non dovrebbero costringere un vescovo appena eletto a dimettersi.
In Vaticano si è indecisi sul da farsi. Anche se, secondo l’agenzia di stampa cattolica Kathpress, la Santa Sede avrebbe già acconsentito alla richiesta di Wagner, pare che le cose siano ancora in stand by. Da una parte c’è chi ritiene che non sia possibile che la congregazione dei vescovi non fosse a conoscenza, prima della nomina, delle dichiarazioni rese in passato da Wagner. E, quindi, c’è chi pensa che, avendo giudicato Wagner eleggibile, ora non si debba fare passi indietro e, anzi, occorra non accettare la richiesta di dimissioni. Dall’altra, c’è chi fa notare come non soltanto i media, ma anche la leadership dell’episcopato austriaco stia mantenendo una condotta parecchio critica nei confronti di Wagner e, dunque, per non provocare tensioni all’interno dell’episcopato, occorra accettare la volontà espressa dal presule.
Ieri pomeriggio Schönborn ha convocato una riunione straordinaria dei vescovi per parlare del caso. In questa sede nessuno l’ha difeso.
Anzi, il documento finale dell’assise di fatto sconfessa la scelta di Roma di nominarlo vescovo e, incredibilmente, chiede che il Vaticano (e quindi il Papa) faccia proprio un migliore processo di scelta ed esame nelle nomine episcopali. I vescovi hanno scritto che non vogliono un ritorno ai tempi del Kaiser, quando era l’imperatore a scegliere i vescovi. E nemmeno un balzo in una sorta di democrazia ecclesiastica, ma più che altro che prima che le decisioni del Papa vengano prese vi siano «fondamenti affidabili e ampiamente provati sui quali egli possa appoggiarsi». Si sente, dietro queste parole, il disappunto austriaco sul caso Williamson, e, insieme, si avverte un certo malcontento contro l’attuale governo vaticano.

Nei prossimi mesi in Austria vi saranno parecchie nomine importanti e l’episcopato, con le parole scritte nel comunicato, ha lanciato un messaggio inequivocabile a Roma.

Nella Curia romana, coloro che ritengono che non si debbano accettare le dimissioni di Wagner pensano che si debba mandare un segnale forte diretto alla leadership dell’episcopato austriaco. Un segnale che faccia capire chi è che comanda. Un segnale che arrivi sia alle orecchie del nuovo nunzio, l’arcivescovo Peter Stephan Zurbriggen, sia a quelle di Schönborn, un porporato considerato più ratzingeriano di Ratzinger.

© Copyright Il Riformista, 17 febbraio 2009


Papa Ratzi Superstar









"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
17/02/2009 18:30
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Papa/ Vescovi austriaci in rivolta,via ultraconservatore Wagner

Dimissioni, non ancora accolte, prima di riunione crisi a Vienna

Città del Vaticano, 16 feb. (Apcom)

Dal Vaticano non arriva nessuna conferma, ma le dimissioni del vescovo ausiliare di Linz, in Austria, appaiono ormai come l'irrevocabile conseguenza di quella che somiglia ad una rivolta dell'episcopato austriaco nei confronti del Papa tedesco.
Cinquantaquattro anni, Gerhard Maria Wagner era stato nominato lo scorso 31 gennaio dal Papa, suscitando, subito, le proteste di fedeli, sacerdoti e anche del Capitolo del Duomo di Linz. Il personaggio era infatti noto. Prete della parrocchia di Windischgarsten, le sue posizioni ultraconservatrici lo avevano proiettato sul proscenio dei mass media internazionali.

omissis

Ce n'era abbastanza per un malumore che è montato tra preti e fedeli austriaci al momento della sua promozione a vescovo. In segno di polemica, alcune decine di fedeli hanno abbandonato le chiese di Linz. "Se qualcuno nei giorni scorsi ha voltato le spalle alla Chiesa, vorrei invitarlo a tornare in ragione della fede nella comunità della Chiesa", afferma oggi il vescovo della cittadina austriaca, Ludwig Schwarz.
La perplessità si è andata poi a sommare alla sorpresa suscitata, in Austria, dalla revoca decisa dal Papa della scomunica ai lefebvriani. E così il cardinale Christoph Schoenborn, arcivescovo di Vienna, e il vescovo Egon Kappellari, entrambi amici di Ratzinger, si sono precipitati a Roma, la scorsa settimana, per convincere il Papa della necessità di una svolta. Consultazioni culminate in una riunione straordinaria dell'episcopato austriaco che si è svolta oggi a Vienna per affrontare la "crisi". "E' fuori questione - affermano i vescovi nel comunicato finale - che al Papa spetta la libera nomina dei vescovi. I vescovi non desiderano alcun ritorno al passato, nel quale - come accadeva nel 1918 - era il Kaiser a nominare i vescovi. Né un 'voto popolare' dei vescovi eviterebbe conflitti e partigianerie". I presuli, tuttavia, sottolineano che "prima che il Santo Padre prenda l'ultima decisione, ci devono essere fondamenti affidabili e ampiamente provati sui quali egli possa appoggiarsi".
Memori delle polemiche sollevate da alcune nomine episcopali di Wojtyla, e in vista di una serie di pensionamenti imminenti, evidenziano che "i fedeli attendono con ragione che il processo nella ricerca dei candidati, l'esame delle proposte e l'ultima decisione venga presa accuratamente e con sensibilità pastorale".
Monsignor Wagner, da parte sua, assicura di aver rassegnato le dimissioni - non ancora accolte dal Papa - di sua spontanea volontà e "nell'interesse e per il bene della Chiesa". Il sacerdote precisa di aver sentito fin dall'annuncio della sua nomina una diffusa "resistenza" che - "a essere sincero" - si è espressa "con modalità prive di amore e di misericordia". Il suo superiore, il vescovo di Linz, getta acqua sul fuoco. "L'immagine di vincitori e perdenti in questo momento non serve affatto", afferma, specificando che sulla scelta del suo ausiliare adesso è il momento di prendere una "pausa".
Nel Pontificato di Ratzinger c'è solo un precedente a questa decisione: quando, nel gennaio 2007, monsignor Stanislaw Wielgus, arcivescovo di Varsavia, fu costretto a poche ore dall'insediamento ufficiale in diocesi perché accusato di aver collaborato con i servizi segreti durante il periodo sovietico.
Tra Roma e Vienna, ad ogni modo, la tensione resta alta. I vescovi austriaci assicurano "stretta collaborazione" agli uffici vaticani responsabili delle nomine dei vescovi. E, tornando sull'affaire lefebvriani, auspicano - come già aveva fatto Schoenborn - "che si riescano a migliorare gli insufficienti processi comunicativi anche in Vaticano, in modo che il servizio universale del Papa non venga coperto da ombre".
I seguaci di Lefebvre? Gli è stata revocata la scomunica, ma non per questo sono "automaticamente" rientrati nella Chiesa, puntualizzano. Per essere ammessi devono "ovviamente" accettare il Concilio vaticano II.
Risponde, a distanza, il superiore dei lefebvriani.
Un consenso dottrinale col Papa "sembra difficile" a mons. Bernard Fellay. "Certo, abbiamo l'impressione che sia vicino a noi sulla questione liturgica", spiega in un'intervista al quotidiano svizzero 'Le Nouvelliste'. "D'altro canto tiene molto profondamente alle novità del Concilio vaticano II".
Poi lancia la sfida. "Nel momento in cui si parla di ritorno alla piena comunione, forse, in effetti, il Papa si sta domandando chi, tra certi vescovi e noi, è più vicino a lui".

© Copyright Apcom


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"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
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Etica e genetica, un'alleanza auspicabile


Presentato il prossimo Congresso della Pontificia Accademia per la Vita





CITTA' DEL VATICANO, martedì, 17 febbraio 2009 (ZENIT.org).- “Etica e genetica, un'alleanza auspicabile” è il punto centrale dell'intervento pronunciato questo martedì mattina in Vaticano da monsignor Ignacio Carrasco de Paula, Cancelliere della Pontificia Accademia per la Vita, durante la conferenza stampa di presentazione del Congresso “Le nuove frontiere della genetica e il rischio dell’eugenetica”, che si svolgerà il 20 e il 21 febbraio.

L’incontro intende esplorare, da un lato, l’importanza della ricerca medica nel campo della genetica ai fini del progresso della medicina; e dall’altro porre in luce le possibili derive dello sviluppo della genetica moderna, in particolare la cosiddetta “eugenetica”, volta ad ottenere l’essere umano perfetto, contravvenendo in alcuni casi a principi etici inderogabili come il rispetto della vita umana e la non discriminazione.

Monsignor Carrasco ha sottolineato che tra le grandi scoperte di questi inizi di un nuovo millennio un posto di “assoluta rilevanza” è occupato dal Progetto del Genoma Umano (HGP), nato nel 1990 e che in soli tredici anni ha portato alla mappatura dell’intero patrimonio genetico dell’uomo, aprendo “una promettente e affascinante prospettiva per le scienze biomediche e in particolare per la medicina preventiva”.

“Meno conosciuto – ha commentato – risulta invece, almeno in Europa, un altro progetto di ricerca partito in contemporanea nello stesso anno 1990 e intitolato ELSI, un acronimo che sta a indicare lo studio delle implicazioni etiche, legali e sociali correlate alle scoperte ed eventuali applicazioni derivate dal HGP”.

“Se per la medicina, e non solo per essa, la conoscenza del genoma umano è assolutamente essenziale, altrettanta importanza riveste l’individuazione delle conseguenze etiche, legali e sociali”, ha spiegato il presule.

Monsignor Carrasco ha quindi evidenziato alcuni potenziali pericoli come “l’utilizzo in ambito lavorativo (selezione del personale), assicurativo, bancario (crediti), la protezioni dei dati da conservare nelle banche genetiche, e soprattutto il possibile cattivo uso discriminatorio di informazioni genetiche, in particolare nell’ambito della eugenetica”.

L’eugenetica, ha osservato, “rappresenta oggi la principale strumentalizzazione discriminatoria delle scoperte della scienze genetica”.

E' proprio questo il punto che il Congresso si propone di esplorare, pur ricordando che l’obiettivo principale è “richiamare l’attenzione di tutti sui notevoli benefici che possiamo ottenere dalla ricerca genetica se, come sembra corretto e auspicabile, vengono indirizzati verso di essa sia l’impegno dei ricercatori che gli investimenti pubblici e privati, superando la tentazione delle apparenti scorciatoie proposte dall'eugenetica”.

Dal canto suo, il professor Bruno Dallapiccola, docente di Genetica Medica presso l’Università “La Sapienza” di Roma, ha riconosciuto durante la presentazione del Congresso che “se da un lato non si può non essere affascinati da questo progresso scientifico, dall’altro lato si deve prendere coscienza che la società è impreparata ad affrontare e a governare la mole delle informazioni prodotte e non sembra pronta a renderle fruibili a beneficio dell’uomo, avendone compreso e valutato tutto l’impatto a livello del singolo e della popolazione”.

“Nonostante questi limiti”, ha lamentato, “molte conoscenze mediate dalla genetica, prima di essere sufficientemente sperimentate e validate, vengono trasferite al mercato della salute e sono proposte agli utenti al di fuori dei protocolli e delle cautele con i quali la Medicina dovrebbe avvicinarsi alle innovazioni diagnostiche e tecnologiche”.

La diffusione delle analisi genomiche, ha aggiunto, è destinata anche a trasformare la figura del medico. Lo sviluppo della medicina di laboratorio e delle indagini strumentali, infatti, ha già modificato drasticamente negli ultimi 50 anni la professione del medico di famiglia, “che, con il tempo, ha ridotto l’attitudine a visitare il paziente, a dialogare con lui e ad ascoltarlo, a favore di una crescente propensione alla prescrizione di indagini strumentali e di laboratorio spesso di discutibile utilità”.

“L’era postgenomica rischia di produrre un’ulteriore involuzione della figura del medico, destinato, forse, a diventare un ‘genomicista’, cioè un addetto alla interpretazione dei dati sofisticati che escono da qualche strumento di elevata tecnologia”, ha avvertito.

Il professor Dallapiccola ha anche messo in guardia contro “ogni tentativo di semplificazione di un progetto che, per la sua stessa natura, è molto complesso”, che significa “fare un cattivo uso della Genetica”.

Per questo, sostiene che si debba essere “critici tanto nei confronti dei ‘riduzionisti’, che ritengono che il sequenziamento del genoma umano sia sufficiente a chiarire il senso della vita umana, quanto nei confronti dei ‘deterministi’, che credono di riuscire a predire, solo attraverso la lettura del DNA, il destino biologico di una persona”.

“I progressi della Genetica stanno chiarendo i meccanismi che sono alla base della variabilità tra le persone e questo, in un’epoca di disumanizzazione della Medicina, rappresenta un valore che necessita di essere apprezzato, perché è proprio il riconoscimento di quella variabilità biologica ad aiutarci a guardare ad ogni paziente non più come ad un numero, all’interno di un protocollo, e neppure come ad un semplice prodotto del codice genetico, ma come ad una persona”, ha osservato.


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Il Cardinale Crescenzio Sepe incontra il Patriarca Bartolomeo I



ISTANBUL, mercoledì, 18 febbraio 2009 (ZENIT.org).- L'Arcivescovo di Napoli, il Cardinale Crescenzio Sepe, è stato ricevuto questo martedì in udienza dal Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, che ha apprezzato i suoi sforzi e quelli dei vari movimenti cattolici per promuovere l'unità tra i cristiani, secondo quanto ha reso noto l'Arcidiocesi napoletana.

L'incontro è avvenuto a mezzogiorno nella Sala del Trono del Patriarcato a Istanbul. L'Arcivescovo di Napoli era accompagnato dall'Arcivescovo emerito di Campobasso, monsignor Armando Dini, dal Nunzio Apostolico in Turchia, monsignor Antonio Lucibello, e da vari membri della Comunità di Sant'Egidio.

Durante l'incontro, Bartolomeo I si è riferito alla visita di Benedetto XVI nel novembre 2006 e alla sua decisione di “andare avanti verso il comune cammino dell’unità nella speranza di vedere ricomposta al più presto la frattura fra le due Chiese sorelle”.

“Il dialogo teologico fra le nostre Chiese interrotto quasi sei anni fa – ha detto il Patriarca – è ricominciato prima a Belgrado e poi a Ravenna e continuerà nel prossimo ottobre a Cracovia. Saremo chiamati ad esaminare il tema del primato del Vescovo di Roma nel quadro della Chiesa cristiana”, ha spiegato il Patriarca.

Bartolomeo I ha anche ringraziato per il lavoro di tanti Vescovi e teologi, così come quello di alcuni movimenti, come quello dei Focolarini e della Comunità di Sant’Egidio, che lavorano per la piena unità dei cristiani.

In particolare, ha ringraziato per l'opera del Cardinale Sepe, “così pronto a contribuire all’unità dei cristiani”. Questi, a sua volta, ha invitato il Patriarca a tornare a Napoli, città che “vuole essere un ponte” con gli ortodossi.

Opera ecumenica

Il Cardinale Sepe si trova in Turchia insieme a un gruppo di cinquanta sacerdoti dell'Arcidiocesi per un pellegrinaggio nei luoghi collegati alla vita dell'Apostolo San Paolo, dal 16 al 21 febbraio.

Dalla sua presa di possesso come Arcivescovo di Napoli, nel luglio 2006, il porporato, precedentemente prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, ha portato avanti un'importante opera di promozione del dialogo ecumenico.

Nell'ottobre 2007, l'Arcidiocesi ha organizzato un Incontro Internazionale per la Pace, nel quale Benedetto XVI ha avuto occasione di incontrare Bartolomeo I e altri leader religiosi.

L'Arcivescovo di Napoli ha anche fatto visita di recente ai Patriarchi di Cipro, Chrisostomos II, e di Mosca, Alessio II, poche settimane prima della sua morte. A quest'ultimo, il Cardinale Sepe ha consegnato personalmente una lettera del Papa.

Alla vigilia di questo viaggio in Turchia, il porporato ha espresso la convinzione che “solo attraverso il dialogo e la frequentazione si può passare gradatamente da un ecumenismo di facciata a quello che si radica nel cuore di chi si incontra”.

“Il viaggio ci aiuterà ancora una volta a prendere consapevolezza dell’importanza di gettare ponti e di non alzare muri in un tempo particolarmente difficile in cui l’intolleranza e la paura di relazionarsi con mondi e culture diverse dalla nostra non possono prendere il sopravvento”, ha affermato.

“La nostra presenza a Istanbul vuole ribadire, in definitiva, la vocazione della Chiesa e della città di Napoli ad essere capitale dell’incontro e del dialogo”.

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Da Petrus

Il Direttore dell’Osservatorio astronomico di Castelgandolfo non esclude presenze aliene nel cosmo: “Gli extraterrestri? Possibile che esistano davvero e siano creature buone volute da Dio”

CITTA’ DEL VATICANO - "Si calcola che esistano 100 miliardi di galassie, ognuna con 100 miliardi di stelle. Molte di queste hanno intorno pianeti. Sono insomma alte le possibilita' che ve ne sia uno simile al nostro. È anche possibile che esistano nell'universo altre forme di vita, magari intelligenti": lo sostiene padre Jose' Funes, direttore dell'Osservatorio astronomico del Vaticano, la Specola di Castelgandolfo, in un'intervista a "Focus", mensile diretto da Sandro Boeri, nell'ambito di un dossier dedicato a "quello che si sa di Dio oggi". "Se dovessero esistere extraterrestri intelligenti, non ci sarebbero contraddizioni (ad esempio con l'unicita' della rivelazione: Dio che si fece uomo solo per noi, ndr) - prosegue padre Funes -. Questi esseri sarebbero gia' fuori dal peccato e in accordo con Dio. L'umanita' terrena sarebbe l'evangelica pecorella smarrita che Cristo vuole riportare all'ovile per farla stare con le altre 99 (le civilta' aliene, ndr)". Per il direttore della Specola vaticana, comunque, "l'universo e' finito, anche se non si possono escludere universi paralleli. Quella del Big Bang e' secondo noi l'ipotesi piu' valida finora sulla sua origine. Che tra l'altro si accorda molto bene con la figura di un Dio creatore".

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Il cardinale Arinze terrà gli esercizi spirituali per la Quaresima in Vaticano


Sarà il cardinale Francis Arinze, prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, a tenere dal primo al 7 marzo in Vaticano, nella cappella Redemptoris Mater, gli esercizi spirituali per la Quaresima alla presenza di Benedetto XVI e della Curia Romana. Tema delle meditazioni di quest’anno: “Il sacerdote incontra Gesù e lo segue”. La giornata del primo marzo inizierà con l’adorazione eucaristica, alle 18.00, cui seguirà la celebrazione dei Vespri, la prima meditazione e la benedizione. I giorni successivi saranno scanditi dalle Lodi, alle 9.00, e dall'Ora Terza alle 10.15, seguite da due meditazioni. Alle 17.00 il cardinale Arinze terrà la terza meditazione del giorno. Alle 17.45 la celebrazione dei Vespri, l’adorazione eucaristica e la benedizione. Sabato 7 marzo, dopo le Lodi, la meditazione conclusiva.


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Il Papa all'udienza generale parla di San Beda il Venerabile e prega perché l'Europa si riscopra cristiana alle radici per essere "più umana"


Curare in modo assiduo la formazione religiosa “per riprodurre in vita” ciò che si celebra nella liturgia. E’ uno degli insegnamenti per i cristiani contemporanei che Benedetto XVI ha tratto dagli scritti di San Beda il Venerabile, presentato all’udienza generale di oggi in Piazza San Pietro come “una delle più insigni figure di erudito dell’Alto Medioevo”. Con i suoi studi - ha detto fra l’altro il Papa ai circa 20 mila fedeli presenti, Beda contribuì “alla costruzione di un’Europa cristiana”. Un continente al quale Benedetto XVI ha auspicato di riscoprirsi come tale sin dalle sue antiche radici. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Teologo, biblista, liturgista, storico della Chiesa. Beda il Venerabile è l’ingegno poliedrico tipico di un’epoca - quella medievale - dove lo studioso praticava contemporaneamente e con perizia più discipline. Ma è anche un maestro di vita cristiana di grande attualità, che già 1300 anni fa invitò a permeare istituzioni e vita sociale dei valori del Vangelo. A lui - vissuto tra gli ultimi decenni del settimo secolo e i primi trenta dell’ottavo nel nordest dell’Inghilterra - si devono insegnamenti che Benedetto XVI ha detto tuttora pienamente adeguati ai vari “stati di vita” del cristiano. In particolare, ha evidenziato il Papa:

“Agli studiosi ricorda due compiti essenziali: scrutare le meraviglie della Parola di Dio per presentarle in forma attraente ai fedeli; esporre le verità dogmatiche evitando le complicazioni eretiche e attenendosi alla 'semplicità cattolica', con l’atteggiamento dei piccoli e umili ai quali Dio si compiace di rivelare i misteri del Regno”.

A coloro che invece hanno responsabilità pastorali, Beda il Venerabile suggerisce di accompagnare la predicazione con espressioni di devozione popolare - icone, processioni, pellegrinaggi - e di privilegiare l’uso “della lingua volgare”. Ai consacrati rivolge l’invito a curare l’ascesi e la contemplazione ma anche l’apostolato. Un fermento che per San Beda si traduce in un’immagine, quella di una “Chiesa industriosa”, “abbronzata - scrive - dalle fatiche dell’evangelizzazione”. Una Chiesa, ha proseguito Benedetto XVI:

“Intenta a dissodare altri campi o vigne e a stabilire fra le nuove popolazioni ‘non una capanna provvisoria ma una dimora stabile’, cioè a inserire il Vangelo nel tessuto sociale e nelle istituzioni culturali. In questa prospettiva il santo Dottore esorta i fedeli laici ad essere assidui all’istruzione religiosa (...) Insegna loro come pregare continuamente, ‘riproducendo nella vita ciò che celebrano nella liturgia’”.

Durante la catechesi, il Papa ha definito via via Beda il Venerabile esperto di Sacre Scritture, “insigne maestro di teologia liturgica”, attento storico della Chiesa della quale traccia, tra l’altro, una cronologia dei primi sei Concili ecumenici e la descrizione delle eresie che essi denunciarono. E’ autore anche di una famosa “Storia ecclesiastica dei Popoli Angli”, che lo rende “padre” della storiografia inglese, ma soprattutto – ha affermato Benedetto XVI - di una visione della Chiesa in senso pienamente cristologico, dove cioè l’Antico Testamento trova spiegazione e compimento in Cristo:

“I tratti caratteristici della Chiesa che Beda ama evidenziare sono: primo, la cattolicità come fedeltà alla tradizione e insieme apertura agli sviluppi storici, e come ricerca della unità nella molteplicità, nella diversità della storia e delle culture. (…) Secondo, l’apostolicità e la romanità: a questo riguardo ritiene di primaria importanza convincere tutte le Chiese Iro-Celtiche e dei Pitti a celebrare unitariamente la Pasqua secondo il calendario romano”.

La catechesi - tenuta per la prima volta da mesi in una Piazza San Pietro inondata di sole anche se, come sottolineato pure dal Papa, fredda e attraversata di tanto in tanti da folate di vento gelido - è stata conclusa dalla constatazione della grande diffusione che ebbero gli scritti di San Beda in varie zone dell’Europa medievale. Dunque, ha terminato Benedetto XVI:

“E’ un fatto che, con le sue opere, Beda contribuì efficacemente alla costruzione di una Europa cristiana, nella quale le diverse popolazioni e culture si sono fra loro amalgamate, conferendole una fisionomia unitaria, ispirata alla fede cristiana. Preghiamo perché anche oggi ci siano personalità della statura di Beda, per mantenere unito l’intero Continente; preghiamo affinché tutti noi siamo disponibili a riscoprire le nostre comuni radici, per essere costruttori di una Europa profondamente umana e autenticamente cristiana”.
(applausi)

Tra i numerosi saluti rivolti dal Papa ai vari gruppi nella Piazza, da rilevare quello ai fedeli dell'arcidiocesi di Brindisi-Ostuni, che hanno così ricambiato la visita pastorale compiuta da Benedetto XVI nella loro diocesi lo scorso anno. Il Pontefice ha rivolto un pensiero, fra gli altri, alle Suore Figlie di Maria Santissima dell’Orto, riunite per il Capitolo generale, e ai Chierici Regolari di San Paolo - Barnabiti. “Auspico - ha detto loro il Papa - che voi possiate testimoniare con sempre più forte ardore apostolico nella Chiesa il vostro specifico carisma paolino”.


Breve colloquio tra il Papa e il presidente della Camera dei Deputati Usa Nancy Pelosi


Al termine dell’udienza generale il Papa ha incontrato brevemente Nancy Pelosi, presidente della Camera dei Deputati degli Stati Uniti. Benedetto XVI – riferisce un comunicato della Sala Stampa vaticana – “ha colto l’occasione per illustrare che la legge morale naturale e il costante insegnamento della Chiesa sulla dignità della vita umana dal concepimento alla morte naturale impongono a tutti i cattolici, e specialmente ai legislatori, ai giuristi e ai responsabili del bene comune della società, di cooperare con tutti gli uomini e le donne di buona volontà per promuovere un ordinamento giuridico giusto, inteso a proteggere la vita umana in ogni suo momento”.





www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=706&set...

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Così hanno “suonato” Wagner

Andrea Tornielli

Qualche dettaglio in più sulla delicatissima vicenda del vescovo ausiliare di Linz, dimissionario prima ancora di ricevere la consacrazione episcopale.
Fonti ben accreditate mi confermano che la scelta di designarlo era stata presa per ovviare a un problema in diocesi, la crescente influenza dei gruppi di base (come “Noi siamo Chiesa”) e una certa evidente difficoltà del vescovo diocesano a tenere la barra a dritta.
Se ora le dimissioni di Wagner saranno accettate - e nel caso siano irrevocabili, è ovviamente impossibile costringere l’interessato a rimanere - ci troveremo di fronte a un caso di revoca di una nomina episcopale sancita dalla pressione mediatica.

Dal blog di Andrea Tornielli



Che dire... [SM=g7953] Continuino pure gli austriaci con i loro seminari vuoti!


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Papa/ Udienza in piazza, Benedetto XVI: Fa freddo, ma non piove

Siamo grati a Dio perchè almeno non piove nè nevica

Città del Vaticano, 18 feb. (Apcom)

Oggi l'udienza generale di Benedetto XVI torna all'aperto, in piazza San Pietro. "Anche se fa un po' freddo, non piove e nemmeno nevica, quindi per questo dobbiamo essere grati", ha esordito il Papa davanti a circa 15mila fedeli che, nonostante il vento pungente, si sono riuniti in piazza per assistere all'udienza generale del mercoledì, dedicata oggi alla figura di San Beda il Venerabile.

Apcom

(dato di presenze incompatibile con le immagini)



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Papa: Ritrovare le radici cristiane dell'Europa

Bisogna essere costruttori di una Europa cristiana e umana

Il vento fa volare via lo zucchetto a Benedetto XVI

Città del Vaticano, 18 feb. (Apcom)

Occorre "ritrovare le nostre radici europee cristiane ed essere così costruttori di una Europa cristiana e profondamente umana": lo chiede il Papa, durante l'udienza generale del mercoledì, dedicata alla figura di San Beda che "contribuì alla costruzione di una Europa cristiana".
"Preghiamo che anche oggi - ha detto il Pontefice concludendo, a braccio, la sua catechesi in piazza San Pietro - ci siano personalità e siamo disponibili noi stessi a ritrovare le nostre radici europee cristiane e così essere costruttori di una Europa cristiana e profondamente umana".
Beda il Venerabile fu un "erudito di grande vigore i cui scritti si diffusero in tutta Europa" e che "contribuì così in maniera molto efficace alla costruzione di un'Europa cristiana".
Il messaggio di Beda il Venerabile è ancora "attuale" per i diversi "stati di vita del cristiano", soprattutto per "gli studiosi, per i pastori, per i consacrati come anche per i laici e per i genitori". "Agli studiosi - ha aggiunto il Papa - Beda ricorda due compiti essenziali, scrutare le meraviglie della Parola di Dio per presentarle in forma attraente ai fedeli ed esporre le verità dogmatiche evitando le complicazioni eretiche e attenendosi alla 'semplicità cattolica'. I pastori, a loro volta, devono dare la priorità alla predicazione, valorizzando anche icone, processioni e pellegrinaggi. Alle persone consacrate Beda raccomanda di curare l'apostolato, sia collaborando con i Vescovi in attività pastorali di vario tipo a favore delle giovani comunità cristiane, sia rendendosi disponibili alla missione evangelizzatrice presso i pagani, fuori del proprio paese".

All'inizio dell'udienza generale in piazza San Pietro si è verificato un fatto simpatico: il vento ha fatto volare via lo zucchetto bianco del Papa che è così rimasto senza copricapo per tutta l'udienza. [SM=g1782469] [SM=g1782471]

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VATICANO: PELOSI IN UDIENZA DA PAPA. PROTESTE DA PRO-LIFE

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 18 feb

Nancy Pelosi, leader cattolica della maggioranza democratica alla Camera Usa, viene ricevuta questa mattina in udienza da papa Benedetto XVI. Ma la Pelosi e' da sempre oggetto della contestazione degli attivisti statunitensi pro-life che criticano le sue posizioni favorevoli all'aborto e alla ricerca sulle cellule staminali e che hanno scelto proprio il giorno del suo incontro con il pontefice per lanciare una petizione online che chiede ai vescovi statunitensi di rifiutare la comunione a lei, al vice presidente Joe Biden ed a ''tutti gli esponenti politici cattolici che ostinatamente esprimono il loro dissenso dagli insegnamenti cattolici sulle importanti questioni morali''. La petizione ''Witholding Communion'' e' un'iniziativa del portale cattolico Pewsitter.com e si propone di raccogliere almeno un milione di firme, che verranno poi presentate alla Conferenza Episcopale Usa. Nel 2004, il candidato cattolico alla presidenza John Kerry venne fortemente indebolito dalle sue posizioni pro-life, che indussero molti cattolici a votare per l'evangelico Bush. ''La base per rifiutare l'eucarestia - si legge nella petizione - e' il canone 915 (del Codice di Diritto Canonico, ndr) che stabilisce che chi, 'in modo ostinato persevera in un peccato grave, non debba essere ammesso alla comunione'''. Malgrado le richieste degli attivisti pro-life, i vescovi statunitensi non hanno mai stabilito che i politici favorevoli alla legalizzazione dell'aborto non possano ricevere la comunione, lasciando le questione alla decisione dei singoli presuli.

Asca


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19/02/2009 01:23
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La Caritas: il Papa ispiri i leader mondiali a lottare contro la povertà


Benedetto XVI incontrerà il premier britannico Gordon Brown





CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 18 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Secondo la Caritas, l'incontro tra Papa Benedetto XVI e il Primo Ministro britannico Gordon Brown, che si svolgerà questo giovedì, deve servire per ricordare ai leader mondiali che la recessione globale non è una scusa per non mantenere le promesse per salvare dalla povertà milioni di persone.

Il premier britannico incontrerà il Pontefice in un'udienza nella quale è probabile che vengano affrontate la crisi e la povertà globale.

Brown, che incontrerà anche il Presidente del Governo Silvio Berlusconi, è in Italia in vista del fatto che il Paese ospiterà il G8 a luglio, mentre il Regno Unito ospiterà ad aprile un incontro del G20 tra i Paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo per parlare dell'economia globale.

Secondo Caritas Internationalis, i Paesi in via di sviluppo saranno gravemente colpiti dalla recessione per il calo della domanda di materie prime, il prosciugamento dei flussi di capitali e l'elevato prezzo del cibo, che getteranno altri 100 milioni di persone nell'indigenza.

La situazione, avverte, sarà resa peggiore dai Paesi ricchi se taglieranno gli aiuti e adotteranno misure protezionistiche.

Il segretario generale di Caritas Internationalis, Lesley-Anne Knight, ha affermato che “la Caritas spera che l'ispirazione di Papa Benedetto servirà a ricordare ai leader mondiali che i poveri non devono essere esclusi dai progetti per soccorrere l'economia globale”.

“I leader mondiali devono resistere alla pressione interna e mostrare una vera leadership per convincere gli elettori che il sostegno ai poveri non è una scelta da compiere solo nei momenti positivi, ma una responsabilità morale”, ha aggiunto.

La Knight ha constatato che il 2009 “deciderà in che tipo di mondo vivremo quando la crisi economica sarà passata. I leader mondiali non devono usare il tracollo economico come scusa per tagliare gli aiuti, ma come un'opportunità per riformare la globalizzazione rendendola una forza più idonea allo sviluppo e alla giustizia. Quando il 70% del finanziamento per i servizi sanitari viene da donatori esterni, come avviene in molti Paesi africani, i tagli agli aiuti costano vite”.

La Caritas afferma che gli aiuti internazionali e un miglioramento nel modo di utilizzarli sono ora più necessari che mai per assicurare un'assistenza minima a milioni di famiglie che soffrono la fame e la malnutrizione, ma teme che i Paesi ricchi non rispetteranno gli impegni presi in passato.

Per il 2009 l'Italia ha tagliato la sua assistenza all'estero del 56%. Per la Caritas questa diminuzione rappresenta un segno minaccioso per il summit del G8 di luglio.



19/02/2009 01:24
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Il 5 aprile, il Papa consegnerà la croce della GMG ai giovani di Madrid


Prima del 2011 percorrerà la Spagna




CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 18 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Il 5 aprile, Domenica delle Palme, Benedetto XVI consegnerà la croce e l'icona delle Giornate Mondiali della Gioventù (GMG) ai giovani dell'Arcidiocesi di Madrid, che accoglieranno l'incontro nell'estate del 2011.

Seguendo la tradizione, la consegna della croce avrà luogo durante la celebrazione eucaristica in Piazza San Pietro in Vaticano. Per prepararsi all'avvenimento, la Delegazione per l'Infanzia e la Gioventù dell'Arcidiocesi di Madrid (http://www.deleju.org) ha organizzato un pellegrinaggio a Roma di giovani con più di 15 anni "che si sentano chiamati a impegnarsi nella preparazione e nella celebrazione della GMG di Madrid 2011".

La delegazione madrilena sarà presieduta dall'Arcivescovo, il Cardinale Antonio María Rouco Varela.

Il programma degli atti previsti a Roma inizierà alle 20.00 di venerdì 3 aprile con la celebrazione dell'Eucaristia a San Lorenzo in Damaso, di cui il Cardinale Rouco è titolare.

Sabato 4 aprile, alle 10.00, è prevista la celebrazione dell'Eucaristia e alle 19.00 la celebrazione della Riconciliazione. Il giorno dopo, i pellegrini madrileni arriveranno in Piazza San Pietro in prima mattinata per assistere alla celebrazione eucaristica e in seguito alla cerimonia di consegna della croce.

Lunedì 6 aprile, alle 10.00, il Cardinale Arcivescovo di Madrid presiederà un'Eucaristia nella Basilica di San Paolo, mentre martedì 7, alle 10.30, si celebrerà l'Eucaristia nel Santuario della Madonna del Rosario, a Pompei.

La croce delle Giornate Mondiali della Gioventù è stata affidata da Giovanni Paolo II nel 1984, al termine dell'Anno Santo della Redenzione, in cui la grande croce di legno (3,80 metri) era stata collocata accanto all'altare maggiore della Basilica di San Pietro in Vaticano.

Da allora, dei giovani ha percorso il mondo. Tradizionalmente viene accolta dagli organizzatori della Giornata, che con i giovani si incaricano di programmare il pellegrinaggio della croce per il Paese.

Per ulteriori informazioni, deleju@planalfa.es

19/02/2009 16:26
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Seguite con coraggio il Vangelo: così il Papa al Pontificio Collegio Pio Latino Americano di Roma


Benedetto XVI ha ricevuto stamani in udienza la comunità del Pontificio Collegio Pio Latino Americano, che in questi giorni sta festeggiando il 150.mo anniversario di fondazione. Il Papa ha esortato gli studenti di questa prestigiosa istituzione a perpetuarne il patrimonio con l’apporto della “gioiosa esperienza dell’universalità della Chiesa”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

Fin dalla sua fondazione, il 27 novembre del 1858, il Collegio Pio Latino Americano di Roma si è distinto come centro di formazione, prima per seminaristi, e successivamente per diaconi e sacerdoti. I suoi studenti – ha spiegato Benedetto XVI – hanno trovato “un clima di semplicità, accoglienza, preghiera e fedeltà al magistero del Papa”. Un clima – ha aggiunto il Santo Padre – che contribuisce a far crescere l’amore per Cristo e il desiderio “di servire umilmente la Chiesa, cercando sempre la gloria di Dio e il bene delle anime”. Il Papa ha quindi esortato gli studenti del Pontificio Collegio, “eredi di un ricco patrimonio umano e spirituale”, a perpetuare questa ricchezza con l’apporto delle “distinte discipline ecclesiastiche e la gioiosa esperienza dell’universalità della Chiesa”. L’invito è quello di seguire il Vangelo con coraggio rispondendo all’insegnamento di Gesù: “Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli”.

“Ustedes mismos son fruto de esa maravillosa siembra…
Voi stessi siete il frutto di questa meravigliosa semina del messaggio di Cristo nella storia”.

La possibilità, data dal Pontificio Collegio, di aprirsi alla conoscenza di altre culture ed esperienze ecclesiali – ha poi osservato il Papa – aiuta a sentirsi “autentici discepoli di Cristo e missionari della sua Parola”. Una missione vissuta nella fedeltà al Pontefice:

“El amor y la adhesión a la Sede Apostólica…
L'amore e l'attaccamento alla Sede Apostolica è una delle caratteristiche più rilevanti dei popoli latinoamericani e dei Caraibi”.

Incontrando gli studenti del Pontificio Collegio Latino Americano di Roma, il Santo Padre ha ricordato in particolare l’impegno nella nuova evangelizzazione profuso dalla “Missione Continentale”, indetta dalla Conferenza di Aparecida per “la formazione e lo sviluppo delle comunità cristiane e dei missionari”. Il Santo Padre ha infine espresso il proprio apprezzamento alla Compagnia di Gesù, alla quale San Pio X ha affidato la direzione del Pontificio Collegio.



www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=707&set...


19/02/2009 16:27
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La crisi economica e la pace in Medio Oriente al centro dell’udienza di Benedetto XVI con il premier britannico Gordon Brown

Favorire progetti di promozione umana per lo sviluppo e la pace, specie in Medio Oriente: è quanto auspicano Benedetto XVI e il premier britannico Gordon Brown che stamani è stato ricevuto in Vaticano assieme alla consorte e al seguito. In una conferenza stampa, dopo l’incontro, Brown ha detto di aver invitato il Pontefice a visitare l’Inghilterra. Alla vigilia dell’incontro, Gordon Brown - che sta preparando il G20 di Londra del prossimo 2 aprile - ha scritto un articolo per l’Osservatore Romano dal titolo “Crisi economica e sradicamento della povertà”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Benedetto XVI e Gordon Brown, informa una nota della Sala Stampa vaticana, si sono soffermati sull’attuale “crisi economica mondiale” e sul “dovere di proseguire con le iniziative a favore dei Paesi meno sviluppati”, favorendo “la collaborazione su progetti di promozione umana, rispetto dell’ambiente e sviluppo sostenibile”. Il Papa e il premier britannico hanno auspicato “un rinnovato impegno della comunità internazionale per risolvere i conflitti in atto, particolarmente in Medio Oriente”. Infine, conclude la nota, si sono passati in rassegna “alcuni temi bilaterali, di interesse soprattutto per la comunità cattolica del Regno Unito”. Dunque la lotta alla povertà è stata al centro dell’udienza in Vaticano, come del successivo colloquio con il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e con l’arcivescovo Dominique Mamberti. E proprio sulla crisi economica, alla vigilia dell’incontro con il Papa, Brown ha scritto un articolo per l’Osservatore Romano.

La recessione globale “richiede una risposta globale”, sottolinea il premier aggiungendo che “è nostro dovere comune far sì che le esigenze dei Paesi più poveri non siano un pensiero secondario a cui si aderisce per obbligo morale o per senso di colpa”. Per Brown “è ora di vedere i Paesi in via di sviluppo inseriti nelle soluzioni internazionali di cui abbiamo bisogno”. Quindi, mette l’accento su quei valori religiosi, “come la giustizia e la solidarietà” che hanno portato Regno Unito e Santa Sede a sostenere insieme un’iniziativa finanziaria per la vaccinazione dei bambini poveri (International Finance Facility for Immunisation). L’acquisto da parte del Papa nel 2006 del primo bond per l’immunizzazione, sottolinea Brown, è stato espressione tangibile dell’impegno comune a favore dello sviluppo internazionale. Grazie a questi titoli obbligazionari, si legge sull’Osservatore Romano, 500 milioni di bambini saranno immunizzati da qui al 2015. E proprio per suggellare questo risultato, il premier britannico ha donato stamani al Papa una fotografia che ritrae una donna etiope che ha salvato il proprio bambino grazie alla sottoscrizione del primo bond per le vaccinazioni. Sempre nell’articolo, Brown sottolinea l’importanza del prossimo G20, il 2 aprile a Londra. E proprio ieri, parlando ai giornalisti a Downing Street, ha spiegato cosa si aspetta da questo Summit:


What we need is a world...
Quello di cui abbiamo bisogno, ha detto Brown, è che il mondo lavori insieme. Ogni parte del mondo deve contribuire alla ripresa dell’economia, dare il suo supporto all’economia con nuovi investimenti, tenere bassi i tassi di interesse. Il G20 del 2 aprile, è stato il suo auspicio, deve servire a trovare il modo in cui i Paesi possano unirsi per raggiungere questi obiettivi.

All world has to come...
Tutto il mondo – ha detto ancora ai giornalisti - deve unirsi per mandare un messaggio per sostenere un’economia aperta e non protezionista. Il protezionismo – ha avvertito - è una via verso la rovina, significherebbe meno commercio, meno lavoro e alimenterebbe un circolo vizioso in ogni continente.




www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=708&set...

19/02/2009 16:28
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Libere le due suore italiane rapite in Kenya. La gioia del Papa. Ai nostri microfoni le due religiose


Dopo mesi di angoscia sono state liberate suor Caterina Giraudo e suor Maria Teresa Oliviero, le due religiose del Movimento Contemplativo Missionario “Padre de Foucauld” di Cuneo, sequestrate ai primi di novembre al confine tra Kenya e Somalia. Grande gioia è stata espressa a nome del Papa da padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana. Il servizio di Benedetta Capelli:

Finalmente libere. L’annuncio del rilascio delle due suore italiane rapite nella città di El Wak, nel nordest del Kenya al confine con la Somalia, è stato dato dalla Farnesina. Le due missionarie del Movimento Contemplativo ''Padre de Foucauld'', suor Caterina Giraudo e suor Maria Teresa Oliviero rispettivamente di 67 e 61 anni, erano state sequestrate nella notte tra l'8 e il 9 novembre da un commando composto da circa 200 uomini. Grandissima gioia è stata espressa a nome del Papa da padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana. ''Erano mesi che pregavamo per loro'', ha detto, aggiungendo che ora non si devono dimenticare tutte le altre persone ancora vittime di sequestri. Da anni le due religiose lavoravano come missionarie con i profughi somali. Trasferite subito dopo il rapimento in Somalia più volte erano state date notizie sulle loro condizioni, poi oggi l’improvvisa svolta.


Al microfono di Luca Collodi ascoltiamo suor Caterina Giraudo:

R. – Sono qui felice, riconoscente, senza parole, insieme alla mia sorella Maria Teresa. Siamo proprio resuscitate, siamo felici, e non abbiamo parole per dire il nostro grazie per tutto quello che è stato fatto, non solo per liberarci, ma anche per quello che abbiamo vissuto. Stiamo cogliendo proprio adesso che tantissime persone sono state unite a noi nella preghiera, nel pensiero, con l’affetto, con l’ansia. Noi lo sapevamo, lo pensavamo, eravamo sicure, però, adesso lo tocchiamo con mano. Siamo tanto riconoscenti.

D. – Suor Caterina, come avete trascorso questi giorni?


R. – Sono stati 102 giorni, trascorsi con tanta angoscia. Però, abbiamo soprattutto voluto impegnare il nostro tempo nella preghiera e la preghiera ci ha salvate, ci ha proprio sostenute: fede e preghiera, la certezza che non eravamo sole. Anche se fisicamente non sentivamo nulla, avevamo però la certezza che Dio è con noi. E poi avevamo la certezza che tante persone pregavano per noi. Quindi, questa è stata una forza immensa. Poi dobbiamo anche dire che le persone che ci hanno recluse, ci hanno trattate bene.


D. – Vi hanno spiegato il perchè di questo sequestro, suor Caterina?


R. – Loro dicevano solo che volevano soldi, solo quello.


D. – Voi riuscivate a parlare tranquillamente con loro?


R. – Parlavamo abbastanza, perché grazie a Dio io potevo comunicare un poco in somalo. Per cui parlavamo amichevolmente, parlavamo abbastanza amichevolmente.

Grande felicità anche nelle parole di suor Maria Teresa Oliviero:

R. – Sto bene, sono felice, sono immensamente felice di essere con i piedi sulla terra libera in Kenya, con tanto affetto attorno a noi. Ci stanno facendo tanta festa, siamo molto contente.


D. – Suor Maria Teresa che cosa ci può raccontare di questi oltre 100 giorni di prigionia. Che cosa ha pensato in questi giorni?


R. – Ho cercato di non pensare troppo perché se pensavo a qualcuno o a qualcosa il cuore scoppiava. Allora cercavo di vivere serena quello che avevo davanti a me. Ma abbiamo avuto tanta angoscia. Tanti giorni senza notizie, il tempo era tanto lungo. Ci siamo fatte coraggio fra di noi: suor Caterina sa un po’ di somalo e abbiamo instaurato una bella amicizia con chi ci ha rapito.

D. – In alcuni momenti avete avuto paura o la speranza è stata più forte…


R. – Abbiamo avuto paura ma abbiamo tirato avanti perché non si poteva fare diversamente. Abbiamo avuto paura, ma anche tanta speranza. Voglio ringraziare il Santo Padre che ci è stato tanto vicino, lo abbiamo sentito. Grazie, grazie, grazie!


D. – Quanto vi ha aiutato la fede?


R. – La fede ci ha aiutato al cento per cento: se non era per la fede io penso che non ce l’avremmo fatta.

L’improvvisa notizia della liberazione delle due suore è stata accolta con grande felicità dal "Movimento Contemplativo Missionario Padre de Foucauld" di Cuneo cui appartengono suor Caterina Giraudo e suor Maria Teresa Oliviero. Ecco la gioia di don Pino Isoardi, responsabile del Movimento:

R. – Siamo veramente felici, ovviamente dopo tanta, tanta attesa, non ci aspettavamo che avvenisse così improvvisamente. Però quasi non abbiamo parole per dire tutta la nostra riconoscenza. Ci siamo immediatamente riuniti nella cappella con lo scampanìo delle nostre campane, compreso anche padre Andrea che pur essendo malato e molto debole eppure è venuto ed abbiamo cantato insieme il Magnificat che da tanto tempo aspettavamo di cantare insieme per questo.


D. – Anche il Papa aveva lanciato un appello per la loro liberazione. Tanta solidarietà intorno a voi…


R. – Moltissima, abbiamo già ringraziato a suo tempo ma ovviamente ringraziamo ancora una volta di tutte le preghiere che il Santo Padre ha suscitato per questa vicenda e poi ringraziamo concretamente il Ministero degli esteri, il ministro Frattini e vorrei fare un nome particolare che è il capo dell’unità di crisi, il consigliere Fabrizio Romano, insieme ai suoi collaboratori, perché oltre ad aver lavorato con grande impegno hanno avuto anche un modo molto gentile di trattare con i familiari e con la comunità.


Molti gli appelli lanciati per la loro liberazione e anche Benedetto XVI aveva fatto sentire la sua voce. Lo scorso 26 dicembre all’Angelus il Santo Padre aveva chiesto il rilascio delle due religiose:

“Vorrei che in questo momento sentissero la solidarietà del Papa e di tutta la Chiesa. Il Signore, che nascendo è venuto a farci dono del suo amore, tocchi il cuore dei rapitori e conceda quanto prima a queste nostre sorelle di essere liberate per poter riprendere il loro disinteressato servizio ai fratelli più poveri”.


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19/02/2009 16:29
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Il cardinale Arinze: il mondo non emargini né sfrutti l'Africa

Il continente africano si appresta a vivere due eventi importanti: il viaggio del Papa in Camerun e Angola dal 17 al 23 marzo, e la seconda Assemblea sinodale per l’Africa che avrà luogo in Vaticano dal 4 al 25 ottobre sul tema della Chiesa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. Ma cosa propone la Chiesa per la società africana? Fabio Colagrande lo ha chiesto al cardinale Francis Arinze, presidente delegato del Sinodo:

R. – La Chiesa non ha una ricetta politica o economica, ma annuncia il Vangelo, che fa appello al cuore umano, il che vuol dire amare Dio e amare il prossimo, rispettare i diritti degli altri; la Chiesa aiuta a formare le coscienze.


D. – Un’altra sfida forte, che vede la Chiesa impegnata soprattutto in Occidente, quella della tutela della vita, è presente anche in Africa…


R. – E’ vero. Le minacce contro la vita non risparmiano nessun Paese nel mondo; per esempio, la contraccezione, l’aborto, restano sempre un attacco alla vita. Certo, nella cultura di molti Paesi africani il bambino è considerato come una benedizione, non come un problema; anche quando la gente è povera, danno sempre il “benvenuto” al bambino. E’ anche vero che la Chiesa, in molti Paesi africani, ha promosso l’insegnamento dei metodi naturali, e questo funziona. Nei parlamenti del continente c’è anche la difesa della vita, e molti Paesi, in Africa, non approvano l’aborto; in Africa l’eutanasia non è proprio presa in considerazione, e se mai qualcuno la introdurrà, sarebbe un qualcosa che va veramente contro tutta la tradizione africana, che onora gli anziani, i quali vengono mantenuti nella famiglia anche quando questa è povera.


D. – Il primo Sinodo sull’Africa, nel ’94, ha sottolineato che la Chiesa africana ha compiuto un’opzione preferenziale per i poveri; concretamente, oggi, cosa significa questo sul piano pastorale e sociale?


R. – Significa essere la voce dei senza-voce, significa difendere i diritti umani e affermare che è dovere di chi è al governo di non badare ai propri interessi, ma di servire il popolo, perché essere un’autorità significa servire. In questo senso la Chiesa chiede anche che le elezioni politiche siano sempre oneste; addirittura alcune diocesi africane hanno formato dei laici perché compiano una sorta di monitoraggio – non ufficiale - delle elezioni: questo vuol dire presenza dei cittadini nella vita pubblica. Tutto questo è importante, perché la Chiesa non vive nelle sacrestie: i cristiani sono cittadini come gli altri e devono essere presenti come il sale e il lievito e lavorare da dentro.


D. – Ci sono, ancora, difficoltà per quanto riguarda l’inculturazione della liturgia, in Africa, e a che punto siamo?


R. – Non direi proprio difficoltà, ma ci sono delle sfide. L’inculturazione procede abbastanza bene in Africa; c’è ancora molto da fare, ma non si può fare tutto precipitosamente, perché il tempo non rispetta quello che si fa senza di lui… ma si procede comunque bene. Il ruolo principale è quello degli esperti, dei teologi e dei vescovi.


D. – Quali sono le sue speranze, i suoi auspici, per questo anno così importante per la Chiesa in Africa, con il viaggio del Papa a marzo e poi il Sinodo ad ottobre?


R. – Le mie speranze sono una crescita della fede nel continente africano e poi che l’Africa sia presa più in considerazione negli incontri dei Grandi, il G7, il G8, il G20 ecc…perché l’Africa non sia emarginata ma che si riconosca come un continente importante per il mondo intero. E occorre dire che alcune cose negative dell’Africa – come le guerre e le tensioni - non sono puramente eventi locali, ma fatti che vedono coinvolti fattori internazionali con interessi precisi; nel mondo di oggi – il cosiddetto “villaggio globale” - dobbiamo collaborare, dobbiamo imparare a collaborare di più per la promozione dei diversi popoli. E questa visita del Papa senza dubbio aiuterà.


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19/02/2009 16:30
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Il regista Scorsese prepara un film sui martiri del Giappone


Basato sull'opera "Silenzio" dello scrittore Shusaku Endo




TOKYO, giovedì, 19 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Il regista italoamericano Martin Scorsese sta preparando un film sui cristiani del Giappone martirizzati nel XVII secolo, secondo quanto ha reso noto il quotidiano giapponese "Asahi Shimbun" e come aveva preannunciato lo scorso anno il quotidiano cattolico "Avvenire".

Per "Asahi Shimbun", Scorsese starebbe progettando di girare il film prossimamente in Nuova Zelanda, per poter diffondere la pellicola nel 2010. Tra i protagonisti, si fanno i nomi degli attori Daniel Day-Lewis, Gael García Bernal e Benicio Del Toro.

Scorsese, cattolico, è autore di film come "L'età dell'innocenza", "Gli infiltrati" - che gli è valso l'Oscar nel 2007 -, "Gangs of New York", "Casino" e il controverso "L'ultima tentazione di Cristo".

Il copione, secondo le informazioni, è basato sull'opera "Chinmoku" ("Silenzio"), dello scrittore cattolico giapponese Shusaku Endo, in cui questi descrive la persecuzione alla quale sono stati sottoposti i primi cristiani giapponesi nell'epoca Edo, soprattutto nella zona di Nagasaki.

L'annuncio arriva poco dopo la canonizzazione, il 24 novembre 2008, di 188 martiri cristiani di quell'epoca, che secondo i Vescovi giapponesi ha rappresentato un autentico evento nella storia del Paese, in cui il cristianesimo è stato una religione proibita per secoli.

Oggi i cristiani rappresentano l'1% della popolazione. Di questi, 450.000 sono cattolici.

Shusaku Endo

Il romanzo di Shusaku Endo è stato scritto nel 1966 ed è uno dei più importanti della sua carriera di scrittore insieme a "Il Samurai". Racconta la storia di un missionario portoghese in Giappone all'inizio del XVII secolo, in piena persecuzione anticristiana.

Il titolo, "Silenzio", rimanda al silenzio di Dio davanti alla croce di Cristo, narrando la forzata apostasia del missionario tra terribili torture.

Endo è nato a Tokyo nel 1923 ed è stato battezzato, insieme alla madre, a 12 anni. I suoi romanzi riflettono la sua particolare ricerca del cristianesimo riconciliato con la cultura orientale, così come la sua particolare visione della fragilità umana, del peccato e della grazia.

Lo scrittore, morto nel 1997, ha scritto anche opere come "Vita di Cristo", "Vulcano", "Il mare e il veleno" e "Fiume profondo", in cui ha cercato di adattare il cristianesimo alla mentalità asiatica.

20/02/2009 01:32
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Proseguono i negoziati tra Santa Sede e Israele


Sull'Accordo per lo status giuridico e fiscale della Chiesa nel Paese




CITTA' DEL VATICANO/GERUSALEMME, giovedì, 19 febbraio 2009 (ZENIT.org).- E' tornata a riunirsi questo mercoledì, nella sede del Ministero degli Esteri israeliano, la Commissione Bilaterale Permanente che sta negoziando gli Accordi tra la Santa Sede e lo Stato di Israele.

L'Accordo regolerà lo status giuridico della Chiesa cattolica nel Paese, dopo l'Accordo Fondamentale (Fundamental Agreement), firmato nel 1993, che ha permesso di intavolare relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e Israele.

Secondo un comunicato congiunto pubblicato questo giovedì dalla Santa Sede, il tema della riunione è stato l'"Accordo economico" con il quale verranno regolati il regime fiscale e le proprietà della Chiesa.

"L'incontro è stato caratterizzato da grande cordialità e spirito di collaborazione", rivela la nota vaticana.

Entrambe le parti concordano inoltre sul fatto che "sono stati compiuti dei progressi". "Le Delegazioni hanno rinnovato il loro comune impegno a concludere l'Accordo il prima possibile", aggiunge il testo.

La prossima riunione è stata fissata per il 7 aprile prossimo, un mese prima della visita del Papa in Terra Santa.

Proprio la visita papale avrebbe contribuito ad agevolare dei negoziati che negli ultimi anni sono andati avanti molto lentamente. Iniziati nel 1999, si erano praticamente fermati tra il 2002 e il 2007.



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