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Discorsi, omelie, udienze, angelus e altri documenti

Ultimo Aggiornamento: 02/03/2013 17:43
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03/02/2011 00:48
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Catechesi di Benedetto XVI su santa Teresa di Gesù
All'Udienza generale del mercoledì



CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 2 febbraio 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la catechesi su santa Teresa di Gesù tenuta questo mercoledì da Benedetto XVI in occasione dell’Udienza generale nell’Aula Paolo VI.

* * *

Cari fratelli e sorelle,

nel corso delle Catechesi che ho voluto dedicare ai Padri della Chiesa e a grandi figure di teologi e di donne del Medioevo ho avuto modo di soffermarmi anche su alcuni Santi e Sante che sono stati proclamati Dottori della Chiesa per la loro eminente dottrina. Oggi vorrei iniziare una breve serie di incontri per completare la presentazione dei Dottori della Chiesa. E comincio con una Santa che rappresenta uno dei vertici della spiritualità cristiana di tutti i tempi: santa Teresa d’Avila [di Gesù].

Nasce ad Avila, in Spagna, nel 1515, con il nome di Teresa de Ahumada. Nella sua autobiografia ella stessa menziona alcuni particolari della sua infanzia: la nascita da «genitori virtuosi e timorati di Dio», all’interno di una famiglia numerosa, con nove fratelli e tre sorelle. Ancora bambina, a meno di 9 anni, ha modo di leggere le vite di alcuni martiri che le ispirano il desiderio del martirio, tanto che improvvisa una breve fuga da casa per morire martire e salire al Cielo (cfr. Vita 1, 4); «voglio vedere Dio» dice la piccola ai genitori. Alcuni anni dopo, Teresa parlerà delle sue letture dell’infanzia e affermerà di avervi scoperto la verità, che riassume in due principi fondamentali: da un lato «il fatto che tutto quello che appartiene al mondo di qua, passa», dall’altro che solo Dio è «per sempre, sempre, sempre», tema che ritorna nella famosissima poesia «Nulla ti turbi / nulla ti spaventi; / tutto passa. Dio non cambia; / la pazienza ottiene tutto; / chi possiede Dio / non manca di nulla / Solo Dio basta!». Rimasta orfana di madre a 12 anni, chiede alla Vergine Santissima che le faccia da madre (cfr. Vita 1, 7).

Se nell’adolescenza la lettura di libri profani l’aveva portata alle distrazioni di una vita mondana, l’esperienza come alunna delle monache agostiniane di Santa Maria delle Grazie di Avila e la frequentazione di libri spirituali, soprattutto classici di spiritualità francescana, le insegnano il raccoglimento e la preghiera. All’età di 20 anni, entra nel monastero carmelitano dell’Incarnazione, sempre ad Avila; nella vita religiosa assume il nome di Teresa di Gesù. Tre anni dopo, si ammala gravemente, tanto da restare per quattro giorni in coma, apparentemente morta (cfr. Vita 5, 9). Anche nella lotta contro le proprie malattie la Santa vede il combattimento contro le debolezze e le resistenze alla chiamata di Dio: «Desideravo vivere — scrive — perché capivo bene che non stavo vivendo, ma stavo lottando con un’ombra di morte, e non avevo nessuno che mi desse vita, e neppure io me la potevo prendere, e Colui che poteva darmela aveva ragione di non soccorrermi, dato che tante volte mi aveva volto verso di Lui, e io l’avevo abbandonato» (Vita 8, 2). Nel 1543 perde la vicinanza dei famigliari: il padre muore e tutti i suoi fratelli emigrano uno dopo l’altro in America. Nella Quaresima del 1554, a 39 anni, Teresa giunge al culmine della lotta contro le proprie debolezze. La scoperta fortuita della statua di «un Cristo molto piagato» segna profondamente la sua vita (cfr. Vita 9). La Santa, che in quel periodo trova profonda consonanza con il sant’Agostino delle Confessioni, così descrive la giornata decisiva della sua esperienza mistica: «Accadde... che d’improvviso mi venne un senso della presenza di Dio, che in nessun modo potevo dubitare che era dentro di me o che io ero tutta assorbita in Lui» (Vita 10, 1).

Parallelamente alla maturazione della propria interiorità, la Santa inizia a sviluppare concretamente l’ideale di riforma dell’Ordine carmelitano: nel 1562 fonda ad Avila, con il sostegno del Vescovo della città, don Alvaro de Mendoza, il primo Carmelo riformato, e poco dopo riceve anche l’approvazione del Superiore Generale dell’Ordine, Giovanni Battista Rossi. Negli anni successivi prosegue le fondazioni di nuovi Carmeli, in totale diciassette. Fondamentale è l’incontro con san Giovanni della Croce, col quale, nel 1568, costituisce a Duruelo, vicino ad Avila, il primo convento di Carmelitani Scalzi. Nel 1580 ottiene da Roma l’erezione in Provincia autonoma per i suoi Carmeli riformati, punto di partenza dell’Ordine Religioso dei Carmelitani Scalzi. Teresa termina la sua vita terrena proprio mentre è impegnata nell’attività di fondazione. Nel 1582, infatti, dopo aver costituto il Carmelo di Burgos e mentre sta compiendo il viaggio di ritorno verso Avila, muore la notte del 15 ottobre ad Alba de Tormes, ripetendo umilmente due espressioni: «Alla fine, muoio da figlia della Chiesa» e «È ormai ora, mio Sposo, che ci vediamo». Un’esistenza consumata all’interno della Spagna, ma spesa per la Chiesa intera. Beatificata dal Papa Paolo v nel 1614 e canonizzata nel 1622 da Gregorio XV, è proclamata «Dottore della Chiesa» dal Servo di Dio Paolo VI nel 1970.

Teresa di Gesù non aveva una formazione accademica, ma ha sempre fatto tesoro degli insegnamenti di teologi, letterati e maestri spirituali. Come scrittrice, si è sempre attenuta a ciò che personalmente aveva vissuto o aveva visto nell’esperienza di altri (cfr. Prologo al Cammino di Perfezione), cioè a partire dall’esperienza. Teresa ha modo di intessere rapporti di amicizia spirituale con molti Santi, in particolare con san Giovanni della Croce. Nello stesso tempo, si alimenta con la lettura dei Padri della Chiesa, san Girolamo, san Gregorio Magno, sant’Agostino. Tra le sue opere maggiori va ricordata anzitutto l’autobiografia, intitolata Libro della vita, che ella chiama Libro delle Misericordie del Signore. Composta nel Carmelo di Avila nel 1565, riferisce il percorso biografico e spirituale, scritto, come afferma Teresa stessa, per sottoporre la sua anima al discernimento del «Maestro degli spirituali», san Giovanni d’Avila. Lo scopo è di evidenziare la presenza e l’azione di Dio misericordioso nella sua vita: per questo, l’opera riporta spesso il dialogo di preghiera con il Signore. È una lettura che affascina, perché la Santa non solo racconta, ma mostra di rivivere l’esperienza profonda del suo rapporto con Dio. Nel 1566, Teresa scrive il Cammino di Perfezione, da lei chiamato Ammonimenti e consigli che dà Teresa di Gesù alle sue monache. Destinatarie sono le dodici novizie del Carmelo di san Giuseppe ad Avila. A loro Teresa propone un intenso programma di vita contemplativa al servizio della Chiesa, alla cui base vi sono le virtù evangeliche e la preghiera. Tra i passaggi più preziosi il commento al Padre nostro, modello di preghiera. L’opera mistica più famosa di santa Teresa è il Castello interiore, scritto nel 1577, in piena maturità. Si tratta di una rilettura del proprio cammino di vita spirituale e, allo stesso tempo, di una codificazione del possibile svolgimento della vita cristiana verso la sua pienezza, la santità, sotto l’azione dello Spirito Santo. Teresa si richiama alla struttura di un castello con sette stanze, come immagine dell’interiorità dell’uomo, introducendo, al tempo stesso, il simbolo del baco da seta che rinasce in farfalla, per esprimere il passaggio dal naturale al soprannaturale. La Santa si ispira alla Sacra Scrittura, in particolare al Cantico dei Cantici, per il simbolo finale dei «due Sposi», che le permette di descrivere, nella settima stanza, il culmine della vita cristiana nei suoi quattro aspetti: trinitario, cristologico, antropologico ed ecclesiale. Alla sua attività di fondatrice dei Carmeli riformati, Teresa dedica il Libro delle fondazioni, scritto tra il 1573 e il 1582, nel quale parla della vita del gruppo religioso nascente. Come nell’autobiografia, il racconto è teso a evidenziare soprattutto l’azione di Dio nell’opera di fondazione dei nuovi monasteri.

Non è facile riassumere in poche parole la profonda e articolata spiritualità teresiana. Vorrei menzionare alcuni punti essenziali. In primo luogo, santa Teresa propone le virtù evangeliche come base di tutta la vita cristiana e umana: in particolare, il distacco dai beni o povertà evangelica, e questo concerne tutti noi; l’amore gli uni per gli altri come elemento essenziale della vita comunitaria e sociale; l’umiltà come amore alla verità; la determinazione come frutto dell’audacia cristiana; la speranza teologale, che descrive come sete di acqua viva. Senza dimenticare le virtù umane: affabilità, veracità, modestia, cortesia, allegria, cultura. In secondo luogo, santa Teresa propone una profonda sintonia con i grandi personaggi biblici e l’ascolto vivo della Parola di Dio. Ella si sente in consonanza soprattutto con la sposa del Cantico dei Cantici e con l’apostolo Paolo, oltre che con il Cristo della Passione e con il Gesù Eucaristico.

La Santa sottolinea poi quanto è essenziale la preghiera; pregare, dice, «significa frequentare con amicizia, poiché frequentiamo a tu per tu Colui che sappiamo che ci ama» (Vita 8, 5). L’idea di santa Teresa coincide con la definizione che san Tommaso d’Aquino dà della carità teologale, come «amicitia quaedam hominis ad Deum», un tipo di amicizia dell’uomo con Dio, che per primo ha offerto la sua amicizia all’uomo; l’iniziativa viene da Dio (cfr. Summa Theologiae ii-ii, 23, 1). La preghiera è vita e si sviluppa gradualmente di pari passo con la crescita della vita cristiana: comincia con la preghiera vocale, passa per l’interiorizzazione attraverso la meditazione e il raccoglimento, fino a giungere all’unione d’amore con Cristo e con la Santissima Trinità. Ovviamente non si tratta di uno sviluppo in cui salire ai gradini più alti vuol dire lasciare il precedente tipo di preghiera, ma è piuttosto un approfondirsi graduale del rapporto con Dio che avvolge tutta la vita. Più che una pedagogia della preghiera, quella di Teresa è una vera «mistagogia»: al lettore delle sue opere insegna a pregare pregando ella stessa con lui; frequentemente, infatti, interrompe il racconto o l’esposizione per prorompere in una preghiera.

Un altro tema caro alla Santa è la centralità dell’umanità di Cristo. Per Teresa, infatti, la vita cristiana è relazione personale con Gesù, che culmina nell’unione con Lui per grazia, per amore e per imitazione. Da ciò l’importanza che ella attribuisce alla meditazione della Passione e all’Eucaristia, come presenza di Cristo, nella Chiesa, per la vita di ogni credente e come cuore della liturgia. Santa Teresa vive un amore incondizionato alla Chiesa: ella manifesta un vivo «sensus Ecclesiae» di fronte agli episodi di divisione e conflitto nella Chiesa del suo tempo. Riforma l’Ordine carmelitano con l’intenzione di meglio servire e meglio difendere la «Santa Chiesa Cattolica Romana», ed è disposta a dare la vita per essa (cfr. Vita 33, 5).

Un ultimo aspetto essenziale della dottrina teresiana, che vorrei sottolineare, è la perfezione, come aspirazione di tutta la vita cristiana e meta finale della stessa. La Santa ha un’idea molto chiara della «pienezza» di Cristo, rivissuta dal cristiano. Alla fine del percorso del Castello interiore, nell’ultima «stanza» Teresa descrive tale pienezza, realizzata nell’inabitazione della Trinità, nell’unione a Cristo attraverso il mistero della sua umanità.

Cari fratelli e sorelle, santa Teresa di Gesù è vera maestra di vita cristiana per i fedeli di ogni tempo. Nella nostra società, spesso carente di valori spirituali, santa Teresa ci insegna ad essere testimoni instancabili di Dio, della sua presenza e della sua azione, ci insegna a sentire realmente questa sete di Dio che esiste nella profondità del nostro cuore, questo desiderio di vedere Dio, di cercare Dio, di essere in colloquio con Lui e di essere suoi amici. Questa è l’amicizia che è necessaria per noi tutti e che dobbiamo cercare, giorno per giorno, di nuovo. L’esempio di questa Santa, profondamente contemplativa ed efficacemente operosa, spinga anche noi a dedicare ogni giorno il giusto tempo alla preghiera, a questa apertura verso Dio, a questo cammino per cercare Dio, per vederlo, per trovare la sua amicizia e così la vera vita; perché realmente molti di noi dovrebbero dire: «non vivo, non vivo realmente, perché non vivo l’essenza della mia vita». Per questo il tempo della preghiera non è tempo perso, è tempo nel quale si apre la strada della vita, si apre la strada per imparare da Dio un amore ardente a Lui, alla sua Chiesa, e una carità concreta per i nostri fratelli. Grazie.



[© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana]












Omelia di Benedetto XVI nella Giornata della Vita Consacrata
Messa celebrata nella Basilica di San Pietro




CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 2 febbraio 2011 (ZENIT.org).- Riportiamo l'omelia pronunciata dal Papa questo mercoledì pomeriggio durante la Messa celebrata nella Basilica di San Pietro in occasione della Festa della Presentazione del Signore e Giornata della Vita Consacrata.

* * *

"Cari fratelli e sorelle, siate ascoltatori assidui della Parola, perché ogni sapienza di vita nasce dalla Parola del Signore! Siate scrutatori della Parola, attraverso la lectio divina, poiché la vita consacrata “nasce dall’ascolto della Parola di Dio ed accoglie il Vangelo come sua norma di vita".

Cari fratelli e sorelle! Nella Festa odierna contempliamo il Signore Gesù che Maria e Giuseppe presentano al tempio “per offrirlo al Signore” (Lc 2,22). In questa scena evangelica si rivela il mistero del Figlio della Vergine, il consacrato del Padre, venuto nel mondo per compiere fedelmente la sua volontà (cfr Eb 10,5-7).

Simeone lo addita come “luce per illuminare le genti” (Lc 2,32) e annuncia con parola profetica la sua offerta suprema a Dio e la sua vittoria finale (cfr Lc 2,32-35). È l’incontro dei due Testamenti, Antico e Nuovo. Gesù entra nell’antico tempio, Lui che è il nuovo Tempio di Dio: viene a visitare il suo popolo, portando a compimento l’obbedienza alla Legge ed inaugurando i tempi ultimi della salvezza.

E’ interessante osservare da vicino questo ingresso del Bambino Gesù nella solennità del tempio, in un grande “via vai” di tante persone, prese dai loro impegni: i sacerdoti e i leviti con i loro turni di servizio, i numerosi devoti e pellegrini, desiderosi di incontrarsi con il Dio santo di Israele. Nessuno di questi però si accorge di nulla. Gesù è un bambino come gli altri, figlio primogenito di due genitori molto semplici. Anche i sacerdoti risultano incapaci di cogliere i segni della nuova e particolare presenza del Messia e Salvatore. Solo due anziani, Simeone ed Anna, scoprono la grande novità. Condotti dallo Spirito Santo, essi trovano in quel Bambino il compimento della loro lunga attesa e vigilanza. Entrambi contemplano la luce di Dio, che viene ad illuminare il mondo, ed il loro sguardo profetico si apre al futuro, come annuncio del Messia: “Lumen ad revelationem gentium!” (Lc 2,32). Nell’atteggiamento profetico dei due vegliardi è tutta l’Antica Alleanza che esprime la gioia dell’incontro con il Redentore. Alla vista del Bambino, Simeone e Anna intuiscono che è proprio Lui l’Atteso.

La Presentazione di Gesù al tempio costituisce un’eloquente icona della totale donazione della propria vita per quanti, uomini e donne, sono chiamati a riprodurre nella Chiesa e nel mondo, mediante i consigli evangelici, “i tratti caratteristici di Gesù vergine, povero ed obbediente” (Esort. ap. postsinod. Vita consecrata, 1). Perciò la Festa odierna è stata scelta dal Venerabile Giovanni Paolo II per celebrare l’annuale Giornata della Vita Consacrata. In questo contesto, rivolgo un saluto cordiale e riconoscente al Monsignor João Braz de Aviz, che da poco ho nominato Prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e per le Società di Vita Apostolica, con il Segretario e i collaboratori. Con affetto saluto i Superiori Generali presenti e tutte le persone consacrate.

Vorrei proporre tre brevi pensieri per la riflessione in questa Festa.

Il primo: l’icona evangelica della Presentazione di Gesù al tempio contiene il simbolo fondamentale della luce; la luce che, partendo da Cristo, si irradia su Maria e Giuseppe, su Simeone ed Anna e, attraverso di loro, su tutti. I Padri della Chiesa hanno collegato questa irradiazione al cammino spirituale. La vita consacrata esprime tale cammino, in modo speciale, come “filocalia”, amore per la bellezza divina, riflesso della bontà di Dio (cfr ibid., 19). Sul volto di Cristo risplende la luce di tale bellezza. “La Chiesa contempla il volto trasfigurato di Cristo, per confermarsi nella fede e non rischiare lo smarrimento davanti al suo volto sfigurato sulla Croce ... essa è la Sposa davanti allo Sposo, partecipe del suo mistero, avvolta dalla sua luce, [dalla quale] sono raggiunti tutti i suoi figli … Ma un’esperienza singolare della luce che promana dal Verbo incarnato fanno certamente i chiamati alla vita consacrata. La professione dei consigli evangelici, infatti, li pone quale segno e profezia per la comunità dei fratelli e per il mondo” (ibid., 15).

In secondo luogo, l’icona evangelica manifesta la profezia, dono dello Spirito Santo. Simeone ed Anna, contemplando il Bambino Gesù, intravvedono il suo destino di morte e di risurrezione per la salvezza di tutte le genti e annunciano tale mistero come salvezza universale. La vita consacrata è chiamata a tale testimonianza profetica, legata alla sua duplice attitudine contemplativa e attiva. Ai consacrati e alle consacrate è dato infatti di manifestare il primato di Dio, la passione per il Vangelo praticato come forma di vita e annunciato ai poveri e agli ultimi della terra. “In forza di tale primato nulla può essere anteposto all’amore personale per Cristo e per i poveri in cui Egli vive. La vera profezia nasce da Dio, dall’amicizia con Lui, dall’ascolto attento della sua Parola nelle diverse circostanze della storia” (ibid., 84). In questo modo la vita consacrata, nel suo vissuto quotidiano sulle strade dell’umanità, manifesta il Vangelo e il Regno già presente e operante.

In terzo luogo, l’icona evangelica della Presentazione di Gesù al tempio manifesta la sapienza di Simeone ed Anna, la sapienza di una vita dedicata totalmente alla ricerca del volto di Dio, dei suoi segni, della sua volontà; una vita dedicata all’ascolto e all’annuncio della sua Parola. “«Faciem tuam, Domine, requiram»: il tuo volto, Signore, io cerco (Sal 26,8) … La vita consacrata è nel mondo e nella Chiesa segno visibile di questa ricerca del volto del Signore e delle vie che conducono a Lui (cfr Gv 14,8) … La persona consacrata testimonia dunque l’impegno, gioioso e insieme laborioso, della ricerca assidua e sapiente della volontà divina” (cfr CONG. PER GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA, Istruz. Il servizio dell’autorità e l’obbedienza. Faciem tuam Domine requiram [2008], 1).

Cari fratelli e sorelle, siate ascoltatori assidui della Parola, perché ogni sapienza di vita nasce dalla Parola del Signore! Siate scrutatori della Parola, attraverso la lectio divina, poiché la vita consacrata “nasce dall’ascolto della Parola di Dio ed accoglie il Vangelo come sua norma di vita. Vivere nella sequela di Cristo casto, povero ed obbediente è in tal modo una «esegesi» vivente della Parola di Dio. Lo Spirito Santo, in forza del quale è stata scritta la Bibbia, è il medesimo che illumina di luce nuova la Parola di Dio ai fondatori e alle fondatrici. Da essa è sgorgato ogni carisma e di essa ogni regola vuole essere espressione, dando origine ad itinerari di vita cristiana segnati dalla radicalità evangelica” (Esort. ap. postsinodale Verbum Domini, 83).Viviamo oggi, soprattutto nelle società più sviluppate, una condizione segnata spesso da una radicale pluralità, da una progressiva emarginazione della religione dalla sfera pubblica, da un relativismo che tocca i valori fondamentali. Ciò esige che la nostra testimonianza cristiana sia luminosa e coerente e che il nostro sforzo educativo sia sempre più attento e generoso. La vostra azione apostolica, in particolare, cari fratelli e sorelle, diventi impegno di vita, che accede, con perseverante passione, alla Sapienza come verità e come bellezza, “splendore della verità”. Sappiate orientare con la sapienza della vostra vita, e con la fiducia nelle possibilità inesauste della vera educazione, l’intelligenza e il cuore degli uomini e delle donne del nostro tempo verso la “vita buona del Vangelo”.

In questo momento, il mio pensiero va con speciale affetto a tutti i consacrati e le consacrate, in ogni parte della terra, e li affido alla Beata Vergine Maria:

O Maria, Madre della Chiesa,
affido a te tutta la vita consacrata,
affinché tu le ottenga la pienezza della luce divina:
viva nell’ascolto della Parola di Dio,
nell’umiltà della sequela di Gesù tuo Figlio e nostro Signore,
nell’accoglienza della visita dello Spirito Santo,
nella gioia quotidiana del magnificat,
perché la Chiesa sia edificata dalla santità di vita
di questi tuoi figli e figlie,
nel comandamento dell’amore. Amen.

[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]

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