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I lefebvriani

Ultimo Aggiornamento: 18/02/2013 22:40
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05/02/2009 19:19
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Dal blog di Lella...

Un Rabbino americano osserva: sproporzionate le reazioni contro il Papa!

Riportiamo le osservazioni del Rabbino Irwin Kula (nella foto), riportate nel sito on line del Washington Post e da noi tradotte (nonostante lo slang ed il linguaggio a tratti colloquiale: di qui una traduzione che, cercando di rispettare la lettera, violenta qua e là la nostra lingua). Un solo commento: quindici giorni di attacchi dissennati contro il Papa (che non ha certo colpe per le opinioni altrui!) cominciano a ripercuotersi anche contro gli attaccanti, facendo mettere in dubbio ad ogni osservatore un po' imparziale il loro buon senso e pefino la loro buona fede.

La risposta ebraica ufficiale alla recente decisione del Papa Benedetto XVI di occuparsi della Fraternità S. Pio X e revocare le scomuniche di quattro vescovi (pur non determinandone ancora lo status), dice molto circa lo stato psico-sociale della leadership dell’Ebraismo americano o almeno della leadership che pretende di parlare per gli Ebrei americani.
Le certamente snervanti, se non offensive, vedute negazioniste che di uno di quei vescovi, il britannico Richard Williamson, un vecchio uomo oscuro, irrilevante, irritabile, ha esibito alla televisione svedese, ha provocato l’ira di niente meno che la Lega Antidiffamazione, l’American Jewish Committee, il B'nai B'rith International, l’International Jewish Commission on Interreligious Consultations e l’U.S. Holocaust Memorial Museum.
"Questa decisione mina la forte relazione tra Cattolici e Ebrei", hanno protestato. "Siamo stupefatti che il Vaticano abbia ignorato le nostre preoccupazioni", hanno proclamato. Questo avrà "serie implicazioni per le relazioni giudeo-cattoliche" e ci sarà "un costo politico per il Vaticano", hanno minacciato. E da Israele, il Rabbinato Capo in Israele, uno degli establishment religiosi più corrotti nelle democrazie occidentali, è entrato nella mischia mettendo in dubbio l’imminente visita del Papa in Israele.
Tutto questo baccano e assalto ansioso, solo per una materia interna alla Chiesa, concernente quella sorta di bilioso, irritabile, volgare, indefinibile tipo – lo zio sudicio che ti imbarazza ogni volta che è in pubblico – che tutti sappiamo esistere [anche] nelle nostre comunità.

Come erede di otto generazioni di rabbini e avendo perso molti parenti nell’Olocausto, sarà una mia impressione, ma questa reazione ebraica mi sembra oltraggiosamente eccessiva.

Forse milioni di Ebrei americani si preoccupano che il Papa abbia revocato la scomunica di questo vescovo mai sentito, così che le maggiori organizzazione ebraiche debbano spendere così tanta energia e attenzione a ciò e trasformarla in una causa celebre, degna della prima pagina? Ed è questo il modo di parlare, dopo decenni di fruttuoso lavoro tra religioni per migliorare le relazioni?
Come è che l’opinione di qualche vescovo bilioso senza potere evochi denunce di una crisi nelle relazioni giudeo-cattoliche, nonostante i cambiamenti rivoluzionari negli insegnamenti della Chiesa sugli Ebrei dopo il Vaticano II? Dov’è la "proporzionalità", dove il beneficio del dubbio – un imperativo religioso e spirituale centrale – in risposta a qualcosa che è sicuramente sconvolgente ma che nello schema delle cose è men che insignificante, specie data la storica visita di questo Papa ad Auschwitz, in cui senza ambiguità ha riconosciuto il male perpetrato contro gli Ebrei durante l’Olocausto e in questo modo "si è pentito" per qualsiasi contributo che insegnamenti della Chiesa distorti avessero fornito per preparare il terreno da cui questo male è eruttato?
[..]
Probabilmente occorreva un po’ di comprensione per ciò che deve significare governare una comunità spirituale (con la quale io dissento su molti punti) di un miliardo e ducentomilioni di persone, cercando di creare un qualche senso di unità da destra a sinistra, dall’estremo liberalismo all’estremo tradizionalismo [..]
Che ne direste di dare a questo Papa, che noi sappiamo essere, col suo predecessore, probabilmente tra i papi più sensibili sui temi dell’antisemitismo, dell’Olocausto, e delle relazioni coll’Ebraismo e con gli Ebrei, un po’ di tregua, dato come sta cercando di medicare la sua propria comunità? E è possibile che il desiderio/speranza/necessità del Papa di ricucire la Chiesa (ha anche cercato il teologo liberale Hans Kueng) possa essere di maggiore importanza, sia per la Chiesa sia invero per la religione su questo pianeta, che il fatto che gli Ebrei siano sconvolti per la revoca della scomunica a un vescovo irrilevante.
Piacerebbe a noi Ebrei essere giudicati per le cose più irose, stravaganti, offensive e stupide che un qualunque rabbino nel mondo ha detto sui Cattolici o i Cristiani? Noi Ebrei non siamo più organizzati per scomunicare, e un rabbino non può essere destituito come fa invece la Chiesa col suo clero, ma sicuramente ci sono singoli rabbini che dicono cose così esecrabili sugli "altri", che pur se ancora chiamiamo quella persona "rabbi", non vorremmo essere giudicati per quello.
E non è possibile che riportare Richard Williamson in seno alla Chiesa possa davvero influenzarlo per vedere quanto si sbaglia su questo argomento, visto come la Chiesa è chiara circa l’Olocausto e il suo impegno sulle relazioni giudeo-cattoliche? Dopo tutto il Papa stesso ha detto "Spero che il mio gesto sia seguito dall'impegno da parte loro di fare gli ulteriori passi necessari per realizzare la piena comunione con la Chiesa, così testimoniando vera fedeltà e vero riconoscimento del magistero e dell’autorità del papa e del Concilio Vaticano II". Non c’è altro modo di interpretare ciò, che concludere che per essere pienamente reintegrati nella Chiesa cattolica, tutti quelli che hanno passato il primo test devono ora passare il grosso ostacolo: o accettare quel che la Chiesa insegna, o restare ai margini. E ciò che la Chiesa insegna, tra le altre cose, è la necessità di rispettare gli Ebrei.
Inoltre, non dovrebbe la leadership delle organizzazioni di difesa ebraiche, che a suo credito è probabilmente la più efficiente di qualsiasi altro gruppo etnico o religioso in questo paese, cercare di capire le categorie interne dell’altro, specie dopo decadi di lavoro interconfessionale e intercomunitario? In questo caso, che c’è una differenza tra l’eresia – un’accusa da cui il Papa sta cercando di guarire parte della sua comunità – e la stupidità. E qual è il costo di non vedere la differenza tra eresia e stupidità?
Infine, quando il Papa, nonché funzionari vaticani, hanno detto pochi giorni dopo che le opinioni di Williamson sono "assolutamente indifendibili", e che, nelle parole esatte del Papa, la Chiesa prova "piena e indispensabile solidarietà con gli Ebrei contro ogni negazione dell’Olocausto", dove è stata un po’ di umiltà nella risposta? Non sarebbe stato interessante, nonché eticamente obbligato, per quelli che inizialmente avevano attaccato riconoscere che forse avevano reagito eccessivamente e che sapevano che la Chiesa e specie questo Papa sono molto sensibili a questi argomenti? E spiegare al Papa e alla Chiesa di capire per favore che noi, del tutto a ragione o meno, siamo ancora molto, molto sensibili e molto vulnerabili circa l’Olocausto e che ci dispiace quindi se abbiamo ecceduto nelle reazioni, e che siamo profondamente grati per la non ambigua ripetizione da parte del Papa di ciò che sappiamo essere la sua opinione e l’insegnamento cattolico contemporaneo.

Da Messainlatino.it



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Papa Ratzi Superstar









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