Il Papa invia un videomessaggio all'università filippina di Santo Tomas
In occasione del IV centenario della sua fondazione
CITTA' DEL VATICANO, domenica, 30 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha registrato un videomessaggio in occasione del 400° anniversario della fondazione dell’Università Pontificia di Santo Tomas di Manila (Filippine).
La celebrazione dell’anniversario è avvenuta questo venerdì, 28 gennaio, memoria liturgica di San Tommaso, alla presenza dell’Inviato Speciale del Papa, il Cardinale Zenon Grocholewski (ZENIT, 20 gennaio 2011).
Nel suo messaggio, il Pontefice osserva che il quarto centenario dell'istituzione è “un evento significativo nella vita della Chiesa”.
“Pur non potendo essere con voi fisicamente, sono lieto di parlarvi personalmente in questo modo, per unirmi a voi spiritualmente e offrire a tutti i miei migliori auguri in questa felice occasione”, aggiunge.
Il Papa ricorda poi “con riconoscenza” “i tanti sacerdoti, religiosi e laici che, alla Santo Tomas, hanno tramandato a generazioni di filippini la fede, la conoscenza e la saggezza da trovare nelle scienze religiose e secolari”.
In particolare, sottolinea la figura del fondatore dell'università, il Vescovo Miguel de Benavides, e “il grande impegno dei domenicani che hanno guidato questa istituzione attraverso le tante sfide dei quattro secoli trascorsi”.
Segnalando che quella di Santo Tomas è “la più antica istituzione di istruzione superiore cattolica in Estremo Oriente e continua a giocare un ruolo molto importante nella Chiesa della regione”, il Vescovo di Roma si dice fiducioso che, “tenendo a mente la fede e la ragione che sono sempre parti di un approccio all'istruzione veramente integrato”, l'università “continui a contribuire all'arricchimento intellettuale, spirituale e culturale delle Filippine e non solo”.
“Prego anche affinché cerchiate sempre una conoscenza delle questioni umane e divine alla luce di quella chiarezza ultima che si ritrova nella persona di Gesù Cristo”, conclude, invocando sull'università e su tutte le persone ad essa collegate la benedizione del patrono dell'istituzione, San Tommaso d'Aquino.
Il Pontefice incoraggia progetti concreti di pace per la Terra Santa
Libera due colombe accompagnato da due ragazzi
CITTA' DEL VATICANO, domenica, 30 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha incoraggiato questa domenica progetti concreti di pace in Terra Santa in un momento di forti cambiamenti in Medio Oriente.
Celebrando l'ultima domenica di gennaio, mese della pace, due ragazzi appartenenti all'Azione Cattolica si sono recati nello studio del Papa per liberare simbolicamente due colombe, tra gli applausi delle migliaia di pellegrini che gremivano Piazza San Pietro in Vaticano.
Nello stesso giorno si celebrava anche la Giornata Internazionale di Intercessione per la Pace in Terra Santa.
Prendendo la parola, il Papa si è unito al Patriarca latino di Gerusalemme, Sua Beatitudine Fouad Twal, e al custode francescano di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, per “invitare tutti a pregare il Signore affinché faccia convergere le menti e i cuori a concreti progetti di pace”.
Commentando le rivendicazioni sociali scoppiate in Tunisia e in Egitto nelle ultime settimane, padre Pizzaballa ha ammesso di seguire le notizie “con grande sorpresa, mista ad attesa e preoccupazione: attesa per quello che potrà accadere, perché sono cambiamenti che tutti avvertiamo epocali”.
“Nessuno di noi avrebbe immaginato cose di questo genere, fino a pochi mesi fa. Questo significa che ci sono delle spinte, soprattutto nel mondo arabo, che adesso hanno trovato espressione esterna visibile”, ha aggiunto.
“Questo è sicuramente un segno positivo, ma anche preoccupante perché non sappiamo come finirà tutto questo”, ha concluso il custode parlando ai microfoni della “Radio Vaticana”. “Ci auguriamo con il minor spargimento di violenza e di sangue possibile, e ci auguriamo che il rispetto delle minoranze religiose venga conservato”.
Auguri del Papa per il capodanno lunare in Estremo Oriente
L'evento provoca la più grande migrazione umana del pianeta
CITTA' DEL VATICANO, domenica, 30 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha espresso questa domenica i propri auguri ai popoli che si preparano a festeggiate il capodanno lunare, manifestando in particolare il suo apprezzamento per queste popolazioni, la più numerosa delle quali è quella cinese.
Rivolgendosi ai pellegrini presenti in Piazza San Pietro per recitare con lui la preghiera mariana dell'Angelus, il Papa ha ricordato che “nei prossimi giorni, in vari Paesi dell’Estremo Oriente si celebra, con gioia, specialmente nell’intimità delle famiglie, il capodanno lunare”.
“A tutti quei grandi popoli auguro di cuore serenità e prosperità”, ha aggiunto.
Il capodanno lunare, noto in Cina anche come Festa della Primavera, è la festività tradizionale più importante del calendario cinese, celebrata anche in altri Paesi.
In questo periodo si verifica la più consistente migrazione umana del pianeta, il “movimento di primavera”, con milioni di persone che si recano nei propri luoghi d'origine per celebrare le feste con la propria famiglia. L'anno nuovo inizierà il 3 febbraio.
Benedetto XVI: le beatitudini, chiave per l'autentica felicità
Intervento per l'Angelus domenicale
CITTA' DEL VATICANO, domenica, 30 gennaio 2011 (ZENIT.org).- L'annuncio delle beatitudini è “una chiara proposta del Signore per vivere in comunione con Lui e raggiungere la felicità autentica”.
Papa Benedetto XVI lo ha spiegato questa domenica nel saluto che ha rivolto ai pellegrini di lingua spagnola dopo la recita dell'Angelus, commentando il brano evangelico di questa quarta domenica del Tempo Ordinario, in cui viene prospettato il primo grande discorso che Gesù rivolge alla gente sulle colline intorno al Lago di Galilea.
“Chi accoglie con radicalità questo programma di vita trova la forza necessaria per collaborare all'edificazione del Regno di Dio ed essere strumento di salvezza”, ha segnalato.
“Gesù, nuovo Mosè”, “proclama 'beati' i poveri in spirito, gli afflitti, i misericordiosi, quanti hanno fame della giustizia, i puri di cuore, i perseguitati”, ha osservato il Papa nel suo commento in italiano prima di recitare la preghiera mariana.
“Non si tratta di una nuova ideologia, ma di un insegnamento che viene dall’alto e tocca la condizione umana, proprio quella che il Signore, incarnandosi, ha voluto assumere, per salvarla”.
“Le Beatitudini sono un nuovo programma di vita, per liberarsi dai falsi valori del mondo e aprirsi ai veri beni, presenti e futuri. Quando, infatti, Dio consola, sazia la fame di giustizia, asciuga le lacrime degli afflitti, significa che, oltre a ricompensare ciascuno in modo sensibile, apre il Regno dei Cieli”.
Le beatitudini, dunque, “sono la trasposizione della croce e della risurrezione nell’esistenza dei discepoli”, come il Pontefice ha scritto nel suo libro “Gesù di Nazaret (p. 97). “Rispecchiano la vita del Figlio di Dio che si lascia perseguitare, disprezzare fino alla condanna a morte, affinché agli uomini sia donata la salvezza”.
Il Vangelo delle beatitudini, ha proseguito, “si commenta con la storia stessa della Chiesa, la storia della santità cristiana, perché – come scrive san Paolo – 'quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono' (1 Cor 1,27-28)”.
Per questo, “la Chiesa non teme la povertà, il disprezzo, la persecuzione in una società spesso attratta dal benessere materiale e dal potere mondano”.
Le otto beatitudini, ha poi sottolineato nel saluto ai fedeli polacchi, costituiscono “il fondamento della moralità dell’uomo nuovo, il programma di vita dei discepoli di Cristo e di quanti credono in Lui”, “una nuova dimensione delle relazioni e dei reciproci comportamenti”.
Questo programma, ha sottolineato, è “destinato a ognuno di noi”.
Il Papa esorta a sconfiggere definitivamente la lebbra
Nella giornata dedicata alla lotta contro questa malattia
CITTA' DEL VATICANO, domenica, 30 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha chiesto un rinnovato impegno affinché l'umanità possa sconfiggere finalmente la lebbra in questa domenica in cui si celebrava la Giornata Mondiale dei Malati affetti dal morbo di Hansen.
La Giornata, riconosciuta ufficialmente dall'ONU, è stata ideata negli anni Cinquanta del secolo scorso da Raoul Follereau (1903-1977), scrittore francese di cui si sta iniziando ad analizzare la causa di beatificazione.
“La lebbra, pur essendo in regresso, purtroppo colpisce ancora molte persone in condizione di grave miseria”, ha dichiarato il Papa dopo aver recitato la preghiera mariana dell'Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini giunti per l'occasione.
Il Pontefice ha poi assicurato “una speciale preghiera” a tutti i malati e a “quanti li assistono e, in diversi modi, si impegnano a sconfiggere il morbo di Hansen”.
Ha infine salutato l’Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau, che compie 50 anni di attività.
Nel suo Messaggio in occasione della Giornata, il Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, monsignor Zygmunt Zimowski, esorta a “unire i nostri sforzi per esprimere meglio la Giustizia e l'Amore verso i malati di lebbra”.
Secondo il Presidente del dicastero vaticano, la lebbra è un esempio paradigmatico di come nella nostra epoca si assista “da una parte ad un’attenzione alla salute che rischia di trasformarsi in consumismo farmacologico, medico e chirurgico, diventando quasi un culto per il corpo, e dall’altra parte, alla difficoltà di milioni di persone ad accedere a condizioni di sussistenza minimali e a farmaci indispensabili per curarsi” (cfr. ZENIT, 28 gennaio 2011).
Il Papa: “Dio ha bisogno anche di ciascuno di noi”
Riceve in udienza la comunità del Pontificio Collegio Etiopico
CITTA' DEL VATICANO, domenica, 30 gennaio 2011 (ZENIT.org).- “Dio ha bisogno anche di ciascuno di noi per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù”.
Papa Benedetto XVI lo ha ricordato questo sabato mattina, ricevendo in udienza nella Sala dei Papi del Palazzo Apostolico la comunità del Pontificio Collegio Etiopico in Vaticano.
Nel suo discorso, il Pontefice ha ricordato ai sacerdoti e ai seminaristi che Cristo “non sopprime le qualità caratteristiche della persona; al contrario, le eleva, le nobilita e, facendole sue, le chiama a servire il suo mistero e la sua opera”.
“Nonostante il carattere proprio della vocazione di ciascuno, non siamo separati tra di noi; siamo invece solidali, in comunione all’interno di un unico organismo spirituale”, ha aggiunto.
“Siamo chiamati a formare il Cristo totale, un’unità ricapitolata nel Signore, vivificata dal suo Spirito”.
Allo stesso modo, ha proseguito, “Cristo è inseparabile dalla Chiesa che è il suo Corpo”.
“E’ nella Chiesa che Cristo congiunge più strettamente a sé i battezzati e, nutrendoli alla Mensa eucaristica, li rende partecipi della sua vita gloriosa”.
Esempio
Il Pontefice ha voluto poi soffermarsi sulla “luminosa figura di San Giustino De Jacobis” (1800-1860), del quale il 31 luglio è stato commemorato il 150° anniversario della morte. De Jacobis, beatificato da Papa Pio XII il 25 giugno 1939, è stato canonizzato da Papa Paolo VI il 26 ottobre 1975.
“Inviato a trentotto anni dall’allora Prefetto di Propaganda Fide, il Cardinale Franzoni, come missionario in Etiopia, nel Tigrai, lavorò prima ad Adua e poi a Guala, dove pensò subito a formare preti etiopi”, ha osservato.
“Con il suo zelante ministero operò instancabilmente perché quella porzione di popolo di Dio ritrovasse il fervore originario della fede, seminata dal primo evangelizzatore San Frumenzio”.
In particolare, “intuì con lungimiranza che l’attenzione al contesto culturale doveva essere una via privilegiata sulla quale la grazia del Signore avrebbe formato nuove generazioni di cristiani”.
“Sappiate suscitare in ciascuno l’amore a Dio e alla Chiesa, sull’esempio di san Giustino De Jacobis”, ha detto il Papa ai sacerdoti e seminaristi del Collegio Etiopico.
“Vivete con gioia e dedizione questo periodo importante della vostra formazione”, “camminate con decisione sulla strada della santità”, ha aggiunto.
“Voi siete un segno di speranza, specialmente per la Chiesa nei vostri Paesi di origine”.