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26/01/2009 02:04
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Il Pontefice: l'orizzonte della piena unità dei cristiani "rimane aperto"


Conclude la Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani




CITTA' DEL VATICANO, domenica, 25 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha affermato questa domenica che "l'orizzonte della piena unità" "rimane aperto davanti a noi" e che si tratta di un compito "arduo, ma entusiasmante per i cristiani che vogliono vivere in sintonia" con l'unione desiderata da Cristo.

Il Papa ha lanciato questo messaggio nell'omelia della celebrazione ecumenica svoltasi nel pomeriggio nella Basilica di San Paolo fuori le Mura per concludere la Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani, anche se ha avvertito che raggiungere la piena unità non è possibile solo con le forze umane.

Questa tradizionale celebrazione, che ha riunito nella Basilica membri della Curia vaticana e rappresentanti delle altre confessioni cristiane presenti a Roma per la recita dei Vespri, coincide quest'anno con la festa della Conversione di San Paolo e con il 50° anniversario dell'annuncio, da parte di Papa Giovanni XXIII, della convocazione del Concilio Vaticano II.

Il Pontefice si è riferito al Concilio come a un "fondamentale contributo all'ecumenismo, condensato nel Decreto Unitatis redintegratio".

"L'atteggiamento di conversione interiore in Cristo, di rinnovamento spirituale, di accresciuta carità verso gli altri cristiani ha dato luogo ad una nuova situazione nelle relazioni ecumeniche", ha spiegato.

In questo senso, il Papa ha ringraziato il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani per "il servizio che rende alla causa dell'unità di tutti i discepoli del Signore" e gli ha indicato due linee di lavoro per il futuro: "valorizzare quanto è stato acquisito" e "trovare nuove vie per la continuazione delle relazioni fra le Chiese e Comunità ecclesiali nel contesto attuale".

Necessità della conversione

Ricordando sia il tema della Settimana di quest'anno, "Che formino una cosa sola nella tua mano" (tratto al profeta Ezechiele), che la festa della Conversione di San Paolo, il Papa ha insistito sul fatto che la piena unità dipende dalla conversione interiore dei cristiani.

"Questa conversione è dono di Cristo risorto, come avvenne per san Paolo", che è stato raggiunto da Cristo, ha constatato.

La conversione "implica due dimensioni. Nel primo passo si conoscono e riconoscono nella luce di Cristo le colpe, e questo riconoscimento diventa dolore e pentimento, desiderio di un nuovo inizio. Nel secondo passo si riconosce che questo nuovo cammino non può venire da noi stessi".

La conversione di Paolo, ha proseguito, "non fu un passaggio dall'immoralità alla moralità, da una fede sbagliata ad una fede corretta, ma fu l'essere conquistato dall'amore di Cristo: la rinuncia alla propria perfezione, fu l'umiltà di chi si mette senza riserva al servizio di Cristo per i fratelli".

"Solo in questa rinuncia a noi stessi, in questa conformità con Cristo siamo uniti anche tra di noi, diventiamo 'uno' in Cristo. E' la comunione col Cristo risorto che ci dona l'unità", ha osservato.

Il Pontefice ha spiegato che l'esperienza di conversione paolina "ci offre il modello e ci indica la via per andare verso la piena unità. L'unità infatti richiede una conversione: dalla divisione alla comunione, dall'unità ferita a quella risanata e piena".

"Lo stesso Signore, che chiamò Saulo sulla via di Damasco, si rivolge ai membri della sua Chiesa - che è una e santa - e chiamando ciascuno per nome domanda: perché mi hai diviso? perché hai ferito l'unità del mio corpo?", ha aggiunto.

In questo senso, ha ricordato le parole dell'Unitatis redintegratio spiegando che "ecumenismo vero non c'è senza interiore conversione; poiché il desiderio dell'unità nasce e matura dal rinnovamento della mente, dall'abnegazione di se stesso e dalla liberissima effusione della carità".

"Il Concilio Vaticano II ci ha prospettato che il santo proposito di riconciliare tutti i cristiani nell'unità della Chiesa di Cristo, una e unica, supera le forze e le doti umane".

"Facendo affidamento sulla preghiera del Signore Gesù Cristo, e incoraggiati dai significativi passi compiuti dal movimento ecumenico, invochiamo con fede lo Spirito Santo perché continui ad illuminare e guidare il nostro cammino", ha concluso.




L'unità dei cristiani, segno per un mondo diviso, afferma Benedetto XVI



CITTA' DEL VATICANO, domenica, 25 gennaio 2009 (ZENIT.org).- In un mondo che vede regnare la divisione in troppi luoghi, l'unità tra i cristiani può essere un segno di speranza, ha affermato Benedetto XVI questa domenica nella Basilica di San Paolo fuori le Mura di Roma.

Il Pontefice ha presieduto la celebrazione dei secondi Vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani sul tema "Che formino una cosa sola nella tua mano" (Ez 37,17). Oltre a vari Vescovi e Cardinali, hanno partecipato alla cerimonia anche rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali presenti a Roma.

Nella sua omelia, il Papa ha spiegato che la conversione di San Paolo indica la via per andare verso la piena unità, che richiede il passaggio "dalla divisione alla comunione, dall'unità ferita a quella risanata e piena".

"E' la comunione col Cristo risorto che ci dona l'unità", ha spiegato ricordando il testo biblico di riferimento, in cui si presenta il gesto simbolico dei due legni riuniti in uno nella mano del profeta Ezechiele, che in questo modo rappresenta l'azione futura di Dio.

Si tratta della seconda parte del capitolo 37, che nella prima contiene la visione delle ossa aride e della risurrezione d'Israele, operata dallo Spirito di Dio. "Questo Dio, che è il Creatore ed è in grado di risuscitare i morti, è anche capace di ricondurre all'unità il popolo diviso in due", ha osservato il Vescovo di Roma.

L'unione di un popolo diviso è un tema particolarmente sentito dai cristiani coreani, che hanno preparato i materiali per la Settimana di Preghiera 2009.

I fratelli della Corea, ha riconosciuto Benedetto XVI, "si sono sentiti fortemente interpellati da questa pagina biblica, sia in quanto coreani, sia in quanto cristiani. Nella divisione del popolo ebreo in due regni si sono rispecchiati come figli di un'unica terra, che le vicende politiche hanno separato, parte al nord e parte al sud".

"Questa loro esperienza umana - ha aggiunto - li ha aiutati a comprendere meglio il dramma della divisione tra cristiani".

Alla luce di questa Parola di Dio scelta dai fratelli coreani "emerge una verità piena di speranza: Dio promette al suo popolo una nuova unità, che deve essere segno e strumento di riconciliazione e di pace anche sul piano storico, per tutte le nazioni", ha dichiarato il Papa.

"L'unità che Dio dona alla sua Chiesa, e per la quale noi preghiamo, è naturalmente la comunione in senso spirituale, nella fede e nella carità; ma noi sappiamo che questa unità in Cristo è fermento di fraternità anche sul piano sociale, nei rapporti tra le nazioni e per l'intera famiglia umana", perché è "il lievito del Regno di Dio che fa crescere tutta la pasta".

In questo senso, ha constatato, la preghiera elevata in questi giorni in riferimento alla profezia di Ezechiele "si è fatta anche intercessione per le diverse situazioni di conflitto che al presente affliggono l'umanità".

"Là dove le parole umane diventano impotenti, perché prevale il tragico rumore della violenza e delle armi, la forza profetica della Parola di Dio non viene meno e ci ripete che la pace è possibile, e che dobbiamo essere noi strumenti di riconciliazione e di pace".

Per questo motivo, la preghiera per l'unità e per la pace "chiede sempre di essere comprovata da gesti coraggiosi di riconciliazione tra noi cristiani".

A questo proposito, il Pontefice non ha potuto fare a meno di citare la Terra Santa, ricordando "quanto è importante che i fedeli che vivono là, come pure i pellegrini che vi si recano, offrano a tutti la testimonianza che la diversità dei riti e delle tradizioni non dovrebbe costituire un ostacolo al mutuo rispetto e alla carità fraterna".

"Nelle diversità legittime di posizioni diverse dobbiamo cercare l'unità nella fede, nel nostro 'sì' fondamentale a Cristo e alla sua unica Chiesa".

In questo modo, ha concluso, "le diversità non saranno più ostacolo che ci separa, ma ricchezza nella molteplicità delle espressioni della fede comune".




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