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Notizie dal B16F

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2015 04:06
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12/02/2009 13:33
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Da "IMG Press"...

LA SUBDOLA CONTESTAZIONE A BENEDETTO XVI FATTA CON BUGIE IMPIETOSE

Benedetto XVI (12/02/2009) - Benedetto XVI è sotto accusa da laicisti, anticlericali, cattolici di sinistra e protestanti dopo quattro anni di pontificato lungimirante.

Il Financial Times, L’Espresso e La Stampa sono irriverenti nei suoi confronti: parlano di lui come se fosse l’ultimo arrivato, e non già il successore di Pietro. Lucia Annunziata che lavora in Rai e a La stampa intervista il teologo protestante svizzero Hans Kung il quale parla di “chiese vuote, di restaurazione, e di un Pontefice che vive nel suo mondo, che si è allontanato dagli uomini, e oltre a grandi processioni e pompose cerimonie, non vede più i problemi dei fedeli. Per esempio la morale sessuale, la cura pastorale delle anime, la contraccezione. La Chiesa –dice Kung - è in crisi, io spero che il Papa lo riconosca. Sarei felice di passi di riconciliazione specie verso gli ambienti dei fedeli progressisti. Ma Benedetto XVI non vede che sta alienando se stesso dalla gran parte della Chiesa cattolica e della cristianità. Non vede il mondo reale, vede solo il mondo vaticano".

La Stampa scomoda poi Marco Tosatti che lo attacca sul piano personale. Benedetto XVI vivrebbe in solitudine circondato solo da pochissimi collaboratori e si dedicherebbe solo al suo libro di Gesù di Nazaret ( II.a parte) e ad una Enciclica sociale. Come dire: egli pensa solo alle sue cose private e non alla Chiesa! Barbara Spinelli, sempre su La Stampa, parla di caduta di autorità, di perdita di leadership, di interferenze della Chiesa e di incapacità di governo del Pontefice.

L’espresso e il Mattino di Padova pubblicano una lettera di un prete che definisce il Pontefice “mio nonno” (sic!) e non avendo una sola critica teologica da muovergli, lo attacca sull’eleganza, sull’anello del pescatore, e sulla liturgia, come se quest’ultima non fosse il riflesso dello splendore di Dio. Un attacco durissimo da parte di un giovane parroco che non sa, per esempio, che Benedetto XVI quando era un potente cardinale romano usciva dalla sua abitazione e dava da mangiare ai gatti randagi. Non sa, questo prete, che Joseph Ratzinger nella sua carriera e nella sua vita non ha mai cercato una carica: l’hanno sempre chiamato e lui ha sempre obbedito. Come quando chiese a Giovanni Paolo II di andare in pensione e gli fu chiesto di restare al suo posto per servire la Chiesa. E non sa, infine, che il cardinale Ratzinger era avvicinabile da chiunque lo incontrasse. Il prete padovano è scandalizzato dagli abiti che indossa Benedetto XVI: forse dovrebbe andare in giro trasandato, con le scarpe bucate, e gli abiti un po’ sporchi. Questo prete si chiede come potrà fare ancora pastorale ai suoi fedeli se Benedetto XVI non cambierà? Per lui Benedetto XVI, a 81 anni, deve andare a dormire all’addiaccio e sotto i ponti. Solo cosi questo prete troverà la fiducia persa nel romano Pontefice. Ma dove ha fatto il seminario questo prete? Dove ha studiato teologia? E chi lo ha ordinato? Se i primi contestatori della Chiesa sono alcuni ministri di Dio è inevitabile che poi anche settori laicisti della pubblica opinione li seguono su questa strada. Non poteva mancare il Financial Times giornale protestante secondo cui Benedetto XVI, «è inciampato nella peggiore crisi dei suoi quattro anni di papato...cardinali e vescovi si stanno mobilitando per la rivolta, anche se al momento l'obiettivo della loro inquietudine è un manipolo di figure che circonda il Pontefice 81enne, il quale, temono, stia diventando un timido recluso, sepolto dalle sue letture e scritture, vulnerabile alle manipolazioni».

Questa, secondo il Finantial Times , «è la spiegazione indulgente del perché il Papa ha revocato la scomunica a quattro vescovi ultratradizionalisti». E ancora: “L'affaire Williamson ha ridotto il pontefice a un «rottweiler di dio maltrattato». Insomma, un «Papa timido e isolato», un'immagine ben lontana da quella del «rottweiler di Dio” che la stampa internazionale coniò a suo tempo. In realtà secondo il quotidiano britannico è sbagliata la definizione del Papa «rottweiler di dio». “La verità è che – secondo fonti del giornale- il Papa è timido al limite della reclusione, uno che potenzialmente può essere intimorito». Insomma, queste critiche sono l’anticamera per sostenere il concetto che Benedetto XVI è incapace di intendere e di volere. Che non è nel pieno possesso delle sue facoltà. Questo si evince da una lettura attenta di tutti questi articoli e interviste di questa settimana. E se Benedetto XVI è influenzabile, è un uomo pauroso, è un uomo spaventato come può svolgere il suo mandato? Se a 81 anni gli muovono queste critiche figuratevi a 85-86 anni. Benedetto non evangelizza, non annuncia il Vangelo a tutti: è chiuso nelle sue stanze, è un misantropo. Non dialoga con nessuno. Non si confronta con gli altri. Altra bugia che solo certi personaggi in cerca di meriti presso i loro editori scrivono. Perché non vanno a vedere i suoi viaggi apostolici in Italia e all’estero? Perché non leggono le sue due Encicliche impareggiabili, i suoi numerosi messaggi, le sue catechesi culturali del mercoledi, e le sue omelie di questi quattro anni? E ancora: perché non vanno a vedere le sue visite alle parrocchie romane e gli incontri con il clero, con i giovani, e con la folla? No, signori. Voi sapete benissimo che Benedetto XVI sta lavorando come operaio nella vigna del Signore. Con lui la Chiesa continua ad essere "madre e maestra" definizione di Giovanni XXIII. Ha messo ordine nei seminari, ha chiesto che i seminaristi con orientamenti sessuali discutibili non diventino sacerdoti. Ha chiesto la tolleranza zero verso i preti pedofili. Benedetto XVI inoltre vuole vedere personalmente il fascicolo personale di ogni aspirante vescovo, contrariamente a Giovanni Paolo II che avallava l’operato del cardinale Re. Benedetto XVI è un Papa attento alla Tradizione, alla Bibbia e al magistero della Chiesa. Ma laicisti e protestanti quando sentono la parola Tradizione gli viene l’orticaria. Ecco perché ha riammesso i tradizionalisti della Comunità san Pio X. La Tradizione, vorrei far rilevare a qualche teologo improvvisato, è stata ribadita nella Costituzione dogmatica Dei Verbum dal Vaticano II a cui si richiamano ogni due minuti, ma di cui non conoscono bene i contenuti. Il dialogo interreligioso prosegue con ortodossi, ebrei e musulmani. Ma il magistero di questo Papa non piace ad alcuni rabbini e ad alcuni mussulmani. Non perdonano infatti a Joseph Ratzinger la dichiarazione che scrisse quando era cardinale, la “Dominus Iesus” del 6 agosto 2000 circa l’unicità e la universalità salvifica di Gesù Cristo. E poi questo Papa che tanto insiste sui valori non negoziabili (vita, famiglia, e libertà di educazione dei figli) non va giù ai laicisti di casa nostra pronti ad insorgere e ad invocare la indebita ingerenza. Insomma questo papa dovrebbe parlare come ha detto la Bindi solo delle cose di lassù e non delle cose di quaggiù. Ma costoro dimenticano che il Papa è un successore degli Apostoli, è il Vicario di Cristo sulla terra e che deve evangelizzare. Cioè annunciare la lieta Novella a tutti e a ciascuno fino a gli estremi confini della terra. A lui della popolarità e delle critiche corrosive importa poco, è vero, ma non è un reato. Lui governa la Chiesa con il criterio della collegialità ascoltando il Collegio cardinalizio, le Conferenze episcopali, e i vari Sinodi della Chiesa. Non decide in solitudine: è falso. E' un uomite mite ma fermo come lui stesso si è definito. Va ricordata infine la promessa fatta da Gesù a Simon Pietro, ( il cui successore oggi è Benedetto XVI ndr) di costituirlo pietra fondamentale della sua Chiesa, ha riscontro nel mandato che il Cristo gli affida dopo la risurrezione: “Pasci i miei agnelli”, “Pasci le mie pecorelle” (Gv 21, 15-17). Vi è un oggettivo rapporto tra il conferimento della missione attestato dal racconto di Giovanni, e la promessa riferita da Matteo (cf. Mt 16, 18-19). Nel testo di Matteo vi era un annuncio. In quello di Giovanni vi è l’adempimento dell’annuncio. Le parole: “Pasci le mie pecorelle” manifestano l’intenzione di Gesù di assicurare il futuro della Chiesa da lui fondata, sotto la guida di un pastore universale, ossia Pietro, al quale egli ha detto che, per sua grazia, sarà “pietra” e che avrà le “chiavi del regno dei cieli”, col potere “di legare e di sciogliere”. Gesù, dopo la risurrezione, dà una forma concreta all’annuncio e alla promessa di Cesarea di Filippo, istituendo l’autorità di Pietro come ministero pastorale della Chiesa, a raggio universale. Diciamo subito che in tale missione pastorale s’integra il compito di “confermare i fratelli” nella fede che è il compito precipuo di Benedetto XVI. “Confermare i fratelli” e “pascere le pecore” costituiscono congiuntamente la missione di Pietro: si direbbe il proprium del suo ministero universale. Come afferma il Concilio Vaticano I, la costante tradizione della Chiesa ha giustamente ritenuto che il primato apostolico di Pietro “comprende pure la suprema potestà di magistero” (cf. Denz.-S. 3065). Sia il primato che la potestà di magistero sono conferiti direttamente da Gesù a Pietro come persona singolare, anche se ambedue le prerogative sono ordinate alla Chiesa, senza però derivare dalla Chiesa, ma solo da Cristo. Il primato è dato a Pietro (cf. Mt 16, 18) come - l’espressione è di Agostino - “totius Ecclesiae figuram gerenti” (Epist., 53,1.2), ossia in quanto egli personalmente rappresenta la Chiesa intera; e il compito e potere di magistero gli è conferito come fede confermata perché sia confermante per tutti i “fratelli” (cf. Lc 22, 31 s). Ma tutto è nella Chiesa e per la Chiesa, di cui Pietro è fondamento, clavigero e pastore nella sua struttura visibile, in nome e per mandato di Cristo. Gesù conferisce a Simon Pietro la missione pastorale: “Pasci i miei agnelli”; “Pasci le mie pecorelle”. È come un prolungamento della missione di Gesù, che ha detto di sé: “Io sono il buon Pastore” (Gv 10, 11). Gesù, che ha partecipato a Simone la sua qualità di “pietra”, gli comunica anche la sua missione di “pastore”. È una comunicazione che implica una comunione intima, che traspare anche dalla formulazione di Gesù: “Pasci i miei agnelli . . . le mie pecorelle”; come aveva già detto: “Su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (Mt 16, 18). La Chiesa è proprietà di Cristo, non di Pietro. Agnelli e pecorelle appartengono a Cristo, e a nessun altro. Gli appartengono come a “buon Pastore”, che “offre la vita per le sue pecore” (Gv 10, 11). Pietro deve assumersi il ministero pastorale nei riguardi degli uomini redenti “con il sangue prezioso di Cristo” (1 Pt 1, 19). Sul rapporto tra Cristo e gli uomini, diventati sua proprietà mediante la redenzione, si fonda il carattere di servizio che contrassegna il potere annesso alla missione conferita a Pietro, ovvero Benedetto XVI: servizio a Colui che solo è “pastore e guardiano delle nostre anime” (1 Pt 2, 25), e nello stesso tempo a tutti coloro che Cristo-buon Pastore ha redento a prezzo del sacrificio della croce. È chiaro, peraltro, il contenuto di tale servizio che oggi svolge Benedetto XVI: come il pastore guida le pecore verso i luoghi in cui possono trovare cibo e sicurezza, così il pastore delle anime deve offrir loro il cibo della parola di Dio e della sua santa volontà (cf. Gv 4, 34), assicurando l’unità del gregge e difendendolo da ogni ostile incursione.

Alberto Giannino



APPLAUSI!!!! [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8021]

Io direi, piuttosto, che sono i media a vivere nel loro mondo, chiusi nella loro assurda ideologia...
Dalle mie parti si dice: "Non c'è più sordo di quello che non vuole udire" ed io aggiungerei: "Non c'è più cieco di quello che non vuol vedere!". Questi media sono sordi e ciechi davanti al consenso che raccoglie B16. C'è di mezzo pure l'invidia, ragazzi! Non volete ammettere che il Papa stia facendo tutto il contrario di ciò che dite voi!!!
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Papa Ratzi Superstar









"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
12/02/2009 15:58
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VATICANO, L'ORA DEI SOSPETTI DOPO IL PASTICCIO CON I LEFEBVRIANI...

Accuse, malumori, dossier: la scomunica ritirata ai lefebvriani ha scoperchiato il vaso di Pandora in Vaticano, rivelando scontri e tensioni che covavano sotto la cenere. Il cardinale tedesco Walter Kasper accusa di non essere stato consultato prima della decisione, salvo poi essere chiamato in causa per ricucire con gli ebrei. Il Papa starebbe pensando di sostituirlo con l'arcivescovo di Vienna, cardinale Christoph Schoenborn.

Ex allievo di Joseph Ratzinger, Schoenborn è anche in corsa per guidare la Congregazione per la dottrina della fede, se l'attuale prefetto, il cardinale statunitense William Joseph Levada, andasse a guidare la diocesi di New York. Pronto a lasciare anche il cardinale Dario Castrillon Hoyos, presidente della commissione incaricata per i rapporti con i tradizionalisti. Competenze che passerebbero alla Congregazione per il culto divino, guidata dal cardinale spagnolo Antonio Llovera Cañizares. (Ignazio Ingrao)



12/02/2009 15:59
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Intervento del cardinale Bertone al Convegno per gli 80 anni dello Stato vaticano


“Un piccolo territorio per una grande missione”: il titolo del Convegno internazionale aperto stamane nel Palazzo del Laterano a Roma, nell’80.mo anniversario della fondazione dello Stato della Città del Vaticano. L’incontro, articolato in tre giornate di studio, è stato organizzato dal Governatorato, per approfondire – come ha sottolineato nel suo saluto inaugurale il cardinale Giovanni Lajolo – gli aspetti storici, giuridici, culturali di questo singolare Stato, unico nel panorama mondiale di ieri e di oggi. Il servizio di Roberta Gisotti:

Il passato non lungo ma intenso, del piccolo Stato vaticano, il suo operoso presente, le prospettive future: questo l’itinerario tracciato dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, aprendo i lavori del Convegno, ospitati nella Sala della Conciliazione, dove furono firmati l’11 febbraio 1929, i Patti Lateranensi:

“L’80.mo anniversario della fondazione dello Stato della Città del Vaticano è momento propizio per ricordare l’alta finalità della sua esistenza ed azione, per valutare come a tale finalità si sia corrisposto lungo questi otto decenni trascorsi e per cercare di intuire le modalità future che potrà assumere la missione propria di questo Stato.”

Ha ricordato il cardinale Bertone che fu Pio XI, “il vero ideatore e fondatore” di questa realtà statuale, “opera della sua tenacia, realismo, cultura, lungimiranza”, a garantire alla Santa Sede “una vera e propria e reale sovranità territoriale”, “condizione universalmente riconosciuta indispensabile ad ogni vera sovranità giurisdizionale”, “che evidentemente - sottolineava Pio XI – è necessaria e dovuta a chi, stante il divino mandato, non può essere suddito di alcuna sovranità terrena”. Ciò spiega anche – ha osservato il cardinale Bertone – “le dimensioni esigue, quasi simboliche, del territorio”:

“Fu lo stesso Pontefice a illustrare le ragioni di tale scelta. ‘Forse alcuni troveranno troppo poco di territorio, di temporale. Possiamo dire… che è veramente poco, pochissimo, il meno possibile, quello che abbiamo chiesto in questo campo: e deliberatamente, dopo aver molto riflettuto, meditato e pregato. E ciò per alcune ragioni che ci sembrano e buone e gravi’ ”


Tra le ragioni – espresse da Pio XI - la volontà di facilitare le trattative, quella di tenere conto della ‘ipersensibilità’ di chi temeva di diminuire la sovranità territoriale italiana, e dimostrare infine che non erano mire di potere terreno.
Ripercorrendo i tratti salienti della storia passata il cardinale Bertone si è detto convinto che lo Stato vaticano è stato all’altezza delle attese e delle sfide via via emergenti. Guardando al futuro ha evidenziato la necessità per lo Stato vaticano di rapportarsi sempre più con la comunità internazionale e in particolare con l’Unione Europea, dalla quale derivano all’Italia adempimenti anche negli impegni pattizi con la Santa Sede.


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12/02/2009 16:00
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Il Papa ricorda il cardinale Stepinac, martire del comunismo


“Dopo il crollo del comunismo la Chiesa affronta nuove sfide” ma “il comandamento resta sempre uguale: ‘Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura’”: è quanto ha scritto Benedetto XVI al cardinale Josip Bozanić, arcivescovo di Zagabria e vicepresidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), in occasione del terzo Incontro dei cardinali e dei presidenti delle Conferenze episcopali dei Paesi dell’Europa centro-orientale su “Missione della Chiesa nell’Europa Centro-Orientale a vent’anni dal crollo del sistema comunista (1989-2009)”, che si è svolto nella capitale croata per ricordare anche il decimo anniversario della beatificazione del’arcivescovo di Zagabria, Alojzije Stepinac (1898-1960), martire del regime comunista, nel giorno della sua memoria liturgica, il 10 febbraio. “Dalla natura della Chiesa - ha affermato il Papa - deriva la sua missione, che è sempre la stessa”, e il martirio e la testimonianza del beato “ci stimolano e incoraggiano”. “La mutua cooperazione tra i pastori e le Conferenze episcopali è di grande importanza per lo svolgimento di questa missione” e “questo incontro, espressione della vitalità della Chiesa - ha concluso Benedetto XVI – dà nuova speranza per l’efficacia della sua missione in Europa e nel mondo”.

Da parte sua il cardinale Bozanić ha sottolineato che “il comunismo ha lasciato in eredità delle ferite profonde nella vita delle persone e della società, dalle quali emerge una richiesta di aiuto e il bisogno di Dio e della Chiesa per guarire l'uomo”. Infatti “nonostante la caduta del comunismo “la sua struttura è rimasta presente nella legislazione e nel potere giudiziario, nell’economia e nella cultura” e soprattutto nel velo di silenzio che è stato gettato sugli avvenimenti del recente passato. “Come spiegare altrimenti – ha detto il porporato - che a venti anni da questi avvenimenti la verità non riesce a mettere radice nelle terre che si vantano della libertà e dell’amore per la verità?”. Così in Croazia – ha spiegato - si evita di parlare di Stepinac. La verità – ha aggiunto - “è che il sistema si è frantumato, ma le schegge sono abbastanza resistenti e si manifestano nelle forme di promozione delle stesse falsità non solo attraverso la politica e nel rapporto con il passato, ma anche nel rapporto con l’educazione, la scienza, l’istruzione”. Il cardinale Bozanić ha poi affermato che è il momento di “una nuova e coraggiosa evangelizzazione per riscoprire le proprie radici cristiane” e di “rispondere alle sfide poste da una visione riduzionista dell'uomo”, soprattutto alla “dittatura del relativismo”. In tal senso, i presuli hanno avuto l'opportunità di approfondire le sfide rappresentate da globalizzazione, bioetica, neuroscienze, migrazioni e costruzione di un nuovo ordine mondiale, tutela della libertà di coscienza e nuove ideologie, specialmente riguardo alla vita e alla famiglia.


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12/02/2009 16:01
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Benedetto XVI agli ebrei americani: irrevocabile il rifiuto dell'antisemitismo. E annuncia: sto preparando la visita in Israele. Alan Solow: le diamo il benvenuto


Inaccettabile e intollerabile dimenticare o minimizzare il crimine terribile della Shoah: è il vibrante richiamo che Benedetto XVI ha levato stamani nel discorso alla delegazione della Conferenza dei presidenti delle principali organizzazioni ebraiche americane. Il Pontefice ha ribadito con forza che la Chiesa rifiuta irrevocabilmente ogni forma di antisemitismo ed ha affermato di essere impegnato a preparare la visita in Israele. L’indirizzo d’omaggio è stato rivolto al Papa dal rabbino Arthur Schneier, che aveva accolto Benedetto XVI alla East Park Synagogue di New York in occasione del viaggio apostolico del Papa negli Stati Uniti lo scorso aprile, e da Alan Solow, presidente dell'organismo ebraico. Il servizio di Alessandro Gisotti:


The Church is profoundly and irrevocably committed to reject all anti Semitism…
“La Chiesa è profondamente e irrevocabilmente impegnata a rifiutare ogni forma di antisemitismo e a continuare a costruire buone e durevoli relazioni” tra cattolici ed ebrei: è quanto ribadito dal Papa ai rappresentanti del mondo ebraico americano. Benedetto XVI ha dedicato una parte significativa del suo intervento alla tragedia dell’Olocausto. L’odio contro gli uomini, le donne e i bambini manifestato nella Shoah, ha sottolineato, è stato “un crimine contro Dio e contro l’umanità”:


This should be clear to everyone…
“Questo – è stato il suo monito - deve essere chiaro ad ognuno” specialmente a coloro che seguono la tradizione delle Sacre Scritture, secondo cui ogni uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio. Ed ha avvertito che “ogni negazione o riduzione di questo crimine è intollerabile e al tempo stesso inaccettabile”:


This terrible chapter in our hostory must never be forgotten…
“Questo terribile capitolo della nostra storia – ha detto ancora – non deve mai essere dimenticato”. Il ricordo, è stata la sua riflessione, “è un avvertimento per il futuro” che esorta a sforzarsi per la riconciliazione. “Ricordare – ha proseguito – è fare ogni cosa in nostro potere per impedire il ripetersi di una tale catastrofe” all’interno della famiglia umana, “attraverso la costruzione di ponti di amicizia duratura”. Ed ha assicurato la sua preghiera affinché “la memoria di questo crimine spaventoso rafforzi la nostra determinazione per sanare le ferite che troppo a lungo” hanno pesato sulle relazioni tra cristiani ed ebrei. Il Pontefice ha poi ricordato le sue visite alle Sinagoghe di New York, nel 2008, e di Colonia, nel 2005, e soprattutto la sua toccante visita al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau:


As I walked through the entrance to that place of horror…
“Nel momento in cui ho attraversato l’ingresso di quel luogo di orrore – ha rammentato – ho meditato sul numero infinito di prigionieri” che hanno mosso i loro passi ad Auschwitz e negli altri campi di sterminio. I figli di Abramo, ha detto, “affranti e degradati” avevano ben poco sostegno “al di là della loro fede nel Dio dei loro padri, una fede che noi Cristiani condividiamo con voi, nostri fratelli e sorelle”. Come, si interroga il Papa, “possiamo iniziare ad afferrare l’enormità di ciò che è successo in quella infame prigione?”. L’intera umanità, ha affermato, “sente profonda vergogna per la feroce brutalità mostrata allora verso il vostro popolo”. Ha quindi dichiarato di essere impegnato “a preparare una visita in Israele”:


A land which is holy for Christians as well as Jews…
“Una terra – ha ribadito – sacra per i cristiani come per gli ebrei, giacché le radici della nostra fede affondano lì”. Sin dagli albori del Cristianesimo, ha ricordato, “la nostra identità ed ogni aspetto della nostra vita sono stati intimamente legati” con la religione dei nostri padri nella fede. La storia bimillenaria di relazioni tra Chiesa ed Ebraismo, ha costatato, “è passata attraverso fasi differenti alcune delle quali dolorose da ricordare”. Ora che siamo in grado “di incontrarci in uno spirito di riconciliazione”, ha avvertito, “non dobbiamo permettere alle difficoltà del passato” di impedire il rafforzamento della nostra amicizia. Il Papa ha così ricordato la dichiarazione conciliare Nostra Aetate, “una pietra miliare nel percorso della conciliazione”. Un documento, ha detto, che ha delineato con chiarezza l’approccio della Chiesa nelle relazioni tra ebrei e cristiani. Né ha mancato di ricordare la visita di Giovanni Paolo II al Muro del Pianto di Gerusalemme, facendo sue le parole della preghiera lasciata da Papa Wojtyla: Dio dei nostri padri, “chiedendoti perdono vogliamo impegnarci in un'autentica fraternità con il popolo dell'alleanza”.


Dal canto suo, il rabbino Arthur Schneier ha sottolineato che questo incontro con il Papa serve alla mutua comprensione, specie in giorni “dolorosi e difficili” dopo le dichiarazioni negazioniste di un vescovo della Fraternità San Pio X.


Thank you for understanding our pain…
“Grazie per aver compreso il nostro dolore e la nostra angoscia – ha detto – e per la sua ferma dichiarazione di “indiscussa solidarietà” al popolo ebreo e per la condanna contro ogni negazione dell’Olocausto”. Quindi, ha sottolineato che il “personale impegno” di Benedetto XVI come quello di Giovanni Paolo II incoraggia a “rafforzare ancor di più i legami tra cattolici ed ebrei in ogni parte del mondo”. Anche il presidente delle organizzazioni ebraiche americane, Alan Solow, ha messo l’accento sull’importanza di questo incontro in Vaticano come momento per ribadire la condanna di ogni forma di antisemitismo. E si è poi riferito al viaggio del Papa in Terra Santa:


We welcome and appreciate your Holiness’ planned visit to Israel…
“Diamo il benvenuto – ha affermato Solow – e apprezziamo la visita in programma del Papa in Israele”. La gente e i leader di Israele, come noi, ha detto, “guardano con trepidazione” a questo evento. La Terra Santa, infatti, “ha un immenso significato per entrambi le nostre fedi”.


E dopo l’udienza con il Papa, il rabbino Arthur Schneier e Alan Solow hanno tenuto una conferenza stampa nella Sala Marconi della nostra emittente. Un’occasione per ribadire la portata “storica” dell’evento odierno. Dalla dolorosa “vicenda Williamson”, ha detto il rabbino di New York, possono emergere delle relazioni più forti tra ebrei e cattolici. Schneier ha dunque ringraziato il Papa per aver condannato con fermezza chi nega l’Olocausto. E, al tempo stesso, per aver ribadito l’importanza del Concilio Vaticano e in particolare della Nostra Aetate quale pietra miliare nei rapporti tra cristiani ed ebrei. Come sopravvissuto della Shoah, ha detto il rabbino Schneier guardo con fiducia al futuro e sono convinto che, nonostante le difficoltà, il dialogo tra ebrei e cattolici andrà avanti. Dal canto suo, il presidente dell’organismo ebraico americano, Solow, ha sottolineato l’importanza della visita del Papa in Israele. Un evento, ha detto, molto atteso. Quindi, ha espresso soddisfazione per l’impegno del Papa contro l’ideologia negazionista e contro ogni forma di antisemitismo.



www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=697&set...

12/02/2009 16:02
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Il cordoglio per le vittime degli incendi, l'integrazione degli aborigeni e il no all'aborto nel discorso del Papa all'ambasciatore australiano


Un rinnovato cordoglio del Papa per gli incendi che, secondo bilanci ancora provvisori, hanno fatto in Australia oltre 180 vittime. Ma anche apprezzamento per la politica di riconciliazione instaurata con gli aborigeni e uno stimolo a lavorare perché, nella società della globalizzazione, sia l’etica a orientare le scelte sociali, ad esempio nel frenare il ricorso all’aborto. Sono i punti principali sviluppati da Benedetto XVI nel suo discorso al nuovo ambasciatore australiano presso la Santa Sede, Timothy Andrew Fischer, ricevuto questa mattina per la presentazione delle Lettere credenziali. Il servizio di Alessandro De Carolis:

L’Australia brucia e piange per una catastrofe alla quale guarda con sgomento tutto il mondo: quasi 200 vittime - ma potrebbero già essere un centinaio in più - e una fauna sterminata dalle fiamme, secondo gli esperti che parlano di milioni di animali morti. Benedetto XVI, che aveva nei giorni scorsi inviato un telegramma di cordoglio, ha aperto il suo intervento assicurando ancora preghiere e solidarietà in particolare, ha detto, “ai singoli e alle famiglie di Victoria, che hanno perso i loro cari nei recenti incendi”. Ma l’Australia non poteva non evocare nel Papa ricordi ancora freschi e piacevoli. La Giornata mondiale della gioventù di Sydney 2008 ha fornito al Pontefice l’occasione per riflettere non solo sulle conseguenze di maggiore consapevolezza cristiana prodotte dall’evento nel Paese ma, più in generale, sul bisogno di spiritualità e di valori ideali di cui necessitano le società benestanti. Per “contrastare le tendenze al pragmatismo e all’utilitarismo, oggi così diffuse”, ha osservato Benedetto XVI, c’è bisogno di “portare alla luce” la “dimensione spirituale dell'umanità”, la sola che apre la società a “una visione di speranza”:


“Prego affinché questa giovane generazione di cristiani in Australia e in tutto il mondo possa diffondere il suo entusiasmo per tutto ciò che è vero e buono creando amicizie condivise e creando luoghi di vita e di fede nel e per il nostro mondo, scegliendo la speranza e la carità concreta”.

Osservando poi la società australiana nel suo insieme - un insieme frutto di una lenta e non indolore integrazione delle popolazioni native - il Papa ha detto che la “diversità” etnica è stata “per decenni “offuscata dalle ingiustizie dolorosamente subite dalle popolazioni indigene”. Tuttavia, ha riconosciuto:


“Attraverso le scuse offerte l'anno scorso dal primo ministro Rudd, un profondo cambiamento del cuore è stato riaffermato. Ora, rinnovate nello spirito di riconciliazione, entrambe le agenzie del governo e degli aborigeni possono affrontare con risolutezza e compassione la moltitudine di sfide che vi attendono”.


Il Papa si è soffermato sullo sforzo, definito “lodevole”, da parte del governo australiano di facilitare il dialogo interreligioso e la cooperazione - sia in patria che nella regione - così come ha apprezzato il ventaglio di interventi che vedono l’Australia giocare un ruolo di primo piano sullo scacchiere internazionale, in Asia ma anche in Africa, specie sul fronte del sostegno ai Paesi poveri. Le “ombre e le luci della globalizzazione”, ha notato Benedetto XVI, allungano “le loro radici sul nostro mondo in modo sempre più complesso” e questo crea un deficit e insieme un’urgenza:


“Forse oggi più che mai nella storia umana, il fondamentale rapporto fra Creatore, la creazione e la creatura deve essere ponderato e rispettato. Da questa riflessione si può scoprire un comune codice etico, che consiste in norme radicate nella legge naturale inscritta dal Creatore nel cuore di ogni essere umano”.


“E’ l'etica - ha proseguito - che rende indispensabile una compassionevole e generosa risposta alla povertà, che rende urgente il sacrificio di interessi protezionistici per un’equa accessibilità dei Paesi poveri ai mercati sviluppati, così come ragionevole è la richiesta dei Paesi donatori circa un responsabile e trasparente utilizzo degli aiuti finanziari da parte delle nazioni riceventi”. In conclusione, sottolineando il ruolo della Chiesa in Australia, soprattutto nei settori dell’assistenza medico-sanitaria – Benedetto XVI ha toccato anche il tema dell’aborto, definendo “ironico” il fatto che “alcuni gruppi, attraverso programmi di aiuto”, promuovano “l'aborto - ha stigmatizzato - come una forma di 'materna' assistenza sanitaria”: prendono una vita, ha detto, “per migliorare presumibilmente la qualità della vita”.



www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=696&set...

12/02/2009 17:25
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Dal blog di Lella...

La Conferencia Episcopal Española envía una carta de apoyo al Papa Benedicto XVI

En ella expresa sus sentimientos de comunión y afecto ante las voces que han puesto en duda su amor por el pueblo judío

Madrid 12 de febrero de 2009

La Conferencia Episcopal Española (CEE), por medio de su Comité Ejecutivo reunido hoy jueves en Madrid, ha enviado al Papa Benedicto XVI una carta de apoyo en la que le expresa “sus sentimientos de estrecha comunión y de sincero afecto” en unos momentos en los que se han levantado voces poniendo en duda su amor por el pueblo judío y, más en concreto, su firme rechazo de toda forma de antisemitismo.
“Conocemos bien el interés –señala la carta- con el que Vuestra Santidad, desde hace muchos años y, en particular, en el ejercicio del ministerio petrino, ha procurado el diálogo con los hermanos del Pueblo de la Primera Alianza y se ha esforzado por que su historia y su presente sean justamente conocidos y valorados en la Iglesia. Pocos, como Vuestra Santidad, han comprendido que, como enseña el Concilio Vaticano II, se trata de un pueblo amadísimo para Dios”.

Los obispos españoles lamentan que precisamente la benevolencia y la generosidad manifestada por el Papa, tratando de hacer todo lo posible para preservar y fomentar la unidad de la Iglesia, “hayan sido malinterpretadas e incluso tomadas como excusa para levantar testimonios falsos y predisponer negativamente a la opinión pública”.

Los prelados concluyen la carta asegurándole al Santo Padre la oración de los obispos españoles y del pueblo católico por sus intenciones, y rogando al Señor que le conforte e ilumine en el gobierno de su Iglesia, “que necesita y agradece vuestro ministerio al servicio de la verdad del Evangelio y de la unidad en la caridad”.



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Papa Ratzi Superstar









"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
13/02/2009 01:55
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“La musica è un modo particolarmente grande di annunciare Cristo”: così il Papa al termine del Concerto per l’80.mo anniversario dello Stato Vaticano


La musica è un modo particolarmente grande di annunciare Cristo, perché ne rende percepibile il mistero: così Benedetto XVI, al termine del concerto svoltosi questa sera in Aula Paolo VI, per l’80.mo anniversario di fondazione dello Stato della Città del Vaticano. In programma, una selezione del “Messiah” di Händel, eseguita dall’Orchestra della Radio Televisione Irlandese e del Coro della Cattedrale di Dublino. Il servizio di Isabella Piro:

Una guida rossa a coprire i gradini dell’Aula Paolo VI, rossa come le maniche a sbuffo degli abiti delle coriste, e tanti fiori bianchi a delimitare, idealmente, la buca dell’orchestra, bianchi come le camicie dei musicisti. Ma le note impetuose e gloriose del “Messiah” di Händel hanno superato queste barriere virtuali e sono volate lontano, raggiungendo tutti gli ascoltatori, attenti e silenziosi, riuniti nella Sala Nervi. A loro il Papa ha ricordato che “la ricchezza del contrappunto musicale e l’armonia del canto” aiutano l’uomo a contemplare “l’intenso ed arcano mistero della fede cristiana”. Ed appare evidente come le note, suonate e cantate, quando sono intrecciate con la fede, “possano rivestire un alto valore pedagogico in ambito religioso”:

La musica come arte può essere un modo particolarmente grande di annunciare Cristo, perché riesce a renderne percepibile il mistero con un’eloquenza tutta sua.

Quindi, Benedetto XVI ha ricordato l’80.mo anno di fondazione dello Stato Vaticano: “un anniversario significativo”, ha detto, “un evento storico”, per il quale bisogna rendere merito in particolare a Pio XI:

Egli, nell’annunciare la firma dei Patti Lateranensi e soprattutto la costituzione dello Stato della Città del Vaticano, volle ricorrere a un’espressione di san Francesco d’Assisi. Disse che la nuova realtà sovrana era per la Chiesa, come per il Poverello, “quel tanto di corpo che bastava per tenersi unita l’anima” (cfr Discorso dell’11 febbraio 1929).


Di qui, la preghiera del Papa perché il Signore, che “guida saldamente” la Chiesa “tra le vicende non sempre tranquille della storia”, continui a vegliare su questo piccolo Stato:


Chiediamogli soprattutto di assistere con la potenza del suo Spirito Colui che sta al timone della Barca, il Successore di Pietro, perché possa svolgere con fedeltà ed efficacemente il suo ministero a fondamento dell’unità della Chiesa Cattolica, che ha in Vaticano il suo centro visibile e si espande sino ai confini del mondo.


In apertura del concerto, a rivolgere l’indirizzo di saluto al Santo Padre è stato il card. Giovanni Lajolo, presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano. “Il Messiah di Händel –ha detto – è un grande monumento, culturale e spirituale” e la sua musica è “meditazione, preghiera e lode a Dio”.


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13/02/2009 16:02
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Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel: un impegno concreto per lo sviluppo di nove Paesi africani


Prosegue a Ouagadougou, in Burkina Faso, la riunione del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel, a 25 anni dalla nascita. Un comunicato del Pontificio Consiglio Cor Unum, pubblicato oggi, traccia un bilancio dell’attività dell’organismo voluto da Papa Wojtyla per lo sviluppo dei nove Paesi del Sahel. Ce ne parla Sergio Centofanti.


Solo nel 2008, nei nove Paesi saheliani, la Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel ha finanziato 208 progetti, per un valore totale che supera i due milioni di dollari americani. Si tratta di iniziative esemplari – afferma il comunicato - che cambiano la vita di interi villaggi, coinvolgendo la comunità locale e in collaborazione con fedeli di altre religioni. In Mali, per esempio, sono state create scuole comunitarie: i banchi di fango si sono trasformati in banchi veri, sono arrivati i libri, ed è stato possibile formare gli insegnanti. Nel sud del Senegal sono stati creati allevamenti modello, lontani dall'abitato, secondo norme igieniche rigorose per tenere gli animali puliti e in salute. Gli allevatori sono riusciti così ad ottenere alti profitti. A Capo Verde la Fondazione ha sostenuto la costruzione di 4 dighe per l’irrigazione di zone agricole che andavano desertificandosi. La vegetazione si è immediatamente diffusa.


In Burkina Faso, la Fondazione ha contribuito a formare gli agricoltori in tecniche che salvano le piantagioni dalla siccità, ha promosso la creazione di banche di cereali, indispensabili per preservare la biodiversità, e la diffusione di coltivazioni pregiate. Ha poi promosso l'apicultura, favorendo l'impollinazione dei fiori e la produzione di un miele particolarmente puro, privo di residui di pesticidi. In Niger sono stati piantati oltre 18 mila alberi creando vivai per il rimboschimento della zona. La produzione agricola è così aumentata e la fame diminuita. In Mauritania, nella periferia di Nouakchott, nei quartieri dove vivono solo i poveri e gli emarginati, grazie alla Fondazione è nato un centro di formazione professionale per le donne corredato di asilo-nido, dove le mamme possono lasciare i loro bambini per poter imparare non soltanto un mestiere, ma anche quelle nozioni di alfabetizzazione e di economia domestica che consentono loro di migliorare la vita, l'igiene e l'alimentazione dei loro figli. Adesso, i loro manufatti sono molto apprezzati dai turisti.


In Guinea Bissau, la Fondazione sostiene la lotta alla malnutrizione grazie alla produzione di prodotti multivitaminici a base di frutta locale e grazie alla diffusione della medicina naturale, di tradizione secolare nel Paese. In Ciad, sono stati tolti dalla strada tantissimi giovani grazie al finanziamento di una fattoria-scuola, dove l'acqua per le coltivazioni arriva grazie ad una moderna pompa, alimentata da pannelli solari fotovoltaici. Infine in Gambia, nella diocesi di Banjul, dal 1996, la comunicazione tra parrocchie e lo sviluppo sostenibile si affidano alle onde radio. Grazie all'aiuto della Fondazione, ora é possibile rinnovare gli impianti per assicurare la diffusione capillare di trasmissioni educative diverse, destinate ai giovani, alle donne e agli agricoltori. Queste – conclude il comunicato di Cor Unum - sono solo alcune delle opere realizzate dalla Fondazione pontificia a beneficio di una delle regioni più povere del pianeta.


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13/02/2009 16:03
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Seconda giornata del Convegno sull’80.mo anniversario dello Stato vaticano


Seconda giornata di Convegno per l’80.mo anniversario di fondazione dello Stato della Città del Vaticano, promosso dal Governatorato. Dopo la prima sessione tenutasi ieri nel Palazzo del Laterano, l’evento si è oggi trasferito in Vaticano, nell’Aula nuova del Sinodo. Domani mattina, l’udienza dei partecipanti con Benedetto XVI. Il servizio di Alessandro Gisotti:

“Un piccolo territorio per una grande missione”: questo il tema e il filo conduttore degli interventi al Convegno per l’80.mo dei Patti Lateranensi. La seconda sessione, che ha registrato gli interventi di numerosi storici, è stata presieduta dal senatore e filosofo Marcello Pera che, intervistato da Luca Collodi, si sofferma sul modello concordatario nelle relazioni tra Stato e Chiesa:


R. – Stato e Chiesa in Europa si riconoscono mediante un Concordato, in cui ciascuno si impegna con certi obblighi verso l’altra parte. Il modello europeo non è prevalente nel mondo, cioè, per esempio, gli Stati Uniti d’America non hanno un modello concordatario. Quello che è importante, a mio avviso, però, è sottolineare un punto e cioè che quale che sia il modello delle relazioni tra le due istituzioni – Chiesa e Stato – occorre sottolineare che i fondamenti della democrazia e del liberalismo su cui tutti gli Stati europei e quello americano si fondano, sono fondamenti che attingono notevolmente alla tradizione del messaggio cristiano, e che quindi quel messaggio non può non avere un ruolo nella società civile.


D. – Il pensiero torna alle radici cristiane...


R. – Esattamente. Naturalmente, significa che sottolineare le radici cristiane dell’Europa o comunque di uno Stato liberale e democratico, non significa che questo Stato liberale e democratico, imponga come religione di Stato una certa religione, cioè il cristianesimo o il cattolicesimo. Le due cose sono distinte. Sottolineare le radici cristiane dello Stato liberale e democratico significa riconoscere che ci sono dei principi e dei valori che sono fondamentali, che sono considerati non negoziabili, che sono i fondamenti di quello Stato e che sono i principi e i valori che sono propri della tradizione cristiana.


Il ruolo di fondatore e costruttore dello Stato vaticano di Pio XI è stato analizzato dalla prof.ssa Emma Fattorini de “La Sapienza”, mentre il prof. Philippe Chenaux si è soffermato su Pio XII e gli anni difficili della Seconda Guerra Mondiale. Il docente della Lateranense ha ricordato le parole con le quali, ricevendo il Corpo diplomatico nel 1949, Papa Pacelli sottolineò l’importanza dello Stato Vaticano:


“Non è forse significativa la fiducia di tanti capi di Stato che vi inviano, in qualità di ambasciatori, in questo Stato della Città del Vaticano, la cui importanza non può essere illustrata dalle statistiche né misurata con la sua estensione territoriale, né valutata in base alla forza del suo esercito … Il suo territorio, sul quale voi siete riuniti, che cos’è se non un punto impercettibile sul globo e sulle carte del mondo? Nell’ordine spirituale, essa è tuttavia un simbolo di alto valore, poiché è la garanzia dell’indipendenza assoluta della Santa Sede per il compimento della sua missione nel mondo”.


E questa libertà per compiere la missione evangelica viene anche sottolineata dal prof. Andrea Riccardi, al microfono di Roberta Gisotti:


“Io credo che sia un’antica pretesa di libertà che, con Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI ha trovato un nuovo impulso. Uno spazio di libertà nel cuore di Roma per vivere una missione nel mondo. Non è una storia di temporalismo, è una storia di libertà. Non è una teocrazia, è qualche cosa di più di un’immunità: è un angolo del mondo non occupato da nessuna sovranità”.


La sessione mattutina del convegno si è conclusa con l’intervento del nostro direttore generale padre Federico Lombardi che ha svolto una riflessione sul ruolo della Radio Vaticana a servizio dello Stato vaticano e della Chiesa universale. Padre Lombardi ha ricordato che scopo essenziale della nostra emittente è “quello di annunciare con libertà, fedeltà ed efficacia il messaggio cristiano” collegando Roma con i diversi Paesi del mondo. La Radio dunque come baluardo di libertà, durante gli anni del conflitto mondiale come durante l’oppressione dei Paesi dell’Europa dell’Est da parte dei regimi comunisti. Quindi, ha rivolto lo sguardo all’attualità:


"La missione che ci è data ci sembra chiarissima: utilizzando gli strumenti in rapido sviluppo, della tecnologia moderna delle comunicazioni, servire la parola del Signore, servire la parola del Santo Padre nel mondo di oggi. La Radio Vaticana non è più una radio nel senso ristretto, classico, che magari si ha in mente. Siamo invece una realtà tecnologicamente avanzata, per una comunicazione multiculturale della Chiesa oggi".


“Se Pio XI aveva voluto l’aiuto di Marconi per costruire la nuova Stazione Radio del Vaticano con le tecnologie più avanzate del tempo – ha concluso padre Lombardi - anche noi dobbiamo continuare a mantenerci – nello stesso spirito e con le stesse finalità - all’altezza delle tecnologie più avanzate di oggi”.






Aperta la Mostra sugli 80 anni della Città del Vaticano


Sarà aperta fino al 10 maggio la Mostra sugli ottanta anni dello Stato della Città del Vaticano. Inaugurata mercoledì scorso è stata allestita nel Braccio di Carlo Magno accanto alla Basilica di San Pietro. L'ingresso è libero. Il servizio di Benedetta Capelli:


Le carte geografiche a limitare il territorio e le opere volute da Papa Pio XI, realizzate da migliaia di maestranze per valorizzare lo Stato della Città del Vaticano. Si gioca su questi due fronti la mostra che inizia e si conclude con due importanti opere: un plastico tridimensionale in legno di betulla che offre una visione d’insieme della Città del Vaticano oggi e Civitas Vaticana, pianta prospettica incisa ad acquaforte e bulino su rame. La mostra è di eccezionale valore storico, presenta documenti rari, fotografie, oggetti curiosi e soprattutto ricrea l’ambiente nel quale furono firmati i Patti Lateranensi. Per la prima volta, il pubblico può ammirare l’originale del Trattato e gli allegati sui luoghi extra-territoriali stabiliti negli accordi. Cinque le sezioni – il Vaticano prima del 1929; Papa Pio XI; i Patti Lateranensi; la costruzione dello Stato, gli altri Pontificati - che compongono l’allestimento ma per la curatrice Barbara Jatta una è più esplicativa di tutte le altre:


“Sicuramente la quarta - che è quella della costruzione dello Stato - dove, all’indomani dell’11 febbraio del ’29, si costruisce effettivamente lo Stato della Città del Vaticano. Quindi, noi abbiamo voluto dividere settore per settore, dicastero per dicastero, e ad ognuna dedicarle uno spazio”.


Una mostra giocata intorno all’importante figura di Pio XI, “il grande Papa dei seminari” lo definì Giovanni Paolo II, l’anima dello Stato della Città del Vaticano. Un allestimento che vuole farlo conoscere meglio ma non solo come sottolinea mons. Renato Boccardo, segretario generale del Governatorato:

“L’idea che ci ha guidato è stata quella di far vedere quello che abitualmente non si vede; quando si parla di Vaticano si pensa spontaneamente a Piazza San Pietro, alla Basilica, al Papa, che sono parte integrante – e quella più visibile – del Vaticano, ma c’è – dietro – tutto un piccolo mondo che vive, che lavora, che realizza e crea tutto ciò che è necessario perché la Santa Sede – questa era l’idea di Pio XI, il fondatore – è un piccolo Stato che però permette, alla Santa Sede, di avere la libertà, l’autonomia e l’indipendenza necessarie per l’esercizio della sua missione. Ora, lo Stato della Città del Vaticano esiste per permettere alla Santa Sede di compiere la missione, che è quella propria”.


Sulla stessa linea il cardinale Giovanno Lajolo, presidente del Governatorato della Città del Vaticano:

“Occorre far conoscere di più questa realtà, piccola ma così ricca dal punto di vista umano, per tutto ciò che è stato profuso di scienza, d’intelligenza, di arte; perché sovente si pensa che nel Vaticano sia tutto misterioso. No! Tutto è molto chiaro, è molto semplice, però è molto impegnativo; qui si può avere un’idea delle 'interiora' del Vaticano, qui appare cosa è questa realtà”.


Dal piviale del peso di soli 3 chilogrammi alla tiara di Pio XI, dalle copie dell’Osservatore Romano fino al telefono di Papa Achille Ratti, la mostra ospita anche uno spazio dedicato alla Radio Vaticana. Si può ammirare il microfono dal quale il Santo Padre inaugurò le trasmissioni dell’emittente il 12 febbraio 1931. Un’altra particolarità è evidenziata dallo stesso mons. Renato Boccardo:

“Abbiamo potuto ritrovare la radio originale, degli anni ’30, e i tecnici della Radio Vaticana l’hanno custodita talmente bene che funziona perfettamente, per cui – durante la visita della mostra – si possono sentire, in diretta, i programmi della Radio Vaticana, da uno strumento che oggi definiremmo più un 'armadio' che non una radio, ma che dice come – negli anni ’30 – l’intelligenza e l’inventiva delle persone appassionate – come poteva essere Guglielmo Marconi da una parte ed il Papa Pio XI, con la sua ferma volontà dall’altra – hanno realizzato cose che permettono oggi, alla Radio Vaticana, di continuare ad essere la voce del Papa, rimanendo fedele a quell’intuizione originaria”.


Infine un pezzo importante e che non passa inosservato: la Citroen-Lictoria all’interno della quale c’è il trono papale. Ancora la curatrice Barbara Jatta:

“Abbiamo pensato di metterla perché è una macchina molto bella, fu applicata nel ’29 – quindi aveva un particolare legame con la data – e molto poco utilizzata, quindi in condizioni buonissime; è stata restaurata di recente, quindi - essendo la macchina più bella del Papa - abbiamo pensato di mostrarla, perché è un Papa tecnologico Pio XI: è quello che ha voluto i Patti Lateranensi, che ha voluto la radio, quindi l’idea della tecnologia applicata a questo grandissimo Pontefice”.
Dunque, un modo per conoscere da vicino la Città del Vaticano, le sue mura ma anche chi ancora oggi la anima.


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Il Cardinal Bertone racconta la storia del più piccolo Stato al mondo


di Carmen Elena Villa

CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 13 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Lo Stato vaticano è "piccolo ma grande. Il più grande del mondo da qualunque punto di vista", ha affermato il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato di Benedetto XVI, durante l'introduzione del congresso "Un piccolo territorio per una grande missione", inaugurato questo giovedì nel Palazzo Lateranense di Roma.

L'evento, organizzato dal Governatorato della Santa Sede, avrà luogo fino a questo sabato e si inserisce nella commemorazione degli 80 anni della nascita dello Stato vaticano, che avvenne con la firma dei Patti Lateranensi, l'11 febbraio 1929, tra Benito Mussolini - in rappresentanza dello Stato italiano - e il Cardinale Pietro Gasbarri, Segretario di Stato di Papa Pio XI.

L'anniversario dello Stato vaticano, ha osservato il Cardinal Bertone,"è momento propizio per ricordare l'alta finalità della sua esistenza ed azione, per valutare come a tale finalità si sia corrisposto lungo questi otto decenni trascorsi e per cercare di intuire le modalità future che potrà assumere la missione propria di questo Stato".

L'opera di Pio XI

Ripercorrendo la storia dello Stato, il Cardinale ha ricordato in particolare l'opera di Pio XI, spiegando che "questo grande Pontefice è il vero ideatore e fondatore dello Stato della Città del Vaticano".

Con la firma dei Patti Lateranensi terminò la cosiddetta "questione romana", iniziata nel 1870, quando per via del movimento di unificazione italiana il Paese invase e si impossessò delle proprietà della Santa Sede.

I Patti riconobbero l'indipendenza e la sovranità della Santa Sede e crearono lo Stato della Città del Vaticano, definendo anche i rapporti civili e religiosi tra il Governo e la Chiesa in Italia. La Nazione italiana si impegnò a compensare la Santa Sede per le perdite subite con l'annessione dello Stato Pontificio all'Italia.

Il Cardinal Bertone si è riferito a Pio XI sostenendo che lo Stato vaticano è "opera della sua tenacia, realismo, cultura e lungimiranza, dimostrate del resto anche in tanti altri momenti e di fronte a molti gravi problemi che segnarono la Chiesa e la società durante il suo pontificato".

Ottant'anni dopo

Il Segretario di Stato ha ripercorso i principali fatti storici che la Santa Sede ha dovuto affrontare dalla sua nascita come Stato indipendente.

Appena dieci anni dopo la sua fondazione, ha ricordato, scoppiò la Seconda Guerra Mondiale, durante la quale la Santa Sede svolse "un'intensa azione di promozione della pace e di carità, ma con limitazioni notevoli".

"Pensiamo al fatto che i diplomatici accreditati presso la Santa Sede dai Paesi in guerra con l'Italia dovettero abbandonare Roma o che la stessa azione ecclesiale, diplomatica e caritativa della Santa Sede era condizionata dal controllo dello Stato italiano", ha segnalato.

Il porporato ha anche sottolineato le opere di carità svolte da Papa Pio XII in tutta l'Europa durante la guerra, "soccorrendo materialmente le popolazioni colpite e permettendo contatti fra coloro che la guerra aveva separato".

Roma venne occupata militarmente dal settembre 1943 al giugno 1944. "Lo Stato della Città del Vaticano si trovò circondato da un potere politico-militare, il Reich tedesco, con il quale la Santa Sede aveva non pochi conflitti aperti", ha rimarcato.

Il Segretario di Stato ha anche ricordato i luoghi che ospitarono molte vittime del conflitto: il Pontificio Seminario Maggiore al Laterano, la Basilica di San Paolo fuori le Mura o le Ville Pontificie di Castel Gandofo, così come monasteri, conventi, istituti e parrocchie di Roma.

Il Cardinale ha quindi richiamato i grandi eventi che si sono svolti nello Stato vaticano nei suoi 80 anni di storia: il Concilio Vaticano II, i Sinodi dei Vescovi, le celebrazioni degli anni giubilari, soprattutto il Grande Giubileo del 2000, ma anche i funerali di Giovanni Paolo II e l'elezione di Benedetto XVI, "che hanno richiamato a Roma le massime Autorità politiche del mondo e folle impressionanti".

Il congresso "Un piccolo territorio per una grande missione" terminerà nell'Aula Clementina, dove Benedetto XVI concederà un'udienza ai partecipanti.


13/02/2009 16:04
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Mons. Marchetto: gli Stati tutelino il "diritto allo spostamento migratorio" con politiche rispettose della dignità degli immigrati


Politiche migratorie “aperte” e rispettose della dignità umana, piuttosto che misure che in nome della sicurezza tendono a chiudere gli Stati agli immigrati. Con questi e altri concetti, l’arcivescovo Agostino Marchetto difende oggi il “diritto allo spostamento migratorio”, nel corso del suo intervento al Simposio della Fondazione Konrad Adenauer, organizzato in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis:

Uno dei passaggi più significativi della riflessione di mons. Marchetto poggia su un apparente paradosso dell’epoca contemporanea: i Paesi con meno mezzi aprono più facilmente le porte agli stranieri che emigrano rispetto ai Paesi ricchi, “blindati” dietro leggi sulla sicurezza dalle maglie sempre più strette. La Convenzione internazionale per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, entrata in vigore il primo luglio 2003, è uno strumento che finora si è scontrato “con l’atteggiamento di alcuni Paesi, non pochi, nelle aree maggiormente “sviluppate” del mondo, che stanno attuando - ha rilevato il presule - una progressiva politica di chiusura, quando invece le Nazioni più povere danno prova di accoglienza, ad esempio nei confronti dei profughi e dei rifugiati”. “Nazionalismo esasperato, connesso all’odio o all’emarginazione sistematica o violenta delle popolazioni minoritarie”, ha notato mons. Marchetto, sono le derive che si riscontrano in alcuni Paesi, dove l’immigrazione tende ad essere osteggiata.


Il fenomeno, ha riconosciuto, “porta in sé un complesso di doveri e di diritti, primo tra i quali il diritto allo spostamento migratorio, “contestualmente, però, al diritto di ogni Paese a gestire una politica migratoria che corrisponda al bene comune”. Bisogna ribadire, ha proseguito mons. Marchetto, che “il diritto degli Stati alla gestione dell’immigrazione deve, in ogni caso, prevedere misure chiare e fattibili di ingressi regolari nel Paese, vegliare sul mercato del lavoro per ostacolare coloro che sfruttano i lavoratori migranti, mettere in atto misure di integrazione quotidiana, contrastare comportamenti di xenofobia, promuovere quelle forme di convivenza sociale, culturale e religiosa che ogni società plurale pur identica esige”. In altre parole, ha affermato, quando “lo Stato deve esercitare il suo dovere-diritto di garantire la legalità, reprimendo la criminalità e la delinquenza e gestendo le persone in situazione irregolare, lo deve sempre fare nel rispetto della dignità umana, dei diritti umani e delle convenzioni internazionali”.


La Chiesa, da sempre accanto agli immigrati, sviluppa da tempo una pastorale specifica che superi, ha detto, “la tentazione della ‘colonizzazione religiosa’ e dell’assimilazione tout court” dei migranti. Le modalità di questa pastorale sono varie e si fondano anzitutto sulla possibilità di affidare gli immigrati a sacerdoti “della loro lingua”. Inoltre, la Chiesa è impegnata anche in una “strategia” di “sensibilizzazione” presso i governi nazionali e le organizzazioni sovranazionali. Il presente e il futuro del fenomeno migratorio saranno migliori se, ha sostenuto mons. Marchetto, gli Stati sapranno gestirlo promuovendo “un progresso sostenibile effettivo”, che non penalizzi economicamente gli immigrati - creando sacche di povertà che possono causare criminalità - e “rinnovando anche la cultura e la scuola”, ovvero il “livello di umanesimo della società”.


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13/02/2009 16:05
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Cardinale Bagnasco: una fede che non si fa storia diventa astrazione


Nel presiedere la Santa Messa nella Cattedrale di Napoli





di Mirko Testa



NAPOLI, venerdì, 13 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Il Vangelo può plasmare ed essere fermento di una cultura, ma se finisce con l'identificarsi con essa senza incidere fattivamente, rimane una pura astrazione.

E' quanto ha detto questo venerdì il Cardinale Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, nel presiedere una celebrazione eucaristica nella Cattedrale di Napoli in apertura della seconda giornata di lavori del Convegno

Nell'omelia il porporato ha elogiato la presenza puntuale e capillare sul territorio delle comunità ecclesiali, che si pongono come “un grande ricamo”, che “fa sentire l'amore di Dio e la maternità della Chiesa” e “che fa percepire la Chiesa come Chiesa di popolo e punto di riferimento che ama la gente perché ne condivide la vita sul campo”.

“Il cristianesimo – ha detto – non è una religione civile, ma la ricaduta pubblica del Vangelo è inevitabile perché la fede riguarda la persona nella sua interezza, e la coscienza cristiana non può essere messa tra parentesi mai quando sono in gioco i valori portanti della persona, della famiglia, della vita, dell'educazione”.

“Per questo il Vangelo è sorgente di cultura nei millenni, pur senza identificarsi ed esaurirsi in una sola cultura”.

“Il Vangelo è sorgente di una cultura rinnovata, di un modo di sentire e di concepire la sacralità della vita, la dignità di ogni persona, la bellezza del vivere insieme nell'armonia e nella pace, nella operosità che nasce dal mettere a frutto i talenti di intelligenza e di cuore che il Signore ha dato a ciascuno per il bene di tutti”, ha continuato.

Tuttavia, ha avvertito, “se la fede diventa cultura e non ispira la storia resta un'astrazione: è come dire che Dio non c'entra con la vita dell'uomo!”.

“Ma il Verbo di Dio si è fatto carne, ha posto la sua dimora tra noi, proprio per dirci che si è messo dalla nostra parte per sempre”, ha spiegato.

“Per questo non dobbiamo temere, non possiamo indulgere al pessimismo e al disfattismo”, ha affermato il Cardinale Bagnasco.

“Da una evangelizzazione più incisiva scaturisce una cultura capace di aderire alla realtà con i suoi problemi e le sue sfide.”

“Non esiste fatalità sociale – ha spiegato –. E' un problema di uomini e di cultura”.

“Su questo fronte la Chiesa – ha quindi aggiunto –, forte solo del Vangelo, ha qualcosa di importante da dire e da offrire al mondo, perché in Cristo Gesù l'uomo, mentre scopre il vero volto di Dio, scopre anche se stesso”.

E “sapere se stesso”, ha concluso, “è la premessa di una cultura capace di trasformare la società. E' questa la sfida che ci attende come Chiesa, una sfida grande ma esaltante”.




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La Cupola di San Pietro spenta dalle 18 alle 19.30 in adesione alla campagna "Mi illumino di meno"


Per il quinto anno consecutivo torna “Mi illumino di meno”, giornata internazionale per il risparmio energetico, promossa dalla trasmissione di Radio Due "Caterpillar". L’iniziativa, che nelle passate edizioni ha contagiato milioni di persone, aziende e istituzioni di tutta Europa vede quest’anno anche l’adesione della Santa Sede con lo “spegnimento” dalle 18 alle 19.30 della Cupola di San Pietro. “E’ piccolo segno della sensibilità Chiesa alla salvaguardia delle risorse naturali”, spiega il segretario generale del Governatorato della Città del Vaticano, mons. Renato Boccardo. Paolo Ondarza lo ha intervistato.

R. - La proposta è stata accolta molto favorevolmente, proprio per sottolineare la messa in pratica degli inviti dei Papi. Papa Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI più volte hanno parlato del rispetto del Creato, di mettere al servizio dell’umanità tutti i doni che utilizziamo giorno per giorno. E allora, si è detto, perché non rispondere positivamente e dare anche questo segnale, questo gesto di buona volontà? Anche noi ci uniamo a quello sforzo, che da varie parti del mondo si sta facendo, per sottolineare l’importanza del rispetto dei beni del Creato.


D. - In concreto, la Cupola di San Pietro sarà spenta dalle 18.00…


R. - Dalle 18.00 alle 19.30, che è l’orario indicato dall’organizzazione, per tutti i monumenti particolarmente significativi.


D. - Non capita tutti i giorni di vedere la Cupola di San Pietro spenta…


R. - Che io sappia è un unicum, non è mai successo, specialmente da quando si è realizzata l’illuminazione della facciata della Basilica e della Cupola.


D. - Non è un segno isolato dell’attenzione del Vaticano all’ambiente: da novembre il tetto dell’Aula Paolo VI è ricoperto da cinquemila mq. di pannelli solari. Come sta andando?


R. - Molto bene. L’impianto funziona benissimo, produce energia, che viene inserita nel circuito dell’energia dello Stato della Città del Vaticano e copre i bisogni dell’energia dell’Aula Paolo VI, per quanto riguarda l’illuminazione, il riscaldamento, il condizionamento. E addirittura una piccola parte dell’energia prodotta può essere messa anche in circolo per altre destinazioni interne allo Stato.


D. - Anche molte parrocchie, in Italia e non solo, stanno aderendo alla campagna “Mi illumino di meno”. E’ un segno di una maggiore attenzione dei cattolici all’ambiente?


R. - Il fatto che le diverse parrocchie prendano delle iniziative concrete a questo livello vuol dire un’accoglienza dell’insegnamento dei Pontefici e una sensibilità che sta crescendo, una responsabilità condivisa.

www.radiovaticana.org

13/02/2009 17:46
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Re: Da "IMG Press"...
Paparatzifan, 12/02/2009 13.33:


LA SUBDOLA CONTESTAZIONE A BENEDETTO XVI FATTA CON BUGIE IMPIETOSE


APPLAUSI!!!! [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8021] [SM=g8021]

Io direi, piuttosto, che sono i media a vivere nel loro mondo, chiusi nella loro assurda ideologia...
Dalle mie parti si dice: "Non c'è più sordo di quello che non vuole udire" ed io aggiungerei: "Non c'è più cieco di quello che non vuol vedere!". Questi media sono sordi e ciechi davanti al consenso che raccoglie B16. C'è di mezzo pure l'invidia, ragazzi! Non volete ammettere che il Papa stia facendo tutto il contrario di ciò che dite voi!!!
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Il fatto è che davvero il fumop di satana è entrato nella Chiesa...Assistiamo ad attacchi ai cattolici senza precedenti, una satanica follia collettiva si è impossessata della menti, dai giovanissimi ai più anziani ma comunque incosapevoli. C'è un delirio del "compra consuma e crepa", come è stato definito, un inebetimento totale. Non so se la cosa è "pilotata" dall'alto (non vorrei cadere nel complottismo) o è una naturale involuzione della specie. Secondo le masse la Chiesa dovrebbe calarsi nel mondo e vivere secondo il mondo: certo, la Chiesa deve stare nel mondo, ma solo per portarlo verso l'alto...

13/02/2009 19:30
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QUEL PONTE DEL DIALOGO CHE HA TROPPI NEMICI

di GENNARO ACQUAVIVA

LA CONFERMA del prossimo viaggio del Papa in Israele, venuta per bocca dello stesso protagonista, è sicuramente una notizia importante: per il momento in cui viene data e forse più per gli interlocutori a cui Benedetto XVI l’ha voluta comunicare. Ma è anche una buona notizia, perché consente alla Santa sede di diradare quella cappa di ambiguità che si era di recente addensata su di essa e su alcuni dei suoi massimi dirigenti, sfiorando anche lo stesso Pontefice.
Sarà possibile, ed anche più utile, tornare a parlare di questo viaggio del Capo della cattolicità quando ne conosceremo l’itinerario e soprattutto gli interlocutori programmati ed i luoghi prescelti per la visita, oltre quelli “canonici”.
Forse oggi può servire di più cercare di comprendere cosa questo annuncio sembra voler far intendere a tutti: nel segno naturalmente del desiderio vivissimo di Papa Benedetto di procedere in pace nel cammino così proficuamente avviato della sua testimonianza di fede e della sua predicazione universale, centrata sulla figura del Cristo.
C’è innanzitutto la volontà di chiudere definitivamente l’incidente, nato con la remissione della scomunica al movimento lefebvriano; e questo taglio netto sulla “melina” che ha accompagnato per diversi mesi la fissazione della data, e quindi la conferma della visita, sembrerebbe confermarlo in pieno. C’è, in secondo luogo, la sottolineatura della particolare sensibilità che, da sempre, è nel cuore del Papa tedesco rispetto al delicato argomento della Shoa. Ratzinger si è probabilmente sentito toccare nel profondo dalle parole e dai comportamenti di molti ebrei che hanno parlato sul caso Williamson. Non si può non vedere, infatti, nell’attenzione che egli ha dedicato alle conseguenze di quella vicenda come, ad esempio, nella risposta che ha voluto dare al cancelliere Merkel un tratto personale che è spia della sua sensibilità profonda sull’argomento, espresso nel suo umanissimo dolore.
C’è infine la constatazione che i caratteri innovativi assunti dalla partita, diciamo così, cultural-religiosa inaugurata con l’avvento di questo Papa-teologo, hanno ormai raggiunto un livello di asprezza e di radicalità difficilmente paragonabile con il tempo recente, almeno se guardiamo agli ultimi trent’anni.

In riferimento al caso lefebvriano, gli errori, anche puerili, gli uffici della Santa sede ne hanno certamente commessi non pochi; oltre alla colpevole lentezza e banalità della reazione, basti richiamare il fatto che solo una gran bella dose di ingenuità poteva consentire di ignorare che il giorno stabilito per rendere pubblica la remissione papale della scomunica, era anche quello dedicato alla memoria delle ignominie naziste.

Ma a queste (sante) stupidaggini si sono certamente sovrapposte una serie di dubbie coincidenze che hanno visto protagonista l’ignoto vescovo scismatico Williamson ed anche i suoi, altrettanto ignoti, epigoni riminesi.

A chiunque fosse in buona fede è apparso infatti evidente che la montatura scandilistica che è immediatamente seguita all’esplodere del caso, il suo essere richiamato e riecheggiato in giro per il mondo come un tam-tam irrefrenabile, fosse anche mossa, e corposamente alimentata, da un desiderio di colpire e comunque di sporcare il Papa, dalla volontà di denigrare e quindi di dividere la comunità dei credenti, cercando di assestare ad entrambi, in quel momento, un bel colpo dove essi apparivano più vulnerabili.
Il pellegrinaggio di Benedetto XVI a Gerusalemme è, dunque, anche da questo punto di osservazione, una giusta ed opportuna iniziativa che, ripeto, sarà anche utile per diradare le ipocrisie e le ambiguità che si erano improvvisamente addensate sulla Sede apostolica.

Ma rimane il punto che ho prima richiamato: in questa circostanza, ma non è la prima volta, abbiamo visto in azione un vasto e ramificato mondo di opposizione non solo al cristinesimo ma soprattutto ai suoi testimoni; esiste ed è viva ed attivissima una ramificata realtà di contrasto alla predicazione di questo Pontefice che ha dimensione massiccia e qualità alta.

Certo alla Chiesa non mancano le promesse divine, iscritte a caratteri cubitali anche dentro la Cupola di San Pietro; non manca il ricordo al richiamo del “non prevalebunt” che campeggia nel frontespizio dell’Osservatore Romano, messe lì a ricordo di ben altra stagione storica e politica. Ma capire di più ed attrezzarsi al meglio non è certamente inutile: anzi può diventare la carta decisiva.

© Copyright Il Messaggero, 13 febbraio 2009


Papa Ratzi Superstar









"CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
13/02/2009 19:42
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Curie e Curiali Il Papa alle prese con una nuova grana britannica

PRIMO PIANO

Di Andrea Bevilacqua

Sono giorni di tempesta in Vaticano.
Soprattutto a motivo delle innumerevoli disobbedienze al Pontefice manifestatesi in modo evidente in seguito al caso Richard Williamson, uno dei quattro vescovi lefebvriani a cui Benedetto XVI ha revocato la scomunica e che ha sostenuto recentemente tesi negazioniste sull'Olocausto.
Tra le innumerevoli disobbedienze, potrebbe a breve rendersi manifesta quella di un porporato di potere, ovvero il cardinale Cormac Murphy-O'Connor, arcivescovo di Westminster (Gran Bretagna) e presidente della conferenza episcopale d'Inghilterra e del Galles.
Murphy-O'Connor, il prossimo agosto, compie 77 anni. E, dunque, supera di due anni l'età pensionabile. E, consapevole che il futuro per lui non sarà altro che una pensione onorevole, pare stia lavorando per arrivare a un posizionamento storico, ovvero l'entrata in pompa magna nella Camera dei Lord. Una svolta epocale visto che, al suo interno, vi risiedono sì alcuni vescovi, ma sono anglicani e, dunque, sottomessi all'autorità della Regina: i componenti della Camera dei Lord sono attualmente 747, dei quali 92 ereditari mentre gli altri sono nominati o elettivi. Nello specifico: 28 Lord giudiziari (Law Lords), 25 Lord spirituali (arcivescovi e vescovi della Chiesa anglicana) e 602 Lords vitalizi nominati dal Sovrano su indicazione del governo.
Entrare nella camera dei Lord per un vescovo cattolico rappresenta uno smacco per Roma difficilmente rimarginabile. È vero: i rapporti tra Canterbury e Roma, negli ultimi tempi, si sono fatti distesi a motivo dell'aiuto che il Vaticano intende dare alla comunione anglicana a rischio di scisma a motivo di alcune decisioni liberal prese dalle sue gerarchie. Ma di qui a permettere che un principe della Chiesa pieghi la testa dinnanzi alla regina è davvero troppo.

Ma, del resto, le disobbedienze di Murphy-O'Connor sono quasi quotidiane. L'ultima, più che una disobbedienza, è un'invettiva contro Benedetto XVI senza precedenti.

È stato proprio l'arcivescovo d'Inghilterra, infatti, a criticare pesantemente il Papa per la questione dei lefebvriani: in una lettera al Rabbino Jonathan Sacks, Murphy-O'Connor ha espresso «vivo rimpianto» per la decisione di revocare la scomunica a Williamson. In sostanza, il porporato si è voluto scusare con il Rabbino per il comportamento del Papa. Proprio così. E la cosa è stata notata in Vaticano dove non è sconosciuta la volontà del cardinale di raggiungere prima della pensione la Camera dei Lord.

Probabilmente le sue uscite contro il Papa sul caso Williamson a questo mirano: a mostrarsi critico verso Roma prima di compiere il grande passo verso la Regina.

A conti fatti la Santa Sede ha due sole contro mosse possibili: imporre al porporato obbedienza e, nel contempo, sostituirlo con una personalità più fedele e in linea col Pontefice. Altrimenti l'esempio negativo di Murphy-O'Connor potrebbe contagiare anche altri presuli inglesi e ingenerare confusione tra i fedeli.

© Copyright Italia Oggi, 13 febbraio 2009


Sembra che lo schifo che provo non abbia mai fine...
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[Modificato da Paparatzifan 13/02/2009 19:42]
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Pronto l'Instrumentum laboris per il Sinodo africano


Il Papa lo consegnerà il 19 marzo a Yaoundé




CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 13 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Il testo dell'Instrumentum laboris per il Sinodo africano di ottobre è stato approvato dal Consiglio Speciale nella riunione del 23 e 24 gennaio, secondo quanto ha spiegato in una nota la Sala Stampa della Santa Sede.

Benedetto XVI lo consegnerà personalmente ai presidenti delle Conferenze Episcopali africane giovedì 19 marzo a Yaoundé, in occasione del viaggio che compirà in Camerun e Angola (17-23 marzo).

La Seconda Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi sarà celebrata dal 4 al 25 ottobre prossimi sul tema: "La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. 'Voi siete il sale della terra ...Voi siete la luce del mondo' (Mt 5, 13.14)".

Come osserva la nota vaticana, "la bozza dell'Instrumentum laboris illustra aspetti importanti dell'attuale situazione ecclesiale e sociale nei Paesi d'Africa, dai quali emerge il grande dinamismo della Chiesa, unito alle sfide che essa ha di fronte e che il Sinodo dovrà vagliare, affinché la crescita quantitativa della Chiesa in Africa diventi anche qualitativa".

La Chiesa, aggiunge il testo, "desidera contribuire, secondo la sua missione propria, ad uno sviluppo armonioso dell'uomo e della donna, come pure della società, conforme alla sua dottrina sociale applicata alle diverse situazioni del grande continente africano".

Nell'Instrumentum laboris sono state sintetizzate le risposte che le Chiese locali hanno dato ai Lineamenta - primo documento redatto per la preparazione del Sinodo -, che riguardano sia gli aspetti positivi che quelli problematici della vita sociale ed ecclesiale in Africa.

"In particolare, se la Prima Assemblea Speciale per l'Africa del 1994 ha insistito sulla Chiesa-Famiglia di Dio, è necessario promuovere l'applicazione delle indicazioni emerse, per dare risposte efficaci ad un'Africa assetata di riconciliazione e in cerca di giustizia e di pace", constata il comunicato.

"I conflitti locali o regionali, le palesi ingiustizie e violenze interpellano tutti gli uomini di buona volontà e in maniera del tutto speciale la Chiesa".

"Se è vero che in Gesù Cristo noi apparteniamo alla stessa famiglia e condividiamo la stessa Parola e lo stesso Pane di vita, se è ugualmente vero che siamo fratelli in Cristo, figli di Dio e costituiamo in Lui una sola famiglia (cfr. CCC 595), allora non ci dovrebbero più essere ingiustizie e guerre tra fratelli".

Il testo dell'Instrumentum laboris sarà la guida che orienterà le sessioni di lavoro del Sinodo.

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Nasce un portale per censire i media cattolici


Iniziativa del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali





CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 13 febbraio 2009 (ZENIT.org).- Il Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali ha iniziato a pubblicare un portale in cui vengono presentate informazioni sui mezzi di comunicazione cattolici.

L'iniziativa è stata presentata dall'Arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del dicastero, in occasione della sua partecipazione alla conferenza della New American Evangelization (NEA), conclusasi a Dallas (Stati Uniti) il 1° febbraio.

Per il momento il portale offre un'interfaccia in spagnolo, che presto verrà sviluppata in altre lingue con un censimento delle stazioni radiofoniche e dei canali televisivi cattolici del mondo. In seguito offrirà anche liste di giornali e agenzie stampa.

L'Arcivescovo Celli, come spiega la pagina web del dicastero (www.pccs.va), attribuisce l'iniziativa alla necessità di "sviluppare una presenza strategica e integrata" dei mezzi di comunicazione cattolici e di valorizzare "la comunione tra le migliaia di iniziative che stanno emergendo".

"I nuovi media - ha aggiunto - offrono indubbiamente alla Chiesa una grande opportunità per seminare ovunque la parola di Dio".

Per ulteriori informazioni, www.intermirifica.net

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Da Petrus

Ecumenismo, il Patriarca russo Kirill scrive al Pontefice: “Confido in un dialogo sempre più fruttuoso tra cattolici e ortodossi”



CITTA’ DEL VATICANO - "Spero sinceramente in un fruttuoso sviluppo delle relazioni tra le nostre Chiese". Lo scrive al Papa il nuovo Patriarca di Mosca, Kirill, che ha indirizzato una lettera a Benedetto XVI in risposta al messaggio inviato dal Vaticano in occasione della sua elezione e portato a Mosca dal Cardinale Walter Kasper, capo della delegazione della Santa Sede che ha partecipato all'inaugurazione del ministero del successore di Alessio II. "Obbedendo alla volonta' di Dio, con umilta' e consapevolezza della responsabilita' assunta, ho accolto - confida Kirill al Pontefice - la decisione espressa dalla pienezza della Chiesa Ortodossa Russa riunita nel Concilio Locale, di affidarmi la croce del ministero patriarcale. Tra i molti compiti che si presentano al Primate della Chiesa Ortodossa Russa, una delle priorita' e' costituita dalla necessita' fondamentale di attestare ed affermare i valori del Vangelo di Cristo nella societa' contemporanea". Nella missiva, il nuovo Patriarca si dice "convinto che a questo debbano contribuire il dialogo e la collaborazione di tutti coloro che si fanno chiamare cristiani". Per questo, afferma, "proseguendo le tradizioni createsi negli anni del ministero del mio predecessore, il Santissimo Patriarca Alessio II, assicuro che la Chiesa Ortodossa Russa restera' immutabilmente aperta alla cooperazione con quanti si dichiarano seguaci del Signore Gesu' Cristo e mantengono la visione tradizionale circa i contenuti del messaggio che i cristiani debbono recare al mondo contemporaneo". Per Kirill, "tra i collaboratori in questo campo, la Chiesa Cattolica di Roma - riconosce infine il nuovo patriarca di Mosca - occupa un posto particolare, cosi' come un posto particolare negli sforzi comuni dei cristiani, orientati al raggiungimento delle finalita' sopra esposte, e' quello occupato da Lei personalmente, Santità".

14/02/2009 15:51
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Benedetto XVI ai vescovi nigeriani: l'annuncio del Vangelo non segue distinzioni etniche, difendete la famiglia e la correttezza liturgica


Rispetto per le forme della liturgia e testimonianza del Vangelo in tutti i settori della società, per opporre i valori cristiani a corruzione e degrado morale. Sono alcune delle indicazioni che Benedetto XVI ha dato ai vescovi nigeriani, ricevuti in udienza per la visita ad Limina. Il Papa ha anche apprezzato il lavoro dei presuli nel dialogo con l’islam e li ha invitati a curare con attenzione il senso cristiano del matrimonio. Il servizio di Alessandro De Carolis:

La Chiesa nigeriana è in crescita e in un Paese di 150 milioni di abitanti - moltissimi dei quali legati a religioni tradizionali - “le abbondanti vocazioni sacerdotali e religiose - ha subito constatato Benedetto XVI - sono anche un chiaro segno del lavoro dello Spirito in mezzo a voi”. Ma una Chiesa in espansione è una Chiesa che ha bisogno di cure attente in ogni settore. E su questi ambiti della pastorale, il Papa ha concentrato le sue osservazioni. Un nodo delicato - in un Paese con 250 gruppi etnici diversi - è costituito proprio dalla diffusione del Vangelo in questa variegata geografia di ceppi e appartenenze. Benedetto XVI ha anticipato che di questa tematica se ne tratterà al prossimo Sinodo dei Vescovi per l'Africa, ma intanto ne ha parlato come di una “sfida”. Sacerdoti e seminaristi in particolare, ha affermato, devono “crescere in maturità e generosità, consentendo al messaggio del Vangelo di purificare e di superare ogni possibile limitatezza degli orizzonti locali:


“I express my appreciation …
Esprimo il mio apprezzamento a coloro che hanno accettato una missione pastorale al di fuori dei limiti del proprio gruppo linguistico o regionale e ringrazio i sacerdoti e le persone che vi hanno accolto e sostenuto. La vostra disponibilità ad adattarvi agli altri è un segno eloquente che (…) non c'è posto nella Chiesa per nessun tipo di divisione. Ai catecumeni e ai neofiti si deve insegnare ad accettare questa verità, secondo il loro impegno per Cristo e per una vita di amore cristiano”.


In precedenza, sempre rivolgendosi alla gerarchia ecclesiale, il Papa aveva chiesto oculatezza nella pianificazione pastorale e nella formazione. “Insegnate l'arte della preghiera, incoraggiando la partecipazione alla liturgia e ai sacramenti”, sono state le parole del Pontefice, che si è poi soffermato sulla cura della liturgia:


“I commend you in your efforts …
Mi raccomando ai vostri sforzi per mantenere il corretto equilibrio tra i momenti di contemplazione e i gesti esterni di partecipazione e di gioia nel Signore. A tal fine occorre prestare attenzione alla formazione liturgica dei sacerdoti ed evitare eccessi che ne sono estranei”.


Altra priorità formativa indicata ai vescovi nigeriani è stata quella della famiglia. Benedetto XVI ha chiesto rinnovata “sollecitudine” attraverso corsi per fidanzati e catechesi specifiche e generali sul valore della vita umana e il matrimonio. Quindi, ha ringraziato la Chiesa nigeriana per aver reso un “importante servizio alla nazione” costruendo, “con pazienza e perseveranza”, “forti relazioni di rispetto, amicizia e cooperazione concreta con altre persone di altre fedi”, specie con i musulmani.


Infine, con uno sguardo generale al momento contingente del Paese africano, il Papa ha insistito affinché i principi del Vangelo, “correttamente intesi e applicati alla realtà civile e politica”, si traducano - ha chiesto - in una “garanzia” per tutti i cittadini “di una vita di libertà, nel rispetto della loro dignità come persone”, ma anche in una “protezione da abusi e manipolazioni ideologiche basate sulla legge del più forte”:


“With confidence in the Lord ...
Con la fiducia nel Signore, continuate ad esercitare la vostra autorità episcopale nella lotta contro la corruzione e le pratiche ingiuste e contro tutte le cause e le forme di discriminazione e di criminalità, in particolare contro i trattamenti degradanti delle donne e la deplorevole pratica del rapimento. Promuovendo la dottrina sociale cattolica, offrite il vostro leale contributo per il vostro Paese e contribuite al consolidamento di un ordine nazionale basato sulla solidarietà e sulla cultura dei diritti umani”.



www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=700&set...


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