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Notizie dal B16F

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2015 04:06
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24/02/2009 16:30
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Mons. Tomasi all’Onu i Ginevra: la crisi economica non metta a rischio la promozione dei diritti umani


Evitare che l’attuale crisi economica pesi ancor di più sulle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo: è l’esortazione dell’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, intervenuto in questi giorni alla 10.ma sessione speciale del Consiglio per i diritti umani dell’Onu. L’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra ha ribadito la necessità di un’azione internazionale per garantire la promozione dei diritti umani, anche in questa difficile contingenza economica. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Troppo spesso, in periodi di crisi economica, si assiste all’ascesa al potere di governi dal dubbio impegno sul fronte della democrazia: è quanto rilevato con preoccupazione dall’arcivescovo Silvano Maria Tomasi all’Onu di Ginevra. La Santa Sede, ha aggiunto il presule, auspica che tali conseguenze siano evitate giacché, al contrario, ne risulterebbe una seria minaccia per la diffusione dei diritti umani fondamentali. Questa crisi, ha aggiunto, minaccia seriamente il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio contro la povertà, con conseguenze drammatiche, in particolare, per i bambini. I diritti umani di innumerevoli persone, ha affermato, sono già compromessi incluso il diritto al cibo, all’acqua, alla salute e ad un lavoro dignitoso.


La crisi, è stata la riflessione di mons. Tomasi, è stata in parte causata dal comportamento di alcuni attori del sistema economico e finanziario, compresi amministratori di banche e dirigenti che avrebbero dovuto controllare con maggiore diligenza e responsabilità il sistema. Nell’attività finanziaria - è stato dunque il suo monito - non si può guardare solo al facile profitto, ma bisogna perseguire il bene comune. E riecheggiando un intervento di Benedetto XVI, mons. Tomasi ha rinnovato il suo appello affinché ci sia più attenzione per un approccio etico nella creazione di partnership positive tra mercati, società civile e Stati.


L’osservatore vaticano non ha poi mancato di sottolineare che, a causa della crisi, si sono ridotti gli aiuti dei Paesi ricchi a quelli meno sviluppati, così come le rimesse degli immigrati. Questa situazione, ha avvertito mons. Tomasi, minaccia la sopravvivenza economica di intere famiglie, comporta un minore investimento nell’educazione delle nuove generazioni e conseguentemente una crescita ridotta nel futuro. D’altro canto, ha costatato, quando ampie categorie della popolazione vedono i propri diritti sociali ed economici frustrati, la perdita della speranza mette in pericolo la pace. Di qui, l’esortazione ad intraprendere un’azione internazionale concertata per promuovere i diritti umani, dando una base etica alle attività economiche e finanziarie.


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24/02/2009 21:18
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l’intervista

«Pregare per il Pontefice, un atto d’amore»

Il cardinale Cottier: «Così purifichiamo il nostro sguardo sulla Chiesa. È Cristo che la guida, non noi»

DI LORENZO ROSOLI

«Pregare per il Papa ci aiu­ta a purificare il nostro sguardo sulla Chiesa per entrare nel suo mistero di sacramen­to, cioè di segno e strumento 'del­l’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano', come si leg­ge all’inizio della costituzione dog­matica Lumen gentium.
Ci aiuta a ri­cordare che è Cristo a guidare la Chie­sa, non noi con i nostri poveri mez­zi».

Così il cardinale Georges Cottier, teo­logo emerito della Casa Pontificia, commenta le parole di Benedetto X­VI all’Angelus di domenica, festa del­la Cattedra di Pietro.
Parole con le quali il Papa ha chiesto ai fedeli di so­stenerlo con le loro preghiere, dopo aver riaffermato il profilo autentico del primato del vescovo di Roma – quel servizio dell’unità e della varietà della Chiesa che esige al successore di Pietro di «presiedere alla comu­nione universale della carità».

«Nel canone della Messa c’è sempre la preghiera per il Papa, come custo­de dell’unità nella fede e nella co­munione fra tutti i cristiani – ram­menta Cottier –. Cosa sovrumana, go­vernare la Chiesa! Impossibile all’uo­mo, senza il carisma e la grazia dello Spirito! Ecco perché a Messa pre­ghiamo per il Papa e per il vescovo della nostra diocesi. Quel pregare è un atto d’amore per Cristo, per la sua Chiesa. E per il successore di Pietro».
Un atto d’amore che 'abita' la cele­brazione eucaristica, ma chiede o­spitalità anche nella nostra preghie­ra personale e comunitaria. «Pregare per il Papa ci aiuta infatti a ricordare che è nell’affidamento alla Provvi­denza di Dio che crescono la vita e l’unità della Chiesa – prosegue il teo­logo domenicano –. Affidandoci al­l’amore e all’onnipotenza di Dio, ri­conosciamo che è Cristo che guida la Chiesa, non noi. Non i nostri mezzi, i nostri strumenti, ma la vita che vie­ne dall’illuminazione dello Spirito, dono di Dio che invochiamo nella preghiera».
Spesso la vita e le vicende della Chie­sa, in particolare gli atti e lo 'stile' di governo delle gerarchie, sono al cen­tro dell’attenzione dei mass media, dell’opinione pubblica e – ovvia­mente – dei fedeli... «Se ci fermiamo alle cose umane non cogliamo il mi­stero di quella Chiesa che noi credia­mo una, santa, cattolica, apostolica – incalza Cottier – A questo livello, non a livello sociologico, vediamo la realtà più profonda della Chiesa.
Certo: ci sono peccati ed errori, nei membri della Chiesa e nella sua gerarchia. Perciò abbiamo bisogno di pregare: per essere convertiti e illuminati al bene. Lo vediamo in modo esempla­re nelle vite dei santi, che nella pre­ghiera chiedono sostegno e illumi­nazione allo Spirito per essere nella comunione della Chiesa. Pregare per il Papa è espressione fortissima di questa comunione. E ci apre gli occhi su ciò che la Chiesa è veramente».
Pregando per il Papa «chiediamo la carità come dono di Dio. Così come le Scritture sono parola morta se non le incontriamo spiritualmente – con­clude Cottier – così la vita della Chie­sa ha bisogno di strumenti concreti, storici, ma alla fine ciò che conta – e che invochiamo con la preghiera – è l’azione vivificante dello Spirito».

© Copyright Avvenire, 24 febbraio 2009


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"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
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L’ANGELUS, DOPO LA SETTIMANA DI AMARE POLEMICHE

In quel «pregate per me» tutta la forza di Pietro

MARINA CORRADI

Dalla finestra sul sagrato di San Pietro, alla folla dei pellegrini della domenica Benedetto XVI ha chiesto di pregare per lui: «Perché possa compiere fedelmente l’alto compito che la Provvidenza mi ha affidato quale successore dell’apostolo Pietro». Pregate per me, ha detto il Papa , e la sua domanda ha fatto il giro del mondo e delle redazioni dei giornali. Che il Papa abbia paura?, si è chiesto qualcuno.
Dopo settimane aspre di polemiche, per lo più dall’estero, giunte fino a Roma, equivoci e contestazioni – in qualche caso un po’ vili – che hanno riempito le prime pagine, che il Papa sia stanco, e vacilli sotto al gran peso della cattedra di Pietro? Se anche davvero così fosse, non sarebbe uno scandalo. L’onere poderoso di guidare la Chiesa, e quell’oltre un miliardo di cristiani in tutti i continenti e le latitudini, universo su cui non tramonta mai il sole; e l’urgenza, che tanto Benedetto XVI ha fatto sua, di annunciare che la speranza cristiana non è storia di un evo lontano, ma è affidabile, qui, oggi e ora; e le persecuzioni aperte ma anche, in Occidente, quel nichilismo che rode, cercando di confondere e cancellare un’antica memoria: davvero enorme è il peso sulle spalle del Papa.
E non ci meraviglia quella domanda, «pregate per me», ai fedeli della domenica, quando il sagrato è colmo di facce amiche, venute spesso da molto lontano. Forse da quella finestra anche al Papa viene il desiderio di guardare qualcuno negli occhi, laggiù nella folla, quello e non un altro, lontano eppure vicino, domandando a uno sconosciuto: prega per me. Per il mondo, certo, una domanda simile è strana: non chiedono preghiere i potenti, i leader, le star dai palchi e i maîtres à penser dalle loro cattedre di carta. Non chiedono intanto perché non ci sono abituati; dovendo poi proprio farlo, chiederebbero qualcosa di più utile che preghiere – agli occhi del mondo pie parole vane, inutile esercizio dei deboli. E dunque quella domanda umile da san Pietro commuove, prima di tutto come segno di una radicale diversità di sguardo e di cuore.
In un tempo che afferma l’individuo come padrone assoluto di sé e della sua vita – a volte, anche di quella degli altri – il Papa ricorda la radice dei cristiani, che è essere creature, dunque figli, e quindi ontologicamente legati a ogni altro uomo.
Pregare dunque è il riconoscimento di un non farsi da soli, e invece dipendere: da un Altro, dagli altri - come dalla vite i tralci.
Ma è anche, quella domanda in san Pietro, leggibile nell’eco di altre parole dette poche ore prima al Seminario maggiore romano: quando Benedetto XVI ha citato la comunità dei Gàlati per dire che oggi come allora anche dentro la Chiesa la fede può degenerare in intellettualismo, e l’umiltà nell’arroganza di chi si sente migliore. È un rischio vecchio come la storia, ma più evidente ora che ogni parola viene amplificata e infinitamente ripetuta da mille potenti casse di risonanza.

L’orgoglio di pronunciare una frase che nel rimando dei media acquista peso e autorevolezza potrebbe coinvolgere anche la Chiesa nel gioco infinito dei relativismi e delle personali 'verità'.

Ma, ha ricordato Benedetto XVI all’Angelus, integro rimane 'il primato della cattedra di Pietro, che presiede alla comunione universale della carità'. Il giogo, dunque, è sulle spalle di uno. Non è una democrazia la Chiesa, è tutt’altro, corpo di Cristo e sua eredità. A guidarla un uomo, di cui puoi ben immaginare la profondità della solitudine – nelle sere in cui lo spazio immenso del Colonnato è vuoto, e accese solo le luci di due finestre, negli appartamenti del Papa . Un Papa che domanda: che siamo un cuore solo e un’anima sola. Che chiede: pregate per me – e il mondo, che parla un’altra lingua, si stupisce. Ma nei conventi e nelle missioni fra gli ultimi, nelle clausure e nelle parrocchie più lontane hanno ascoltato, domenica dalla radio, quell’appello. Pregano, i cristiani, per il Papa ; tenaci, fedeli, senza fare rumore.

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"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
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Da "Libero"...

Il Papa ha perso la pazienza con i vescovi

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"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
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Onorificenza della Germania al Cardinale Leonardo Sandri


Per i servigi resi in qualità di Sostituto della Segreteria di Stato vaticano





MEDELLÍN, martedì, 24 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, ha ricevuto la Gran Croce dell'Ordine al merito della Repubblica Federale di Germania per le “particolari benemerenze” da lui rese nei confronti di questo Paese in qualità di Sostituto della Segreteria di Stato vaticano.

Il riconoscimento gli è stato consegnato il 17 febbraio scorso dall'ambasciatore Hans-Henning Horstmann nel corso di una cerimonia svoltasi nella sede dell'ambasciata tedesca presso la Santa Sede, alla presenza tra gli altri: dell'Arcivescovo Antonio Maria Vegliò - Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali -, dell'Arcivescovo Nikola Eterovic - Segretario generale del Sinodo dei Vescovi -, del Vescovo Marcelo Sánchez Sorondo - Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze -, di monsignor Gabriele Giordano Caccia - Assessore degli Affari Generali della Segreteria di Stato - e di monsignor Krzysztof Nitkiewicz – Sottosegretario della Congregazione per le Chiese Orientali -.

L'onorificenza – conferita dal Presidente della Repubblica Horst Köhler – è stata motivata dalla disponibilità dimostrata dal Cardinale Sandri nei confronti del Paese e della sua cultura, e per aver contribuito al pieno successo di importanti visite in Germania e in Vaticano tra autorità tedesche e personalità della Santa Sede.

“L'anima della Germania ci è illustrata in sommo grado da Benedetto XVI. È il padre comune che la sua patria ha contribuito a formare per il bene della Chiesa e dell'umanità”, ha detto il Cardinale Leonardo Sandri nel prendere la parola, secondo quanto riferito da “L'Osservatore Romano”.

“Siamo anche noi debitori – ha poi continuato il porporato – nei confronti della Chiesa e della comunità nazionale che gli hanno dato i natali, per tutta la ricchezza spirituale che riceviamo dal servizio petrino del Vescovo di Roma”.

“La dimensione ecumenica e interreligiosa, come la sensibilità multietnica e multiculturale, tanto apprezzate in Germania, trovano in questo illustre figlio una sicura risonanza che dalla Sede di Pietro si volge all'Europa e al mondo”, ha aggiunto.

Il Cardinale Sandri ha quindi voluto esprimere riconoscimento “per la speciale accoglienza che tutte le tradizioni orientali cattoliche trovano nel suo Paese. Segnatamente ringrazio per la tanto consistente opera di carità spirituale e materiale che la Chiesa tedesca, con le sue benemerite organizzazioni, svolge in campo pastorale, educativo, umanitario a favore della Terra Santa e dell'Oriente cristiano”.

Il porporato ha infine espresso la sua stima per la nazione tedesca, sorta quando vi soggiornò da giovane sacerdote: “La sua storia e religiosità, la cultura nelle più diverse espressioni di pensiero filosofico, letterario e poetico, l'arte e la musica, la scienza, e particolarmente lo straordinario apporto in campo teologico, ma anche l'intraprendenza laboriosa e determinata dei suoi cittadini, distinguono la Germania tra le nazioni del mondo”.

Nato a Buenos Aires nel 1943, figlio di immigrati originari del Trentino, il Cardinale Sandri è stato ordinato sacerdote nel 1967. Nel 1974 è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede e ha ricoperto varie funzioni nelle Nunziature apostoliche e nella Segreteria di Stato.

Il 22 luglio 1997 è stato nominato Arcivescovo titolare di Cittanova, mentre nel settembre del 2000 è seguita la nomina a Sostituto nella Segreteria di Stato. Benedetto XVI lo ha nominato Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali il 9 giugno 2007. Il 4 novembre del 2007 è stato elevato alla porpora cardinalizia.

25/02/2009 16:47
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Messaggio del Papa alla Chiesa brasiliana per la Campagna della solidarietà: lavorate per una società riconciliata e capace di condividere i beni


Una benedizione di pace e prosperità per tutto il Brasile, perché riscopra all’inizio della Quaresima che non è tanto una maggiore condivisione dei beni, pur necessaria, a dare senso alla vita, ma la lotta contro ogni forma di male, il desiderio di fraternità e condivisione e la pratica dei valori cristiani. Con questi pensieri, Benedetto XVI si rivolge oggi in un Messaggio ai fedeli brasiliani, in occasione dell’inizio dell’annuale Campagna della Fraternità, intitolata nel 2009 “La pace è frutto della giustizia”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Quaresima uguale giustizia, perché da una società più giusta scaturisca una società pacificata. E’ una simmetria basata su valori alti quella che il Papa propone ai brasiliani, che come ogni anno sono sollecitati dalla Chiesa locale a mostrare, in tempo quaresimale, sensibilità e solidarietà nei confronti di uno o più specifici temi sociali. Quest’anno lo sguardo è rivolto alla situazione delle carceri e al reinserimento degli ex detenuti, sotto lo slogan “Fraternità e Sicurezza Pubblica. La pace è frutto della giustizia”. Ai fedeli riuniti quest’anno per l’apertura della Campagna - è una novità - al Santuario di Aparecida, con la Messa delle Ceneri presieduta dall’arcivescovo della città, Raymundo Damasceno Assis, Benedetto XVI ha fatto giungere il suo tradizionale Messaggio.


Per la Giornata mondiale della Pace 2002, “il mio venerato predecessore, Giovanni Palo II”, nel “sottolineare che la vera pace è frutto della giustizia, osservava - ha citato il Papa - che ‘la giustizia umana è sempre fragile e imperfetta’ e dovrebbe essere “esercitata e in certo senso completata con il perdono che risana le ferite e ristabilisce in profondità i rapporti umani turbati”. Il perdono, caposaldo della vita cristiana, è stato messo in rilievo da Benedetto XVI insieme con altri aspetti che caratterizzano l’impegno quaresimale e, in senso ampio, la dottrina sociale della Chiesa: l’evangelizzazione dei poveri, l’accesso di tutti ai beni del Creato, il rispetto per la ricchezza della diversità e la lotta contro la tentazione, per non essere, chiede il Papa, “schiavi del male”. “La Quaresima - scrive ancora - ci invita a lottare senza sosta per fare il bene, proprio perché sappiamo quanto sia difficile”, osserva con realismo il Pontefice, che gli uomini decidano “di perseguire seriamente la giustizia - e molto manca perché la convivenza sia ispirata alla pace e all’amore, e non all'odio o all'indifferenza”. E siamo anche ben consapevoli del fatto che - aggiunge - sebbene sia possibile raggiungere una ragionevole distribuzione dei beni e un buon funzionamento della società, mai scompariranno il dolore per la malattia, l’incomprensione o la solitudine, la morte delle persone che amiamo, l'esperienza dei nostri limiti.


Dunque, prosegue Benedetto XVI, a Cristo che si è fatto carico, insieme con la sua Croce, delle nostre sofferenze e della nostra fame e sete di giustizia, chiediamo “di saper testimoniare quei sentimenti di pace e di riconciliazione che hanno ispirato il Discorso della montagna”. E la benedizione di Dio, conclude, “si estenda su tutto il Brasile” e “in ogni ambito, familiare, sociale e culturale, riversando i doni della pace e della prosperità e risvegliando in ogni cuore sentimenti di fraternità e di viva cooperazione”.


Come detto, il tema della Campagna di fraternità è stato scelto su richiesta della Pastorale carceraria brasiliana, con la finalità di stabilire politiche in grado di favorire il reinserimento degli ex detenuti nel mercato del lavoro. Un impegno di giustizia sociale che guarda soprattutto ai giovani, come spiega l’arcivescovo di Aparecida, Raymundo Damasceno Assis, intervistato da Cristiane Murray, della redazione brasiliana della nostra emittente:

R. – I giovani sono molto importanti in questa campagna della fraternità, sono – diciamo così - il presente ed il futuro di una società più sicura, di una società che vive in pace, e dobbiamo avvalorare la famiglia, la scuola, dove i giovani spendono la maggior parte del loro tempo. Allora bisogna creare, nella famiglia – come a scuola – un ambiente sano, dove i giovani non solo ricevono informazioni, ma soprattutto possono vedere nei maestri – ed anche nei loro padri – un esempio da seguire nella vita e ricevere, dalla scuola e dalla famiglia, i valori che dovranno orientarli nella loro vita da adulti.


D. – Anche perché essi sono le maggiori vittime di questa ingiustizia sociale...


R. – Senza dubbio. Qui in Brasile, per esempio, le vittime della violenza sono soprattutto giovani; sia nelle strade, come anche nelle carceri, molti sono vittime anche della droga, e la gioventù è senza dubbio la maggioranza in America Latina ed anche in Brasile. Allora, per noi è necessario avere un rapporto molto speciale con i giovani, prepararli per fargli prendere posto nella società come veri cristiani e come cittadini. Questo è molto importante: se non si fa attenzione ai giovani, allora non possiamo avere la speranza di un futuro migliore per le generazioni che verranno dopo di noi.


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Il Papa presiede sull'Aventino i riti del Mercoledì delle Ceneri per l'inizio della Quaresima


Oggi, Mercoledì delle Ceneri, inizia per la Chiesa il tempo forte della Quaresima. Il Papa presiederà nel pomeriggio, nella Basilica di Santa Sabina all’Aventino, una celebrazione dell’Eucaristia con il rito di benedizione e imposizione delle ceneri. La Messa è preceduta dalla processione penitenziale che partirà dalla Chiesa di Sant’Anselmo. I due eventi saranno seguiti in diretta dalla nostra emittente dalle 16.25. Nel Messaggio per la Quaresima di quest’anno il Papa invita i fedeli a riscoprire il valore del digiuno. Rileggiamo questo documento alla luce delle parole pronunciate da Benedetto XVI sul tempo liturgico quaresimale. Il servizio di Sergio Centofanti.

(musica)


Nel suo Messaggio il Papa esorta a meditare sul digiuno compiuto da Gesù nel deserto per quaranta giorni e quaranta notti. “Il vero digiuno – sottolinea – è finalizzato a mangiare il ‘vero cibo’, che è fare la volontà del Padre”:


"Il digiuno al quale la Chiesa ci invita in questo tempo forte, non nasce certo da motivazioni di ordine fisico, estetico, ma scaturisce dall’esigenza che l’uomo ha di una purificazione interiore che lo disintossichi dall’inquinamento del peccato e del male, lo educhi a quelle salutari rinunce che affrancano il credente dalla schiavitù del proprio io, lo renda più attento e disponibile all’ascolto di Dio e al servizio dei fratelli". (Omelia per la Messa del Mercoledì delle Ceneri nella Basilica di Santa Sabina del 21 febbraio 2007)


Il digiuno, mosso dall’amore per Dio, è scegliere “liberamente di privarci di qualcosa per aiutare gli altri”:


“Chi incomincia a vedere Dio (…) vede con altri occhi anche il fratello. Scopre il fratello, le sue necessità. Per questo la Quaresima, come ascolto della Verità, è nello stesso momento un tempo favorevole per convertirsi all’amore (...) Convertiamoci necessariamente all’amore!” (Udienza generale del primo marzo 2006, Mercoledì delle Ceneri)


Gesù è stato tentato nel deserto: così, chi vuole seguire veramente il Signore deve prepararsi alla tentazione. E “il digiuno – spiega il Papa – è di grande aiuto per evitare il peccato”. Ecco cosa significa allora entrare nella Quaresima:


“Significa iniziare un tempo di particolare impegno nel combattimento spirituale che ci oppone al male presente nel mondo, in ognuno di noi e intorno a noi. Vuol dire guardare il male in faccia e disporsi a lottare contro i suoi effetti, soprattutto contro le sue cause, fino alla causa ultima, che è satana”. (Angelus del 10 febbraio 2008)


Il Papa invita ad affrontare questo combattimento con “un maggiore impegno nella preghiera” ricordando che “il digiuno è l’anima della preghiera” come diceva San Pietro Crisologo: “chi prega digiuni”:


“Senza la dimensione della preghiera, l’io umano finisce per chiudersi in se stesso, e la coscienza, che dovrebbe essere eco della voce di Dio, rischia di ridursi a specchio dell’io, così che il colloquio interiore diventa un monologo dando adito a mille autogiustificazioni”. (Omelia per la Messa del Mercoledì delle Ceneri nella Basilica di Santa Sabina del 6 febbraio 2008)


L’io rischia così di diventare “dio”. Invece “con il digiuno – scrive il Papa nel suo Messaggio – il credente intende sottomettersi umilmente a Dio, confidando nella sua bontà e misericordia”:


“Conversione consiste nell’accettare liberamente e con amore di dipendere in tutto da Dio, il vero nostro Creatore, di dipendere dall’amore. Questa non è dipendenza ma libertà. Convertirsi significa allora non inseguire il proprio successo personale - che è una cosa che passa - ma, abbandonando ogni umana sicurezza, porsi con semplicità e fiducia alla sequela del Signore perché per ciascuno Gesù diventi, come amava ripetere la beata Teresa di Calcutta, il mio tutto in tutto". (Udienza generale del 21 febbraio 2007, Mercoledì delle Ceneri)
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Le impressioni del cardinale Kasper dopo la visita ad Atene al nuovo arcivescovo ortodosso greco Hieronymos II


Il presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, il cardinale Walter Kasper, ha concluso all’inizio di questa settimana, ad Atene, una visita di due giorni durante la quale ha potuto salutare e intrattenersi a colloquio col nuovo arcivescovo ortodosso di Atene e di tutta la Grecia, Sua Beatitudine Hieronymos II. Al rientro in Vaticano, la collega della nostra redazione inglese, Philippa Hitchen, ha chiesto al cardinale Kasper qualche impressione sul suo incontro e sulle prospettive ecumeniche di dialogo con la Chiesa ateniese:

R. - First of all I have to say this was a visit of courtesy…
Prima di tutto, devo dire che questa è stata una visita di cortesia, perché io non conoscevo il nuovo arcivescovo, Hieronymos II. Avevo desiderio di conoscerlo e volevo proseguire nel dialogo attualmente in corso. E’ un uomo veramente umile e modesto e il nostro è stato veramente un bell’incontro, anche quello con i suoi collaboratori. La Chiesa di Grecia è una delle più importanti Chiese ortodosse, con una lunga e ricca tradizione, con la sua origine apostolica - l’apostolo Paolo ha predicato nell’areopago. E’ molto importante ed ha una grande influenza sul mondo ortodosso. I rapporti con la Chiesa di Grecia sono iniziati sotto il suo predecessore, l’arcivescovo Christodulos, e la cooperazione si è sviluppata su problemi di ordine pratico e pastorale: questo perché invece il dialogo teologico lo trattiamo con tutte le Chiese ortodosse insieme. La Chiesa di Grecia vi partecipa ed ha un ruolo importante, anche se non abbiamo parlato molto del dialogo teologico, quanto piuttosto di problemi di ordine pratico. Ovunque, in Europa, è la stessa cosa, si presentano le stesse sfide, come quella dell’immigrazione che è molto forte. E anche in Grecia c’è la sfida dei problemi sociali dovuti alla crisi economica, c’è la disoccupazione in aumento… Penso che in questo ambito si possa collaborare. Loro sono molto interessati ad imparare anche dalle nostre esperienze, e questo è molto importante. Poi, come ho già detto, la Chiesa di Grecia ha una lunga e ricca tradizione, ma conserva brutti ricordi del passato, in particolare per quanto riguarda le Crociate… Fu un gesto molto importante quello di Giovanni Paolo II quando chiese perdono per le Crociate e per ciò che accadde in quel contesto. Ciononostante, esiste ancora una notevole resistenza riguardo a un riavvicinamento ecumenico e per questo i nostri passi devono essere prudenti. Con il nuovo arcivescovo e con i suoi collaboratori vogliamo continuare a compiere questi passi e sono molto soddisfatto di questa visita. Non avevo aspettative altissime: non sarebbe stato nemmeno pensabile risolvere tutti i problemi in un solo giorno, ma era importante stabilire il contatto personale. E questo è stato molto cordiale e molto disteso.


D. - Cosa può dirci della piccola comunità cattolica che vive in Grecia? Nell’antichità, sono sempre stati considerati semplicemente stranieri sia dal governo, sia dalla Chiesa, mi sembra…


R. - Yes, it’s a small Catholic Latin minority …
C’è una piccola minoranza cattolico-romana, ma c’è anche una minoranza greco-cattolica: ambedue sono in forte crescita a causa dell’immigrazione e le conseguenze di ciò vengono ora prese in seria considerazione. Finora non era stato così da parte della Chiesa ortodossa: io ho chiesto loro di non ignorarle completamente e me lo hanno promesso. Tuttavia l’immigrazione, come dicevo, è in crescita.

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Santa Sede: la Chiesa cattolica, “ancora di salvezza” in Africa


Afferma il capo Protocollo della Segreteria di Stato





ROMA, mercoledì, 25 febbraio 2009 (ZENIT.org).- “La Chiesa Cattolica costituisce un’ancora di salvezza e un’occasione di riscatto per il continente africano”.

E' quanto ha affermato monsignor Fortunatus Nwachukwu, capo Protocollo della Segreteria di Stato della Città del Vaticano, nel corso del Forum promosso questo lunedì a Roma da Harambee Africa International Onlus (www.harambee-africa.org), associazione internazionale che dal 2002 – in occasione della canonizzazione di Josemaría Escrivá, fondatore dell’Opus Dei – promuove iniziative di educazione in Africa e sull'Africa.

“Si parla sempre più frequentemente di Africa, argomento divenuto oramai di moda”, ha osservato monsignor Nwachukwu.

“Non pochi personaggi pubblici sono soliti farsi fotografare con bambini africani più per accreditare la propria immagine piuttosto che per contribuire realmente alla soluzione dei problemi che affiggono quei bambini”.

L’Africa, spiega il presule, “ha bisogno anzitutto di essere amata; vanno sconfitti in primo luogo gli stereotipi negativi che la dipingono inesorabilmente come spacciata, incapace, moribonda”.

Alla tentazione della resa o dell’inerzia, sostiene, “è necessario opporre la determinazione di chi, come la Chiesa Cattolica, è impegnata a raccogliere i segnali di speranza lanciati dal continente”.

La Chiesa, ricorda, in Africa è soprattutto presente nell’area sub sahariana ed è “chiamata a favorire la riconciliazione, la giustizia e la pace”, “linee guida che consentono di porre fine ai conflitti, di arginare gli egoismi, di sconfiggere le invidie che provocano veri e propri fratricidi”.

“I militari e i politici hanno clamorosamente fallito, proprio perché si sono mostrati attenti esclusivamente ai propri interessi personali e tribali – ha denunciato monsignor Nwachukwu –; là dove le missionarie e i missionari cristiani non hanno fallito affatto, hanno portato ospedali, educazione, cibo. Molti hanno sacrificato persino la propria vita per portare la luce del mondo e il sole della terra”


25/02/2009 21:43
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La risposta del cardinale Sodano, Decano del Collegio cardinalizio, alle critiche del teologo Hans Küng, apparse su "Le Monde" e "La Stampa"

Sconcerto del cardinale Angelo Sodano, Decano del Collegio cardinalizio, espresso ai microfoni della Radio Vaticana, sui contenuti dell'intervista al prof. Hans Küng, rilasciata al giornale francese "Le Monde" e pubblicata questa mattina dal quotidiano italiano "La Stampa", in cui il teologo lancia forti critiche al Papa e alla Chiesa. Ecco la risposta del porporato al microfono di Roberto Piermarini

R. Stamani sono stato interiormente ferito, nel leggere l’intervista che sarebbe stata rilasciata dal Rev.do Prof. Hans Küng al quotidiano francese “Le Monde” e che poi è stata diffusa in Italia dal giornale “La Stampa”. Se il testo è esatto, sento il dovere di dire che si tratta di affermazioni generiche e non provate. Personalmente, sono testimone dell’impegno del Santo Padre per fare della Chiesa una famiglia, la famiglia dei figli di Dio.

D. Eminenza, non è stato sorpreso che proprio un quotidiano italiano abbia ripreso questa intervista rilasciata a “Le Monde”?

R. Non comprendo, come un noto quotidiano italiano, ben al corrente dell’opera del Papa, abbia voluto offrire tanta pubblicità a tale intervista, dandole inoltre un titolo, fra virgolette, che è diverso da quello originale francese e cadendo poi nell’errore di parlare del Concilio Ecumenico di Nicea, nell’odierna Turchia, tenutosi nel lontano 325, come del Concilio di Nizza!

D. Cardinale Sodano, cosa pensa di queste critiche alla Chiesa?

R. Una critica fraterna è sempre possibile nella Chiesa, fin dai tempi di San Pietro e di San Paolo. Una critica amara, invece, tanto più se generica, non contribuisce all’unità della Chiesa, per la quale tanto sta lavorando il Papa Benedetto XVI, che lo Spirito Santo ha collocato a reggere la Santa Chiesa di Dio, in quest’ora importante della sua storia.

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"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
26/02/2009 01:13
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Benedetto XVI propone una Quaresima di conversione


Presiedendo il rito delle Ceneri




CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 25 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Presiedendo la Stazione quaresimale nella Basilica di Santa Sabina all'Aventino, in occasione del Mercoledì delle Ceneri, Benedetto XVI ha lanciato un sentito appello alla conversione.

Per raggiungere questo obiettivo, il Papa ha proposto di vivere i quaranta giorni che preparano ala passione, morte e risurrezione di Cristo nel permanente ascolto della Parola di Dio.

Il rito è iniziato alle 16.30 nella chiesa di Sant’Anselmo all’Aventino, a Roma, con un momento di preghiera, seguito dalla processione penitenziale verso la Basilica di Santa Sabina.

Alla processione hanno presso parte Cardinali, Arcivescovi, Vescovi, i monaci benedettini di Sant’Anselmo, i padri domenicani di Santa Sabina e i fedeli.

Al termine della processione, nella Basilica di Santa Sabina, il Pontefice ha presieduto la celebrazione eucaristica, nella quale ha ricevuto l'imposizione delle Ceneri.

Durante l'omelia, ha esortato i presenti a “ricevere le ceneri sul capo in segno di conversione e di penitenza”, aprendo “il cuore all’azione vivificante della Parola di Dio”.

“La Quaresima, contrassegnata da un più frequente ascolto di questa Parola, da più intensa preghiera, da uno stile di vita austero e penitenziale, sia stimolo alla conversione e all’amore sincero verso i fratelli, specialmente quelli più poveri e bisognosi”, ha auspicato.

Ma “come essere vittoriosi nella lotta tra la carne e lo spirito, tra il bene e il male, lotta che segna la nostra esistenza?”, si è chiesto il Santo Padre.

Facendo esercizio di ascolto della Parola di Dio, ha citato proprio il brano evangelico della liturgia del Mercoledì delle Ceneri, che indica tre utili mezzi: “la preghiera, l’elemosina e il digiuno”.

L’uso di celebrare in Quaresima la Messa “stazionale” risale ai secoli VII-VIII, quando il Papa celebrava l’Eucaristia assistito da tutti i preti delle Chiese di Roma, in una delle 43 Basiliche stazionali della Città.

Dopo una preghiera iniziale si snodava la Processione da una Chiesa ad un’altra al canto delle Litanie dei Santi, che si concludeva con la celebrazione dell’Eucaristia.

Alla fine della Messa i preti prendevano il pane eucaristico (fermentum) e lo portavano ai fedeli che non avevano potuto partecipare, ad indicare la comunione e l’unità fra tutti i membri della Chiesa.

L’imposizione delle ceneri era un rito riservato dapprima ai penitenti pubblici, che avevano chiesto di venir riconciliati durante la Quaresima. Tuttavia, per umiltà e riconoscendosi sempre bisognosi di riconciliazione, il Papa, il clero e poi tutti i fedeli vollero successivamente associarsi a quel rito ricevendo anch’essi le ceneri.

La Stazione Quaresimale indica la dimensione pellegrinante del popolo di Dio che, in preparazione alla Settimana Santa, intensifica il deserto quaresimale e sperimenta la lontananza dalla “Gerusalemme” verso la quale si dirigerà la Domenica delle Palme, perché il Signore possa completare – nella Pasqua – la sua missione terrena e realizzare il disegno del Padre.


26/02/2009 16:38
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Emigrazione e speranza, “un binomio inscindibile”


Intervento del segretario del dicastero per i Migranti e gli Itineranti






CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 26 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Ogni storia di migrazione è legata alla speranza: a quella di trovare altrove migliori condizioni di vita per sé e per la propria famiglia, ma anche quella di poter un giorno tornare nella propria patria.

Lo ha affermato l'Arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, intervenendo questo giovedì sul tema “Emigrazione e speranza” all’Incontro di studio promosso dall’Associazione internazionale “Carità e Politica”, presso Caritas Internationalis, in Vaticano.

Durante l'incontro, organizzato a conclusione di un ciclo di conferenze sull’Enciclica di Benedetto XVI Spe salvi, il presule ha infatti osservato che emigrazione e speranza formano “un binomio inscindibile”.

Se “non può esserci emigrazione senza la speranza e il desiderio di una vita migliore, di lasciarsi dietro la 'disperazione' di un lavoro che non c’è e di un futuro impossibile da costruire”, al tempo stesso “i viaggi sono animati dalla speranza del ritorno, dal momento che le fatiche e la difficile vita del migrante sembrano più facili da sopportare se, un giorno, si potrà tornare a casa”, ha osservato.

L'Arcivescovo ricorda che l'Enciclica papale prende l’avvio dalle parole che San Paolo indirizza alla comunità cristiana di Roma, “Spe salvi facti sumus” (Rm 8,24) – “nella speranza siamo stati salvati” –, “per spiegare che in tale espressione è racchiuso il senso della fede in Cristo e, quindi, anche della redenzione, proprio perché essa – la salvezza – è offerta nella speranza”.

La speranza cristiana, osserva, “riguarda certo in modo personale ciascuno di noi, la salvezza eterna del nostro io e la sua vita in questo mondo”, ma è anche “speranza comunitaria, speranza per la Chiesa e per l’intera famiglia umana, è cioè sempre essenzialmente anche speranza per gli altri; solo così essa è veramente speranza anche per me”.

La sollecitudine pastorale della Chiesa verso i migranti, ha sottolineato il presule, ha proprio questo compito e questa forza, cioè generare speranza.

Chi parte, del resto, “è generalmente disposto a tutto e, talora, tutto deve subire pur di non essere costretto a tornare fallito da un’avventura mal riuscita”, ha constatato.

“E' la speranza umana che illumina le vie dell’emigrazione e che rende possibile sopportare anni di fatica, lavori umilianti e condizioni di vita proibitive. Alcuni falliscono, ma altri riescono e ricostituiscono possibilità di vita per sé e per i propri figli, senza dimenticare che lo sviluppo e il benessere di molti Paesi, nel mondo, sono stati costruiti proprio da migranti capaci di avere speranze, di nutrirsi di sogni e di credere alle promesse”.

“Così, essi hanno dato un notevole contributo sia ai Paesi d’origine che a quelli d’accoglienza: si compiono in tal modo anche le speranze delle Nazioni e non solo quelle individuali e familiari”.

L’annuncio della speranza, nei contesti migratori, ha proseguito il presule, “sospinge verso inediti orizzonti”.

“Le nostre comunità cristiane devono diventare grandi nell’amore che dà speranza e che va oltre le pur legittime speranze terrene, poiché queste ultime sono tali che, una volta raggiunte, vengono già superate e non riescono a permeare di quella gioia che può venire solo dall’Alto, dall’Eterno”.

L'Arcivescovo ha quindi rivolto un pensiero alla Vergine Maria, “icona vivente della donna migrante”: “Ella dà alla luce suo Figlio lontano da casa ed è costretta a fuggire in Egitto. La devozione popolare considera quindi giustamente Maria come Madonna del cammino”.

26/02/2009 16:39
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Card. Kasper: il cammino ecumenico con gli ortodossi greci sarà lungo


Visita il nuovo Patriarca di Grecia, Hieronymos II




CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 26 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Il Cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, si è detto soddisfatto della sua visita ad Atene, all'inizio di questa settimana, per conoscere il nuovo Patriarca greco-ortodosso, Hieronymos II, pur avendo riconosciuto che il dialogo ecumenico incontra “ancora una notevole resistenza” che non crede si risolverà immediatamente.

In alcune dichiarazioni alla “Radio Vaticana”, il porporato ha spiegato che la visita attuale è stata “di cortesia”, visto che non conosceva ancora personalmente il nuovo Patriarca. “Avevo desiderio di conoscerlo e volevo proseguire nel dialogo attualmente in corso”.

“E’ un uomo veramente umile e modesto e il nostro è stato veramente un bell’incontro, anche quello con i suoi collaboratori”, ha affermato.

Il Cardinale Kasper ha aggiunto che il dialogo con il Patriarca si è concentrato su questioni di ordine pratico di intesa tra le due Chiese, visto che il dialogo teologico si svolge congiuntamente con tutte le Chiese ortodosse.

“Ovunque, in Europa, è la stessa cosa, si presentano le stesse sfide, come quella dell’immigrazione che è molto forte. E anche in Grecia c’è la sfida dei problemi sociali dovuti alla crisi economica, c’è la disoccupazione in aumento… Penso che in questo ambito si possa collaborare. Loro sono molto interessati ad imparare anche dalle nostre esperienze, e questo è molto importante”, ha spiegato.

In particolare, il porporato ha alluso alla situazione della minoranza cattolica di rito latino e ai greco-cattolici, il cui numero è “in forte crescita” grazie all'immigrazione.

“Le conseguenze di ciò vengono ora prese in seria considerazione. Finora non era stato così da parte della Chiesa ortodossa: io ho chiesto loro di non ignorarle completamente e me lo hanno promesso”, ha aggiunto.

Circa il dialogo ecumenico in corso, il Cardinale ha riconosciuto che esiste ancora una grande resistenza con gli ortodossi greci: “La Chiesa di Grecia ha una lunga e ricca tradizione, ma conserva brutti ricordi del passato, in particolare per quanto riguarda le Crociate”.

Per il presidente del dicastero vaticano, il gesto di Giovanni Paolo II di chiedere perdono per gli abusi commessi dai crociati è stato “molto importante”, ma nonostante questo “esiste ancora una notevole resistenza riguardo a un riavvicinamento ecumenico e per questo i nostri passi devono essere prudenti”.

“Con il nuovo Arcivescovo e con i suoi collaboratori vogliamo continuare a compiere questi passi e sono molto soddisfatto di questa visita. Non avevo aspettative altissime: non sarebbe stato nemmeno pensabile risolvere tutti i problemi in un solo giorno, ma era importante stabilire il contatto personale”, ha aggiunto.

Hieronymos di Tebe è stato consacrato Patriarca di Atene e di tutta la Grecia il 16 febbraio 2008, succedendo a Christodoulos I, il Patriarca che ha ospitato Giovanni Paolo II nella sua storica visita in Grecia nel 2000.

Il Patriarca precedente, come ha riconosciuto lo stesso Benedetto XVI nel messaggio di condoglianze reso pubblico alla morte di Christodoulos, è stato l'artefice dell'apertura di “una nuova epoca di cordiale collaborazione” tra cattolici e ortodossi, atteggiamento in cui era sostenuto, tra gli altri presuli greco-ortodossi, dallo stesso Hieronymos.





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Dichiarazione del Vescovo “lefebvriano” Richard Williamson



CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 26 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo di una dichiarazione del Vescovo “lefebvriano” Richard Williamson, divenuto noto di recente per le sue affermazioni negazioniste dell'Olocausto, inviato a ZENIT dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei.




* * *

Il Santo Padre e il mio Superiore, il Vescovo Bernard Fellay, mi hanno chiesto di riconsiderare le dichiarazioni da me rilasciate alla televisione svedese quattro mesi fa, per il fatto che le loro conseguenze sono state così gravi.

Tenendo conto di queste conseguenze, posso affermare in tutta sincerità che mi rammarico di aver espresso quelle dichiarazioni, e che se avessi saputo in anticipo il danno e il dolore che avrebbero arrecato, soprattutto alla Chiesa, ma anche ai sopravvissuti e ai parenti delle vittime che hanno subito ingiustizie sotto il Terzo Reich, non le avrei rilasciate.

Alla televisione svedese ho solo espresso l'opinione (... “Credo”... “Credo”...) di un non-storico, un'opinione formatasi 20 anni fa sulla base delle prove allora disponibili, e da allora raramente espressa in pubblico. Ad ogni modo, gli eventi delle ultime settimane e il consiglio dei superiori della Fraternità San Pio X mi hanno convinto di essere responsabile della pena che ne è derivata. Chiedo perdono davanti a Dio a tutte le anime che si sono onestamente scandalizzate per ciò che ho detto.

Come ha affermato il Santo Padre, ogni atto di violenza ingiusta contro un uomo ferisce tutta l'umanità.







+ Richard Williamson,

Londra, 26 febbraio2009




Il Vescovo Williamson chiede perdono alle vittime dell'Olocausto e alla Chiesa


Dichiarazione emessa questo giovedì





LONDRA, giovedì, 26 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Monsignor Richard Williamson, uno dei quattro Vescovi della Fraternità San Pio X a cui il Papa ha rimesso la scomunica, ha chiesto perdono questo giovedì alle vittime dell'Olocausto e alla Chiesa per le dichiarazioni in cui aveva negato l'ampiezza di questo crimine contro l'umanità.

In una dichiarazione emessa dopo essere tornato a Londra in seguito alla sua espulsione da parte del Governo argentino, il presule spiega: “Il Santo Padre e il mio Superiore, il Vescovo Bernard Fellay, mi hanno chiesto di riconsiderare le dichiarazioni da me rilasciate alla televisione svedese quattro mesi fa, per il fatto che le loro conseguenze sono state così gravi”.

“Tenendo conto di queste conseguenze, posso affermare in tutta sincerità che mi rammarico di aver espresso quelle dichiarazioni, e che se avessi saputo in anticipo il danno e il dolore che avrebbero arrecato, soprattutto alla Chiesa, ma anche ai sopravvissuti e ai parenti delle vittime che hanno subito ingiustizie sotto il Terzo Reich, non le avrei rilasciate”, osserva.

Il presule constata di aver espresso alla televisione svedese solo un'“opinione” “di un non-storico, un'opinione formatasi 20 anni fa sulla base delle prove allora disponibili, e da allora raramente espressa in pubblico”.

“Gli eventi delle ultime settimane e il consiglio dei superiori della Fraternità San Pio X mi hanno convinto di essere responsabile della pena che ne è derivata”, confessa.

“Chiedo perdono davanti a Dio a tutte le anime che si sono onestamente scandalizzate per ciò che ho detto”.

“Come ha affermato il Santo Padre, ogni atto di violenza ingiusta contro un uomo ferisce tutta l'umanità”.

Un portavoce della Conferenza dei Vescovi Cattolici dell'Inghilterra e del Galles ha spiegato questo mercoledì che monsignor Williamson, come gli altri Vescovi della Fraternità San Pio X, non è in comunione con la Chiesa, motivo per il quale non può celebrare i sacramenti nella Chiesa cattolica.

“La sua ordinazione episcopale è stata illecita e non è riconosciuta dalla Chiesa cattolica”, ha ribadito.

26/02/2009 16:40
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Il Cardinale Tarcisio Bertone omaggia la gloriosa memoria di Pio XI: “Un Pastore che operò senza paura e con coraggio in uno dei periodi più bui della storia”



CITTA’ DEL VATICANO - Pio XI fu un "grande Pastore" che si distinse "per il coraggio e la fermezza con cui seppe guidare la Chiesa in un mondo agitato da numerosi e gravi problemi", tra cui la prima guerra mondiale e l'ombra della seconda. Fu "un personaggio di primo piano nella Chiesa di fine Ottocento e prima metà del Novecento". In questi termini, il Cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, ricorda Papa Ratti, aprendo in Vaticano il Convegno Internazionale 'La sollecitudine ecclesiale di Pio XI alla luce delle fonti archivistiche", promosso dal Pontificio Comitato di Scienze storiche. "La vicenda umana ed ecclesiale di Pio XI è realmente stupefacente: la si potrebbe persino definire inverosimile", ha detto il braccio destro di Benedetto XVI. "Una volta divenuto Pontefice rivelò subito una straordinaria attitudine a reggere e a guidare con mano ferma e preveggente attenzione le sorti della Chiesa". Durante il suo pontificato, Pio XI incoraggiò "ogni sforzo compiuto dai popoli per guarire le ferite della prima guerra mondiale, e per impedire che si tornasse alle lotte fratricide. Eppure terminava il suo pellegrinaggio terreno proprio mentre andava acuendosi la tensione con il regime fascista a causa delle leggi razziali volute da Mussolini, e l'Europa si avviava drammaticamente verso un nuovo sanguinoso conflitto mondiale". Bertone ha poi ricordato che "la missione ecclesiale di questo Papa si è svolta in uno scenario che in verità non poteva essere più fosco. Si trovò a dover affrontare ben cinque dittatori: Mussolini, che ascese al potere otto mesi dopo la sua elezione, Salazar in Portogallo, Hitler in Germania, Franco in Spagna, Stalin in Urss; la crisi finanziaria del 1929; la persecuzione dei cattolici in Messico e la guerra civile in Spagna; la conquista italiana dell'Etiopia; le leggi razziali. In questo difficile contesto - ha aggiunto il segretario di Stato - il Papa agì con determinazione e coraggio coadiuvato validamente in primo luogo dai suoi segretari di Stato: il cardinale Pietro Gasparri e dal 1930 il cardinale Eugenio Pacelli", divenuto poi Pio XII. L'azione pastorale di Pio XI "fu veramente sorprendente, perchè riuscì ad abbracciare vari fronti. L'internazionalizzazione della Chiesa di Roma fece in quegli anni passi avanti fondamentali, segnati da scelte che si rivelarono poi decisive". "Questo Pontefice - ha ribadito il porporato - seppe governare la chiesa con vigore, guardando con occhi nuovi alle missioni e al radicamento cattolico al di fuori dell'Europa; fu sensibile alle questioni emergenti nella cultura e spinse i cattolici ad un impegno nel sociale". Infine, Bertone ha rammentato come "grazie all'apertura degli archivi vaticani, la storiografia del suo lungo pontificato ha ricevuto nuovi impulsi e ha prodotti nuovi risultati. Il 30 giugno 2006 Benedetto XVI ha annunciato l'accessibilità a tutte le fonti documentarie conservate nelle diverse serie degli archivi vaticani e principalmente nell'Archivio segreto vaticano".

26/02/2009 16:41
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Da Petrus

Diocesi di Roma, la preoccupazione del Cardinale Vallini: “Viviamo un tempo ricco di sfide difficili per la Chiesa”



CITTA’ DEL VATICANO - "Viviamo un tempo non facile e molte sfide si pongono alla Chiesa; Roma e' profondamente mutata e anche i programmi pastorali e la prassi ordinaria del ministero hanno bisogno di essere meglio adeguati alle nuove esigenze". Lo ha detto il Cardinale Agostino Vallini (nella foto con il Pontefice), vicario del Santo Padre per la diocesi di Roma, nell'indirizzo di saluto a Benedetto XVI, che ha ricevuto - come tradizione - parroci e sacerdoti della Capitale per un incontro dialogato. I sacerdoti romani - ha aggiunto Vallini - vogliono dire al Papa "la nostra gioia, i nostri successi pastorali, ma anche le nostre fatiche, le nostre pene, i nostri dubbi, le nostre speranze". Quindi, ha continuato: "I nostri sacerdoti si prodigano generosamente con spirito di fede e di amore a Cristo e alla Chiesa, sentono forte il loro vincolo di comunione e di obbedienza al Papa, amano i poveri. Le nostre parrocchie sono comunita' vive e punti di riferimento dei quartieri e per l'intero territorio. Molte opere e iniziative di carita' e di solidarieta' danno sollievo e aiuto concreto a tante famiglie in difficolta' e a tante persone. Si fa tanto in favore dei poveri - ha concluso il porporato - anche se vorremmo fare molto di più".

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Benedetto XVI al clero romano: parola e testimonianza per raggiungere il cuore dell’uomo. E sulla crisi economica: le radici sono nell’egoismo

Le ragioni profonde della crisi economica, l’importanza del primo annuncio e, ancora l’emergenza educativa, il ruolo del parroco nella società di oggi e la centralità della liturgia nella vita del cristiano: sono alcuni dei temi forti affrontati stamani in Vaticano da Benedetto XVI nel suo tradizionale incontro con il clero romano, all’inizio della Quaresima, il primo con il nuovo cardinale vicario, Agostino Vallini. Introducendo l’evento, il porporato ha messo l’accento sulla dimensione famigliare dell’incontro nel quale i parroci romani hanno potuto raccontare al proprio vescovo successi e fatiche della propria attività pastorale. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Un incontro caratterizzato dall’affetto e dalla franchezza. Uno scambio famigliare, ha detto il Papa, sottolineando quanto sia importante per lui poter ascoltare le esperienze dei sacerdoti della sua diocesi. Benedetto XVI ha risposto ad otto domande di parroci, espressione della Chiesa di Roma, che hanno spaziato su diversi temi. Rispondendo ad un sacerdote della zona periferica di Tor Bella Monaca, dove si fa particolarmente sentire la crisi economica, il Papa ha ribadito che la Chiesa è chiamata a denunciare i fallimenti del sistema economico-finanziario senza moralismi:

"Denunciare questi errori fondamentali che si sono adesso dimostrati nel crollo delle grandi banche americane: l’avarizia umana è idolatria che va contro il vero Dio e la falsificazione dell’immagine di Dio con un altro dio – Mammona; dobbiamo denunciare con coraggio ma anche con concretezza, perché i grandi moralismi non aiutano se non sono sostenuti dalla conoscenza della realtà, che aiuta anche a capire che cosa si può in concreto fare!".

Da sempre, ha rilevato, la Chiesa non solo denuncia i mali, ma mostra le strade che portano alla giustizia, alla carità, alla conversione dei cuori. Non sempre è facile, ha riconosciuto, perché spesso si oppongono interessi di gruppo. Anche nell’economia, ha proseguito, la giustizia si costruisce dunque solo se ci sono i giusti e costoro si formano con la conversione dei cuori. Ha quindi ricordato che su questo tema sta preparando un'Enciclica. Due domande, in particolare si sono soffermate sulla sfida della missione evangelizzatrice. Il Papa ha esortato il clero romano a unire gli studi di teologia con l’esperienza concreta per tradurre la Parola di Dio all’uomo di oggi. Non dobbiamo perdere la semplicità della Verità, ha detto ancora, che non può essere assimilata ad una filosofia. Benedetto XVI ha poi messo l’accento sul ruolo del parroco che, ha affermato, come nessun altro conosce l’uomo nella sua profondità, al di là dei ruoli che ricopre nella società:

"Per l’annuncio abbiamo bisogno dei due elementi: testimonianza e parola. E’ necessaria la parola, che fa apparire la verità di Dio, la presenza di Dio in Cristo e quindi l’annuncio è una cosa assolutamente indispensabile, fondamentale, ma è necessaria anche la testimonianza che dà credibilità a questa parola, perché non appaia solo come una bella filosofia, una utopia. E in questo senso mi sembra che la testimonianza della comunità credente sia di grandissima importanza. Dobbiamo aprire, in quanto possiamo, luoghi di esperienza della fede".

Il Pontefice ha quindi offerto la sua riflessione su un tema a lui particolarmente caro quale è quello dell’emergenza educativa. Compito dei sacerdoti, ha rilevato, fin dall’oratorio è offrire ai giovani una formazione umana integrale. Ed ha ribadito che oggi viviamo in un mondo dove molte persone hanno tante conoscenze ma senza orientamento interiore etico. Per questo, la Chiesa ha il dovere di proporre una formazione umana illuminata dalla fede. Aprirsi dunque alla cultura del nostro tempo, ma indicando criteri di discernimento. Nell’incontro non sono mancati momenti simpatici come quando un parroco del quartiere della Casilina ha declinato un sonetto in romanesco per celebrare la prossima visita di Benedetto XVI in Campidoglio. Una poesia che il Santo Padre ha particolarmente gradito:

"Grazie! Abbiamo sentito parlare il cuore romano, che è un cuore di poesia. E’ molto bello sentire un po’ di romanesco e sentire che la poesia è profondamente radicata nel cuore romano. Questo forse è un privilegio naturale che il Signore ha dato ai romani, è un carisma naturale che precede i privilegi ecclesiali …" (risa - applausi)

Nel colloquio con il clero romano, durato quasi due ore, il Papa ha anche parlato della liturgia ribadendo che imparare a celebrare significa conoscere Gesù Cristo, entrare in contatto con Lui. La Liturgia, è stata la sua riflessione, deve sempre più essere il cuore del nostro essere cristiani. Ancora, il Pontefice ha indicato la peculiarità della Chiesa di Roma, chiamata a presiedere nella Carità. Un dono, ha affermato, che riguarda tutti i fedeli di Roma. Il ministero petrino, ha poi aggiunto, deve garantire l’unità e la ricchezza della Chiesa, prevenendo ogni assolutizzazione ed escludendo ogni particolarismo.



www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=721&set...

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VATICANO: CARD. POLETTO E VESCOVI PIEMONTE CONTRO KUNG E 'LA STAMPA'

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 26 feb

''Profondo dolore e disappunto'' per l'intervista, ''nella quale si esprimono critiche ingiustificate nei confronti di Benedetto XVI'', rilasciata dal teologo Hans Kung al quotidiano francese Le Monde e ripubblicata ieri da La Stampa: li esprime, interpellato dall'Osservatore Romano, l'arcivescovo di Torino, card. Severino Poletto.
''Non posso nascondere - spiega Poletto - l'amarezza e il dolore che ho provato di fronte a questa pagina di un giornale ancora letto da molti nella mia citta'''.
L'arcivescovo di Torino ricorda anche la prossima Ostensione della Sindone, organizzata per il 2010 ''in piena collaborazione con le istituzioni della citta', della provincia e della regione''. Alla luce di questo evento, ''l'intervista pubblicata da ''La Stampa' non e' certo di aiuto nel predisporre gli animi al tanto desiderato incontro col Papa nella nostra citta'''.

''Auspico percio' - prosegue - che proprio il giornale piu' diffuso a Torino assuma un atteggiamento maggiormente attento nei confronti della Chiesa cattolica e in particolare della persona del Santo Padre''.

Per Poletto, e' anche ''da respingere la provocazione di chi, come il prof. Kung, con la pretesa di essere lui a indicare al Papa le scelte che dovrebbe compiere per il bene della Chiesa, misconosce in modo pregiudiziale la generosa dedizione con cui Benedetto XVI svolge il suo servizio petrino in fedelta' alle Sacre Scritture e al Concilio, e con la volonta' di riunire nell'unica Chiesa di Cristo tutti i credenti, anche i piu' lontani''. Sulla stessa linea, anche la Conferenza Episcopale Piemontese che, in un comunicato, ''desidera unire la propria voce'' a quella di Poletto ''nell'esprimere amarezza e sconcerto per le ingiuste critiche rivolte'' al pontefice.
''Si tratta - scrivono i vescovi - di un attacco infondato che alimenta la disinformazione'', perche' ''ignora la linea del Papa e della Santa Sede, ribadita piu' volte anche di recente, fermamente contraria ad ogni rigurgito di antisemitismo'', perche' ''dimentica quanto e' stato autorevolmente chiarito da interventi ufficiali''.

''Forse - aggiungono ancora i presuli piemontesi criticando la descrizione fatta da Kung di papa Ratzinger - e' proprio il prof. Kung a vivere in un suo ''Kremlino' e ci meraviglia che un giornale di grande tradizione come La Stampa non sappia valutare per quello che sono certe posizioni, che vorrebbero presentarsi come aperte e innovatrici e che risultano invece sempre piu' ripetitive, provinciali e scontate''.

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giovedì 26 febbraio 2009

Deliri di un ottuagenario

Non so se abbiate avuto modo di leggere l'intervista rilasciata l'altro giorno da Hans Küng a Le Monde (e diligentemente divulgata in Italia da La Stampa). Nonostante l'avanzare degli anni, il "piú grande teologo contestatore cattolico vivente" non demorde e continua a pontificare ex cathedra. La cattedra, come al solito, sono i grandi mezzi di comunicazione, sempre pronti a fare da grancassa al suo infallibile magistero.

Dall'intervista traspare chiaramente la stizza del teologo tedesco per non essere lui il Papa, ma il suo coetaneo-concorrente Ratzinger. Dopotutto, era lui l'esperto invitato al Concilio da Giovanni XXIII; Ratzinger era un semplice teologo privato dell'Arcivescono di Colonia! Un altro motivo di astio è dato dal fatto che ai lefebvriani è stata rimessa la scomunica; lui invece non è stato ancora "riabilitato".

Secondo il profeta del progressismo cattolico, la revoca della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani "non è stata un difetto di comunicazione o di tattica, ma ha costituito un errore di governo del Vaticano". Il vero problema non è il negazionismo di Mons. Williamson, "il problema fondamentale è l'opposizione al Vaticano II, e in particolare il rifiuto di un rapporto nuovo con l'ebraismo". Sembra di leggere il comunicato della Conferenza episcopale tedesca (vedi il mio primo post del 30 gennaio: che Küng sia il consulente teologico della CET?) Ancora una volta, il valore assoluto è il Vaticano II, ma un Vaticano II completamente ideologizzato: un sostenitore del Concilio dovrebbe essere ecumenico, dovrebbe avere a cuore il problema dell'unità della Chiesa. Ma, a quanto pare, anche l'ecumenismo di Küng è solo un'ideologia. E poi — che volete? — ormai anche l'ecumenismo non è piú di moda; la cosa piú importante del Concilio è il "rapporto nuovo con l'ebraismo". Viene il sospetto che abbiano ragione quanti sostengono che il Vaticano II sia stato voluto dalla massoneria e dagli ebrei.

Papa Ratzinger è un povero idiota, che vive fuori del mondo: "Ha viaggiato poco. È rimasto chiuso in Vaticano, che è come il Cremlino di una volta"; per cui "non è stato in grado di misurare l'impatto di una tale decisione nel mondo". Di quale mondo sta parlando? Del mondo virtuale dei mezzi di comunicazione (controllati sappiamo bene da chi), nel quale lui si trova tanto a suo agio? In Vaticano "non c'è nessun elemento democratico, nessuna correzione. Il papa è stato eletto dai conservatori, e oggi è lui che nomina conservatori". Che il Vaticano fosse un luogo insidioso per la salvezza dell'anima lo sapevamo da tempo (e per questo, pur essendo nati e cresciuti all'ombra del cupolone, preferiamo starne a distanza), ma mi chiedo: che democrazia c'è nel mondo di Küng, dove tutto è controllato da poteri oscuri che usano la democrazia unicamente per coprire le loro malefatte?

Benedetto XVI "è fedele al Concilio alla sua maniera. Insiste sempre, come Giovanni Paolo II, sulla continuità con la tradizione". E chiamala la "sua maniera"! Non dovrebbe essere la maniera cattolica di interpretare non solo un concilio, ma qualunque atto ecclesiale? Ma, a quanto pare, il Concilio di Küng non è quello contenuto nei documenti ufficiali, bensí quello contenuto nella sua mente (e probabilmente di molti altri che parteciparono al Concilio). Secondo lui "il Vaticano II ha provocato una rottura, per esempio, sul riconoscimento della libertà religiosa". Non si accorge di dar ragione cosí ai lefebvriani? "Benedetto XVI ha una posizione ambigua sui testi del Concilio, poiché non è mai stato a suo agio con la modernità e la riforma". Ma che dice? Se c'è un appunto che si può fare all'attuale Pontefice da parte tradizionalista è proprio la sua insistenza sulla libertà religiosa (ha letto Küng il discorso alla Curia Romana del 22 dicembre 2005?) e sulla modernità (nel suo dialogo con l'Islam, sembra talvolta che gli stiano piú a cuore i valori dell'illuminismo che non quelli del Vangelo). Quanto poi alla "riforma", che significa? Papa Ratzinger sta cercando di fare una "riforma della riforma": perché la prima riforma (quella del Concilio) era legittima e questa (quella di Benedetto XVI) non lo dovrebbe essere? Chi giudica sulla bontà delle riforme?

Peccato mortale: il Papa, in occasione del 50° anniversario del Concilio, non ha "fatto l'elogio del suo predecessore" [= Giovanni XXIII], ma ha "scelto di revocare la scomunica di persone in opposizione a quel Concilio". Meraviglia che tali "progressisti" siano cosí rivolti a commemorare il passato. Abbiamo appena terminato la commemorazione dei 40 anni dalla chiusura del Concilio; ora dobbiamo ricominciare da capo? Prima il 50° dell'elezione di Papa Roncalli (ed è stato fatto); ora il 50° dell'annuncio del Concilio; poi ci sarà da celebrare il 50° dell'inizio del Concilio; e poi, di nuovo, il 50° della fine del Concilio. Basta! Non se ne può piú.

Papa Ratzinger difende l'idea del "piccolo gregge" (che, essendo espressione evangelica, non significa "chiesa di élite"). Lo sapevamo, lo ha sempre pubblicamente dichiarato. Ma a me risulta che questa idea non era l'idea degli "integralisti" (che hanno sempre difeso una chiesa di potere), ma esattamente il contrario, l'idea dei "progressisti" (che dicevano di rifarsi al Vangelo). "È un'illusione pensare che si possa continuare cosí, senza preti, senza vocazioni". Oibò, che succede? È la prima volta che sento un nume conciliare lamentarsi della crisi delle vocazioni! Significa proprio che il povero Hans sta invecchiando. Ma come? Dopo aver fatto di tutto per declericalizzare la Chiesa e promuovere il laicato, ora si lamenta che non ci sono piú preti? E perché mai un giovane dovrebbe farsi prete, dopo tutto quel che è stato fatto per spogliarlo della sua importanza?

Ma il bello deve ancora venire. "La Chiesa rischia di diventare una setta". Ma non si accorge che, proprio grazie a gente come lui, la Chiesa è già diventata una setta? Quando si afferma che le religioni si equivalgono, costituendo ciascuna una via di salvezza, non si nega la cattolicità della Chiesa e non se ne fa in tal modo una setta? La Chiesa postconciliare, fatta di qualche (vecchio) prete e di tanti "operatori pastorali" (ministri straordinari dell'Eucaristia, lettori, catechisti, presidenti di consigli pastorali e comitati vari), rinchiusa nelle sagrestie senza alcun contatto col mondo esterno, non è forse una setta?

Che cosa dovrebbe fare Benedetto XVI? "Innanzitutto occorrerebbe che riconoscesse che la Chiesa cattolica sta attraversando una crisi profonda". Come se non lo avesse già fatto. Ci si potrebbe chiedere semmai: di chi è la colpa di questa crisi? Ma sentite quanto segue, perché, alla fine dell'intervista, viene fuori ciò che stava e continua a stare a cuore a certi teologi conciliari: l'ammissione dei divorziati alla comunione, la correzione dell'Humanæ vitæ (per dire che "in certi casi la pillola è possibile"), l'abolizione del celibato dei preti, un nuovo modo di elezione dei vescovi. Chissà come mai s'è scordato del sacerdozio alle donne! Ecco le grandi preoccupazioni degli esperti conciliari; ecco i veri motivi per cui è stato fatto il Vaticano II! E noi che pensavamo che la Chiesa avesse bisogno di un rinnovamento spirituale!

Visto che Küng & C. non sono riusciti a raggiungere i loro obiettivi col Vaticano II, continuano a sperare nel Vaticano III. Ma non ri rendono conto (loro che vivono nel loro mondo virtuale) che, se davvero si facesse un nuovo concilio oggi, probabilmente avrebbero delle brutte sorprese...

Pubblicato da Querculanus a 10.35

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26/02/2009 19:20
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"Un'attitudine anticattolica alberga nel clero di Linz"

Don Joseph Bauer, portavoce del Circolo presbiterale di Linz (costituitosi due decenni orsono tra una trentina di preti, in reazione al Consiglio presbiterale ufficiale del quale non condividevano la deriva progressista) ha rilasciato un'intervista al Kirchenzeitung (=gazzetta della Chiesa) nella quale critica l'attitudine del vescovo di Linz, che non ha saputo difendere l'ausiliario appena nominatogli, Wagner appunto, dimessosi per le proteste sollevate in merito a sue controverse osservazioni su Harry Potter e sull'uragano Katrina e lo tsunami come punizioni celesti.
Bauer osserva come ci siano cartelli di potere a Linz, dove vescovo dopo vescovo sono costretti a seguire la linea. E se uno non è d'accordo, viene fatto secco come è avvenuto a don Wagner.
L'opposizione a Wagner ha mostrato, aggiunge, "che nella diocesi di Linz nelle ultime tre o quattro decadi ha albergato un'attitudine anticattolica"
Come fondamenti specifici del cattolicesimo, Bauer ha citato l'amore per l'eucarestia, l'amore di Maria e l'amore per il Papa [i tre candori di S. Giovanni Bosco].

Infine, ha parlato dei vicariati che hanno fatto mattane, rifiutando di riconoscere Wagner come vescovo, e ha parlato di un "indurimento contro il Papa"

Wagner sarebbe rimasto, conclude, se il vescovo Ludwig Scharz non l'avesse lasciato solo.

Fonte: Cathcon

Da Messainlatino.it


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