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    00 13/02/2011 20:04
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    PAPA: SALVI CON PIU' SOLIDARIETA' BIMBI ROM BRUCIATI VIVI

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 12 feb.

    Per Papa Ratzinger, "il pietoso caso dei quattro bambini rom, morti la scorsa settimana alla periferia di questa citta', nella loro baracca bruciata, impone di domandarci se una societa' piu' solidale e fraterna, piu' coerente nell'amore, cioe' piu' cristiana, non avrebbe potuto evitare tale tragico fatto".
    "Questa domanda - ha detto prima dell'Angelus - vale per tanti altri avvenimenti dolorosi, piu' o meno noti, che avvengono quotidianamente nelle nostre citta' e nei nostri paesi".
    L'interrogativo sulla tragedia dei piccoli rom e' stato suggerito al Pontefice dal "Discorso della montagna" letto come Vangelo nella liturgia di oggi, nel quale "Gesu' proclama la nuova Legge, la sua Torah, come la chiamano i nostri fratelli ebrei". Un insegnamento che non mira ad "abolire la Legge" ma a dare ad essa "il pieno compimento". "Se la vostra giustizia non superera' quella degli scribi e dei farisei - disse infatti Gesu' - non entrerete nel Regno dei Cieli".
    Per il Papa, "questa pienezza della Legge di Cristo, e questa superiore giustizia che Egli esige" e' proprio quel di piu' di amore che ci fa superare la lettera delle leggi e dei precetti: "e' scritto 'chi avra' ucciso dovra' essere sottoposto al giudizio'. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovra' essere sottoposto al giudizio". "Questo modo di parlare - ha osservato Benedetto XVI - suscitava grande impressione nella gente, che rimaneva spaventata, perche' quell' 'io vi dico' equivaleva a rivendicare per se' la stessa autorita' di Dio, fonte della Legge".
    Insomma, ha spiegato il Papa teologo, "la novita' di Gesu' consiste, essenzialmente, nel fatto che Lui stesso 'riempie' i comandamenti con l'amore di Dio: percio' ogni precetto diventa vero come esigenza d'amore, e tutti si ricongiungono in un unico comandamento: ama Dio con tutto il cuore e ama il prossimo come te stesso".
    "Cari amici - ha poi concluso il Pontefice rivolto ai circa 60 mila fedeli presenti oggi in piazza San Pietro - forse non e' un caso che la prima grande predicazione di Gesu' si chiami 'Discorso della montagna': Mose' sali' sul monte Sinai per ricevere la Legge di Dio e portarla al Popolo eletto. Gesu' è il Figlio stesso di Dio che e' disceso dal Cielo per portarci al Cielo, all'altezza di Dio, sulla via dell'amore. Anzi, Lui stesso e' questa via: non dobbiamo far altro che seguire Lui, per mettere in pratica la volonta' di Dio ed entrare nel suo Regno, nella vita eterna".

    © Copyright (AGI)

    PAPA: MARIA E' LO SPECCHIO DELLA GIUSTIZIA

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 12 feb.

    La Vergine Maria e' la "sola creatura gia' arrivata alla cima della montagna" cioe' alla perfezione della vita cristiana. Lo ha ricordato Benedetto XVI prima di intonare la preghiera dell'Angelus.
    "Grazie all'unione con Gesu' - ha spiegato - la sua giustizia e' stata perfetta: per questo la invochiamo Speculum iustitiae".
    "Affidiamoci a lei - ha esortato rivolto ai 60 mila fedeli presenti oggi in piazza San Pietro - perche' guidi anche i nostri passi nella fedelta' alla Legge di Cristo".

    © Copyright (AGI)

    PAPA: RICORDA VESCOVO POLACCO MORTO IN VATICANO

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 12 feb.

    Benedetto XVI ha voluto unirsi oggi nella preghiera con i fedeli dell'arcidiocesi polacca di Lublino, "orfana - ha detto all'Angelus - dopo l'improvvisa morte dell'arcivescovo Jozef
    Zycinski" ucciso da un infarto a Roma, dove si trovava per partecipare alla plenaria della Congregazione dell'Educazione Cattolica.
    L'arcivescovo "e' tornato al Signore - ha rilevato il Pontefice - compiendo il servizio alla Chiesa universale nella Santa Sede.
    Goda - ha auspicato - nella gloria dei frutti della sua vita e dell'opera pastorale".

    © Copyright (AGI)


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    00 14/02/2011 00:58
    Il Papa: nell’amicizia con Gesù, l'amore per il prossimo
    Nell'udienza alla Fraternità sacerdotale dei missionari di San Carlo Borromeo



    ROMA, domenica, 13 febbraio 2011 (ZENIT.org).- Occorre nutrire una profonda amicizia per Gesù per poter servire gli altri. E' quanto ha detto questo sabato Benedetto XVI ai partecipanti all’Assemblea generale della Fraternità sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo, nata venticinque anni fa dal movimento di Comunione e liberazione.

    Una realtà che conta venticinque case in sedici Paesi del mondo, centoquattro preti e quaranta seminaristi impegnati prevalentemente nella missione parrocchiale e nell’insegnamento, a testimonianza, ha detto il Papa, della “fecondità” del carisma di don Luigi Giussani.

    E proprio nella “sapienza cristiana” di don Giussani, nel “suo amore per Cristo e per l’uomo, indistruttibilmente congiunti” affondano le radici della Fraternità sacerdotale, ha detto il suo fondatore e Superiore generale, don Massimo Camisasca, in un breve indirizzo di saluto al Papa.

    In particolare, ha spiegato, “l’esperienza della comunione, di cui don Giussani è stato per noi un maestro ci ha portato, fin dall’inizio, a scegliere la vita comune e perciò la casa come luogo di irraggiamento della fede”.

    Don Massimo Camisasca ha poi indicato nel magistero del Papa “un punto di riferimento essenziale per la nostra vita e la nostra missione”, soprattutto nel “richiamo al valore affettivo della fede, la liturgia come esperienza che ci introduce alla forma definitiva della vita, la necessità di centrare la nostra esistenza ecclesiale su ciò che è essenziale, sulla fiducia in Dio che guida le nostre esistenze e non sulle logiche mondane che rischiano sempre di portare dentro di noi speranze ingannevoli e, infine, deludenti”.

    Nel suo discorso, Benedetto XVI ha innanzitutto ribadito che “il sacerdozio cristiano non è fine a sa stesso”. Esso, ha infatti sottolineato, “è stato voluto da Gesù in funzione della nascita e della vita della Chiesa”.

    “La gloria e la gioia del sacerdozio è di servire Cristo e il suo Corpo mistico – ha detto il Pontefice –. Esso rappresenta una vocazione bellissima e singolare all'interno della Chiesa, che rende presente Cristo, perché partecipa dell’unico ed eterno Sacerdozio di Cristo”.

    Il Papa ha poi posto l’accento sull’importanza della preghiera da vivere come “dialogo con il Signore risorto” e sul “valore della vita comune”, non solo come risposta alle urgenze del momento quali la carenza di sacerdoti ma anche come “espressione del dono di Cristo che è la Chiesa”, “prefigurata nella comunità apostolica, che ha dato luogo ai presbiteri”.

    “Nessun sacerdote infatti – ha spiegato – amministra qualcosa che gli è proprio, ma partecipa con gli altri fratelli a un dono sacramentale che viene direttamente da Gesù”.

    Vivere con altri, ha osservato, “significa accettare la necessità della propria continua conversione e soprattutto scoprire la bellezza di tale cammino, la gioia dell'umiltà, della penitenza, ma anche della conversazione, del perdono vicendevole, del mutuo sostegno”.

    Ma se “nessuna autentica vita comune è possibile senza la preghiera” è anche vero che “occorre stare con Gesù per poter stare con gli altri”.

    “È questo il cuore della missione – ha quindi concluso –. Nella compagnia di Cristo e dei fratelli ciascun sacerdote può trovare le energie necessarie per prendersi cura degli uomini, per farsi carico dei bisogni spirituali e materiali che incontra, per insegnare con parole sempre nuove, dettate dall'amore, le verità eterne della fede di cui hanno sete anche i nostri contemporanei”.








    Benedetto XVI: la nuova Legge di Cristo è l'amore
    In occasione della preghiera dell'Angelus in piazza san Pietro



    ROMA, domenica, 13 febbraio 2011 (ZENIT.org).- “La novità di Gesù consiste, essenzialmente, nel fatto che Lui stesso 'riempie' i comandamenti con l’amore di Dio, con la forza dello Spirito Santo che abita in Lui”. Lo ha detto questa domenica Benedetto XVI in occasione della preghiera dell'Angelus in piazza San Pietro.

    Partendo dal Vangelo odierno, in cui Gesù afferma di non essere venuto tra gli uomini per abolire la Legge ma per dargli il pieno compimento, il Papa ha detto che “attraverso la fede in Cristo, possiamo aprirci all’azione dello Spirito Santo, che ci rende capaci di vivere l’amore divino”.

    “Perciò – ha continuato – ogni precetto diventa vero come esigenza d’amore, e tutti si ricongiungono in un unico comandamento: ama Dio con tutto il cuore e ama il prossimo come te stesso”.

    “Forse – ha poi aggiunto – non è un caso che la prima grande predicazione di Gesù si chiami 'Discorso della montagna'! Mosè salì sul monte Sinai per ricevere la Legge di Dio e portarla al Popolo eletto”.

    “Gesù – ha concluso – è il Figlio stesso di Dio che è disceso dal Cielo per portarci al Cielo, all’altezza di Dio, sulla via dell’amore. Anzi, Lui stesso è questa via: non dobbiamo far altro che seguire Lui, per mettere in pratica la volontà di Dio ed entrare nel suo Regno, nella vita eterna”.

    Al termine della preghiera dell'Angelus, nel salutare i pellegrini slovacchi, in particolare i delegati dei movimenti e delle associazioni di fedeli laici, Benedetto XVI ha ricordato che lunedì la Chiesa celebrerà la festa dei santi fratelli Cirillo e Metodio, gli “apostoli degli slavi”, che introdussero il cristianesimo in Europa centrale nel IX secolo.

    “Seguendo le loro orme anche voi siete venuti a Roma – ha detto il Papa –. Che questo pellegrinaggio vi rafforzi nella fede, che essi hanno annunziato ai vostri antenati”.

    Parlando poi in polacco, il Papa ha quindi voluto ricordare l’Arcivescovo metropolita di Lublino, mons. Jozef Życiński, morto improvvisamente il 10 febbraio, a Roma, all'età di 62 anni, a causa di un’emorragia cerebrale

    Dicendosi unito nella preghiera con i fedeli dell’arcidiocesi di Lublino, il Papa ha detto: “E’ tornato al Signore, compiendo il servizio alla Chiesa universale nella Santa Sede. Goda nella gloria dei frutti della sua vita e dell’opera pastorale”.









    Il Papa chiede un esame di coscienza dopo la morte dei bambini Rom
    All'Angelus in piazza San Pietro, presenti le famiglie dei piccoli



    ROMA, domenica, 13 febbraio 2011 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha chiesto questa domenica alla società di fare un esame di coscienza sulla solidarietà dopo la morte avvenuta il 6 febbraio scorso di quattro bambni Rom intrappolati in un rogo divampato in un insediamento abusivo a Roma.

    Lo ha fatto durante la tradizionale preghiera mariana dell'Angelus in piazza San Pietro alla presenza di centinaia di Rom e Sinti, tra cui i genitori e la famiglia dei piccoli morti nell’incendio, radunati con la Comunità di Sant’Egidio per ascoltare le parole del Papa dietro allo striscione “Rom e Sinti salutano il Papa”.

    Il Papa ha ricordato il comandamento centrale lasciato da Gesù, “ama Dio con tutto il cuore e ama il prossimo come te stesso”, ed ha aggiunto: “il pietoso caso dei quattro bambini Rom, morti la scorsa settimana alla periferia di questa città, nella loro baracca bruciata, impone di domandarci se una società più solidale e fraterna, più coerente nell’amore, cioè più cristiana, non avrebbe potuto evitare tale tragico fatto”.

    “E questa domanda vale per tanti altri avvenimenti dolorosi, più o meno noti, che avvengono quotidianamente nelle nostre città e nei nostri paesi”, ha quindi sottolineato.

    Mercoledì scorso moltissimi Rom si erano ritrovati nella Basilica di Santa Maria in Trastevere per la veglia in memoria di Sebastian, Patrizia, Fernando e Raul.

    Al termine della cerimonia il Cardinale Agostino Vallini, Vicario generale di Sua Santità per la diocesi di Roma, aveva portato il saluto e la vicinanza del Papa. Questa domenica, con la loro partecipazione all'Angelus domenica, i Rom hanno voluto stringersi attorno al Papa in segno di ringraziamento.

    "Il Papa che è vescovo di Roma, richiama con forza questa città ad essere una patria comune per romani, Rom, immigrati - ha commentato il presidente della Comunità di Sant'Egidio, Marco Impagliazzo -. Una città in cui sia vinta ogni forma di razzismo e sia possibile vivere insieme in una società fondata sui valori dell'amore e della solidarietà. Garantire la scuola e la formazione ai bambini e ai giovani Rom e un alloggio dignitoso alle loro famiglie è un imperativo per tutti dinanzi ad una tale tragedia”.

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    PAPA: SARANNO SANTI MONS. CONFORTI E DON GUANELLA

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 14 feb.

    Benedetto XVI ha approvato oggi i decreti per la canonizzazione del fondatore dei missionari saveriani, l'arcivescovo di Parma mons. Guido Maria Conforti, e di quello della Congregazione dei servi della Carita' e delle Figlie di Santa Maria della Provvidenza, don Luigi Guanella.
    Le date delle due canonizzazioni saranno annunciate dallo stesso Benedetto XVI il 21 febbraio. Mons. Conforti e' stato uno dei protagonisti del cammino di rinascita dello spirito missionario nella Chiesa tra la meta' del XIX e del XX secolo. Nato a Casalora di Ravadese nel 1865, gia' in seminario si propose di seguire l'esempio di San Francesco Saverio, il missionario gesuita annunciatore del messaggio di Cristo in tutta l'Asia fino a Sancian, alle porte della Cina, dove spiro' nel 1552. Ordinato sacerdote, chiese di andare in missione, ma la sua domanda non fu accolta per ragioni di salute. Cio' non lo fece desistere dal suo ideale missionario e il 3 dicembre 1895 (festa di S. Franceso Saverio) fondo' l'Istituto emiliano per le missione estere che sara' ufficialmente riconosciuto il 3 dicembre 1898 come Congregazione di S. Francesco Saverio per le missioni estere. Nel 1902, a soli 37 anni, Leone XIII lo nomino' vescovo e gli affido' l'arcidiocesi di Ravenna. Nel 1907 Pio X lo trasferi' a Parma, diocesi che reggera' per quasi 25 anni. Nonostante i gravosi impegni del suo ministero episcopale, continuo' a guidare il suo Istituto missionario, avendo la gioia di poter inviare vari saveriani in Cina e di poter consacrare nel 1912 nella cattedrale di Parma uno dei suoi missionari, padre Luigi Calza, vescovo Cheng-Chow in Cina. Nel 1928 si reco' in Cina a visitare i suoi missionari ma in seguito al viaggio si ammala e dopo una lunga malattia muore a Parma il 5 novembre 1931. Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato il 17 marzo 1995 grazie a un miracolo compiuto in Burundi.
    Altrettanto contrastata ma piu' avara di riconoscimenti e' stata la vita di don Luigi Guanella, nato nel 1842 a Fraciscio in provincia di Sondrio. E' una figura che puo' essere annoverata tra i santi sociali dell'800. Del resto, don Guanella fu grande amico di don Bosco, cui, dopo l'ordinazione sacerdotale a Como chiese di accoglierlo tra i salesiani.
    Il vescovo di Como pero' lo richiamo' in diocesi, dove torno' a lavorare nell'attesa che scoccasse per lui "l'ora della misericordia", per iniziare cioe' quelle opere di carita' cui si sentiva chiamato. Diffidenze, incomprensioni e persecuzioni troncarono sul nascere per lunghi anni ogni avvio di opere e fecero di lui un prete errante e confinato, ritenuto matto dagli dagli amici e pericoloso dai nemici.
    Finalmente fu inviato parroco a Pianello per succedere a don Carlo Coppini, del quale raccolse l'eredita': un drappello di cinque religiose disposte a qualsiasi servizio assistenziale in Italia e all'estero fino alle lontane Americhe. Da quel nucleo pote' dar vita a un suo istituto di suore e a un istituto sacerdotale, organizzati oggi in due famiglie religiose: le Figlie di S. Maria della Provvidenza e i Servi della Carita'. Mori' il 24 ottobre 1915. Fu dichiarato Beato da Paolo VI il 25 ottobre 1964.

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    Medvedev dal Papa, la prima visita dopo i rapporti diplomatici

    di Nina Achmatova

    Benedetto XVI e il presidente russo si incontreranno il 17 febbraio. Si tratta di colloqui tra i leader di due Stati, ma nel quadro dei sempre più “fraterni” rapporti con il Patriarcato di Mosca.

    Mosca (AsiaNews)

    Anche se sarà un incontro tra i rappresentanti di due Stati, in pochi credono che il presidente russo Dmitri Medvedev e il Papa, il prossimo 17 febbraio in Vaticano, non parleranno anche dei rapporti con il Patriarcato di Mosca. Di sicuro la visita del capo del Cremlino alla Santa Sede, la prima da quando si sono ristabiliti rapporti diplomatici, avviene nel quadro di relazioni sempre migliori tra le due Chiese sorelle.
    “Non so dire con certezza quali tematiche verranno toccate nel corso della visita, ma posso dire che questa visita diventerà prima di tutto un simbolo delle belle, amichevoli relazioni e cooperazione che c’è tra i due Stati e che con ogni probabilità è destinata a crescere”, ha dichiarato il primo segretario della nunziatura in Russia, Visvaldas Kulbokas. Mosca e Santa Sede hanno stabilito pieni rapporti diplomatici nel 2009. Alla decisione contribuì certamente il miglioramento dei rapporti tra il Vaticano e il Patriarcato di Mosca, dopo il pontificato del polacco Wojtyla e il patriarcato di Kirill. La visita di Medvedev avverrà nel secondo e ultimo giorno del suo viaggio ufficiale a Roma, per inaugurare l’anno della cultura russa in Italia e viceversa. In molti sostengono che il presidente, con una moglie cristiana ortodossa fervente, mira a presentarsi come colui che spianerà definitivamente la strada dei rapporti tra il Vaticano e l’ortodossia russa, diventando l’artefice del dialogo religioso, su cui ultimamente sta puntando molto.
    L’incontro permetterà di condividere, le visioni comuni di Russia e Santa Sede sulla protezione della vita umane e dei valori morali nell’arena internazionale, ha aggiunto mons. Kulbokas. Che ha aggiunto: anche se si tratta di un incontro tra i rappresentanti di due Stati, il colloquio “terrà in conto le relazioni amichevoli e fraterne tra le due Chiese”. Meno diplomatico il Patriarcato di Mosca, che ieri si è detto convinto che la visita del capo del Cremlino da Benedetto XVI promuoverà anche il dialogo tra le due Chiese.
    Dopo la partenza del nunzio Antonio Mennini per un nuovo incarico come rappresentante diplomatico vaticano in Gran Bretagna, la Russia attende a breve la nomina del nuovo nunzio. “Potrebbe avvenire nei prossimi giorni o settimane” ha detto Kulbokas.

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    Vaticano/ 'Don Georg' rompe il riserbo con lectio all'università

    Al segretario del Papa laurea 'honoris causa' a Perugia

    Lui la spiega con il suo consueto tono asciutto: "E' attuale, interessante, importante, decisivo e mi piace". Monsignor Georg Ganswein, risponde così ai giornalisti che gli domandano perché abbia accettato la laurea 'honoris causa' che gli ha assegnato l'Università per stranieri di Perugia con tanto di lectio doctoralis sul Concordato e i Patti Lateranensi, cerimonia solenne e mantella accademica, flash di fotografi e conferenza stampa. Certo è un evento che il segretario personale di Papa Benedetto XVI, solitamente defilato, entri in scena da protagonista. Soprannominato dai rotocalchi il "bel Georg" per il suo aspetto piacente, questo sacerdote tedesco di 55 anni, ha concesso poche interviste e apparizioni pubbliche da quando, con l'elezione di Ratzinger, è divenuto l'ombra del capo della Chiesa cattolica mondiale. "Qui mi sento a casa", confida Ganswein ricordando che proprio nell'ateneo perugino ha imparato dapprima la lingua italiana e poi le prime conoscenze di storia e cultura del nostro paese. "Facevamo anche gite, pellegrinaggi e escursioni di ristoranti - precisa in conferenza stampa - e così ho trovato le radici sane della penisola ed ho scoperto l'italianità". Un concetto che il presule tedesco riassume così: "Bellezza e gratitudine della vita". Ma che non gli impedisce, da straniero che risiede ormai da lunghi anni in Italia, di coglierne alcune pecche, dalla burocrazia "ostacolante" ai litigi "su cose di poca sostanza" propri di un paese pur "così bello e ricco di doti umane, naturali e sovranaturali". Di politica, di Ruby e Berlusconi, della manifestazione delle donne, il braccio destro del Papa non vuol parlare. Ma quando i cronisti gli chiedono dell'identità italiana intrisa di cristianesimo, 'don Georg' è netto: "Forse ci vuole un po' di pulizia interna. Le radici ci sono, c'è solo un po' di polvere e di altre cose che danno un po' d'ombra".
    Si scusa a più riprese, nel corso della sua lectio, per la lunghezza e la complessità del tema. "Mancano solo due pagine, tre minuti e mezzo", assicura all'uditorio divertito. Introdotto dal prorettore Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant'Egidio, dedica la sua lectio ai rapoprti tra Stato e Chiesa in Italia alla 'libertas ecclesiae' del Concordato del 1929 e nell'accordo del 1984. A pochi giorni dall'annuale ricevimento all'ambasciata italiana presso la Santa Sede, venerdì prossimo, quando i cardinali Bagnasco e Bertone verranno ricevuti da Berlusconi, Napolitano e le altre massime cariche dello Stato, monsignor Ganswein sottolinea l'importanza di una "laicità positiva" per il paese che compie 150 anni. Mette in luce che ormai lo Stato e la Chiesa cattolica collaborano per "la promozione dell'uomo e il bene del paese", e - con una sottolineatura non casuale - elogia la valorizzazione del ruolo della Cei "anche per quanto attiene ai rapporti con la comunità politica". Poi fa una proposta: dare a Roma uno "statuto speciale" che le permetta di essere appieno Capitale della cattolicità oltre che della Repubblica italiana. Con i cronisti contesta di avere in mente la prossima beatificazione di Papa Wojtyla, il primo maggio, ma nella lectio cita il grande Giubileo del 2000 e i funerali di Giovanni Paolo II come esempi positivi di eventi ecclesiali sostenuti dallo Stato italiano. Tra le funzioni speciali che Roma dovrebbe avere, per Ganswein, "l'urbanistica, i trasporti, le relazioni internazionali, l'accoglienza di pellegrini, i servizi sociali e sanitari anche a favore di non cittadini (immigrati, extracomunitari, eccetera), il turismo di carattere religioso, la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali, ecclesiastici e religiosi". Discorso di un segretario del Papa che rompe il riserbo e fa lezione all'università.

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    PAPA: DA SOLO NESSUNO RIESCE A EMENDARSI DALLE CATTIVE ABITUDINI

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 16 feb.

    "Lo sforzo umano è incapace da solo di arrivare fino alle radici profonde delle abitudini cattive della persona e può solo frenarle ma non sradicarle completamente".
    Infatti solo "la necessaria azione speciale di Dio purifica radicalmente".
    Lo ha affermato Bendetto XVI nel discorso all'Udienza Generale di oggi, dedicato alla "purificazione delle anime" secondo la visione teologica di san Giovanni della Croce il dottore della Chiesa al quale Karol Wojtyla dedico' la sua tesi di laurea.
    Nel Cantico spirituale, ha spiegato il Papa, "San Giovanni presenta il cammino di purificazione dell'anima, e cioe' il progressivo possesso gioioso di Dio, finche' l'anima perviene a sentire che ama Dio con lo stesso amore con cui e' amata da lui", ha ricordato Benedetto XVI.
    In particolare, la "ascesa al monte Carmelo" presenta "l'itinerario spirituale dal punto di vista della purificazione progressiva dell'anima, necessaria per scalare la vetta della perfezione cristiana, simboleggiata dalla cima del Monte Carmelo" e la "notte oscura" descrive "l'aspetto 'passivo', ossia l'intervento di Dio nel processo di 'purificazione' dell'anima". Per questo San Giovanni della Croce parla di "purificazione passiva", nel senso che "pur accettata dall',anima e' realizzata dallo Spirito Santo che e' come una fiamma di fuoco che consuma ogni impurita'". Quel che rende l'anima "pura e libera" e' "eliminare ogni dipendenza disordinata dalle cose".
    Parlando a braccio, Benedetto XVI si e' poi domandato se quello di san Giovanni della Croce (vissuto nel sedicesimo secolo) sia "un esempio solo per poche anime elette che possono veramente intraprendere la via della purificazione e dell'ascesa mistica. Per trovare risposta dobbiamo tener presente - ha suggerito - che la vita di san Giovanni della Croce non era volare su nuvole mistiche", e fu, invece, costellata di difficolta' e persecuzioni.
    Ma con la presenza di Cristo "la vita non e' un peso aggiunto al gia' sufficientemente duro fardello della vita, bensi' luce e forza che ci aiuta a portare il fardello. Se l'uomo porta in se' un grande amore, questo gli da' le ali e se sopporta le cose moleste della vita, questa e' fede". Il fedele si lascia "amare da Dio" e la santita' "non e' opera nostra molto difficile, ma
    apertura che apre le finestre della nostra anima e trova la forza e la gioia dei redenti". "Preghiamo il Signore - ha poi esortato Papa Ratzinger rivolto ai cinquemila fedeli riuniti nell'Aula Nervi - che ci aiuti a trovare questa santita' di lasciarsi amare da Dio che e' la vocazione di noi tutti e la vera redenzione".
    Il Papa teologo ha ricordato anche il sodalizio tra San Giovanni della Croce e Santa Teresa d'Avila che "lavorarono insieme alcuni mesi, condividendo ideali e proposte per inaugurare al piu' presto possibile la prima casa di Carmelitani Scalzi". "L'adesione alla riforma carmelitana non fu facile - ha rammentato il Pontefice - e costo' a Giovanni anche gravi sofferenze". Canonizzato nel 1726, "Giovanni e' considerato uno dei piu' importanti poeti lirici della letteratura spagnola". Secondo Giovanni della Croce, "tutto quello che esiste, creato da Dio, e' buono. Attraverso le creature, noi possiamo pervenire alla scoperta di Colui che in esse ha lasciato una traccia di se'". La fede, comunque, "e' l'unica fonte donata all'uomo per conoscere Dio cosi' come Egli e' in se stesso, come Dio Uno e Trino. Tutto quello che Dio voleva comunicare all'uomo, lo ha detto in Gesu' Cristo, la sua Parola fatta carne. Egli e' l'unica e definitiva via al Padre".

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    "I rapporti tra Stato e Chiesa in Italia”
    La Lectio doctoralis di mons. Georg Gänswein all'Università per Stranieri di Perugia



    ROMA, mercoledì, 16 febbraio 2011 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la Lectio doctoralis dal titolo "I rapporti tra Stato e Chiesa in Italia. La libertas ecclesiae nel Concordato del 1929 e nell'Accordo del 1984" tenuta dal Segretario particolare di Benedetto XVI, mons. Georg Gänswein, nel ricevere il 15 febbraio la Laurea honoris causa in “Sistemi di comunicazione nelle relazioni internazionali” dell'Università per Stranieri di Perugia.

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    Mi sento profondamente onorato che l’Università per Stranieri di Perugia abbia deciso di conferirmi la Laurea honoris causa in sistemi di comunicazione nelle relazioni internazionali; perciò ringrazio di cuore il Rettore Magnifico, la chiarissima Prof.ssa Stefania Giannini, per questo onore e per il Suo saluto. Ringrazio inoltre il Prof. Marco Impagliazzo per la sua laudatio della mia persona, benché la ritenga immeritata. Sento una particolare gratitudine nei confronti di questa illustre Università che mi ha aperto la porta alla nobile anima italiana tramite la sua bellissima lingua e ha arricchito le mie conoscenze della storia e della cultura di questo amato Paese. In fine ringrazio tutti quelli che mi hanno aperto occhi e cuore alla bellezza della penisola italiana. Saluto tutti i presenti a cui manifesto la vicinanza e porto la Benedizione Apostolica di Papa Benedetto XVI.


    1) La questione della libertà nella disciplina concordataria
    In un discorso del 13 febbraio 1929, due giorni dopo la firma dei Patti lateranensi, di fronte ai docenti e studenti della Università Cattolica del Sacro Cuore, Pio XI sintetizza l’obiettivo del Concordato lateranense: “Ridare Dio all’Italia e l’Italia a Dio”.(1) Al Concordato con l’Italia è indissolubilmente collegato il Trattato lateranense con la soluzione della Questione Romana (Simul stabunt, simul cadent afferma Pio XI) ed il riconoscimento, da parte italiana, della personalità internazionale della Santa Sede. Il Papa rinuncia al potere temporale e costituisce il piccolo Stato Città del Vaticano, finalizzato a garantire libertà ed indipendenza alla Santa Sede per l’adempimento della sua missione nel mondo.(2) Libertà della Chiesa e libertà dei cattolici sono finalità primarie.(3)


    Il Concordato lateranense vige per ben 40 anni: 20 in età fascista e 20 in età democratica. Dalla fine degli anni sessanta dello scorso secolo esso comincia ad essere contestato pur rimanendo in vigore sino al 1984 sul piano internazionale ed al 1985 sul piano interno italiano a seguito della legge di ratifica. (4) Il mutato spirito pubblico, nella comunità ecclesiale, come nella comunità civile con la contestazione sessantottina a tutti gli ordini costituiti ed a tutti gli istituti tradizionali, produce una serie di polemiche. (5) A chi invoca l’abrogazione risponde la saggezza della politica italiana di allora con l’avvio del procedimento di revisione, che produce una modificazione del testo del 1929 effettuata con la armonizzazione ai nuovi principi di libertà che lo Stato democratico e la Chiesa hanno nel frattempo posto a fondamento dei rispettivi ordinamenti. La revisione si conclude, dopo vari passaggi parlamentari, il 18 febbraio 1984 quando il Cardinale Segretario di Stato Agostino Casaroli ed il Presidente del Consiglio della Repubblica italiana On. Bettino Craxi firmano l’Accordo “di modificazioni al Concordato lateranense” o Accordo di Villa Madama, dal luogo della firma.(6)


    La vicenda storica dei rapporti tra Stato e Chiesa in Italia nel XX secolo mostra in maniera esemplare come i concordati - cioè le convenzioni stipulate dagli Stati con la Santa Sede per la regolazione giuridica di materie di comune interesse - abbiano una doppia valenza, a seconda che si tratti di Stati totalitari o autoritari ovvero di Stati democratici. Nel senso che con gli Stati del primo tipo i concordati hanno una specifica funzione: assicurare alla Chiesa spazi di libertà i più ampi possibili, necessari alla sua missione spirituale, nell’ambito di un ordinamento statale che per natura sua è negatore delle libertà sia a livello individuale che a livello collettivo. Viceversa negli Stati democratici, dove il concordato viene ad avere una funzione del tutto diversa: non quella di garantire spazi di libertà, già assicurati ampiamente alla Chiesa ed ai suoi fedeli nel quadro delle libertà riconosciute a tutti; ma quella di definire concretamente il regolamento delle modalità di esercizio delle libertà e dei diritti universalmente riconosciuti.


    In questo seconda ipotesi, in particolare, il concordato può avere la funzione di realizzare un’esperienza più avanzata di democrazia, nella misura in cui esprimere la partecipazione della società ecclesiastica alla formazione delle norme i cui essa sarà poi destinataria; così come può servire a raggiungere l’obbiettivo di garantire alla Chiesa, nell’ordinamento statale, un ordine giuridico rispettoso della sua identità, senza cadere in ingiustificati privilegi e senza ledere il principio, fondamentale in una democrazia, di eguale libertà di tutte le confessioni religiose. Nell’un caso, dunque, il concordato ha la funzione di definire l’ambito ed i limiti di operatività dell’autorità ecclesiastica, garantendo perciò la libertà della Chiesa (libertas Ecclesiae) e, di riflesso, la libertà religiosa dei suoi fedeli. Nell’altro caso il concordato ha la funzione di promuovere nel contesto di un sistema di libertà, la collaborazione fra autorità statale ed autorità ecclesiastica per favorire la tutela della persona umana e la promozione del bene comune; in entrambi i casi, pertanto, soggiacente al concordato. (7)

    Nell’esperienza italiana, il Concordato del 1929 veniva a definire la condizione giuridica della Chiesa in Italia con una serie di disposizioni nelle quali erano assicurati ad essa Chiesa alcuni spazi di libertà. In questo senso il Concordato lateranense era diretto a superare i limiti posti dalla legislazione ottocentesca, chiaramente ispirata alla politica di secolarizzazione della società e di riduzione dello spazio della Chiesa, della sua attività e delle sue istituzioni: d’altra parte lo stesso Concordato, assicurando quei seppur definiti spazi di libertà, veniva a garantire alla missione della Chiesa un’immunità da coartazione e da limiti che era negata alla generalità dei consociati, individui e gruppi, dalla legislazione autoritaria del fascismo.(8)


    Significativa in questo senso la vicenda dell’Azione Cattolica - la più importante espressione dell’associazionismo cattolico - specie nel settore giovanile. Difatti in deroga alle norme statali che prevedevano il monopolio partitico dell’associazionismo giovanile, disponendo in particolare l’obbligo di iscrizione dei giovani nelle associazioni del regime e facendo divieto ai privati di costituire associazioni giovanili, l’art. 43 del Concordato lateranense riconosceva le organizzazioni dipendenti dall’Azione Cattolica “in quanto esse, siccome la Santa Sede ha disposto, svolgano la loro attività al di fuori di ogni partito politico e sotto l’immediata dipendenza della gerarchia della Chiesa per la diffusione e l’attuazione dei principi cattolici”. (9)


    Alla luce della pretesa del fascismo - alla stregua di ogni regime totalitario - di avere il monopolio nella educazione della gioventù, la disposizione di cui all’art. 43 concedeva dunque alla Chiesa una (parziale) libertà in materia associativa, non riconosciuta ad altri. Ma la eterogeneità della norma concordataria rispetto al sistema ordinamentale dell’Italia del tempo venne alla luce, nell’esperienza concreta, neppure due anni dopo la stipula dei Patti lateranensi. Difatti non è senza significato che i maggiori contrasti tra la Chiesa ed il fascismo avvennero (oltre che per le leggi razziali del 1938) nel 1931, proprio in materia di associazioni cattoliche, allorché il regime si accorse che le libertà riconosciute in materia dal Concordato erano in insuperabile contrasto con l’ordinamento italiano. (10)


    Viceversa l’Accordo di Villa Madama del 18 febbraio 1984, con cui vennero apportate modifiche al Concordato lateranense, si pone nel contesto del complesso ed articolato sistema di democrazia pluralista delineato dalla Costituzione italiana del 1948. Esso quindi non ha lo scopo di garantire libertà, che, non solo in materia religiosa, sono già assicurate a tutti, individui e gruppi; bensì ha lo scopo di favorire, in una prospettiva propriamente promozionale, la più ampia e concreta esplicitazione di tali libertà, anche con riferimento alla istituzione ecclesiastica che, nella stessa Costituzione, è riconosciuta come soggetto indipendente e sovrano (art. 7, primo comma). (11)

    Si può osservare che tra gli elementi salienti di distinzione fra il testo originario del Concordato (1929) e quello in vigore (1984), spiccano proprio quelli relativi ai profili di libertà. Nel testo originario, infatti, erano riconosciute una serie di libertà della Chiesa e dei cattolici italiani, singoli o associati. Ma tali riconoscimenti erano posti in deroga ai principi ed alle norme caratterizzanti l’ordinamento italiano del tempo, e soprattutto nel contesto di relazioni fra due soggetti – lo Stato e la Chiesa – gelosi della propria sovranità e che si guardavano con diffidenza; per i quali conseguentemente le disposizioni concordatarie erano sostanzialmente una actio finium regundorum diretta a definire con chiarezza le reciproche competenze ed a salvaguardare le rispettive autonomie.


    Al contrario nel testo revisionato del Concordato lateranense il riconoscimento delle libertà della Chiesa e dei cattolici italiani costituisce logica esplicitazione, sul piano dei concreti rapporti tra le due Parti contraenti dell’Accordo, dei diritti di libertà garantiti a tutti, senza discriminazioni, dalla Carta costituzionale. Le singole disposizioni concordatarie non solo agevolano praticamente l’azione dello Stato nel rispetto dei limiti della legge, ma indicano concretamente spazi di libertà dischiusi alla fruizione degli interessati, nella pluralità di possibilità e di opzioni ipotizzabili sulla base delle astratte e generalissimi enunciazioni di libertà contenute nella Costituzione. In tal senso significativamente il n. 2 dell’art. 13 dell’Accordo di Villa Madama lascia aperta la via ad altre future e possibili regolamentazioni di concreti spazi di libertà, affermando che “ulteriori materie per le quali si manifesti l’esigenza di collaborare tra la Chiesa cattolica e lo Stato potranno essere regolate sia con nuovi accordi tra le due Parti sia con intese tra le competenti autorità dello Stato e la Conferenza Episcopale Italiana”.(12)


    Nel riaffermare il principio costituzionale (art. 7, primo comma) secondo cui lo Stato e la Chiesa sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, il primo articolo dell’Accordo di Villa Madama dispone che la Repubblica Italiana e la Santa Sede si impegnano “alla reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese”. Ciò sta ad indicare, da entrambe le Parte contraenti, una concezione nuova della sovranità, non più chiusa ma aperta al servizio dell’uomo e del bene comune, il che postula una sana collaborazione seppure nella diversità delle rispettive competenze. (13)



    2. La libertas Ecclesiae nel Concordato e nell’Accordo
    Tutte le clausole del Concordato, così come modificato dall’Accordo di Villa Madama, esprimono il riconoscimento fatto nell’ordinamento italiano alla libertas Ecclesiae, cioè alla libertà rivendicata sempre e dovunque dalla Chiesa di poter esercitare senza ostacoli la propria missione, nel pieno rispetto della sua natura e delle proprie funzioni.(14) Le disposizioni generali in materia sono comunque contenute negli artt. 1 e 2 (15) , nonché nell’art. 1 del Protocollo addizionale (16) , che sotto questo profilo costituiscono una novità rispetto al passato, giacché il Concordato del 1929 riconosceva solo alcune libertà ecclesiastiche, altre le limitava o le condizionava (ad esempio in materia di nomina di vescovi e di parroci), e soprattutto non contemplava un riconoscimento della libertas Ecclesiae nella sua generalità e globalità.


    Si è già detto che l’art. 1 ripete il contenuto del primo comma dell’art. 7 Cost., nella parte in cui afferma che lo Stato e la Chiesa sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. Giova notare come non si tratti di una inutile ripetizione, né di una mera affermazione di principio senza alcun contenuto concreto sul piano del diritto positivo. Perché con quella formula si accoglie in via bilaterale, un principio che per il passato vigeva solo perché racchiuso in una norma unilaterale statale quale l’art. 7 Cost.; ma soprattutto perché la norma in esame estende la previsione costituzionale, disponendo che le due Parti contraenti sono impegnate nei loro rapporti al pieno rispetto dell’indipendenza e della sovranità di ciascuna, così come sono impegnate alla reciproca collaborazione per il bene dell’uomo e del paese.


    Si tratta di una norma che non può considerarsi solo come meramente programmatica, ma di immediata precettività, nella misura in cui fa divieto di considerare la Chiesa come funzionale agli interessi dello Stato e lo Stato come “braccio secolare” della Chiesa, imponendo viceversa ad entrambi di collaborare – seppure ciascuno secondo le proprie competenze – in ragione del fatto che l’una e l’altro sono, ancorché a diverso titolo, a servizio della stessa persona umana e del bene comune. Come è stato giustamente notato, l’importanza della disposizione richiamata si evince in tutta la sua portata considerando che il collegamento tra Stato e Chiesa operato dalla norma in questione non serve solo “a tutelare ciascun ordine nel raggiungimento dei suoi fini ma a perseguire altresì in collaborazione una finalità comune: la promozione dell’uomo.” (17)


    La norma ricollega i contenuti del primo comma dell’art. 7 Cost. al precetto di cui all’art. 2 Cost., che riconosce i diritti fondamentali dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali in cui si esplicita la sua personalità. (18) Essa non solo indica la linea pratica di condotta da seguire nello svolgersi delle relazioni tra Stato e Chiesa, ma funziona anche come criterio di interpretazione sia delle disposizioni concordatarie sia di tutte le altre norme dell’ordinamento italiano che coinvolgano il servizio all’uomo da parte di Stato e Chiesa.


    Il più pieno e generale riconoscimento della libertas Ecclesiae è peraltro contenuto nei primi due commi dell’art. 2 dell’Accordo del 1984, laddove l’ordinamento giuridico statale assume la Chiesa secondo la sua peculiare natura, struttura e finalità. Ciò comporta di conseguenza la sua disciplina in Italia secondo un diritto speciale, ancorché non privilegiario, e non secondo il mero diritto comune, come sarebbe stata logica conseguenza se lo Stato si fosse limitato a riconoscere alla Chiesa la sola libertà religiosa in senso collettivo.


    Per quanto riguardo poi i singoli contenuti di tale libertas, il testo vigente del Concordato appare assai dettagliato e preciso. In particolare è assicurata la libertà della Chiesa sia per quanto attiene alla sua struttura e, quindi, alla sua capacità di organizzarsi giuridicamente senza alcun limite posto dalle leggi dello Stato; sia per quanto attiene alla funzione sua propria, tenendosi nel dovuto conto la distinzione canonistica dei tria munera – docendi, sanctificandi, regendi – in cui tale funzione si articola.


    Si deve rilevare che la formula generale dell’art. 2 è da collegare alle altre disposizioni del Concordato, nelle quali sono garantite singole libertà ecclesiastiche. Ciò vale in materia munus docendi relativamente alla dichiarazione, alla diffusione ed alla difesa del dogma cattolico (art. 2; art. 7, n 4); alla formazione dei christifideles (art. 9; art. 10, n. 3; art. 12); ed in particolare alla specifica formazione del clero (art. 10, nn. 12-2).


    Quanto rilevato vale pure per il munus sanctificandi, del quale è fatta esplicita menzione nell’art. 2, n. 1, ma che direttamente o indirettamente è oggetto anche in una serie di specifiche previsione normative, come in materia di edifici di culto (art. 5), di riconoscimento agli effetti civili del matrimonio canonico (art. 8), ed anche di esonero degli ecclesiastici dal servizio militare (art. 4). Il munus regendi, infine, oltre al generale riconoscimento della “giurisdizione in materia ecclesiastica” (art. 2, n. 1.), entra in rilievo sia come potere legislativo (ad es. nella disciplina degli enti ecclesiastici e del matrimonio: art. 7, n. 2. e art. 8), sia come potere amministrativo (ad es. nell’erezione degli enti ecclesiastici e nello svolgimento su di essi dei controlli canonici, nel conferimento degli uffici ecclesiastici, negli atti di certificazione, ecc.), sia come potere giudiziario (ad es. per quanto attiene alla giurisdizione ecclesiastica in materia matrimoniale, ex art. 8, n. 2.).


    In materia di giurisdizione ecclesiastica si deve rilevare che nel Trattato lateranense ricorre una disposizione che ha una chiara connotazione concordataria. Si tratta di quella contenuta nel capoverso dell’art. 23, per cui hanno piena efficacia giuridica agli effetti civili, senza altre formalità, le sentenze ed i provvedimenti dell’autorità ecclesiastica ed ufficialmente comunicati alle autorità civili, riguardanti ecclesiastici o religiosi e concernenti materie spirituali e disciplinari. La norma comporta quindi, in maniera in qualche modo analoga a quanto previsto per le decisioni della Corte di giustizia delle Comunità europee, il riconoscimento della forza esecutiva del provvedimento ecclesiastico. Nell’Accordo del 1984 questa disposizione è indirettamente confermata, in ragione del fatto che all’art. 2, lett. c) del Protocollo addizionale è detto che “la Santa Sede prende occasione della modificazione del Concordato lateranense per dichiararsi d’accordo, senza pregiudizio dell’ordinamento canonico, con l’interpretazione che lo Stato italiano dà dell’art. 23, secondo comma, del Trattato lateranense secondo la quale gli effetti civili delle sentenze e dei provvedimenti emanati da autorità ecclesiastiche, previsti da tale disposizione, vanno intesi in armonia con i diritti costituzionalmente garantiti ai cittadini italiani” (19) . Sui provvedimenti in questione, pertanto, è inammissibile un sindacato di legittimità o di merito da parte del giudice italiano, che non sia quello diretto ad accertare che la loro eventuale esecuzione in Italia verrebbe a ledere diritti costituzionalmente garantiti. È evidente che qualora si configurasse tale lesione, il provvedimento ecclesiastico non potrebbe avere efficacia nell’ordinamento italiano, ma rimarrebbero integri tutti i suoi effetti nell’ordinamento canonico.


    Nel quadro della libertà di organizzazione pienamente riconosciuta alla Chiesa, deve collocarsi – fatto di rilievo e innovativo - la valorizzazione della Conferenza Episcopale Italiana come ulteriore interlocutore della comunità politica (cfr. ad es. l’art. 13 e l’art. 5, lett. b del Protocollo addizionale). Detta valorizzazione, infatti, presuppone il rinnovamento promosso nel diritto costituzionale della Chiesa dal Concilio Vaticano II, che ha portato al recupero della Chiesa particolare e del suo ruolo (20) , anche per quanto attiene ai rapporti con la comunità politica.



    3. La libertà religiosa individuale e collettiva
    Il terzo comma dell’art. 2 del vigente concordatario opera un generale riconoscimento di libertà religiosa agli appartenenti alla Chiesa cattolica, venendo così ad offrire una garanzia rafforzata della libertà religiosa, sia individuale che collettiva, già oggetto di tutela nella Costituzione. In particolare la norma garantisce “ai cattolici ed alle loro associazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” (21).

    Si deve tuttavia osservare come in singole disposizioni concordatarie vengano disposte specifiche garanzie della libertà religiosa dei cattolici, soprattutto creandosi le condizioni per l’esercizio della libertà religiosa in ambiti qualificanti: si pensi al riconoscimento degli effetti civili al matrimonio canonico (art. 8), che in concreto significa rilevanza per l’ordinamento statale delle scelte di coscienza della persona in materia matrimoniale; ovvero alla riconosciuta facoltà di usufruire dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, che concorre ad attualizzare la libertà religiosa come diritto ad una formazione che non ignori la dimensione religiosa (art. 9, n. 2).

    In materia di libertà di associazione per motivi religiosi, le disposizioni concordatarie relative agli enti ecclesiastici vengono oggi maggiormente incontro, rispetto al passato, alle esigenze di veder riconosciute agli effetti civili associazioni ed istituzioni nascenti all’interno dell’ordinamento giuridico canonico. Basti pensare soltanto alla possibilità di riconoscimento – seppure a determinate condizioni – degli istituti religiosi e delle società di vita apostolica di diritto diocesano, che era del tutto escluso dalla normativa del 1929; oppure allo speciale regime dettato per le associazioni pubbliche e private di fedeli che non possono ottenere il riconoscimento come enti ecclesiastici (artt. 8-10; legge 20 maggio 1985, n. 222).


    Occorre infine notare come con la revisione del 1984 dal testo del Concordato è venuta meno tutta una serie di norme oggettivamente limitatrici della libertà religiosa a livello individuale: si pensi in particolare alla soppressione della disposizione di cui al terzo comma dell’art. 5 del Concordato lateranense, secondo cui “in ogni caso i sacerdoti apostati o irretiti da censura non potranno essere assunti né conservati in un insegnamento, in un ufficio od in un impiego, nei quali siano a contatto immediato col pubblico.” (22) In alcuni casi le originarie disposizioni del Concordato lateranense sono state oggetto di modifiche rivolte a renderle più consoni alle esigenze di tutela della libertà religiosa: così nel caso dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, con il passaggio dal vecchio sistema dell’esonero dall’insegnamento, che pure era un istituto posto a garanzia della libertà religiosa degli studenti e dei diritti in materia educativa dei genitori, al sistema della facoltatività, cioè della sua libera scelta, certamente più garantista.



    4. Il “carattere sacro” di Roma
    Nel secondo comma dell’art. 1 del Concordato lateranense era contenuta una norma secondo cui il Governo italiano, in considerazione del “carattere sacro della Città Eterna”, sede vescovile del Pontefice, centro del mondo cattolico e meta di pellegrinaggi, era impegnato ad impedire tutto ciò che in Roma potesse essere in contrasto con detto carattere.


    Quella disposizione, rimasta pressoché inapplicata (23) , era interpretata dalla dottrina nel senso che essa conteneva un impegno non ben determinato dell’autorità governativa italiana, con riferimento alle potestà discrezionali del potere esecutivo. Proprio in ragione di questa sua indeterminatezza la norma era stata oggetto di critica, in quanto la genericità dell’impegno assunto dallo Stato italiano, consentendo di coprire un numero indeterminato di fattispecie concrete, rischiava di rendere arbitrario l’esercizio delle funzioni pubbliche, da parte dell’autorità governativa (sopratutto l’esercizio dei poteri di interdizione e di polizia), con conseguente possibile lesione delle libertà individuali e collettive. (24)


    La disposizione, d’altra parte, era intesa ad accordare specifiche garanzie alla libertas Ecclesiae in rapporto alla peculiare situazione della città di Roma, di cui il Papa è Vescovo, sul cui territorio si trovano gli organi di governo della Chiesa universale e le rappresentanze diplomatiche accreditate presso la Santa Sede, che è un punto di riferimento spirituale per i cattolici del mondo intero. (25)

    Il quarto comma dell’art. 2 del testo in vigore, afferma invece che “la Repubblica italiana riconosce il particolare significato di Roma, sede vescovile del Sommo Pontefice, ha per la cattolicità” (26) . Si tratta di una formulazione ancor più generica della precedente, ma priva di specifici impegni da parte statale; peraltro, essendo prevista in un atto con valore e forza giuridica, qual è il Concordato, non può considerarsi del tutto priva di effetti sul piano di diritto.(27)


    Certamente la disposizione in esame non ha forza di legittimare, come accadeva in passato, limitazioni più o meno ampie di diritti e di libertà giuridicamente garantite; tuttavia può legittimare interventi del legislatore e della pubblica amministrazione destinati specificamente a Roma in quanto sede vescovile del Papa e centro della cattolicità, e diretti a garantire una migliore esplicitazione delle funzioni e delle relazioni che a detto carattere sono connesse. Così potrebbero trovare fondamento nella norma in esame leggi e regolamenti speciali per la città di Roma attenenti a settori che hanno connessione con quelle funzioni, come l’urbanistica, i trasporti, le relazioni internazionali, l’accoglienza di pellegrini, i servizi sociali e sanitari anche a favore di non cittadini (immigrati extra comunitari, etc.), il turismo di carattere religioso, la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali ecclesiastici e religiosi. Due esempi recenti esplicitano tale visione. Il primo: il Grande Giubileo del 2000 che ha visto convergere a Roma per un intero anno milioni di pellegrini e ha richiesto un ripensamento di tanti luoghi della città da parte dell’autorità pubblica. Il secondo esempio: i funerali di Giovanni Paolo II con la grande affluenza di fedeli e autorità nonché l’impatto di tale evento sulla città in un brevissimo spazio di tempo.


    Più in generale si potrebbe rilevare come la disposizione in esame si pone quale norma di un più ampio statuto speciale che potrebbe essere assicurato alla città di Roma, onde metterla in condizione di svolgere nel modo migliore le funzioni ed i servizi di cui è gravata per i suoi ruoli di capitale, di città internazionale e di sede della cattolicità. (28) Una prospettiva, quest’ultima, che ha acquistato concretezza per effetto della riforma del Titolo V della Costituzione, ove è stato consacrato formalmente il ruolo di Roma come “capitale della Repubblica”, assegnando alla legge dello Stato il compito di disciplinarne l’ordinamento (art. 114, terzo comma).



    5. Osservazioni conclusive
    L’indagine condotta evidenzia un sistema articolato e complesso, caratterizzato dal costante e necessario misurarsi degli accordi in parola con le evoluzioni in atto nell’ordinamento tanto civile quanto canonico. Lo sviluppo della libertas Ecclesiae nella relazione fra Stato e Chiesa in Italia è stato incoraggiato dall’evoluzione ordinamentale italiana nel segno di una sempre più accentuata valorizzazione dell’autonomia ecclesiastica.


    Tuttavia occorre precisare come nell’esaminare tali dinamiche relazionali non si debba cadere nel facile equivoco di considerarle operative “a senso unico”. Se è vero che lo sviluppo della libertas Ecclesisae negli accordi di attuazione del dettato concordatario appare indubbiamente condizionato dalle evoluzioni ordinamentali in atto, va però sottolineato come tale risultato, sia stato notevolmente favorito proprio dal paradigma strutturale dell’Accordo 1984. Si è dunque di fronte ad una realtà in cui i fattori dominanti sono in costante evoluzione. Dinamiche, “inter” ed “infra” ordinamentali, che non possono venire trascurate se non si intenda affrontare il rischio di porre in ombra alcuni degli elementi più significativi per ricostruire l’avvenuto sviluppo degli accordi, ma anche e soprattutto per comprendere le future linee evolutive, tanto nel loro insieme quanto nei singoli settori.


    Vorrei, al termine di queste mie riflessioni, riproporre la visione dei rapporti tra Stato e Chiesa in Italia proposta da Papa Benedetto XVI nella sua visita al Quirinale del 2005, in cui richiama tra l’altro a una sana laicità dello Stato: “ Le relazioni tra la Chiesa e lo Stato italiano sono fondate sul principio enunciato dal Concilio Vaticano II, secondo cui ‘la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l’una dall’altra nel proprio campo. Tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale delle stesse persone umane’(Gaudium et spes, 76). È principio, questo, già presente nei Patti Lateranensi e poi confermato negli Accordi di modifica del Concordato. Legittima è dunque una sana laicità dello Stato in virtù della quale le realtà temporali si reggono secondo le norme loro proprie, senza tuttavia escludere quei riferimenti etici che trovano il loro fondamento ultimo nella religione. L’autonomia della sfera temporale non esclude un’intima armonia con le esigenze superiori e complesse derivanti da una visione integrale dell’uomo e del suo eterno destino.” (29)


    Il Concordato del 1929 e gli Accordi del 1984 offrono un quadro giuridico per realizzare quelle sana laicità di cui parla il Santo Padre e che rafforza l’identità dell’Italia, un Paese a cui mi sento tanto legato e a cui faccio auguri di ogni bene, quando si compiono i 150 anni della sua Unità.
    Mons. Georg Gänswein




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    NOTE

    1) Allocuzione “Vogliamo anzitutto”, 13 febbraio 1929: “Con la grazia di Dio, con molta pazienza, con molto lavoro, con l’incontro di molti e nobili assecondamenti, siamo riusciti tamquam per medium profundum eundo a conchiudere un Concordato che, se non è migliore di quanti se ne possono fare, è certo tra i migliori che si sono fin qua fatti; ed è con profonda compiacenza che crediamo di avere con esso ridato Dio all’Italia e l’Italia a Dio.” AAS 21 (1929) 110-114, 113.

    (2) Allocuzione “Il nostro benvenuto”, 11 febbraio 1929: “Ci pare insomma di vedere le cose al punto in cui erano in S. Francesco benedetto: quel tanto di corpo che bastava per tenersi unita l’anima.” AAS 21 (1929) 103-110, 108.

    (3) Cfr. O. FUMAGALLI CARULLI, Il Concordato lateranense: libertà della Chiesa e dei cattolici, in: Stato, Chiese e pluralismo confessionale: Rivista telematica, aprile 2009, 1-17.

    (4) Firma: 18 febbraio 1984, Ratifica: 3 giugno 1985, in: AAS 77 (1985) 521-578. Essendo impossibile riferire l’abbondante bibliografia precedente e successiva all’Accordo, mi limito a ricordare alcune opere di documentazione e saggi: AA.VV., Studi per la revisione del concordato, Padova, 1970: Il Diritto Ecclesiastico (1971, II-III) Chiesa e Stato in Italia, p. 273 s. (1977/I-IV) La Revisione del Concordato, p. 5 s.; AA.VV., I nuovi accordi concordatari tra Chiesa e Stato, Roma-Bologna, 1985; G. DALLA TORRE, La riforma delle legislazione ecclesiastica, Bologna 1985; G. DALLA TORRE (a cura di), La revisione del concordato, Città del Vaticano 1985; UNIONE GIURISTI CATTOLICI ITALIANI, I nuovi accordi fra Stato e Chiesa, Roma 1986; AA.VV., Atti del Convegno italiano di studio sul nuovo Accordo tra Italia e Santa Sede (a cura di R. COPPOLA), Milano 1987.

    (5) Si rinvia a O. FUMAGALLI CARULLI, Società civile e società religiosa di fronte al Concordato, Milano, 1980, p. 245 ss.

    (6) Nella ricorrenza degli ottant’anni dalla sottoscrizione dei Patti lateranense e dalla loro ratifica, il Senato ha pubblicato un ampio libro con i dibattiti più significativi che hanno contraddistinto i rapporti tra l’Italia e la Santa Sede all’interno delle Aule parlamentari; cfr. Chiesa e Stato in Italia. Dalla Grande Guerra al nuovo Concordato (1914-1984) a cura di R. PERTICI, Bologna 2009 (= Collana dei Dibattiti storici in Parlamento, 3). Sulla comunicazione del Governo e conseguente dibattito sulla revisione del Concordato tra lo Stato italiano e la Santa Sede cfr. pp. 783-858.

    (7) Al riguardo mi baso sullo studio di G. DALLA TORRE, Principi di libertà, in: Lezioni di Diritto Ecclesiastico, Terza edizione, Torino 2007, 137-147. Informa sulla questione in modo dettagliato e preciso lo scritto: La Chiesa Cattolica in Italia. Normativa Pattizia. A cura di I. BOLGIANI (= CESEN – Centro Studi sugli Enti Ecclesiastici e sugli altri enti senza fini di lucro; Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, 2009).

    (8) Per una ricostruzione storica generale cfr. A. C. JEMOLO, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Torino 1975, p. 483 ss.

    (9) AAS 21 (1929) 293. Sulle fonti pattizie nel quadro dell’evoluzione ordinamentale civile e canonica e sulle nuove dinamiche di relazione tra Stato e Chiesa cattolica informa I. BOLGIANI, La Chiesa cattolica, cit., pp. 1-53.

    (10) Sul conflitto tra Stato e Chiesa in ragione dell’Azione Cattolica, che conobbe anche pagine molto dolorose e talvolta drammatiche, cfr. R. MORO, Azione Cattolica Italiana, in: Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, a cura di F. TRANIELLO e G. CAMPANINI, Alessandria 1981, I, 2, I fatti e le idee, pp. 185 e190 ss., specie per la ricca bibliografia sul tema. Sul processo di revisione del Concordato si rinvia a G. DALLA TORRE, La revisione del Concordato lateranense. Una vicenda lunga quarant’anni, in: Iustitia (2004), p. 145 ss.

    (11) Utili al riguardo le osservazioni di G. BARBERINI, Ancora qualche riflessione sull’art. 7, 1 della costituzione italiana per fare un po’ di chiarezza, in: Stato, Chiese e pluralismo confessionale: Rivista telematica, settembre 2009, 1-16.

    (12) AAS 77 (1985) 531.

    (13) Per un approfondimento del principio della sana cooperatio fra Chiesa e Stato, secondo le moderne teorie canonistiche, cfr. G. DALLA TORRE, La Città sul monte. Contributo ad una teoria canonistica sulle relazioni fra Chiesa e comunità politica, Roma 1996, terza edizione 2007, p. 125 ss.

    (14) Sulla libertas Ecclesiae e sulle differenze con la libertà religiosa cfr. L. SPINELLI, Libertas Ecclesiae. Lezioni di diritto canonico, Milano 1979, p. 189 ss.

    (15) AAS 77 (1985) 522-523.

    (16) Si considera non più in vigore il principio, originariamente richiamato dei Patti lateranensi, della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano“. AAS 77 (1985) 532.

    (17) Così G. LO CASTRO, Ordine temporale, ordine spirituale e promozione umana. Premesse per l’interpretazione dell’art. 1 dell’Accordo di Villa Madama, in: Dir. eccl. (1984) I, pp. 507-567, 511. Cfr. anche in AA.VV., Nuovi Accordi fra Stato e confessione religiose. Studi e testi, con saggio introduttivo di P. Gismondi, Milano 1985, p. 275.

    (18) Cfr. A. BALDASSARE, Diritti inviolabili, in: Enciclopedia Giuridica, XI, Roma 1989, p. 10 ss; A. BARBERA, Art. 2, in: Commentario della Costituzione, a cura di B. BRANCA, Principi fondamentali, Artt. 1-12, Bologna-Roma 1975, p. 50 ss.

    (19) AAS 77 (1985) 532-533.

    (20) Cfr. Christus Dominus, 37; AAS 58 (1966) 693; Apostolos Suos, 15; AAS 90 (1998) 651.

    (21) AAS 77 (1985) 522.

    (22) AAS 21 (1929) 278. Sulla disposizione cfr. S. BERLINGÒ, L’indisponibilità del diritto di libertà religiosa. A proposito dell’art. 5 terzo comma del Concordato, in: Dir. eccl. (1966), I, p. 3 ss.; C. MIRABELLI, L’art. 5 del Concordato, in: AA.VV., Studi per la revisione del Concordato, Padova 1970, p. 409 ss. Nonostante i fondati dubbi circa la sua oggettiva costituzionalità, la disposizione concordataria aveva tuttavia resistito ad un sindacato di legittimità costituzionale: cfr. Corte cost., 14 giugno 1962, n. 52, in: Giur. Cost., 1962, p. 224 ss.

    (23) Nel corso di un cinquantennio a tale disposizione si era appellata la Santa Sede in due diverse occasioni: nel 1938, in occasione della visita a Roma di Hitler, allorché il Papa Pio XI aveva lamentato il fatto che nella città “sacra” era stata inalberata l’insegna di una croce che non era la croce di Cristo. Nel 1965, in occasione della rappresentazione in Roma della commedia scandalistica Il Vicario di Rolf Hochhuth, ritenuta gravemente lesiva alla memoria di Papa Pio XII, perché accusato di non aver espresso ufficiale condanna contro il nazismo e lo sterminio degli ebrei. Su quest’ultima vicenda cfr. in particolare S. LARICCIA, Stato e Chiesa in Italia. 1948-1980, Brescia, 1981, p. 36 ss.

    (24) Per riferimenti bibliografici in materia cfr. E. GRAZIANI, Il carattere sacro di Roma. Contributo all’interpretazione dell’art. 1 cpv. Conc., Milano 1960; G. CAPUTO; Il carattere sacro di Roma, in: AA.VV., Studi per la revisione del Concordato, Padova, 1970, p. 239 ss; L. GUERZONI, “Carattere sacro” di Roma e sovranità dello Stato, Bologna 1970. Sulle origini storiche e ideologiche della formula cfr. A. RICCARDI; Roma “città sacra”? Dalla Conciliazione all’operazione Sturzo, Milano 1979.

    (25) Si vedano in proposito le osservazioni sviluppate da alcuni componenti della Commissione ministeriale di studio per la revisione del Concordato (1968-1969), in: G. SPADOLINI, La questione del Concordato, Firenze, 1976, p. 250 ss., i quali rilevavano anche l’aporia sussistente fra una norma limitatrice di libertà, ma non tassativa, e i principi di democrazia e libertà sanciti dall’ordinamento.

    (26) AAS 77 (1985) 523.

    (27) In questo senso cfr. O. FUMAGALLI CARULLI, Società civile e società religiosa di fronte al Concordato, Milano 1980, p. 321; contra C. CARDIA, La riforma del Concordato. Dal confessionalismo alla laicità dello Stato, Torino, 1980, p. 183.

    (28) Per una spunto al riguardo cfr. S. BERLINGÒ, Per una nuova politica del diritto in materia ecclesiastica, in: Dir. eccl. (1977) I, p. 78. Per ulteriori approfondimenti, cfr. AA.VV., Roma, la capitale del Papa, a cura di L. FIORANI e A. PROSPERI, Torino, 2000; G. B. VARNIER, Roma “città sacra” e “città aperta nella seconda guerra mondiale”, in: Dir. eccl. (2002), I, pp. 1282-1291; P. SASSI, I rapporti fra Roma capitale e la Santa Sede: poteri pubblici e Chiesa cattolica nell’ex “città” tra secondo e terzo millennio, in: AA.VV., L’ordinamento di Roma capitale, Atti del convegno, Roma, 10 aprile 2003, a cura di S. MANGIAMELI, Napoli, 2003, p. 139 ss.; AA. VV., L’ordinamento di Roma capitale, Napoli, 2003.

    (29) Benedetto XVI, Discorso durante la visita al Quirinale, 24 giugno 2005, in: L’Osservatore Romano, 25.6.2005.TE.




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    00 17/02/2011 01:12
    Benedetto XVI: la santità è “lasciarsi amare da Dio”
    Durante l’Udienza generale dedicata a San Giovanni della Croce



    ROMA, mercoledì, 16 febbraio 2011 (ZENIT.org).- Il cammino di purificazione verso la santità prevede sì l'impegno personale ma non può prescindere dall'affidamento all'amore di Dio. E' questo, secondo Benedetto XVI, l'insegnamento che ci ha lasciato san Giovanni della Croce, che insieme a santa Teresa d’Avila fu il grande riformatore della famiglia religiosa carmelitana.

    Durante l’Udienza generale dedicata questo mercoledì al grande mistico del XVI secolo, il Papa ha sottolineato che “se un uomo reca in sé un grande amore, questo amore gli dà quasi ali, e sopporta più facilmente tutte le molestie della vita, perché porta in sé questa grande luce; questa è la fede: essere amato da Dio e lasciarsi amare da Dio in Cristo Gesù”.

    Nella sua catechesi il Papa ha ripercorso la vita di San Giovanni della Croce, segnata da un cammino di purificazione progressiva dell’anima per scalare la vetta della perfezione cristiana.

    “Tale purificazione – ha detto il Pontefice – è proposta come un cammino che l’uomo intraprende, collaborando con l'azione divina, per liberare l'anima da ogni attaccamento o affetto contrario alla volontà di Dio”.

    “La purificazione, che per giungere all'unione d’amore con Dio dev’essere totale, inizia da quella della vita dei sensi e prosegue con quella che si ottiene per mezzo delle tre virtù teologali: fede, speranza e carità, che purificano l'intenzione, la memoria e la volontà”.

    Tuttavia, come spiegato da san Giovanni della Croce nella “Notte oscura”, “lo sforzo umano, […] – ha sottolineato il Papa – è incapace da solo di arrivare fino alle radici profonde delle inclinazioni e delle abitudini cattive della persona: le può solo frenare, ma non sradicarle completamente”.


    “Il lungo e faticoso processo di purificazione esige lo sforzo personale, ma il vero protagonista è Dio – ha continuato – : tutto quello che l'uomo può fare è 'disporsi', essere aperto all'azione divina e non porle ostacoli”.

    E' lì che “l’anima si immerge nella stessa vita trinitaria” così da amare Dio “con il medesimo amore con cui Egli la ama, perché la ama nello Spirito Santo”.

    “Preghiamo il Signore – ha detto quindi il Papa – perché ci aiuti a trovare questa santità di lasciarsi amare da Dio, che è la vocazione di noi tutti e la vera redenzione”.

    Al momento dei saluti finali, il Papa ha rivolto un pensiero affettuoso alle Missionarie della Carità presenti in Aula Paolo VI, ringraziandole per la “gioiosa testimonianza cristiana che rendono nei diversi continenti, sulle orme della loro indimenticabile fondatrice” Madre Teresa di Calcutta.

    Quindi, ha rivolto un saluto ai coordinatori regionali dell’Apostolato del mare, in occasione del convegno promosso dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, incoraggiandoli ad “individuare adeguate risposte pastorali ai problemi dei marittimi e delle loro famiglie”.

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    00 17/02/2011 16:00
    Santa Sede e Russia vogliono rafforzare le loro relazioni
    Il Papa riceve in udienza il Presidente russo Medvedev



    CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 17 febbraio 2011 (ZENIT.org).- La Santa Sede e la Federazione Russa desiderano rafforzare i loro rapporti.

    Lo rivela il comunicato diffuso dalla Sala Stampa della Santa Sede questo giovedì, al termine dell'udienza che Papa Benedetto XVI ha concesso al Presidente della Federazione Russa Dmitri Medvedev.

    Il Capo di Stato russo ha poi incontrato, insieme al Ministro degli Affari Esteri russo Sergey Lavrov, il Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, accompagnato da monsignor Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati.

    La nota vaticana rivela che nel corso dei colloqui tra il Pontefice e il Presidente Medvedev “ci si è compiaciuti per i buoni rapporti bilaterali e si è sottolineata la volontà di rafforzarli, anche in seguito all’allacciamento dei pieni Rapporti diplomatici”.

    Lo stabilimento di relazioni diplomatiche piene tra i due Stati è stato annunciato il 3 dicembre 2009, dopo che il Papa aveva ricevuto in udienza Medvedev.

    Il Vaticano e l'ex Unione Sovietica avevano stabilito relazioni diplomatiche nel 1990 con uffici di rappresentanza, anche se i rispettivi rappresentanti avevano sempre avuto il rango di ambasciatori.

    Nell'estate 2010 il processo è culminato con lo scambio di ambasciatori. Il 26 giugno ha infatti presentato le sue lettere credenziali il primo ambasciatore russo presso la Santa Sede, Mikolaj Sadlichov, mentre il 15 luglio ha presentato le lettere credenziali al Ministro degli Esteri Lavrov monsignor Antonio Mennini, che da rappresentante del Papa presso la Federazione Russa è diventato ufficialmente Nunzio, cioè ambasciatore (cfr. ZENIT, 28 luglio 2010).

    Nei colloqui di questo giovedì tra il Papa e Medvedev, aggiunge la nota della Sala Stampa vaticana, è stata anche riconosciuta “l’ampia collaborazione tra la Santa Sede e la Federazione Russa sia nella promozione degli specifici valori umani e cristiani, sia in ambito culturale e sociale”.

    Allo stesso modo, “si è rilevato il contributo positivo che il dialogo interreligioso può offrire alla società”.

    Il Papa e Medvedev non hanno infine mancato di soffermarsi “sulla situazione internazionale, con particolare riferimento al Medio Oriente”.

    La Federazione Russa ha una popolazione di quasi 140 milioni di abitanti. I cattolici sono meno di un milione e mezzo.


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    BILANCI VATICANI: A CAUSA DELLA CRISI PERMANGONO DIFFICOLTA'

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 17 feb.

    "Pur in presenza di chiari segnali di ripresa, il quadro complessivo che emerge dai bilanci di previsione 2010 della Santa Sede e della Citta' del Vaticano - approvati ieri dal Consiglio dei cardinali per i problemi organizzativi ed economici della Santa Sede - risente ancora delle incertezze del sistema economico globale, ma anche degli accresciuti costi di gestione".
    Una situazione, si legge nel comunicato conclusivo, che "appare evidente soprattutto per la Santa Sede, la cui insostituibile fonte di sovvenzionamento e' costituita dalle libere offerte dei fedeli". In proposito, i cardinali membri del Consiglio "hanno espresso profonda gratitudine per il sostegno che essi danno, spesso in forma anonima, al ministero universale del Santo Padre, esortandoli a perseverare in tale opera di bene".
    Nel 2009 il passivo della Santa Sede e' stato di 4 milioni 102mila euro (l'anno prima era stato di 911 mila euro) con 254 milioni 284mila euro di uscite, rappresentate per la maggior parte dalle spese ordinarie e straordinarie dei Dicasteri e Organismi della Santa Sede, "i quali con la loro specifica attivita' partecipano alla cura pastorale del Sommo Pontefice nei confronti della Chiesa universale".
    Nei bilanci consuntivi approvati lo scorso luglio, si era pero' dimezzato il passivo dello Stato Citta' del Vaticano e aumentava di circa 7 milioni di dollari l'Obolo di San Pietro, cioe' le offerte che i cattolici di tutto il mondo inviano al Papa per le sue opere di carita'.
    Ancora una volta nella riunione di ieri si e' discusso dell'intero sistema delle comunicazioni della Santa Sede, con particolare attenzione ai problemi della Radio Vaticana come testimoniava la presenza del direttore generale, padre Federico Lombardi, e del direttore amministrativo Alberto Gasbarri.

    © Copyright (AGI)


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    00 17/02/2011 23:24
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    PAPA: 35 MINUTI CON MEDVEDEV, "UN INCONTRO MOLTO IMPORTANTE"

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 17 feb.

    "Benvenuto presidente, questo nostro incontro e' molto importante".
    Cosi' Benedetto XVI ha salutato questa mattina Dimitri Medvdev, presidente della Federazione Russa, accogliendolo nella sala del Tronetto prima del colloquio privato durato 35 minuti.
    Concluso l'incontro, sono stati ammessi nella biblioteca privata del Papa anche la moglie del capo di Stato, Svetlana, elegantissima in nero e grigio con una sciarpa bianca, il vice premier Zukov e il ministro degli esteri Lavrov.
    Allo scambio dei doni, Joseph Ratzinger ha espresso il desiderio di studiare la lingua russa per poter leggere il volume - donatogli oggi da Medvedev - che raccoglie le lettere di Boris Eltsin a Giovanni Paolo II e ad altri capi di Stato. Ammirando poi un quadro di Mosca che completava i regali portati dal presidente russo, il Papa ha indicato il Cremlino e chiesto a Medvedev se vivesse in quello straordinario complesso architettonico.
    Il presidente ha risposto: "ci lavoro". E a sua volta ha poi complimentato l'architettura e l'arte che caratterizzano la Santa Sede e sono riflesse nel mosaico e nelle medaglie ricevute da Benedetto XVI.
    Congedatosi dal Pontefice, il presidente russo e ' sceso alla seconda loggia del Palazzo Apostolico per incontrare il segretario di Stato, card. Tarcisio Bertone.
    Al colloquio, questa volta, hanno partecipato anche il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov e il suo omologo vaticano, mons. Dominique Mamberti.
    "Nel corso dei colloqui di oggi - recita un comunicato della Sala Stampa Della Santa Sede - ci si e' compiaciuti per i buoni rapporti bilaterali e si e' sottolineata la volonta' di rafforzarli, anche in seguito all'allacciamento dei pieni rapporti diplomatici" stabiliti l'anno scorso. "Si e' riconosciuta inoltre - continua la nota - l'ampia collaborazione tra la Santa Sede e la federazione Russa sia nella promozione degli specifici valori umani e cristiani, sia in ambito culturale e sociale".
    E, continua il testo, "successivamente si e' rivelato il contributo positivo che il dialogo interreligioso puo' offrire alla societa'". Infine, "ci si e' soffermati sulla situazione internazionale con particolare riferimento al Medio Oriente".

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    Il Papa: senza un rapporto personale con Cristo non c'è realizzazione
    Riceve i Vescovi filippini in visita ad limina apostolorum



    CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 18 febbraio 2011 (ZENIT.org).- La chiave per l'autentica realizzazione dell'essere umano è un rapporto autentico e personale con Cristo, ha affermato Papa Benedetto XVI questo venerdì mattina.

    Il Pontefice ha ricevuto i Vescovi delle Filippine in occasione della loro visita quinquennale ad limina apostolorum, sottolineando i “profondi legami” dei cattolici del Paese con il Successore di Pietro e pregando che questa comunione “continui a crescere e a prosperare”, aiutando i presuli ad affrontare le sfide che presenta il loro apostolato.

    Tali sfide, ha indicato, non riguardano solo il settore dello sviluppo economico, perché la cultura filippina “deve anche confrontarsi con le questioni più complesse relative al secolarismo, al materialismo e al consumismo dei nostri tempi”.

    “Quando l’autosufficienza e la libertà vengono separate dalla loro dipendenza da Dio e dal loro compimento in Lui”, ha dichiarato il Papa, “la persona umana crea per se stessa un falso destino e perde di vista la gioia eterna per la quale è stata creata”.

    “Il cammino verso la riscoperta del destino autentico dell’umanità può essere trovato solo ristabilendo la priorità di Dio nel cuore e nella mente di ogni persona”.

    “Il vostro grande compito nell’evangelizzazione è quindi di proporre un rapporto personale con Cristo come chiave per la completa realizzazione”, ha detto ai Vescovi filippini.

    Testimonianza

    In questo contesto, il Papa ha anche sottolineato che “le nuove iniziative nell’ambito dell’evangelizzazione saranno feconde solo se, per grazia di Dio, coloro che le propongono sono persone che credono veramente nel messaggio del Vangelo e lo vivono personalmente”.

    “Questo è certamente uno dei motivi per cui le comunità ecclesiali di base hanno avuto un impatto tanto positivo in tutto il Paese”, ha osservato.

    Allo stesso modo, la Chiesa nelle Filippine “è fortunata ad avere numerose organizzazioni laiche che continuano ad attirare persone verso il Signore”.

    Per far fronte alle esigenze della nostra epoca, ha indicato il Pontefice, “i laici devono ascoltare il messaggio del Vangelo nella sua pienezza, comprenderne le implicazioni per la loro vita personale e per la società in generale, e quindi essere costantemente convertiti al Signore”.

    Per questo motivo, ha esortato i Vescovi “avere particolare cura nel guidare tali gruppi, affinché il primato di Dio possa rimanere in primo piano”.

    Giovani e vocazioni

    Secondo Benedetto XVI, questo primato è “particolarmente importante” quando si parla dell'evangelizzazione dei giovani.

    A questo proposito, si è detto lieto che nelle Filippine la fede ricopra “un ruolo molto importante nella vita di molti giovani”, grazie soprattutto “al paziente lavoro della Chiesa locale per avvicinarsi ai giovani a tutti i livelli”.

    “Vi incoraggio a continuare a ricordare ai giovani che le seduzioni di questo mondo non soddisferanno il loro desiderio naturale di felicità”, ha detto il Papa ai presuli.

    La cura nei confronti dei giovani, ha proseguito, deve implicare anche l'attenzione a mostrare loro “l’importanza dei sacramenti come strumenti della grazia e dell’aiuto di Dio”.

    Ciò, ha constatato, è particolarmente vero per quanto riguarda il sacramento del matrimonio, “che santifica la vita coniugale sin dai suoi inizi, affinché la presenza di Dio possa sostenere le giovani coppie nelle loro difficoltà”.

    “La cura pastorale dei giovani volta a stabilire il primato di Dio nel loro cuore tende, per sua natura, a produrre non solo vocazioni al matrimonio cristiano, ma anche numerose altre chiamate”, ha aggiunto, lodando “il successo di iniziative locali atte a promuovere numerose vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa”.

    Nonostante questi progressi, “il bisogno di servitori di Cristo sempre più impegnati” “è ancora pressante”. Dai resoconti quinquennali consegnati dai Vescovi emerge infatti che in molte Diocesi il numero di sacerdoti e il corrispondente numero di parrocchie “non sono ancora sufficienti a rispondere ai bisogni spirituali della grande e crescente popolazione cattolica”.

    “Prego affinché i giovani filippini che si sentono chiamati al sacerdozio e alla vita religiosa rispondano con generosità ai suggerimenti dello Spirito”, ha confessato Benedetto XVI.

    In questo compito, ha concluso, devono essere aiutati dai Vescovi, chiamati a “offrire a queste giovani vocazioni un piano di formazione integrale ben sviluppato e attentamente applicato, di modo che la loro inclinazione iniziale verso una vita di servizio a Cristo e ai suoi fedeli possa giungere a una piena maturazione spirituale e umana”.

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    Unità Italia/ Papa parteciperà a 17 marzo,possibile suo messaggio

    Nel giorno della festa Bagnasco celebrerà Messa a S. Maria Angeli

    Città del Vaticano, 18 feb. (TMNews) - Il Papa parteciperà "in qualche forma" alle cerimonie per il 150esimo anniversario dell'unità d'Italia il prossimo 17 marzo, ha detto il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a conclusione del ricevimento all'ambasciata italiana presso la Santa Sede per i Patti lateranensi. E in ambienti vaticani si conferma quanto riferito dal card. Bertone all'incontro con Napolitano, sottolineando che, però, non c'è ancora nulla di deciso. E' possibile che la partecipazione di Benedetto XVI si configuri come un messaggio augurale alla nazione italiana.
    La Conferenza episcopale italiana ieri ha reso noto che il cardinale presidente Angelo Bagnasco per l'occasione celebrerà messa il 17 marzo mattina nella basilica di Santa Maria degli Angeli.

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    Un incontro con il cardinale Georges Cottier

    Vi spiego come leggere Ratzinger

    di SILVIA GUIDI

    "I libri noiosi esistono, come sappiamo tutti, ma non è questo il nostro caso, per fortuna".
    Il cardinale Georges Cottier, teologo emerito della Casa Pontificia sta spiegando "Come leggere Joseph Ratzinger".
    L'incontro, organizzato dalla Libreria Editrice Vaticana e coordinato da Neria De Giovanni e don Giuseppe Costa, si è svolto venerdì 18 febbraio nella Libreria Internazionale Paolo VI a Roma; lo spazio della libreria dedicato alle conferenze non è stato sufficiente a contenere tutte le persone presenti e molte sedie supplementari sono state aggiunte al piano terra, in mezzo agli scaffali dei libri, davanti a uno schermo che ha permesso a tutti di seguire il raffinato excursus del cardinale.
    "Io suggerirei di prendere alla lettera il Papa - ha spiegato Cottier, parlando degli scritti e del pensiero del teologo diventato Benedetto XVI, dalle prime opere fino all'ultimo avvincente libro-intervista con Peter Seewald, Luce del mondo - la teologia è il tentativo umano, e quindi perfettibile, di indagare il mistero di Dio. Il teologo ha il suo punto di vista, può sbagliarsi e cambiare opinione. Il carisma del successore di Pietro, invece, ha il ruolo di mantenere nella Chiesa l'unità e la rettitudine del messaggio rivelato. Quando il Papa si firma Joseph Ratzinger intende ribadire questo; sembra una distinzione ovvia, ma temo non sia stata sufficientemente capita".
    "Nell'opera del cardinale Ratzinger - continua Cottier - ci sono dei temi ricorrenti, uno di questi è il "divorzio" tra fede e ragione, un tema cruciale della modernità. La fede è stata ridotta a superstizione o sentimento, senza avere più niente a che fare con la verità. Ma la ragione è presente nella Bibbia, nella teologia cristiana, in Agostino, Tommaso, abbiamo grandissimi pensatori nella nostra tradizione. Il problema della nostra epoca è una ragione che pretende di essere sufficiente a se stessa e nega, ignora o bolla come irragionevole tutto ciò che non riesce a raggiungere con le proprie forze".
    In ambito esegetico, un'analoga frattura è nata tra il "Cristo storico" e il "Cristo della fede". Il metodo storico-critico in esegesi - spiega il cardinale - "ha portato a risultati preziosi, ma bisogna diffidare di quelle "vite di Gesù" che tradiscono tale metodo e nelle quali l'autore parla più di se stesso che del Nazareno".
    Se il Settecento aveva la ragione filosofica come misura, adesso è la ragione scientifica a proporsi come unico criterio di conoscenza. "I grandi spiriti pensano alle cose più evidenti che noi non vediamo - chiosa Cottier, continuando la sua "visita guidata" ai temi principali della teologia di Ratzinger - è il Verbo, il Lògos fatto carne di cui parla il Vangelo di Giovanni il ponte fra la ragione umana e la ragione divina. Dio si è rivelato, mi ha raggiunto, questo significa il Verbo si è fatto carne".
    "Quello che stupisce di più di Benedetto XVI - conclude il teologo - è che rimane un uomo felice. Il tema della gioia è molto presente, anche nelle prediche, e tanti lettori sono rimasti colpiti dall'autenticità e dalla semplicità delle cose dette dal Papa in Luce del mondo. La gente si è chiesta: ma è lo stesso uomo di cui parlano i giornali, la stessa persona che viene trasformata dai media in una caricatura di cattivo gusto? In molte pagine del libro si riconosce un Papa rilassato, fiducioso, che si esprime con libertà senza nascondere niente. Prende atto senza censure della secolarizzazione e del relativismo che prevalgono nel vissuto reale di tanti. Davanti a questo, la sua serenità non sembra appoggiarsi su qualche sua trovata, o su qualche ricetta particolare; ripete semplicemente che a tenere accesa nella Chiesa la fiamma viva della fede è Gesù stesso".

    (©L'Osservatore Romano - 20 febbraio 2011)


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    Il Papa: i cristiani devono vivere come figli di Dio
    All'Angelus domenicale spiega il significato della perfezione cristiana



    ROMA, domenica, 20 febbraio 2011 (ZENIT.org).- La perfezione cristiana consiste nel “vivere con umiltà come figli di Dio compiendo concretamente la sua volontà”. Lo ha detto questo domenica Benedetto XVI in occasione della preghiera mariana dell'Angelus.

    Parlando dalla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano ai fedeli radunatisi in piazza San Pietro, il Papa ha tratto spunto da un passaggio del Vangelo odierno: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,48).

    “Ma chi potrebbe diventare perfetto?”, si è domandato.

    Richiamando San Cipriano il Papa ha quindi spiegato che “alla paternità di Dio deve corrispondere un comportamento da figli di Dio, perché Dio sia glorificato e lodato dalla buona condotta dell’uomo”.

    “Chi accoglie il Signore nella propria vita e lo ama con tutto il cuore – ha aggiunto – è capace di un nuovo inizio. Riesce a compiere la volontà di Dio: realizzare una nuova forma di esistenza animata dall’amore e destinata all’eternità”.

    Citando san Paolo il Papa ha quindi esortato i fedeli ad esserre coscienti di essere il “tempio di Dio”.

    Ed ha poi aggiunto: “Grande cosa è l’amore – leggiamo nel libro dell’Imitazione di Cristo –, un bene che rende leggera ogni cosa pesante e sopporta tranquillamente ogni cosa difficile. L’amore aspira a salire in alto, senza essere trattenuto da alcunché di terreno. Nasce da Dio e soltanto in Dio può trovare riposo”.

    Infine ha rivolto un pensiero ai pastori: “Cari amici, dopodomani, 22 febbraio, celebreremo la festa della Cattedra di San Pietro. A lui, primo degli Apostoli, Cristo ha affidato il compito di Maestro e di Pastore per la guida spirituale del Popolo di Dio, affinché esso possa innalzarsi fino al Cielo”.

    “Esorto, pertanto, tutti i Pastori ad 'assimilare quel “nuovo stile di vita” che è stato inaugurato dal Signore Gesù ed è stato fatto proprio dagli Apostoli'”, ha concluso.

    Nei saluti finali, prendendo spunto dal Vangelo odierno in cui Gesù dice: “Amate i vostri nemici”, Benedetto XVI ha detto ai fedeli polacchi: “Quando si soffre per il male, la persecuzione, l’ingiustizia, evitiamo la rivincita, la vendetta e l’odio, e preghiamo per i persecutori”. “Affidiamo a Dio tutte queste avversità per raggiungere la libertà e la pace spirituale”, ha aggiunto.

    Parlando in francese il Papa ha invece sottolineato che l’amore di cui parla Dio verso il prossimo “è capace di cambiare l’ordine del mondo rifiutando le falsità e gli idoli che ci vengono proposti”.

    In spagnolo ha quindi rivolto un pensiero al popolo colombiano e alle iniziative promosse per ricordare la visita 25 anni fa di Giovanni Paolo II in Colombia. In particolare, Benedetto XVI ha invitato il popolo della Colombia a cercare di costruire “fraternità e concordia tra le persone senza eccezioni”.

    In italiano, il saluto è andato ai fedeli venuti da Poggiomarino, Modica, Cento di Ferrara e dalla parrocchia di Sant’Igino Papa in Roma, come pure alla Fondazione Petroniana di Bologna. E in particolare, alle Figlie di San Camillo, nel centenario della nascita al Cielo della loro Fondatrice, la Beata Giuseppina Vannini.

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    00 21/02/2011 13:22
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    CATTOLICI: GESUITI,SIANO GLI ANTICORPI CONTRO IL MALE DILAGANTE

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 20 feb.

    L'affermazione del presidente Napolitano, dello scorso luglio, riguardo al fatto che «la nostra democrazia e la nostra collettività nazionale dispongono di validi anticorpi» che possono sanare in tempo il malessere morale dilagante («in primo luogo la nostra capacità di reazione morale, e insieme la vitalità dei principi costituzionali e dei presidi costituiti dalle leggi ispirate a questi principi e affidati alla preziosa azione della magistratura e delle forze di polizia») è riproposta dalla Civiltà Cattolica in un articolo approvato dalla Segreteria di Stato della Santa Sede e pubblicato anche dall'Osservatore Romano.
    «L'appello del presidente - scrive la rivista dei gesuiti - vale anche per i credenti che vivono in Italia. Non c'è dubbio, infatti, che il patrimonio morale della religione (e parliamo principalmente di quella cristiana) la abilita a esercitare un ruolo di eccellenza nella rinascita morale del Paese: e stimiamo semplicemente fantasiose le previsioni di coloro che considerano la Chiesa prossima all'implosione per i recenti gravi scandali che l'hanno offesa». Secondo l'articolo, «questa funzione di anticorpo deve obbedire a due condizioni. Innanzitutto, la religione deve presentarsi come sfida al male, ribellione al male strutturale, e quindi educatrice del credente al sentimento della possibilità del cambiamento. I cattolici, che credono nella divina Incarnazione, troveranno in questa fede il coraggio e la speranza nella positività della storia umana, nonostante il peccato.
    Inoltre, per essere un anticorpo efficace, la religione deve rendere testimonianza con i fatti agli impegnativi princìpi che predica. Il che comporta per essa la fuga dai compromessi di vario genere e dai tatticismi che formano spesso la materia della corruzione. Perciò la sua funzione critica all'interno della società non può svolgersi efficacemente se essa adotta particolari posizioni politiche o quando è tentata di trasformarsi in soggetto politico o quando comunque fa suoi i metodi del potere politico».
    Per Civilta' Cattolica, "la funzione di essere anticorpo sociale spetta sicuramente anche ai cattolici. Non e' azzardato dire che, in Italia, per motivi storici ed ecclesiali, spetta principalmente a loro. E' una funzione decisiva sia per la societa' italiana sia per gli stessi cattolici che vi abitano".
    E proprio "da questa consapevolezza, radicata da sempre nell'anima cattolica, nasce il monito di Benedetto XVI ai laici cattolici che sono chiamati - sottolinea l'articolo - alla diaconia della carita' nella sua dimensione sociale e politica", ed a resistere alla "pressione esercitata dalla cultura dominante, che presenta con insistenza uno stile di vita fondato sulla legge del piu' forte, sul guadagno facile e allettante, finisce per influire sul nostro modo di pensare, sui nostri progetti e sulle prospettive del nostro servizio, con il rischio di svuotarli di quella motivazione della fede e della speranza cristiana che li aveva suscitati".

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    00 21/02/2011 13:23
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    PAPA: I PASTORI DEBBONO ASSIMILARE NUOVO STILE DI VITA

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 20 feb.

    "Esorto tutti i Pastori ad assimilare quel 'nuovo stile di vita' che e' stato inaugurato dal Signore Gesu' ed e' stato fatto proprio dagli Apostoli".
    Lo ha detto il Papa a conclusione del discorso pronunciato oggi all'Angelus, ricordando che dopodomani, 22 febbraio, ricorre la festa della Cattedra di San Pietro. "Al primo degli Apostoli - ha spiegato - Cristo ha affidato il compito di Maestro e di Pastore per la guida spirituale del Popolo di Dio, affinche' esso possa innalzarsi fino al Cielo".
    "Invochiamo la Vergine Maria, Madre di Dio e della Chiesa, affinche' ci insegni - ha poi concluso Benedetto XVI - ad amarci gli uni gli altri e ad accoglierci come fratelli, figli del Padre celeste".

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    PAPA: SE SUBIAMO INGIUSTIZIE EVITIAMO LA RIVINCITA E LA VENDETTA

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 20 feb.

    "Quando si soffre per il male, la persecuzione, l'ingiustizia, evitiamo la rivincita, la vendetta e l'odio, e preghiamo per i persecutori".
    Lo ha affermato Benedetto XVI salutando nella loro lingua i pellegrini arrivati dalla Polonia.
    "Vinciamo il male col bene", li ha esortati riassumendo efficacemente il commento fatto poco prima in italiano al Vangelo di oggi che chiede di amare i nemici.

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    PAPA: PERFEZIONE E' AMARE NEMICI, AMORE RENDE LEGGERO OGNI PESO

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 20 feb.

    "La nostra perfezione e' vivere come figli di Dio compiendo concretamente la sua volonta'". Lo ha detto il Papa ai 50 mila fedeli presenti oggi in piazza San Pietro per l'Angelus, per i quali ha commentato la raccomandazione contenuta nel Vangelo di oggi: "Siate perfetti come e' perfetto il Padre vostro celeste".
    Per Benedetto XVI, "possiamo imitare Gesu'" se mettiamo in pratica il Vangelo che ci chiede "Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinche' siate figli del Padre vostro che e' nei cieli".
    "Chi accoglie il Signore nella propria vita e lo ama con tutto il cuore e' capace - ha spiegato - di un nuovo inizio. Riesce a compiere la volonta' di Dio: realizzare una nuova forma di esistenza animata dall'amore e destinata all'eternita'".
    "Grande cosa e' l'amore - ha poi concluso il Pontefice citando l'Imitazione di Cristo - un bene che rende leggera ogni cosa pesante e sopporta tranquillamente ogni cosa difficile. L'amore aspira a salire in alto, senza essere trattenuto da alcunche' di terreno. Nasce da Dio e soltanto in Dio puo' trovare riposo".

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    00 22/02/2011 01:26
    Tre fondatori saranno canonizzati il 23 ottobre
    Celebrato il Concistoro pubblico che ha stabilito la data

    di Inma Álvarez


    CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 21 febbraio 2011 (ZENIT.org).- Luigi Guanella, Guido Maria Conforti e la spagnola Bonifacia Rodríguez de Castro saranno canonizzati il 23 ottobre prossimo.

    Lo ha reso noto la Santa Sede dopo la celebrazione, questo lunedì, del Concistoro ordinario pubblico, presieduto dal Papa, in cui è stata decisa la data dell'iscrizione nell'albo dei santi.

    Al Concistoro hanno partecipato 47 Cardinali, tra cui il decano del Collegio, Angelo Sodano, e il Segretario di Stato, Tarcisio Bertone.

    I tre futuri santi sono contemporanei tra loro, avendo vissuto tra la metà del XIX secolo e gli inizi del XX, e sono fondatori di altrettante Congregazioni religiose dedicate all'evangelizzazione e all'azione sociale.

    Guido Maria Conforti (1865-1931) è stato Arcivescovo di Parma e ha fondato la Pia Società di San Francesco Saverio per le missioni estere (Missionari Saveriani).

    Luigi Guanella (1842-1915), sacerdote, ha fondato due Congregazioni, entrambe in aiuto degli emarginati durante la rivoluzione industriale: i Servi della Carità e le Figlie di Santa Maria della Provvidenza.

    Bonifacia Rodríguez de Castro (1837-1905) ha fondato la Congregazione delle Serve di San Giuseppe, per la promozione sociale e cristiana delle operaie.

    Cambio di titolo

    Un altro dei temi trattati durante il Concistoro è stato il passaggio di vari Cardinali dall'ordine diaconale a quello presbiterale, una promozione che viene concessa ai Cardinali diaconi da più di 10 anni che lo richiedono.

    Nel titolo di Cardinale ci sono tre ordini, da quello di minore a quello di maggiore importanza: diacono, presbitero e Vescovo. Quello di Vescovo è riservato a coloro ai quali il Papa assegna una Diocesi suburbicaria, e ai Patriarchi orientali creati Cardinali.

    Quando non ci sono sedi presbiterali vacanti (perché non è morto il titolare), il Papa può elevare il titolo diaconale a presbiterale pro hac vice (“per questa volta”), con il titolare vivente.

    In questo Concistoro, Papa Benedetto XVI ha elevato vari Cardinali diaconi al rango di presbiteri, mantenendo loro la sede che avevano, che è stata elevata pro hac vice al rango di presbiterale.

    Si tratta dei Cardinali Agostino Cacciavillan (protodiacono dei Ss. Angeli Custodi), Sergio Sebastiani (diacono di S. Eustachio), Zenon Grocholewski (diacono di S. Nicola in Carcere), Jorge María Mejía (diacono di S. Girolamo della Carità), Roberto Tucci (diacono di S. Ignazio di Loyola).

    E' stato elevato al rango di presbitero anche il Cardinale Walter Kasper, finora diacono di Ognissanti in Via Appia Nuova. La richiesta è stata presentata a suo nome dal Segretario del Collegio Cardinalizio, monsignor Manuel Monteiro de Castro, visto che l'interessato era fuori Roma.

    Tutti sono stati elevati al rango di Cardinali presbiteri, mantenendo il titolo che avevano, che è passato pro hac vice a essere presbiterale.

    Dall'altro lato, il Cardinale Jean-Louis Tauran, già diacono di S. Apollinare alle Terme Neroniane-Alessandrine, è diventato protodiacono (il diacono più anziano), occupando il posto del Cardinale Cacciavillan.

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    00 22/02/2011 20:24
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    Sei porporati nell’«ordine presbiterale»

    ROMA. Il porporato francese Jean-Louis Tauran (con il Papa nella foto) è il nuovo cardinale protodiacono del Collegio cardinalizio. Benedetto XVI lo ha confermato in questa carica ieri durante il Concistoro ordinario convocato per la canonizzazione di tre beati. Nel corso della cerimonia infatti sei cardinali dell’ordine dei diaconi creati nel febbraio 2001, trascorsi i dieci anni previsti per poter svolgere questa opzione, hanno chiesto di poter passare all’ordine presbiterale. Si tratta dei cardinali Cacciavillan (che è il protodiacono uscente), Sebastiani, Grocholewski, Mejia, Kasper e Tucci. La differenza tra cardinali dell’ordine diaconale e presbiterale è puramente onorifica e comunque è al protodiacono che spetta il compito di annunciare al mondo il nome del nuovo pontefice.Tauran conserverà questa carica fino al 2013, quando anche lui raggiungerà i dieci anni di permanenza nell’ordine dei diaconi. In quella data, «sic rebus stantibus», diventerebbe protodiacono il cardinale Levada.Tauran, 68 anni, presiede dal giugno 2007 il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, e in precedenza, dal 1991 al 2003 era stato il 'ministro degli esteri' vaticano.

    (G.Card.)

    © Copyright Avvenire, 22 febbraio 2011


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    00 22/02/2011 20:31
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    Il cardinale Tauran nuovo protodiacono

    Benedetto XVI ha tenuto nella mattina di lunedì 21 febbraio, nel palazzo Apostolico, il Concistoro ordinario pubblico per la canonizzazione dei beati: Guido Maria Conforti, arcivescovo vescovo di Parma, fondatore della Pia Società di San Francesco Saverio per le missioni estere (Missionari Saveriani); Luigi Guanella, presbitero, fondatore della Congregazione dei Servi della Carità e dell'Istituto Figlie di Santa Maria della Provvidenza; Bonifacia Rodríguez de Castro, vergine, fondatrice della Congregazione delle Serve di San Giuseppe.
    Il Papa è giunto verso mezzogiorno nella sala del Concistoro, dove erano riuniti 47 cardinali, e ha preso posto alla Cattedra. All'inizio della celebrazione dell'"Ora Sesta" ha introdotto brevemente gli argomenti da trattarsi. È seguito il canto dei Salmi 118 e 70, concluso con la proclamazione della Lectio brevis tratta dalla lettera ai Romani 6, 22). È toccata quindi al cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, la perorazione delle tre cause di canonizzazione. Il Pontefice ha chiesto ai cardinali - fra i quali Angelo Sodano, decano del Collegio Cardinalizio, e Tarcisio Bertone, segretario di Stato) - e agli oltre trenta presuli presenti - tra i quali gli arcivescovi Fernando Filoni, sostituto della Segreteria di Stato, e Dominique Mamberti, segretario per i rapporti con gli Stati - il parere sulle tre canonizzazioni proposte. Benedetto XVI, durante la Perpensio votorum de propositis Canonizationibus, ha rivolto ai presenti la domanda di rito: "Cum autem de re maximi momenti agatur, antequam consilium certum et definitivum capiatur et statuantur dies quibus iidem Beati in Sanctorum album adscribantur, si quis vestrum opportunum exsistimet aliquid addere, fidenter manifestare velit quid sentiat", al termine della quale ha deciso di iscrivere all'albo dei santi i beati Conforti e Guanella e la beata Rodríguez de Castro. La data stabilita per la canonizzazione è domenica 23 ottobre.
    Successivamente il cardinale Agostino Cacciavillan, protodiacono del Ss. Angeli Custodi a Città Giardino, è passato all'ordine dei presbiteri; Benedetto XVI gli ha concesso di mantenere la diaconia elevata pro hac vice a titolo presbiterale. Il Papa ha anche confermato il cardinale Jean-Louis Tauran, della diaconia di Sant'Apollinare alle Terme Neroniane-Alessandrine nella carica di protodiacono, lasciata libera dall'opzione del cardinale Cacciavillan. Anche i cardinali Sergio Sebastiani, diacono di Sant'Eustachio, Zenon Grocholewski, diacono di San Nicola in Carcere, Jorge María Mejía, diacono di San Girolamo della Carità, e Roberto Tucci, diacono di Sant'Ignazio di Loyola a Campo Marzio, hanno chiesto di poter passare all'ordine presbiterale. L'arcivescovo Manuel Monteiro de Castro, segretario del Collegio Cardinalizio, ha presentato al Papa la stessa richiesta a nome del cardinale assente Walter Kasper, diacono di Ognissanti in via Appia Nuova. Benedetto XVI ha concesso ai cinque porporati di mantenere le rispettive diaconie elevate pro hac vice a titolo presbiterale.
    Quindi il Papa ha guidato la preghiera per la Chiesa, invocando la presenza della Trinità nella vita del popolo di Dio. La triplice invocazione si è conclusa con il canto del Pater noster.
    Il Pontefice ha infine impartito la benedizione apostolica ai presenti. Subito dopo, il Maestro delle cerimonie liturgiche pontificie, monsignor Guido Marini, ha invitato monsignor Nicolas Henry Marie Denis Thevenin, protonotario apostolico, a redigere lo strumento pubblico ad perpetuam rei memoriam.

    (©L'Osservatore Romano - 21-22 febbraio 2011)


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