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Viaggi pastorali in Italia

Ultimo Aggiornamento: 06/10/2012 20:47
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06/09/2009 16:21
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VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI A VITERBO E BAGNOREGIO (6 SETTEMBRE 2009) - I


Alle ore 8.30 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI parte in elicottero dall’eliporto delle Ville Pontificie di Castel Gandolfo per la Visita Pastorale a Viterbo e Bagnoregio.
All’atterraggio nel campo sportivo "Rocchi" di Viterbo il Papa è accolto dal Vescovo S.E. Mons. Lorenzo Chiarinelli e dall’On. Gianni Letta, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Rappresentante del Governo Italiano, insieme alle altre Autorità politiche, civili ed ecclesiastiche.
Subito dopo raggiunge in auto Piazza San Lorenzo e davanti la Cattedrale benedice le nuove porte di bronzo, opera dell’artista Roberto Ioppolo.
Alle 9.30, sulla Loggia del Palazzo dei Papi, Benedetto XVI riceve i saluti di benvenuto del Sindaco, On. Giulio Marini, e del Vescovo, S.E. Mons. Lorenzo Chiarinelli. Quindi compie una breve visita alla "Sala del Conclave" del Palazzo, sede - dal dicembre 1268 al settembre 1271 - del lungo Conclave nel quale venne eletto Papa Gregorio X.



CELEBRAZIONE EUCARISTICA SULLA SPIANATA DI VALLE FAUL A VITERBO

Lasciato il Palazzo dei Papi, il Santo Padre Benedetto XVI raggiunge in auto la spianata di Valle Faul, dove alle 10.15 presiede la Celebrazione eucaristica.
Nel corso della Santa Messa, dopo la proclamazione del Santo Vangelo, il Papa tiene la seguente omelia:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Davvero inedito e suggestivo è lo scenario nel quale celebriamo la Santa Messa: ci troviamo nella "Valle" prospiciente l’antica Porta denominata FAUL, che con le sue quattro lettere richiama i quattro colli dell’antica Viterbium, e cioè Fanum-Arbanum-Vetulonia-Longula. Da un lato, si erge imponente il Palazzo, un tempo residenza dei Papi, che – come ha ricordato il vostro Vescovo - nel sec. XIII ha visto ben 5 conclavi; intorno ci circondano edifici e spazi, testimoni di molteplici vicende del passato, ed oggi tessuto di vita della vostra Città e Provincia. In questo contesto, che rievoca secoli di storia civile e religiosa, si trova ora idealmente raccolta, con il Successore di Pietro, l’intera vostra Comunità diocesana, per essere da lui confermata nella fedeltà a Cristo e al suo Vangelo.

A voi tutti, cari fratelli e sorelle, rivolgo con affetto il mio grato pensiero per la calorosa accoglienza riservatami. Saluto in primo luogo il vostro amato Pastore, Mons. Lorenzo Chiarinelli, che ringrazio per le parole di benvenuto. Saluto gli altri Vescovi, in particolare quelli del Lazio con il Cardinale Vicario di Roma, i cari sacerdoti diocesani, i diaconi, i seminaristi, i religiosi e le religiose, i giovani e i bambini, ed estendo il mio ricordo a tutte le componenti della Diocesi, che nel recente passato, ha visto unirsi a Viterbo, con l’abbazia di San Martino al Monte Cimino, le diocesi di Acquapendente, Bagnoregio, Montefiascone e Tuscania. Questa nuova configurazione è ora artisticamente scolpita nelle "Porte di bronzo" della Chiesa Cattedrale che, iniziando questa mia visita da Piazza San Lorenzo, ho potuto benedire e ammirare. Con deferenza mi rivolgo alle Autorità civili e militari, ai rappresentanti del Parlamento, del Governo, della Regione e della Provincia, ed in modo speciale al Sindaco della Città, che si è fatto interprete dei cordiali sentimenti della popolazione viterbese. Ringrazio le Forze dell’ordine e saluto i numerosi militari presenti in questa Città, come pure quelli impegnati nelle missioni di pace nel mondo. Saluto e ringrazio i volontari e quanti hanno dato il loro contributo alla realizzazione della mia visita. Riservo un saluto tutto particolare agli anziani e alle persone sole, ai malati, ai carcerati e a quanti non hanno potuto prendere parte a questo nostro incontro di preghiera e di amicizia.

Cari fratelli e sorelle, ogni assemblea liturgica è spazio della presenza di Dio. Riuniti per la Santa Eucaristia, i discepoli del Signore proclamano che Egli è risorto, è vivo e datore di vita, e testimoniano che la sua presenza è grazia, è compito, è gioia. Apriamo il cuore alla sua parola ed accogliamo il dono della sua presenza! Nella prima lettura, il profeta Isaia (35,4-7) incoraggia gli "smarriti di cuore" e annuncia questa stupenda novità, che l’esperienza conferma: quando il Signore è presente si riaprono gli occhi del cieco, si schiudono gli orecchi del sordo, lo zoppo "salta" come un cervo. Tutto rinasce e tutto rivive perché acque benefiche irrigano il deserto. Il "deserto", nel suo linguaggio simbolico, può evocare gli eventi drammatici, le situazioni difficili e la solitudine che segna non raramente la vita; il deserto più profondo è il cuore umano, quando perde la capacità di ascoltare, di parlare, di comunicare con Dio e con gli altri. Si diventa allora ciechi perché incapaci di vedere la realtà; si chiudono gli orecchi per non ascoltare il grido di chi implora aiuto; si indurisce il cuore nell’indifferenza e nell’egoismo. Ma ora – annuncia il Profeta – tutto è destinato a cambiare; questa "terra arida" di un cuore chiuso sarà irrigata da una nuova linfa divina. E quando il Signore viene, agli smarriti di cuore di ogni epoca dice con autorità: "Coraggio, non temete"! ( v. 4)

Si aggancia qui perfettamente l’episodio evangelico, narrato da san Marco (7,31-37): Gesù guarisce in terra pagana un sordomuto. Prima lo accoglie e si prende cura di lui con il linguaggio dei gesti, più immediati delle parole; e poi con un’espressione in lingua aramaica gli dice: "Effatà", cioè "apriti", ridonando a quell’uomo udito e lingua. Piena di stupore, la folla esclama: "Ha fatto bene ogni cosa!" (v. 37). Possiamo vedere in questo "segno" l’ardente desiderio di Gesù di vincere nell’uomo la solitudine e l’incomunicabilità create dall’egoismo, per dare volto ad una "nuova umanità", l’umanità dell’ascolto e della parola, del dialogo, della comunicazione, della comunione con Dio. Una umanità "buona", come buona è tutta la creazione di Dio; una umanità senza discriminazioni, senza esclusioni – come ammonisce l’apostolo Giacomo nella sua Lettera (2,1-5) – così che il mondo sia veramente e per tutti "campo di genuina fraternità" (Gaudium et spes, 37), nell’apertura dell’amore per il Padre comune che ci ha creato e ci ha fatto suoi figli e sue figlie.

Cara Chiesa di Viterbo, il Cristo, che nel Vangelo vediamo aprire gli orecchi e sciogliere il nodo della lingua al sordomuto, dischiuda il tuo cuore, e ti dia sempre la gioia dell’ascolto della sua Parola, il coraggio dell’annuncio del Suo Vangelo, la capacità di parlare con Dio e di parlare così con i tuoi fratelli e sorelle, e finalmente il coraggio della scoperta del suo Volto e della sua Bellezza! Ma, perché questo possa avvenire – ricorda San Bonaventura da Bagnoregio, dove mi recherò questo pomeriggio – la mente deve "andare al di là di tutto con la contemplazione e andare al di là non solo del mondo sensibile, ma anche al di là di se stessa" (Itinerarium mentis in Deum VII,1). E’ questo l’itinerario di salvezza, illuminato dalla luce della Parola di Dio e nutrito dai sacramenti, che accomuna tutti i cristiani.

Di questo cammino che anche tu, amata Chiesa che vive in questa terra sei chiamata a percorrere, vorrei ora riprendere alcune linee spirituali e pastorali. Una priorità che tanto sta a cuore al tuo Vescovo, è l’educazione alla fede, come ricerca, come iniziazione cristiana, come vita in Cristo. È il "diventare cristiani" che consiste in quell’ "imparare Cristo" che san Paolo esprime con la formula: "Non vivo più io, ma Cristo vive in me" (Gal 2,20). In questa esperienza sono coinvolte le parrocchie, le famiglie e le varie realtà associative. Sono chiamati ad impegnarsi i catechisti e tutti gli educatori; è chiamata ad offrire il proprio apporto la scuola, dalle primarie all’Università della Tuscia, sempre più importante e prestigiosa, ed, in particolare, la scuola cattolica, con l’Istituto filosofico-teologico "San Pietro". Ci sono modelli sempre attuali, autentici pionieri dell’educazione alla fede a cui ispirarsi. Mi piace menzionare, tra gli altri, santa Rosa Venerini (1656-1728) – che ho avuto la gioia di canonizzare tre anni or sono – vera antesignana delle scuole femminili in Italia, proprio "nel secolo dei Lumi"; santa Lucia Filippini (1672-1732) che, con l’aiuto del Venerabile Cardinale Marco Antonio Barbarigo (1640-1706), ha fondato le benemerite "Maestre Pie". Da queste sorgenti spirituali si potrà felicemente attingere ancora per affrontare, con lucidità e coerenza, l’attuale, ineludibile e prioritaria, "emergenza educativa", grande sfida per ogni comunità cristiana e per l’intera società che è proprio un processo di "Effatà", di aprire gli orecchi, il nodo della lingua e anche gli occhi.

Insieme all’educazione, la testimonianza della fede. "La fede – scrive san Paolo – si rende operosa per mezzo della carità" (Gal 5,6). È in questa prospettiva che prende volto l’azione caritativa della Chiesa: le sue iniziative, le sue opere sono segni della fede e dell’amore di Dio, che è Amore – come ho ricordato ampiamente nelle Encicliche Deus caritas est e Caritas in veritate. Qui fiorisce e va sempre più incrementata la presenza del volontariato, sia sul piano personale, sia su quello associativo, che trova nella Caritas il suo organismo propulsore ed educativo. La giovane santa Rosa (1233-1251), co-patrona della Diocesi e la cui festa cade proprio in questi giorni, è fulgido esempio di fede e di generosità verso i poveri. Come non ricordare inoltre che santa Giacinta Marescotti (1585-1640) promosse in città l’adorazione eucaristica dal suo Monastero, e dette vita a istituzioni ed iniziative per i carcerati e gli emarginati? Né possiamo dimenticare la francescana testimonianza di san Crispino, cappuccino (1668-1759), che tuttora ispira benemerite presenze assistenziali. E’ significativo che in questo clima di fervore evangelico siano nate molte case di vita consacrata, maschili e femminili, ed in particolare monasteri di clausura, che costituiscono un visibile richiamo al primato di Dio nella nostra esistenza e ci ricordano che la prima forma di carità è proprio la preghiera. Emblematico al riguardo, l’esempio della beata Gabriella Sagheddu (1914-1939), trappista: nel monastero di Vitorchiano, dove è sepolta, continua ad essere proposto quell’ecumenismo spirituale, alimentato da incessante preghiera, vivamente sollecitato dal Concilio Vaticano II (cfr Unitatis redintegratio, 8). Ricordo anche il viterbese beato Domenico Bàrberi (1792-1849), passionista, che nel 1845 accolse nella Chiesa cattolica John Henry Newman, divenuto poi Cardinale, figura di alto profilo intellettuale e di luminosa spiritualità.

Vorrei infine accennare ad una terza linea del vostro piano pastorale: l’attenzione ai segni di Dio. Come ha fatto Gesù con il sordomuto, allo stesso modo Dio continua a rivelarci il suo progetto mediante "eventi e parole". Ascoltare la sua parola e discernere i suoi segni deve essere pertanto l’impegno di ogni cristiano e di ciascuna comunità. Il più immediato dei segni di Dio è certamente l’attenzione al prossimo, secondo quanto Gesù ha detto: "Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me" (Mt 25,40). Inoltre, come afferma il Concilio Vaticano II, il cristiano è chiamato ad essere "davanti al mondo un testimone della risurrezione e della vita del Signore Gesù e un segno del Dio vivo" (Lumen gentium, 38). Deve esserlo in primo luogo il sacerdote che Cristo ha scelto tutto per sé. Durante questo Anno Sacerdotale, pregate con maggiore intensità per i sacerdoti, per i seminaristi e per le vocazioni, perché siano fedeli a questa loro vocazione! Segno del Dio vivo deve esserlo, altresì, ogni persona consacrata e ogni battezzato.

Fedeli laici, giovani e famiglie, non abbiate paura di vivere e testimoniare la fede nei vari ambiti della società, nelle molteplici situazioni dell’esistenza umana! Viterbo ha espresso anche al riguardo figure prestigiose. In questa occasione è dovere e gioia far memoria del giovane Mario Fani di Viterbo, iniziatore del "Circolo Santa Rosa", che accese, insieme a Giovanni Acquaderni, di Bologna, quella prima luce che sarebbe poi diventata l’esperienza storica del laicato in Italia: l’Azione Cattolica. Si succedono le stagioni della storia, cambiano i contesti sociali, ma non muta e non passa di moda la vocazione dei cristiani a vivere il Vangelo in solidarietà con la famiglia umana, al passo con i tempi. Ecco l’impegno sociale, ecco il servizio proprio dell’azione politica, ecco lo sviluppo umano integrale.

Cari fratelli e sorelle! Quando il cuore si smarrisce nel deserto della vita, non abbiate paura, affidatevi a Cristo, il primogenito dell’umanità nuova: una famiglia di fratelli costruita nella libertà e nella giustizia, nella verità e nella carità dei figli di Dio. Di questa grande famiglia fanno parte Santi a voi cari: Lorenzo, Valentino, Ilario, Rosa, Lucia, Bonaventura e molti altri. Nostra comune Madre è Maria che venerate, col titolo di Madonna della Quercia, quale Patrona dell’intera Diocesi nella sua nuova configurazione. Siano essi a custodirvi sempre uniti e ad alimentare in ciascuno il desiderio di proclamare, con le parole e con le opere, la presenza e l’amore di Cristo! Amen.





VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI A VITERBO E BAGNOREGIO (6 SETTEMBRE 2009) - II


Al termine della Santa Messa celebrata sulla spianata di Valle Faul a Viterbo, il Papa guida la recita dell’Angelus. Queste le parole del Santo Padre nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Al termine di questa solenne Celebrazione eucaristica, ringrazio ancora una volta il Signore per avermi dato la gioia di compiere questa visita pastorale alla vostra comunità diocesana. Sono venuto tra voi per incoraggiarvi e per confermarvi nella fedeltà a Cristo, come ben indica anche il tema che avete scelto: "Conferma i tuoi fratelli" (Lc 22,31). Queste parole Gesù le ha rivolte all’apostolo Pietro durante l’Ultima Cena, affidandogli il compito di essere qui in terra Pastore di tutta la sua Chiesa.

Da molti secoli la vostra Diocesi si contraddistingue per un singolare vincolo di affetto e di comunione con il Successore di Pietro. Ho potuto rendermene conto visitando il Palazzo dei Papi e, in particolare, la sala del "Conclave". Nel vasto territorio dell’antica Tuscia nacque san Leone Magno, che rese un grande servizio alla verità nella carità, attraverso un assiduo esercizio della parola, testimoniato dai suoi Sermoni e dalle sue Lettere. A Blera ebbe i natali il Papa Sabiniano, successore di san Gregorio Magno; a Canino nacque Paolo III. Viterbo fu scelta per tutta la seconda parte del XIII secolo quale residenza dei Pontefici Romani; qui furono eletti cinque miei predecessori, e quattro di essi vi sono sepolti; ben cinquanta l’hanno visitata – ultimo il Servo di Dio Giovanni Paolo II, 25 anni or sono. Queste cifre rivestono un significato storico, ma di esse, in questo momento, vorrei accentuare soprattutto il valore spirituale. Viterbo viene giustamente chiamata "Città dei Papi", e questo costituisce per voi uno stimolo ulteriore a vivere e testimoniare la fede cristiana, la stessa fede per la quale hanno dato la vita i santi martiri Valentino e Ilario, custoditi nella Chiesa Cattedrale, primi di una lunga scia di Santi, Martiri e Beati della vostra terra.

"Conferma i tuoi fratelli": quest’invito del Signore l’avverto oggi indirizzato a me con una intensità singolare. Pregate, cari fratelli e sorelle, perché possa svolgere sempre con fedeltà e amore la missione di Pastore di tutto il gregge di Cristo (cfr Gv 21,15 ss). Da parte mia, assicuro un costante ricordo al Signore per la vostra comunità diocesana, perché le diverse sue articolazioni – di cui ho potuto ammirare una simbolica rappresentazione nelle nuove porte del Duomo - tendano ad una sempre più piena unità e fraterna comunione, condizioni indispensabili per offrire al mondo un’efficace testimonianza evangelica. Affiderò queste intenzioni nel pomeriggio alla Vergine Maria, visitando il Santuario della Madonna della Quercia. Ora, con la preghiera che ricorda il suo "sì" all’annuncio dell’Angelo, Le chiediamo di mantenere la nostra fede sempre forte e gioiosa.

Angelus Domini…


DOPO L’ANGELUS

Desidero ora inviare un cordiale saluto ai partecipanti al Congresso Internazionale "Uomini e Religioni", che si tiene a Cracovia sul tema: "Fedi e culture in dialogo". Numerose personalità e rappresentanti di varie Religioni – invitati dall’Arcidiocesi di Cracovia e dalla Comunità di Sant’Egidio – sono riuniti per riflettere e pregare in favore della pace, a 70 anni dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Non possiamo non ricordare i drammatici fatti che diedero inizio ad uno dei più terribili conflitti della storia, che ha causato decine di milioni di morti e ha provocato tante sofferenze all’amato popolo polacco; un conflitto che ha visto la tragedia dell’Olocausto e lo sterminio di altre schiere di innocenti. La memoria di questi eventi ci spinga a pregare per le vittime e per coloro che ancora ne portano ferite nel corpo e nel cuore; sia inoltre monito per tutti a non ripetere tali barbarie e ad intensificare gli sforzi per costruire nel nostro tempo, segnato ancora da conflitti e contrapposizioni, una pace duratura, trasmettendo, soprattutto alle nuove generazioni, una cultura e uno stile di vita improntati all’amore, alla solidarietà e alla stima per l’altro. In questa prospettiva, è particolarmente importante l’apporto che le Religioni possono e devono dare nel promuovere il perdono e la riconciliazione contro la violenza, il razzismo, il totalitarismo e l’estremismo che deturpano l’immagine del Creatore nell’uomo, cancellano l’orizzonte di Dio e, di conseguenza, conducono al disprezzo dell’uomo stesso. Il Signore ci aiuti a costruire la pace, partendo dall’amore e dalla comprensione reciproca (cfr Caritas in veritate, 72).



VISITA AL SANTUARIO DI SANTA ROSA A VITERBO

Conclusa la Celebrazione Eucaristica, il Santo Padre si trasferisce in auto al Santuario della Madonna della Quercia a Viterbo, per il pranzo e una sosta di riposo nella "Domus La Quercia".

Lungo il tragitto, compie una sosta al Santuario di Santa Rosa, Patrona di Viterbo, per la venerazione delle reliquie. Nella Piazza antistante il Santuario sono presenti i "Facchini di Santa Rosa", che mostrano al Papa l’artistica "Macchina di Santa Rosa", trasportata per le vie della città ogni anno nella sera del 3 settembre.




Migliaia di persone a Viterbo per la Messa presieduta da Benedetto XVI, nel pomeriggio la visita del Papa a Bagnoregio


Circa quindicimila i fedeli che hanno partecipato alla celebrazione eucaristica presieduta da Benedetto XVI nel suggestivo scenario della valle Faul a Viterbo, dove il Papa è giunto, per la sua sedicesima visita pastorale in Italia. Arrivato in elicottero intorno alle 9, è stato accolto dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, con il quale si è poi intrattenuto per pochi minuti al termine della Messa. Dopo aver attraversato la città in papamobile ha benedetto le nuove porte del Duomo e ha visitato con il vescovo mons. Lorenzo Chiarinelli la sala del Conclave nel palazzo dei Papi. Dopo la Santa Messa e la recita dell’Angelus, il Papa ha sostato presso il Santuario di Santa Rosa, per venerare il corpo incorrotto qui custodito. Uscendo il Santo Padre ha potuto ammirare la Macchina di Santa Rosa e salutare i "facchini" che l’hanno fin qui trasportata nelgiorno della festa della Patrona della città. Per la cronaca l’inviata a Viterbo Antonella Palermo:

La Chiesa di ieri e quella di oggi. Le rivalità che segnarono “il lungo e travagliato Conclave” del 1271 e il desiderio attuale dell’intera Tuscia di ritemprare la propria fede. Così il vescovo di Viterbo Lorenzo Chiarinelli ha presentato stamani a Benedetto XVI, nella magnifica Loggia del Palazzo papale, una terra che accoglie il Santo Padre “tra tribolazioni e grazie”. Terra che - come ha espresso il sindaco Giulio Marini nel saluto di benvenuto - non sfugge ai segni dell’inquietudine contemporanea, alla domanda di certezze e stabilità per il futuro, soprattutto dei giovani. Il Papa . appena giunto nella città ancora addobbata a festa per la patrona Santa Rosa - ha benedetto le nuove porte bronzee della cattedrale, “porte della Luce”, opera del maestro Roberto Joppolo, rappresentazione simbolica della nuova configurazione della diocesi dopo l’unificazione del 1986. Nell’omelia, chiaro fin da subito è stato il messaggio del Papa: “Coraggio non temete!”, riprendendo i profeta Isaia della prima lettura. Il Pontefice ha poi messo in guardia sui rischi di solitudine e incomunicabilità creati dall’egoismo e ha levato la sua preghiera.

“Cara Chiesa di Viterbo, il Cristo, che nel Vangelo vediamo aprire gli orecchi e sciogliere il nodo della lingua al sordomuto, dischiuda il tuo cuore, e ti dia sempre la gioia dell’ascolto della sua Parola, il coraggio dell’annuncio del Vangelo e la scoperta del suo Volto e della sua Bellezza!”.
“Ma, perché questo possa avvenire - ha aggiunto il Papa citando find’ora San Bonaventura, a cui dedicherà il discorso del pomeriggio a Bagnoregio - la mente deve andare al di là di tutto con la contemplazione e andare al di là non solo del mondo sensibile, ma anche al di là di se stessa”. Dal palco della Valle Faul a forma di conchiglia aperta, Benedetto XVI ha evidenziato tre priorità per la comunità ecclesiale viterbese: l’educazione alla fede, la testimonianza della fede, l’attenzione ai segni di Dio. Il Papa ha ricordato l’importante ruolo formativo dell’Università della Tuscia e dell’Istituto Filosofico-Teologico “San Pietro” così come la figura di Santa Rosa Venerini - da lui stesso canonizzata tre anni fa - antesignana delle scuole femminili in Italia:
“Da queste sorgenti spirituali si potrà felicemente attingere ancora per affrontare, con lucidità e coerenza, l’attuale, ineludibile e prioritaria, 'emergenza educativa', grande sfida per ogni comunità cristiana e per l’intera società”.

Il Papa si è augurato ancora una maggiore fioritura del volontariato, già ricco di iniziative diocesane, sull’esempio di varie figure di Santi, come la monaca Giacinta Marescotti e il cappuccino San Crispino. Nel ricordo del Papa anche il Beato Domenico Bàrberi e Mario Fani che proprio a Viterbo fondò l’Azione Cattolica italiana. Ai laici, ai giovani e alle famiglie il Pontefice ha ribadito di tenersi saldi alla vocazione cristiana a vivere il Vangelo in solidarietà con la famiglia umana, al passo con i tempi. “Ecco l’impegno sociale - ha detto il Papa - ecco il servizio proprio dell’azione politica, lo sviluppo umano integrale”. L’omelia si è poi conclusa invitando ad una speciale preghiera:
“Durante questo Anno Sacerdotale, pregate con maggiore intensità per i sacerdoti, per i seminaristi e per le vocazioni, perché siano fedeli a questa loro vocazione! Segno del Dio vivo deve esserlo, altresì, ogni persona consacrata e ogni battezzato”.

Al momento della comunione, i fedeli accostatisi all’altare centrale hanno ricevuto l’ostia consacrata dalle mani del cardinale vicario Agostino Vallini invece che da Benedetto XVI perché, nonostante il recupero del polso fratturato in luglio proceda regolarmente, il Pontefice ha preferito per ora rinunciare per evitare incertezze nella distribuzione della comunione. Infine, con l’augurio di una più piena unità tra le diverse articolazioni della comunità diocesana viterbese, il Papa ha concluso la liturgia di questa mattina richiamando, nell’Angelus, il tema della sua visita:
“'Conferma i tuoi fratelli': quest’invito del Signore l’avverto oggi indirizzato a me con una intensità singolare. Pregate, cari fratelli e sorelle, perché possa svolgere sempre con fedeltà e amore la missione di Pastore di tutto il gregge di Cristo”.
Un pensiero particolare ha voluto rivolgere Benedetto XVI ai partecipanti al Congresso internazionale “Uomini e Religioni” che si tiene a Cracovia sul tema “Fedi e culture in dialogo”, a 70 anni dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale che ha causato decine di milioni di morti e ha provocato tante sofferenze all’amato popolo polacco. Un conflitto che - ha detto il Papa - ha visto la tragedia dell’Olocausto e lo sterminio di altre schiere di innocenti”.
“La memoria di questi eventi ci spinga a pregare per le vittime e per coloro che ancora ne portano ferite nel corpo e nel cuore; sia inoltre monito per tutti a non ripetere tali barbarie e ad intensificare gli sforzi per costruire nel nostro tempo, segnato ancora da conflitti e contrapposizioni, una pace duratura, trasmettendo, soprattutto alle nuove generazioni, una cultura e uno stile di vita improntati all’amore, alla solidarietà e alla stima per l’altro”.





All'Angelus, il Papa invita l'umanità a non dimenticare la tragedia della Seconda Guerra Mondiale e dell'Olocausto


Tra circa due ore, inizierà per Benedetto XVI la seconda parte della sua giornata in terra viterbese con l’incontro, verso le 16.30, con gli organizzatori della visita. Quindi, si trasferirà nel Santuario della Madonna della Quercia per venerare l’immagine sacra della Vergine, Patrona della diocesi. Ad attendere il Papa nel Santuario vi saranno le Monache di clausura degli 11 monasteri della diocesi. Fra loro, vi sarà anche Madre Rosaria Spreafico, superiora della Trappa di Vitorchiano, dove riposano le spoglie della Beata Gabriella Sagheddu e dove - ha detto questa mattina il Papa - "continua a essere proposto quell'ecumenismo spirituale", "vivamente sollecitato dal Concilio Vaticano II. La nostra inviata, Antonella Palermo, ha incontrato Madre Spreafico alla vigilia della visita papale:

R. - Ci è stata offerta la possibilità di essere presenti al momento della preghiera privata che il Santo Padre farà nel Santuario della Quercia, prima di recarsi a Bagnoreggio. Siamo felici di poter sostare, anche se per pochi istanti, accanto a lui, ascoltarlo, ricevere la sua benedizione e attingere nuova motivazione per la nostra fedeltà. Nell’ora che precede l’ingresso del Santo Padre nel Santuario, vivremo insieme un momento di preghiera, offriremo questa preghiera per le intenzioni del Santo Padre. Ecco, la preghiera del Santo Padre ci conduce anche al senso della nostra vocazione. Il significato della clausura è vivere al cuore della Chiesa, vegliando affinché la memoria della redenzione operata da Cristo non si perda. E da questo cuore è più facile intuire che la figura del Papa è centro e garanzia della presenza di Cristo nella Chiesa. Noi sappiamo che non potremmo essere di Cristo senza il nostro pastore. Non abbiamo nessuna reticenza nel dire che amiamo Benedetto XVI come nostro pastore, che lo amiamo molto. La nostra preghiera per lui è quotidiana e continua. E’ facile vivere all’unisono con la Chiesa di Cristo, seguendo la sua parola e il suo esempio.

D. - Come si svolge la vostra giornata?

R. - La nostra vita è semplice, scorre sempre uguale, con orari scanditi dal suono delle campane, nel silenzio. Ci alziamo alle 3 del mattino e nel cuore della notte inizia la nostra preghiera, cui segue la celebrazione dell’Eucaristia, che è il centro di tutta la giornata. Poi, la vita quotidiana prosegue ritmata dal lavoro e dalla preghiera, secondo la formula benedettina "ora et labora", e si conclude verso le 7 di sera con il canto di compieta. La nostra poi è una vocazione cenobitica, di vita comune: la mensa è comune, la celebrazione della liturgia ci riunisce sette volte al giorno, il lavoro manuale e i servizi comunitari sono vissuti dentro un mutuo servizio. La sfida che insieme viviamo è quella della conversione del cuore, di rendere i nostri occhi capaci di vedere oltre l’apparenza delle cose.

D. - Avete fondato altri monasteri?

R. - Sì, in questi ultimi 40 anni da questa casa sono partiti diversi gruppi di sorelle, per dar vita ad altri monasteri nel mondo intero: alcuni in America Latina, in Asia, nella Repubblica Ceca. Ora stiamo aiutando anche una comunità in Africa.

D. - Vogliamo ricordare anche linguisticamente il termine “trappa” che cosa vuol dire?

R. - Il nostro Ordine è stato fondato nel 1098. E’ un ramo del monachesimo benedettino. Successivamente, c’è stata questa riforma trappista, che prende il nome del luogo dove è avvenuta, e cioè il monastero francese di La Trappe.

D. - Voi avete una foresteria. Chi viene qui cosa cerca?

R. - Le persone che arrivano cercano fondamentalmente un’esperienza di preghiera e di incontro più profondo con Dio e con se stessi. Da noi forse rimangono spesso sorpresi dalla vita liturgica della comunità, che è possibile seguire da una piccola cappella per gli ospiti. Chi viene con l’idea di immergersi in una solitaria avventura, per scoprire Dio e l’interiorità, si trova invece immerso nella vita liturgica della Chiesa, che alla fine riscopre come la strada più sicura per arrivare a Dio.

Lasciata Viterbo, poco dopo le 17 Benedetto XVI raggiungerà in elicottero la cittadina di Bagnoregio per venerare nella Concattedrale di San Nicola la reliquia del “Sacro Braccio” di San Bonaventura. Successivamente, saluterà le autorità e la popolazione raccolte in Piazza Sant’Agostino. Il programma della visita si concluderà verso le 18.30, quando il Pontefice decollerà in elicottero per fare ritorno al Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo.






Da Viterbo il saluto di Benedetto XVI ai partecipanti all'Incontro "Uomini e religioni". Intervista con il cardinale Stanislaw Rylko


Si è aperto stamattina in Polonia l’incontro interreligioso di preghiera per la pace "Uomini e religioni", organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio e dall’arcidiocesi di Cracovia. L’evento, che si concluderà martedì 8 settembre, ha avuto inizio con una Messa presso il Santuario della Divina Misericordia di Lagiewniki, presieduta dal cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, alla presenza dei rappresentanti delle Chiese cristiane e delle Comunità ecclesiali. Nel tardo pomeriggio, presso l’Auditorium Maximum della città di Cracovia avrà, invece, inizio l’Assemblea inaugurale dei lavori alla presenza delle autorità polacche, di alti rappresentanti internazionali, dei vertici delle Chiese cristiane e dei leader religiosi. Il servizio del nostro inviato a Cracovia Stefano Leszczynski:

“La pace è un cantiere aperto”: la frase di Giovanni Paolo II pronunciata nell’86 ad Assisi è riecheggiata nel corso della liturgia ecumenica di stamattina presso il Santuario di Lagewniki, a Cracovia, consolidando il legame ideale tra questo incontro di preghiera per la pace e lo “Spirito di Assisi”, che tuttora lo anima. In un Santuario gremito di fedeli, giunti da ogni parte del mondo, l’arcivescovo di Cracovia, cardinale Dziwisz, e il metropolita Serafim, della Chiesa Ortodossa di Romania hanno svolto le proprie omelie sul tema della pace e del ruolo fondamentale della preghiera nel suo perseguimento. “Dopo gli anni terribili della guerra e della dittatura comunista - ha detto il porporato polacco - che hanno devastato molti Paesi e fatto morire milioni di persone, Dio ci ha fatto il dono dei miracoli della pace e di un’Europa unita”. Ma la pace non è un dono che si acquisisca una volta per tutte e i pericoli più insidiosi sono, nelle parole del cardinale, quelli della secolarizzazione, del consumismo sfrenato, dell’avidità, dei piaceri della carne.


A 70 anni dallo scoppio del II conflitto mondiale e a 20 dall’abbattimento definitivo della Cortina dei ferro - ha detto il metropolita Serafim - s’innalza dunque proprio da Cracovia prima città invasa della Polonia, “una voce corale ed una preghiera all’Onnipotente, per il dono della pace per la nostra terra inquieta”. Il terribile passato dell’Europa centrale ed Orientale - ha ricordato il metropolita - ha lasciato dietro di sé macerie materiali e spirituali, ma adesso - ha esortato Serafim - è venuto il tempo di ricostruire pazientemente la casa dei valori umani e cristiani. Già nella serata di ieri, in occasione del’inaugurazione della mostra fotografica dedicata alla vita di Giovanni Paolo II, il cardinale Dziwisz aveva evocato le attuali minacce alla pace nel mondo, ricordando l’Afghanistan, l’Iraq, i molti conflitti dimenticati, è importante dunque - ha spiegato il porporato - rivolgersi a tutte le religioni, perché tutti si uniscano nello sforzo della preghiera, attraverso la penitenza, per una pace duratura, proprio come avverrà martedì prossimo ad Auschwitz, luogo simbolo degli orrori della guerra e dell’odio tra gli uomini, con la marcia silenziosa dei rappresentanti di tutte le fedi religiose.


Saranno oltre 300 gli alti rappresentanti del cristianesimo, dell’ebraismo, dell’Islam, del buddismo e delle altre religioni che interverranno alle 22 diverse tavole rotonde organizzate nella città di Cracovia dalla Comunità di Sant’Egidio. Molti gli argomenti in discussione dalle crisi economiche ai conflitti regionali, tutti condotti sul filo del tema principale di questo incontro internazionale ed interreligioso dedicato ai 70 anni dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Sul contributo concreto che i fedeli delle varie religioni e delle comunità ecclesiali possono dare nel conseguimento della pace nel mondo Stefano Leszczynski ha intervistato il cardinale Stanislaw Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, anch’egli presente all’incontro di Cracovia.

R. - “Beati gli operatori di pace perché sono chiamati figli di Dio”. Ogni cristiano deve prendere queste parole del maestro come programma di vita, specialmente i laici che vivono nel cuore del mondo e sono chiamati ad essere il sale della terra. La vocazione dei fedeli laici è proprio questa: trasformare il mondo dal di dentro come lievito evangelico, operando a favore della giustizia, del rispetto della dignità e dei diritti inalienabili della persona umana. Solo così si costruiscono le fondamenta di una pace vera e duratura. Questo impegno pone ad ogni laico cristiano l’esigenza di una coerenza cristallina tra vita e fede, di un fermo rigore morale, di un’autentica passione per il servizio al bene comune. Non dimentichiamo che il Santo Padre, Benedetto XVI, ce lo ricorda spesso: il primo e fondamentale fattore di pace è l’annuncio di Cristo. In fondo, la vera pace del mondo è Lui.

D. - A settant’anni dall’inizio del secondo conflitto mondiale, il processo di riconciliazione, in Europa, ha visto il ruolo determinante della Chiesa nel suo insieme. Quanto è ancora importante, nell’attuale contesto storico, il ruolo dei cristiani per poter superare le divisioni che ancora rimangono in Europa?


R. - L’Europa vive oggi un tempo di crescente pluralismo culturale, politico ed anche religioso. Vede anche però la nascita di nuove divisioni ed ha quindi grande bisogno di unità, ma di un’unità costruita su solide basi. L’economia e la politica da sole non bastano. E’ dunque necessario che noi cristiani ricordiamo quale sia l’identità più profonda del nostro Vecchio continente. Occorre che l’Europa sappia riscoprire e tornare alle sue radici, radici che affondano nell’humus della tradizione giudeo-cristiana. E’ questo il fattore determinante dell’unità europea. L’Europa di oggi ha urgente bisogno di uno spirito di comunione, di cercare ciò che unisce veramente. Per questo sono così importanti incontri come quello di Cracovia, che promuovono il dialogo ecumenico ed interreligioso.


D. - Proprio su questo, lo spirito di Assisi arriva a Cracovia e questa è un’immagine che colpisce…


R. - Sono convinto che lo spirito di Assisi, malgrado il passare degli anni, mantenga intatta la sua attualità. L’indimenticabile incontro del 1986 ci ha ricordato che Dio è amore e quindi è un Dio di pace. Ogni tipo di violenza ed ogni guerra sono peccati gravi proprio contro Dio perché ne sfigurano drammaticamente il volto. Assisi ci ha inoltre ricordato che la pace è un dono che proviene dall’alto, cioè da Dio. Un dono che va implorato in continuazione. Il Santo Padre nella sua ultima Enciclica scrive che il vero sviluppo - e quindi anche la pace - ha bisogno di cristiani con le mani alzate verso Dio nel gesto della preghiera. L’incontro di Cracovia, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, e al quale il settantesimo anniversario dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale conferisce un significato tutto particolare, sarà soprattutto un incontro d’intensa preghiera di rappresentanti di varie chiese e comunità cristiane - ed anche di quelle non cristiane - per la pace e per la riconciliazione dei popoli.







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