04/02/2009 16:59 |
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Lettera a Joseph Ratzinger
Forse è arrivato il momento per la visita del Papa in Israele
di Yasha Reibman
Chi ritiene che il rapporto tra cattolicesimo ed ebraismo sia una priorità strategica, chi di fronte al fondamentalismo, alla persecuzione dei cristiani nei paesi islamici e alla minaccia di distruzione di Israele pensa che ebrei e cristiani debbano essere ancora più alleati in nome della libertà religiosa e difendere così anche i musulmani moderati, chi pensa che questa linea sia la strada che proprio papa Ratzinger intende seguire, non può non fermarsi a riflettere sui numerosi incidenti avvenuti in questi mesi tra Vaticano ed ebrei. Il processo di beatificazione di Pio XII, il papa accusato di aver taciuto davanti alla Shoah, ma di aver permesso che molti ebrei venissero salvati nei monasteri (e anche il pontifice su cui incombe l’ombra dell’accusa dei salvacondotti vaticani che consentirono a numerosi nazisti di rifugiarsi in Sud America); le parole del cardinale Renato Raffaele Martino, per anni rappresentante del Vaticano presso le Nazioni Unite, il quale, durante l’ultima guerra per fermare i missili di Hamas su Israele, ha paragonato Gaza a un campo di concentramento; poi lo scontro sul reinserimento della possibilità di celebrare la Messa in latino, inclusa la preghiera del Venerdì Santo che contiene l’auspicio della conversione degli ebrei; infine la cancellazione della scomunica dei vescovi lefebvriani e le parole di monsignor Richard Williamson, che ha negato l’esistenza delle camere a gas.
Le reazioni imbarazzate dei rappresentanti della fraternità sacerdotale di San Pio X, che hanno definito le parole di Williamson «inopportune», e le loro inadeguate scuse rivolte al Papa, senza neanche una parola sulla Shoah o sugli ebrei, hanno costretto lo stesso Benedetto XVI a intervenire in prima persona. Molti commentatori ritengono che tutto questo sia il frutto di cattivi consiglieri che starebbero remando contro l’operato del Papa. A volte comunque le azioni valgono più delle parole. Nonostante i numerosi inviti, il Papa finora non ha visitato la sinagoga di Roma e non è andato in Israele. Potrebbe essere l’ora di fare il check in. Magari volando El Al, gli aerei con la stella di Davide sulle ali.
© Copyright Tempi, 3 febbraio 2009
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