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Notizie dal B16F

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2015 04:06
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Le ambiguità dietro i diritti dei disabili e delle persone omosessuali


Il commento dell'Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'ONU





CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 30 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Negli ultimi tempi, la posizione espressa dalla Santa Sede in relazione alla Convenzione sulle persone disabili e alla Dichiarazione sull'orientamento sessuale, l'identità di genere e i diritti umani ha suscitato non poche critiche.

In questo contesto, l'Arcivescovo Celestino Migliore, Nunzio Apostolico e Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha spiegato in un'intervista rilasciata a Il Regno ciò che la Chiesa pensa al riguardo.

Circa la Convenzione sulle persone con disabilità, il presule ha affermato che, "pur riconoscendone l'importanza e l'urgenza di attuazione in molti dei suoi aspetti, la Santa Sede si astenne dal firmarla perché il testo si presta ad avallare l'aborto come modalità della cosiddetta salute riproduttiva".

Nella fase negoziale, la delegazione della Santa Sede ha sottolinea l'ambiguità dell'espressione chiedendo "non che essa fosse espunta, ma che venisse precisata una volta per tutte, così da escludere l'aborto dal ventaglio delle sue accezioni", ma la richiesta non è stata accolta, adducendo che il testo "non intendeva creare nuovi diritti, ma solo assicurare che alle persone con disabilità venisse riconosciuto nulla in meno di quanto è riconosciuto a ogni persona", punto sul quale "la Santa Sede era perfettamente d'accordo".

L'intensificazione delle pressioni da parte dei sostenitori dell'aborto per lo sbarramento della proposta ha fatto emergere il fatto che "la posta in gioco non era più la sola tutela giuridica delle persone disabili - compiutamente espressa nella proposta della Santa Sede -, ma l'uso di questa Convenzione per far avanzare un discorso che, tra l'altro, mina la consistenza di un vero sistema di protezione legale di ogni persona", ha dichiarato.

Quanto alla Dichiarazione sull'orientamento sessuale, l'identità di genere e i diritti umani, presentata dalla presidenza francese dell'Unione Europea, monsignor Migliore ricorda che consta di 13 paragrafi, tre dei quali chiedono l'abrogazione di ogni legge penale e la cessazione di qualsiasi forma di violenza perpetrata contro persone appartenenti alle due categorie menzionate nel titolo.

"Non si parla mai esplicitamente di depenalizzazione dell'omosessualità - osserva -. Vengono, invece, usate le categorie di orientamento sessuale e identità di genere", che però "non sono né riconosciute, né univocamente definite nel diritto internazionale e, pertanto, sono suscettibili di essere interpretate e definite secondo le intenzioni di chi a esse si riferisce".

"Se venissero accolte nel loro stato fluido e imprecisato, come chiede la dichiarazione, ciò causerebbe una grave incertezza del diritto", constata.

"Uno dei possibili travisamenti è che, se uno Stato o una comunità religiosa rifiutassero di celebrare il matrimonio per le coppie dello stesso sesso o di riconoscerne le adozioni infantili, sarebbero suscettibili di violare queste clausole antidiscriminatorie e passibili di sanzioni; in casi estremi, i ministri religiosi potrebbero addirittura ricevere un'ingiunzione a celebrare tale tipo di 'matrimoni'".

Paragonando la Chiesa a Stati come l'Arabia Saudita, il Sudan, la Nigeria, gli Emirati Arabi e l'Iran, che prevedono la pena di morte per l'omosessualità, monsignor Migliore sostiene che alcuni media hanno "commesso un misero autogoal".

La Santa Sede, infatti, esorta in modo deciso "singoli e Stati a mettere fine a ogni forma di violenza e di ingiusta discriminazione contro le persone omosessuali".

Ricordando poi il 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, l'Arcivescovo Migliore ha sottolineato il contributo della Chiesa alla riflessione sui diritti umani, che "non è mai disgiunto dalla prospettiva della fede nel Dio creatore".

"Trattandosi di diritti che hanno a che vedere con la vita e i comportamenti delle persone, delle comunità e dei popoli - ha osservato -, il discernimento prevede che ci si chieda ogni volta se le problematiche che si vogliono riconoscere come nuovi diritti promuovano un vero bene per tutti e in quale rapporto stiano con gli altri diritti e con le responsabilità di ognuno".

Tra i diritti, fondamentale è quello alla libertà religiosa. Per il presule, "da una parte ci si deve contrapporre a una dittatura della ragione positivista che esclude Dio dalla vita della comunità e dagli ordinamenti pubblici, privando così l'uomo di suoi specifici criteri di misura", dall'altra "è necessario accogliere le vere conquiste dell'Illuminismo, i diritti dell'uomo e specialmente la libertà della fede e del suo esercizio, riconoscendo in essi elementi essenziali anche per l'autenticità della religione".



31/01/2009 15:48
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Benedetto XVI alla Cisl: dalla crisi economica si esce cambiando i rapporti tra mercato e lavoro, con la concertazione e la solidarietà. Il ruolo del sindacato è fondamentale

Una “nuova sintesi” tra mercato, capitale e lavoro, che non dimentichi la solidarietà e la dignità di chi lavora e ricorra in maniera “serrata” alla concertazione tra le parti sociali, superando i particolarismi. E’ questa, secondo Benedetto XVI, l’opportunità che la crisi economica mondiale schiude all’umanità di oggi. Il Papa ne ha parlato ricevendo questa mattina in Vaticano i dirigenti della Cisl, una delle massime organizzazioni sindacali italiane, che celebra i 60 anni di fondazione, oggi guidata dal segretario generale, Raffaele Bonanni. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Oltre un secolo di studi e di magistero sociale da parte della Chiesa offrono gli strumenti per “leggere” cause e vie d’uscita da una crisi economica mondiale che, se genera certamente allarme, può essere sfruttata come trampolino di lancio per ripensare gli attuali meccanismi finanziari. E’ il primo pensiero che Benedetto XVI affida agli esponenti della Cisl, riuniti nella Sala Clementina:

“La grande sfida ed opportunità che la preoccupante crisi economica del momento invita a saper cogliere, è di trovare una nuova sintesi tra bene comune e mercato, tra capitale e lavoro”.

Il Papa ha poggiato la sua riflessione sugli insegnamenti della Dottrina sociale della Chiesa i quali, ha ricordato, fin dall’alba del XX secolo - con la celebre Enciclica di Leone XIII Rerum novarum - difesero l’“inalienabile dignità dei lavoratori”, e contribuirono a promuovere la visione cristiana del lavoro. In epoca recente, ha proseguito il Pontefice, tanto la Centesimus annus quanto la precedente Laborem exercens di Giovanni Paolo II hanno sviluppato questo specifico magistero. E la sostanza, ha affermato Benedetto XVI citando la seconda delle due Encicliche di Papa Wojtyla, è che “la Chiesa non ha mai smesso di considerare i problemi del lavoro all’interno di una questione sociale” che “condiziona” singoli e famiglie e che chiede sia affrontata con l’arma della solidarietà:

“Per superare la crisi economica e sociale che stiamo vivendo, sappiamo che occorre uno sforzo libero e responsabile da parte di tutti; è necessario, cioè, superare gli interessi particolaristici e di settore, così da affrontare insieme ed uniti le difficoltà che investono ogni ambito della società, in modo speciale il mondo del lavoro. Mai come oggi si avverte una tale urgenza; le difficoltà che travagliano il mondo del lavoro spingono ad una effettiva e più serrata concertazione tra le molteplici e diverse componenti della società”.

Del resto, ha osservato il Papa, il “richiamo alla collaborazione” - antico quanto la Bibbia - acquista un senso particolare nei momenti difficili:

“L’auspicio è quindi che dall’attuale crisi mondiale scaturisca la volontà comune chi dai vita a una nuova cultura della solidarietà e della partecipazione responsabile, condizioni indispensabili per costruire insieme l’avvenire del nostro pianeta”.

Ricordando come le più recenti Encicliche sociali avevano riconosciuto “il ruolo e l’importanza strategica dei sindacati”, Benedetto XVI ha concluso rivolgendo alla Cisl questa esortazione:

“Il mondo ha bisogno di persone che si dedichino con disinteresse alla causa del lavoro nel pieno rispetto della dignità umana e del bene comune. La Chiesa, che apprezza il ruolo fondamentale dei sindacati, vi è vicina oggi come ieri, ed è pronta ad aiutarvi, perché possiate adempiere al meglio il vostro compito nella società”.


www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=682&set...

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Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio: nuova riunione in vista dell'Esortazione post-sinodale del Papa


Il 20 e 21 gennaio scorsi si è tenuta la seconda riunione del XII Consiglio ordinario della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi. Il segretario generale, mons. Nikola Eterovic, ha introdotto l’incontro. Al centro dei lavori, l’analisi delle Proposizioni del Sinodo sulla Parola di Dio (celebrato dal 5 al 26 ottobre 2008) in attesa del documento pontificio post-sinodale. Alla redazione di tale testo il Consiglio partecipa attivamente attraverso una riflessione organica ed approfondita dei vari contributi provenienti dall’Assemblea stessa. “Il senso di intensa comunione collegiale del Consiglio – riferisce un comunicato della Segreteria generale - è stato rafforzato dalla presenza della quasi totalità dei membri, dalla preghiera e da una singolare convergenza di proposte e osservazioni, che ha contrassegnato i lavori incentrati principalmente sulla Parola di Dio, che, letta sotto la guida dello Spirito Santo, nella tradizione viva della Chiesa, non mancherà di favorire un rinnovamento ecclesiale come pure di dare un ulteriore slancio alla missione della Chiesa nel mondo contemporaneo”. La data della prossima riunione è stata fissata per i giorni 3-4 giugno 2009.


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31/01/2009 15:50
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Nel giorno di Don Bosco i salesiani aprono le celebrazioni per i 150 anni di fondazione

La Chiesa ricorda oggi San Giovanni Bosco proclamato nel 1988 da Giovanni Paolo II "Padre e Maestro della gioventù". A rilanciarne ieri l’attualità del messaggio, nell’attuale tessuto sociale privo di valori autentici e di saldi riferimenti morali, l’arcivescovo Fernando Filoni, sostituto della Segreteria di Stato, che ha celebrato una Messa nella cappella del Governatorato in occasione dell’annuale celebrazione dedicata a Don Bosco promossa dalla comunità salesiana in Vaticano. Questo pomeriggio, invece, alle 18, a Torino, nella Basilica di Maria Ausiliatrice, il rettore maggiore don Pascual Chávez Villanueva, aprirà il 150.mo anniversario di fondazione della famiglia salesiana, mentre il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone presiederà, nella cattedrale di Bologna, una celebrazione eucaristica per la famiglia Salesiana. Il servizio di Tiziana Campisi:

Una vita spesa al fianco dei giovani quella di San Giovanni Bosco, sacerdote vissuto nel XIX secolo che non risparmiò energie per assicurare agli adolescenti l’istruzione ed educarli ai valori evangelici. Prendendo coscienza del disagio sociale e spirituale insito nei giovani nel passaggio dal mondo agricolo a quello preindustriale, per avvicinarli volle imparare anche i giochi di prestigio e le acrobazie dei saltimbanchi. Incontrava i ragazzi nelle piazze, nei luoghi in cui si radunavano, nei quartieri in cui vivevano, offriva loro la sua amicizia. Insieme ad altri giovani sacerdoti capì che gli oratori potevano essere un’adeguata risposta alle esigenze delle nuove generazioni e li concepì come luoghi di aggregazione, ricreazione, evangelizzazione, catechesi e promozione sociale ed ebbe l’idea di istituire anche scuole professionali.

Analfabetismo, disoccupazione, degrado morale e mancata assistenza religiosa erano i problemi che lo preoccupavano e volle ispirarsi a San Francesco di Sales e al suo metodo educativo e apostolico per aiutare gli adolescenti in difficoltà. Per questo nel 1854 diede per la prima volta il nome di salesiani ad un gruppo di giovani desiderosi di seguire le sue orme. Il 18 dicembre del 1859 costituisce il primo Capitolo Superiore salesiano poi dà vita alla Pia Unione dei cooperatori salesiani e, insieme a Santa Maria Mazzarello, alle Figlie di Maria Ausiliatrice. Nel 1875 parte per l’Argentina la prima spedizione missionaria dei salesiani e quando il 31 gennaio del 1881 Don Bosco muore lascia 773 Salesiani e 393 Figlie di Maria Ausiliatrice. Oggi la Congregazione salesiana, nei due rami maschile e femminile, conta oltre 21 mila membri.

La famiglia salesiana apre dunque oggi le celebrazioni del 150.mo anniversario di fondazione. Il rettore maggiore dei salesiani, don Pascual Chávez Villanueva, ci spiega il significato di questo evento:

R. – L’ho proposto come un cammino spirituale e pastorale che culminerà il 18 dicembre 2009. Un cammino che ho voluto tradurre in quattro atteggiamenti molto concreti. Prima di tutto prendere coscienza della nostra identità di persone consacrate, ossia persone votate al primato di Dio - alla sequela di Cristo obbediente, povero, casto - pienamente dedicati ai giovani. Secondo atteggiamento sarà l’approfondimento-meditazione-preghiera delle Costituzioni, che rappresentano la via di fedeltà sia al carisma di don Bosco che ai giovani e alla nostra vocazione. Il terzo atteggiamento è di essere coscienti che i giovani hanno svolto un ruolo importante nella fondazione della Congregazione.

D. – Ma un salesiano cosa vuole dire ai giovani?

R. – Io voglio dire ai giovani quello che direbbe Don Bosco, cioè che Dio li ama con un amore di predilezione, prima di tutto per l’età evolutiva in cui vivono, caratterizzata da un desiderio di autonomia che porta con sé anche una certa insicurezza su se stessi. E’ importante in questa fase far sentire ai giovani che noi siamo loro vicini, che Dio li ama con un amore di predilezione e che questo si traduce nel nostro essergli accanto, nella nostra amicizia. Nostra missione è aprire i giovani soprattutto all’amicizia con Gesù, l’unico che potrà garantire per sempre la gioia di servire il Signore, di servire gli altri …

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31/01/2009 15:51
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Giornata per la vita in Italia. I vescovi: aborto ed eutanasia, false risposte al dolore


Domani viene celebrata in Italia la 31.ma Giornata per la Vita, indetta nel 1979 dalla Conferenza episcopale italiana in seguito all’introduzione della legge sull’aborto. Tema di questa edizione, tratto dal messaggio dei vescovi, è “La forza della vita nella sofferenza”. Aborto ed eutanasia - afferma il messaggio - sono false risposte a situazioni di sofferenza: "al dolore non si risponde con altro dolore", non si risponde generando "ulteriore sofferenza". I vescovi invitano alla speranza e a non lasciare mai solo chi soffre. In questo modo il dolore, per quanto inspiegabile, genera la vita. Gabriella Ceraso ha raccolto la testimonianza di Paola Bonzi, responsabile del Centro di aiuto alla vita della clinica Mangiagalli di Milano, la prima ad effettuare aborti in Italia:

R. – Anche nella sofferenza in solitudine credo che ci sia vita. Io parto dalla mia esperienza personale: ho perso la vista quando avevo 23 anni e una bimba di quattro mesi, e dopo qualche mese aspettavo il mio secondo figlio, con pareri molto contrari da tutti i medici. Però, per me, questa sofferenza ha generato un figlio di 4 kg e 250 grammi, e che oggi è veramente l’espressione della vitalità; quindi, direi che la sofferenza è fertile, se naturalmente riusciamo a non disperare.

D. – Ha mai pensato all’aborto, come soluzione possibile per le difficoltà e per la sofferenza che stava vivendo?

R. – Quando mi mettevano davanti tutti i guai a cui sarei andata incontro, certamente soffrivo; però, ho sempre creduto nel valore della vita.

D. – Quando la riposta ad uno stato, ad un’esistenza infelice, è l’aborto – scrivono i vescovi – si genera ulteriore sofferenza, cioè si risponde ad una sofferenza con un altro dolore; è questo quello che accade, e voi come rispondete?

R. – Se lei vede le persone in attesa dell’interruzione di gravidanza, ce ne sono tantissime che piangono; stanno soffrendo per il fatto che rinunciano alla vita del loro figlio. Si risponde mettendosi a disposizione di queste persone, cercando di dire “va bene, non avrà più la casa, bene, io la ospito; non ci sarà più il lavoro e stabiliremo un minimo che le consentirà di vivere”. A sofferenza concreta si risponde con altrettanta concretezza.

D. – La gente è disposta a rischiare, pur di dare spazio alla vita?

R. – Molto spesso sì. Sono la prima a meravigliarmi, perché sinceramente non è che con 300 euro al mese – seppure per 18 mesi – noi cambiamo la vita delle persone, però è come un gesto per dire “io ci sono”, e devo dire che quando arrivano, nove su dieci cambiano idea.


Sarà il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, a presiedere la veglia per la Giornata della Vita organizzata dagli studenti dell’Università Cattolica di Roma, che si terrà questa sera presso la Chiesa Centrale dell’Ateneo del Sacro Cuore. L’incontro, che vede anche la partecipazione della segreteria nazionale del Movimento per la Vita, sarà introdotto da mons. Sergio Lanza, assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo del Sacro Cuore. Il servizio di Marina Tomarro:

Difendere la vita sempre: con questo pensiero comune, stasera, gli studenti dell’Università Cattolica di Roma, si riuniranno per una veglia di preghiera insieme ad associazioni di volontariato collegati alla sede universitaria ed al Policlinico Gemelli. Ma perché i ragazzi hanno voluto realizzare questo incontro? Ascoltiamo Simona D’Ippolito studentessa di odontoiatria presso l’Università Cattolica:

"Abbiamo deciso di fare questa veglia perché è un modo per trasmettere, a tutto il mondo e a tutti i malati, che noi studenti siamo presenti, che noi condividiamo con loro il dolore e le varie forme in cui si manifesta, quindi, a partire dai più piccoli fino ai più grandi e agli anziani. Vogliamo mandare un messaggio anche di speranza, perché è proprio la speranza che spesso dà la forza, alle persone malate ed afflitte, di andare avanti. Sono molto contenta che con me ci siano anche altri studenti che possono condividere la stessa esperienza".

Ascoltiamo ora la testimonianza di Daniele Coraci studente di medicina alla Cattolica:

"Difendere la vita, sicuramente, dal concepimento fino al suo termine naturale, credo che sia l’obiettivo che tutti gli esseri umani si debbano porre. Naturalmente, come studente di medicina, tento di far capire, per quanto mi è possibile, ad amici, alle persone che conosco, che questa vita è veramente un grande dono, un dono bellissimo e, di conseguenza, sarebbe stupido ed egoistico non preservarla”.

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31/01/2009 21:08
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ECUMENISMO: ANGLICANI TRADIZIONALISTI VERSO CHIESA CATTOLICA (STAMPA)

(ASCA) - Citta' del Vaticano, 31 gen

Secondo anticipazioni circolate sulla stampa anglosassone, papa Benedetto XVI si starebbe preparando ad accogliere nella Chiesa cattolica un gruppo scismatico anglicano, la Traditional Anglican Communion, che si e' distaccata dalla comunita' mondiale anglicana, guidata dell'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, in polemica con l'ordinazione di donne e omosessuali in alcune Chiese anglicane.
La Traditional Anglican Communion (Tac), nel 2007, ha compiuto il passo senza precedenti di chiedere la ''piena comunione ecclesiale e sacramentale'' con la Chiesa cattolica: e' la prima volta che un'intera comunita' cristiana nata dopo la Riforma, e non singoli credenti, chiede di essere accolta dal Vaticano.
A quanto scrive il settimanale cattolico australiano 'The Record', la Congregazione per la dottrina della fede avrebbe espresso lo scorso ottobre parere favorevole sul rientro, consigliando l'erezione di una prelatura personale in stile Opus Dei per gli ex-anglicani. Si tratta della stessa soluzione ventilata in questi giorni per il ritorno in ''piena comunione'' dei tradizionalisti lefebvriani della Fraternita' Sacerdotale San Pio X.
I fedeli 'anglicani tradizionali' sarebbero circa mezzo milione. Preti e vescovi sono, nella maggior parte dei casi, sposati, come avviene in tutta la Comunione anglicana.
Il loro primate, l'arcivescovo John Hepworth, indica che il rientro potrebbe concludersi gia' entro Pasqua, prima della fine dell'anno paolino.
Gli ex-anglicani dovrebbero comunque rientrare nella Chiesa cattolica in tempo per la beatificaizone di John Henry Newman, un anglicano convertitosi al cattolicesimo e diventato poi cardinale. Ma il ritorno della Tac potrebbe incontrare alcuni ostacoli.
Fonti vaticane vicine al Pontificio consiglio per l'unita' dei cristiani, il ministero vaticano preposto al dialogo ecumenico, ricordano che ''la conversione e' un fatto strettamente personale''.
''Non siamo stati consultati - aggiungono - ma non saremmo d'accordo a un rientro come gruppo''. La Comunione anglicana, gia' profondamente divisa al suo interno per dissensi sul ruolo delle donne e degli omosessuali nella Chiesa, riceverebbe dal rientro della Tac nella Chiesa cattolica un colpo durissimo, aprendo le porte e nuovi esodi in massa verso Roma.

© Copyright Asca


Cos'ha la Chiesa Cattolica che attira tanto?
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Papa Ratzi Superstar









"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
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Sindrome pensione in Vaticano

Papa Ratzi Superstar









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Il cardinale Re: «Vi racconto i 4 papi che ho conosciuto»

di Giuseppe Pietrobelli

Martedì 20 Gennaio 2009,

Il cardinale che ha lavorato assieme a quattro papi, apprezzandone le doti umane, spirituali e intellettuali, è Giovanni Battista Re, un lombardo di 75 anni, alto, magro e ascetico, che ricopre la carica di prefetto della Congregazione per i vescovi ed è allo stesso tempo presidente della Pontificia Commissione per l'America Latina.

Cinquant’anni fa Albino Luciani diventava vescovo di Vittorio Veneto e la ricorrenza dell’uomo che fu papa per soli 33 giorni è stata ricordata con una serie di convegni e celebrazioni religiose in una diocesi che ancora mantiene la memoria del vescovo semplice e sorridente.

Lo dimostra un libro scritto a quattro mani dall’allora segretario personale Francesco Taffarel e dal giornalista Nicola Scopelliti. Il cardinale Re ha presieduto domenica una solenne celebrazione nel duomo di Ceneda, ricordando la figura di Giovanni Paolo I. E in questa intervista ricorda tutti i papi con i i quali ha collaborato.

Che pontefice è stato Luciani in quel breve scorcio del ’78?

«Un papa che sentiva la responsabilità che aveva assunto, considerandola più grande delle proprie forze. Ricordo che la sera dopo l’elezione portai la borsa che due volte al giorno parte dalla Segreteria di Stato e viene consegnata al papa con i documenti da sottoporre alla sua attenzione. Il segretario mi disse che mi voleva vedere. Percepii in lui la sua sensazione di essere soverchiato da un grande peso».

Era davvero così insopportabile?

«Credo che lo dicesse anche per la sua grande umiltà. Sarebbe stato, invece, un grande papa perchè era un grande uomo di Dio, aveva una visione vera dei problemi e la capacità di decidere. Ha impressionato il mondo con la sua bontà e un modo di fare immediato e semplice. Non gli mancava l’umorismo».

Un aneddoto?

«Me lo raccontò un cardinale di Bruxelles. Dopo l’elezione i cardinali si ritrovarono tutti a cena con il nuovo papa. Verso la fine un prelato statunitense chiese ad alta voce al papa se poteva fumare una sigaretta. E lui: "Le do il mio permesso, purchè sia una fumata bianca"».

Che idea ha della sua morte?

«Fu una sorpresa per tutti. Sicuramente non è accaduto niente di strano. Molto probabilmente non è morto per infarto, ma per un embolo. Aveva difficoltà di circolazione, nei giorni precedenti aveva avuto un gonfiore alle gambe e aveva preso delle pastiglie per ovviare al problema. È stata una morte immediata».

Che ricordo ha dei papi precedenti?

«Dopo la morte di Giovanni XXIII fui chiamato in Segreteria di Stato ad occuparmi di rispondere ai telegrammi arrivati da tutto il mondo. Li dovevo dividere in mucchietti: capi di Stato, capi di governo, ministri degli esteri, sacerdoti...».

E di Paolo VI?

«Fui per sei anni uno dei tre segretari del Segretario di Stato Benelli. Fu un papa molto geniale, dalle grandi intuizioni. Il primo che usò l’aereo, il primo che andò alle Nazioni Unite, il primo che si tolse la tiara dalla testa per darla ai poveri. Un papa che tenne diritta la barca di Pietro, indicò il cammino in uno dei periodi più difficili della Chiesa dopo il Concilio, con le contestazioni e una laicizzazione galoppante».

Lei è stato uno dei collaboratori più vicini a Giovanni Paolo II.

«A differenza di Luciani, egli era completamente a suo agio, contento di essere papa. Con lui ebbi un grande rapporto fin dall’inizio. Ero io che mettevo in bell’italiano le traduzioni dei discorsi che venivano fatte dai sarcerdoti polacchi. Sono convinto che senza papa Luciani, la ventata che ne era venuta, non sarebbe mai stato eletto un papa polacco. Nel ’78 la ripresa della Chiesa era appena all’inizio».

Che cosa l’ha colpita di più di lui, vedendolo da vicino?

«La profondità di pensiero, la capacità di leggere gli avvenimenti, la facilità per le lingue, la facilità di parlare alle folle, l’apprezzamento che aveva per tutto ciò che è bello, l’arte, la letteratura. Ma anche la sua grande umanità. E l’intensità della preghiera».

Dovesse sintetizzare in poche battute la statura di Giovanni Paolo II?

«È stato una personalità enorme, per umanità e forza. Ha colpito il mondo con questo suo essere uomo di Dio, con la sua attenzione al linguaggio degli uomini contemporanei. Ha spiegato a tutti quanto Dio serve al mondo».

Papa Ratzinger è il papa di oggi, con caratteristiche che alla gente comune appaiono molto diverse.

«Benedetto XVI è una grande mente, ha una grande intelligenza. Mentre Woytjla era un filosofo e un mistico, Papa Ratzinger è un grande teologo. Per questo Giovanni Paolo II lo aveva voluto a Roma, voleva accanto a sè un grande teologo».

Forse per questo viene percepito come un papa più freddo...

«Benedetto XVI ha il grande merito di valorizzare la ragione, le dà grande spazio e cerca di dimostrare che non vi sono contrasti tra la scienza e la fede, che chi è contro la ragione è anche contro Dio. In questo modo valorizza anche la ragione umana, come strumento della fede. Per questo insiste su Dio, nel dire che i problemi sociali, umani, economici non si risolvono se non si mette Dio al centro. Da grande teologo quale è ci dice che l’uomo è grande solo se Dio è grande».

Come è cambiata la Chiesa in questo lungo arco di tempo?

«È più viva, più attiva, a dispetto delle realtà di secolarizzazione. Mai la Chiesa ha avuto un episcopato di questa qualità, preparazione, spiritualità. Una volta i vescovi erano autorità lontane, adesso sono dei pastori, molto più vicini alla gente».

Non crede però che la società, anche quella italiana sia presa dalla tentazione di chiudersi in se stessa, di difendersi dalle diversità?

«Il papa insiste molto sul dialogo tra le culture, per evitare scontri di civiltà. La società italiana mi appare migliore di tante altre. Perchè c’è una cultura cristiana che permea tutti, anche il modo di sentire di chi è lontano dalla Chiesa. Si possono negare le proprie radici, ma queste continuano ad esistere».

Giuseppe Pietrobelli



Le solite domande sulla supposta freddezza di B16 non mancano mai così come gli eterni confronti col suo immediato predecessore! [SM=g7629] [SM=g7629] [SM=g7629] [SM=g7629] [SM=g7629] [SM=g7629]


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A Mosca cerimonia di intronizzazione di Kirill, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie

In Russia si è tenuta nella Cattedrale moscovita di Cristo Salvatore la solenne cerimonia di intronizzazione di Kirill, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Alla cerimonia ha assisitito il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Nella Cattedrale erano presenti, tra gli altri, il presidente russo Medvedev, che ha sottolineato la difficoltà del compito di Kirill, il premier Putin ed il capo di Stato della Moldova, Voronin. Il servizio da Mosca di Giuseppe D’Amato:

Il metropolita Kirill è diventato il 16.mo Patriarca della Chiesa ortodossa russa. Migliaia le persone presenti nella cattedrale moscovita di Cristo il Salvatore, nonostante la temperatura esterna rigidissima. Milioni sono stati i fedeli che hanno seguito in diretta la cerimonia per televisione, radio ed internet. Oltre 200 i concelebranti e decine le rappresentanze di altre confessioni religiose. La delegazione vaticana è stata guidata dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei cristiani. Alle 9,15 le campane della cattedrale hanno iniziato a suonare a festa. Dopo pochi minuti, è arrivato il metropolita Kirill, accolto dal canto di 4 cori. Bellissimo il rito celebrato fra splendide icone. A metà della cerimonia, Kirill è stato fatto sedere per tre volte sulla sedia del Patriarca mentre i presenti pronunciavano la parola greca “Axios”, ossia “degno”. Poi gli sono stati consegnati gli abiti e i simboli del Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Quindi, la prima benedizione ai fedeli.


Nel suo primo discorso, Kirill ha parlato del mantenimento dell’unità della Chiesa ortodossa e dei giovani. Il Patriarca - ha ricordato - “è il difensore dei confini canonici esterni. Questo compito assume maggiore significato dopo la nascita di Stati indipendenti sul territorio della Rus’ storica”. Verrà rispettata la “sovranità” di queste entità per conservare “i legami tra i popoli sulla base dei valori di un’unica civilizzazione ortodossa della Santa Rus’”. I giovani, secondo Kirill, sono sotto l’influenza della propaganda della violenza. “Dobbiamo avvicinarci a loro e portarli verso Dio”. La lotta contro il secolarismo si annuncia come una delle basi della sua missione pastorale.


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Incentrata sulla forza della vita nella sofferenza l'odierna Giornata per la Vita, indetta dalla Cei


Oggi, come ha ricordato anche il Papa all'Angelus, si celebra in Italia la 31.ma Giornata per la Vita, indetta dalla Conferenza episcopale italiana dopo l’introduzione della legge sull’aborto. Numerosissime le iniziative in tutto il Paese in difesa della vita. Per questa occasione i vescovi italiani hanno pubblicato un messaggio dal titolo “La forza della vita nella sofferenza”. Aborto ed eutanasia - affermano - sono false risposte a situazioni di sofferenza, perché "al dolore non si risponde con altro dolore" ma con l’aiuto e la vicinanza a chi soffre. Sul senso del tema proposto quest’anno, ascoltiamo la riflessione del vescovo di Aosta, mons. Giuseppe Anfossi, presidente della Commissione episcopale per la famiglia e la vita, intervistato da Federico Piana:

R. - E‘ fondamentalmente riconoscere che la sofferenza fa parte della vita. Ma c’è in noi una forza per sopportarla. Questo va legato con una difficoltà che è propria della cultura contemporanea che è quella di 'risparmiare' dolore mentre i ragazzi crescono, mentre gli adolescenti crescono e di cancellare anche le forme normalissime della sofferenza. Questo significa che poi quando la sofferenza segna profondamente la vita di una persona malata diviene davvero difficile condividere, accettare, lasciarsi consolare, aprirsi agli altri.


D. – Fuggire il dolore non è in qualche modo negare anche la vita stessa, perché la vita è composta anche di dolore?


R. – Se da un lato il messaggio dei vescovi non afferma mai che il dolore per il dolore deve essere scelto. Il dolore, come nella vita di Gesù, appartiene ad una esperienza che non si può cancellare dalla vita. Un'esperienza che Gesù ha affrontato di petto, con il tradimento, la morte, la sofferenza. Ma guai a dimenticare che l’esito della vita è la gloria di Dio, la pienezza della vita che si passa attraverso, come Gesù, una resurrezione. Deve prevalere, dunque, una concezione positiva della vita e della realtà.


Ed stato il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’ Educazione cattolica, a presiedere ieri sera la Veglia Universitaria Internazionale presso la Chiesa Centrale dell’ Università Cattolica di Roma. L’ incontro, che si è svolto proprio in occasione della XXXI Giornata per la Vita, è stato promosso dagli studenti dell’ Università Cattolica e dalla Segreteria Nazionale del Movimento per la Vita Italiano. Il servizio di Marina Tomarro.

“La vita deve essere sempre difesa dal suo concepimento fino al suo naturale spegnimento. Nessuno deve osare farla terminare prima, nessuna morte non naturale può essere definita dolce.” Sono risuonate forti le parole del cardinale Zenon Grocholewski, durante la veglia degli studenti dell’ università cattolica. “La chiesa - ha continuato il cardinale - è vicina a chi si impegna nella ricerca che, naturalmente, deve essere fatta nel totale rispetto della dignità dell’ uomo. La vita umana è un bene inviolabile ed è per questo che non potrà mai essere legittimato l’abbandono delle cure. Ma nemmeno l’ accanimento terapeutico, quando vengono a mancare reali prospettive di guarigione.” Durante la veglia si sono susseguite diverse testimonianze di medici e volontari del movimento per la Vita, che hanno sottolineato l’importanza di trasmettere sempre un messaggio di speranza ai malati, in modo da aiutare coloro che versano in fin di vita a giungere serenamente e naturalmente al momento della morte. Questa mattina presso la chiesa di Santa Maria in Traspontina, i ginecologi delle cliniche universitarie della capitale si sono riuniti per una celebrazione eucaristica in favore della vita, presieduta da mons. Lorenzo Leuzzi, direttore dell’ufficio per la Pastorale Universitaria del Vicariato di Roma, che ha ricordato ai presenti la grande responsabilità affidata ai ricercatori e agli uomini di scienza, spiegando che il vero stupore non deve essere di fronte alle tecnologie, ma di fronte alla grandezza della vita umana perché solo essa è fonte di libertà e di amore.


Per alleviare la sofferenza ci sono realtà come il Piccolo Cottolengo dove la porta è sempre aperta: a chi entra – diceva Don Orione - non si domanda il nome, la religione ma solo se ha un dolore perché “la carità non serra le porte”. Al microfono di Gabriella Ceraso, sentiamo la testimonianza da Davide Gandini, segretario generale del Piccolo Cottolengo di Genova:

R. – Il Cottolengo è proprio la casa di chi ha un dolore: non importa quanto disperato, quanto rifiutato da tutti. Con questo principio fondante, io sono al tuo fianco per alleviare la tua sofferenza, ma soprattutto con tutto l’amore di cui la persona ha bisogno.


D. – Il tema della giornata è la forza della vita nella sofferenza; quanta vita c’è nel dolore, qual è la vostra testimonianza?


R. – Il miracolo di cui noi siamo testimoni, è quello di vedere in tanti nostri ospiti l’accettazione della sofferenza come parte della vita, specialmente quando, grazie alla preghiera, all’apertura alla grazia, avviene interiormente. Questo spalanca la vita, la rende capace di farsi servitrice di altra sofferenza che c’è vicino. Noi abbiamo ospiti che sono da 40 anni al Piccolo Cottolengo – con patologie anche gravi – che hanno passato la vita intera a servizio di altri ospiti.


D. – I vescovi ricordano in un punto cruciale del messaggio che c’è chi vorrebbe interrompere questa sofferenza permanente con l’eutanasia…


R. – Succede che la sofferenza genera scandalo perché è una cosa brutta, è una cosa da evitare il più possibile. Il paradosso a cui si arriva – e noi rimaniamo sconcertati – è: ‘Eliminiamo la sofferenza e, se necessario, eliminiamo il sofferente’. Desta orrore, tanto più se non è nemmeno la persona stessa in grado di dire cosa desidera; noi abbiamo persone in gravissima sofferenza, con cui c’è un rapporto fatto di sguardi, di carezze. C’è un mondo di comunicazione che in dieci minuti non si può cogliere. L’idea che un atto di pietà, un atto di bene per loro sia la loro eliminazione fisica, è una risposta non umana.


D. – A questo proposito, i vescovi sottolineano anche l’importanza di andare avanti con la ricerca, di non abbandonare le cure, ma neanche di accanirsi dal punto di vista terapeutico; quale è la strada che voi avete intrapreso, con i vostri ospiti?


R. – Abbiamo ben chiaro il compito di non lasciare sola la persona nella sofferenza, servirla nella sua giornata, evitando che questo diventi un impuntarsi a mantenere – con aspetti tecnologici invasivi – quella vita accesa a tutti i costi. La vita è di Dio, che la riprende quando vuole.


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Benedetto XVI all'Angelus: "Gesù soffre e muore in croce per amore". "L’eutanasia è una falsa soluzione al dramma della sofferenza"


All’Angelus Benedetto XVI ha sottolineato il senso della sofferenza nella missione di Gesù e nella vita dell’uomo. Nel giorno in cui in Italia si celebra la Giornata per la Vita, indetta dalla Cei ed incentrata sulla forza della vita nella sofferenza, il Papa si è soffermato sull’odierno brano evangelico di San Marco. Ricordando l’episodio dell’uomo posseduto dal demonio che rivela l’identità divina di Gesù, il Santo Padre ha affermato che “la croce di Cristo è la rovina del diavolo”. Bisogna avere il coraggio – ha spiegato – di annunciare la verità e di dire con chiarezza, ad esempio, che “l’eutanasia è una falsa soluzione al dramma della sofferenza”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

La liturgia di oggi, che propone il Vangelo in cui Gesù libera un uomo posseduto da uno spirito impuro, è profondamente legata al significato della sofferenza nella missione salvifica di Cristo. Gesù ammonisce sia gli apostoli sia i malati a non rivelare la sua identità ma un uomo posseduto dal demonio si rivolge a Lui “come il santo di Dio”. Allora Gesù gli intima di tacere perché la rivelazione della santità porta con sé una rivelazione della realtà maligna. In gioco – ha detto il Papa – c’è la stessa missione di Cristo:

“Gesù non solo scaccia i demoni dalle persone, liberandole dalla peggiore schiavitù, ma impedisce ai demoni stessi di rivelare la sua identità. Ed insiste su questo 'segreto' perché è in gioco la riuscita della sua stessa missione, da cui dipende la nostra salvezza”.

Gesù – ha affermato il Santo Padre - sa che per liberare l’umanità dal dominio e dal peccato, dovrà essere sacrificato sulla croce. Il diavolo cerca di distoglierlo per dirottarlo verso la logica umana di un “Messia potente e pieno di successo”. “La croce di Cristo – ha spiegato il Papa – sarà la sua rovina”. Ed è per questo che Gesù non smette di insegnare ai suoi discepoli che “per entrare nella gloria deve patire molto, essere rifiutato, condannato e crocifisso, essendo la sofferenza parte integrante della sua missione”:

“Gesù soffre e muore in croce per amore. In questo modo, a ben vedere, ha dato senso alla nostra sofferenza, un senso che molti uomini e donne di ogni epoca hanno capito e fatto proprio, sperimentando serenità profonda anche nell’amarezza di dure prove fisiche e morali”.

Proprio la forza della vita nella sofferenza – ha poi osservato il Pontefice – è il tema che i vescovi italiani hanno scelto per il Messaggio in occasione dell’odierna Giornata per la Vita. Il Santo Padre si unisce quindi alle loro parole, “nelle quali si avverte l’amore dei pastori per la gente e il coraggio di annunciare la verità”:

“…il coraggio di dire con chiarezza, ad esempio, che l’eutanasia è una falsa soluzione al dramma della sofferenza, una soluzione non degna dell’uomo. La vera risposta non può essere infatti dare la morte, per quanto 'dolce', ma testimoniare l’amore che aiuta ad affrontare il dolore e l’agonia in modo umano. Siamone certi: nessuna lacrima, né di chi soffre, né di chi gli sta vicino, va perduta davanti a Dio”.

Dopo l’Angelus il Papa ha ricordato che domani, festa della presentazione di Gesù al Tempio, si celebrerà la Giornata della Vita Consacrata. Il Santo Padre ha incoraggiato fervidamente le persone che hanno donato la vita a Cristo mediante la professione religiosa: “Rimanete fortemente radicati – ha detto il Papa – nella carità e nell’umiltà, osservate i vostri carismi, avendo particolare cura dei bisognosi”; “pregate - ha concluso - per la pace e per la conversione del mondo”.



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Alemanno: gravi gli insulti al Papa

ROMA (31 gennaio) - «Gravi e vergognosi sono gli insulti che dal corteo di oggi sono stati lanciati contro il Santo Padre. Ci auguriamo che gli organizzatori prendano le distanze da queste affermazioni estremistiche e volgari che si rivelerebbero un vero e proprio boomerang per chi dice di voler propugnare una maggiore integrazione degli immigrati. Insultare la nostra religione e il suo massimo rappresentante è la strada migliore per provocare reazioni intolleranti al fenomeno del flusso dell'immigrazione clandestina». È quanto dichiara in una nota il sindaco di Roma, Gianni Alemanno.
Anche il presidente della Provincia Zingaretti ha definito inaccettabili le offese al Papa.


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Re: Dal blog di Lella...

Paparatzifan, 01/02/2009 18.30:


Alemanno: gravi gli insulti al Papa

ROMA (31 gennaio) - «Gravi e vergognosi sono gli insulti che dal corteo di oggi sono stati lanciati contro il Santo Padre. Ci auguriamo che gli organizzatori prendano le distanze da queste affermazioni estremistiche e volgari che si rivelerebbero un vero e proprio boomerang per chi dice di voler propugnare una maggiore integrazione degli immigrati. Insultare la nostra religione e il suo massimo rappresentante è la strada migliore per provocare reazioni intolleranti al fenomeno del flusso dell'immigrazione clandestina». È quanto dichiara in una nota il sindaco di Roma, Gianni Alemanno.
Anche il presidente della Provincia Zingaretti ha definito inaccettabili le offese al Papa.






Cosa c'entra il Papa con una manifestazione in favore degli immigrati???? [SM=g7564] Evidentemente qualsiasi cosa e qualsiasi occasione è utile per bastonare B16!!! [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473] [SM=g1782473]

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Al lavoro sulle Proposizioni del Sinodo sulla Parola di Dio

Riunione del XII Consiglio ordinario della Segreteria generale del Sinodo



CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 1° febbraio 2009 (ZENIT.org).- Un'analisi delle Proposizioni elaborate dall'assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi celebrata dal 5 al 26 ottobre 2008 sul tema “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”, per individuare le richieste e i compiti che ne derivano, e un esame delle future prospettive di lavoro, in attesa del documento pontificio post-sinodale.

È stato questo il fine della seconda riunione del XII Consiglio ordinario della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi, svoltasi in Vaticano il 20 e il 21 gennaio scorsi.

Si tratta dell'organismo eletto dai Padri sinodali nel corso della fase finale della recente assemblea e composto da 12 membri — tra Cardinali, Arcivescovi e Vescovi — ai quali Benedetto XVI, di propria nomina, ne ha aggiunto altri 3, portando così al numero canonico di 15 i componenti del Consiglio stesso, come previsto dall'Ordo Synodi Episcoporum.

Essi rappresentano le Chiese diffuse in tutti i cinque continenti.

Il Consiglio ha tre funzioni principali: assistere il Papa nella redazione della Esortazione apostolica post-sinodale che raccoglierà le Proposizioni emerse dal Sinodo sulla Parola; dare seguito all’applicazione del Sinodo nella Chiesa; e preparare la celebrazione del prossimo Sinodo dei Vescovi del mondo il cui tema non è stato ancora scelto.

Subito dopo la loro elezione – ricorda una nota della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi – si è già svolta una prima riunione per favorire la conoscenza reciproca e per fissare una data utile per un incontro di lavoro in vista degli adempimenti post-sinodali.

Il Segretario generale, l'Arcivescovo Nikola Eterovic, ha introdotto i lavori salutando i presenti, soprattutto i membri che per la prima volta partecipavano ad una riunione consiliare, e illustrando i compiti principali del Consiglio stesso nel piano generale di collaborazione qualificata con il Papa per quanto attiene all'assemblea già celebrata e quella prossima.

Il presule ha poi ricordato che “il frutto di tutto il processo sinodale sarà accolto ed elaborato in un documento pontificio. Alla redazione di tale testo il Consiglio partecipa attivamente attraverso una riflessione organica ed approfondita dei vari contributi provenienti dall’Assemblea stessa e, in particolare, dalle Proposizioni approvate dai Padri Sinodali”.

In questo quadro di cooperazione collegiale con il Pontefice – continua la nota – e per studiare meglio il contributo dell'ultima Assemblea sinodale, i membri del Consiglio hanno riferito sugli echi, “alquanto positivi”, dell'Assise dedicata alla Parola di Dio.

In seguito hanno riflettuto in due gruppi di lavoro, di lingua inglese e italiana, sulle Proposizioni della XII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, cercando anche di comporle in una bozza di schema generale.

Verso il termine dei lavori è stata fissata per i giorni 3 e 4 giugno la data della prossima riunione.

“Il senso di intensa comunione collegiale del Consiglio – sottolinea la nota – è stato rafforzato dalla presenza della quasi totalità dei Membri, dalla preghiera e da una singolare convergenza di proposte e osservazioni, che ha contrassegnato i lavori incentrati principalmente sulla Parola di Dio, che, letta sotto la guida dello Spirito Santo, nella tradizione viva della Chiesa, non mancherà di favorire un rinnovamento ecclesiale come pure di dare un ulteriore slancio alla missione della Chiesa nel mondo contemporaneo”.

02/02/2009 16:48
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Il Papa al nuovo ambasciatore dell'Ungheria presso la Santa Sede: servono l'etica negli mondo degli affari e tutele per la famiglia

I diritti della persona, la famiglia e il ruolo della Chiesa nella società ungherese: sono i temi affrontati dal Papa nel ricevere stamani il nuovo ambasciatore di Ungheria, Janos Balassa, per la consegna delle Lettere credenziali. Il servizio di Roberta Gisotti:

Ha sottolineato, Benedetto XVI, “i nuovi orizzonti di speranza per il futuro” apertisi con il pieno ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede ed i Paesi dell’ex blocco orientale, dopo gli importanti eventi del 1989. Ha quindi lodato i “grandi progressi” compiuti dall’Ungheria, nei 20 anni trascorsi, per “ristabilire le strutture di una società libera e democratica”, dove la Chiesa non cerca privilegi per se stessa ma “è desiderosa di giocare la sua parte nella nazione, fedele alla sua natura e missione”. Si è detto, il Papa, “fiducioso che ogni rilevante questione afferente la vita della Chiesa” in Ungheria “sarà risolta nello spirito di buona volontà e fruttuoso dialogo che ha caratterizzato” le relazioni diplomatiche con la Santa Sede, da quando sono “felicemente riprese”, e di cui sono frutto i due memorandum firmati di recente per l’assistenza religiosa alle Forze armate e alla Polizia di frontiera”.


Benedetto XVI ha poi raccomandato che il governo degli affari economici e politici nel mondo moderno sia basato su “fondamenta etiche”, “dando sempre la priorità alla dignità e ai diritti della persona e al bene comune dell’umanità”. ''L'esperienza delle nuove liberta' - ha osservato il Papa - ha portato a volte con sé il rischio che questi valori cristiani e umani, così profondamente radicati nella storia e nella cultura dei singoli popoli e dell'intero continente europeo, possano essere soppiantati da altri, basati su una visione distorta dell'uomo e della sua dignità e pericolosa per lo sviluppo di una società veramente prospera''.


In tale contesto, il Santo Padre ha ribadito “l’importanza primaria della famiglia per imbastire relazioni di pacifica convivenza ad ogni livello” ed ha chiesto dunque ai governi che la famiglia sia supportata in particolare assicurando ai genitori “l’esercizio del loro fondamentale diritto di educare i figli”, compresa la scelta della scuola religiosa.



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02/02/2009 16:49
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Benedetto XVI al nuovo Patriarca russo, Kirill: rafforziamo il dialogo tra cattolici e ortodossi. Intervista al cardinale Kasper


Una lettera per esprimere la “stima e la vicinanza spirituale” al nuovo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie e ribadire l’auspicio che i “buoni rapporti” di reciproca accoglienza e di stima tra la Chiesa ortodossa e quella cattolica possano ulteriormente rafforzarsi, sulla scia di quanto costruito con il Patriarca Alessio II. Sono i concetti principali che Benedetto XVI esprime nella lettera al nuovo Patriarca ortodosso russo, Kirill, che ieri ha vissuto l’inizio del suo mandato con la solenne cerimonia di intronizzazione nella Cattedrale moscovita di Cristo Salvatore. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Una lettera augurale e nel contempo di riconoscimento del lavoro comune svolto finora, che guarda al futuro con la speranza che il dialogo si rinsaldi ancor più. Benedetto XVI è esplicito nel rammentare come già in passato, nella veste di presidente del Dipartimento delle Relazioni esterne della Chiesa ortodossa, il nuovo Patriarca russo, Kirill, abbia “svolto - scrive - un ruolo importante nel forgiare un rinnovato rapporto tra le nostre Chiese: un rapporto basato sull’amicizia, la reciproca accettazione e il sincero dialogo, capace di affrontare le difficoltà del nostro cammino comune”. Dunque, prosegue il Papa, “mia fervida speranza che continueremo a cooperare per trovare modi per promuovere e rafforzare la comunione nel Corpo di Cristo”.


Ma la lettera del Pontefice si sofferma anche sul dialogo ecumenico costruito nei decenni precedenti. Il nostro “amato fratello di venerata memoria, Sua Santità Alessio II”, si legge nella lettera di Benedetto XVI, “ha lasciato nel suo popolo una profonda e duratura eredità ecclesiale di rinnovamento e di sviluppo”, grazie alla quale egli riuscì a condurre la Chiesa ortodossa “fuori dal lungo periodo di difficoltà e di sofferenza, sotto un sistema totalitario e ateo, verso una nuova, attiva presenza di servizio nella società odierna”. Il Patriarca Alessio II, osserva ancora il Papa, “ha lavorato assiduamente per l'unità della Chiesa ortodossa russa e per la comunione con le altre Chiese ortodosse”, mantenendo “uno spirito di apertura e di cooperazione con gli altri cristiani, e con la Chiesa cattolica in particolare, per la difesa dei valori cristiani in Europa e nel mondo”. Sono certo - conclude Benedetto XVI rivolgendosi al Patriarca Kirill - che Vostra Santità continuerà a costruire su questa solida base, per il bene del vostro popolo e per il bene di cristiani in tutto il mondo”.

Alla cerimonia nella cattedrale di Cristo Salvatore, era presente ieri anche una delegazione vaticana, guidata dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l'Unità dei cristiani, al quale il Papa ha affidato la lettera per il Patriarca Kirill, insieme con il dono di un calice, "pegno del desiderio di giungere presto alla piena comunione". Il cardinale Kasper ha incontrato oggi il nuovo Patriarca russo. Subito dopo, Amedeo Lomonaco ha raggiunto telefonicamente a Mosca il porporato:

R. - Abbiamo avuto un primo incontro con il nuovo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, che ha ringraziato per i saluti, per il regalo e per la lettera del Santo Padre e mi ha incaricato di portare i saluti a Sua Santità, il Papa. Poi, ha detto che vuole continuare la linea iniziata sotto il suo predecessore nel rapporto fra le due Chiese. Ha soprattutto parlato della collaborazione in campo sociale, culturale, menzionando che adesso - nella crisi finanziaria che ha colpito il mondo - le Chiese devono dare speranza. Il Patriarca Kirill ha aggiunto che il nostro dialogo tocca anche l’unità della Chiesa, i problemi ideologici, perché ciò che abbiamo in comune, in campo sociale, è fondato e radicato nella nostra comune fede.


D. - Quali sono a suo avviso le prospettive per il dialogo ecumenico?


R. - Per il dialogo ecumenico, con tutte le Chiese ortodosse unite, vogliamo avanzare in questo processo. Ho l’impressione che questo dialogo vada molto bene e speriamo che i russi possano tornare al tavolo.


D. - Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa russa sono accomunate da un forte impegno per la promozione dei valori cristiani in Europa...


R. - Sì, questo è vero, ma si deve pensare al passato della Chiesa ortodossa russa, sotto un regime ateo e senza valori cristiani. Ora, vogliono promuovere di nuovo i valori cristiani, ma anche questa è una responsabilità per tutta l’Europa perché, anche se la Russia non fa parte della Comunità europea, resta importante per l’Europa e noi siamo contenti e disposti a collaborare su questa linea con l’Europa poiché, come si sa, i valori cristiani sono valori fondamentali umani e sono in pericolo. E soprattutto, nell’Europa occidentale dobbiamo dare una testimonianza comune: soprattutto una testimonianza di speranza.

Due sono stati gli argomenti che hanno caratterizzato il discorso di inizio mandato del Patriarca ortodosso, Kirill: i giovani e l’unità della chiesa ortodossa. Una scelta sulla quale Salvatore Sabatino ha chiesto l'opinione di un esperto, l'inviato a Mosca del quotidiano Avvenire, Luigi Geninazzi:

R. - Perché è questa la caratteristica del nuovo Patriarca: insistere sulla testimonianza evangelica nella società russa di oggi, che non è poi molto diversa dalle società secolarizzate dell’Occidente. Dall’altro lato, uno dei problemi che è sempre stato a cuore alla Chiesa ortodossa russa è l’unità interna - minacciata da alcune scissioni - ed anche l’unità con le altre Chiese ortodosse. Sul problema della Chiesa ortodossa russa, Kirill ha avuto parole molto chiare: ha detto che bisogna difendere i confini del territorio canonico russo, facendo un accenno alle lacerazioni avvenute in Ucraina e soprattutto alle tensioni aperte con la Chiesa d’Estonia, che si è dichiarata indipendente da Mosca.


D. - La lotta contro il secolarismo si annuncia uno dei punti centrali della missione pastorale di Kirill. Quali saranno le prime mosse del nuovo Patriarca in questa direzione?


R. - A giudicare da quello che ha fatto nel suo precedente incarico, in seno al Patriarcato di Mosca in questi ultimi 18 anni, senz’altro rafforzerà questa analisi critica sul relativismo - una parola che ha pronunciato anche ieri, nella sua omelia, dopo esser stato intronizzato - e prenderà nuove iniziative. In questo, si trova molto vicino a Benedetto XVI, che ha già incontrato un paio di volte negli ultimi due anni. Quindi, senz’altro, c’è da attendersi una grande sintonia ed una convergenza d’azione in questo senso.


D. - Kirill I è già stato definito il “Patriarca del dialogo”. Quali saranno le novità sul fronte delle relazioni con le altre confessioni?


R. - Per quanto riguarda il dialogo ecumenico, subito prima del Concilio elettivo, il candidato - poi divenuto il Patriarca Kirill - ha rilasciato dichiarazioni molto caute. Diciamo che la linea sarà sempre la consueta: ci sono dei problemi aperti con le Chiese cristiane d’Occidente - in particolare, per quanto riguarda la Chiesa cattolica - ma, è questa la cosa più importante, il clima è cambiato. Credo che con il nuovo Patriarca questo clima migliorerà ancora, nel senso che i problemi verranno affrontati in uno spirito costruttivo: almeno, questo è l’augurio di tutti ed anche la speranza dei cattolici di Russia.


Ieri, intanto, la comunità ortodossa russa di Roma, in festa per il suo nuovo Patriarca Kirill, ha celebrato la sua intronizzazione pregando dinanzi alla tomba del suo protettore San Cirillo, venerata nella Basilica di San Clemente, chiedendo che “il Signore gli doni forza e saldezza spirituale” e perché “la Chiesa ortodossa russa, sotto la sua guida, compia la sua opera di salvezza delle anime e di cura del suo gregge, in patria e all’estero, a gloria del Signore”. Ha ricordato e rinnovato così la preghiera fatta da Kirill il 16 maggio 2006 sulle reliquie del Santo quand’era arcivescovo metropolita di Smolensk e Kaliningrad: in quell’occasione, il futuro Patriarca era venuto a Roma come presidente del Dipartimento delle relazioni esterne del Patriarcato di Mosca ed aveva presieduto la piccola consacrazione della Chiesa di Santa Caterina Protomartire al Gianicolo. E il pellegrinaggio al sepolcro di San Cirillo è stato promosso proprio dal suo parroco, l’igumeno Filippo, che ha partecipato a Mosca all’elezione del Patriarca. Ieri, oltre alle preghiere per Sua Santità Kirill nel corso della celebrazione della Divina Liturgia nella artistica cripta della chiesa - che era stata da lui consacrata il 7 dicembre 2007 - la parrocchia di Santa Caterina ha organizzato in suo onore un applaudito concerto del duo pianistico russo composto da Natalia Morosova e Vitali Yunizkij , che poche ore prima si era esibito al Quirinale in un programma televisivo. (A cura di Graziano Motta)


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Benedetto XVI ai vescovi della Turchia: la laicità è un valore, ma lo Stato assicuri la libertà religiosa dei cittadini


La distinzione tra sfera civile e religiosa va protetta, ma lo Stato deve al tempo stesso garantire la libertà religiosa: è quanto sottolineato da Benedetto XVI nel discorso ai vescovi della Turchia, ricevuti stamani in Vaticano in occasione della visita ad Limina. Il Papa, che ha ricordato il suo viaggio in terra turca nel 2006, ha invitato cristiani e musulmani a lavorare assieme per la pace e la giustizia. L’indirizzo d’omaggio al Pontefice è stato rivolto dal presidente della conferenza episcopale turca, mons. Luigi Padovese. Il servizio di Alessandro Gisotti:

I cristiani e i musulmani si impegnino assieme per l’uomo, per la vita, per la pace e la giustizia: è l’esortazione di Benedetto XVI nel discorso ai vescovi turchi in visita ad Limina. Il Papa ha ricordato che la Turchia è retta da una Costituzione che sostiene la laicità dello Stato, anche se la maggior parte dei suoi abitanti sono musulmani.

La distinction entre la sphère civile et la sphère religieuse...
“La distinzione tra la sfera civile e quella religiosa - ha osservato il Pontefice - è certamente un valore che va protetto”. Tuttavia, ha proseguito, lo Stato deve “assicurare in maniera efficace ai cittadini e alle comunità religiose la libertà di culto”, rendendo “inaccettabile qualsiasi violenza a danno dei credenti” di qualsiasi fede. In tale contesto, il Papa ha elogiato la volontà di dialogo dei presuli con le autorità turche, in particolare al fine di un “riconoscimento giuridico” della Chiesa cattolica e dei suoi beni:

Une telle reconnaissance ne peut qu'avoir...
“Un tale riconoscimento - ha affermato Benedetto XVI - non può che avere delle conseguenze positive per tutti”. Ed ha espresso l’augurio che siano stabiliti dei “contatti permanenti”, per esempio attraverso l’intermediazione di una Commissione bilaterale per studiare le questioni che non sono ancora state risolte. Il Papa non ha poi mancato di soffermarsi sull’Anno Paolino che, ha detto, ha un’importanza particolare nella terra dove l’Apostolo delle Genti è nato ed ha fondato numerose comunità.

Je me réjouis vivement de la dimension oecuménique...
“Mi compiaccio vivamente - ha detto il Papa - per la dimensione ecumenica” impressa alle iniziative in Turchia per l’Anno Paolino, ed ha auspicato che possano registrarsi nuovi progressi sul cammino verso l’unità dei cristiani. D’altro canto, il Pontefice si è augurato che in Turchia sia sempre più facilitato ai pellegrini l’accesso ai numerosi luoghi significativi per la fede cristiana.

L'existence de vos Eglise locales, dans toute leur diversité...
“L’esistenza delle vostre Chiese locali in tutta la loro diversità”, è stata poi la sua riflessione, si situa nel prolungamento di “una ricca storia caratterizzata dallo sviluppo delle prime comunità cristiane”. E qui Benedetto XVI si è soffermato sui tanti discepoli di Cristo che hanno testimoniato il Vangelo in Turchia fino al dono supremo della vita, come don Andrea Santoro. Il loro esempio, ha proseguito, sia di incoraggiamento a testimoniare l’amore di Dio per tutti gli uomini.

Le peuple de Dieu trouvera un soutien efficace...
“Il popolo di Dio - ha detto ancora il Papa - troverà un sostegno efficace alla sua fede e alla sua speranza nell’autentica comunione ecclesiale”. Quindi, ha sottolineato che proprio i vescovi sono i primi responsabili della realizzazione concreta di questa comunione. Questa unità, ha proseguito, trova una fonte vitale nella Parola di Dio, come ribadito dal recente Sinodo dei Vescovi. E qui Benedetto XVI ha rammentato che un momento significativo dell’assemblea sinodale è stato l’intervento del Patriarca ortodosso ecumenico, Bartolomeo I. Nel suo discorso, il Papa ha infine esortato sacerdoti e religiosi, spesso provenienti dall'estero, ad inserirsi sempre meglio nella realtà locale turca. E, ancora, ha messo l’accento sull’importanza della pastorale giovanile e sulla formazione dei laici.



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02/02/2009 16:50
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Alle 18, l'incontro del Papa con i religiosi e le religiose per la 13.ma Giornata della vita consacrata. Intervista al cardinale Franc Rodé


E’ la professione di fede di San Paolo, contenuta nella sua Lettera ai Galati, il cuore dell’odierna Giornata mondiale della Vita Consacrata, giunta al 13.mo appuntamento. Benedetto XVI incontrerà i religiosi e le religiose nella Basilica di San Pietro nel pomeriggio alle 18, al termine della Santa Messa celebrata in precedenza, alle 17, dal cardinale Franc Rodé, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. Come da tradizione, l'incontro avviene nella Festa della Presentazione del Signore, sulla quale si sofferma a riflettere lo stesso cardinale Rodé, al microfono della responsabile della redazione francese della nostra emittente, Romilda Ferrauto:

R. - Tale episodio costituisce una significativa icona della donazione della propria vita per quanti sono stati chiamati a riprodurre nella Chiesa e nel mondo i tratti caratteristici di Gesù vergine, povero, e obbediente: il consacrato del Padre. Gli scopi della Giornata dedicata alla vita consacrata nella “mens” del servo di Dio Giovanni Paolo II sono fondamentalmente tre: rispondere al bisogno di lodare e ringraziare il Signore per il dono alla Chiesa della vita consacrata, valorizzare sempre più la testimonianza delle persone che hanno scelto di seguire Cristo mediante la pratica dei consigli evangelici, essere occasione per le stesse persone consacrate di rinnovare i propositi e ravvivare i sentimenti che devono ispirare la loro donazione al Signore.


D. - C’è qualche aspetto della vita consacrata che lei desidererebbe quest’anno mettere in risalto?


R. - Quest’anno la celebrazione cade nell’Anno Paolino. A Paolo di Tarso, afferrato da Cristo, la vita consacrata guarda come esempio di discepolo che segue Cristo Signore e pone la sua intera esistenza al servizio dell’annuncio del Vangelo. La testimonianza di Paolo di Tarso, resa con la parola e con la propria vita, ci ricorda che i consacrati portano a compimento la volontà del Padre dopo averla accettata in spirito di obbedienza. Totale donazione di sé a Dio e alla causa del Vangelo, obbedienza e fedeltà sino alla fine sono tratti della vita di Paolo che ogni consacrato deve avere presenti nella propria esistenza, forti della Parola dello stesso apostolo: “Fatevi miei imitatori come io lo sono di Cristo”


D. - Eminenza cosa desidera dire in questa Giornata ai religiosi e alle religiose che soffrono di disagio, di solitudine, di emarginazione nella società attuale?


R. - Ricordare a quei consacrati che in forza del loro battesimo sono incorporati a Cristo, che hanno scelto di seguire più da vicino mediante la professione dei consigli evangelici. Nel prologo del Vangelo di Giovanni, si sottolinea il dramma della non accoglienza del verbo di Dio incarnatosi per la gloria del Padre, per la salvezza degli uomini. Se il mondo non ha accolto il Signore, non è portato ad accogliere chi è di Cristo, mentre il discepolo del Signore è chiamato ogni giorno, nonostante tutto, ad abbracciare la sua croce e a seguire il suo maestro in un cammino di fiducia e di abbandono in Dio, sino al premio che il Padre ha riservato per chi gli è fedele sino alla fine. (Montaggio a cura di Maria Brigini)


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02/02/2009 19:41
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Retroscena

Nel 2007 la richiesta alla Santa Sede
Adesso il sì del Vaticano

Canterbury addio
Benedetto riprende anche gli anglicani


Giacomo Galeazzi per "La Stampa"

A Pasqua rientreranno nella piena comunione con Roma i 500 mila anglicani tradizionalisti (clero e fedeli) che, in dissenso con l'arcivescovo di Canterbury, hanno sottoscritto il catechismo cattolico.
Dopo i lefebvriani, il Papa si appresta ad ammettere nella Chiesa cattolica il principale gruppo di tradizionalisti scismatici anglicani, la «Traditional Anglican Communion» (Tac), che si erano distaccati nel 1991 dalla Chiesa-madre in polemica con l'ordinazione di donne e omosessuali e con le innovazioni liturgiche.
Per la Comunione anglicana guidata dall'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, già profondamente spaccata sul ruolo delle donne e degli omosessuali nella Chiesa, rappresenta un precedente gravissimo.
Il rientro della Tac nella Chiesa cattolica minaccia, infatti, di aprire la strada a nuove fughe di massa verso Roma.
La Tac, oggi guidata dal vescovo australiano John Hepworth, aveva chiesto ufficialmente la «piena comunione ecclesiale e sacramentale» con la Chiesa cattolica nel 2007: un gesto senza precedenti, perché era la prima volta che un'intera comunità cristiana nata dopo la Riforma protestante domandava di essere riammessa nell'alveo del cattolicesimo.
Adesso il Vaticano ha detto sì.
La Congregazione per la dottrina della fede ha espresso parere favorevole sul rientro, consigliando la creazione di una prelatura personale in stile Opus Dei per gli ex anglicani. In pratica, la stessa soluzione studiata per i tradizionalisti lefebvriani della Fraternità Sacerdotale San Pio X una volta sancita la loro «piena comunione» con la Santa Sede.
I tradizionalisti anglicani della Tac sono mezzo milione, divisi in 16 chiese sorelle, sparpagliate nei cinque continenti. Preti e vescovi sono, nella maggior parte dei casi, sposati, come avviene in tutta la Comunione anglicana. Secondo il vescovo John Hepworth, il rientro potrebbe avvenire già per Pasqua, e comunque in tempo per la beatificazione di John Henry Newman, il celebre teologo anglicano convertitosi al cattolicesimo e diventato poi cardinale.
Vescovi, sacerdoti e fedeli hanno chiesto di essere riammessi «in blocco» e Joseph Ratzinger ha accolto la richiesta. I loro esponenti hanno già sottoscritto in segno di adesione il Catechismo della Chiesa Cattolica e l'hanno depositato a Walsingham, il più importante santuario mariano del Regno Unito.
Superato lo scisma e completata la riconciliazione con Roma, conserveranno il diritto alla liturgia anglicana, che per come è celebrata dai tradizionalisti anglicani è vicinissima alla messa tridentina, manterranno il loro clero sposato, ma non il vescovo che ora li guida perché, secondo la tradizione della Chiesa (sia cattolica sia ortodossa) solo i celibi accedono all'episcopato.
La loro ordinazione anglicana per la Chiesa Cattolica non è valida (come chiarito 120 anni fa sotto il pontificato di Leone XIII) e sarà perciò necessaria una nuova ordinazione, come avviene per gli altri pastori anglicani che si tornano in comunione con Roma. Si tratta di una riunificazione che per la Chiesa-madre anglicana potrebbe avere effetti dirompenti, capaci di estendersi molto oltre la Tac.
Un autentico «Big Bang» a partire dai numerosi gruppi anglicani, rimasti per ora nella Comunione Anglicana e quindi dipendenti da Canterbury, che però esprimono fortissimo disagio per la recente ammissione delle donne all'episcopato, e in precedenza, negli Anni 90, al sacerdozio.
Significativamente Benedetto XVI intende accordare alla Tac lo statuto di prelatura personale come l'Opus Dei. Non quindi, una Chiesa uniate come ve ne sono tra le Chiese Orientali, ma una sorta di diocesi mondiale con propri apostolati e un proprio vescovo. Una soluzione analoga a quella che si ipotizza, appunto, per gli ultraconservatori lefebvriani.
Non a caso l'annuncio verrà dato subito dopo Pasqua. Benedetto XVI collegherà l'evento all'Anno Paolino, visto che Paolo è stato il più grande missionario nella storia della Chiesa, e lo scenario dello storico abbraccio sarà la Basilica di San Paolo fuori le Mura tradizionalmente legata all'Inghilterra. Prima dello scisma cinquecentesco del re Enrico VIII, infatti, era la chiesa ufficiale dei cavalieri dell'Ordine della Giarrettiera, la massima onorificenza britannica.
Intanto, assicura il cardinale Walter Kasper, «è ormai vicino l'accordo fra Chiesa cattolica e ortodossi sul primato del vescovo di Roma», cioè sul ruolo del Papa rispetto alle altre chiese cristiane. E nell'ultima plenaria del Pontificio Consiglio per l'unità dei cristiani era stata presentata una raccolta di tutti i testi di convergenza ecumenica con anglicani, luterani riformati e metodisti.
Il timore è che adesso il «caso Tac» faccia scendere il gelo tra Roma e Londra. «In quarant'anni abbiamo fatto molti progressi coi protestanti - spiega il ministro vaticano -. Ci sono problemi ancora aperti, ma vogliamo proseguire il dialogo».

© Copyright La Stampa, 2 febbraio 2009


Papa Ratzi Superstar









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02/02/2009 19:54
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BENEDETTO XVI: AL PATRIARCA KIRILL, “CONTINUARE A RAFFORZARE LA COMUNIONE”

“È mia fervida speranza che continueremo a cooperare per trovare modi per promuovere e rafforzare la comunione nel Corpo di Cristo, nella fedeltà alla preghiera del nostro Salvatore che tutti siano una cosa sola, perché il mondo possa credere”. E’ quanto papa Benedetto XVI ha scritto al Patriarca Kirill in un messaggio che il card. Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ha consegnato ieri al nuovo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, in occasione della sua intronizzazione. Con il messaggio, il cardinale ha consegnato a sua Santità Kirill un dono: un calice come “pegno del desiderio di giungere presto alla piena comunione”. Nel messaggio, il Papa ha ricordato “l’eredità” lasciata dal Patriarca Alessio II, che ha guidato la Chiesa Ortodossa Russa da un “lungo e difficile periodo di sofferenza sotto il sistema totalitaristico ed ateo” portandola ad essere “una nuova e attiva presenza” a servizio della società di oggi. “Il Patriarca Alessio II – ha proseguito Benedetto XVI - ha lavorato assiduamente per l'unità della Chiesa ortodossa russa e per la comunione con le altre Chiese ortodosse. Egli ha altresì mantenuto uno spirito di apertura e di cooperazione con gli altri cristiani, e con la Chiesa cattolica in particolare, per la difesa dei valori cristiani in Europa e nel mondo”.
“Sono certo – è l’auspicio del Papa - che Vostra Santità continuerà a costruire su questa solida base, per il bene del vostro popolo e per il bene dei cristiani in tutto il mondo”. Benedetto XVI ricorda nel messaggio inviato al Patriarca Kirill gli incontri avuti con lui come presidente del dipartimento per le relazioni esterne ed ha sottolineato come l’allora metropolita Kirill svolgesse “un ruolo importante nel forgiare un nuovo rapporto tra le nostre Chiese, un rapporto sulla base di amicizia, di reciproca accettazione e sincero dialogo per affrontare le difficoltà del nostro cammino comune”. Da qui la speranza di continuare su questa strada di collaborazione.

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