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Discorsi, omelie, udienze, angelus e altri documenti

Ultimo Aggiornamento: 02/03/2013 17:43
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28/02/2011 15:42
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LE UDIENZE


Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

S.E. il Signor Jerzy Buzek, Presidente del Parlamento Europeo, e Seguito.

Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale delle Filippine, in Visita "ad Limina Apostolorum":
S.E. Mons. Orlando B. Quevedo, O.M.I., Arcivescovo di Cotabato
con il Vescovo Ausiliare: S.E. Mons. Jose Colin M. Bagaforo, Vescovo tit. di Vazari Didda;
S.E. Mons. Fernando R. Capalla, Arcivescovo di Davao.

Il Papa riceve oggi in Udienza:
Partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.











RINUNCE E NOMINE




RINUNCIA DEL VESCOVO DI RIOBAMBA (ECUADOR)

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Riobamba (Ecuador), presentata da S.E. Mons. Víctor Alejandro Corral Mantilla, in conformità al can. 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.



NOMINA DI CONSIGLIERE E NOMINA DI MEMBRO NELLA PONTIFICIA COMMISSIONE PER L'AMERICA LATINA

Il Santo Padre ha nominato Consigliere della Pontificia Commissione per l’America Latina S.E. Mons. Nikola Eterović, Arcivescovo tit. di Cibale, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi.

Il Papa ha, inoltre, nominato Membro della medesima Pontificia Commissione per l'America Latina l’Em.mo Cardinale Jaime Lucas Ortega y Alamino, Arcivescovo di San Cristóbal de La Habana (Cuba).



NOMINA DEL DIRETTORE DELL'UFFICIO DEL FONDO PENSIONI

Il Santo Padre ha nominato Direttore dell'Ufficio del Fondo Pensioni l’Avv. Stefano Di Pinto, Officiale del medesimo Ufficio.



NOMINE NELL'AMMINISTRAZIONE DEL PATRIMONIO DELLA SEDE APOSTOLICA

Il Santo Padre ha nominato, per un quinquennio, Dirigente dell'«Area Controllo di gestione e procedure» dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica il Dott. Stefano Loreti, finora Capo Ufficio nella Sezione Ordinaria della medesima Amministrazione.

Il Papa ha, inoltre, nominato Capo Ufficio nella Sezione Ordinaria della stessa Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica il Rag. Francesco Anastasi, finora Officiale della Sezione Straordinaria, e Capo Ufficio nella Sezione Straordinaria il Dott. Roberto Carulli e il Dott. Stefano Lori, finora Officiali della medesima Sezione.













UDIENZA AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI


Alle ore 12 di oggi, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, convocata a Roma da oggi a giovedì 3 marzo sul tema "Linguaggio e comunicazione".
Nel corso dell’incontro, dopo l’indirizzo di omaggio del Presidente del Dicastero, S.E. Mons. Claudio Maria Celli, il Papa rivolge ai presenti il discorso che riportiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari Fratelli e Sorelle,

sono lieto di accogliervi in occasione della Plenaria del Dicastero. Saluto il Presidente, Mons. Claudio Maria Celli, che ringrazio per le cortesi parole, i Segretari, gli Officiali, i Consultori e tutto il Personale.

Nel Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali di quest’anno, ho invitato a riflettere sul fatto che le nuove tecnologie non solamente cambiano il modo di comunicare, ma stanno operando una vasta trasformazione culturale. Si va sviluppando un nuovo modo di apprendere e di pensare, con inedite opportunità di stabilire relazioni e costruire comunione. Vorrei adesso soffermarmi sul fatto che il pensiero e la relazione avvengono sempre nella modalità del linguaggio, inteso naturalmente in senso lato, non solo verbale. Il linguaggio non è un semplice rivestimento intercambiabile e provvisorio di concetti, ma il contesto vivente e pulsante nel quale i pensieri, le inquietudini e i progetti degli uomini nascono alla coscienza e vengono plasmati in gesti, simboli e parole. L’uomo, dunque, non solo «usa» ma, in certo senso, «abita» il linguaggio. In particolare oggi, quelle che il Concilio Vaticano II ha definito «meravigliose invenzioni tecniche» (Inter mirifica, 1) stanno trasformando l’ambiente culturale, e questo richiede un’attenzione specifica ai linguaggi che in esso si sviluppano. Le nuove tecnologie «hanno la capacità di pesare non solo sulle modalità, ma anche sui contenuti del pensiero» (Aetatis novae, 4).

I nuovi linguaggi che si sviluppano nella comunicazione digitale determinano, tra l’altro, una capacità più intuitiva ed emotiva che analitica, orientano verso una diversa organizzazione logica del pensiero e del rapporto con la realtà, privilegiano spesso l’immagine e i collegamenti ipertestuali. La tradizionale distinzione netta tra linguaggio scritto e orale, poi, sembra sfumarsi a favore di una comunicazione scritta che prende la forma e l’immediatezza dell’oralità. Le dinamiche proprie delle «reti partecipative», richiedono inoltre che la persona sia coinvolta in ciò che comunica. Quando le persone si scambiano informazioni, stanno già condividendo se stesse e la loro visione del mondo: diventano «testimoni» di ciò che dà senso alla loro esistenza. I rischi che si corrono, certo, sono sotto gli occhi di tutti: la perdita dell’interiorità, la superficialità nel vivere le relazioni, la fuga nell’emotività, il prevalere dell’opinione più convincente rispetto al desiderio di verità. E tuttavia essi sono la conseguenza di un’incapacità di vivere con pienezza e in maniera autentica il senso delle innovazioni. Ecco perché la riflessione sui linguaggi sviluppati dalle nuove tecnologie è urgente. Il punto di partenza è la stessa Rivelazione, che ci testimonia come Dio abbia comunicato le sue meraviglie proprio nel linguaggio e nell’esperienza reale degli uomini, «secondo la cultura propria di ogni epoca» (Gaudium et spes, 58), fino alla piena manifestazione di sé nel Figlio Incarnato. La fede sempre penetra, arricchisce, esalta e vivifica la cultura, e questa, a sua volta, si fa veicolo della fede, a cui offre il linguaggio per pensarsi ed esprimersi. È necessario quindi farsi attenti ascoltatori dei linguaggi degli uomini del nostro tempo, per essere attenti all’opera di Dio nel mondo.

In questo contesto, è importante il lavoro che svolge il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali nell’approfondire la "cultura digitale", stimolando e sostenendo la riflessione per una maggiore consapevolezza circa le sfide che attendono la comunità ecclesiale e civile. Non si tratta solamente di esprimere il messaggio evangelico nel linguaggio di oggi, ma occorre avere il coraggio di pensare in modo più profondo, come è avvenuto in altre epoche, il rapporto tra la fede, la vita della Chiesa e i mutamenti che l’uomo sta vivendo. È l’impegno di aiutare quanti hanno responsabilità nella Chiesa ad essere in grado di capire, interpretare e parlare il «nuovo linguaggio» dei media in funzione pastorale (cfr Aetatis novae, 2), in dialogo con il mondo contemporaneo, domandandosi: quali sfide il cosiddetto «pensiero digitale» pone alla fede e alla teologia? Quali domande e richieste?

Il mondo della comunicazione interessa l’intero universo culturale, sociale e spirituale della persona umana. Se i nuovi linguaggi hanno un impatto sul modo di pensare e di vivere, ciò riguarda, in qualche modo, anche il mondo della fede, la sua intelligenza e la sua espressione. La teologia, secondo una classica definizione, è intelligenza della fede, e sappiamo bene come l’intelligenza, intesa come conoscenza riflessa e critica, non sia estranea ai cambiamenti culturali in atto. La cultura digitale pone nuove sfide alla nostra capacità di parlare e di ascoltare un linguaggio simbolico che parli della trascendenza. Gesù stesso nell’annuncio del Regno ha saputo utilizzare elementi della cultura e dell’ambiente del suo tempo: il gregge, i campi, il banchetto, i semi e così via. Oggi siamo chiamati a scoprire, anche nella cultura digitale, simboli e metafore significative per le persone, che possano essere di aiuto nel parlare del Regno di Dio all’uomo contemporaneo.

È inoltre da considerare che la comunicazione ai tempi dei «nuovi media» comporta una relazione sempre più stretta e ordinaria tra l’uomo e le macchine, dai computer ai telefoni cellulari, per citare solo i più comuni. Quali saranno gli effetti di questa relazione costante? Già il Papa Paolo VI, riferendosi ai primi progetti di automazione dell’analisi linguistica del testo biblico, indicava una pista di riflessione quando si chiedeva: «Non è cotesto sforzo di infondere in strumenti meccanici il riflesso di funzioni spirituali, che è nobilitato ed innalzato ad un servizio, che tocca il sacro? È lo spirito che è fatto prigioniero della materia, o non è forse la materia, già domata e obbligata ad eseguire leggi dello spirito, che offre allo spirito stesso un sublime ossequio?» (Discorso al Centro di Automazione dell’Aloisianum di Gallarate, 19 giugno 1964). Si intuisce in queste parole il legame profondo con lo spirito a cui la tecnologia è chiamata per vocazione (cfr Enc. Caritas in veritate, 69).

È proprio l’appello ai valori spirituali che permetterà di promuovere una comunicazione veramente umana: al di là di ogni facile entusiasmo o scetticismo, sappiamo che essa è una risposta alla chiamata impressa nella nostra natura di esseri creati a immagine e somiglianza del Dio della comunione. Per questo la comunicazione biblica secondo la volontà di Dio è sempre legata al dialogo e alla responsabilità, come testimoniano, ad esempio, le figure di Abramo, Mosè, Giobbe e i Profeti, e mai alla seduzione linguistica, come è invece il caso del serpente, o di incomunicabilità e di violenza come nel caso di Caino. Il contributo dei credenti allora potrà essere di aiuto per lo stesso mondo dei media, aprendo orizzonti di senso e di valore che la cultura digitale non è capace da sola di intravedere e rappresentare.

In conclusione mi piace ricordare, insieme a molte altre figure di comunicatori, quella di padre Matteo Ricci, protagonista dell’annuncio del Vangelo in Cina nell’era moderna, del quale abbiamo celebrato il IV centenario della morte. Nella sua opera di diffusione del messaggio di Cristo ha considerato sempre la persona, il suo contesto culturale e filosofico, i suoi valori, il suo linguaggio, cogliendo tutto ciò che di positivo si trovava nella sua tradizione, e offrendo di animarlo ed elevarlo con la sapienza e la verità di Cristo.

Cari amici, vi ringrazio per il vostro servizio; lo affido alla protezione della Vergine Maria e, nell’assicurarvi la mia preghiera, vi imparto la Benedizione Apostolica.













COMUNICATO DELLA SALA STAMPA: UDIENZA AL PRESIDENTE DEL PARLAMENTO EUROPEO


Oggi, lunedì 28 febbraio 2011, il Presidente del Parlamento Europeo, On. Jerzy Buzek, è stato ricevuto in Udienza da Sua Santità Benedetto XVI e, successivamente, si è incontrato con Sua Eminenza il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, che era accompagnato da Sua Eccellenza Mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati.
I colloqui, svoltisi in un clima di cordialità, hanno permesso un utile scambio di opinioni sulle relazioni fra la Chiesa cattolica, il Parlamento Europeo e le altre istituzioni europee, nonché sul contributo che la Chiesa può offrire all’Unione.
Nel corso dell’incontro ci si è soffermati anche su temi di attualità quali l’impegno per la promozione della libertà religiosa e la tutela delle minoranze cristiane nel mondo.

01/03/2011 15:28
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RINUNCE E NOMINE




RINUNCIA E SUCCESSIONE DELL’ARCIVESCOVO DI LOS ANGELES (U.S.A.)

Il Santo Padre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Los Angeles (U.S.A.), presentata dall’Em.mo Card. Roger Michael Mahony, in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Gli succede S.E. Mons. José Horacio Gómez, finora Arcivescovo Coadiutore della medesima arcidiocesi.



RINUNCIA DEL VESCOVO DI GRAND FALLS (CANADA) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Grand Falls (Canada), presentata da S.E. Mons. Martin William Currie, in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

Il Papa ha nominato Vescovo di Grand Falls (Canada) S.E. Mons. Robert Anthony Daniels, finora Vescovo titolare di Scebaziana ed Ausiliare di London, Ontario.



NOMINA DEL VESCOVO DI CORNER BROOK AND LABRADOR (CANADA)

Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Corner Brook and Labrador (Canada) S.E. Mons. Peter Joseph Hundt, finora Vescovo titolare di Tarasa di Bizacena ed Ausiliare di Toronto.

S.E. Mons. Peter Joseph Hundt
S.E. Mons. Peter Joseph Hundt è nato ad Hanover, Ontario, il 26 agosto 1956. Ha compiuto gli studi dapprima presso l’Università di Waterloo (Canada), dove ha ottenuto il "Bachelor of Arts" nel 1978, e poi al "St Peter’s Seminary" di London, Ontario, ove gli è stato conferito il "Master of Divinity" nel 1981.
È stato ordinato sacerdote l’8 maggio 1982 per la diocesi di Hamilton.
Dal 1982 al 1985 ha ricoperto l’incarico di Vicario parrocchiale nella parrocchia "St. Eugene’s" di Hamilton.
Nel 1987 ha conseguito la Licenza in Diritto Canonico a Roma, presso la Pontificia Università S. Tommaso d’Aquino (Angelicum).
Successivamente, è stato Vice Cancelliere per due anni e Cancelliere per cinque, nella diocesi di Hamilton. Nel 1994 è divenuto Parroco di "Holy Cross" in Georgetown, Ontario.
È stato nominato Vescovo titolare di Tarasa di Bizacena ed Ausiliare di Toronto l’11 febbraio, 2006. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il successivo 25 aprile.



NOMINA DEL VESCOVO DI ÐÀ LAT (VIÊT NAM)

Il Papa ha nominato Vescovo della diocesi di Ðà Lat (Viêt Nam), S.E. Mons. Antoine Vu Huy Chuong, finora Vescovo di Hung Hoá.



NOMINA DEL VESCOVO DI HUNG HOÁ (VIÊT NAM)

Il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato Vescovo della diocesi di Hung Hoá (Viêt Nam), S.E. Mons. Jean Marie Vu Tât, finora Vescovo titolare di Tisiduo e Ausiliare della medesima diocesi.



RINUNCIA DELL’ESARCA APOSTOLICO PER I FEDELI SIRI RESIDENTI IN VENEZUELA E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Esarcato Apostolico per i fedeli Siri residenti in Venezuela presentata da S.E. Mons. Iwannis Louis Awad, Vescovo titolare di Zeugma di Siria, in conformità al can. 210 §§ 1-2 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.

Il Papa ha nominato Esarca Apostolico per i fedeli Siri residenti in Venezuela il Rev.do Corepiscopo Hikmat Beylouni, finora Protosincello del medesimo Esarcato, assegnandogli la Sede vescovile titolare di Sabrata.

Rev.do Corepiscopo Hikmat Beylouni
Il Rev.do Corepiscopo Hikmat Beylouni è nato il 18 novembre 1945 ad Aleppo, Siria. Ha iniziato la scuola secondaria presso il Collegio Francescano di Terra Santa e nel 1959 è passato al Seminario Notre Dame de la Délivrance a Charfet in Libano. Ha frequentato gli studi di Filosofia e di Teologia all’Università dello Spirito Santo di Kaslik in Libano.
È stato ordinato sacerdote il 26 novembre 1972 per l’Arcieparchia sira di Aleppo ed assegnato alla Parrocchia di Sant’Efrem di Aleppo (1972 1985). Dal 1985 al 1990 ha ricoperto l’incarico di Vice-parroco alla Cattedrale di Beirut e Segretario del Tribunale Ecclesiastico.
Nel 1990 è stato trasferito in Venezuela come Vicario della Parrocchia della Cattedrale di Maracay e poi Parroco della Parrocchia e del Santuario Nuestra Señora del Amparo a Puerto La Cruz, nella diocesi latina di Barcelona (dal 1997 ad oggi). Dal 2006 è Protosincello dell’Esarcato.
Il 23 luglio 1999 gli è stato concesso il titolo di Corepiscopo e il Vescovo di Barcelona l’ha nominato, nello stesso anno, Vicario Episcopale per i Diritti Umani. È cappellano dell’Istituto Autonomo della Polizia Municipale.
Nel 1992 ha fondato il mensile Huracanes Espirituales, di cui è uno dei principali estensori.
Parla arabo, aramaico, francese, spagnolo e inglese.













DALLE CHIESE ORIENTALI


Il Santo Padre ha concesso il Suo assenso alla elezione canonicamente fatta dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa Patriarcale Siro-cattolica:

- del Rev.do Corepiscopo Boutros Moshe, finora Protosincello dell’Arcieparchia di Mossul dei Siri, ad Arcivescovo di Mossul dei Siri, vacante in seguito al trasferimento di S.E.R. Mons. Georges Casmoussa a Vescovo della Curia Patriarcale Siro-cattolica in conformità al can. 85 §§ 2 e 4 del CCEO;

- del Rev.do Corepiscopo Yousif Abba, Cancelliere dell’Eparchia Siro-cattolica degli Stati Uniti d’America e Canada, ad Arcivescovo di Baghdad dei Siri, vacante in seguito alle dimissioni presentate da S.E.R. Mons. Athanase Matti Shaba Matoka a norma del can. 210 §§ 1-2 del CCEO;

- del Rev.do Jihad Battah, finora Protosincello dell’Arcieparchia di Damasco dei Siri, a Vescovo della Curia Patriarcale Siro-cattolica, al quale è stata assegnata la Sede vescovile titolare di Fena.

Rev.do Corepiscopo Boutros Moshe
Il Rev.do Corepiscopo Boutros Moshe è nato a Qaraqosh il 23 novembre 1943. Ha studiato teologia presso l’Istituto di San Giovanni il Prediletto dei Padri Domenicani a Mossul.
È stato ordinato sacerdote il 9 giugno 1968 per l’Arcieparchia di Mossul e dal 1968 al 1975 è stato Vice Rettore nel Seminario di San Giovanni il Prediletto. Dal 1975 al 1992 è stato Vice-parroco a San Giovanni di Qaraqosh e nello stesso tempo ha assunto diverse cariche: direzione della scuola elementare, responsabile della formazione cristiana e professore di religione.
Dal 1992 al 2000 ha assunto l’incarico di responsabile della formazione dei seminaristi siro cattolici nel Babel College di Bagdad. In seguito è stato nominato Protosincello dell’Arcieparchia e Parroco della Cattedrale dell’Immacolata a Mossul. Fino al 2009 è stato Presidente del Tribunale ecclesiastico interrituale. Nel 2007 è stato nominato Rettore del nuovo Seminario Sant’Efrem a Qaraqosh.
Dal 19 dicembre 2003 è Corespiscopo.
Oltre all’arabo e al siriaco, parla il francese.

Rev.do Corepiscopo Yousif Abba
Il Rev.do Corepiscopo Yousif Abba è nato il 18 giugno 1951 a Qaraqosh, in Iraq. È entrato nel Seminario di San Giovanni dei Padri Domenicani a Mossul nel 1961; ha studiato poi - dal 1976 al 1977- nel Seminario di Maadi dei Copti Cattolici in Egitto; infine, per un anno, nel Seminario di Charfet.
È stato ordinato sacerdote il 30 giugno 1978.
Ha esercitato il ministero presbiterale nelle parrocchie di Qaraqosh, come Vice- parroco e poi come Parroco di Saint Jacques et Saint Jean.
Nel 1997 è stato inviato negli Stati Uniti per la cura pastorale dei fedeli dell’Eparchia Siro-cattolica degli Stati Uniti d’America e Canada, dove ha assunto l’incarico di Parroco di S. Giuseppe a Toronto (Ontario in Canada) e ultimamente di Cancelliere della Curia Eparchiale.
Parla siriaco, arabo, francese ed inglese.

Rev.do Jihad Battah
Il Rev.do Jihad Battah è nato a Damasco il 26 giugno 1956. Ha frequentato i corsi filosofici e teologici all’Università Saint Esprit di Kaslik in Libano, dal 1983 al 1988. Inviato a Roma per gli studi in Diritto Canonico, ha conseguito il dottorato al Pontificio Istituto Orientale nel 1998. Ha studiato iconografia e teologia biblica a Parigi, dedicandosi nel contempo ad una esperienza assistenziale col movimento L’Arche.
È stato ordinato sacerdote il 19 maggio 1991 e incardinato nell’Arcieparchia Siro Cattolica di Damasco, dove per quattro anni è stato Parroco di Quatana, dedicandosi anche agli handicappati per i quali ha fondato una comunità. Dal 1999 al 2002 ha svolto l’incarico di Rettore del Seminario Patriarcale di Charfet in Libano e dal 2002 al 2009 quello di Rettore del Collegio S. Efrem in Roma per studenti orientali di lingua araba.
Tornato a Damasco è stato nominato Protosincello.
Oltre all’arabo, conosce l’italiano, il francese e il siriaco.

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L’UDIENZA GENERALE



L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI, dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di fedeli e pellegrini provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa ha incentrato la sua meditazione sulla figura di San Francesco di Sales, Vescovo di Ginevra e Dottore della Chiesa (1567-1622).
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari fratelli e sorelle,

"Dieu est le Dieu du coeur humain" [Dio è il Dio del cuore umano] (Trattato dell’Amore di Dio, I, XV): in queste parole apparentemente semplici cogliamo l’impronta della spiritualità di un grande maestro, del quale vorrei parlarvi oggi, san Francesco di Sales, Vescovo e Dottore della Chiesa. Nato nel 1567 in una regione francese di frontiera, era figlio del Signore di Boisy, antica e nobile famiglia di Savoia. Vissuto a cavallo tra due secoli, il Cinquecento e il Seicento, raccolse in sé il meglio degli insegnamenti e delle conquiste culturali del secolo che finiva, riconciliando l’eredità dell’umanesimo con la spinta verso l’assoluto propria delle correnti mistiche. La sua formazione fu molto accurata; a Parigi fece gli studi superiori, dedicandosi anche alla teologia, e all’Università di Padova quelli di giurisprudenza, come desiderava il padre, conclusi in modo brillante, con la laurea in utroque iure, diritto canonico e diritto civile. Nella sua armoniosa giovinezza, riflettendo sul pensiero di sant’Agostino e di san Tommaso d’Aquino, ebbe una crisi profonda che lo indusse a interrogarsi sulla propria salvezza eterna e sulla predestinazione di Dio nei suoi riguardi, soffrendo come vero dramma spirituale le principali questioni teologiche del suo tempo. Pregava intensamente, ma il dubbio lo tormentò in modo così forte che per alcune settimane non riuscì quasi del tutto a mangiare e dormire. Al culmine della prova, si recò nella chiesa dei Domenicani a Parigi, aprì il suo cuore e pregò così: "Qualsiasi cosa accada, Signore, tu che tieni tutto nella tua mano, e le cui vie sono giustizia e verità; qualunque cosa tu abbia stabilito a mio riguardo …; tu che sei sempre giusto giudice e Padre misericordioso, io ti amerò, Signore […], ti amerò qui, o mio Dio, e spererò sempre nella tua misericordia, e sempre ripeterò la tua lode… O Signore Gesù, tu sarai sempre la mia speranza e la mia salvezza nella terra dei viventi" (I Proc. Canon., vol I, art 4). Il ventenne Francesco trovò la pace nella realtà radicale e liberante dell’amore di Dio: amarlo senza nulla chiedere in cambio e confidare nell’amore divino; non chiedere più che cosa farà Dio con me: io lo amo semplicemente, indipendentemente da quanto mi dà o non mi dà. Così trovò la pace, e la questione della predestinazione - sulla quale si discuteva in quel tempo – era risolta, perché egli non cercava più di quanto poteva avere da Dio; lo amava semplicemente, si abbandonava alla Sua bontà. E questo sarà il segreto della sua vita, che trasparirà nella sua opera principale: il Trattato dell’amore di Dio.

Vincendo le resistenze del padre, Francesco seguì la chiamata del Signore e, il 18 dicembre 1593, fu ordinato sacerdote. Nel 1602 divenne Vescovo di Ginevra, in un periodo in cui la città era roccaforte del Calvinismo, tanto che la sede vescovile si trovava "in esilio" ad Annecy. Pastore di una diocesi povera e tormentata, in un paesaggio di montagna di cui conosceva bene tanto la durezza quanto la bellezza, egli scrive: "[Dio] l’ho incontrato pieno di dolcezza e soavità fra le nostre più alte e aspre montagne, ove molte anime semplici lo amavano e adoravano in tutta verità e sincerità; e caprioli e camosci correvano qua e là tra i ghiacci spaventosi per annunciare le sue lodi" (Lettera alla Madre di Chantal, ottobre 1606, in Oeuvres, éd. Mackey, t. XIII, p. 223). E tuttavia l’influsso della sua vita e del suo insegnamento sull’Europa dell’epoca e dei secoli successivi appare immenso. E’ apostolo, predicatore, scrittore, uomo d’azione e di preghiera; impegnato a realizzare gli ideali del Concilio di Trento; coinvolto nella controversia e nel dialogo con i protestanti, sperimentando sempre più, al di là del necessario confronto teologico, l’efficacia della relazione personale e della carità; incaricato di missioni diplomatiche a livello europeo, e di compiti sociali di mediazione e di riconciliazione. Ma soprattutto san Francesco di Sales è guida di anime: dall’incontro con una giovane donna, la signora di Charmoisy, trarrà spunto per scrivere uno dei libri più letti nell’età moderna, l’Introduzione alla vita devota; dalla sua profonda comunione spirituale con una personalità d’eccezione, santa Giovanna Francesca di Chantal, nascerà una nuova famiglia religiosa, l’Ordine della Visitazione, caratterizzato – come volle il Santo – da una consacrazione totale a Dio vissuta nella semplicità e umiltà, nel fare straordinariamente bene le cose ordinarie: "… voglio che le mie Figlie – egli scrive – non abbiano altro ideale che quello di glorificare [Nostro Signore] con la loro umiltà" (Lettera a mons. de Marquemond, giugno 1615). Muore nel 1622, a cinquantacinque anni, dopo un’esistenza segnata dalla durezza dei tempi e dalla fatica apostolica.

Quella di san Francesco di Sales è stata una vita relativamente breve, ma vissuta con grande intensità. Dalla figura di questo Santo emana un’impressione di rara pienezza, dimostrata nella serenità della sua ricerca intellettuale, ma anche nella ricchezza dei suoi affetti, nella "dolcezza" dei suoi insegnamenti che hanno avuto un grande influsso sulla coscienza cristiana. Della parola "umanità" egli ha incarnato diverse accezioni che, oggi come ieri, questo termine può assumere: cultura e cortesia, libertà e tenerezza, nobiltà e solidarietà. Nell’aspetto aveva qualcosa della maestà del paesaggio in cui è vissuto, conservandone anche la semplicità e la naturalezza. Le antiche parole e le immagini in cui si esprimeva suonano inaspettatamente, anche all’orecchio dell’uomo d’oggi, come una lingua nativa e familiare.

A Filotea, l’ideale destinataria della sua Introduzione alla vita devota (1607), Francesco di Sales rivolge un invito che poté apparire, all’epoca, rivoluzionario. E’ l’invito a essere completamente di Dio, vivendo in pienezza la presenza nel mondo e i compiti del proprio stato. "La mia intenzione è di istruire quelli che vivono nelle città, nello stato coniugale, a corte […]" (Prefazione alla Introduzione alla vita devota). Il Documento con cui Papa Leone XIII, più di due secoli dopo, lo proclamerà Dottore della Chiesa insisterà su questo allargamento della chiamata alla perfezione, alla santità. Vi è scritto: "[la vera pietà] è penetrata fino al trono dei re, nella tenda dei capi degli eserciti, nel pretorio dei giudici, negli uffici, nelle botteghe e addirittura nelle capanne dei pastori […]" (Breve Dives in misericordia, 16 novembre 1877). Nasceva così quell’appello ai laici, quella cura per la consacrazione delle cose temporali e per la santificazione del quotidiano su cui insisteranno il Concilio Vaticano II e la spiritualità del nostro tempo. Si manifestava l’ideale di un’umanità riconciliata, nella sintonia fra azione nel mondo e preghiera, fra condizione secolare e ricerca di perfezione, con l’aiuto della Grazia di Dio che permea l’umano e, senza distruggerlo, lo purifica, innalzandolo alle altezze divine. A Teotimo, il cristiano adulto, spiritualmente maturo, al quale indirizza alcuni anni dopo il suo Trattato dell’amore di Dio (1616), san Francesco di Sales offre una lezione più complessa. Essa suppone, all’inizio, una precisa visione dell’essere umano, un’antropologia: la "ragione" dell’uomo, anzi l’"anima ragionevole", vi è vista come un’architettura armonica, un tempio, articolato in più spazi, intorno ad un centro, che egli chiama, insieme con i grandi mistici, "cima", "punta" dello spirito, o "fondo" dell’anima. E’ il punto in cui la ragione, percorsi tutti i suoi gradi, "chiude gli occhi" e la conoscenza diventa tutt’uno con l’amore (cfr libro I, cap. XII). Che l’amore, nella sua dimensione teologale, divina, sia la ragion d’essere di tutte le cose, in una scala ascendente che non sembra conoscere fratture e abissi, san Francesco di Sales lo ha riassunto in una celebre frase: "L’uomo è la perfezione dell’universo; lo spirito è la perfezione dell’uomo; l’amore è quella dello spirito, e la carità quella dell’amore" (ibid., libro X, cap. I).

In una stagione di intensa fioritura mistica, il Trattato dell’amore di Dio è una vera e propria summa, e insieme un’affascinante opera letteraria. La sua descrizione dell’itinerario verso Dio parte dal riconoscimento della "naturale inclinazione" (ibid., libro I, cap. XVI), iscritta nel cuore dell’uomo pur peccatore, ad amare Dio sopra ogni cosa. Secondo il modello della Sacra Scrittura, san Francesco di Sales parla dell’unione fra Dio e l’uomo sviluppando tutta una serie di immagini di relazione interpersonale. Il suo Dio è padre e signore, sposo e amico, ha caratteristiche materne e di nutrice, è il sole di cui persino la notte è misteriosa rivelazione. Un tale Dio trae a sé l’uomo con vincoli di amore, cioè di vera libertà: "poiché l’amore non ha forzati né schiavi, ma riduce ogni cosa sotto la propria obbedienza con una forza così deliziosa che, se nulla è forte come l’amore, nulla è amabile come la sua forza" (ibid., libro I, cap. VI). Troviamo nel trattato del nostro Santo una meditazione profonda sulla volontà umana e la descrizione del suo fluire, passare, morire, per vivere (cfr ibid., libro IX, cap. XIII) nel completo abbandono non solo alla volontà di Dio, ma a ciò che a Lui piace, al suo "bon plaisir", al suo beneplacito (cfr ibid., libro IX, cap. I). All’apice dell’unione con Dio, oltre i rapimenti dell’estasi contemplativa, si colloca quel rifluire di carità concreta, che si fa attenta a tutti i bisogni degli altri e che egli chiama "estasi della vita e delle opere" (ibid., libro VII, cap. VI).

Si avverte bene, leggendo il libro sull’amore di Dio e ancor più le tante lettere di direzione e di amicizia spirituale, quale conoscitore del cuore umano sia stato san Francesco di Sales. A santa Giovanna di Chantal, a cui scrive: "[…] Ecco la regola della nostra obbedienza che vi scrivo a caratteri grandi: FARE TUTTO PER AMORE, NIENTE PER FORZA - AMAR PIÙ L’OBBEDIENZA CHE TEMERE LA DISOBBEDIENZA. Vi lascio lo spirito di libertà, non già quello che esclude l’obbedienza, ché questa è la libertà del mondo; ma quello che esclude la violenza, l’ansia e lo scrupolo" (Lettera del 14 ottobre 1604). Non per niente, all’origine di molte vie della pedagogia e della spiritualità del nostro tempo ritroviamo proprio la traccia di questo maestro, senza il quale non vi sarebbero stati san Giovanni Bosco né l’eroica "piccola via" di santa Teresa di Lisieux.

Cari fratelli e sorelle, in una stagione come la nostra che cerca la libertà, anche con violenza e inquietudine, non deve sfuggire l’attualità di questo grande maestro di spiritualità e di pace, che consegna ai suoi discepoli lo "spirito di libertà", quella vera, al culmine di un insegnamento affascinante e completo sulla realtà dell’amore. San Francesco di Sales è un testimone esemplare dell’umanesimo cristiano; con il suo stile familiare, con parabole che hanno talora il colpo d’ala della poesia, ricorda che l’uomo porta iscritta nel profondo di sé la nostalgia di Dio e che solo in Lui trova la vera gioia e la sua realizzazione più piena.



SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE


○ Sintesi della catechesi in lingua francese

Chers frères et sœurs, «

Dieu est le Dieu du cœur humain ». Ces paroles sont au centre de la spiritualité de Saint François de Sales, qui, en 1602, devint Évêque de Genève, bastion du Calvinisme à cette époque. Né en France, François de Sales sut concilier l’héritage de l’humanisme avec les courants mystiques. Aimer Dieu sans rien demander en retour et s’abandonner à son amour fut le secret de sa vie. Sa direction spirituelle influença l’Europe et la conscience chrétienne par la douceur de ses enseignements. Il fonda ainsi l’Ordre de la Visitation avec Sainte Jeanne Françoise de Chantal. Dans son Introduction à la vie dévote, il anticipe l’appel à la sainteté pour tous à travers les devoirs propres à chacun, appel que reprendra Vatican II. Dans son Traité sur l’amour de Dieu, œuvre littéraire remarquable, il présente l’homme comme la perfection de l’univers, et la charité comme l’extase de la vie et des œuvres. Il exhorte à faire tout par amour, rien par force – à aimer plus l’obéissance que craindre la désobéissance. Docteur de l’Eglise, saint François de Sales inspira la spiritualité de saint Jean Bosco et l’héroïque ‘petite voie’ de Sainte Thérèse de Lisieux ainsi que d’autres courants spirituels. Chers amis, soyons nous aussi des nostalgiques de Dieu et cultivons dans nos relations la simplicité et la douceur!

Je salue cordialement les pèlerins de langue française ! À l’école de saint François de Sales, puissiez-vous apprendre que la vraie liberté inclut l’obéissance et culmine dans la réalité de l’amour. N’ayez pas peur d’aimer Dieu par-dessus tout ! Vous trouverez en Lui seul la vraie joie et la pleine réalisation de votre vie ! Avec ma bénédiction !


○ Sintesi della catechesi in lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

Our catechesis today deals with Saint Francis de Sales, an outstanding Bishop and master of the spiritual life in the period following the Council of Trent. After a powerful experience of God’s liberating love in his youth, Saint Francis became a priest and then Bishop of Geneva, at that time a stronghold of Calvinism. His fine education, his personal gifts of charity, serenity and openness to dialogue, together with his brilliance as a spiritual guide, made Francis a leading figure of his age. His spiritual writings include the celebrated Introduction to the Devout Life, which insists that all Christians are called to perfection in their proper state of life, foreshadowing the insistence of the Second Vatican Council on the universal call to holiness. His Treatise on the Love of God develops this teaching, stressing that we find ourselves and our true freedom in the love of God. The Christian humanism of Saint Francis de Sales has lost none of its relevance today. May this great Saint and Doctor of the Church guide us in the pursuit of holiness and help us to find our fulfilment in the joy and freedom born of the love of God.

I am happy to greet the pilgrims from Saint Mary’s University College, Twickenham; I vividly recall their warm welcome during my recent Apostolic Visit to England. I also greet the group from Saint Norbert’s Catholic School in Denmark. To the choirs I express my gratitude for their praise of God in song. Upon all the English-speaking visitors present at today’s Audience, especially those from Ireland, Finland, Singapore and the United States, I cordially invoke God’s abundant blessings.


○ Sintesi della catechesi in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern!

In der heutigen Katechese setze ich die Reihe der Kirchenlehrer mit der Gestalt des heiligen Franz von Sales fort. Das 16. Jahrhundert, in dem Franz von Sales lebte, war auch in seinem Heimatland Frankreich eine Zeit heftiger Glaubenskämpfe zwischen Katholiken und Calvinisten. Franz von Sales wurde 1567 in eine adlige Familie in Savoyen geboren, erhielt eine hervorragende Ausbildung und ging dann zum Studium an die Pariser Universität. Hier erlebte er im Jahr 1586 eine tiefe Glaubenskrise, die durch die theologischen Auseinandersetzungen um die Prädestinationslehre ausgelöst wurde – Prädestination, das heißt, Gott setzt im voraus fest, ob jemand in den Himmel oder in die Hölle kommt. Der junge Franz von Sales hatte die Angst, für die Hölle bestimmt zu sein, und hat darum furchtbar gelitten. Er ist dann in seinen Selbstzweifeln, seiner Unsicherheit, in der Not, sich verdammt zu sehen, in die Pariser Kirche St. Etienne des Gres gegangen. Hier hat er eine Erleuchtung empfangen: Ich frage nicht mehr, was mit mir wird, ich liebe Gott einfach. Ich lasse die Angst weg, ich will nicht wissen, was er mir dann geben oder mit mir tun wird. Ich liebe ihn und überlasse mich ihm ohne Angst und Furcht. Nur die Liebe zu ihm soll mein Leben bestimmen. Nun war er frei und hat eine Spiritualität der Freiheit und der Liebe gelehrt. Er hat sich dann zum Priestertum entschlossen und wurde 1593 zum Priester geweiht, 1602 zum Bischof von Genf, mußte aber in Annecy seinen Sitz nehmen, weil Genf nicht zugänglich war. Mitten in seinem Dienst starb er bereits 1622 mit 55 Jahren in Lyon. Franz von Sales war ein fruchtbarer geistlicher Autor und Seelenführer. Seine beiden bekanntesten Schriften sind Philothea oder Einführung in das religiöse Leben, wo er zeigt, daß man in jedem Stand, in jedem Beruf ein Leben mit Gott führen kann. Natürlich muß, so sagt er, ein Kapuziner anders leben als ein Angestellter, als ein Pilot, als jemand, der in einem Gasthaus arbeitet, aber jeder kann mit Gott leben und auf seine Weise ein Heiliger sein. Heiligkeit hat viele Formen, sagt er uns, nicht eine Einförmigkeit, sie ist in allen Ständen des Lebens möglich. Überall kann ich inwendig bei Gott sein. Die zweite Schrift geht noch tiefer: Die Abhandlung über die Gottesliebe. Im ersten Werk geht es, wie schon gesagt, darum, wie jeder Christ dort, wo er lebt und arbeitet, sein Christsein verwirklichen kann. Darauf baut die zweite Schrift auf, in der der Autor uns einlädt, der Liebe Gottes zu uns Menschen mit unserer Liebe zu antworten und Sehnsucht nach ihm zu haben, die dann in der Ewigkeit ihre Vollendung findet.

Einen herzlichen Gruß richte ich an alle Gäste deutscher Sprache und heute ganz besonders natürlich an die Pilger aus Pentling. Insbesondere danke ich auch den Südtirolern für die schöne Musik. Wie der heilige Franz von Sales wollen wir uns der Hand Gottes anvertrauen und uns von seiner Liebe immer mehr prägen lassen. Der Herr segne euch alle.


○ Sintesi della catechesi in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas:

Hoy hablamos de san Francisco de Sales, que vivió entre los siglos dieciséis y diecisiete. De noble familia francesa, recibió una esmerada educación. Todavía joven, tras una grave crisis espiritual se abandonó al amor de Dios: amándolo, sin esperar nada, y al mismo tiempo, confiándose totalmente a él, se consigue la paz y la libertad. Ordenado sacerdote fue pronto consagrado obispo de Ginebra, bastión del Calvinismo. Apóstol, escritor, hombre de acción y de oración, empeñado en la controversia y el diálogo con los protestantes, experimentó, más allá del debate teológico, la eficacia de la relación personal y de la caridad. Pero sobre todo, fue director espiritual entre otros de santa Juana Francisca de Chantal, con la que fundará la Orden de la Visitación, cuyo ideal será vivir en sencillez y humildad. A sus dirigidos escribe dos obras fundamentales: La introducción a la vida devota, pensada para los laicos y que abre de forma revolucionaria el camino de perfección a todos los estados de vida, y el Tratado del amor de Dios, en el que presenta un itinerario hacia Dios que nace de la inclinación de todo hombre a amar a Dios. Este itinerario lo desarrolla con imágenes de relación interpersonal (padre y señor, esposo y amigo). Dios nos atrae con lazos de amor y de verdadera libertad, no a la fuerza; nos llama al completo abandono a su voluntad y a la plenitud del amor que es la caridad.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos provenientes de España, Argentina, México y otros países latinoamericanos. Os invito a que, siguiendo el ejemplo de san Francisco de Sales, sepáis encontrar la libertad verdadera en el amor incondicional a Dios, nuestra verdadera alegría y nuestra plena realización.


○ Sintesi della catechesi in lingua portoghese

Queridos irmãos e irmãs,

São Francisco de Sales, bispo e doutor da Igreja, é uma testemunha exemplar do humanismo cristão, cujos ensinamentos influenciaram muitos caminhos espirituais e pedagógicos do nosso tempo. Nascido em 1567, passou na juventude por uma crise espiritual que o levou a interrogar-se sobre a própria salvação eterna. Somente encontrou a paz na contemplação da realidade radical e libertadora do amor de Deus: amar-Lhe sem pedir nada em troca e confiar no amor divino. Tal foi o segredo da sua vida. Esta se caracterizou por um incansável apostolado, pela pregação, escritos e, sobretudo, pela sua direcção de almas, dentre as quais se destaca Santa Joana Francisca de Chantal, fundadora com ele da Ordem da Visitação. Suas principais obras são "Introdução à vida devota" e "Tratado do Amor de Deus". Nelas o nosso Santo dirige a todas as pessoas o convite a serem completamente de Deus, mesmo vivendo no meio do mundo, pelo amoroso cumprimento dos deveres do próprio estado de vida: trata-se daquela consagração das coisas temporais e santificação do quotidiano que, quatro séculos mais tarde, afirmaria insistentemente o Concílio Vaticano II.

Queridos amigos vindos dos países de língua portuguesa, sede bem-vindos! São Francisco de Sales lembra que cada ser humano traz inscrita no íntimo de si a nostalgia de Deus. Possais todos dar-vos conta dela e por ela orientar as vossas vidas, pois só em Deus encontrareis a verdadeira alegria e a realização plena. Para tal, dou-vos a minha bênção. Ide em paz!



SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE


○ Saluto in lingua polacca

Witam serdecznie obecnych tu Polaków. Święty Franciszek Salezy nauczał, że każdy człowiek odczuwa w swojej duszy tęsknotę za Bogiem. Tylko w Nim może znaleźć prawdziwą radość i spełnienie samego siebie. Zachęcał wszystkich, by jednoczyli się z Bogiem, trwali na modlitwie nawet wśród najbardziej licznych obowiązków. Niech ta zachęta będzie i dla nas ważnym przypomnieniem. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

[Saluto cordialmente i Polacchi qui presenti. San Francesco di Sales affermava che ogni essere umano sente nella sua anima la nostalgia di Dio. Solo in Lui può trovare le vera gioia e la propria realizzazione. Esortava tutti all’unione con Dio e ad essere perseveranti nella preghiera perfino tra molteplici impegni. Sia questo anche per noi un richiamo importante. Sia lodato Gesù Cristo.]


○ Saluto in lingua croata

Radosno pozdravljam sve hrvatske hodočasnike, a osobito vjernike iz župe Svetog Leopolda Mandića iz Orehovice te iz župe Uskrsnuća Kristovog iz Sesvetskog Kraljevca. Moleći na grobu apostola Petra, nasljedujte njegovo svjedočanstvo vjere prepoznavajući u Isusu iz Nazareta Sina Božjega i svoga Spasitelja. Hvaljen Isus i Marija!

[Saluto con gioia tutti i pellegrini Croati particolarmente i fedeli della parrocchia di San Leopoldo Mandić in Orehovica e della parrocchia della Risurrezione di Cristo in Sesvetski Kraljevec. Pregando presso la tomba dell’apostolo Pietro, seguite la sua testimonianza di fede, riconoscendo in Gesù di Nazaret il Figlio del Dio e il vostro Salvatore. Siano lodati Gesù e Maria!]


○ Saluto in lingua ceca

Srdečně vítám a upřímně zdravím české poutníky z farností Mladá Vožice, Pacov a Pelhřimov. Rád žehnám vám i vašim nejdražším! Chvála Kristu!

[Un cordiale benvenuto e un caloroso saluto ai pellegrini cechi delle Parrocchie di Mladá Vožice, Pacov a Pelhřimov. Benedico volentieri voi e tutti i vostri cari. Sia lodato Gesù Cristo!]


○ Saluto in lingua slovacca

S láskou pozdravujem slovenských veriacich, osobitne púť učiteľov katolíckych škôl Košickej arcidiecézy, vedenú pánom biskupom Stanislavom Stolárikom, pútnikov zo Sabinova, Stropkova ako aj skupinu gréckokatolíkov zo Šarisškého Jastrabia. Bratia a sestry, toto naše dnešné stretnutie pri hrobe svätého Petra apoštola nech upevní v každom z vás ducha spoločenstva s univerzálnou cirkvou. S týmto želaním zo srdca žehnám všetkých vás i vašich drahých. Pochválený buď Ježiš Kristus!

[Saluto con affetto i fedeli slovacchi, particolarmente il pellegrinaggio dei docenti delle scuole cattoliche dell’Arcidiocesi di Košice, guidato dal Vescovo Mons. Stanislav Stolárik, pellegrini provenienti da Sabinov, Stropkov come pure il gruppo dei greco-cattolici di Šarišské Jastrabie. Fratelli e sorelle, questo nostro odierno incontro presso la tomba di San Pietro Apostolo confermi in ciascuno di voi lo spirito della comunione con la Chiesa universale. Con questi voti benedico di cuore tutti voi ed i vostri cari. Sia lodato Gesù Cristo!]


○ Saluto in lingua italiana

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto le religiose Figlie di San Camillo, che in questo anno ricordano il centenario di morte della loro fondatrice, la Beata Giuseppina Vannini, e le esorto a servire con rinnovata generosità il Vangelo della vita, seguendo Cristo Buon Samaritano. Saluto i fedeli della parrocchia di Maria Ausiliatrice, in Massa Quercioli, e il gruppo delle Fraternità Francescane Secolari, di Scandiano e Pavullo nel Frignano. Saluto altresì gli allevatori sardi, accompagnati dall’Arcivescovo di Sassari, Mons. Paolo Atzei. A tutti assicuro la mia preghiera perché si rafforzi in ciascuno il desiderio di testimoniare Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo.

Saluto, infine, i giovani, i malati e gli sposi novelli. Cari giovani, preparatevi ad affrontare le importanti tappe della vita con impegno spirituale, edificando ogni vostro progetto sulle solide basi della fedeltà a Dio. Cari malati, siate sempre consapevoli che contribuite in modo misterioso alla costruzione del Regno di Dio, offrendo le vostre sofferenze al Padre celeste in unione a quelle di Cristo. E voi, cari sposi novelli, sappiate quotidianamente edificare la vostra famiglia nell'ascolto di Dio, nel fedele reciproco amore e nell'accoglienza dei più bisognosi.

03/03/2011 15:45
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LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

S.E. il Signor Sebastián Piñera, Presidente della Repubblica del Cile, con la Consorte, e Seguito.

Gruppo degli Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale delle Filippine, in Visita "ad Limina Apostolorum".








RINUNCE E NOMINE



NOMINA DEL VESCOVO DI HRADEC KRÁLOVÉ (REPUBBLICA CECA)

Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Hradec Králové (Repubblica Ceca), il Rev.do Mons. Jan Vokál, del clero della medesima diocesi, finora Minutante presso la Segreteria di Stato.

Rev.do Mons. Jan Vokál
Il Rev.do Mons. Jan Vokál è nato il 25 settembre 1958 a Hlinsko (Hradec Králové).
Ha conseguito la Laurea in Ingegneria Cibernetica presso l’Università Tecnica di Praga. Nel 1983 è stato ammesso nel Collegio Nepomuceno a Roma e ha studiato filosofia e teologia alla Pontificia l’Università Lateranense.
È stato ordinato sacerdote il 28 maggio 1989 per la diocesi di Hradec Králové. Ha proseguito la sua formazione negli Stati Uniti alla St. Thomas University e ha lavorato come Vicario parrocchiale nella diocesi di Peoria.
Nel 1991 ha iniziato il suo servizio presso la Segreteria di Stato (Sezione per gli Affari Generali). Dal 1992 al 2005 è stato Segretario del Card. Corrado Bafile.
Nel 2008 ha conseguito il Dottorato in Utroque Iure presso la Pontificia Università Lateranense e l’anno dopo ha ottenuto il titolo di Dottore in Diritto Civile presso l’Università Carlo di Praga.
Nel 2005 è stato nominato Coadiutore del Capitolo dei Canonici presso la Basilica Papale di Santa Maria Maggiore.








COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE: UDIENZA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DEL CILE

Questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto il Presidente della Repubblica del Cile, S.E. il Signor Sebastián Piñera Echenique, che successivamente si è incontrato con S.E. il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, il quale era accompagnato da S.E. Mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati.

Nel corso dei cordiali colloqui sono stati affrontati temi di comune interesse, come la salvaguardia della vita umana e della famiglia, l’aiuto allo sviluppo integrale, la lotta contro la povertà, il rispetto dei diritti umani, la giustizia e la pace sociale. In questo contesto, si è ribadito il ruolo e il contributo positivo delle istituzioni cattoliche nella società cilena, specialmente nella promozione umana e nella formazione.

Nel prosieguo dei colloqui si è dato uno sguardo panoramico alla situazione dell’America Latina e si è registrata la convergenza fra la Santa Sede e il Governo cileno sui valori fondamentali della convivenza umana.









VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" DEGLI ECC.MI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELLE FILIPPINE (III GRUPPO)

Alle ore 11.30 di oggi, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico, il Santo Padre Benedetto XVI incontra i Presuli della Conferenza Episcopale delle Filippine, ricevuti in questi giorni, in separate udienze, in occasione della Visita "ad Limina Apostolorum".

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai Vescovi presenti:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

My dear Brother Bishops,

It is with joy that I welcome you as you make your visit ad Limina Apostolorum. I extend my cordial greetings through you to the priests, religious, and faithful of your various dioceses. Our meeting today affords me the opportunity to thank you collectively for the pastoral work you carry out with love for Christ and for his people. As Saint Paul says, "Let us not grow weary of doing good; if we do not relax our efforts, in due time we shall reap our harvest" (Gal 6:9). With these words, the Apostle encourages his readers to do good to all, but especially to those of the household of the faith. He presents us with a double imperative, one which is most appropriate to your ministry as bishops in the central and southern islands of the Philippine archipelago. You must labor in doing good among Christians and non-Christians alike.

Regarding "those of the household of the faith" who require your apostolic care, the Church in your respective regions naturally shares many of the pastoral challenges confronting the rest of the country. Among them, one of the most important is the task of ongoing catechetical formation. The deep personal piety of your people needs to be nourished and supported by a profound understanding of and appreciation for the teachings of the Church in matters of faith and morals. Indeed, these elements are required in order for the human heart to give its full and proper response to God. As you continue to strengthen catechesis in your dioceses, do not fail to include in it an outreach to families, with particular care for parents in their role as the first educators of their children in the faith. This work is already evident in your support of the family in the face of influences which would diminish or destroy its rights and integrity. I appreciate that providing this kind of catechetical formation is no small task, and I take the opportunity to salute the many religious sisters and lay catechists who assist you in this important work.

Indeed, as diocesan bishops you never face any challenge alone, being assisted first and foremost by your clergy. Along with you, they have devoted their lives to the service of God and his people, and require in their turn your fatherly care. As you are aware, you and your fellow bishops have a particular duty to know your priests well and to guide them with sincere concern, while priests are always to be prepared to fulfill humbly and faithfully the tasks entrusted to them. In such a spirit of mutual cooperation for the sake of the Kingdom of God, surely "in due time we shall reap our harvest" of faith.

Many of your dioceses already have in place programs of continuing formation for young priests, assisting them in their transition from the structured schedule of the seminary to the more independent setting of parish life. Along these lines, it is also helpful for them to be assigned mentors from among those older priests who have proven themselves to be faithful servants of the Lord. These men can guide their younger confrères along the path toward a mature and well-balanced way of priestly living.

Moreover, priests of all ages require ongoing care. Regular days of recollection, yearly retreats and convocations, as well as programs for continuing education and assistance for priests who may be facing difficulties, are to be promoted. I am confident that you will also find ways to support those priests whose assignments leave them isolated. It is gratifying to note how the Second National Congress for the Clergy, held during the Year for Priests, was just such an occasion for renewal and fraternal support. In order to build upon this momentum, I encourage you to profit from the yearly celebration of Holy Thursday, during which the Church commemorates the priesthood in a special way. In accordance with their solemn promises at ordination, remind your priests of their commitment to celibacy, obedience, and an ever greater dedication to pastoral service. In living out their promises, these men will become true spiritual fathers with a personal and psychological maturity that will grow to mirror the paternity of God.

With respect to Saint Paul’s command to do good to those not of the household of the faith, dialogue with other religions remains a high priority, especially in the southern areas of your country. While the Church proclaims without fail that Christ is the way, the truth, and the life (cf. Jn 14:6), nevertheless she respects all that is true and good in other religions, and she seeks, with prudence and charity, to enter into an honest and amicable dialogue with the followers of those religions whenever possible (cf. Nostra Aetate, 2). In doing so, the Church works toward mutual understanding and the advancement of the common good of humanity. I commend you for the work you have already done and I encourage you, by means of the dialogue that has been established, to continue to promote the path to true and lasting peace with all of your neighbors, never failing to treat each person, no matter his or her beliefs, as created in the image of God.

Finally, as we strive not to "grow weary of doing good," we are reminded that the greatest good that we can offer those whom we serve is given to us in the Eucharist. In the Holy Mass, the faithful receive the grace needed to be transformed in Jesus Christ. It is heartening that many Filipinos attend Sunday Mass, but this does not leave room for complacency on your part as shepherds. It is your task, and that of your priests, never to grow weary in pursuing the lost sheep, making sure that all the faithful draw life from the great gift given to us in the Sacred Mysteries.

Dear Brother Bishops, I thank the Lord for these days of your visit to the City of Peter and Paul, during which God has strengthened our bonds of communion. Through the intercession of the Blessed Virgin Mary, may the good Lord bring your work to completion. I assure you of a remembrance in my prayers and willingly impart to you and to the faithful entrusted to your care my Apostolic Blessing as a pledge of grace and peace.

04/03/2011 01:09
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Discorso del Papa ai Vescovi filippini in visita “ad limina”
In dialogo con le religioni per il bene comune dell’umanità



ROMA, giovedì, 3 marzo 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo giovedì da Benedetto XVI nel ricevere in udienza il terzo gruppo di Vescovi filippini giunti in visita “ad limina Apostolorum”.


* * *

Miei cari fratelli Vescovi,

è con gioia che vi porgo il benvenuto in occasione della vostra visita ad limina Apostolorum. Tramite voi estendo i miei cordiali saluti ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli delle vostre varie diocesi.

Il nostro incontro oggi mi offre l’opportunità di ringraziarvi collettivamente per l’opera pastorale che con amore svolgete per Cristo e per il suo popolo. Come afferma san Paolo: «E non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo» (Gal 6, 9). Con queste parole, l’Apostolo incoraggia i suoi lettori a operare il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede. Egli ci presenta un doppio imperativo, che è molto appropriato al vostro ministero nelle isole centrali e meridionali dell’arcipelago delle Filippine. Dovete adoperarvi per fare il bene fra i cristiani, nonché fra i non cristiani.

A proposito dei «fratelli nella fede» che richiedono la vostra sollecitudine apostolica, la Chiesa nelle vostre rispettive regioni condivide naturalmente molte delle esigenze pastorali del resto del Paese. Fra queste, una delle più importanti è costituita dal compito della formazione catechetica permanente. La profonda pietà personale del vostro popolo deve essere alimentata e sostenuta da una comprensione profonda e dall’apprezzamento per gli insegnamenti della Chiesa in materia di fede e di morale. Infatti, questi elementi sono richiesti affinché il cuore umano dia la sua risposta esaustiva e opportuna a Dio. Mentre continuate a rafforzare la catechesi nelle vostre diocesi, non mancate di includere in essa la prossimità alle famiglie, con particolare attenzione ai genitori nel loro ruolo di primi educatori dei figli nella fede. Quest’opera è già evidente nel sostegno che offrite alla famiglia di fronte a influenze che potrebbero diminuirne o distruggerne i diritti e l’integrità. So che offrire questo tipo di formazione catechetica non è compito da poco e colgo l’opportunità per salutare le numerose suore e i catechisti laici che vi assistono in quest’importante opera.

Infatti, come Vescovi diocesani non affrontate mai alcuna sfida da soli, perché siete assistiti anzitutto dai membri del vostro clero. Insieme con voi, hanno dedicato la propria vita al servizio di Dio e del suo popolo, e a loro volta hanno bisogno della vostra sollecitudine paterna. Come ben sapete, voi e i vostri confratelli Vescovi avete il dovere particolare di conoscere bene i vostri sacerdoti e di guidarli con sincera premura, mentre i sacerdoti devono essere sempre preparati a svolgere con umiltà e fedeltà i compiti loro affidati. Con questo spirito di cooperazione reciproca per il bene del Regno di Dio, di certo «a tempo debito raccoglieremo la nostra messe» di fede.

Molte delle vostre diocesi hanno elaborato programmi di formazione permanente per i giovani sacerdoti, aiutandoli nel passare dal sistema strutturato del seminario a quello più indipendente della vita parrocchiale. Sulla stessa linea, è anche utile assegnare loro mentori scelti fra i sacerdoti più anziani, che si sono dimostrati fedeli servitori del Signore. Questi uomini possono guidare i confratelli più giovani lungo il cammino verso uno stile di vita sacerdotale maturo e ben equilibrato.

Inoltre, sacerdoti di tutte le età esigono una sollecitudine costante. Bisogna promuovere regolari giornate di raccoglimento, ritiri e convocazioni annuali nonché programmi per una educazione e una assistenza costanti per i sacerdoti che possono incontrare difficoltà. Ho fiducia nel fatto che elaborerete anche modalità per sostenere quei sacerdoti i cui incarichi li portano a essere isolati. È gratificante constatare come il Secondo Congresso Nazionale per il Clero, svoltosi durante l’Anno Sacerdotale, sia stato un’occasione di rinnovamento e di sostegno fraterno. Al fine di trarre vantaggio da questo impeto, vi incoraggio ad approfittare della celebrazione annuale del giovedì santo, in cui la Chiesa commemora il sacerdozio in modo speciale. Secondo le loro promesse solenni nell’ordinazione, ricordate ai vostri sacerdoti il loro impegno al celibato, all’obbedienza e a una dedizione sempre maggiore al servizio pastorale. Nel vivere tali promesse, questi uomini diverranno autentici padri spirituali con una maturità personale e psicologica che si svilupperà per rispecchiare la paternità di Dio.

A proposito del comandamento di san Paolo di fare il bene a quanti non sono fratelli nella fede, il dialogo con altre religioni resta una priorità alta, in particolare nelle aree meridionali del vostro Paese. Sebbene la Chiesa proclami senza posa che Cristo è la via, la verità e a vita (cfr. Gv 14, 6), rispetta tutto ciò che è vero e buono nelle altre religioni, e cerca, con prudenza e carità, di instaurare un dialogo onesto e amichevole, con i seguaci di quelle religioni, laddove è possibile (cfr. Nostra aetate, n. 2). Nel fare questo, la Chiesa opera per la comprensione reciproca e per il progresso del bene comune dell’umanità. Vi lodo per l’opera che avete già svolto e vi incoraggio, per mezzo del dialogo che è stato instaurato, a continuare a promuovere il cammino verso la pace autentica e duratura con il vostro prossimo, senza smettere di trattare ogni persona, indipendente dal suo credo, come creata a immagine e somiglianza di Dio.

Infine, mentre lottiamo per non «stancarci di fare del bene», ci viene ricordato che il bene più grande che possiamo offrire a coloro che serviamo, ci viene dato nell’Eucaristia. Nella Santa Messa i fedeli ricevono la grazia necessaria per essere trasformati in Gesù Cristo. È incoraggiante il fatto che molti filippini partecipino alla Messa domenicale, ma questo non lasci spazio al vostro compiacimento di Pastori. È vostro compito, nonché dei vostri sacerdoti, non stancarsi mai di cercare la pecorella smarrita, garantendo che tutti i fedeli traggano vita dal grande dono offertoci nei Misteri Sacri.

Cari Fratelli Vescovi, rendo grazie al Signore per queste giornate della vostra visita nella Città di Pietro e di Paolo, durante la quale Dio ha rafforzato i nostri vincoli di comunione. Con l’intercessione della Beata Vergine Maria, possa il Signore misericordioso portare a compimento la vostra opera. Vi assicuro il mio ricordo nella preghiera e imparto volentieri a voi e ai fedeli affidati alla vostra sollecitudine la mia Benedizione Apostolica, quale pegno di grazia e di pace.





[L'OSSERVATORE ROMANO - Edizione quotidiana - del 4 marzo 2011]


04/03/2011 15:44
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LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:
S.E. il Signor Ólafur Ragnar Grímsson, Presidente della Repubblica di Islanda, con la Consorte, e Seguito.
S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.I., Arcivescovo tit. di Tibica, Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede.

Il Papa riceve oggi in Udienza:
S.E. il Signor Emilio Marin, Ambasciatore di Croazia, con la Consorte, in visita di congedo.

* * *

Alle ore 18.15 di oggi, il Santo Padre Benedetto XVI si reca in Visita al Pontificio Seminario Romano Maggiore, alla vigilia della Festa della Madonna della Fiducia, Patrona del Seminario.










AVVISO DELL’UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE


MERCOLEDÌ DELLE CENERI - "STAZIONE" NELLA BASILICA DI SANTA SABINA ALL’AVENTINO PRESIEDUTA DAL SANTO PADRE BENEDETTO XVI



Mercoledì 9 marzo, giorno di inizio della Quaresima, avrà luogo un’assemblea di preghiera nella forma delle "Stazioni" romane, presieduta dal Santo Padre Benedetto XVI.

La celebrazione avrà il seguente svolgimento:
Alle ore 16.30, nella Chiesa di Sant’Anselmo all’Aventino avrà luogo un momento di preghiera, cui farà seguito la processione penitenziale verso la Basilica di Santa Sabina.
Alla processione prenderanno parte i Cardinali, gli Arcivescovi, i Vescovi, i Monaci Benedettini di Sant’Anselmo, i Padri Domenicani di Santa Sabina e alcuni fedeli.
Al termine della processione, nella Basilica di Santa Sabina, avrà luogo la celebrazione dell’Eucaristia con il rito di benedizione e di imposizione delle ceneri.










COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE: UDIENZA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA D’ISLANDA



Questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in udienza il Presidente d’Islanda, Sua Eccellenza il Sig. Ólafur Ragnar Grímsson, il quale, successivamente, si è incontrato con Sua Eminenza il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, accompagnato da Sua Eccellenza Mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati.

Nel corso dei cordiali colloqui ci si è soffermati sul buono stato dei rapporti che da un millennio legano l’Islanda con la Sede Apostolica e che sono emblematicamente rappresentati dalla figura di Gudridur Thorbjarnardottir, pioniera della fede cristiana nell’Isola; di essa il Capo dello Stato islandese ha voluto lasciare in dono al Santo Padre una scultura, in ricordo del pellegrinaggio che avrebbe compiuto a Roma, poco dopo l’anno 1000, incontrandosi con il Successore di Pietro.

Nell’Udienza è stata sottolineata la stima di cui gode la piccola comunità cattolica nel Paese, come anche il valido contributo che essa offre alla società islandese con le sue iniziative in campo educativo e sociale, in modo particolare nell’attuale congiuntura economica. Sono stati poi affrontati temi di comune interesse a livello nazionale ed internazionale, con particolare rilievo al ruolo dei valori tradizionali nella costruzione della Nazione e al contributo dell’Islanda nella promozione della pace, nella pacifica convivenza delle varie comunità e nella tutela dell’ambiente.



05/03/2011 15:44
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LE UDIENZE


Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

Em.mo Card. Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi.

S.E. Mons. Leopoldo Girelli, Arcivescovo tit. di Capri, Nunzio Apostolico in Singapore e in Timor Orientale; Delegato Apostolico in Malaysia e in Brunei, e Rappresentante Pontificio non-residente per il Viêt Nam.

Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale delle Filippine, in Visita "ad Limina Apostolorum"
S.E. Mons. Guillermo V. Afable, Vescovo di Digos;
S.E. Mons. Patricio H. Alo, Vescovo di Mati;
S.E. Mons. Wilfredo D. Manlapaz, Vescovo di Tagum;
S.E. Mons. Angelito R. Lampon, O.M.I., Vescovo tit. di Valliposita, Vicario Apostolico di Jolo;
S.E. Mons. Warlito I. Cajandig, Vescovo tit. di Ausafa, Vicario Apostolico Calapan;
S.E. Mons. Antonio Palang, S.V.D., Vescovo tit. di Tuburbo minore, Vicario Apostolico di San Jose in Mindoro.






















RINUNCE E NOMINE




RINUNCIA DEL VESCOVO DI LODWAR (KENYA) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Lodwar (Kenya), presentata da S.E. Mons. Patrick Joseph Harrington, S.M.A., in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

Il Papa ha nominato Vescovo di Lodwar (Kenya), S. E. Mons. Dominic Kimengich, finora Vescovo titolare di Tanaramusa ed Ausiliare della medesima diocesi.



RINUNCIA DEL VESCOVO DI SANTISSIMA TRINITÀ IN ALMATY (KAZAKHSTAN) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Santissima Trinità in Almaty (Kazakhstan), presentata da S.E. Mons. Henry Theophilus Howaniec, O.F.M., in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Il Papa ha nominato Vescovo della diocesi di Santissima Trinità in Almaty (Kazakhstan) il Rev.do Sac. José Luís Mumbiela Sierra, attualmente Rettore del Seminario Maggiore interdiocesano di Karaganda.

Rev.do Sac. José Luís Mumbiela Sierra
Il Rev.do Sac. José Luís Mumbiela Sierra è nato a Monzón (Huesca), diocesi di Lleida (Spagna), il 27 maggio 1969. Ha frequentato il quinquennio di studi teologici presso l’Università di Navarra (1987-1992), dove nel 1994 ha ottenuto la Licenza in Teologia.
Ordinato sacerdote il 25 giugno 1995 per la diocesi di Lleida, è stato Viceparroco a Fraga (1995-1998).
Il 30 giugno 1997 ha conseguito il Dottorato in Teologia presso l’Università di Navarra. Il 28 febbraio 1998 è arrivato, come sacerdote fidei donum, alla diocesi di Santissima Trinità in Almaty (Kazakhstan), nella quale ha operato come Viceparroco di Shimkent. Successivamente è stato Prefetto degli Studi e Vice-Rettore del Seminario Maggiore interdiocesano di Karaganda, di cui è Rettore dal 16 giugno 2007.
Oltre allo spagnolo, parla l’inglese e il russo.




RINUNCIA DEL VESCOVO DI ORVIETO-TODI (ITALIA) E NOMINA DELL’AMMINISTRATORE APOSTOLICO AD NUTUM SANCTAE SEDIS DELLA MEDESIMA DIOCESI

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Orvieto-Todi (Italia), presentata da S.E. Mons. Giovanni Scanavino, O.S.A., in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico, ed ha nominato Amministratore Apostolico ad nutum Sanctae Sedis della medesima diocesi S.E. Mons. Giovanni Marra, Arcivescovo emerito di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela.



NOMINA DEL VESCOVO DI BAFOUSSAM (CAMERUN)

Il Papa ha nominato Vescovo della diocesi di Bafoussam (Camerun), S.E. Mons. Dieudonné Watio, finora Vescovo di Nkongsamba (Camerun).



NOMINA DEL VESCOVO ESARCA DI MISKOLC (UNGHERIA)

Il Santo Padre ha nominato Vescovo Esarca dell’Esarcato Apostolico di Miskolc (Ungheria) il Rev. P. Atanáz Orosz, monaco di Dámóc, attualmente Superiore dell’Anno propedeutico nel Seminario Centrale di Budapest, assegnandogli la Sede titolare Vescovile di Panio.

Rev. P. Atanáz Orosz, della Comunità Monastica di Dámóc
Il Rev. P. Atanáz Orosz, monaco di Dámóc, è nato l’11 maggio 1960 a Nyíregyháza, nell’Eparchia di Hajdúdorog (Ungheria).
Dopo aver compiuto gli studi presso l’Università Cattolica di Péter Pázmány a Budapest, è stato ordinato sacerdote il 4 agosto 1985.
Successivamente ha studiato teologia morale a Roma presso l’Accademia Alfonsiana e nello stesso tempo ha frequentato corsi patristici all’Augustianum e liturgici ed ecumenici al Pontifico Istituto Orientale.
Tornato in Ungheria è stato prefetto degli studi nel Seminario Maggiore di Nyíregyháza e dal 1993 al 1995 Rettore dello stesso Seminario.
Dal 1991 al 1999 ha vissuto un’esperienza monastica nel Monastero Benedettino di Chevetogne (Belgio).
Nel 1999 ha fondato insieme con l’attuale Vescovo di Hajdúdorog, Mons. Péter F. Kocsis, il Monastero di Dámóc.
Attualmente è Superiore dell’Anno propedeutico nel Seminario Centrale di Budapest.


















VISITA AL SEMINARIO ROMANO MAGGIORE IN OCCASIONE DELLA FESTA DELLA MADONNA DELLA FIDUCIA (4 MARZO 2011)


Nel pomeriggio di ieri, il Santo Padre Benedetto XVI si è recato in visita al Seminario Romano Maggiore, alla vigilia della Festa della Madonna della Fiducia, Patrona dell’Istituto.
Nella Cappella Maggiore del Seminario, dopo l’indirizzo di omaggio del Rettore, il Papa ha tenuto una lectio divina sul testo della Lettera agli Efesini (4,3), per tutti i seminaristi della diocesi di Roma.
Pubblichiamo di seguito il testo della lectio divina del Santo Padre:


LECTIO DIVINA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

sono molto felice di essere, almeno una volta all’anno, qui, con i miei seminaristi, con i giovani che sono in cammino verso il sacerdozio e saranno il futuro presbiterio di Roma. Sono felice che questo succeda ogni anno nel giorno della Madonna della Fiducia, della Madre che ci accompagna con il suo amore giorno per giorno e ci dà la fiducia di andare avanti verso Cristo. "Nell’unità dello Spirito" è il tema che guida le vostre riflessioni durante questo anno formativo. È un’espressione che si trova proprio nel passo della Lettera agli Efesini che ci è stato proposto, là dove san Paolo esorta i membri di quella comunità a "conservare l’unità dello spirito" (4,3). Questo testo apre la seconda parte della Lettera agli Efesini, la cosiddetta parte parenetica, esortativa e comincia con la parola "parakalo", "vi esorto". Ma è la stessa parola che sta anche nel termine "Paraklitos", quindi è un’esortazione nella luce, nella forza dello Spirito Santo. L’esortazione dell’Apostolo si basa sul mistero di salvezza, che aveva presentato nei primi tre capitoli. Infatti, il nostro brano inizia con la parola "dunque": "Io dunque…vi esorto…" (v. 1). Il comportamento dei cristiani è la conseguenza del dono, la realizzazione di quanto ci è donato ogni giorno. E, tuttavia, se è semplicemente realizzazione del dono datoci, non si tratta di un effetto automatico, perché con Dio siamo sempre nella realtà della libertà e perciò - poiché la risposta, anche la realizzazione del dono è libertà - l’Apostolo deve richiamarlo, non può darlo per scontato. Il Battesimo, lo sappiamo, non produce automaticamente una vita coerente: questa è frutto della volontà e dell’impegno perseverante di collaborare con il dono, con la Grazia ricevuta. E questo impegno costa, c’è un prezzo da pagare di persona. Forse per questo san Paolo fa riferimento proprio qui alla sua attuale condizione: "Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto…" (ibid.). Seguire Cristo significa condividere la sua Passione, la sua Croce, seguirlo fino in fondo, e questa partecipazione alla sorte del Maestro unisce profondamente a Lui e rafforza l’autorevolezza dell’esortazione dell’Apostolo.

Ora entriamo nel vivo della nostra meditazione, incontrando una parola che ci colpisce in modo particolare: la parola "chiamata", "vocazione". San Paolo scrive: "comportatevi in maniera degna della chiamata, della klesis che avete ricevuto" (ibid.). E la ripeterà poco dopo, affermando che "…una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione" (v. 4). Qui, in questo caso, si tratta della vocazione comune a tutti i cristiani, cioè della vocazione battesimale: la chiamata ad essere di Cristo e a vivere in Lui, nel suo corpo. Dentro questa parola è inscritta un’esperienza, risuona l’eco dell’esperienza dei primi discepoli, quella che conosciamo dai Vangeli: quando Gesù passò sulla riva del lago di Galilea, e chiamò Simone e Andrea, poi Giacomo e Giovanni (cfr Mc 1,16-20). E prima ancora, presso il fiume Giordano, dopo il battesimo, quando, accorgendosi che Andrea e l’altro discepolo lo seguivano, disse loro: "Venite e vedrete" (Gv 1,39). La vita cristiana comincia con una chiamata e rimane sempre una risposta, fino alla fine. E ciò sia nella dimensione del credere, sia in quella dell’agire: tanto la fede quanto il comportamento del cristiano sono corrispondenza alla grazia della vocazione.

Ho parlato della chiamata dei primi apostoli, ma pensiamo con la parola "chiamata" soprattutto alla Madre di ogni chiamata, a Maria Santissima, l’eletta, la Chiamata per eccellenza. L’icona dell’Annunciazione a Maria rappresenta ben di più di quel particolare episodio evangelico, per quanto fondamentale: contiene tutto il mistero di Maria, tutta la sua storia, il suo essere; e al tempo stesso parla della Chiesa, della sua essenza di sempre; come pure di ogni singolo credente in Cristo, di ogni anima cristiana chiamata.

A questo punto dobbiamo tenere presente che non parliamo di persone del passato. Dio, il Signore, ha chiamato ognuno di noi, ognuno è chiamato con il nome suo. Dio è così grande che ha tempo per ciascuno di noi, conosce me, conosce ognuno di noi per nome, personalmente. È una chiamata personale per ognuno di noi. Penso che dobbiamo meditare diverse volte questo mistero: Dio, il Signore, ha chiamato me, chiama me, mi conosce, aspetta la mia risposta come aspettava la risposta di Maria, aspettava la risposta degli Apostoli. Dio mi chiama: questo fatto dovrebbe farci attenti alla voce di Dio, attenti alla sua Parola, alla sua chiamata per me, per rispondere, per realizzare questa parte della storia della salvezza per la quale ha chiamato me. In questo testo, poi, San Paolo ci indica qualche elemento concreto di questa risposta con quattro parole: "umiltà", "dolcezza", "magnanimità", "sopportandovi a vicenda nell’amore". Forse possiamo meditare brevemente queste parole nelle quali si esprime il cammino cristiano. Ritorneremo poi alla fine, ancora una volta, su questo.

"Umiltà": la parola greca è "tapeinophrosyne", la stessa parola che san Paolo usa nella Lettera ai Filippesi quando parla del Signore, che era Dio e si è umiliato, si è fatto "tapeinos", è sceso fino al farsi creatura, fino al farsi uomo, fino all’obbedienza della Croce (cfr Fil 2,7-8). Umiltà, quindi, non è una parola qualunque, una qualche modestia, qualcosa… ma è una parola cristologica. Imitare il Dio che scende fino a me, che è così grande che si fa mio amico, soffre per me, è morto per me. Questa è l’umiltà da imparare, l’umiltà di Dio. Vuol dire che dobbiamo vederci sempre nella luce di Dio; così, nello stesso tempo, possiamo conoscere la grandezza di essere una persona amata da Dio, ma anche la nostra piccolezza, la nostra povertà, e così comportarci giustamente, non come padroni, ma come servi. Come dice san Paolo: "Noi non intendiamo fare da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia" (2Cor 1,24). Essere sacerdote, ancora più che l’essere cristiano, implica questa umiltà.

"Dolcezza": nel testo greco qui sta la parola "praütes", la stessa parola che appare nelle Beatitudini: "Beati i miti perché avranno in eredità la terra" (Mt 5,5,). E nel Libro dei Numeri, il quarto libro di Mosé, troviamo l’affermazione che Mosé era l’uomo più mite del mondo (cfr 12,3) e, in questo senso, era una prefigurazione di Cristo, di Gesù, che dice di sé: "Io sono mite e umile di cuore" (Mt 11,29). Anche questa parola, quindi, "mite", "dolcezza", è una parola cristologica e implica di nuovo questo imitare Cristo. Perché nel Battesimo siamo conformati a Cristo, quindi dobbiamo conformarci a Cristo, trovare questo spirito dell’essere miti, senza violenza, di convincere con l’amore e con la bontà.

"Magnanimità", "makrothymia" vuol dire la generosità del cuore, non essere minimalisti che danno solo ciò che è strettamente necessario: diamo noi stessi con tutto quello che possiamo, e cresciamo anche noi nella magnanimità.

"Sopportandovi nell’amore": è un compito di ogni giorno sopportarsi l’un l’altro nella propria alterità, e proprio sopportandoci con umiltà, imparare il vero amore.

E adesso facciamo un passo avanti. Dopo questa parola della chiamata, segue la dimensione ecclesiale. Abbiamo parlato adesso della vocazione come di una chiamata molto personale: Dio chiama me, conosce me, aspetta la mia risposta personale. Ma, nello stesso tempo, la chiamata di Dio è una chiamata in comunità, è una chiamata ecclesiale, Dio ci chiama in una comunità. E’ vero che in questo brano che stiamo meditando non c’è la parola "ekklesia", la parola "Chiesa", ma appare tanto più la realtà. San Paolo parla di uno Spirito e un corpo. Lo Spirito si crea il corpo e ci unisce come un unico corpo. E poi parla dell’unità, parla della catena dell’essere, del vincolo della pace. E con questa parola accenna alla parola "prigioniero" dell’inizio: è sempre la stessa parola, "io sono in catene", "catene ti terranno", ma dietro sta la grande catena invisibile, liberante dell’amore. Noi siamo in questo vincolo della pace che è la Chiesa, è il grande vincolo che ci unisce con Cristo. Forse dobbiamo anche meditare personalmente su questo punto: siamo chiamati personalmente, ma siamo chiamati in un corpo. E questo non è una cosa astratta, ma molto reale.

In questo momento, il Seminario è il corpo nel quale si realizza concretamente l’essere in un cammino comune. Poi sarà la parrocchia: accettare, sopportare, animare tutta la parrocchia, le persone, quelle simpatiche e quelle non simpatiche, inserirsi in questo corpo. Corpo: la Chiesa è corpo, quindi ha strutture, ha anche realmente un diritto e qualche volta non è così semplice inserirsi. Certo, vogliamo la relazione personale con Dio, però il corpo spesso non ci piace. Ma proprio così siamo in comunione con Cristo: accettando questa corporeità della sua Chiesa, dello Spirito, che si incarna nel corpo.

E dall’altra parte, spesso forse sentiamo il problema, la difficoltà di questa comunità, cominciando dalla comunità concreta del Seminario fino alla grande comunità della Chiesa, con le sue istituzioni. Dobbiamo anche tenere presente che è molto bello essere in una compagnia, camminare in una grande compagnia di tutti i secoli, avere amici in Cielo e in terra, e sentire la bellezza di questo corpo, essere felici che il Signore ci ha chiamati in un corpo e ci ha dato amici in tutte le parti del mondo.

Ho detto che la parola "ekklesia" non c’è qui, ma c’è la parola "corpo", la parola "spirito", la parola "vincolo" e sette volte, in questo piccolo brano, ritorna la parola "uno". Così sentiamo come sta a cuore all’Apostolo l’unità della Chiesa. E finisce con una "scala di unità", fino all’Unità: Uno è Dio, il Dio di tutti. Dio è Uno e l’unicità di Dio si esprime nella nostra comunione, perché Dio è il Padre, il Creatore di tutti noi e perciò tutti siamo fratelli, tutti siamo un corpo e l’unità di Dio è la condizione, è la creazione anche della fraternità umana, della pace. Quindi, meditiamo anche questo mistero dell’unità e l’importanza di cercare sempre l’unità nella comunione dell’unico Cristo, dell’unico Dio.

Ora possiamo fare un ulteriore passo avanti. Se ci domandiamo qual è il senso profondo di questo uso della parola "chiamata", vediamo che essa è una delle porte che si aprono sul mistero trinitario. Finora abbiamo parlato del mistero della Chiesa, dell’unico Dio, ma appare anche il mistero trinitario. Gesù è il mediatore della chiamata del Padre che avviene nello Spirito Santo. La vocazione cristiana non può che avere una forma trinitaria, sia a livello di singola persona, sia a livello di comunità ecclesiale. Il mistero della Chiesa è tutto animato dal dinamismo dello Spirito Santo, che è un dinamismo vocazionale in senso ampio e perenne, a partire da Abramo, che per primo ascoltò la chiamata di Dio e rispose con la fede e con l’azione (cfr Gen 12,1-3); fino all’"eccomi" di Maria, riflesso perfetto di quello del Figlio di Dio, nel momento in cui accoglie dal Padre la chiamata a venire nel mondo (cfr Eb 10,5-7). Così, nel "cuore" della Chiesa – come direbbe santa Teresa di Gesù Bambino – la chiamata di ogni singolo cristiano è un mistero trinitario: il mistero dell’incontro con Gesù, con la Parola fatta carne, mediante la quale Dio Padre ci chiama alla comunione con Sé e per questo ci vuole donare il suo Santo Spirito, ed è proprio grazie allo Spirito che noi possiamo rispondere a Gesù e al Padre in modo autentico, all’interno di una relazione reale, filiale. Senza il soffio dello Spirito Santo la vocazione cristiana semplicemente non si spiega, perde la sua linfa vitale.

E finalmente l’ultimo passaggio. La forma dell’unità secondo lo Spirito richiede, come avevo detto, l’imitazione di Gesù, la conformazione a Lui nella concretezza dei suoi comportamenti. Scrive l’Apostolo, come abbiamo meditato: "Con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore", e poi aggiunge che l’unità dello spirito va conservata "per mezzo del vincolo della pace" (Ef 4,2-3).

L’unità della Chiesa non è data da uno "stampo" imposto dall’esterno, ma è il frutto di una concordia, di un comune impegno di comportarsi come Gesù, in forza del suo Spirito. C’è un commento di san Giovanni Crisostomo a questo passo che è molto bello. Crisostomo commenta l’immagine del "vincolo", il "vincolo della pace", e dice: "E’ bello questo vincolo, con cui ci leghiamo insieme sia gli uni con gli altri sia con Dio. Non è una catena che ferisce. Non dà crampi alle mani, le lascia libere, dà loro ampio spazio e un coraggio più grande" (Omelie sull’Epistola agli Efesini 9, 4, 1-3). Troviamo qui il paradosso evangelico: l’amore cristiano è un vincolo, come abbiamo detto, ma un vincolo che libera! L’immagine del vincolo, come vi ho detto, ci riporta alla situazione di san Paolo, che è "prigioniero", è "in vincolo". L’Apostolo è in catene a motivo del Signore, come Gesù stesso, si è fatto schiavo per liberarci. Per conservare l’unità dello spirito occorre improntare il proprio comportamento a quella umiltà, dolcezza e magnanimità che Gesù ha testimoniato nella sua passione; bisogna avere le mani e il cuore legati da quel vincolo d’amore che Lui stesso ha accettato per noi, facendosi nostro servo. Questo è il "vincolo della pace". E dice ancora san Giovanni Crisostomo, nello stesso commento: "Legatevi ai vostri fratelli, quelli così legati insieme nell’amore sopportano tutto con facilità… Così egli vuole che siamo legati gli uni agli altri, non solo per essere in pace, non solo per essere amici, ma per essere tutti uno, un’anima sola" (ibid.).

Il testo paolino del quale abbiamo meditato alcuni elementi, è molto ricco. Ho potuto portare a voi solo alcuni spunti, che affido alla vostra meditazione. E preghiamo la Vergine Maria, la Madonna della Fiducia, perché ci aiuti a camminare con gioia nell’unità dello Spirito. Grazie!

06/03/2011 16:28
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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS



Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Il Vangelo di questa domenica presenta la conclusione del "Discorso della montagna", dove il Signore Gesù, attraverso la parabola delle due case costruite una sulla roccia e l’altra sulla sabbia, invita i discepoli ad ascoltare le sue parole e a metterle in pratica (cfr Mt 7,24). In questo modo Egli colloca il discepolo e il suo cammino di fede nell’orizzonte dell’Alleanza, costituita dalla relazione che Dio intesse con l’uomo, attraverso il dono della sua Parola, entrando in comunicazione con noi. Il Concilio Vaticano II afferma: "Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con Sé". (Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, 2). "In questa visione ogni uomo appare come il destinatario della Parola di Dio, interpellato e chiamato ad entrare in tale dialogo d’amore con una risposta libera" (Esort. Ap. postsin. Verbum Domini, 22). Gesù è la Parola vivente di Dio. Quando insegnava, la gente riconosceva nelle sue parole la stessa autorità divina, sentiva la vicinanza del Signore, il suo amore misericordioso, e rendeva lode a Dio. In ogni epoca e in ogni luogo, chi ha la grazia di conoscere Gesù, specialmente attraverso la lettura del santo Vangelo, ne rimane affascinato, riconoscendo che nella sua predicazione, nei suoi gesti, nella sua Persona Egli ci rivela il vero volto di Dio, e al tempo stesso rivela noi a noi stessi, ci fa sentire la gioia di essere figli del Padre che è nei cieli, indicandoci la base solida su cui edificare la nostra vita.

Ma spesso l’uomo non costruisce il suo agire, la sua esistenza, su questa identità, e preferisce le sabbie delle ideologie, del potere, del successo e del denaro, pensando di trovarvi stabilità e la risposta alla insopprimibile domanda di felicità e di pienezza che porta nella propria anima. E noi, su che cosa vogliamo costruire la nostra vita? Chi può rispondere veramente all’inquietudine del nostro cuore? Cristo è la roccia della nostra vita! Egli è la Parola eterna e definitiva che non fa temere ogni sorta di avversità, ogni difficoltà, ogni disagio (cfr Verbum Domini, 10). Possa la Parola di Dio permeare tutta la nostra vita, pensiero e azione, così come proclama la prima lettura della Liturgia odierna tratta dal Libro del Deuteronomio: "Porrete dunque nel cuore e nell’anima queste mie parole; ve le legherete alla mano come un segno e le terrete come un pendaglio tra gli occhi" (11,18). Cari fratelli, vi esorto a fare spazio, ogni giorno, alla Parola di Dio, a nutrirvi di essa, a meditarla continuamente. È un prezioso aiuto anche per mettersi al riparo da un attivismo superficiale, che può soddisfare per un momento l’orgoglio, ma che, alla fine, lascia vuoti e insoddisfatti.

Invochiamo l’aiuto della Vergine Maria la cui esistenza è stata segnata dalla fedeltà alla Parola di Dio. La contempliamo nell’Annunciazione, ai piedi della Croce e, ora, partecipe della gloria del Cristo Risorto. Come Lei, vogliamo rinnovare il nostro "sì" e affidare con fiducia a Dio il nostro cammino.



DOPO L’ANGELUS

Seguo continuamente e con grande apprensione le tensioni che, in questi giorni, si registrano in diversi Paesi dell’Africa e dell’Asia.

Chiedo al Signore Gesù che il commovente sacrificio della vita del Ministro pakistano Shahbaz Bhatti svegli nelle coscienze il coraggio e l’impegno a tutelare la libertà religiosa di tutti gli uomini e, in tal modo, a promuovere la loro uguale dignità.

Il mio accorato pensiero si dirige poi alla Libia, dove i recenti scontri hanno provocato numerose morti e una crescente crisi umanitaria. A tutte le vittime e a coloro che si trovano in situazioni angosciose assicuro la mia preghiera e la mia vicinanza, mentre invoco assistenza e soccorso per le popolazioni colpite.

Chers pèlerins francophones, le Christ nous invite aujourd’hui à bâtir notre maison sur le roc de la foi en Dieu et de sa Parole. La fidélité à ses commandements nous pousse à faire le bien et à abandonner les choix qui conduisent à la mort. Au jour de notre Baptême, nous avons commencé une aventure joyeuse et exaltante ! Alors que nous allons entrer mercredi dans le Temps du Carême, je vous invite à approfondir le don de la grâce qui nous y a été fait. A la suite de Jésus, laissons-nous guider par l’Esprit sur le chemin de la vie ! A tous, je souhaite un bon dimanche et un bon Carême!

I am happy to greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus. In today’s Gospel, Jesus invites us to go beyond a superficial acceptance our Christian calling, by living in faithful allegiance to his words. May we build up our future upon the solid foundation of the Gospel of Jesus, and find fulfilment and happiness and eternal salvation. I wish all of you a pleasant stay in Rome, and a blessed Sunday!

Ein herzliches „Grüß Gott" sage ich den Pilgern und Besuchern aus den Ländern deutscher Sprache. Zum Hallelujaruf singt die Kirche heute das Wort Christi: „Ich bin der Weinstock, ihr seid die Reben. Wer in mir bleibt und in wem ich bleibe, der bringt reiche Frucht" (Joh 15,5). Im Bild des Weinstocks und der Reben leuchtet die wunderbare Gemeinschaft mit Jesus auf, zu der wir Christen gerufen sind. Im Hören von Gottes Wort, im dem regelmäßigen Empfang der Sakramente und im persönlichen Gebet haben wir Anteil an seinem Leben. Als Zeugen dieses Lebens können und dürfen wir für unsere Welt fruchtbar sein. Dazu begleite euch Gott mit seiner Gnade.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, y en particular a los fieles de las parroquias San Francisco de Asís, de Murcia, y San Francisco Javier, de Los Barreros-Cartagena. Jesús nos dice en el Evangelio de este domingo que quien escucha sus palabras y las pone en práctica se parece a un hombre que construye su casa sobre roca. Esta roca firme sobre la que podemos construir nuestra vida es la fe en la Palabra de Dios. Fijando nuestros ojos en la Virgen María, aprendamos de ella a cumplir en todo momento la voluntad del Padre celestial para que, con la ayuda de la gracia divina, seamos transformados en imagen de Cristo y demos un testimonio eficaz de su vida y enseñanzas. Feliz domingo.

Saúdo cordialmente os fiéis das paróquias de Brandoa e Calhariz de Benfica, no Patriarcado de Lisboa, e demais peregrinos de língua portuguesa, sobre cujos passos e compromissos cristãos imploro, pela intercessão da Virgem Mãe, as maiores bênçãos divinas. Deixai Cristo tomar posse da vossa vida, para serdes cada vez mais vida e presença de Cristo! Ide com Deus.

Serdeczne pozdrowienie kieruję do wszystkich Polaków. W dzisiejszej Ewangelii słyszymy przestrogę Chrystusa: „Nie każdy, który Mi mówi: «Panie, Panie», wejdzie do królestwa niebieskiego, lecz ten, kto spełnia wolę mojego Ojca, który jest w niebie" (Mt 7, 21). Wolę Ojca spełnia ten, kto zgłębia treść Bożego Słowa, otwartym sercem przyjmuje ewangeliczne orędzie miłości i pokoju, czyniąc je zasadą swego życia i postępowania. Pamiętajmy o tym, podejmując nasze codzienne obowiązki. Z serca wam błogosławię.

[Un cordiale saluto rivolgo a tutti i Polacchi. Nel Vangelo odierno sentiamo l’avvertimento di Cristo: "Non chiunque mi dice «Signore, Signore», entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli" (Mt 7, 21). Compie la volontà del Padre colui che approfondisce il contenuto della Parola di Dio e con il cuore aperto accoglie il messaggio evangelico dell’amore e della pace, facendo di esso il principio della propria vita e del proprio agire. Ricordiamo ciò, assumendo i nostri doveri quotidiani. Vi benedico di cuore.]

Infine, saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i ragazzi di Mattarello, Galzignano Terme, Sottomarina, Thiene, Arzignano e Altavilla Vicentina, e quelli di varie città della Campania, con tanti auguri per il loro cammino di crescita nella fede. Saluto gli alunni e i familiari della Scuola "Santa Dorotea" di Montecchio Emilia, i giovani di Lipomo, i fedeli provenienti da Como, Carmignano di Brenta, Povegliano Veronese, Anzio e Cecchina. A tutti auguro una buona domenica e un buon inizio, mercoledì prossimo, della santa Quaresima.


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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS



Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Il Vangelo di questa domenica presenta la conclusione del "Discorso della montagna", dove il Signore Gesù, attraverso la parabola delle due case costruite una sulla roccia e l’altra sulla sabbia, invita i discepoli ad ascoltare le sue parole e a metterle in pratica (cfr Mt 7,24). In questo modo Egli colloca il discepolo e il suo cammino di fede nell’orizzonte dell’Alleanza, costituita dalla relazione che Dio intesse con l’uomo, attraverso il dono della sua Parola, entrando in comunicazione con noi. Il Concilio Vaticano II afferma: "Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con Sé". (Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, 2). "In questa visione ogni uomo appare come il destinatario della Parola di Dio, interpellato e chiamato ad entrare in tale dialogo d’amore con una risposta libera" (Esort. Ap. postsin. Verbum Domini, 22). Gesù è la Parola vivente di Dio. Quando insegnava, la gente riconosceva nelle sue parole la stessa autorità divina, sentiva la vicinanza del Signore, il suo amore misericordioso, e rendeva lode a Dio. In ogni epoca e in ogni luogo, chi ha la grazia di conoscere Gesù, specialmente attraverso la lettura del santo Vangelo, ne rimane affascinato, riconoscendo che nella sua predicazione, nei suoi gesti, nella sua Persona Egli ci rivela il vero volto di Dio, e al tempo stesso rivela noi a noi stessi, ci fa sentire la gioia di essere figli del Padre che è nei cieli, indicandoci la base solida su cui edificare la nostra vita.

Ma spesso l’uomo non costruisce il suo agire, la sua esistenza, su questa identità, e preferisce le sabbie delle ideologie, del potere, del successo e del denaro, pensando di trovarvi stabilità e la risposta alla insopprimibile domanda di felicità e di pienezza che porta nella propria anima. E noi, su che cosa vogliamo costruire la nostra vita? Chi può rispondere veramente all’inquietudine del nostro cuore? Cristo è la roccia della nostra vita! Egli è la Parola eterna e definitiva che non fa temere ogni sorta di avversità, ogni difficoltà, ogni disagio (cfr Verbum Domini, 10). Possa la Parola di Dio permeare tutta la nostra vita, pensiero e azione, così come proclama la prima lettura della Liturgia odierna tratta dal Libro del Deuteronomio: "Porrete dunque nel cuore e nell’anima queste mie parole; ve le legherete alla mano come un segno e le terrete come un pendaglio tra gli occhi" (11,18). Cari fratelli, vi esorto a fare spazio, ogni giorno, alla Parola di Dio, a nutrirvi di essa, a meditarla continuamente. È un prezioso aiuto anche per mettersi al riparo da un attivismo superficiale, che può soddisfare per un momento l’orgoglio, ma che, alla fine, lascia vuoti e insoddisfatti.

Invochiamo l’aiuto della Vergine Maria la cui esistenza è stata segnata dalla fedeltà alla Parola di Dio. La contempliamo nell’Annunciazione, ai piedi della Croce e, ora, partecipe della gloria del Cristo Risorto. Come Lei, vogliamo rinnovare il nostro "sì" e affidare con fiducia a Dio il nostro cammino.



DOPO L’ANGELUS

Seguo continuamente e con grande apprensione le tensioni che, in questi giorni, si registrano in diversi Paesi dell’Africa e dell’Asia.

Chiedo al Signore Gesù che il commovente sacrificio della vita del Ministro pakistano Shahbaz Bhatti svegli nelle coscienze il coraggio e l’impegno a tutelare la libertà religiosa di tutti gli uomini e, in tal modo, a promuovere la loro uguale dignità.

Il mio accorato pensiero si dirige poi alla Libia, dove i recenti scontri hanno provocato numerose morti e una crescente crisi umanitaria. A tutte le vittime e a coloro che si trovano in situazioni angosciose assicuro la mia preghiera e la mia vicinanza, mentre invoco assistenza e soccorso per le popolazioni colpite.

Chers pèlerins francophones, le Christ nous invite aujourd’hui à bâtir notre maison sur le roc de la foi en Dieu et de sa Parole. La fidélité à ses commandements nous pousse à faire le bien et à abandonner les choix qui conduisent à la mort. Au jour de notre Baptême, nous avons commencé une aventure joyeuse et exaltante ! Alors que nous allons entrer mercredi dans le Temps du Carême, je vous invite à approfondir le don de la grâce qui nous y a été fait. A la suite de Jésus, laissons-nous guider par l’Esprit sur le chemin de la vie ! A tous, je souhaite un bon dimanche et un bon Carême!

I am happy to greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus. In today’s Gospel, Jesus invites us to go beyond a superficial acceptance our Christian calling, by living in faithful allegiance to his words. May we build up our future upon the solid foundation of the Gospel of Jesus, and find fulfilment and happiness and eternal salvation. I wish all of you a pleasant stay in Rome, and a blessed Sunday!

Ein herzliches „Grüß Gott" sage ich den Pilgern und Besuchern aus den Ländern deutscher Sprache. Zum Hallelujaruf singt die Kirche heute das Wort Christi: „Ich bin der Weinstock, ihr seid die Reben. Wer in mir bleibt und in wem ich bleibe, der bringt reiche Frucht" (Joh 15,5). Im Bild des Weinstocks und der Reben leuchtet die wunderbare Gemeinschaft mit Jesus auf, zu der wir Christen gerufen sind. Im Hören von Gottes Wort, im dem regelmäßigen Empfang der Sakramente und im persönlichen Gebet haben wir Anteil an seinem Leben. Als Zeugen dieses Lebens können und dürfen wir für unsere Welt fruchtbar sein. Dazu begleite euch Gott mit seiner Gnade.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, y en particular a los fieles de las parroquias San Francisco de Asís, de Murcia, y San Francisco Javier, de Los Barreros-Cartagena. Jesús nos dice en el Evangelio de este domingo que quien escucha sus palabras y las pone en práctica se parece a un hombre que construye su casa sobre roca. Esta roca firme sobre la que podemos construir nuestra vida es la fe en la Palabra de Dios. Fijando nuestros ojos en la Virgen María, aprendamos de ella a cumplir en todo momento la voluntad del Padre celestial para que, con la ayuda de la gracia divina, seamos transformados en imagen de Cristo y demos un testimonio eficaz de su vida y enseñanzas. Feliz domingo.

Saúdo cordialmente os fiéis das paróquias de Brandoa e Calhariz de Benfica, no Patriarcado de Lisboa, e demais peregrinos de língua portuguesa, sobre cujos passos e compromissos cristãos imploro, pela intercessão da Virgem Mãe, as maiores bênçãos divinas. Deixai Cristo tomar posse da vossa vida, para serdes cada vez mais vida e presença de Cristo! Ide com Deus.

Serdeczne pozdrowienie kieruję do wszystkich Polaków. W dzisiejszej Ewangelii słyszymy przestrogę Chrystusa: „Nie każdy, który Mi mówi: «Panie, Panie», wejdzie do królestwa niebieskiego, lecz ten, kto spełnia wolę mojego Ojca, który jest w niebie" (Mt 7, 21). Wolę Ojca spełnia ten, kto zgłębia treść Bożego Słowa, otwartym sercem przyjmuje ewangeliczne orędzie miłości i pokoju, czyniąc je zasadą swego życia i postępowania. Pamiętajmy o tym, podejmując nasze codzienne obowiązki. Z serca wam błogosławię.

[Un cordiale saluto rivolgo a tutti i Polacchi. Nel Vangelo odierno sentiamo l’avvertimento di Cristo: "Non chiunque mi dice «Signore, Signore», entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli" (Mt 7, 21). Compie la volontà del Padre colui che approfondisce il contenuto della Parola di Dio e con il cuore aperto accoglie il messaggio evangelico dell’amore e della pace, facendo di esso il principio della propria vita e del proprio agire. Ricordiamo ciò, assumendo i nostri doveri quotidiani. Vi benedico di cuore.]

Infine, saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i ragazzi di Mattarello, Galzignano Terme, Sottomarina, Thiene, Arzignano e Altavilla Vicentina, e quelli di varie città della Campania, con tanti auguri per il loro cammino di crescita nella fede. Saluto gli alunni e i familiari della Scuola "Santa Dorotea" di Montecchio Emilia, i giovani di Lipomo, i fedeli provenienti da Como, Carmignano di Brenta, Povegliano Veronese, Anzio e Cecchina. A tutti auguro una buona domenica e un buon inizio, mercoledì prossimo, della santa Quaresima.


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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS



Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Il Vangelo di questa domenica presenta la conclusione del "Discorso della montagna", dove il Signore Gesù, attraverso la parabola delle due case costruite una sulla roccia e l’altra sulla sabbia, invita i discepoli ad ascoltare le sue parole e a metterle in pratica (cfr Mt 7,24). In questo modo Egli colloca il discepolo e il suo cammino di fede nell’orizzonte dell’Alleanza, costituita dalla relazione che Dio intesse con l’uomo, attraverso il dono della sua Parola, entrando in comunicazione con noi. Il Concilio Vaticano II afferma: "Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con Sé". (Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, 2). "In questa visione ogni uomo appare come il destinatario della Parola di Dio, interpellato e chiamato ad entrare in tale dialogo d’amore con una risposta libera" (Esort. Ap. postsin. Verbum Domini, 22). Gesù è la Parola vivente di Dio. Quando insegnava, la gente riconosceva nelle sue parole la stessa autorità divina, sentiva la vicinanza del Signore, il suo amore misericordioso, e rendeva lode a Dio. In ogni epoca e in ogni luogo, chi ha la grazia di conoscere Gesù, specialmente attraverso la lettura del santo Vangelo, ne rimane affascinato, riconoscendo che nella sua predicazione, nei suoi gesti, nella sua Persona Egli ci rivela il vero volto di Dio, e al tempo stesso rivela noi a noi stessi, ci fa sentire la gioia di essere figli del Padre che è nei cieli, indicandoci la base solida su cui edificare la nostra vita.

Ma spesso l’uomo non costruisce il suo agire, la sua esistenza, su questa identità, e preferisce le sabbie delle ideologie, del potere, del successo e del denaro, pensando di trovarvi stabilità e la risposta alla insopprimibile domanda di felicità e di pienezza che porta nella propria anima. E noi, su che cosa vogliamo costruire la nostra vita? Chi può rispondere veramente all’inquietudine del nostro cuore? Cristo è la roccia della nostra vita! Egli è la Parola eterna e definitiva che non fa temere ogni sorta di avversità, ogni difficoltà, ogni disagio (cfr Verbum Domini, 10). Possa la Parola di Dio permeare tutta la nostra vita, pensiero e azione, così come proclama la prima lettura della Liturgia odierna tratta dal Libro del Deuteronomio: "Porrete dunque nel cuore e nell’anima queste mie parole; ve le legherete alla mano come un segno e le terrete come un pendaglio tra gli occhi" (11,18). Cari fratelli, vi esorto a fare spazio, ogni giorno, alla Parola di Dio, a nutrirvi di essa, a meditarla continuamente. È un prezioso aiuto anche per mettersi al riparo da un attivismo superficiale, che può soddisfare per un momento l’orgoglio, ma che, alla fine, lascia vuoti e insoddisfatti.

Invochiamo l’aiuto della Vergine Maria la cui esistenza è stata segnata dalla fedeltà alla Parola di Dio. La contempliamo nell’Annunciazione, ai piedi della Croce e, ora, partecipe della gloria del Cristo Risorto. Come Lei, vogliamo rinnovare il nostro "sì" e affidare con fiducia a Dio il nostro cammino.



DOPO L’ANGELUS

Seguo continuamente e con grande apprensione le tensioni che, in questi giorni, si registrano in diversi Paesi dell’Africa e dell’Asia.

Chiedo al Signore Gesù che il commovente sacrificio della vita del Ministro pakistano Shahbaz Bhatti svegli nelle coscienze il coraggio e l’impegno a tutelare la libertà religiosa di tutti gli uomini e, in tal modo, a promuovere la loro uguale dignità.

Il mio accorato pensiero si dirige poi alla Libia, dove i recenti scontri hanno provocato numerose morti e una crescente crisi umanitaria. A tutte le vittime e a coloro che si trovano in situazioni angosciose assicuro la mia preghiera e la mia vicinanza, mentre invoco assistenza e soccorso per le popolazioni colpite.

Chers pèlerins francophones, le Christ nous invite aujourd’hui à bâtir notre maison sur le roc de la foi en Dieu et de sa Parole. La fidélité à ses commandements nous pousse à faire le bien et à abandonner les choix qui conduisent à la mort. Au jour de notre Baptême, nous avons commencé une aventure joyeuse et exaltante ! Alors que nous allons entrer mercredi dans le Temps du Carême, je vous invite à approfondir le don de la grâce qui nous y a été fait. A la suite de Jésus, laissons-nous guider par l’Esprit sur le chemin de la vie ! A tous, je souhaite un bon dimanche et un bon Carême!

I am happy to greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus. In today’s Gospel, Jesus invites us to go beyond a superficial acceptance our Christian calling, by living in faithful allegiance to his words. May we build up our future upon the solid foundation of the Gospel of Jesus, and find fulfilment and happiness and eternal salvation. I wish all of you a pleasant stay in Rome, and a blessed Sunday!

Ein herzliches „Grüß Gott" sage ich den Pilgern und Besuchern aus den Ländern deutscher Sprache. Zum Hallelujaruf singt die Kirche heute das Wort Christi: „Ich bin der Weinstock, ihr seid die Reben. Wer in mir bleibt und in wem ich bleibe, der bringt reiche Frucht" (Joh 15,5). Im Bild des Weinstocks und der Reben leuchtet die wunderbare Gemeinschaft mit Jesus auf, zu der wir Christen gerufen sind. Im Hören von Gottes Wort, im dem regelmäßigen Empfang der Sakramente und im persönlichen Gebet haben wir Anteil an seinem Leben. Als Zeugen dieses Lebens können und dürfen wir für unsere Welt fruchtbar sein. Dazu begleite euch Gott mit seiner Gnade.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, y en particular a los fieles de las parroquias San Francisco de Asís, de Murcia, y San Francisco Javier, de Los Barreros-Cartagena. Jesús nos dice en el Evangelio de este domingo que quien escucha sus palabras y las pone en práctica se parece a un hombre que construye su casa sobre roca. Esta roca firme sobre la que podemos construir nuestra vida es la fe en la Palabra de Dios. Fijando nuestros ojos en la Virgen María, aprendamos de ella a cumplir en todo momento la voluntad del Padre celestial para que, con la ayuda de la gracia divina, seamos transformados en imagen de Cristo y demos un testimonio eficaz de su vida y enseñanzas. Feliz domingo.

Saúdo cordialmente os fiéis das paróquias de Brandoa e Calhariz de Benfica, no Patriarcado de Lisboa, e demais peregrinos de língua portuguesa, sobre cujos passos e compromissos cristãos imploro, pela intercessão da Virgem Mãe, as maiores bênçãos divinas. Deixai Cristo tomar posse da vossa vida, para serdes cada vez mais vida e presença de Cristo! Ide com Deus.

Serdeczne pozdrowienie kieruję do wszystkich Polaków. W dzisiejszej Ewangelii słyszymy przestrogę Chrystusa: „Nie każdy, który Mi mówi: «Panie, Panie», wejdzie do królestwa niebieskiego, lecz ten, kto spełnia wolę mojego Ojca, który jest w niebie" (Mt 7, 21). Wolę Ojca spełnia ten, kto zgłębia treść Bożego Słowa, otwartym sercem przyjmuje ewangeliczne orędzie miłości i pokoju, czyniąc je zasadą swego życia i postępowania. Pamiętajmy o tym, podejmując nasze codzienne obowiązki. Z serca wam błogosławię.

[Un cordiale saluto rivolgo a tutti i Polacchi. Nel Vangelo odierno sentiamo l’avvertimento di Cristo: "Non chiunque mi dice «Signore, Signore», entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli" (Mt 7, 21). Compie la volontà del Padre colui che approfondisce il contenuto della Parola di Dio e con il cuore aperto accoglie il messaggio evangelico dell’amore e della pace, facendo di esso il principio della propria vita e del proprio agire. Ricordiamo ciò, assumendo i nostri doveri quotidiani. Vi benedico di cuore.]

Infine, saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i ragazzi di Mattarello, Galzignano Terme, Sottomarina, Thiene, Arzignano e Altavilla Vicentina, e quelli di varie città della Campania, con tanti auguri per il loro cammino di crescita nella fede. Saluto gli alunni e i familiari della Scuola "Santa Dorotea" di Montecchio Emilia, i giovani di Lipomo, i fedeli provenienti da Como, Carmignano di Brenta, Povegliano Veronese, Anzio e Cecchina. A tutti auguro una buona domenica e un buon inizio, mercoledì prossimo, della santa Quaresima.


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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS



Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Il Vangelo di questa domenica presenta la conclusione del "Discorso della montagna", dove il Signore Gesù, attraverso la parabola delle due case costruite una sulla roccia e l’altra sulla sabbia, invita i discepoli ad ascoltare le sue parole e a metterle in pratica (cfr Mt 7,24). In questo modo Egli colloca il discepolo e il suo cammino di fede nell’orizzonte dell’Alleanza, costituita dalla relazione che Dio intesse con l’uomo, attraverso il dono della sua Parola, entrando in comunicazione con noi. Il Concilio Vaticano II afferma: "Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con Sé". (Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, 2). "In questa visione ogni uomo appare come il destinatario della Parola di Dio, interpellato e chiamato ad entrare in tale dialogo d’amore con una risposta libera" (Esort. Ap. postsin. Verbum Domini, 22). Gesù è la Parola vivente di Dio. Quando insegnava, la gente riconosceva nelle sue parole la stessa autorità divina, sentiva la vicinanza del Signore, il suo amore misericordioso, e rendeva lode a Dio. In ogni epoca e in ogni luogo, chi ha la grazia di conoscere Gesù, specialmente attraverso la lettura del santo Vangelo, ne rimane affascinato, riconoscendo che nella sua predicazione, nei suoi gesti, nella sua Persona Egli ci rivela il vero volto di Dio, e al tempo stesso rivela noi a noi stessi, ci fa sentire la gioia di essere figli del Padre che è nei cieli, indicandoci la base solida su cui edificare la nostra vita.

Ma spesso l’uomo non costruisce il suo agire, la sua esistenza, su questa identità, e preferisce le sabbie delle ideologie, del potere, del successo e del denaro, pensando di trovarvi stabilità e la risposta alla insopprimibile domanda di felicità e di pienezza che porta nella propria anima. E noi, su che cosa vogliamo costruire la nostra vita? Chi può rispondere veramente all’inquietudine del nostro cuore? Cristo è la roccia della nostra vita! Egli è la Parola eterna e definitiva che non fa temere ogni sorta di avversità, ogni difficoltà, ogni disagio (cfr Verbum Domini, 10). Possa la Parola di Dio permeare tutta la nostra vita, pensiero e azione, così come proclama la prima lettura della Liturgia odierna tratta dal Libro del Deuteronomio: "Porrete dunque nel cuore e nell’anima queste mie parole; ve le legherete alla mano come un segno e le terrete come un pendaglio tra gli occhi" (11,18). Cari fratelli, vi esorto a fare spazio, ogni giorno, alla Parola di Dio, a nutrirvi di essa, a meditarla continuamente. È un prezioso aiuto anche per mettersi al riparo da un attivismo superficiale, che può soddisfare per un momento l’orgoglio, ma che, alla fine, lascia vuoti e insoddisfatti.

Invochiamo l’aiuto della Vergine Maria la cui esistenza è stata segnata dalla fedeltà alla Parola di Dio. La contempliamo nell’Annunciazione, ai piedi della Croce e, ora, partecipe della gloria del Cristo Risorto. Come Lei, vogliamo rinnovare il nostro "sì" e affidare con fiducia a Dio il nostro cammino.



DOPO L’ANGELUS

Seguo continuamente e con grande apprensione le tensioni che, in questi giorni, si registrano in diversi Paesi dell’Africa e dell’Asia.

Chiedo al Signore Gesù che il commovente sacrificio della vita del Ministro pakistano Shahbaz Bhatti svegli nelle coscienze il coraggio e l’impegno a tutelare la libertà religiosa di tutti gli uomini e, in tal modo, a promuovere la loro uguale dignità.

Il mio accorato pensiero si dirige poi alla Libia, dove i recenti scontri hanno provocato numerose morti e una crescente crisi umanitaria. A tutte le vittime e a coloro che si trovano in situazioni angosciose assicuro la mia preghiera e la mia vicinanza, mentre invoco assistenza e soccorso per le popolazioni colpite.

Chers pèlerins francophones, le Christ nous invite aujourd’hui à bâtir notre maison sur le roc de la foi en Dieu et de sa Parole. La fidélité à ses commandements nous pousse à faire le bien et à abandonner les choix qui conduisent à la mort. Au jour de notre Baptême, nous avons commencé une aventure joyeuse et exaltante ! Alors que nous allons entrer mercredi dans le Temps du Carême, je vous invite à approfondir le don de la grâce qui nous y a été fait. A la suite de Jésus, laissons-nous guider par l’Esprit sur le chemin de la vie ! A tous, je souhaite un bon dimanche et un bon Carême!

I am happy to greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus. In today’s Gospel, Jesus invites us to go beyond a superficial acceptance our Christian calling, by living in faithful allegiance to his words. May we build up our future upon the solid foundation of the Gospel of Jesus, and find fulfilment and happiness and eternal salvation. I wish all of you a pleasant stay in Rome, and a blessed Sunday!

Ein herzliches „Grüß Gott" sage ich den Pilgern und Besuchern aus den Ländern deutscher Sprache. Zum Hallelujaruf singt die Kirche heute das Wort Christi: „Ich bin der Weinstock, ihr seid die Reben. Wer in mir bleibt und in wem ich bleibe, der bringt reiche Frucht" (Joh 15,5). Im Bild des Weinstocks und der Reben leuchtet die wunderbare Gemeinschaft mit Jesus auf, zu der wir Christen gerufen sind. Im Hören von Gottes Wort, im dem regelmäßigen Empfang der Sakramente und im persönlichen Gebet haben wir Anteil an seinem Leben. Als Zeugen dieses Lebens können und dürfen wir für unsere Welt fruchtbar sein. Dazu begleite euch Gott mit seiner Gnade.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, y en particular a los fieles de las parroquias San Francisco de Asís, de Murcia, y San Francisco Javier, de Los Barreros-Cartagena. Jesús nos dice en el Evangelio de este domingo que quien escucha sus palabras y las pone en práctica se parece a un hombre que construye su casa sobre roca. Esta roca firme sobre la que podemos construir nuestra vida es la fe en la Palabra de Dios. Fijando nuestros ojos en la Virgen María, aprendamos de ella a cumplir en todo momento la voluntad del Padre celestial para que, con la ayuda de la gracia divina, seamos transformados en imagen de Cristo y demos un testimonio eficaz de su vida y enseñanzas. Feliz domingo.

Saúdo cordialmente os fiéis das paróquias de Brandoa e Calhariz de Benfica, no Patriarcado de Lisboa, e demais peregrinos de língua portuguesa, sobre cujos passos e compromissos cristãos imploro, pela intercessão da Virgem Mãe, as maiores bênçãos divinas. Deixai Cristo tomar posse da vossa vida, para serdes cada vez mais vida e presença de Cristo! Ide com Deus.

Serdeczne pozdrowienie kieruję do wszystkich Polaków. W dzisiejszej Ewangelii słyszymy przestrogę Chrystusa: „Nie każdy, który Mi mówi: «Panie, Panie», wejdzie do królestwa niebieskiego, lecz ten, kto spełnia wolę mojego Ojca, który jest w niebie" (Mt 7, 21). Wolę Ojca spełnia ten, kto zgłębia treść Bożego Słowa, otwartym sercem przyjmuje ewangeliczne orędzie miłości i pokoju, czyniąc je zasadą swego życia i postępowania. Pamiętajmy o tym, podejmując nasze codzienne obowiązki. Z serca wam błogosławię.

[Un cordiale saluto rivolgo a tutti i Polacchi. Nel Vangelo odierno sentiamo l’avvertimento di Cristo: "Non chiunque mi dice «Signore, Signore», entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli" (Mt 7, 21). Compie la volontà del Padre colui che approfondisce il contenuto della Parola di Dio e con il cuore aperto accoglie il messaggio evangelico dell’amore e della pace, facendo di esso il principio della propria vita e del proprio agire. Ricordiamo ciò, assumendo i nostri doveri quotidiani. Vi benedico di cuore.]

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LE UDIENZE



Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

Em.mo Card. Angelo Bagnasco, Arcivescovo di Genova (Italia), Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.

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RINUNCE E NOMINE

NOMINA DEL VESCOVO DI MATAGALPA (NICARAGUA)

Il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato Vescovo di Matagalpa (Nicaragua) il Rev.do Rolando José Álvarez Lagos, del clero dell’arcidiocesi di Managua, finora Parroco di "San Francisco de Asís", Segretario del Dipartimento dei Mezzi di Comunicazione Sociale della Conferenza Episcopale Nicaraguense e Segretario aggiunto del Segretariato dell’Episcopato dell’America Centrale.

Rev.do Rolando José Álvarez Lagos
Il Rev.do Rolando José Álvarez Lagos è nato a Managua il 27 novembre 1966. Ha Compiuto gli studi ecclesiastici di filosofia e teologia in Guatemala e presso la Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha ottenuto la Licenza in Filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma.
È stato ordinato sacerdote il 7 dicembre 1994 per l’arcidiocesi di Managua.
Ha svolto diversi incarichi: Professore e Prefetto degli studi del Seminario Maggiore Arcidiocesano di Managua (1994-2006), Coordinatore arcidiocesano della pastorale giovanile (dal 1998), Direttore della Radio Cattolica di Nicaragua (dal 2001), Segretario del Dipartimento dei Mezzi di Comunicazione Sociale della Conferenza Episcopale Nicaraguense (dal 2003), Segretario dell’informazione e portavoce dell’arcidiocesi di Managua (dal 2005), Coordinatore Nazionale della Pastorale giovanile (dal 2006), Parroco di "San Francisco de Asís" a Managua (dal 2006) e Segretario aggiunto del Segretariato dell’Episcopato dell’America Centrale (dal 2009).

09/03/2011 15:50
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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA CAMPAGNA DI FRATERNITÀ 2011

Pubblichiamo di seguito il Messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato a S.E. Mons. Geraldo Lyrio Rocha, Presidente della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB) e Arcivescovo di Mariana, in occasione dell’annuale Campagna di Fraternità della Chiesa in Brasile:


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Ao Venerado Irmão
DOM GERALDO LYRIO ROCHA
Arcebispo de Mariana (MG) e Presidente da CNBB

É com viva satisfação que venho unir-me, uma vez mais, a toda Igreja no Brasil que se propõe percorrer o itinerário penitencial da quaresma, em preparação para a Páscoa do Senhor Jesus, no qual se insere a Campanha da Fraternidade cujo tema neste ano é: "Fraternidade e vida no Planeta", pedindo a mudança de mentalidade e atitudes para a salvaguarda da criação.

Pensando no lema da referida Campanha, "a criação geme em dores de parto", que faz eco às palavras de São Paulo na sua Carta aos Romanos (8,22), podemos incluir entre os motivos de tais gemidos o dano provocado na criação pelo egoísmo humano. Contudo, é igualmente verdadeiro que a "criação espera ansiosamente a revelação dos filhos de Deus" (Rm 8,19). Assim como o pecado destrói a criação, esta é também restaurada quando se fazem presentes "os filhos de Deus", cuidando do mundo para que Deus seja tudo em todos (cf. 1 Co 15, 28).

O primeiro passo para uma reta relação com o mundo que nos circunda é justamente o reconhecimento, da parte do homem, da sua condição de criatura: o homem não é Deus, mas a Sua imagem; por isso, ele deve procurar tornar-se mais sensível à presença de Deus naquilo que está ao seu redor: em todas as criaturas e, especialmente, na pessoa humana há uma certa epifania de Deus. «Quem sabe reconhecer no cosmos os reflexos do rosto invisível do Criador, é levado a ter maior amor pelas criaturas» (Bento XVI, Homilia na Solenidade da Santíssima Mãe de Deus, 1º-01-2010). O homem só será capaz de respeitar as criaturas na medida em que tiver no seu espírito um sentido pleno da vida; caso contrário, será levado a desprezar-se a si mesmo e àquilo que o circunda, a não ter respeito pelo ambiente em que vive, pela criação. Por isso, a primeira ecologia a ser defendida é a "ecologia humana" (cf. Bento XVI, Encíclica Caritas in veritate, 51). Ou seja, sem uma clara defesa da vida humana, desde sua concepção até a morte natural; sem uma defesa da família baseada no matrimônio entre um homem e uma mulher; sem uma verdadeira defesa daqueles que são excluídos e marginalizados pela sociedade, sem esquecer, neste contexto, daqueles que perderam tudo, vítimas de desastres naturais, nunca se poderá falar de uma autêntica defesa do meio-ambiente.

Recordando que o dever de cuidar do meio-ambiente é um imperativo que nasce da consciência de que Deus confia a Sua criação ao homem não para que este exerça sobre ela um domínio arbitrário, mas que a conserve e cuide como um filho cuida da herança de seu pai, e uma grande herança Deus confiou aos brasileiros, de bom grado envio-lhes uma propiciadora Bênção Apostólica.

Vaticano, 16 de fevereiro de 2011

BENEDICTUS PP. XVI



















L’UDIENZA GENERALE



L’Udienza Generale di oggi, Mercoledì delle Ceneri, si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa ha tenuto una meditazione sul significato del tempo quaresimale e in particolare su questo Mercoledì delle Ceneri.
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari fratelli e sorelle,

Oggi, segnati dall’austero simbolo delle Ceneri, entriamo nel Tempo di Quaresima, iniziando un itinerario spirituale che ci prepara a celebrare degnamente i misteri pasquali. La cenere benedetta imposta sul nostro capo è un segno che ci ricorda la nostra condizione di creature, ci invita alla penitenza e ad intensificare l’impegno di conversione per seguire sempre di più il Signore.

La Quaresima è un cammino, è accompagnare Gesù che sale a Gerusalemme, luogo del compimento del suo mistero di passione, morte e risurrezione; ci ricorda che la vita cristiana è una "via" da percorrere, consistente non tanto in una legge da osservare, ma nella persona stessa di Cristo, da incontrare, da accogliere, da seguire. Gesù, infatti, ci dice: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua" (Lc 9,23). Ci dice, cioè, che per giungere con Lui alla luce e alla gioia della risurrezione, alla vittoria della vita, dell’amore, del bene, anche noi dobbiamo prendere la croce di ogni giorno, come ci esorta una bella pagina dell’Imitazione di Cristo: "Prendi, dunque, la tua croce e segui Gesù; così entrerai nella vita eterna. Ti ha preceduto lui stesso, portando la sua croce (Gv 19,17) ed è morto per te, affinché anche tu portassi la tua croce e desiderassi di essere anche tu crocifisso. Infatti, se sarai morto con lui, con lui e come lui vivrai. Se gli sarai stato compagno nella sofferenza, gli sarai compagno anche nella gloria" (L. 2, c. 12, n. 2). Nella Santa Messa della Prima Domenica di Quaresima pregheremo: "O Dio nostro Padre, con la celebrazione di questa Quaresima, segno sacramentale della nostra conversione, concedi ai tuoi fedeli di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo e di testimoniarlo con una degna condotta di vita" (Colletta). E’ un’invocazione che rivolgiamo a Dio perché sappiamo che solo Lui può convertire il nostro cuore. Ed è soprattutto nella Liturgia, nella partecipazione ai santi misteri, che noi siamo condotti a percorrere questo cammino con il Signore; è un metterci alla scuola di Gesù, ripercorrere gli eventi che ci hanno portato la salvezza, ma non come una semplice commemorazione, un ricordo di fatti passati. Nelle azioni liturgiche, Cristo si rende presente attraverso l’opera dello Spirito Santo, quegli avvenimenti salvifici diventano attuali. C’è una parola-chiave che ricorre spesso nella Liturgia per indicare questo: la parola "oggi"; ed essa va intesa in senso originario e concreto, non metaforico. Oggi Dio rivela la sua legge e a noi è dato di scegliere oggi tra il bene e il male, tra la vita e la morte (cfr Dt 30,19); oggi "il Regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15); oggi il Cristo è morto sul Calvario ed è risuscitato dai morti; è salito al cielo e siede alla destra del Padre; oggi ci è dato lo Spirito Santo; oggi è tempo favorevole. Partecipare alla Liturgia significa allora immergere la propria vita nel mistero di Cristo, nella sua permanente presenza, percorrere un cammino in cui entriamo nella sua morte e risurrezione per avere la vita.

Nelle domeniche di Quaresima, in modo del tutto particolare in quest’anno liturgico del ciclo A, siamo introdotti a vivere un itinerario battesimale, quasi a ripercorrere il cammino dei catecumeni, di coloro che si preparano a ricevere il Battesimo, per ravvivare in noi questo dono e per far in modo che la nostra vita recuperi le esigenze e gli impegni di questo Sacramento, che è alla base della nostra vita cristiana. Nel Messaggio che ho inviato per questa Quaresima, ho voluto richiamare il nesso particolare che lega il Tempo quaresimale al Battesimo. Da sempre la Chiesa associa la Veglia Pasquale alla celebrazione del Battesimo, passo per passo: in esso si realizza quel grande mistero per cui l’uomo, morto al peccato, è reso partecipe della vita nuova in Cristo Risorto e riceve lo Spirito di Dio che ha risuscitato Gesù dai morti (cfr Rm 8,11). Le Letture che ascolteremo nelle prossime domeniche e alle quali vi invito a prestare speciale attenzione, sono riprese proprio dalla tradizione antica, che accompagnava il catecumeno nella scoperta del Battesimo: sono il grande annuncio di ciò che Dio opera in questo Sacramento, una stupenda catechesi battesimale rivolta a ciascuno di noi. La Prima Domenica, chiamata Domenica della tentazione, perché presenta le tentazioni di Gesù nel deserto, ci invita a rinnovare la nostra decisione definitiva per Dio e ad affrontare con coraggio la lotta che ci attende per rimanergli fedeli. Sempre c'è di nuovo questa necessità di decisione, di resistere al male, di seguire Gesù. In questa Domenica la Chiesa, dopo aver udito la testimonianza dei padrini e dei catechisti, celebra l’elezione di coloro che sono ammessi ai Sacramenti pasquali. La Seconda Domenica è detta di Abramo e della Trasfigurazione. Il Battesimo è il sacramento della fede e della figliolanza divina; come Abramo, padre dei credenti, anche noi siamo invitati a partire, ad uscire dalla nostra terra, a lasciare le sicurezze che ci siamo costruite, per riporre la nostra fiducia in Dio; la meta si intravede nella trasfigurazione di Cristo, il Figlio amato, nel quale anche noi diventiamo "figli di Dio". Nelle Domeniche successive viene presentato il Battesimo nelle immagini dell’acqua, della luce e della vita. La Terza Domenica ci fa incontrare la Samaritana (cfr Gv 4,5-42). Come Israele nell’Esodo, anche noi nel Battesimo abbiamo ricevuto l’acqua che salva; Gesù, come dice alla Samaritana, ha un’acqua di vita, che estingue ogni sete; e quest’acqua è il suo stesso Spirito. La Chiesa in questa Domenica celebra il primo scrutinio dei catecumeni e durante la settimana consegna loro il Simbolo: la Professione della fede, il Credo. La Quarta Domenica ci fa riflettere sull’esperienza del "Cieco nato" (cfr Gv 9,1-41). Nel Battesimo veniamo liberati dalle tenebre del male e riceviamo la luce di Cristo per vivere da figli della luce. Anche noi dobbiamo imparare a vedere la presenza di Dio nel volto di Cristo e così la luce. Nel cammino dei catecumeni si celebra il secondo scrutinio. Infine, la Quinta Domenica ci presenta la risurrezione di Lazzaro (cfr Gv 11,1-45). Nel Battesimo noi siamo passati dalla morte alla vita e siamo resi capaci di piacere a Dio, di far morire l’uomo vecchio per vivere dello Spirito del Risorto. Per i catecumeni, si celebra il terzo scrutinio e durate la settimana viene consegnata loro l’orazione del Signore: il Padre nostro.

Questo itinerario della Quaresima che siamo invitati a percorre nella Quaresima è caratterizzato, nella tradizione della Chiesa, da alcune pratiche: il digiuno, l’elemosina e la preghiera. Il digiuno significa l’astinenza dal cibo, ma comprende altre forme di privazione per una vita più sobria. Tutto questo però non è ancora la realtà piena del digiuno: è il segno esterno di una realtà interiore, del nostro impegno, con l’aiuto di Dio, di astenerci dal male e di vivere del Vangelo. Non digiuna veramente chi non sa nutrirsi della Parola di Dio.

Il digiuno, nella tradizione cristiana, è legato poi strettamente all’elemosina. San Leone Magno insegnava in uno dei suoi discorsi sulla Quaresima: "Quanto ciascun cristiano è tenuto a fare in ogni tempo, deve ora praticarlo con maggiore sollecitudine e devozione, perché si adempia la norma apostolica del digiuno quaresimale consistente nell’astinenza non solo dai cibi, ma anche e soprattutto dai peccati. A questi doverosi e santi digiuni, poi, nessuna opera si può associare più utilmente dell’elemosina, la quale sotto il nome unico di ‘misericordia’ abbraccia molte opere buone. Immenso è il campo delle opere di misericordia. Non solo i ricchi e i facoltosi possono beneficare gli altri con l’elemosina, ma anche quelli di condizione modesta e povera. Così, disuguali nei beni di fortuna, tutti possono essere pari nei sentimenti di pietà dell’anima" (Discorso 6 sulla Quaresima, 2: PL 54, 286). San Gregorio Magno ricordava, nella sua Regola Pastorale, che il digiuno è reso santo dalle virtù che l’accompagnano, soprattutto dalla carità, da ogni gesto di generosità, che dona ai poveri e ai bisognosi il frutto di una nostra privazione (cfr 19,10-11).

La Quaresima, inoltre, è un tempo privilegiato per la preghiera. Sant’Agostino dice che il digiuno e l’elemosina sono "le due ali della preghiera", che le permettono di prendere più facilmente il suo slancio e di giungere sino a Dio. Egli afferma: "In tal modo la nostra preghiera, fatta in umiltà e carità, nel digiuno e nell’elemosina, nella temperanza e nel perdono delle offese, dando cose buone e non restituendo quelle cattive, allontanandosi dal male e facendo il bene, cerca la pace e la consegue. Con le ali di queste virtù la nostra preghiera vola sicura e più facilmente viene portata fino al cielo, dove Cristo nostra pace ci ha preceduto" (Sermone 206, 3 sulla Quaresima: PL 38,1042). La Chiesa sa che, per la nostra debolezza, è faticoso fare silenzio per mettersi davanti a Dio, e prendere consapevolezza della nostra condizione di creature che dipendono da Lui e di peccatori bisognosi del suo amore; per questo, in Quaresima, invita ad una preghiera più fedele ed intensa e ad una prolungata meditazione sulla Parola di Dio. San Giovanni Crisostomo esorta: "Abbellisci la tua casa di modestia e umiltà con la pratica della preghiera. Rendi splendida la tua abitazione con la luce della giustizia; orna le sue pareti con le opere buone come di una patina di oro puro e al posto dei muri e delle pietre preziose colloca la fede e la soprannaturale magnanimità, ponendo sopra ogni cosa, in alto sul fastigio, la preghiera a decoro di tutto il complesso. Così prepari per il Signore una degna dimora, così lo accogli in splendida reggia. Egli ti concederà di trasformare la tua anima in tempio della sua presenza" (Omelia 6 sulla Preghiera: PG 64,466).

Cari amici, in questo cammino quaresimale siamo attenti a cogliere l’invito di Cristo a seguirlo in modo più deciso e coerente, rinnovando la grazia e gli impegni del nostro Battesimo, per abbandonare l’uomo vecchio che è in noi e rivestirci di Cristo, per giungere rinnovati alla Pasqua e poter dire con san Paolo "non vivo più io, ma Cristo vive in me" (Gal 2,20). Buon cammino quaresimale a voi tutti! Grazie!



SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE


○ Sintesi della catechesi in lingua francese

Chers frères et sœurs, marqués du signe austère des cendres qui nous rappelle notre condition de créature, nous commençons aujourd’hui notre marche vers Pâques. Les lectures dominicales du carême de cette année sont une catéchèse splendide pour redécouvrir la grâce du baptême. Elles nous invitent à renouveler notre fidélité au Seigneur et à abandonner nos sécurités humaines pour nous confier totalement à Dieu. Par le baptême, nous passons des ténèbres du mal à la lumière du Christ, devenant des fils de Dieu appelés à vivre de l’Esprit du Ressuscité. Selon la tradition de l’Eglise, le carême est aussi caractérisé par le jeûne, l’aumône et la prière. Les privations sont le signe externe de notre renoncement au mal et de notre faim de la Parole de Dieu, et la charité sanctifie le jeûne. Jeûne et aumône sont comme les deux ailes de la prière. En ce temps de carême, mettons-nous à la suite du Christ avec cohérence en renouvelant notre engagement baptismal ! Puissions-nous aussi nous consacrer avec intensité à la prière et à la méditation de la Parole de Dieu ! Abandonnant le vieil homme qui est en nous pour revêtir le Christ, nous pourrons célébrer avec dignité la Résurrection du Seigneur ! Bon et saint carême à tous !

Je vous salue avec joie, chers pèlerins de langue française et plus particulièrement les jeunes présents ! Je vous invite à prendre très au sérieux ce carême pour le vivre dans un esprit de foi et en faire un temps d’authentique conversion. En participant aux saints mystères, vous vous désaltérez à la source d’eau vive qui est en Dieu ! Avec bénédiction !


○ Sintesi della catechesi in lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

Today the Church celebrates Ash Wednesday, the beginning of her Lenten journey towards Easter. The Christian life is itself a constant journey of conversion and renewal in the company of the Lord, as we follow him along the path that leads through the Cross to the joy of the Resurrection. The primary way by which we follow Christ is by the liturgy, in which his person and his saving power become present and effective in our lives. In the Lenten liturgy, as we accompany the catechumens preparing for Baptism, we open our hearts anew to the grace of our rebirth in Christ. This spiritual journey is traditionally marked by the practice of fasting, almsgiving and prayer. The Fathers of the Church teach that these three pious exercises are closely related: indeed, Saint Augustine calls fasting and almsgiving the "wings of prayer", since they prepare our hearts to take flight and seek the things of heaven, where Christ has prepared a place for us. As this Lent begins, let us accept Christ’s invitation to follow him more closely, renew our commitment to conversion and prayer, and look forward to celebrating the Resurrection in joy and newness of life.

I welcome all the English-speaking visitors present at today’s Audience, especially those from Ireland, Japan, South Korea and the United States. I also greet the pilgrims from Sacred Heart Major Seminary in Detroit. With prayerful good wishes for a spiritually fruitful Lent, I cordially invoke upon you and your families God’s blessings of joy and peace!


○ Sintesi della catechesi in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern!

Mit dem heutigen Aschermittwoch treten wir in die österliche Bußzeit ein. Diese vierzigtägige Vorbereitungszeit auf Ostern ist ein geistlicher Weg, eine Wanderschaft des Herzens. Wir sind eingeladen, Jesus zu begegnen, ihn anzunehmen und ihm zu folgen. Er sagt zu uns: »Wer mein Jünger sein will, der verleugne sich selbst, nehme täglich sein Kreuz auf sich und folge mir nach« (Lk 9,23). Das tönt zwar nicht so, wie wir uns Programme vorstellen, aber es ist die Wahrheit. Der Mensch, um er selbst zu werden, muß sich überwinden, muß das Kreuz, die Mühsal auf sich nehmen. Er muß den Versuchungen zur Trägheit, zur verfehlten Lebensweise, zur Lüge widerstehen und sich von innen her erneuern lassen. Diesen Weg begleiten traditionsgemäß die Übungen des Fastens, des Almosengebens und des Gebetes. Fasten bedeutet zunächst den Verzicht auf Speisen. Wir wissen heute wieder, wie wichtig auch körperliches Fasten ist. Aber mit diesem äußeren Fasten ist die innere Bereitschaft zu verbinden, sich der Sünde zu enthalten, vor allem sich vom lebendigen Wort Gottes zu nähren. Fasten kann nur heilig machen, wenn es mit anderen Übungen, besonders mit Gebet und Almosengeben, verbunden ist. Der Verzicht soll unser Herz öffnen für die Not der Mitmenschen. Wir sollen ihnen gerade in diesen Tagen mit vermehrter Liebe, Barmherzigkeit und eben auch mit materieller Hilfe begegnen. Wir sehen so viel Not in der Welt, daß wir uns wirklich angesprochen wissen müssen. Schließlich sind die kommenden Wochen eine bevorzugte Zeit für das Gebet. Fasten und Almosengeben sind nach dem heiligen Augustinus die »beiden Flügel des Gebets«, die uns helfen, sozusagen die Leichtigkeit zu finden, um nach oben zu steigen und in die Nähe Gottes zu kommen. Bewußt gewählte Momente der Stille, das Gebet und die Betrachtung des Wortes Gottes können uns zu einer inneren Freundschaft mit Gott führen und so das Leben mit der wirklichen Freude erfüllen.

Ganz herzlich grüße ich die deutschsprachigen Pilger und Besucher, besonders das Diözesankomitee des Bistums Regensburg und die Priesteramtskandidaten des Eichstätter Priesterseminars, natürlich die Surberger und die Traunsteiner. Sehr herzlich danke ich der Allgäuer Blaskapelle für ihre wunderbare Musik. Gehen wir mit Fasten, Almosengeben und Gebet den Weg der Erneuerung in Christus, so daß auch wir mit dem heiligen Apostel Paulus sagen können: »Nicht mehr ich lebe, sondern Christus lebt in mir« (Gal 2,20). Euch allen wünsche ich eine gesegnete Fastenzeit!


○ Sintesi della catechesi in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas:

Con la imposición de la ceniza, damos inicio al tiempo de Cuaresma, un autentico itinerario espiritual que nos prepara para celebrar el misterio pascual de Cristo. La ceniza nos recuerda nuestra condición de criaturas, al mismo tiempo que se nos invita a la penitencia y la conversión, para que, tomando la cruz de cada día, sigamos al Señor, y lleguemos así con Él a la victoria de la vida y del amor. En la acción litúrgica, Cristo se hace presente por medio del Espíritu Santo, nos introduce en su escuela, nos permite recorrer los eventos que han traído la salvación y nos hace participar en su muerte y resurrección. Los domingos de Cuaresma guían al creyente a reavivar el don del Bautismo con unas catequesis particularmente sugestivas, en las que se anuncian las exigencias y los esfuerzos que están en la base de la vida cristiana, para renovar la opción definitiva por Dios. Este itinerario cuaresmal está también caracterizado en la tradición de la Iglesia por el ayuno, la limosna y la oración, como prácticas externas que, con la ayuda de Dios, deben dar vida a una realidad interior: nuestro compromiso sincero por vivir el Evangelio.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos provenientes de España, México, Chile y otros países latinoamericanos. Queridos amigos, en este camino cuaresmal, os invito a acoger la invitación de Cristo a seguirlo de un modo más decidido y coherente, renovando la gracia y los compromisos bautismales, para que revistiéndoos de Cristo, podáis llegar renovados a la Pascua y decir con san Pablo "vivo yo, pero no soy yo, es Cristo quien vive en mí" (Gal 2, 20). Deseo a todos un santa Cuaresma.


○ Sintesi della catechesi in lingua portoghese

Queridos irmãos e irmãs,

Hoje está prevista, na celebração da Eucaristia, o rito da imposição das cinzas. Trata-se de um sinal que nos recorda a nossa condição de criaturas e nos convida à penitência e à conversão, para nos configurarmos cada vez mais com Cristo. A Igreja sabe que, à nossa fragilidade humana, custa fazer silêncio e parar diante de Deus, tomando consciência da nossa condição de criaturas que dependem d’Ele e necessitam do seu perdão. Por isso, na Quaresma, a Igreja convida a uma oração mais fiel e intensa e à meditação mais demorada da palavra de Deus. As leituras, que ouviremos na Missa dos próximos domingos e às quais vos convido a prestar especial atenção, propõem-nos o itinerário baptismal que, na tradição antiga, percorriam os catecúmenos – aqueles que se preparavam para o baptismo. Meditando-as, queremos reavivar em nós o dom, as exigências e os compromissos deste sacramento, que está na base da nossa vida cristã, a vida de ressuscitados com Cristo.

Saúdo cordialmente os fiéis das paróquias de Calhariz do Benfica e Brandoa no Patriarcado de Lisboa, os professores e alunos das comunidades escolares das dioceses de Coimbra e do Porto e ainda o grupo de peregrinos, médicos e professores, de Guimarães. A vós e a todos os presentes de língua portuguesa desejo um caminho quaresmal abençoado, que vos permita encontrar, acolher e seguir mais de perto Jesus; e assim poderdes dizer, com São Paulo, «já não sou eu que vivo, é Cristo que vive em mim». Obrigado pela vossa presença. Ide com Deus.



SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE


○ Saluto in lingua polacca

Serdeczne pozdrowienie kieruję do Polaków. Wielki Post jest sposobnym czasem do umacniania naszej więzi z Chrystusem i do naśladowania Go w ofiarnej miłości. Podejmując na nowo zobowiązania chrzcielne, porzućmy starego człowieka, który jest w nas, a przyobleczmy się w Chrystusa, abyśmy przeżywali Paschę odnowieni i gotowi powtarzać za św. Pawłem: „Oto już nie ja żyję, ale żyje we mnie Chrystus". Niech wam Bóg błogosławi!

[Un cordiale saluto rivolgo ai polacchi. La Quaresima è il tempo opportuno per consolidare il nostro legame con Cristo e per seguirLo sulle vie dell’amore disposto al sacrificio. Accogliendo nuovamente gli impegni del nostro Battesimo, abbandoniamo l’uomo vecchio che è in noi e rivestiamoci di Cristo, per vivere la Pasqua rinnovati e pronti a ripetere con S. Paolo: "non vivo più io, ma Cristo vive in me". Dio vi benedica!]


○ Saluto in lingua croata

Srdačno pozdravljam sve hrvatske hodočasnike, a osobito vjernike iz župe Svetog Antuna Padovanskog iz Sesvetskih Sela.
Dok započinjemo korizmeni hod, potičem vas, dragi prijatelji, da iskoristite ovo milosno vrijeme posta i molitve za osobno obraćenje i djela ljubavi. Hvaljen Isus i Marija!

[Cordialmente saluto tutti i pellegrini Croati particolarmente i fedeli della parrocchia di Sant’Antonio di Padova in Sesvetska Sela. Cominciando il cammino quaresimale, vi esorto, cari amici, ad approfittare di questo tempo favorevole di digiuno e di preghiera per la conversione personale e per le opere di carità. Siano lodati Gesù e Maria!]


○ Saluto in lingua ungherese

Isten hozta a magyar híveket, különösképpen azokat, akik Budapestről és Bodajkról érkeztek. Szeretettel köszöntelek Titeket.
Ma kezdődik nagyböjt időszaka. Negyven napon át a liturgia segít abban, hogy újra átélhessük megváltásunk titkát. A böjt és és az imádság egyesít bennünket Krisztussal, Aki az Atya akaratát teljesítve Önmagát adta a keresztfán.
Szívesen adom apostoli áldásomat Kedves Mindannyiotokra.
Dicsértessék a Jézus Krisztus!

[Saluto con affetto i pellegrini di lingua ungherese, specialmente i gruppi che sono arrivati da Budapest e da Bodajk.
Oggi iniziamo la Quaesima – quaranta giorni durante i quali la liturgia ci aiuterà a rivivere il mistero della nostra redenzione. Tramite le rinunce e la preghiera ci uniamo a Cristo che compie la volontà del Padre e dona se stesso nell’offerta della Croce. Volentieri vi imparto la Benedizione Apostolica.

Sia lodato Gesù Cristo!]


○ Saluto in lingua slovacca

Zo srdca pozdravujem pútnikov zo Slovenska.
Bratia a sestry, apoštol Pavol vyzýva: „V mene Krista vás prosíme: zmierte sa s Bohom." Na začiatku Pôstu počujme toto pozvanie, ktoré je adresované každému z nás a ochotne ho nasledujme.
S láskou vás žehnám.
Pochválený buď Ježiš Kristus!

[Saluto di cuore i pellegrini provenienti dalla Slovacchia.
Fratelli e sorelle, l’Apostolo Paolo invita: "Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio." Sentiamo all’inizio della Quaresima questo richiamo rivolto personalmente a ciascuno di noi e mettiamolo in pratica con generosità. Con affetto vi benedico.
Sia lodato Gesù Cristo!]


○ Saluto in lingua italiana

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto voi, fedeli di Montecalvo Irpino, qui convenuti nel ricordo di san Pompilio Maria Pirrotti, e vi esorto a rendere ovunque una generosa testimonianza cristiana, seguendo le orme del vostro Patrono e sostenuti dalla materna intercessione di Maria, che voi venerate con il titolo di Madonna dell’Abbondanza. Saluto con affetto voi, pellegrini della parrocchia S. Matteo in Asiago, e vi incoraggio a seguire con fedeltà Gesù e il suo Vangelo, per essere cristiani autentici in famiglia e in ogni altro ambiente. Saluto i Membri della Fondazione "Mondo Unito" e li invito a proseguire con generosità il loro impegno in favore di progetti di solidarietà e di pace.

Porgo, infine, il mio saluto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Il tempo quaresimale, che oggi iniziamo, conduca ciascuno ad una conoscenza sempre più intima di Cristo, perché possiate, nelle diverse situazioni in cui vi trovate, avere i suoi stessi sentimenti e fare tutto in comunione con Lui.

10/03/2011 01:42
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Messaggio del Papa per la Campagna di Fraternità 2011 in Brasile
L'uomo deve curare il creato come un figlio ha cura dell'eredità del padre



CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 9 marzo 2011 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito il testo del Messaggio che Papa Benedetto XVI ha indirizzato a monsignor Geraldo Lyrio Rocha, Arcivescovo di Mariana e presidente della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB), in occasione della Campagna di Fraternità che si celebra ogni anno nel Paese sudamericano.

* * *

Al Venerato Fratello

MONSIGNOR GERALDO LYRIO ROCHA

Arcivescovo di Mariana (mg) e Presidente della CNBB



È con viva soddisfazione che mi unisco, ancora una volta, a tutta la Chiesa in Brasile che si propone di percorrere l’itinerario penitenziale della quaresima, in preparazione della Pasqua del Signore Gesù, nel quale si inserisce la Campagna della Fraternità, il cui tema quest’anno è «Fraternità e vita nel Pianeta», con un appello a un cambiamento di mentalità e di atteggiamento per la salvaguardia del creato.

Pensando al motto della suddetta Campagna, «la creazione geme nelle doglie del parto», che riecheggia le parole di San Paolo nella sua Lettera ai Romani (8, 22), possiamo includere fra i motivi di tali gemiti il danno provocato al creato dall’egoismo umano. È però anche vero che la «creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio» (Rm 8, 19). Così come il peccato distrugge la creazione, quest’ultima viene restaurata quando si rendono presenti «i figli di Dio» prendendosi cura del mondo affinché Dio sia tutto in tutti (cfr. 1 Cor 15, 28).

Il primo passo per una corretta relazione con il mondo che ci circonda è proprio il riconoscimento, da parte dell’uomo, della sua condizione di creatura: l’uomo non è Dio, ma è la Sua immagine. Per questo, deve cercare di diventare più sensibile alla presenza di Dio in ciò che gli sta attorno: in tutte le creature e, specialmente nella persona umana, c’è una sorta di epifania di Dio. «Chi sa riconoscere nel cosmo i riflessi del volto invisibile del Creatore, è portato ad avere maggiore amore per le creature» (Benedetto XVI, Omelia nella solennità della Santissima Madre di Dio, 1-1-2010). L’uomo sarà capace di rispettare le creature nella misura in cui avrà nel suo spirito un senso pieno della vita; in caso contrario, sarà portato a disprezzare se stesso e ciò che lo circonda, a non avere rispetto per l’ambiente in cui vive, per la creazione. Per questo, la prima ecologia che va difesa è «l’ecologia umana» (cfr. Benedetto XVI, enciclica Caritas in veritate, n. 51). Vale a dire che senza una chiara difesa della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale, senza una difesa della famiglia basata sul matrimonio fra un uomo e una donna, senza una vera difesa di quanti sono esclusi ed emarginati dalla società, senza dimenticare, in questo contesto, coloro che hanno perso tutto, vittime di disastri naturali, non si potrà mai parlare di un’autentica difesa dell’ambiente.

Ricordando che il dovere di tutelare l’ambiente è un imperativo che nasce dalla consapevolezza che Dio affida la Sua creazione all’uomo non perché eserciti su di essa un dominio arbitrario, ma perché la conservi e la curi come un figlio cura l’eredità di suo padre, e una grande eredità Dio l’ha affidata ai brasiliani, di buon grado imparto loro una propiziatrice Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 16 febbraio 2011

Benedetto XVI

[© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana, traduzione a cura de “L'Osservatore Romano”]























Omelia di Benedetto XVI nella Basilica di Santa Sabina
Nel presiedere la Stazione quaresimale al termine della processione penitenziale



CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 9 marzo 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l’omelia pronunciata questo mercoledì da Benedetto XVI nella Basilica di Santa Sabina, dove ha presieduto la celebrazione eucaristica con il rito di benedizione e di imposizione delle Ceneri.

* * *

Cari fratelli e sorelle,

iniziamo oggi il tempo liturgico della Quaresima con il suggestivo rito dell’imposizione delle ceneri, attraverso il quale vogliamo assumere l'impegno di convertire il nostro cuore verso gli orizzonti della Grazia. In genere, nell’opinione comune, questo tempo rischia di essere connotato dalla tristezza, dal grigiore della vita. Invece essa è dono prezioso di Dio, è tempo forte e denso di significati nel cammino della Chiesa, è l’itinerario verso la Pasqua del Signore. Le Letture bibliche dell’odierna celebrazione ci offrono indicazioni per vivere in pienezza questa esperienza spirituale.

«Ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12). Nella prima Lettura, tratta dal libro del profeta Gioele, abbiamo ascoltato queste parole con cui Dio invita il popolo ebraico ad un pentimento sincero e non apparente. Non si tratta di una conversione superficiale e transitoria, bensì di un itinerario spirituale che riguarda in profondità gli atteggiamenti della coscienza e suppone un sincero proposito di ravvedimento. Il profeta prende spunto dalla piaga dell’invasione delle cavallette che si era abbattuta sul popolo distruggendo i raccolti, per invitare ad una penitenza interiore, a lacerarsi il cuore e non le vesti (cfr 2,13). Si tratta, cioè, di porre in atto un atteggiamento di conversione autentica a Dio - ritornare a Lui -, riconoscendo la sua santità, la sua potenza, la sua maestà. E questa conversione è possibile perché Dio è ricco di misericordia e grande nell’amore. La sua è una misericordia rigeneratrice, che crea in noi un cuore puro, rinnova nell'intimo uno spirito fermo, restituendoci la gioia della salvezza (cfr Sal 50,14). Dio, infatti, come dice il profeta, non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva (cfr Ez 33,11). Così il profeta Gioele ordina, a nome del Signore, che si crei un propizio ambiente penitenziale: bisogna suonare la tromba, convocare l'adunanza, risvegliare le coscienze. Il periodo quaresimale ci propone questo ambito liturgico e penitenziale: un cammino di quaranta giorni dove sperimentare in modo efficace l'amore misericordioso di Dio. Oggi risuona per noi l’appello «Ritornate a me con tutto il cuore»; oggi siamo noi ad essere chiamati a convertire il nostro cuore a Dio, consapevoli sempre di non poter realizzare la nostra conversione da soli, con le nostre sole forze, perché è Dio che ci converte. Egli ci offre ancora il suo perdono, invitandoci a tornare a Lui per donarci un cuore nuovo, purificato dal male che lo opprime, per farci prendere parte alla sua gioia. Il nostro mondo ha bisogno di essere convertito da Dio, ha bisogno del suo perdono, del suo amore, ha bisogno di un cuore nuovo.

«Lasciatevi riconciliare con Dio» (2Cor 5,20). Nella seconda Lettura san Paolo ci offre un altro elemento nel cammino della conversione. L’Apostolo invita a distogliere lo sguardo su di lui e a rivolgere invece l’attenzione su chi l’ha inviato e sul contenuto del messaggio che porta: «In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (ibid.). Un ambasciatore ripete quello che ha sentito pronunciare dal suo Signore e parla con l’autorità e dentro i limiti che ha ricevuto. Chi svolge l’ufficio di ambasciatore non deve attirare l’interesse su se stesso, ma deve mettersi al servizio del messaggio da trasmettere e di chi l’ha mandato. Così agisce san Paolo nell’assolvere il suo ministero di predicatore della Parola di Dio e di Apostolo di Gesù Cristo. Egli non si tira indietro di fronte al compito ricevuto, ma lo assolve con totale dedizione, invitando ad aprirsi alla Grazia, a lasciare che Dio ci converta: «Poiché siamo suoi collaboratori, - scrive - vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio» (2Cor 6,1). «L'appello di Cristo alla conversione - ci dice il Catechismo della Chiesa Cattolica - continua a risuonare nella vita dei cristiani. […] è un impegno continuo per tutta la Chiesa che "comprende nel suo seno i peccatori" e che, "santa insieme e sempre bisognosa di purificazione, incessantemente si applica alla penitenza e al suo rinnovamento". Questo sforzo di conversione non è soltanto un'opera umana. È il dinamismo del "cuore contrito" (Sal51,19), attratto e mosso dalla grazia a rispondere all'amore misericordioso di Dio che ci ha amati per primo» (n. 1428). San Paolo parla ai cristiani di Corinto, ma attraverso di loro intende rivolgersi a tutti gli uomini. Tutti infatti hanno bisogno della grazia di Dio, che illumini la mente e il cuore. E l’Apostolo incalza: «Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!» (2Cor 6,2). Tutti possono aprirsi all’azione di Dio, al suo amore; con la nostra testimonianza evangelica, noi cristiani dobbiamo essere un messaggio vivente, anzi, in molti casi siamo l’unico Vangelo che gli uomini di oggi leggono ancora. Ecco la nostra responsabilità sulle orme di san Paolo, ecco un motivo in più per vivere bene la Quaresima: offrire la testimonianza della fede vissuta ad un mondo in difficoltà che ha bisogno di ritornare a Dio, che ha bisogno di conversione.

«Guardatevi dal praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro» (Mt 6,1). Gesù, nel Vangelo di oggi, rilegge le tre opere fondamentali di pietà previste dalla legge mosaica. L’elemosina, la preghiera e il digiuno caratterizzano l’ebreo osservante della legge. Nel corso del tempo, queste prescrizioni erano state intaccate dalla ruggine del formalismo esteriore, o addirittura si erano mutate in un segno di superiorità. Gesù mette in evidenza in queste tre opere di pietà una tentazione comune. Quando si compie qualcosa di buono, quasi istintivamente nasce il desiderio di essere stimati e ammirati per la buona azione, di avere cioè una soddisfazione. E questo, da una parte rinchiude in se stessi, dall’altra porta fuori da se stessi, perché si vive proiettati verso quello che gli altri pensano di noi e ammirano in noi. Nel riproporre queste prescrizioni, il Signore Gesù non chiede un rispetto formale ad una legge estranea all'uomo, imposta da un legislatore severo come fardello pesante, ma invita a riscoprire queste tre opere di pietà vivendole in modo più profondo, non per amore proprio, ma per amore di Dio, come mezzi nel cammino di conversione a Lui. Elemosina, preghiera e digiuno: è il tracciato della pedagogia divina che ci accompagna, non solo in Quaresima, verso l’incontro con il Signore Risorto; un tracciato da percorrere senza ostentazione, nella certezza che il Padre celeste sa leggere e vedere anche nel segreto del nostro cuore.

Cari fratelli e sorelle, iniziamo fiduciosi e gioiosi l’itinerario quaresimale. Quaranta giorni ci separano dalla Pasqua; questo tempo «forte» dell’anno liturgico è un tempo propizio che ci è donato per attendere, con maggiore impegno, alla nostra conversione, per intensificare l’ascolto della Parola di Dio, la preghiera e la penitenza, aprendo il cuore alla docile accoglienza della volontà divina, per una pratica più generosa della mortificazione, grazie alla quale andare più largamente in aiuto del prossimo bisognoso: un itinerario spirituale che ci prepara a rivivere il Mistero Pasquale.

Maria, nostra guida nel cammino quaresimale, ci conduca ad una conoscenza sempre più profonda di Cristo, morto e risorto, ci aiuti nel combattimento spirituale contro il peccato, ci sostenga nell’invocare con forza: «Converte nos, Deus salutaris noster» – «Convertici a Te, o Dio, nostra salvezza». Amen!

[© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana]



10/03/2011 16:06
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RINUNCE E NOMINE

NOMINA DEL DIRETTORE DEL FONDO ASSISTENZA SANITARIA

Il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato Direttore del Fondo Assistenza Sanitaria il Rag. Bruno Lilli, finora Capo Ufficio dell'Ufficio del medesimo Fondo.

11/03/2011 15:50
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LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:
Em.mo Card. Robert Sarah, Presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum".
S.E. Mons. Héctor Miguel Cabrejos Vidarte, O.F.M., Arcivescovo di Trujillo (Perù), Presidente della Conferenza Episcopale Peruviana.
Padre Bruno Cadoré, Maestro Generale dell'Ordine dei Frati Predicatori (Domenicani).

Il Papa riceve oggi in Udienza:
Professor Claudio Magris e Consorte.
Membri della "Pro Petri Sede" (Belgio).









RINUNCE E NOMINE

RINUNCIA DEL VESCOVO DI PENSACOLA-TALLAHASSEE (U.S.A.)

Il Santo Padre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Pensacola-Tallahassee (U.S.A.), presentata da S.E. Mons. John Huston Ricard, S.S.J., in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.











UDIENZA AI MEMBRI DELL’ASSOCIAZIONE "PRO PETRI SEDE"

Alle ore 12 di questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i Membri dell’Associazione "Pro Petri Sede".
Pubblichiamo di seguito le parole che il Papa pronuncia ai presenti:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Chers amis,

Je vous accueille avec joie ce matin alors que vous accomplissez le pèlerinage qui vous conduit au siège de Pierre pour fortifier votre vie chrétienne et renouveler votre engagement au service de tant de personnes auxquelles l’Association Pro Petri Sede vient en aide avec une grande générosité.

Avec toute l’Eglise, nous venons d’entrer dans le temps du Carême. Ce temps privilégie le pèlerinage intérieur vers Celui qui est « Lumière du monde ». Nous avons besoin, en effet, de nous laisser éclairer par le Christ pour qu’à notre tour, ressentant l’urgence de notre responsabilité envers les pauvres de notre temps, nous portions sur eux le regard qui redonne confiance et ouvre la perspective de l’éternité bienheureuse. Car chacun est appelé au salut apporté par la victoire du Christ sur tout mal qui opprime l’homme. Le temps du Carême est celui du jeûne, de la prière et du partage (cf. Mt 6, 1-18). En contribuant à lutter contre la pauvreté, le partage et l’aumône nous rapprochent des autres. Vous le savez, le don n’est rien sans l’amour qui l’anime et les liens fraternels qu’il tisse. En agissant ainsi avec charité, nous exprimons la vérité de notre être car il y a plus de joie à donner qu’à recevoir (cf. Ac 20, 35) et nous manifestons l’unité du double commandement de l’amour. En effet, en partageant avec notre prochain, nous expérimentons à travers la joie reçue, que la plénitude de la vie vient de l’amour de Dieu. Ainsi, l’aumône nous rapproche de Dieu et nous invite à la conversion.

La généreuse offrande que vous apportez aujourd’hui au successeur de Pierre, lui permet de venir en aide aux populations si durement éprouvées ces derniers temps, particulièrement celles d’Haïti. Le service de la charité appartient à la nature même de l’Eglise. Il est une expression vivante de la sollicitude de Dieu pour tous les hommes. En apportant l’aide matérielle indispensable, l’Eglise peut aussi apporter l’attention du cœur et l’amour dont les personnes éprouvées ont tant besoin. Je vous remercie donc chaleureusement en leur nom pour le soutien que vous leur manifestez dans la lutte contre ce qui avilit et dégrade la dignité de chaque personne « créée à l’image de Dieu ».

Chers amis, puissiez-vous être partout des témoins lumineux et efficaces de l’espérance que donne l’amour de Dieu ! En confiant chacun de vous et vos familles, ainsi que les membres de votre association à l’intercession de la Bienheureuse Vierge Marie, à saint Pierre et aux saints de vos Pays, je vous accorde de grand cœur la Bénédiction apostolique.





















INCONTRO CON I PARROCI E I SACERDOTI DELLA DIOCESI DI ROMA (10 MARZO 2011)

Alle ore 11 di ieri, nell’Aula della Benedizione del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato il Clero della diocesi di Roma per il tradizionale appuntamento di inizio Quaresima. L’incontro si è svolto sotto forma di Lectio divina.
Pubblichiamo di seguito le parole che il Papa ha rivolto ai presenti:


LECTIO DIVINA DEL SANTO PADRE

Eminenza,
Eccellenze e cari fratelli,

è per me una grande gioia essere ogni anno, all’inizio della Quaresima, con voi - il Clero di Roma - e cominciare con voi il cammino pasquale della Chiesa. Vorrei ringraziare Sua Eminenza per le belle parole che mi ha donato, ringraziare voi tutti per il lavoro che fate per questa Chiesa di Roma, che - secondo sant’Ignazio - presiede la carità, e dovrebbe essere sempre anche esemplare nella sua fede. Facciamo insieme tutto il possibile perché questa Chiesa di Roma risponda alla sua vocazione e perché noi, in questa "Vigna del Signore", siamo lavoratori fedeli.

Abbiamo ascoltato questo brano degli Atti degli Apostoli (20,17-38), nel quale san Paolo parla ai presbiteri di Efeso, raccontato volutamente da san Luca come testamento dell’Apostolo, come discorso destinato non solo ai presbiteri di Efeso, ma ai presbiteri di ogni tempo. San Paolo parla non solo con coloro che erano presenti in quel luogo, egli parla realmente con noi. Cerchiamo quindi di capire un po’ quanto dice a noi, in quest’ora.

Comincio: "Voi sapete come mi sono comportato con voi per tutto questo tempo" (v. 18) e su questo suo comportamento per tutto il tempo, san Paolo dice, alla fine, che "notte e giorno, io non ho cessato… di ammonire ciascuno di voi" (v. 31). Ciò vuol dire: in tutto questo tempo egli era annunciatore, messaggero, ambasciatore di Cristo per loro; era sacerdote per loro. In un certo senso, si potrebbe dire che era un prete lavoratore, perché - come dice anche in questo brano – egli ha lavorato con le sue mani come tessitore di tende per non pesare sui loro beni, per essere libero, per lasciarli liberi. Ma benché avesse lavorato con le sue mani, tuttavia in tutto questo tempo egli era sacerdote, per tutto il tempo egli ha ammonito. In altre parole, anche se non tutto il tempo era esteriormente a disposizione della predicazione, il suo cuore e la sua anima erano sempre presenti per loro; egli era penetrato dalla Parola di Dio, dalla sua missione. Questo mi sembra un punto molto importante: prete non lo si è a tempo solo parziale; lo si è sempre, con tutta l’anima, con tutto il nostro cuore. Questo essere con Cristo ed essere ambasciatore di Cristo, questo essere per gli altri, è una missione che penetra il nostro essere e deve sempre più penetrare nella totalità del nostro essere.

Poi san Paolo dice: "Ho servito il Signore con tutta umiltà" (v. 19). "Servito": una parola chiave di tutto il Vangelo. Cristo stesso dice: Non sono venuto per dominare, ma per servire (cfr Mt 20,28). E’ il Servitore di Dio, e Paolo e gli Apostoli continuano ad essere "servitori"; non padroni della fede, ma servitori della vostra gioia, dice san Paolo nella Seconda Lettera ai Corinzi (cfr 1,24). "Servire", questo deve essere anche per noi determinante: siamo servitori. E servire vuol dire non fare quanto io mi propongo, quanto sarebbe per me la cosa più simpatica; servire vuol dire lasciarmi imporre il peso del Signore, il giogo del Signore; servire vuol dire non andare secondo le mie preferenze, le mie priorità, ma lasciarmi realmente "prendere in servizio" per l’altro. Questo vuol dire che anche noi dobbiamo fare spesso cose che non appaiono immediatamente spirituali e che non rispondono sempre alle nostre scelte. Dobbiamo fare tutti, dal Papa fino all’ultimo vice parroco, lavori di amministrazione, lavori temporali; tuttavia lo facciamo come servizio, come parte di quanto il Signore ci impone nella Chiesa e facciamo quanto la Chiesa ci dice e quanto si aspetta da noi. E’ importante questo aspetto concreto del servizio, che non scegliamo noi cosa fare, ma siamo servitori di Cristo nella Chiesa e lavoriamo come la Chiesa ci dice, dove la Chiesa ci chiama, e cerchiamo di essere proprio così: servitori che non fanno la propria volontà, ma la volontà del Signore. Nella Chiesa siamo realmente ambasciatori di Cristo e servitori del Vangelo.

"Ho servito il Signore con tutta umiltà". Anche "umiltà" è una parola-chiave del Vangelo, di tutto il Nuovo Testamento. Umiltà, ci precede il Signore. Nella Lettera ai Filippesi, san Paolo ci ricorda che Cristo, il quale era sopra a noi tutti, era realmente divino nella gloria di Dio, si è umiliato, è sceso facendosi uomo, accettando tutta la fragilità dell’essere umano, andando fino all’obbedienza ultima della Croce (cfr 2,5-8). Umiltà non vuol dire una falsa modestia - siamo grati per i doni che il Signore ci ha dato -, ma indica che siamo consapevoli che tutto quanto possiamo fare è dono di Dio, è donato per il Regno di Dio. In questa umiltà, in questo non voler apparire, noi lavoriamo. Non chiediamo lode, non vogliamo "farci vedere", non è per noi criterio decisivo pensare a che cosa diranno di noi sui giornali o altrove, ma che cosa dice Dio. Questa è la vera umiltà: non apparire davanti agli uomini, ma stare sotto lo sguardo di Dio e lavorare con umiltà per Dio e così realmente servire anche l’umanità e gli uomini.

"Non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi" (v. 20). San Paolo ritorna, dopo alcune frasi, di nuovo su questo punto e dice: "Non mi sono sottratto al dovere di annunciarvi tutta la volontà di Dio" (v. 27). Questo è importante: l’Apostolo non predica un Cristianesimo "à la carte", secondo i propri gusti, non predica un Vangelo secondo le proprie idee teologiche preferite; non si sottrae all’impegno di annunciare tutta la volontà di Dio, anche la volontà scomoda, anche i temi che personalmente non piacciono tanto. E’ la nostra missione di annunciare tutta la volontà di Dio, nella sua totalità e ultima semplicità. Ma è importante il fatto che dobbiamo istruire e predicare - come dice qui san Paolo - e proporre realmente la volontà intera di Dio. E penso che il mondo di oggi sia curioso di conoscere tutto, tanto più dovremmo essere curiosi noi di conoscere la volontà di Dio: che cosa potrebbe essere più interessante, più importante, più essenziale per noi che conoscere cosa vuole Dio, conoscere la volontà di Dio, il volto di Dio? Questa curiosità interiore dovrebbe essere anche la nostra curiosità di conoscere meglio, in modo più completo, la volontà di Dio. Dobbiamo rispondere e svegliare questa curiosità negli altri: di conoscere veramente tutta la volontà di Dio e di conoscere così come possiamo e come dobbiamo vivere, qual è la strada della nostra vita. Quindi dovremmo far conoscere e capire - per quanto possiamo - il contenuto del Credo della Chiesa, dalla creazione fino al ritorno del Signore, al mondo nuovo. La dottrina, la liturgia, la morale, la preghiera - le quattro parti del Catechismo della Chiesa Cattolica - indicano questa totalità della volontà di Dio. E anche è importante non perderci nei dettagli, non creare l’idea che il Cristianesimo sia un pacchetto immenso di cose da imparare. Ultimamente è semplice: Dio si è mostrato in Cristo. Ma entrare in questa semplicità - io credo in Dio che si mostra in Cristo e voglio vedere e realizzare la sua volontà – ha contenuti, e, a seconda delle situazioni, entriamo poi in dettaglio o meno, ma è essenziale che si faccia capire da una parte la semplicità ultima della fede. Credere in Dio come si è mostrato in Cristo, è anche la ricchezza interiore di questa fede, le risposte che dà alle nostre domande, anche le risposte che in un primo momento non ci piacciono e che sono tuttavia la strada della vita, la vera strada; in quanto entriamo in queste cose anche non così piacevoli per noi, possiamo capire, cominciamo a capire che è realmente la verità. E la verità è bella. La volontà di Dio è buona, è la bontà stessa.

Poi l’Apostolo dice: "Ho predicato in pubblico e nelle case, testimoniando a giudei e greci la conversione a Dio e la fede nel Signore Nostro Gesù" (v. 20-21). Qui c’è un riassunto dell’essenziale: conversione a Dio, fede in Gesù. Ma rimaniamo un attimo nella parola "conversione", che è la parola centrale o una delle parole centrali del Nuovo Testamento. Qui è interessante - per conoscere le dimensioni di questa parola - essere attenti alle diverse parole bibliche: in ebraico "šub" vuol dire "invertire la rotta", cominciare con una nuova direzione della vita; in greco "metanoia", "cambiamento del pensiero"; in latino "poenitentia", "azione mia per lasciarmi trasformare"; in italiano "conversione", che coincide piuttosto con la parola ebraica di "nuova direzione della vita". Forse possiamo vedere in modo particolare il perché della parola del Nuovo Testamento, la parola greca "metanoia", "cambiamento del pensiero". In un primo momento il pensiero appare tipicamente greco, ma andando in profondità vediamo che esprime realmente l’essenziale di ciò che anche le altre lingue dicono: cambiamento del pensiero, cioè reale cambiamento della nostra visione della realtà. Siccome siamo nati nel peccato originale, per noi "realtà" sono le cose che possiamo toccare, sono i soldi, sono la mia posizione, sono le cose di ogni giorno che vediamo nel telegiornale: questa è la realtà. E le cose spirituali appaiono un po’ "dietro" la realtà: "Metanoia", cambiamento del pensiero, vuol dire invertire questa impressione. Non le cose materiali, non i soldi, non l’edificio, non quanto posso avere è l’essenziale, è la realtà. La realtà delle realtà è Dio. Questa realtà invisibile, apparentemente lontana da noi, è la realtà. Imparare questo, e così invertire il nostro pensiero, giudicare veramente come il reale che deve orientare tutto è Dio, sono le parole, la parola di Dio. Questo è il criterio, Dio, il criterio di tutto quanto faccio. Questo realmente è conversione, se il mio concetto di realtà è cambiato, se il mio pensiero è cambiato. E questo deve poi penetrare tutte le singole cose della mia vita: nel giudizio di ogni singola cosa prendere come criterio che cosa dice Dio su questo. Questa è la cosa essenziale, non quanto ricavo adesso per me, non il vantaggio o lo svantaggio che avrò, ma la vera realtà, orientarci a questa realtà. Dobbiamo proprio - mi sembra - nella Quaresima, che è cammino di conversione, esercitare ogni anno di nuovo questa inversione del concetto di realtà, cioè che Dio è la realtà, Cristo è la realtà e il criterio del mio agire e del mio pensare; esercitare questo nuovo orientamento della nostra vita. E così anche la parola latina "poenitentia", che ci appare un po’ troppo esteriore e forse attivistica, diventa reale: esercitare questo vuole dire esercitare il dominio di me stesso, lasciarmi trasformare, con tutta la mia vita, dalla Parola di Dio, dal pensiero nuovo che viene dal Signore e mi mostra la vera realtà. Così non si tratta solo di pensiero, di intelletto, ma si tratta della totalità del mio essere, della mia visione della realtà. Questo cambiamento del pensiero, che è conversione, tocca il mio cuore e unisce intelletto e cuore, e mette fine a questa separazione tra intelletto e cuore, integra la mia personalità nel cuore che è aperto da Dio e che si apre a Dio. E così trovo la strada, il pensiero diventa fede, cioè un aver fiducia nel Signore, un affidarmi al Signore, vivere con Lui e intraprendere la sua strada in una vera sequela di Cristo.

Poi san Paolo continua: "Costretto dallo Spirito, io vado a Gerusalemme, senza sapere ciò che là mi accadrà. So soltanto che lo Spirito Santo, di città in città, mi attesta che mi attendono catene e tribolazione. Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di dare testimonianza al Vangelo della grazia di Dio" (vv. 22-24). San Paolo sa che probabilmente questo viaggio a Gerusalemme gli costerà la vita: sarà un viaggio verso il martirio. Qui dobbiamo tenere presente il perché del suo viaggio. Va a Gerusalemme per consegnare a quella comunità, alla Chiesa di Gerusalemme, la somma per i poveri raccolta nel mondo dei Gentili. E’ quindi un viaggio di carità, ma di più: questa è un’espressione del riconoscimento dell’unità della Chiesa tra ebrei e gentili, è un riconoscimento formale del primato di Gerusalemme in quel tempo, del primato dei primi Apostoli, un riconoscimento dell’unità e dell’universalità della Chiesa. In questo senso, il viaggio ha un significato ecclesiologico e anche cristologico, perché ha così tanto valore per lui questo riconoscimento, questa espressione visibile dell’unicità e dell’universalità della Chiesa, che mette in conto anche il martirio. L’unità della Chiesa vale il martirio. Così egli dice: "Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio" (v. 24). Il puro sopravvivere biologico - dice san Paolo - non è il primo valore per me; il primo valore per me è realizzare il mio servizio; il primo valore per me è l’essere con Cristo; il vivere con Cristo è la vera vita. Anche se egli perde questa vita biologica, non perde la vera vita. Invece se perdesse la comunione con Cristo per conservare la vita biologica, avrebbe perso proprio la vita stessa, l’essenziale del suo essere. Anche questo mi sembra importante: avere le giuste priorità. Certamente dobbiamo essere attenti alla nostra salute, a lavorare con ragionevolezza, ma anche sapere che il valore ultimo è stare in comunione con Cristo; vivere il nostro servizio e perfezionarlo conduce a termine la corsa. Forse possiamo rimanere ancora un attimo su questa espressione "purché conduca a termine la mia corsa". Fino alla fine l’Apostolo vuol essere servitore di Gesù, ambasciatore di Gesù per il Vangelo di Dio. Questo è importante, che anche nella vecchiaia, anche se procedono gli anni, non perdiamo lo zelo, la gioia di essere chiamati dal Signore. E’ facile direi, in un certo senso, all’inizio del cammino sacerdotale essere pieni di zelo, di speranza, di coraggio, di attività, ma può seguire facilmente, se vediamo come le cose vanno, come il mondo rimane sempre lo stesso, come il servizio diventa pesante, perdere un po’ questo entusiasmo. Ritorniamo sempre alla Parola di Dio, alla preghiera, alla comunione con Cristo nel Sacramento - questa intimità con Cristo - e lasciamoci rinnovare la nostra gioventù spirituale, rinnovare lo zelo, la gioia di poter andare con Cristo fino alla fine, di "condurre a termine la corsa", sempre nell’entusiasmo di essere chiamati da Cristo per questo grande servizio, per il Vangelo della Grazia di Dio. E questo è importante. Abbiamo parlato di umiltà, di questa volontà di Dio, che può essere dura. Alla fine, il titolo di tutto il Vangelo della Grazia di Dio è "Vangelo", è "Buona Notizia" che Dio ci conosce, che Dio mi ama, e che il Vangelo, la volontà ultima di Dio è Grazia. Ricordiamoci che la corsa del Vangelo comincia a Nazareth, nella stanza di Maria, con la parola "Ave Maria", ma in greco è "Chaire kecharitomene": "Gioisci perché stai nella Grazia!". E questa parola rimane il filo conduttore: il Vangelo è invito alla gioia perché siamo nella Grazia, e l’ultima parola di Dio è la Grazia.

Poi viene il brano sul martirio imminente. Qui c’è una frase molto importante, che vorrei un po’ meditare con voi: "Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio" (v. 28). Comincio con la parola "vegliate". Qualche giorno fa, ho tenuto la catechesi su san Pietro Canisio, apostolo della Germania al tempo della Riforma, e mi è rimasta in mente una parola di questo Santo, una parola che era per lui un grido d’angoscia nel suo momento storico. Egli dice: "Vedete, Pietro dorme, Giuda è sveglio". Questa è una cosa che ci fa pensare: la sonnolenza dei buoni. Papa Pio XI ha detto: "il problema grande del nostro tempo non sono le forze negative, è la sonnolenza dei buoni". "Vegliate": meditiamo questa cosa, e pensiamo che il Signore nell’Orto degli Ulivi per due volte ha detto ai suoi apostoli: "Vegliate!", ed essi dormono. "Vegliate", dice a noi; cerchiamo di non dormire in questo tempo, ma di essere realmente pronti per la volontà di Dio e per la presenza della sua Parola, del suo Regno.

"Vegliate su voi stessi" (v. 28): anche questa è una parola ai presbiteri di tutti i tempi. Esiste un attivismo bene intenzionato, ma nel quale uno dimentica la propria anima, la propria vita spirituale, il proprio essere con Cristo. San Carlo Borromeo, nella lettura del Breviario della sua memoria liturgica, ci dice, ogni anno di nuovo: non puoi essere un buon servitore per gli altri se trascuri la tua anima. "Vegliate su voi stessi": siamo attenti anche alla nostra vita spirituale, al nostro essere con Cristo. Come ho detto tante volte: pregare e meditare la Parola di Dio non è tempo perso per la cura delle anime, ma è condizione perché possiamo essere realmente in contatto con il Signore e così parlare di prima mano del Signore agli altri. "Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio" (v. 28). Qui due parole sono importanti. In primo luogo: "lo Spirito Santo vi ha costituiti"; cioè, il sacerdozio non è una realtà in cui uno trova un’occupazione, una professione utile, bella, che gli piace e che si sceglie. No! Siamo costituiti dallo Spirito Santo. Solo Dio può farci sacerdoti, solo Dio può scegliere i suoi sacerdoti e, se siamo scelti, siamo scelti da Lui. Qui appare chiaramente il carattere sacramentale del presbiterato e del sacerdozio, che non è una professione che deve essere svolta perché qualcuno deve amministrare le cose, deve anche predicare. Non è una cosa che facciamo noi, semplicemente. E’ un’elezione dello Spirito Santo e in questa volontà dello Spirito Santo, volontà di Dio, viviamo e cerchiamo sempre più di lasciarci prendere nelle mani dallo Spirito Santo, dal Signore stesso. In secondo luogo: "costituiti come custodi, per essere pastori". La parola che qui, nella traduzione italiana, suona "custodi" è in greco "episkopos". San Paolo parla ai presbiteri, ma qui li chiama "episkopoi". Possiamo dire che, nell’evoluzione della realtà della Chiesa, i due ministeri non erano ancora chiaramente divisi e distinti, sono ancora evidentemente l’unico sacerdozio di Cristo ed essi, i presbiteri, sono anche "episkopoi". La parola "presbitero" viene soprattutto dalla tradizione ebraica, dove vigeva il sistema degli "anziani", dei "presbiteri", mentre la parola "episkopos" è stata creata – o trovata – nell’ambito della Chiesa dai pagani, e viene dal linguaggio dell’amministrazione romana. "Episkopoi" sono quelli che sorvegliano, che hanno una responsabilità amministrativa nel sorvegliare l’andamento delle cose. I cristiani hanno scelto questa parola nell’ambito pagano-cristiano per esprimere l’ufficio del presbitero, del sacerdote, ma naturalmente ciò ha cambiato subito il significato della parola. La parola "episkopoi" è stata subito identificata con la parola "pastori". Cioè, sorvegliare è "pascolare", fare il lavoro del pastore: in realtà ciò è diventato subito "poimainein", "pascolare" la Chiesa di Dio; è pensato nel senso di questa responsabilità per gli altri, di questo amore per il gregge di Dio. E non dimentichiamo che, nell’antico Oriente, "pastore" era il titolo dei re: essi sono i pastori del gregge, che è il popolo. In seguito, il re-Cristo trasforma interiormente – essendo il vero re – questo concetto. E’ il Pastore che si fa agnello, il pastore che si fa uccidere per gli altri, per difenderli contro il lupo; il pastore il cui primo significato è amare questo gregge e così dare vita, nutrire, proteggere. Forse questi sono i due concetti centrali per questo ufficio del "pastore": nutrire facendo conoscere la Parola di Dio, non solo con le parole, ma testimoniandola per volontà di Dio; e proteggere con la preghiera, con tutto l’impegno della propria vita. Pastori, l’altro significato che hanno percepito i Padri nella parola cristiana "episkopoi" è: uno che sorveglia non come un burocrate, ma come uno che vede dal punto di vista di Dio, cammina verso l’altezza di Dio e nella luce di Dio vede questa piccola comunità della Chiesa. Questo è importante anche per un pastore della Chiesa, per un sacerdote, un "episkopos": che veda dal punto di vista di Dio, cerchi di vedere dall’alto, nel criterio di Dio e non secondo le proprie preferenze, ma come giudica Dio. Vedere da questa altezza di Dio e così amare con Dio e per Dio.

"Essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio" (v. 28). Qui troviamo una parola centrale sulla Chiesa. La Chiesa non è un’organizzazione che man mano si è formata; la Chiesa è nata nella Croce. Il Figlio ha acquistato la Chiesa nella Croce e non solo la Chiesa di quel momento, ma la Chiesa di tutti i tempi. Ha acquistato con il suo sangue questa porzione del popolo, del mondo, per Dio. E questo mi sembra che debba farci pensare. Cristo, Dio ha creato la Chiesa, la nuova Eva, con il suo sangue. Così ci ama e ci ha amati, e questo è vero in ogni momento. E questo ci deve anche far capire come la Chiesa è un dono; essere felici che siamo chiamati ad essere Chiesa di Dio; avere gioia di appartenere alla Chiesa. Certo, ci sono anche sempre aspetti negativi, difficili, ma in fondo deve rimanere questo: è un dono bellissimo che posso vivere nella Chiesa di Dio, nella Chiesa che il Signore si è acquistata con il suo sangue. Essere chiamati a conoscere realmente il volto di Dio, conoscere la sua volontà, conoscere la sua Grazia, conoscere questo amore supremo, questa Grazia che ci guida e ci tiene per mano. Felicità di essere Chiesa, gioia di essere Chiesa. Mi sembra che dobbiamo re-imparare questo. La paura del trionfalismo ci ha fatto forse un po’ dimenticare che è bello essere nella Chiesa, e che questo non è trionfalismo, ma è umiltà, essere grati per il dono del Signore.

Segue subito che questa Chiesa è sempre anche non solo dono di Dio e divina, ma anche molto umana: "Verranno lupi rapaci" (v. 29). La Chiesa è sempre minacciata, c’è sempre il pericolo, l’opposizione del diavolo che non accetta che nell’umanità sia presente questo nuovo Popolo di Dio, che vi sia la presenza di Dio in una comunità vivente. Non deve quindi meravigliarci che ci sia sempre difficoltà, che ci sia sempre erba cattiva nel campo della Chiesa. E’ stato sempre così e sarà sempre così. Ma dobbiamo essere consapevoli, con gioia, che la verità è più forte della menzogna, l’amore è più forte dell’odio, Dio è più forte di tutte le forze avverse a Lui. E con questa gioia, con questa certezza interiore prendiamo la nostra strada inter consolationes Dei et persecutiones mundi, dice il Concilio Vaticano II (cfr Cost. dogm. Lumen gentium, 8): tra le consolazioni di Dio e le persecuzioni del mondo.

Ed ora il penultimo capoverso. A questo punto non vorrei più entrare nei dettagli: alla fine appare un elemento importante della Chiesa, dell’essere cristiani. "In tutte le maniere vi ho mostrato che i deboli si devono soccorrere lavorando così, ricordando le parole del Signore Gesù, che disse: ‘Si è più beati nel dare che nel ricevere’" (cfr v. 35). L’opzione preferenziale per i poveri, l’amore per i deboli è fondamentale per la Chiesa, è fondamentale per il servizio di ciascuno di noi: essere attenti con grande amore per i deboli, anche se forse non sono simpatici, sono difficili. Ma essi aspettano la nostra carità, il nostro amore, e Dio aspetta questo nostro amore. In comunione con Cristo siamo chiamati a soccorrere con il nostro amore, con i nostri fatti, quelli che sono i deboli.

Infine, l’ultimo capoverso: "Dopo aver detto questo, si inginocchiò con tutti loro e pregò" (v. 36). Alla fine, il discorso diventa preghiera e Paolo si inginocchiò. San Luca ci ricorda che anche il Signore nell’Orto degli Ulivi pregava in ginocchio, e ci dice che anche santo Stefano, nel momento del martirio, si è inginocchiato per pregare. Pregare in ginocchio vuol dire adorare la grandezza di Dio nella nostra debolezza, grati che il Signore ci ami proprio nella nostra debolezza. Dietro ciò appare la parola di san Paolo nella Lettera ai Filippesi, che è la trasformazione cristologica di una parola del profeta Isaia, il quale dice, nel capitolo 45, che tutto il mondo, il cielo, la terra e quanto è sotto terra, si inginocchierà davanti al Dio di Israele (cfr Is 45,23). E san Paolo concretizza: Cristo è sceso dal cielo alla croce, l’obbedienza ultima. E in questo momento si realizza questa parola del Profeta: davanti al Cristo crocifisso l’intero cosmo, i cieli, la terra e quanto è sotto terra, si inginocchia (cfr Fil 2,10-11). Egli è realmente l’espressione della vera grandezza di Dio. L’umiltà di Dio, l’amore fino alla croce, ci dimostra chi è Dio. Davanti a Lui noi siamo in ginocchio, adorando. Essere inginocchiati non è più espressione di servitù, ma proprio della libertà che ci dà l’amore di Dio, la gioia di essere redenti, di porsi insieme, con il cielo e la terra, con tutto il cosmo, ad adorare Cristo, essere uniti a Cristo e così essere redenti.

Il discorso di san Paolo finisce nella preghiera. Anche i nostri discorsi devono finire nella preghiera. Preghiamo il Signore perché ci aiuti ad essere sempre più penetrati dalla Sua Parola, sempre più testimoni e non solo maestri, essere sempre più sacerdoti, pastori, "episkopoi", cioè quelli che vedono con Dio e fanno il servizio del Vangelo di Dio, il servizio del Vangelo della Grazia.

12/03/2011 01:07
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Discorso del Papa ai membri dell’Associazione "Pro Petri Sede"
In Quaresima volgiamo il nostro sguardo sui poveri



CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 11 marzo 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo venerdì da Benedetto XVI nel ricevere in Vaticano i membri dell’Associazione "Pro Petri Sede".

* * *

Cari amici,

Vi accolgo con gioia questa mattina in occasione del pellegrinaggio che vi conduce alla sede di Pietro per rafforzare la vostra vita cristiana e per rinnovare il vostro impegno al servizio delle tante persone che l’Associazione Pro Petri Sede soccorre con grande generosità.

Con tutta la Chiesa, siamo appena entrati nel tempo di Quaresima. Questo tempo privilegia il pellegrinaggio interiore verso Colui che è «Luce del mondo». In effetti, noi abbiamo bisogno di lasciarci illuminare da Cristo affinché, a nostra volta, sentendo l’urgenza della nostra responsabilità verso i poveri del tempo presente, volgiamo su di loro il nostro sguardo che ridà fiducia e schiude la prospettiva dell’eternità beata. Di fatto ognuno è chiamato alla salvezza offerta dalla vittoria di Cristo su ogni male che opprime l’uomo. Il tempo della Quaresima è il tempo del digiuno, della preghiera e della condivisione (cfr. Mt 6, 1-18). Contribuendo a lottare contro la povertà, la condivisione e l’elemosina ci avvicinano agli altri. Come sapete, il dono non è nulla senza l’amore che l’anima e i vincoli fraterni che intesse. Agendo così con carità, esprimiamo la verità del nostro essere poiché c’è più gioia nel dare che nel ricevere (cfr. At 20, 35), e manifestiamo l’unità del duplice comandamento dell’amore. In effetti, condividendo con il nostro prossimo, sperimentiamo, attraverso la gioia ricevuta, che la pienezza della vita viene dall’amore di Dio. Così l’elemosina ci avvicina a Dio e ci invita alla conversione.

La generosa offerta che voi oggi portate al Successore di Pietro gli consente di andare in aiuto delle popolazioni così tanto duramente provate in questi ultimi tempi, in particolare quelle di Haiti. Il servizio della carità appartiene alla natura stessa della Chiesa. È un’espressione viva della sollecitudine di Dio per tutti gli uomini. Apportando l’aiuto materiale indispensabile, la Chiesa può anche offrire l’attenzione del cuore e l’amore di cui le persone provate hanno tanto bisogno. Vi ringrazio dunque calorosamente a nome loro per il sostegno che offrite nella lotta contro ciò che svilisce e degrada la dignità di ogni persona «creata a immagine di Dio».

Cari amici, possiate essere ovunque testimoni luminosi ed efficaci della speranza che l’amore di Dio infonde! Affidando ognuno di voi e le vostre famiglie, come pure i membri della vostra Associazione, all’intercessione della Beata Vergine Maria, a san Pietro e ai santi dei vostri Paesi, vi imparto di tutto cuore la Benedizione Apostolica.



[L'OSSERVATORE ROMANO - Edizione quotidiana – 12 marzo 2011]

12/03/2011 16:10
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LE UDIENZE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina in Udienza:

Em.mo Card. Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi.

Membri dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (A.N.C.I.).










RINUNCE E NOMINE




RINUNCIA E SUCCESSIONE DEL VESCOVO DI VIGEVANO (ITALIA)

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Vigevano (Italia), presentata da S.E. Mons. Claudio Baggini in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Gli succede S.E. Mons. Vincenzo Di Mauro, finora Arcivescovo-Vescovo Coadiutore della medesima diocesi.

S.E. Mons. Vincenzo Di Mauro
S.E. Mons. Vincenzo Di Mauro è nato a Monza (arcidiocesi e provincia di Milano), il 1° dicembre 1951.
Ha compiuto gli studi nei seminari milanesi di Masnago, di Seveso, del Duomo, di Saronno e di Venegono.
È stato ordinato sacerdote il 12 giugno 1976.
Ha conseguito la laurea in Lettere moderne e giornalismo presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore.
Dopo aver esercitato il ministero sacerdotale nella sua arcidiocesi per alcuni anni come Vicario Parrocchiale, Rettore del Santuario di Sant'Antonio Abate in Milano, Assistente dell'Arcivescovo per la Cattedra per i non Credenti, Assistente dell'Azione Cattolica ragazzi e Assistente dei Maestri Cattolici, nel 1994 è stato assunto presso il Pontificio Consiglio per i Laici con l'incarico di seguire la Sezione Movimenti e Associazioni.
Nel 1998 è rientrato nell’arcidiocesi di Milano ed è stato nominato Parroco di Santa Maria di Caravaggio in Milano. Nel 2004 è tornato a Roma ed è stato nominato Delegato della Sezione Ordinaria dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica.
Il 3 settembre 2007 è stato eletto Vescovo titolare di Arpi e nominato Segretario della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede. Ha ricevuto l'Ordinazione episcopale il 29 settembre 2007.
Dal 22 novembre 2010 è Vescovo Coadiutore di Vigevano, con il titolo ad personam di Arcivescovo.



RINUNCIA DEL VESCOVO DI MBINGA (TANZANIA) E NOMINA DEL SUCCESSORE

Il Santo Padre Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Mbinga (Tanzania), presentata da S.E. Mons. Emmanuel A. Mapunda, in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Mbinga (Tanzania), il Rev.do John Chrisostom Ndimbo, Segretario Esecutivo del Dipartimento di Educazione presso la Conferenza Episcopale della Tanzania.

Rev.do John Chrisostom Ndimbo
Il Rev. do John Chrisostom Ndimbo, è nato nel villaggio di Kipololo, nella parrocchia di Lundumato, Diocesi di Mbinga, il 12 ottobre 1960. Nel 1966 è entrato nella scuola primaria della parrocchia e, dal 1970, ha proseguito gli studi nel Seminario Minore di Hanga. Dal 1974 al 1977 ha frequentato le prime classi secondarie nel Seminario Minore di Likonde, e terminato la preparazione superiore nel Seminario Nyegezi, a Mwanza. Dopo l’anno di servizio militare, nel 1982, è entrato nel Seminario Maggiore di Peramiho, dove ha studiato la Filosofia e la Teologia (1983 – 1989). È stato ordinato sacerdote il 21 giugno 1989 ed incardinato nell’Arcidiocesi di Mbinga.
Dopo l’ordinazione ha ricoperto i seguenti uffici: Insegnante al Seminario Minore di Likonde (1989-1990), Rettore e insegnante del Seminario Minore di Likonde, nonché Segretario per l’Educazione nella Diocesi e Direttore del direttivo della St. Louis Girls’ Secondary (1995-2010). Dal 1991 al 1994 è stato inviato nelle Filippine per studi in materie scientifiche e ha conseguito il B.A., presso la De La Sale’s University di Manila e il Master’s Degree in Education Management presso la stessa Università. Nel mese di ottobre 2010 è stato nominato Executive Secretary of Education Department in seno alla Conferenza Episcopale della Tanzania.



NOMINA DELL’ARCIVESCOVO DI HYDERABAD (INDIA)

Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo dell’Arcidiocesi di Hyderabad (India), S.E. Mons. Thumma Bala, finora Vescovo di Warangal (India).



NOMINA DELL’ARCIVESCOVO COADIUTORE DI CALCUTTA (INDIA)

Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo Coadiutore dell’Arcidiocesi di Calcutta (India), S.E. Mons. Thomas D’Souza, finora Vescovo di Bagdogra.



EREZIONE DELLA DIOCESI DI KONDOA (TANZANIA) E NOMINA DEL PRIMO VESCOVO

Il Santo Padre ha eretto la Diocesi di Kondoa (Tanzania), con territorio dismembrato dalla Diocesi di Dodoma, rendendola suffraganea della Sede Metropolitana di Dar-es-Salaam.

Il Papa ha nominato primo Vescovo di Kondoa, il Rev. Rev.do Bernardine Mfumbusa, del clero di Dodoma, Vice-Cancelliere degli Affari di Studi Accademici presso l’Università di S. Agostino a Mwanza.

Rev. Rev.do Bernardine Mfumbusa
Il Rev. do Bernardine Mfumbusa, è nato ad Arusha il 1° aprile 1962. Dopo le scuole primarie a Mpalangwi, Kondoa, frequentate dal 1971 al 1978, è entrato nel Seminario Minore St. Peter’s di Morogoro, dal 1979 al 1984. Successivamente ha completato gli studi in Filosofia presso il Seminario Maggiore di Kibosho, Moshi dal 1985 al 1986. È stato inviato a studiare la Teologia a Dar-es-Salaam, presso il Seminario Maggiore di Segerea, dove è rimasto dal 1987 al 1992, conseguendo il Baccellierato dalla Pontificia Università Urbaniana. È stato ordinato sacerdote il 14 giugno 1992, nella Chiesa Parrocchiale di Kondoa, ed incardinato nella Diocesi di Dodoma.
Dopo l’Ordinazione ha ricoperto i seguenti uffici: 1992-1993: Vicario parrocchiale alla Parrocchia di Ovada, Dodoma; 1993-1995: Direttore Diocesano dell’Apostolato dei Laici e Vicario parrocchiale alla Cattedrale St. Paul’s, di Dodoma, nonché insegnante presso il Bihawana Junior Seminary, a Dodoma; 1995-1999: Corsi in Giornalismo presso il Nyegezi Social Training Institute, a Mwanza, ottendo il Diploma, e breve periodo come Tutorial Assistant presso la St. Augustine University of Tanzania (SAUT), a Mwanza; 2000-2004: Studi per il Dottorato in Comunicazioni Sociali, conseguito presso la Pontificia Università Gregoriana; 2004-2007: Lecturer of Media Ethics e capo del Dipartimento di Giornalismo presso la SAUT, a Mwanza;
Dal 2007: Deputy Vice Chancellor for Academic Affairs della SAUT.

Dati statistici
La nuova Diocesi di Kondoa (nom. lat. Kondoaën /sis/, è composta da due decanati (Kondoa e Usandawe) nel distretto civile di Kondoa, situato a nord dell’attuale Diocesi di Dodoma, confinante con le Circoscrizioni ecclesiastiche di Singida a ovest e sud-ovest, di Mbulu a nord e nord-ovest, e di Arusha ad est e nord est. È suffraganea dell’Arcidiocesi di Dar-es-Salaam.

Dati statistici della nuova Diocesi e della Diocesi-Madre prima e dopo la divisione:


Dodoma

Prima divisione


Kondoa


Dodoma

Dopo

Divisione



Superficie


41.311 kmq


13.210 kmq


28.101 kmq



Popolazione


2.198.150


541.345


1.657.345



Cattolici


340.334


46.067


294.267



Parrocchie


39


9


30



Sac. Diocesani


70


15


55



Sac. Rel.


34


2


32



Fratelli Religiosi


36


-


36



Religiose


501


87


414



Seminaristi


15


4


11




La Cattedrale della nuova Diocesi è in costruzione.




















UDIENZA AI MEMBRI DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE COMUNI ITALIANI (A.N.C.I.)

Alle ore 11.30 di oggi, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i Membri dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (A.N.C.I.), e rivolge loro il discorso che riportiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Illustri Signori Sindaci!

Rivolgo il mio cordiale saluto a voi tutti e sono grato per la vostra presenza, che rientra in una tradizione consolidata nel tempo, come testimoniano le udienze concesse dal Venerabile Giovanni Paolo II e dai precedenti Pontefici e come ha ricordato il Presidente dell’Associazione, che ringrazio per le belle parole piene di realismo, ma anche di poesia e bellezza, con cui ha introdotto il nostro incontro. Questo fatto attesta il particolare legame che esiste tra il Papa, Vescovo di Roma e Primate d’Italia, e la Nazione italiana, la quale ha proprio nella variegata molteplicità di città e paesi una delle sue caratteristiche.

La prima idea che viene alla mente incontrando i Rappresentanti dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani, è quella dell’origine dei comuni, espressioni di una comunità che si incontra, dialoga, fa festa e progetta insieme, una comunità di credenti che celebra la Liturgia della domenica, e poi si ritrova nelle piazze delle antiche città o, nelle campagne, davanti alla chiesetta del villaggio. Anche un poeta italiano, Carducci, in un’ode sulla gente della Carnia, richiama: "del comun la rustica virtù / Accampata all’opaca ampia frescura / Veggo, ne la stagion de la pastura / Dopo la messa il giorno de la festa…". E’ sempre vivo anche oggi il bisogno di dimorare in una comunità fraterna dove, ad esempio, parrocchia e comune siano ad un tempo artefici di un modus vivendi giusto e solidale, pur in mezzo a tutte le tensioni e sofferenze della vita moderna. La molteplicità dei soggetti, delle situazioni, non è in contraddizione con l’unità della Nazione, che è richiamata dal 150° anniversario che si sta celebrando. Unità e pluralità sono, a diversi livelli, compreso quello ecclesiologico, due valori che si arricchiscono mutuamente, se vengono tenuti nel giusto e reciproco equilibrio. Due principi che consentono questa armonica compresenza tra unità e pluralità sono quelli di sussidiarietà e di solidarietà, tipici dell’insegnamento sociale della Chiesa. Tale dottrina sociale ha come oggetto verità che non appartengono solo al patrimonio del credente, ma sono razionalmente accessibili da ogni persona. Su questi principi mi sono soffermato anche nell’Enciclica Caritas in veritate, dove il principio di sussidiarietà è considerato "espressione dell’inalienabile libertà umana". Infatti, "la sussidiarietà è prima di tutto un aiuto alla persona, attraverso l’autonomia dei corpi intermedi. Tale aiuto viene offerto quando la persona e i soggetti sociali non riescono a fare da sé e implica sempre finalità emancipatrici, perché favorisce la libertà e la partecipazione in quanto assunzione di responsabilità" (n. 57). Come tale, "si tratta quindi di un principio particolarmente adatto a governare la globalizzazione e a orientarla verso un vero sviluppo umano" (ibid.). "Il principio di sussidiarietà va mantenuto strettamente connesso con il principio di solidarietà e viceversa, perché se la sussidiarietà senza la solidarietà scade nel particolarismo sociale, è altrettanto vero che la solidarietà senza la sussidiarietà scade nell’assistenzialismo che umilia il portatore di bisogno" (n. 58). Questi principi vanno applicati anche a livello comunale, in un duplice senso: nel rapporto con le istanze pubbliche statali, regionali e provinciali, così come in quello che le autorità comunali hanno con i corpi sociali e le formazioni intermedie presenti nel territorio. Queste ultime svolgono attività di rilevante utilità sociale, essendo fautrici di umanizzazione e di socializzazione, particolarmente dedite alle fasce emarginate e bisognose. Tra esse rientrano anche numerose realtà ecclesiali, quali le parrocchie, gli oratori, le case religiose, gli istituti cattolici di educazione e di assistenza. Auspico che tale preziosa attività trovi sempre un adeguato apprezzamento e sostegno, anche in termini finanziari.

A questo proposito, desidero ribadire che la Chiesa non domanda privilegi, ma di poter svolgere liberamente la sua missione, come richiede un effettivo rispetto della libertà religiosa. Essa consente in Italia la collaborazione che esiste fra la comunità civile e quella ecclesiale. Purtroppo, in altri Paesi le minoranze cristiane sono spesso vittime di discriminazioni e di persecuzioni. Desidero esprimere il mio apprezzamento per la mozione del 3 febbraio 2011, approvata all’unanimità dal vostro Consiglio Nazionale, con l’invito a sensibilizzare i Comuni aderenti all’Associazione nei confronti di tali fenomeni e riaffermando, allo stesso tempo, "il carattere innegabile della libertà religiosa quale fondamento della libera e pacifica convivenza tra i popoli".

Inoltre, vorrei sottolineare l’importanza del tema della "cittadinanza", che avete posto al centro dei vostri lavori. Su questo tema la Chiesa in Italia sta sviluppando una ricca riflessione, soprattutto a partire dal Convegno Ecclesiale di Verona, in quanto la cittadinanza costituisce uno degli ambiti fondamentali della vita e della convivenza delle persone. Anche il prossimo Congresso Eucaristico Nazionale di Ancona dedicherà una giornata a tale rilevante tematica, giornata alla quale sono stati opportunamente invitati, come ci è stato detto, i Sindaci italiani.

Oggi la cittadinanza si colloca, appunto, nel contesto della globalizzazione, che si caratterizza, tra l’altro, per i grandi flussi migratori. Di fronte a questa realtà, come ho ricordato sopra, bisogna saper coniugare solidarietà e rispetto delle leggi, affinché non venga stravolta la convivenza sociale e si tenga conto dei principi di diritto e della tradizione culturale e anche religiosa da cui trae origine la Nazione italiana. Questa esigenza è avvertita in modo particolare da voi che, come amministratori locali, siete più vicini alla vita quotidiana della gente. Da voi si richiede sempre una speciale dedizione nel servizio pubblico che rendete ai cittadini, per essere promotori di collaborazione, di solidarietà e di umanità. La storia ci ha lasciato l’esempio di Sindaci che con il loro prestigio e il loro impegno hanno segnato la vita delle comunità: giustamente lei ha ricordato la figura di Giorgio La Pira, cristiano esemplare e amministratore pubblico stimato. Possa questa tradizione continuare a portare frutto per il bene del Paese e dei suoi cittadini! Per questo assicuro la mia preghiera e vi esorto, illustri amici, a confidare nel Signore, perché – come dice il Salmo – "se il Signore non vigila sulla città, invano veglia la sentinella" (127,1).

Invocando la materna intercessione della Vergine Maria, venerata dal popolo italiano nei suoi tanti Santuari, luoghi di spiritualità, di arte e di cultura, e dei santi Patroni Francesco d’Assisi e Caterina da Siena, benedico voi tutti, i vostri collaboratori e l’intera Nazione italiana.













TELEGRAMMA DI CORDOGLIO DEL SANTO PADRE PER LE VITTIME DEL DEVASTANTE TERREMOTO E TSUNAMI IN GIAPPONE

Pubblichiamo di seguito il telegramma di cordoglio per le vittime del devastante terremoto e tsunami che ha colpito ieri il Giappone, inviato dal Santo Padre Benedetto XVI, tramite il Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, a S.E. Mons. Leo Jun Ikenaga, S.I., Presidente della Conferenza Episcopale Giapponese:


TELEGRAMMA DEL SANTO PADRE

THE MOST REVEREND LEO JUN IKENAGA PRESIDENT
CATHOLIC BISHOPS' CONFERENCE OF JAPAN

DEEPLY SADDENED BY THE SUDDEN AND TRAGIC EFFECTS OF THE MAJOR EARTHQUAKE AND CONSEQUENT TSUNAMIS WHICH HAVE STRUCK JAPAN S NORTH-EASTERN COASTAL REGIONS, HIS HOLINESS POPE BENEDICT XVI ASSURES ALL WHO HAVE BEEN AFFLICTED OF HIS CLOSENESS AT THIS DIFFICULT TIME. HE PRAYS FOR THOSE WHO HAVE DIED, AND UPON THEIR GRIEVING FAMILIES AND FRIENDS HE INVOKES DIVINE BLESSINGS OF STRENGTH AND CONSOLATION. THE HOLY FATHER ALSO EXPRESSES HIS PRAYERFUL SOLIDARITY WITH ALL THOSE PROVIDING RESCUE, RELIEF AND SUPPORT TO THE VICTIMS OF THIS DISASTER.

CARDINAL TARCISIO BERTONE SECRETARY OF STATE

13/03/2011 16:34
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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS



Alle ore 12 di oggi, I Domenica di Quaresima, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Questa è la Prima Domenica di Quaresima, il Tempo liturgico di quaranta giorni che costituisce nella Chiesa un itinerario spirituale di preparazione alla Pasqua. Si tratta in sostanza di seguire Gesù che si dirige decisamente verso la Croce, culmine della sua missione di salvezza. Se ci domandiamo: perché la Quaresima? perché la Croce?, la risposta, in termini radicali, è questa: perché esiste il male, anzi, il peccato, che secondo le Scritture è la causa profonda di ogni male. Ma questa affermazione non è affatto scontata, e la stessa parola "peccato" da molti non è accettata, perché presuppone una visione religiosa del mondo e dell’uomo. In effetti è vero: se si elimina Dio dall’orizzonte del mondo, non si può parlare di peccato. Come quando si nasconde il sole, spariscono le ombre; l’ombra appare solo se c’è il sole; così l’eclissi di Dio comporta necessariamente l’eclissi del peccato. Perciò il senso del peccato – che è cosa diversa dal "senso di colpa" come lo intende la psicologia – si acquista riscoprendo il senso di Dio. Lo esprime il Salmo Miserere, attribuito al re Davide in occasione del suo duplice peccato di adulterio e di omicidio: "Contro di te – dice Davide rivolgendosi a Dio – contro te solo ho peccato" (Sal 51,6).

Di fronte al male morale, l’atteggiamento di Dio è quello di opporsi al peccato e salvare il peccatore. Dio non tollera il male, perché è Amore, Giustizia, Fedeltà; e proprio per questo non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva. Per salvare l’umanità, Dio interviene: lo vediamo in tutta la storia del popolo ebraico, a partire dalla liberazione dall’Egitto. Dio è determinato a liberare i suoi figli dalla schiavitù per condurli alla libertà. E la schiavitù più grave e più profonda è proprio quella del peccato. Per questo Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo: per liberare gli uomini dal dominio di Satana, "origine e causa di ogni peccato". Lo ha mandato nella nostra carne mortale perché diventasse vittima di espiazione, morendo per noi sulla croce. Contro questo piano di salvezza definitivo e universale, il Diavolo si è opposto con tutte le forze, come dimostra in particolare il Vangelo delle tentazioni di Gesù nel deserto, che viene proclamato ogni anno nella Prima Domenica di Quaresima. Infatti, entrare in questo Tempo liturgico significa ogni volta schierarsi con Cristo contro il peccato, affrontare – sia come singoli, sia come Chiesa – il combattimento spirituale contro lo spirito del male (Mercoledì delle Ceneri, Orazione Colletta).

Invochiamo perciò il materno aiuto di Maria Santissima per il cammino quaresimale da poco iniziato, perché sia ricco di frutti di conversione. Uno speciale ricordo nella preghiera domando per me e per i miei collaboratori della Curia Romana, che questa sera inizieremo la settimana di Esercizi spirituali.



DOPO L’ANGELUS


Cari fratelli e sorelle,

le immagini del tragico terremoto e del conseguente tsunami in Giappone ci hanno lasciato tutti fortemente impressionati. Desidero rinnovare la mia spirituale vicinanza alle care popolazioni di quel Paese, che con dignità e coraggio stanno facendo fronte alle conseguenze di tali calamità. Prego per le vittime e per i loro familiari, e per tutti coloro che soffrono a causa di questi tremendi eventi. Incoraggio quanti, con encomiabile prontezza, si stanno impegnando per portare aiuto. Rimaniamo uniti nella preghiera. Il Signore ci è vicino!

Je salue cordialement les pèlerins francophones. Chers amis, l’évangile de ce dimanche éclaire notre condition terrestre. Il nous appelle à prendre conscience de notre fragilité pour accueillir la grâce qui nous libère du péché. La foi chrétienne implique le combat contre le Tentateur toujours à l’œuvre. Reconnaissons humblement nos tentations et apprenons de Jésus comment y résister, par la prière, le jeûne et le partage. Sorti vainqueur de cette lutte, le Christ ouvre notre cœur à l’espérance. Il nous conduit à la victoire sur les séductions du Mal et à la liberté qui est obéissance à sa Parole. Que la Vierge Marie nous accompagne durant ce Carême ! Bon dimanche à tous !

As I greet you this morning, I ask you to join me in praying for the victims of the recent devastation visited upon Japan. May the bereaved and injured be comforted and may the rescue workers be strengthened in their efforts to assist the courageous Japanese people.

Turning to the pilgrims present at today’s Angelus prayer, I greet especially the Midshipmen from the U.S. Naval Academy and their chaplains, as well as the members of the Nazareth Academy Choir. Entrusting all of you to the care of Mary, Mother of the Church, I invoke upon you and your loved ones the blessings of Almighty God.

Von Herzen heiße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher willkommen. Die österliche Bußzeit lädt uns zu einem Blickwechsel ein. Sie will uns helfen, uns innerlich von all den Dingen zu lösen, die uns in Beschlag nehmen: unser Ehrgeiz und Eigenwillen, aber auch die Sorgen und der Zweifel. Statt dessen wollen wir auf Christus schauen, uns von ihm führen lassen wie ein Kind, das an den Händen der Mutter oder des Vaters seine ersten Schritte in die Welt unternimmt. Christus nahe sein bedeutet auch, daß wir unsere Sünden bekennen, um Verzeihung bitten und uns vor allem vom lebendigen Wort Gottes nähren. Das ist der Sinn der Fastenzeit. Der Heilige Geist geleite euch auf dieser Wanderschaft des Herzens.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española presentes en esta oración mariana, en particular al grupo de ucranianos llegados desde España y a los fieles de las parroquias de san Nicolás, de Plasencia y san Francisco de Sales, de Mérida. En este tiempo de Cuaresma, la imagen del desierto nos invita a recogernos interiormente y, con espíritu de penitencia, progresar en nuestro camino espiritual. Que apoyados en la Palabra de Dios y guiados por el ejemplo del Salvador vivamos con alegría y aprovechemos este tiempo de gracia. Os ruego también un recuerdo particular por mí y por mis colaboradores de la Curia romana, que esta tarde comenzaremos los ejercicios espirituales. Feliz domingo.

Upućujem srdačan pozdrav hrvatskim hodočasnicima, a osobito vjernicima iz župa Svetog Mateja i Svetog Petra iz Splita te župe Svetog Josipa iz Zadra. Na početku korizme došli ste učvrstiti svoju vjeru na grobovima apostola te očitovati svoju odanost Petrovom nasljedniku. Neka vam blagoslov, koji od srca udjeljujem, pomogne da ustrajete. Hvaljen Isus i Marija!

[Rivolgo un cordiale saluto a tutti i pellegrini Croati, particolarmente ai fedeli delle parrocchie di San Matteo e di San Pietro in Split e della parrocchia di San Giuseppe in Zadar. All’inizio della Quaresima siete venuti a rafforzare la vostra fede sulle tombe degli Apostoli ed a manifestare la devozione verso il Successore di Pietro. La benedizione, che di cuore vi imparto, vi aiuti a perseverare. Siano lodati Gesù e Maria!]

Słowa serdecznego pozdrowienia kieruję do Polaków. Liturgia dzisiejszej niedzieli uświadamia nam, że każdy człowiek jest narażony na pokusę. Jednak kuszenie Jezusa na pustyni pokazuje, że nie zawsze musi ona prowadzić do upadku i grzechu, ale może być początkiem zwycięstwa i objawienia chwały Bożej. Jest tak, gdy na wzór Jezusa stajemy wobec pokusy w postawie posłuszeństwa woli Ojca. Niech Wielki Post będzie dla wszystkich czasem zwycięstwa!

[Rivolgo espressioni di cordiale saluto ai polacchi. La liturgia dell’odierna domenica ci rende consapevoli che ogni uomo è esposto alla tentazione. Tuttavia, la tentazione di Gesù nel deserto dimostra che non sempre essa deve condurre alla caduta e al peccato, ma può essere l’inizio della vittoria e della rivelazione della gloria di Dio. E’ così quando, sull’esempio di Gesù, stiamo davanti alla tentazione con l’atteggiamento di obbedienza alla volontà del Padre. La Quaresima sia per tutti tempo di vittoria!]

Lycei Christiani Veenendaliensis discipulos discipulasque necnon magistrum libenter salutamus. Valde laetamur eos Romam advenisse, ut in proposito linguae Latinae colendae confirmarentur. His namque sermo multum conferre potest tum ad antiquiora altius vestiganda, tum ad recentiora acrius ponderanda.

[Saluto cordialmente gli studenti e le studentesse del Liceo Cristiano di Veenendaal (Prov. di Utrecht, Paesi Bassi) insieme con il loro docente. Mi rallegro che siano venuti a Roma, per confermarsi nel proposito di coltivare la lingua latina. Infatti questa lingua può contribuire molto, sia allo studio più profondo dell’antichità, sia anche all’approfondimento della storia più recente.]

Rivolgo infine un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli provenienti da San Benedetto del Tronto, Castellammare di Stabia e Crotone, i catechisti di Casnate con Bernate e quelli di Chiusano di San Domenico, i ragazzi della Scuola "Edoardo Agnelli" di Torino e i cresimandi di Pontassieve, come pure il folto gruppo di motociclisti. A tutti auguro una buona domenica e un buon cammino di Quaresima.











INIZIO DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI IN VATICANO ALLA PRESENZA DEL SANTO PADRE

Alle ore 18 di oggi, I Domenica di Quaresima, nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico Vaticano iniziano gli Esercizi Spirituali, ai quali partecipa il Santo Padre Benedetto XVI.

Le meditazioni sul tema: La luce di Cristo nel cuore della Chiesa - Giovanni Paolo II e la teologia dei Santi, saranno dettate da Padre François-Marie Léthel, dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, Professore alla Pontificia Facoltà Teologica Teresianum e Prelato Segretario della Pontificia Accademia di Teologia.

Gli Esercizi, che si concluderanno sabato mattina 19 marzo, avranno il seguente svolgimento:

Domenica 13 febbraio, alle ore 18: Esposizione Eucaristica, Celebrazione dei Vespri, Meditazione introduttiva, Adorazione e Benedizione Eucaristica.

Nei giorni successivi, alle ore 9.00: Celebrazione delle Lodi. Meditazione. Alle ore 10.15: Celebrazione dell’Ora Terza, Meditazione. Alle ore 17: Meditazione. Alle ore 17.45: Celebrazione dei Vespri, Adorazione e Benedizione Eucaristica.

Sabato 19 marzo, alle ore 9: Celebrazione delle Lodi e Meditazione conclusiva.

Nella settimana degli Esercizi Spirituali sono sospese tutte le udienze, compresa l’Udienza Generale di mercoledì 16 marzo.

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