Google+
È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
 

Viaggio apostolico in Giordania e Israele

Ultimo Aggiornamento: 08/07/2009 21:40
Autore
Stampa | Notifica email    
11/05/2009 17:27
OFFLINE
Post: 10.043
Post: 991
Registrato il: 22/08/2006
Registrato il: 20/01/2009
Utente Comunità
Utente Senior
PELLEGRINAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN TERRA SANTA (8-15 MAGGIO 2009) (XI)


CERIMONIA DI CONGEDO DALLA GIORDANIA ALL’AEROPORTO QUEEN ALIA DI AMMAN



Questa mattina, celebrata la Santa Messa in privato, alle ore 9.15 il Santo Padre Benedetto XVI si congeda dalla Nunziatura Apostolica e si trasferisce in auto all’aeroporto internazionale Queen Alia di Amman dove alle ore 10.00 ha luogo la Cerimonia di congedo dalla Giordania.

Dopo il discorso del Re di Giordania, Sua Maestà Abdallah II Bin Al-Hussein, il Papa pronuncia il discorso che riportiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE


Maestà,
Eccellenze,
Cari Amici,

accingendomi alla prossima tappa del mio pellegrinaggio nelle terre della Bibbia, desidero ringraziare tutti voi per la calorosa accoglienza che ho ricevuto in Giordania in questi giorni. Ringrazio Sua Maestà il Re Abdullah II per avermi invitato a visitare il Regno Ascemita, per la sua ospitalità e le sue gentili parole. Esprimo anche il mio apprezzamento per il grande lavoro fatto al fine di rendere possibile la mia visita e di assicurare lo svolgimento ordinato dei vari incontri e delle celebrazioni che hanno avuto luogo. Le pubbliche autorità, assistite da un gran numero di volontari, hanno lavorato a lungo e strenuamente per dirigere le folle e organizzare i diversi eventi. La copertura dei mass-media ha consentito a innumerevoli persone di seguire le celebrazioni, anche se non hanno potuto essere fisicamente presenti. Mentre ringrazio coloro che hanno reso possibile questo, desidero estendere un particolare ringraziamento a tutti coloro che stanno ascoltando la radio o guardando la televisione, specialmente agli ammalati e a coloro che sono costretti a restare in casa.

È stata una particolare gioia per me essere presente all’avvio di numerose importanti iniziative promosse dalla comunità cattolica qui in Giordania. La nuova ala del Centro Regina Pacis aprirà concrete possibilità di recare speranza a coloro che lottano con difficoltà di vario tipo, ed alle loro famiglie. Le due chiese che saranno costruite a Betania renderanno possibile alle rispettive comunità di accogliere pellegrini e promuovere la crescita spirituale di coloro che pregheranno in quel luogo santo. L’Università di Madaba deve offrire un contributo particolarmente importante alla comunità più ampia, formando giovani di varie tradizioni nelle competenze che li abiliteranno a modellare il futuro della società civile. A tutti coloro che sono impegnati in questi progetti porgo i migliori auguri e la promessa delle mie preghiere.

Un giorno particolarmente luminoso tra quelli che sto vivendo è stato quello della mia visita alla Moschea al-Hussein bin-Talal, dove ho avuto il piacere di incontrare i capi religiosi Musulmani assieme ai membri dei Corpi diplomatici e ai Rettori dell’Università. Desidererei incoraggiare tutti i Giordani, sia Cristiani che Musulmani, a costruire sulle solide fondamenta della tolleranza religiosa che rende capaci i membri delle diverse comunità di vivere insieme in pace e mutuo rispetto. Sua Maestà il Re è stato molto attivo nel promuovere il dialogo inter-religioso e desidero rilevare quanto il suo impegno a questo riguardo sia apprezzato. Prendo anche atto con gratitudine della particolare considerazione che egli dimostra verso la comunità cristiana in Giordania. Questo spirito di apertura non solo aiuta i membri delle diverse comunità etniche in questo Paese a vivere insieme in pace e concordia, ma ha anche contribuito alle iniziative politiche lungimiranti della Giordania per costruire la pace in tutto il Medio Oriente.

Cari Amici, come sapete è soprattutto come pellegrino e pastore che sono venuto in Giordania. Di conseguenza, le esperienze di questi giorni che rimarranno più fermamente incise nella mia memoria sono le mie visite ai luoghi santi ed i momenti di preghiera che abbiamo celebrato insieme. Ancora una volta desidero esprimere l’apprezzamento di tutta la Chiesa verso coloro che custodiscono i luoghi di pellegrinaggio in questa terra e desidero anche ringraziare le molte persone che hanno contribuito alla preparazione dei Vespri di Sabato nella Cattedrale di san Giorgio e della Messa di ieri nello Stadio Internazionale. E’ stata veramente una gioia per me sperimentare queste celebrazioni Pasquali con fedeli Cattolici di diverse tradizioni, uniti nella comunione della Chiesa e nella loro testimonianza a Cristo. Li incoraggio tutti insieme a rimanere fedeli al loro impegno battesimale, ricordando che Cristo stesso ha ricevuto il battesimo da Giovanni nelle acque del fiume Giordano.

Nel congedarmi da voi, desidero sappiate che io porto nel mio cuore il popolo del Regno Ascemita e tutti coloro che vivono in questa regione. Prego perché abbiate la gioia della pace e della prosperità, adesso e per le generazioni future. Ancora una volta, grazie. E che Dio vi benedica tutti!


Alle ore 10.30, al termine della cerimonia di congedo, il Papa parte a bordo di un Airbus 321 della Royal Jordanian diretto a Tel Aviv in Israele. L’arrivo all’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv è previsto per le ore 11.00 locali (le 10.00 ora di Roma).


PELLEGRINAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN TERRA SANTA (8-15 MAGGIO 2009) (XII)


CERIMONIA DI BENVENUTO IN ISRAELE ALL’AEROPORTO BEN GURION DI TEL AVIV



L’aereo con a bordo il Santo Padre, proveniente da Amman, arriva a Tel Aviv alle ore 11.00 locali (le 10.00 ora di Roma).

All’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv il Santo Padre Benedetto XVI è accolto dal Presidente dello Stato di Israele, S.E. il Sig. Shimon Peres, e dal Primo Ministro, S.E. il Sig. Benjamin Netanyahu. Sono presenti Autorità politiche e civili e gli Ordinari di Terra Santa.

Dopo la presentazione delle Delegazioni e il discorso del Presidente di Israele, Shimon Peres, il Papa pronuncia il discorso che riportiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE


Signor Presidente,
Signor Primo Ministro,
Eccellenze, Signore e Signori,

grazie per la vostra calorosa accoglienza nello Stato di Israele, in questa terra che è considerata santa da milioni di credenti in tutto il mondo. Sono grato al Presidente, il Sig. Shimon Peres, per le sue gentili parole ed apprezzo l’opportunità offertami di compiere questo pellegrinaggio ad una terra resa santa dalle orme di patriarchi e profeti, una terra che i Cristiani tengono in particolare venerazione quale luogo degli eventi della vita, morte e risurrezione di Gesù Cristo. Prendo il mio posto in una lunga fila di pellegrini cristiani a questi luoghi, una fila che risale indietro nel tempo fino ai primi secoli della storia cristiana e che, ne sono sicuro, continuerà a prolungarsi nel futuro. Come molti altri prima di me, vengo per pregare nei luoghi santi, a pregare in modo speciale per la pace – pace qui nella Terra Santa e pace in tutto il mondo.

Signor Presidente, la Santa Sede e lo Stato di Israele condividono molti valori, primo fra tutti l’impegno di riservare alla religione il suo legittimo posto nella vita della società. Il giusto ordine delle relazioni sociali presuppone ed esige il rispetto per la libertà e la dignità di ogni essere umano, che Cristiani, Musulmani ed Ebrei credono ugualmente essere creato da un Dio amorevole e destinato alla vita eterna. Quando la dimensione religiosa della persona umana viene negata o posta ai margini, viene messo in pericolo il fondamento stesso di una corretta comprensione dei diritti umani inalienabili.

Tragicamente, il popolo ebraico ha sperimentato le terribili conseguenze di ideologie che negano la fondamentale dignità di ogni persona umana. È giusto e conveniente che, durante la mia permanenza in Israele, io abbia l’opportunità di onorare la memoria dei sei milioni di Ebrei vittime della Shoah, e di pregare affinché l’umanità non abbia mai più ad essere testimone di un crimine di simile enormità. Sfortunatamente, l’antisemitismo continua a sollevare la sua ripugnante testa in molte parti del mondo. Questo è totalmente inaccettabile. Ogni sforzo deve essere fatto per combattere l’antisemitismo dovunque si trovi, e per promuovere il rispetto e la stima verso gli appartenenti ad ogni popolo, razza, lingua e nazione in tutto il mondo.

Durante la mia permanenza a Gerusalemme, avrò anche il piacere di incontrare molti distinti leader religiosi di questo paese. Una cosa che le tre grandi religioni monoteistiche hanno in comune è una speciale venerazione per questa Città Santa. È mia fervida speranza che tutti i pellegrini ai luoghi santi abbiano la possibilità di accedervi liberamente e senza restrizioni, di prendere parte a cerimonie religiose e di promuovere il degno mantenimento degli edifici di culto posti nei sacri spazi. Possano adempiersi le parole della profezia di Isaia, secondo cui molte nazioni affluiranno al monte della Casa del Signore, così che Egli insegni loro le sue vie ed esse possano camminare sui suoi sentieri, sentieri di pace e di giustizia, sentieri che portano alla riconciliazione e all’armonia (cfr Is 2,2-5).

Anche se il nome Gerusalemme significa "città della pace", è del tutto evidente che per decenni la pace ha tragicamente eluso gli abitanti di questa terra santa. Gli occhi del mondo sono sui popoli di questa regione, mentre essi lottano per giungere ad una soluzione giusta e duratura dei conflitti che hanno causato tante sofferenze. Le speranze di innumerevoli uomini, donne e bambini per un futuro più sicuro e più stabile dipendono dall’esito dei negoziati di pace fra Israeliani e Palestinesi. In unione con tutti gli uomini di buona volontà, supplico quanti sono investiti di responsabilità ad esplorare ogni possibile via per la ricerca di una soluzione giusta alle enormi difficoltà, così che ambedue i popoli possano vivere in pace in una patria che sia la loro, all’interno di confini sicuri ed internazionalmente riconosciuti. A tale riguardo, spero e prego che si possa presto creare un clima di maggiore fiducia, che renda capaci le parti di compiere progressi reali lungo la strada verso la pace e la stabilità.

Ai Vescovi e ai fedeli cattolici oggi qui presenti porgo una speciale parola di saluto. In questa terra dove Pietro ha ricevuto il compito di pascere le pecorelle del Signore, giungo come successore di Pietro per compiere in mezzo a voi il mio ministero. Sarà mia speciale gioia unirmi a voi per concludere le celebrazioni dell’Anno della Famiglia, che si svolgeranno a Nazareth, patria della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. Come ho detto nel mio Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, la famiglia è "la prima ed indispensabile maestra di pace" (n. 3), e pertanto ha un ruolo vitale da svolgere nel sanare le divisioni presenti nella società umana ad ogni livello. Alle comunità cristiane della Terra Santa dico: attraverso la vostra fedele testimonianza a Colui che predicò il perdono e la riconciliazione, attraverso il vostro impegno a difendere la sacralità di ogni vita umana, potrete recare un particolare contributo perché terminino le ostilità che per tanto tempo hanno afflitto questa terra. Prego che la vostra continua presenza in Israele e nei Territori Palestinesi porti molto frutto nel promuovere la pace e il rispetto reciproco fra tutte le genti che vivono nelle terre della Bibbia.

Signor Presidente, Signore e Signori, ancora una volta vi ringrazio per la vostra accoglienza e vi assicuro dei miei sentimenti di buona volontà. Dio dia forza al suo popolo! Dio benedica il suo popolo con la pace!


Al termine, il Santo Padre si trasferisce in elicottero a Jerusalem. L’arrivo all’eliporto di Jerusalem sul Monte Scopus è previsto per le ore 12.15. Qui il Papa è accolto dal Sindaco della Città, Sig. Nir Barkat. Quindi si reca in auto alla Delegazione Apostolica di Jerusalem dove pranza in privato.




Discorso del Papa al Palazzo presidenziale di Gerusalemme


GERUSALEMME, lunedì, 11 maggio (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo lunedì da Benedetto XVI nel giardino interno del Palazzo presidenziale di Gerusalemme per la visita di cortesia al Presidente Shimon Peres.

* * *

Signor Presidente,

Eccellenze,

Signore e Signori,

come gentile atto di ospitalità, il Presidente Peres ci ha accolti qui nella sua residenza, offrendo a me la possibilità di salutare tutti voi e di condividere, al tempo stesso, con voi qualche breve considerazione. Signor Presidente, La ringrazio per la cortese accoglienza e per le sue calorose parole di saluto, che di cuore contraccambio. Ringrazio inoltre i musicisti che ci hanno intrattenuto con la loro elegante esecuzione.

Signor Presidente, nel messaggio augurale che Le inviai in occasione del Suo insediamento, avevo di buon grado ricordato la Sua illustre testimonianza nel pubblico servizio contrassegnato da un forte impegno nel perseguire la giustizia e la pace. Oggi desidero assicurare a Lei insieme al Primo Ministro Netanyahu ed il suo Governo appena formato, come pure a tutti gli abitanti dello Stato di Israele, che il mio pellegrinaggio ai Luoghi Santi è un pellegrinaggio di preghiera in favore del dono prezioso dell’unità e della pace per il Medio Oriente e per tutta l’umanità. In verità, ogni giorno prego affinché la pace che nasce dalla giustizia ritorni in Terra Santa e nell’intera regione, portando sicurezza e rinnovata speranza per tutti.

La pace è prima di tutto un dono divino. La pace infatti è la promessa dell’Onnipotente all’intero genere umano e custodisce l’unità. Nel libro del profeta Geremia leggiamo: "Io conosco i progetti che ho fatto a vostro riguardo – oracolo del Signore – progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza" (29,11). Il profeta ci ricorda la promessa dell’Onnipotente che "si lascerà trovare", che "ascolterà", che "ci radunerà insieme". Ma vi è anche una condizione: dobbiamo "cercarlo", e "cercarlo con tutto il cuore" (cfr ibid. 12-14).

Ai leader religiosi oggi presenti vorrei dire che il contributo particolare delle religioni nella ricerca di pace si fonda primariamente sulla ricerca appassionata e concorde di Dio. Nostro è il compito di proclamare e testimoniare che l’Onnipotente è presente e conoscibile anche quando sembra nascosto alla nostra vista, che Egli agisce nel nostro mondo per il nostro bene, e che il futuro della società è contrassegnato dalla speranza quando vibra in armonia con l’ordine divino.

È la presenza dinamica di Dio che raduna insieme i cuori ed assicura l’unità. Di fatto, il fondamento ultimo dell’unità tra le persone sta nella perfetta unicità e universalità di Dio, che ha creato l’uomo e la donna a propria immagine e somiglianza per condurci entro la sua vita divina, così che tutti possano essere una cosa sola.

Pertanto, i leader religiosi devono essere coscienti che qualsiasi divisione o tensione, ogni tendenza all’introversione o al sospetto fra credenti o tra le nostre comunità può facilmente condurre ad una contraddizione che oscura l’unicità dell’Onnipotente, tradisce la nostra unità e contraddice l’Unico che rivela se stesso come "ricco di amore e di fedeltà" (Es 34, 6; Sal 138,2; Sal 85, 11). Cari Amici, Gerusalemme, che da lungo tempo è stata un crocevia di popoli di diversa origine, è una città che permette ad Ebrei, Cristiani e Musulmani sia di assumersi il dovere che di godere del privilegio di dare insieme testimonianza della pacifica coesistenza a lungo desiderata dagli adoratori dell’unico Dio; di svelare il piano dell’Onnipotente, annunciato ad Abramo, per l’unità della famiglia umana; e di proclamare la vera natura dell’uomo quale cercatore di Dio. Impegniamoci dunque ad assicurare che, mediante l’ammaestramento e la guida delle nostre rispettive comunità, le sosterremo nell’essere fedeli a ciò che veramente sono come credenti, sempre consapevoli dell’infinita bontà di Dio, dell’inviolabile dignità di ogni essere umano e dell’unità dell’intera famiglia umana.

La Sacra Scrittura ci offre anche una sua comprensione della sicurezza. Secondo il linguaggio ebraico, sicurezza – batah – deriva da fiducia e non si riferisce soltanto all’assenza di minaccia ma anche al sentimento di calma e di confidenza. Nel libro del profeta Isaia leggiamo di un tempo di benedizione divina: "Infine in noi sarà infuso uno spirito dall’alto; allora il deserto diventerà un giardino e il giardino sarà considerato una selva. Nel deserto prenderà dimora il diritto e la giustizia regnerà nel giardino. Praticare la giustizia darà pace, onorare la giustizia darà tranquillità e sicurezza per sempre" (32, 15-17). Sicurezza, integrità, giustizia e pace: nel disegno di Dio per il mondo esse sono inseparabili. Lungi dall’essere semplicemente il prodotto dello sforzo umano, esse sono valori che promanano dalla relazione fondamentale di Dio con l’uomo, e risiedono come patrimonio comune nel cuore di ogni individuo.

Vi è una via soltanto per proteggere e promuovere tali valori: esercitarli! viverli! Nessun individuo, nessuna famiglia, nessuna comunità o nazione è esente dal dovere di vivere nella giustizia e di operare per la pace. Naturalmente, ci si aspetta che i leader civili e politici assicurino una giusta e adeguata sicurezza per il popolo a cui servizio essi sono stati eletti.

Questo obiettivo forma una parte della giusta promozione dei valori comuni all’umanità e pertanto non possono contrastare con l’unità della famiglia umana. I valori e i fini autentici di una società, che sempre tutelano la dignità umana, sono indivisibili, universali e interdipendenti (cfr Discorso alle Nazioni Unite, 18 aprile 2008). Non si possono pertanto realizzare quando cadono preda di interessi particolari o di politiche frammentarie. Il vero interesse di una nazione viene sempre servito mediante il perseguimento della giustizia per tutti.

Gentili Signore e Signori, una sicurezza durevole è questione di fiducia, alimentata nella giustizia e nell’integrità, suggellata dalla conversione dei cuori che ci obbliga a guardare l’altro negli occhi e a riconoscere il "Tu" come un mio simile, un mio fratello, una mia sorella. In tale maniera non diventerà forse la società stessa un "giardino ricolmo di frutti" (cfr Is 32,15), segnato non da blocchi e ostruzioni, ma dalla coesione e dall’armonia? Non può forse divenire una comunità di nobili aspirazioni, dove a tutti di buon grado viene dato accesso all’educazione, alla dimora familiare, alla possibilità d’impiego, una società pronta ad edificare sulle fondamenta durevoli della speranza?

Per concludere, desidero rivolgermi alle comuni famiglie di questa città, di questa terra. Quali genitori vorrebbero mai violenza, insicurezza o divisione per il loro figlio o per la loro figlia? Quale umano obiettivo politico può mai essere servito attraverso conflitti e violenze? Odo il grido di quanti vivono in questo Paese che invocano giustizia, pace, rispetto per la loro dignità, stabile sicurezza, una vita quotidiana libera dalla paura di minacce esterne e di insensata violenza. So che un numero considerevole di uomini, donne e giovani stanno lavorando per la pace e la solidarietà attraverso programmi culturali e iniziative di sostegno pratico e compassionevole; umili abbastanza per perdonare, essi hanno il coraggio di tener stretto il sogno che è loro diritto.

Signor Presidente, La ringrazio per la cortesia dimostratami e La assicuro ancora una volta delle mie preghiere per il Governo e per tutti i cittadini di questo Stato. Possa un’autentica conversione dei cuori di tutti condurre ad un sempre più deciso impegno per la pace e la sicurezza attraverso la giustizia per ciascuno.

Shalom!

[© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana]




Benedetto XVI al congedo ad Amman: cristiani e musulmani lavorino per il dialogo e la pace in Medio Oriente


Pace e prosperità: è l’augurio che Benedetto XVI ha rivolto alla Giordania nella cerimonia di congedo, stamani all’aeroporto Queen Alia di Amman. Il Papa ha ricordato i momenti forti della sua visita in terra giordana ed ha rinnovato il suo appello per la tolleranza religiosa. Dal canto suo, re Abdullah II ha ringraziato il Papa per aver onorato la Giordania della sua visita ed ha auspicato che si rafforzi il dialogo tra cristiani e musulmani. Il servizio di Alessandro Gisotti:


“Porto nel mio cuore il popolo” del Regno di Giordania “e tutti coloro che vivono in questa regione. Prego perché abbiate la gioia della pace e della prosperità”: con questo auspicio, Benedetto XVI ha lasciato Amman alla volta di Israele. Nel suo discorso di congedo, il Papa ha ringraziato tutti coloro che, dai sovrani ai volontari, si sono prodigati per il successo della visita. Quindi, ha levato un nuovo appello in favore del dialogo e della tolleranza:


“I would like to encourage all Jordanians…”
“Desidererei incoraggiare tutti i Giordani - ha detto - sia Cristiani che Musulmani, a costruire sulle solide fondamenta della tolleranza religiosa che rende capaci i membri delle diverse comunità di vivere insieme in pace e mutuo rispetto”. Il Papa ha lodato il Re Abdullah II per il suo impegno “nel promuovere il dialogo inter-religioso”. Ed ha preso atto “con gratitudine della particolare considerazione” che dimostra verso la comunità cristiana in Giordania. “Questo spirito di apertura – ha ribadito Benedetto XVI - non solo aiuta i membri delle diverse comunità etniche in questo Paese a vivere insieme in pace e concordia, ma ha anche contribuito alle iniziative politiche lungimiranti della Giordania per costruire la pace in tutto il Medio Oriente”. Ha così ripercorso idealmente le tappe principali della sua visita in Giordania:


“One of the highlights of these days…”
“Un giorno particolarmente luminoso tra quelli che sto vivendo – ha affermato - è stato quello della mia visita alla Moschea al-Hussein bin-Talal, dove ho avuto il piacere di incontrare i capi religiosi musulmani”. Ed ha espresso “particolare gioia” per essere stato presente "all’avvio di numerose importanti iniziative promosse dalla comunità cattolica" in Giordania. Ha citato la nuova ala del Centro Regina Pacis, che “aprirà concrete possibilità di recare speranza a coloro che lottano con difficoltà di vario tipo, ed alle loro famiglie”. Ancora, le due chiese che saranno costruite a Betania e che, ha rilevato, “renderanno possibile alle rispettive comunità di accogliere pellegrini e promuovere la crescita spirituale di coloro che pregheranno in quel luogo santo”. Infine, il Pontefice ha parlato dell’Università di Madaba chiamata ad “offrire un contributo particolarmente importante alla comunità più ampia, formando giovani di varie tradizioni nelle competenze che li abiliteranno a modellare il futuro della società civile”. Il Papa è poi ritornato sul significato profondo di questo viaggio apostolico:


“Dear friends: as you know, it is principally as a pilgrim…”
“Cari amici – ha spiegato - come sapete è soprattutto come pellegrino e pastore che sono venuto in Giordania”. Per questo, ha confidato, “le esperienze di questi giorni che rimarranno più fermamente incise nella mia memoria sono le mie visite ai luoghi santi ed i momenti di preghiera che abbiamo celebrato insieme”. E qui ha espresso l’apprezzamento di tutta la Chiesa verso coloro che custodiscono i luoghi di pellegrinaggio ringraziando le molte persone che hanno contribuito alla preparazione dei Vespri di Sabato nella Cattedrale di san Giorgio e della Messa domenicale nello Stadio Internazionale di Amman:


“It was truly a joy for me to experience…”“E’ stata veramente una gioia per me sperimentare queste celebrazioni Pasquali con fedeli Cattolici di diverse tradizioni, uniti nella comunione della Chiesa e nella loro testimonianza a Cristo”, ha detto. Quindi, ha incoraggiato i cristiani giordani a rimanere fedeli, tutti insieme, al loro impegno battesimale, ricordando che Cristo stesso ha ricevuto il battesimo da Giovanni nelle acque del fiume Giordano. Dal canto suo, il re Abdullah II ha sottolineato l’importanza della visita del Papa:


“It is vital that we continue the dialogue of respect that we have begun …”“E’ di vitale importanza – ha affermato il sovrano - che continuiamo il dialogo di rispetto che noi abbiamo intrapreso”, ribadendo l’impegno “ad ogni livello per diffondere la comprensione, in particolare tra i giovani”. E’ importante, ha concluso, che noi credenti “condividiamo le ricchezze morali delle nostre fedi, affinché possiamo incontrarci per sanare le divisioni e per creare un mondo migliore per tutti”.





Benedetto XVI in Israele: vengo per pregare per la pace in Terra Santa e in tutto il mondo. Mai più crimini come la Shoah


Una preghiera accorata per la pace in Terra Santa e nel mondo, la durissima condanna della Shoah e una vera e propria supplica per il raggiungimento di una soluzione giusta al conflitto israelo-palestinese: così Benedetto XVI si è presentato in Israele durante la cerimonia di benvenuto all’aeroporto internazionale di Ben Gurion a Tel Aviv. Il Papa è stato accolto dal presidente israeliano Shimon Peres e dal premier Benjamin Netanyahu. Linea al nostro inviato Roberto Piermarini:

“I come, to pray at the holy places to pray…”
“Vengo per pregare nei luoghi santi, a pregare in modo speciale per la pace – pace qui nella Terra Santa e pace in tutto il mondo”.


Nel suo primo discorso in Israele, Benedetto XVI ha voluto ribadire lo scopo del suo pellegrinaggio e non ha mancato di lanciare un accorato appello per rilanciare il negoziato di pace tra israeliani e palestinesi:

“In union with people of good everywhere...”
“In unione con tutti gli uomini di buona volontà, supplico – ha detto il Papa – quanti sono investiti di responsabilità, ad esplorare ogni possibile via per la ricerca di una soluzione giusta alle enormi difficoltà, così che ambedue i popoli possano vivere in pace in una patria che sia la loro, all’interno di confini sicuri ed internazionalmente riconosciuti”.

In questo momento in cui il processo di pace nella regione si sta sgretolando tra rivendicazioni ed estremismi, Benedetto XVI ha detto di sperare e pregare affinché “si possa presto creare un clima di maggiore fiducia, che renda capaci le parti di compiere progressi reali lungo la strada verso la pace e la stabilità”.


Parlando al presidente Peres il Papa non ha mancato di annunciare che in questa visita onorerà la memoria dei sei milioni di Ebrei vittime della Shoah e pregherà “affinché l’umanità non abbia mai più ad essere testimone di un crimine di simile enormità”. Inoltre ha condannato con forza il risorgere dell’antisemitismo che va combattuto dovunque si trovi, promuovendo il rispetto e la stima verso gli appartenenti ad ogni popolo, razza, lingua e nazione in tutto il mondo. Riferendosi alla città di Gerusalemme, il Papa ha espresso la speranza che in questa Città Santa “tutti i pellegrini ai luoghi santi delle tre grandi religioni monoteiste, abbiamo la possibilità di accedervi liberamente e senza restrizioni per prendere parte a cerimonie religiose”. Accesso che spesso le autorità israeliane limitano per motivi di sicurezza.


Infine un pensiero alla piccola Chiesa locale che è una minoranza e che è chiamata attraverso la testimonianza a Colui che predicò il perdono e la riconciliazione, a difendere la sacralità della vita ed a recare un “particolare contributo perché terminino le ostilità che per tanto tempo hanno afflitto questa terra":


“I pray that your continuing presence in Israel...”
“Prego che la vostra continua presenza in Israele e nei Territori Palestinesi – ha concluso Benedetto XVI - porti molto frutto nel promuovere la pace ed il rispetto reciproco fra tutte le genti che vivono nelle terre della Bibbia”.

Ad accogliere il Papa in Israele, oltre al presidente Peres e al premier Netanyahu, anche tutti i presuli di Terra Santa. Il presidente Peres nel suo discorso ha parlato di “importante missione di pace” del Papa, ha incoraggiato il dialogo ebraico-cristiano, ha sottolineato la convivenza in Israele di diversi popoli che pregano lo stesso Dio ed ha annunciato che dopo la pace con Egitto e Giordania, Israele è impegnata in negoziati di pace con i palestinesi. I giornali scrivono che Benedetto XVI viene in Israele per una visita storica come uomo di pace. Il “Jerusalem Post” parla di visita “epocale” e da più parti si sottolinea che il caso Williamson è superato. Singolare un titolo sul quotiano “Haaretz” che parla di “Mission possible”, missione possibile, la missione di pace che fa da sfondo a questo pellegrinaggio papale.





L'incontro con Shimon Peres. Il Papa: una sicurezza durevole è questione di fiducia alimentata nella giustizia


“Ogni giorno prego affinché la pace che nasce dalla giustizia ritorni in Terra Santa e nell’intera regione, portando sicurezza e rinnovata speranza per tutti”: così Benedetto XVI durante la visita di cortesia oggi pomeriggio al presidente israeliano Shimon Peres, nella sua residenza a Gerusalemme. “Cari Amici – ha detto il Pontefice - Gerusalemme, che da lungo tempo è stata un crocevia di popoli di diversa origine, è una città che permette ad Ebrei, Cristiani e Musulmani sia di assumersi il dovere che di godere del privilegio di dare insieme testimonianza della pacifica coesistenza a lungo desiderata dagli adoratori dell’unico Dio”. Poi ha aggiunto: “il vero interesse di una nazione viene sempre servito mediante il perseguimento della giustizia per tutti… una sicurezza durevole è questione di fiducia, alimentata nella giustizia e nell’integrità, suggellata dalla conversione dei cuori che ci obbliga a guardare l’altro negli occhi e a riconoscere il ‘Tu’ come un mio simile, un mio fratello, una mia sorella. In tale maniera non diventerà forse la società stessa un “giardino ricolmo di frutti” (cfr Is 32,15), segnato non da blocchi e ostruzioni, ma dalla coesione e dall’armonia?”. E infine ha concluso: “So che un numero considerevole di uomini, donne e giovani stanno lavorando per la pace e la solidarietà attraverso programmi culturali e iniziative di sostegno pratico e compassionevole; umili abbastanza per perdonare, essi hanno il coraggio di tener stretto il sogno che è loro diritto”.




Il rabbino Di Segni: importanti le parole del Papa contro l'antisemitismo


Sui primi momenti del viaggio apostolico di Benedetto XVI in Israele e, in particolare sulle parole del Papa all’arrivo a Tel Aviv, Fabio Colagrande ha raccolto il commento del rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni:

R. – Io ho seguito la cerimonia di arrivo, e devo dire che ho l’impressione che si sia svolto tutto molto bene, che sia cominciata bene, con espressioni di rispetto reciproco, sincere e positive.


D. – “Sfortunatamente, l’antisemitismo continua a sollevare la sua ripugnante testa in molte parti del mondo; questo è totalmente inaccettabile, ogni sforzo dev’essere fatto per combattere l’antisemitismo dovunque si trovi”. Il Papa aveva già espresso questo concetto altre volte, magari con parole diverse; che impressione le ha fatto ascoltarle, oggi, proprio per la prima volta che Benedetto XVI arriva nello Stato d’Israele?


R. – E’ importante che questi concetti – che peraltro sappiamo ben condivisi e non formali da parte di questo Papa – siano riaffermati; certamente, nel pensiero di questo Papa, la parola antisemitismo non significa soltanto ostilità razzistica antiebraica, ma l’ostilità profonda – anche teologica -. Questo Papa si è adoperato contro l’ostilità antigiudaica teologica, e quindi che lo dica adesso, in terra d’Israele, è una cosa ulteriormente importante.


D. – Quanto, secondo lei, rabbino Di Segni, questo viaggio del Papa potrà rinsaldare ancora di più i rapporti fra le due religioni?


R. - Io credo sia una tappa necessaria e indispensabile, e per questo l’auspicio è appunto che tutto vada bene, perché queste presenze, chiaramente più di ogni altra dichiarazione o documento o cerimonia, sono dati reali che fanno impressione sul grande pubblico e che per questo hanno un impatto positivo.


D. – Si parla ancora su alcuni giornali degli effetti che ha avuto il caso Williamson. Adesso che il Papa è in Israele quel caso secondo lei si può considerare chiuso, anche dopo le parole pronunciate dal Pontefice nei mesi scorsi?


R. – Io credo che il caso sia chiuso da un pezzo, nel senso che una volta che è stata chiarita la dimensione della cosa e che il Papa stesso con un gesto inconsueto ha chiesto praticamente scusa per quello che era successo, mi pare che non ci debbano essere assolutamente equivoci.



Mons. Sayegh: un pellegrinaggio che dà alla minoranza cristiana una nuova speranza


Per un bilancio della tappa giordana del pellegrinaggio del Papa, ascoltiamo mons. Salim Sayegh, vicario patriarcale latino per la Giordania, al microfono di Pietro Cocco:

R. – E’ stata, prima di tutto, una benedizione del Signore per tutto il Paese, per tutti gli abitanti cristiani e musulmani, che ci dà questa forza, questa speranza di continuare veramente a sperare e a vivere insieme come fratelli e sorelle. L’incontro nella Moschea con il principe Ghazi e con la comunità musulmana ha mostrato che la fratellanza è viva in Giordania e speriamo che continui a crescere come una sola famiglia continui, perché la gente sia veramente sempre in pace, guardando al futuro.


D. – Che comunità cristiana ha incontrato il Papa?


R. – Penso che il Santo Padre abbia scoperto che i cristiani di Giordania sono una comunità, una Chiesa che cresce, che guarda verso il futuro con speranza, e nel benedire le pietre di tre o quattro Chiese, due nel Sito del Battesimo, vuol dire che è una Chiesa che guarda verso il futuro, che non ha paura di niente, che programma per il futuro, mette in pratica questa fratellanza tra musulmani e cristiani nel vivere insieme, nel rispettarsi gli uni gli altri, nel costruire la Chiesa e costruire la patria. E’ una cosa veramente necessaria per tutto il Paese, per tutti i musulmani e i cristiani.


D. – Benedetto XVI ha invitato ad avere la gioia spirituale, ma il coraggio anche di costruire ponti tra persone che hanno fedi e culture diverse. E quindi ha invitato ad essere presenti nella società civile...


R. – Nel Centro Regina Pacis il 99 per cento è musulmano, e lì non guardiamo ai musulmani o ai cristiani, guardiamo all’essere umano uscito dalle mani del Signore, che riflette la presenza del Signore, di Dio creatore, che sia musulmano o cristiano. E l’incontro del Re e della Regina con il Santo Padre nella visita del Sito del Battesimo, dove Cristo è stato battezzato, è stata una cosa molto, molto bella che aiuta la convivenza e la fratellanza tra musulmani e cristiani. Il Re e il popolo giordano rispettano i luoghi santi, sia cristiani sia musulmani.


D. – La celebrazione dei Vespri nella chiesa greco-melkita e la grande Messa, il grande abbraccio della comunità cristiana nello stadio di Amman domenica, sono stati anche di grande incoraggiamento per la comunità cristiana...


R. – La Messa allo stadio è stata una bella testimonianza: tutta la Chiesa, il successore di San Pietro, il rappresentante di Gesù Cristo, il pastore di tutto il popolo di Dio, tutti a pregare insieme. Il raduno nella Chiesa melkita era per la vita consacrata: tutti i religiosi e le religiose, ma anche i maestri di catechismo erano presenti ed hanno avuto il messaggio del Santo Padre per il futuro, per penetrare più fortemente nelle anime dei giovani e ben educarle e dare loro davvero un’educazione cristiana.


D. – Il Papa si trova a Gerusalemme, la seconda tappa del suo pellegrinaggio, ha raggiunto Israele. Lei lo raggiungerà lì. Qual è il suo auspicio per questo nuovo momento che sta vivendo il Papa?


R. – Lì certamente tutto il popolo cristiano, sia in Israele, sia in Palestina, e anche tutti i responsabili dei governi in Israele e Palestina, sono sicuro che faranno tutto il possibile per ben ricevere il Santo Padre, perché faccia il suo pellegrinaggio ai luoghi santi per dare una voce che aiuti la gente ad ascoltare la ragione e ad indirizzarsi verso una pace vera, che dà speranza ai giovani, alle generazioni di oggi e del futuro, perché senza pace né Israele né la Palestina possono vivere tranquille. La vera soluzione è una pace giusta, che soddisfi tutti quanti.





Le testimonianze del patriarca caldeo Delly e del patriarca latino di Gerusalemme Twal


Gli appelli lanciati da Benedetto XVI a sostegno dei tanti rifugiati presenti in Giordania sono stati accolti con gioia e gratitudine dai profughi cristiani iracheni. Sean Patrick Lovett al seguito del Papa ha raccolto il commento del patriarca di Babilonia dei Caldei, il cardinale Emmanuel III Delly:

R. – Sono molto grato al nostro Santo Padre che mi ha detto: “Noi preghiamo per voi sempre, specialmente per l’Iraq, affinché la pace e la tranquillità siano sempre in questo Paese”. Io, a nome di tutti gli iracheni, ed a nome di tutti i cristiani dell’Iraq, ringrazio di cuore il Santo Padre per tutto ciò che sta facendo per l’Oriente. A lui rivolgo a Dio le mie umili preghiere e così tutti i nostri fedeli. In particolar modo, questa visita contribuirà molto per la pace in questi Paesi che da tanti anni sono torturati da tanti drammi.

Durante questo pellegrinaggio in Terra Santa il Papa sta incoraggiando la minoranza cristiana a perseverare nella testimonianza di fede e di amore. Ascoltiamo in proposito il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal, sempre al microfono di Sean Patrick Lovett:

R. – Chiediamo sempre la vostra preghiera, la vostra solidarietà. La mia impressione è quella di tutto il popolo di Giordania e, oso dire, dei musulmani e dei cristiani: un’impressione molto, molto positiva. Stando accanto al Santo Padre, lui ha manifestato la sua gioia nel vedere questa comunità cristiana, una minoranza, anche se non abbiamo l’impressione di esserlo. Tutti cantano, tutti sono felici, tutti si sentono a casa, con rispetto ed amore per la nostra identità di arabi, giordani, cristiani. Andiamo avanti e con l’appoggio del Santo Padre, con la preghiera della Chiesa universale, tutto andrà bene. Speriamo che anche nella seconda parte di questo pellegrinaggio le cose andranno bene come qui in Giordania, speriamo bene. Siamo preparati al massimo, con tutta la nostra fragilità: però non perdiamo mai la speranza e la presenza del Santo Padre certamente sarà per noi tutti una benedizione.



Lo statu quo in Terra Santa: intervista con padre Macora


Durante la sua visita in Terra Santa il Papa visiterà alcuni luoghi, come il Santo Sepolcro, regolati dal cosiddetto “statu quo”. Si tratta di un aspetto molto delicato, soprattutto a livello ecumenico. Roberto Piermarini ne ha parlato con padre Atanasio Macora, segretario per la Commissione dello “statu quo” della Custodia di Terra Santa:

R. – Lo “statu quo” in senso stretto riguarda determinati santuari della Terra Santa, tra cui il Santo Sepolcro, la chiesa della Natività a Betlemme, il Santuario dell’Ascensione e la Tomba della Vergine, che sono condivisi da diverse comunità cristiane. Lo “statu quo” regola questa condivisione, nel senso che lo “statu quo” è un decreto che obbliga ciascuna delle diverse comunità a rimanere nel suo stato attuale, e non è consentito ad una comunità di andare oltre il proprio confine. Si tratta di questioni di pulizia, di mantenimento, di proprietà, di uso. Per esempio, per quanto riguarda il tempo liturgico: ogni comunità è obbligata a pregare nel tempo ad essa riservato e a non andare oltre.


D. – Chi regola lo “statu quo” nei Luoghi Santi?


R. – Lo “statu quo” è regolato … nell’anno 1852 dal sultano turco, che obbligava ciascuna comunità a rimanere al proprio posto, e questo veniva a confermare – a sua volta – una situazione precedente che risaliva al 1757. Quindi, lo “statu quo” non è un codice ma è l’imposizione di un cessate-il-fuoco, in cui ciascuno rimane al proprio posto. Ma è importante sottolineare che di per sé non è un codice, non c’è un testo unico al quale ciascuna comunità possa rivolgersi per provare i propri diritti.


D. – Padre Macora, il problema – secondo lei – è lo “statu quo” o la sua interpretazione?


R. – Di per sé, il problema è che non esiste un codice. Cioè, lo “statu quo” è vago, è in se stesso una cosa vaga, perché non è definito. Non abbiamo un codice comune. Per essere più precisi: negli anni Sessanta, le tre comunità maggiori del Santo Sepolcro, cioè i greci-ortodossi, i latini rappresentati dai Francescani e gli armeni, si sono messi d’accordo per fare i restauri. Per fare i restauri della Basilica, hanno dovuto stilare degli accordi scritti. Questi accordi scritti, a mio parere, prendono il posto dello “statu quo”: ormai, in alcune situazioni, esiste una specie di codice scritto al quale possiamo appellarci, dicendo: questo è nostro perché l’abbiamo aggiustato nel 1962. Quindi, lì lo “statu quo” non presenta alcun problema, c’è chiarezza. Ma lo “statu quo” è un grande problema. Ultimamente, a novembre, c’è stato grande conflitto tra armeni e greci causato da una interpretazione: ecco, queste parti vaghe creano difficoltà.


D. – La difficile questione di Gerusalemme, che sembra quasi inestricabile, influisce sullo “statu quo”?


R. – Di per sé, no. Lo “statu quo” in senso stretto, è riferito ai Luoghi Santi. Ciò nonostante, ogni tanto qualcuno usa questa espressione di “statu quo” per indicare che le potenze politiche di oggi rimangono sulle loro posizioni.


D. – Ultima domanda, padre Macora: c’è stato un problema – dovuto alla presenza di Benedetto XVI – qui, per quanto riguarda lo “statu quo”, o è stato superato ogni problema?


R. – Non c’è stato nessun problema: io ho trovato i greci e gli armeni disponibilissimi, al massimo; noi abbiamo dovuto chiedere – per esempio – qualche cortesia, qualche eccezione alle regole dello “statu quo”: ad esempio, i microfoni, perché nella Basilica del Santo Sepolcro è proibito l’uso di altoparlanti, per ovvi motivi. Se tutti ne facessero uso, non si riuscirebbe più a pregare. Però, in via eccezionale, possiamo usarli con il consenso delle altre due comunità che hanno acconsentito all’uso degli altoparlanti. Sono stati veramente bravi e io sono loro riconoscente.




La visita al Memoriale dell'Olocausto: intervista con una storica dello Yad Vashem


Benedetto XVI nel pomeriggio visiterà lo Yad Vashem, il Memoriale dell'Olocausto. Nella Sala della Rimembranza incontrerà sei sopravvissuti e terrà il suo discorso. Ma con quale spirito lo Yad Vashem accoglie il Papa? Roberto Piermarini lo ha chiesto a Iael Nidam Orvieto, storica dell'Istituto internazionale per la ricerca del Memoriale dell'Olocausto:

R. – Con uno spirito molto positivo e con uno spirito di benvenuto. Questa visita è estremamente importante per entrambe le parti ed il Papa rappresenta un leader spirituale molto importante nel mondo. Quindi, questa visita ha un’importanza simbolica, spirituale e non solo.


D. – Qual è la particolarità di questa visita?


R. – Dal punto di vista organizzativo, proprio perché ci rendiamo conto che si tratta di un leader spirituale molto importante, abbiamo scelto dall’inizio una modalità esattamente uguale alla visita di Giovanni Paolo II. E' divisa in due parti: una parte, diciamo, cerimoniale, che vuole dare un tributo e mantenere la memoria delle vittime della Shoah; e una seconda parte durante la quale ci sono dei discorsi – appunto il discorso del Papa – ed anche questa è unica perché la visita di Giovanni Paolo II e la visita del Papa attuale sono e resteranno le uniche occasioni durante le quali, nella Tenda della Rimembranza, si sono fatti dei discorsi.


D. – Cosa significa “Yad Vashem” e cosa rappresenta questo Memoriale per il popolo di Israele?


R. – Yad Vashem significa “il monumento e la memoria”. Rappresenta il luogo, possiamo dire simbolico – molti lo vedono anche come la tomba simbolica – dei sei milioni di ebrei sterminati dai nazisti e dai loro collaboratori. Dobbiamo ricordarci che la maggior parte delle vittime non ha una tomba e proprio nel luogo dove avverrà la cerimonia, la Tenda della Rimembranza, sono seppelliti sei calici pieni di ceneri che sono state raccolte nei sei campi di sterminio nel ’45; nel ’46 poi, sono stati portati qui in Israele e sono stati seppelliti in maniera temporanea fino all’apertura della Tenda della Rimembranza. Da quando la tenda della rimembranza è stata costruita, quella è diventata veramente la tomba simbolica dei sei milioni di vittime. Proprio per questo, scegliamo quel luogo come luogo più adatto per questo tipo di cerimonie.




I cristiani d'Israele, in attesa del Papa
Preparano la Messa che verrà celebrata martedì nel Getsemani

di Chiara Santomiero


GERUSALEMME, lunedì, 11 maggio (ZENIT.org).- “Stiamo aspettando il Papa come dei figli aspettano il padre”: riassume così Eli Hajjar, il senso della grande attesa dei cristiani di Terra Santa per la visita di Benedetto XVI da poco arrivato all’aereoporto di Tel Aviv.

Eli abita a Gerusalemme, ha 21 anni e frequenta l’Università di Betlemme. Il suo gruppo parrocchiale – una ventina tra ragazzi e ragazze – è impegnato nel catechismo per i bambini e in attività sociali a favore degli anziani soli.

In questi giorni molti di essi sono occupati nella preparazione all’accoglienza del Santo padre che domani celebrerà la Messa nel Getsemani.

“Stiamo decorando le strade attraverso le quali passerà il Papa – spiega Eli – ed alcuni partecipano alle prove del coro che animerà la liturgia. Altri provvederanno alle Letture e alla raccolta delle offerte mentre gli scout si occuperanno di suonare gli strumenti musicali e del servizio d’ordine. Tutti stiamo pregando perché il Papa abbia un viaggio tranquillo”.

“Oggi i cristiani, e specialmente noi cattolici – racconta Eli – viviamo la grande speranza che il Papa porti di nuovo pace nelle nostre vite. Anche ebrei e musulmani, da parte loro, attendono di conoscere chi è questo grande uomo, chi è il successore di Pietro”.

Un’attesa ancora più speciale per i giovani, per molti dei quali – bambini durante la visita di Giovanni Paolo II nel 2000 – è la prima occasione di incontrare un Pontefice.

Se ne avessero l’opportunità, cosa chiederebbero a Benedetto XVI? “Di non lasciarci soli. Sapere che il Papa ci è accanto, ci dà la speranza necessaria per portare avanti la nostra croce. Per piacere Santità, non smetta di avere attenzione per noi, di fare qualcosa: abbiamo bisogno di pace”.

Betlemme

Un’attesa ancora maggiore, se possibile, si vive in queste ore per la Santa Messa che il Papa celebrerà il 13 maggio nella Piazza della Mangiatoia di Betlemme. Vincenzo Bellomo, laico fidei donum della diocesi di Mazara del Vallo, è qui da tre anni come responsabile dei progetti di aiuto sociale della Custodia di Terra Santa nel territorio di Betlemme.

“La visita a Betlemme – spiega – è la visita a un territorio chiuso e circondato, da cui si può uscire solo con i permessi. E’ un po’ come fare visita a dei carcerati, sebbene si tratti di un luogo molto speciale”.

“C’è un’attesa molto bella – racconta Bellomo – con un grande entusiasmo e una grande fiducia in questo Papa, che riesce a venire in Terra Santa all’inizio del suo pontificato. Si aspettano da lui parole di verità molto forti su Gaza e sulla situazione dei cristiani qui”.

Attualmente nel territorio di Betlemme vivono circa 15 mila cristiani, di cui 6 mila latini cioè cattolici: “I problemi economici sono rilevanti – spiega Bellomo – perché Betlemme è sempre stata satellite di Gerusalemme dal punto di vista lavorativo; questa trafila dei permessi per potervisi recare è talmente complessa, che anche chi non ha perso il lavoro in seguito alla seconda Intifada, vi ha rinunciato, con gravi ripercussioni per la situazione delle famiglie”.

Negli ultimi tempi, però, si manifesta qualche segnale di ripresa: “i pellegrinaggi sono ricominciati e si sono riavviate, di conseguenza, le attività legate all’accoglienza dei pellegrini e all’artigianato del legno di olivo, che sono le uniche risorse del territorio”.

Bellomo spera che la grande attesa dei palestinesi, anche dei non cristiani, per la visita del Santo Padre non venga delusa dai pochi posti disponibili per partecipare alle celebrazioni: “la piazza della Mangiatoia – spiega – non può accogliere più di 5 mila persone, cioè un terzo dei cristiani, senza tener conto dei musulmani e degli ebrei che pure avrebbero voluto essere presenti”.

“Alla messa di Gerusalemme, inoltre, molti posti sono stati riservati alle delegazioni straniere ma queste, a differenza dei palestinesi, possono incontrare il Papa in altre occasioni”, aggiunge.

Un ringraziamento particolare Bellomo vuole indirizzarlo a Benedetto XVI “per il suo coraggio nell’intraprendere questa visita in un momento in cui, per molti versi, sembrava sconsigliabile”.

Nazaret

L’ultima grande celebrazione eucaristica del Papa in Terra Santa sarà a Nazaret, il 14 maggio, sul Monte del Precipizio. Qui lo attenderanno i fedeli dell’Alta Galilea; padre Renato Rosso, appartenente all’ordine dei carmelitani scalzi, si sta occupando di organizzare i pullman per i fedeli della parrocchia di S. Joseph, l’unica parrocchia latina di Haifa.

Anche ad Haifa l’attesa è grande “per la visita del Papa vissuta come gesto di vicinanza e comunione ecclesiale”.

Padre Rosso è responsabile del gruppo giovani di Azione cattolica della parrocchia, frequentato da un centinaio di ragazzi e ragazze: “Per la maggior parte di loro è la prima occasione, non solo di incontrare il Papa, ma anche di entrare in contatto con altri cristiani di varie parti del mondo”.

“Come chiesa minoritaria nel contesto della Terra Santa – aggiunge – sentiamo molto il legame con la chiesa universale e anche con l’Azione cattolica: i giovani di Haifa ricordano con molta simpatia il pellegrinaggio dei giovani di Ac di tutto il mondo arrivati qui lo scorso anno”.

Ancora pace nella speranza di tutti: “Anche da parte ebraica e musulmana – conclude padre Rosso - si guarda a questo viaggio come a un segno per riaffermare la volontà di pace e trovare una soluzione per i grandi problemi della comunità palestinese”.





Israele accoglie il Papa come "vero amico" del popolo ebraico
Messaggio del Ministero degli Esteri



GERUSALEMME, lunedì, 11 maggio 2009 (ZENIT.org).- Il Governo israeliano, attraverso un messaggio diffuso dal Ministero degli Esteri, ha dato il benvenuto al Papa definendolo "un vero amico dello Stato di Israele e del popolo ebraico".

Questa visita, sottolinea il comunicato, "segnerà un passo importante nello sviluppo delle relazioni tra il Vaticano e Israele", oltre a rappresentare "un enorme contributo per rafforzare il dialogo tra il cristianesimo, l'ebraismo e l'islam, come parte dello sforzo per raggiungere la pace nella regione".

In questo senso il testo, in linea con le parole pronunciate dal Papa sulla libertà religiosa nel suo discorso appena giunto all'aeroporto di Tel Aviv, afferma che Israele "è impegnato a garantire la completa libertà di culto per tutti, e a salvaguardare il libero accesso a tutti i luoghi santi".

Le autorità israeliane invitano inoltre i cristiani di tutto il mondo a "imitare l'esempio del Papa" e a recarsi in pellegrinaggio in Terra Santa, per "un'esperienza spirituale unica": "Israele comprende l'importanza di queste visite, e farà tutto il possibile per favorirle".

"Il pellegrinaggio in Israele costituisce un ponte di pace tra i popoli e le religioni", aggiunge il comunicato. "Israele esorta i cristiani di tutto il mondo a sostenere il messaggio della visita del Papa e a seguire il suo esempio sperimentando in prima persona un pellegrinaggio in Terra Santa".

Il pellegrinaggio, insiste, "ha il valore aggiunto di unire persone di credo diversi, grazie al loro sfondo comune a livello storico e culturale. E' questa la chiave per iniziare un dialogo di pace tra credenti di religioni e credo differenti". In particolare, il Ministero propone come mete Gerusalemme e Nazareth.

Il messaggio completo è consultabile sulla pagina del Ministero: www.mfa.gov.il/MFA




Pioniere del dialogo analizza la visita papale in Israele
Baruch Tenembaum auspica un'approfondimento delle relazioni ebraico-cattoliche



GERUSALEMME, lunedì, 11 maggio (ZENIT.org).- Baruch Tenembaum, fondatore della Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg, spera che la visita iniziata questo lunedì da Benedetto XVI serva ad approfondire il dialogo tra cattolici ed ebrei.

In alcune dichiarazioni a ZENIT, questo pioniere del dialogo interreligioso dai tempi di Paolo VI, negli anni Sessanta, ha parlato di un'opportunità storica per intavolare “un dialogo profondo con coloro che si preoccupano davvero di consolidare il vincolo di fratellanza che unisce queste due grandi religioni”.

In occasione della visita del Santo Padre, la Fondazione Wallenberg ha rivolto un appello mondiale per ottenere testimonianze sui cattolici che salvarono gli ebrei dalla persecuzione nazista durante la Seconda Guerra Mondiale (www.raoulwallenberg.net).

“Il livello di risposta è sorprendentemente alto”, informa Tenembaum. “Stiamo ricevendo decine di risposte al nostro appello, e le nostre équipes di ricercatori le stanno valutando”.

“In Israele vivono ancora molti sopravvissuti all'Olocausto, che devono la propria vita a salvatori cattolici... sarebbe un'eccellente opportunità perché il Sommo Pontefice conosca personalmente alcuni di loro”, ha aggiunto.

Uno degli attuali Ministri del Governo israeliano, Yossi Peled, è un sopravvissuto all'Olocausto. E' stato salvato in Belgio, insieme alle sue sorelle, da una famiglia cattolica.

Il fondatore della Fondazione Wallenberg ha sottolineato che “la creazione dello Stato di Israele si deve in gran parte ad Angelo Roncalli (in seguito noto come Papa Giovanni XXIII), che ha voluto intercedere presso Papa Pio XII perché non ponesse ostacoli alla votazione a favore della creazione dello Stato ebraico”.

“Angelo Roncalli, come Nunzio Apostolico a Istanbul, salvò la vita a migliaia di ebrei. La nostra Fondazione ha creato un comitato speciale per promuovere il suo riconoscimento come salvatore e preparare programmi educativi per sottolineare la sua eredità”.

Tenembaum ha anche ricordato l'importanza del dialogo autentico tra i rappresentanti delle due religioni, esortando il Vaticano ad aprire i suoi archivi e chiedendo lo stesso ad alcune istituzioni ebraiche, come lo Yad Vashem di Gerusalemme, per permettere agli storici di approfondire le loro ricerche.

A suo avviso, un dialogo fruttuoso tra la Chiesa cattolica e i leader spirituali dell'ebraismo deve abbracciare anche i grandi rabbini, come il rabbino Meir Lau (sopravvissuto all'Olocausto) e il rabbino Sha´ar Yshuv di Haifa.

“In passato, sono state commesse grandi ingiustizie, come l'espulsione degli ebrei dalla Spagna, ed è necessario approfondire questi temi – propone –. E' anche importante che quanti devono chiedere perdono lo facciano, anche se le loro vittime non sono più tra noi per perdonarli”.

“Dall'altro lato – sottolinea Tenembaum –, il popolo ebraico deve manifestare la sua eterna gratitudine per quei cattolici, uomini e donne, che rischiarono la vita per salvare i loro fratelli perseguitati dal mostro nazista”.





Concerto per la Riconciliazione a Gerusalemme
Iniziativa di Sat2000, in occasione della visita del Papa



ROMA, lunedì, 11 maggio 2009 (ZENIT.org).- Il 13 maggio, in occasione della visita del Santo Padre in Terra Santa, avrà luogo a Gerusalemme un grande evento internazionale di musica e danza per favorire l'unità e la pace tra i popoli: il Concerto per la Riconciliazione.

Il concerto, patrocinato dal Comune di Roma, è stato organizzato da Sat2000, l'emittente satellitare dei Vescovi italiani. L'evento avrà come scenario l'anfiteatro romano di Bet She'an, che potrà ospitare oltre 7000 persone.

Lo spettacolo, di 120 minuti circa, vedrà sul palco musicisti e cantanti che si alterneranno alla suggestive coreografie dello spettacolo di teatro-danza Beresheet-In principio di Angelica Calo' Livne'. Ad accompagnare gli artisti il coro dell'istituto Magnificat, composto da 20 bambine ebree, cristiane e musulmane, i Gregorian e la Simphonet Raanana Orchestra.

Tra gli artisti italiani saranno presenti: Lucio Dalla, Alessandro Safina, Francesco D’Orazio e gli ItalianQuintet.

Il Presidente israeliano, Shimon Peres, sarà presente per salutare questo evento eccezionale a cui presenzieranno autorità italiane e giordane.

Verranno inoltre proiettati i videomessaggi registrati di Riccardo Di Segni, Rabbino capo di Roma, del Cardinale Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, e dell'Imam della moschea di Roma, Al Ghobaishi.

Sat2000 - presente sul satellite, in chiaro, al canale 801 di Sky e sul digitale terrestre - trasmetterà il concerto mercoledì, 13 maggio, alle ore 21:30.






www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=831&sett...

www.radiovaticana.org/it1/videonews_ita.asp?anno=2009&videoclip=830&sett...

Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 00:21. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com