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Benedetto XVI Forum Luogo d'incontro di tutti quelli che amano il Santo Padre.

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    00 20/01/2011 00:49
    Il Papa: unità dei cristiani nella fede e nell'impegno sociale
    All'Udienza generale del mercoledì parla della Settimana ecumenica



    ROMA, mercoledì, 19 gennaio 2011 (ZENIT.org).- L'unità visibile di tutti i cristiani va realizzata nella fede ma anche nell'impegno sociale. Lo ha affermato questo mercoledì Benedetto XVI durante l'Udienza generale svoltasi nell'Aula Paolo VI.

    Nella catechesi dedicata alla Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani – in corso dal 18 fino al 25 gennaio sul tema “Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (Atti degli apostoli, 2, 42) - il Papa ha richiamato i “quattro pilastri” della prima comunità cristiana e del cammino ecumenico: l'insegnamento degli apostoli, il radunarsi in comunione o koinonia, lo spezzare il pane e la preghiera.

    “Ancora oggi – ha detto il Santo Padre –, la comunità dei credenti riconosce nel riferimento all’insegnamento degli Apostoli la norma della propria fede: ogni sforzo per la costruzione dell’unità tra tutti i cristiani passa pertanto attraverso l’approfondimento della fedeltà al depositum fidei trasmessoci dagli Apostoli. Fermezza nella fede è il fondamento della nostra comunione, è il fondamento dell’unità cristiana”.

    Viene poi, la comunione fraterna. A questo proposito, ha spiegato Benedetto XVI, la condivisione dei beni ha assunto nella storia della Chiesa “modalità sempre nuove di espressione”: “La storia del movimento ecumenico è segnata da difficoltà e incertezze, ma è anche una storia di fraternità, di cooperazione e di condivisione umana e spirituale”.

    Tuttavia la condivisione dei beni riveste anche un evidente aspetto di giustizia sociale. Infatti, ha detto il Papa, “nessuno nella comunità cristiana deve avere fame, deve essere povero: questo è un obbligo fondamentale. La comunione con Dio, realizzata come comunione fraterna, si esprime, in concreto, nell’impegno sociale, nella carità cristiana, nella giustizia”.

    Quanto alla partecipazione all'unico sacrificio di Cristo, il Pontefice ha espresso “rammarico per l'impossibilità di condividere la stessa mensa eucaristica” con le altre Chiese e confessioni cristiane, invocando “un impegno ancora più generoso da parte di tutti affinché, rimossi gli ostacoli alla piena comunione, giunga quel giorno in cui sarà possibile riunirsi intorno alla mensa del Signore, spezzare insieme il pane eucaristico e bere allo stesso calice”.

    Infine, ha evidenziato l'importanza della preghiera: “l'unità - ha ricordato - non può essere semplice prodotto dell'operare umano” ma è “anzitutto un dono di Dio”. Essa “abita nella preghiera, perché fondamentalmente l'unità non la 'costruiamo' noi, ma la 'costruisce' Dio”.

    “Come discepoli – ha evidenziato Benedetto XVI – abbiamo una comune responsabilità verso il mondo, dobbiamo rendere un servizio comune”, “una forte testimonianza, fondata spiritualmente e sostenuta dalla ragione”.

    “E’ importante, allora, crescere ogni giorno nell’amore reciproco, impegnandosi a superare quelle barriere che ancora esistono tra i cristiani”, ha concluso infine.











    Benedetto XVI incoraggia i genitori che hanno perso un figlio
    “Trasformate la vostra sofferenza in speranza, come Maria ai piedi della Croce”



    ROMA, mercoledì, 19 gennaio 2010 (ZENIT.org).- “Non lasciatevi vincere dalla disperazione o dall’abbattimento, ma trasformate la vostra sofferenza in speranza, come Maria ai piedi della Croce”. E' questo l'incoraggiamento rivolto da Benedetto XVI ai membri dell’Associazione “Figli in paradiso: ali tra cielo e terra”, al termine dell’Udienza generale di questo mercoledì.

    L’Associazione, fondata dal padre francescano Angelo De Padova, in seguito alla scomparsa improvvisa del fratello, riunisce i genitori colpiti dalla morte, spesso tragica, dei figli.

    Ai microfondi della Radio Vaticana padre Angelo ha raccontato di aver iniziato a celebrare la Messa per due giovani ragazze morte in un incidente, nel 2004. “Vedevo le mamme distrutte e dissi: preghiamo insieme ogni mese per queste vostre figlie. Pian piano ho visto la chiesa riempirsi di altre mamme che cercavano un punto di riferimento nella fede, nella preghiera”.

    “E così – ha aggiunto –, in sei anni abbiamo creato 20 gruppi in 20 Paesi in cui i parroci sono impegnati a celebrare la Messa per i ragazzi, e molti gruppi fanno anche il cammino di mutuo-aiuto per l’elaborazione del lutto”.

    In questi gruppi “le mamme si sentono accolte e non giudicate da nessuno. Non più 'poveretta, poverina', ma in uno stesso luogo, lo stesso dolore trasformarlo poi in amore”.

    Infatti, ha spiegato il sacerdote, “occorre investire il dolore in qualcosa di positivo...attraverso opere di carità, attraverso progetti di missioni all’estero, costruzioni di scuole materne in Africa, adozioni a distanza oppure volontariato nella Caritas, nel catechismo”.

    “Nelle strutture vecchie, antiche, dalle crepe nei muri esce sempre un filo d’erba: così anche nella morte di un figlio dobbiamo trovare il positivo – ha sottolineato –. E’ difficile, ma è possibile: attraverso Gesù e attraverso un cammino di comunione tra di noi”.

    Sempre al termine dell'Udienza generale di quest'oggi il Pontefice ha quindi rivolto una raccomandazione ai giovani: “nell’esuberanza dei vostri anni giovanili, non mancate di calcolare i rischi e agite in ogni momento con prudenza e senso di responsabilità, specialmente quando siete alla guida di un autoveicolo, a tutela della vostra vita e di quella altrui”.

    Il Papa non ha poi mancato di incoraggiare i sacerdoti che accompagnano spiritualmente le famiglie colpite dalla perdita di figli a proseguire generosamente in questo importante servizio ed ha assicurato una speciale preghiera di suffragio per tutti i giovani che hanno perso la vita.

    “Sentite accanto a voi la loro spirituale presenza: essi, come voi dite, sono ‘ali tra cielo e terra’”, ha concluso.








    Il Papa nomina i membri della nuova Autorità di Informazione Finanziaria

    CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 19 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha nominato il presidente dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, il Cardinale Attilio Nicora, presidente dell'Autorità di Informazione Finanziaria (AIF), istituita il 30 dicembre scorso per la prevenzione e il contrasto delle attività illegali nell'ambito finanziario e monetario.

    Lo riferisce un comunicato diffuso dalla Sala Stampa della Santa Sede questo mercoledì, che ricorda come il Santo Padre abbia nominato anche i membri del Consiglio Direttivo di questa nuova entità.

    Si tratta del professor Claudio Bianchi, del professore avvocato Marcello Condemi, del professor Giuseppe Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto e del dottor Cesare Testa.

    Attraverso una lettera apostolica in forma di motu proprio, il Papa ha istituito venti giorni fa l'AIF, che ha il compito di emanare disposizioni complesse e delicate per garantire che i soggetti della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano rispettino le nuove norme antiriciclaggio e antiterrorismo.

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    Dal blog di Sandro Magister...


    In Giappone il Cammino di Kiko non passa

    I vescovi del Sol Levante non vogliono "divisione e caos". Il Vaticano cerca di mediare e corregge e approva i catechismi neocatecumenali. Che però restano segreti. E anche le messe continuano a essere celebrate separatamente e con modalità particolari

    di Sandro Magister

    ROMA, 19 gennaio 2011 – Nel discorso rivolto due giorni fa a migliaia di membri entusiasti del Cammino Neocatecumenale, riuniti nell'aula delle udienze, Benedetto XVI ha battuto per tre volte in sole venti righe sul tasto dell'obbedienza dovuta ai vescovi.

    In effetti, il rapporto con i vescovi è un punto dolente del Cammino, fondato e diretto da più di quarant'anni dai laici spagnoli Francisco José Gómez Argüello, detto Kiko, e Carmen Hernández, affiancati dal sacerdote italiano Mario Pezzi.

    Tra i vescovi, il Cammino conta molti sostenitori in tutto il mondo. Il prossimo 26 gennaio 250 di costoro, tra i quali 70 dagli Stati Uniti, si ritroveranno in Israele nella Domus Galilaeae, la residenza ideata e costruita da Kiko sulle pendici del Monte Tabor, con magnifica vista sul lago, per uno stage in cui lo stesso Kiko farà da mattatore.

    Ma vi sono anche numerosi vescovi che dal Cammino si sono sentiti scottati, dopo averlo visto all'opera sul proprio territorio. Ad esempio i vescovi del Giappone.

    Il 15 dicembre 2007, nella visita "ad limina" fatta al papa, il loro presidente, che all'epoca era l'arcivescovo di Tokyo, Peter Takeo Okada, disse a Benedetto XVI che "la potente attività simile a una setta sviluppata dai membri del Cammino produce acute e dolorose divisioni e lotte all'interno della Chiesa".

    I vescovi giapponesi esigevano la chiusura del seminario che il Cammino aveva aperto nel 1990 nella diocesi di Takamatsu. Il Cammino faceva resistenza. Nel 2008 per due volte dei vescovi giapponesi dovettero recarsi a Roma a perorare la loro causa. Il segretario di stato vaticano Tarcisio Bertone studiò la questione e diede ragione ai vescovi. Entro l'anno i seminaristi e il loro rettore dovettero traslocare a Roma.

    Ma i membri del Cammino presenti in Giappone non accettarono la cosa pacificamente. Il vescovo di Takamatsu, Francis Osamu Mizobe, scrisse loro una lettera in cui lamentava che celebrassero liturgie separate e chiedeva che obbedissero alle diocesi invece che ai loro capi.

    Da Roma, la congregazione per l'evangelizzazione dei popoli inviò in Giappone un ispettore favorevole al Cammino, Javier Sotil Vaios Espiriceta. L'ispezione avvenne tra il 20 e il 25 marzo 2009. Ma non ebbe effetto.

    Tant'è vero che nel 2010 i vescovi giapponesi, unanimi, decisero di farla finita. All'inizio dell'Avvento resero pubblica la loro decisione di sospendere per cinque anni la presenza del Cammino nell'intero paese.

    Il Cammino fece appello a Roma, alle massime autorità della Chiesa. E in effetti lo scorso 13 dicembre si è svolta in Vaticano una riunione fuori del comune.

    Da una parte del tavolo c'erano cinque vescovi giapponesi: quello di Osaka e presidente della conferenza episcopale, Leo Jun Ikenaga, gesuita (nella foto); quello di Takamatsu, Mizobe; quello di Fukuoka, Dominic Ryoji Miyahara; quello di Niigata, Tarcisius Isao Kikuchi; e quello emerito di Oita, Peter Takaaki Hirayama.

    Dall'altra parte del tavolo c'erano il papa in persona, il cardinale Bertone, altri cinque cardinali e un arcivescovo. In curia il principale protettore dei neocatecumenali è il sostituto segretario di stato Fernando Filoni.

    Le autorità vaticane hanno ordinato ai vescovi di riprendere il dialogo con il Cammino, con l'aiuto di un delegato inviato da Roma e seguendo le istruzioni della segreteria di stato e della congregazione per l'evangelizzazione dei popoli.

    I dirigenti del Cammino hanno accolto la decisione vaticana come un loro successo. Ma i vescovi giapponesi faticano a pazientare ancora. Il 12 gennaio il loro presidente, l'arcivescovo Ikenaga, ha scritto sul settimanale cattolico giapponese "Katorikku Shimbun" che "noi vescovi, alla luce della nostra apostolica responsabilità pastorale, non possiamo ignorare il danno che producono i neocatecumenali".

    E così ha proseguito:

    "Nei luoghi dove passano quelli del Cammino aumentano la confusione, i conflitti, le divisioni, il caos. Speriamo che diano uno sguardo realistico ai motivi per cui le cose non hanno fin qui funzionato e, per la prima volta, ci aiutino ad andare alle radici dei problemi, affinché si possa arrivare a una soluzione".

    Il delegato vaticano non è stato ancora designato. Quando arriverà, l'arcivescovo Ikenaga ha chiesto ai cattolici giapponesi entrati a contatto col Cammino di incontrarlo e di vuotare il sacco senza reticenze, perché questo è l'unico modo per "far arrivare il vero stato delle cose a un posto così lontano come Roma".

    Nella conferenza stampa tenuta a Roma il 17 gennaio subito dopo l'udienza col papa, Kiko Argüello ha detto che il Cammino agisce sempre in obbedienza ai vescovi e quindi non opera nelle diocesi in cui il vescovo non lo consente.

    Ma il caso del Giappone è la prova che le cose non si svolgono in modo così lineare. Dove il Cammino ha messo piede è difficile che retroceda, indipendentemente da cosa pensino i vescovi.

    *

    Nella stessa udienza del 17 gennaio, Benedetto XVI ha toccato un altro punto dolente del Cammino, quello dei suoi testi di catechismo.

    Questi testi – tredici volumi trascritti dall'insegnamento orale di Kiko e Carmen, oggi riassunti sotto il titolo di "Direttorio catechetico del Cammino neocatecumenale" – sono sempre stati segreti. Nel 1997 l'allora cardinale Joseph Ratzinger ordinò che fossero consegnati alla congregazione per la dottrina della fede, per essere sottoposti a un esame dei loro contenuti dottrinali.

    L'esame si protrasse fino al 2003. La congregazione, che all'epoca aveva Bertone come segretario, apportò delle correzioni e introdusse circa 2000 rimandi a passi paralleli del catechismo ufficiale della Chiesa cattolica.

    Eppure, solo alla fine del 2010 i tredici volumi dell'opera hanno avuto l'approvazione ufficiale, comunicata da Benedetto XVI nell'udienza di due giorni fa.

    Perché questo lungo purgatorio? Stando a ciò che Kiko ha detto nella conferenza stampa del 17 gennaio, il motivo era che nel frattempo c'erano altre due questioni da sistemare: l'approvazione definitiva dello statuto del Cammino e l'approvazione del modo con cui nelle comunità neocatecumenali si celebrano la messa e altri sacramenti.

    Lo statuto è stato approvato l'11 maggio del 2008 – un anno dopo che era scaduto il precedente statuto provvisorio – e in esso sono state fissate anche le regole liturgiche alle quali il Cammino deve attenersi.

    Entrambi questi traguardi sono stati raggiunti con grande fatica e in capo a forti contrasti, specie in campo liturgico, come www.chiesa ha documentato a suo tempo.

    E tuttora i comportamenti effettivi delle comunità neocatecumenali non obbediscono sempre e in tutto alle norme. Le messe continuano a essere celebrate nella gran parte dei casi separatamente, gruppo per gruppo, a porte semichiuse, con largo spazio alla creatività, cioè alle modalità rituali e parlate ritenute utili ai fini del cammino di iniziazione di ciascun gruppo.

    Per i catechismi il criterio sembra essere lo stesso. "Anche ora che sono stati approvati – ha detto Kiko nella conferenza stampa del 17 gennaio – c'è un cammino di iniziazione che va rispettato. Non è bene che uno possa vedere subito l'intero percorso, prima ancora di cominciarlo. Se la Chiesa ce lo ordinasse li metteremmo in vendita. Ma preferiamo di no".

    *

    Nell'udienza del 17 gennaio Benedetto XVI ha inviato in missione 230 famiglie neocatecumenali, che si sono aggiunte alle oltre 600 già in missione in vari paesi del mondo.

    Oltre a queste, ha inviato "ad gentes" anche 13 sacerdoti accompagnati ciascuno da tre o quattro famiglie, col compito di impiantare un nucleo di Chiesa in luoghi in cui il cristianesimo è sparito o non è mai arrivato.

    All'udienza erano presenti anche i 2000 seminaristi dei 78 seminari "Redemptoris Mater" che il Cammino ha in tutto il mondo, dai quali sono usciti in vent'anni 1600 preti.

    Le ultime cifre danno il Cammino presente in oltre 1320 diocesi di 110 paesi nei 5 continenti, con 20.000 comunità in circa 6.000 parrocchie.

    Di queste 20.000 comunità, 500 sono a Roma – definita "la diocesi del mondo in cui il Cammino si è più sviluppato" – e 300 a Madrid, suo luogo d'origine.

    Se ad ogni comunità si assegnasse una media di 15 membri, il totale dei neocatecumenali adulti nel mondo sarebbe di 300.000.

    "Ma con i bambini e i ragazzi passiamo il milione", dicono. Le famiglie neocatecumenali, infatti, sono molto prolifiche. Tra quelle inviate in missione la media è di 4 figli per coppia.


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    Il 25 gennaio, il Papa presiederà i Vespri a San Paolo fuori le Mura
    A conclusione della Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani



    ROMA, giovedì, 20 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Come ormai da tradizione, martedì 25 gennaio prossimo, alle ore 17.30, Benedetto XVI presiederà nella Basilica di San Paolo fuori le Mura la celebrazione dei Secondi Vespri della solennità della Conversione di San Paolo a conclusione della Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani sul tema: “Uniti nell'insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera” (cfr. Atti 2, 42).

    Nella Basilica, dove si conservano le spoglie mortali dell'Apostolo delle Genti e dove da oltre 1.300 anni i monaci benedettini prestano il loro servizio, saranno presenti per l'occasione i rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali che si trovano a Roma.


    La celebrazione liturgica della Conversione di San Paolo, già presente in Italia nel sec. VIII e che entrò nel calendario Romano sul finire del sec. X, ricorda che non c’è vero ecumenismo senza conversione, secondo quanto affermato dal Concilio Vaticano II, con il Decreto sull’ecumenismo “Unitatis redintegratio”.

    Nel 2005 Papa Benedetto XVI ha accolto l'intenzione ecumenica assunta dai monaci benedettini e con il Motu Proprio "L'antica e venerabile Basilica" ha affidato loro il “compito […] di organizzare, coordinare e sviluppare tali programmi”. Da allora si sono svolte varie celebrazioni liturgiche e culturali di tipo ecumenico in collaborazione con il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani.

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    Benedetti a Sant'Agnese fuori le Mura

    La presentazione degli agnelli al Pontefice

    Nella cappella di Urbano VIII del Palazzo Apostolico, Benedetto XVI ha presieduto venerdì mattina, 21 gennaio, la cerimonia di presentazione degli agnelli - benedetti nella basilica di Sant'Agnese fuori le Mura, sulla via Nomentana - la cui lana verrà utilizzata per confezionare i palli. Il rito, che si svolge nella memoria liturgica di sant'Agnese vergine e martire, è stato diretto da monsignor Guido Marini, maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, assistito da don Vincenzo Perone, dell'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice.
    Erano presenti il vescovo Antoni Stankiewicz, decano del Tribunale della Rota Romana, con monsignor Antonio Bartolacci; i monsignori Giacomo Ceretto e Aldo Grassi, canonici del capitolo della basilica di San Giovanni in Laterano; il cistercense della stretta osservanza dom Santiago Ordoñez; suor Myriam Trinque e suor Marie-Bernard de Wilde, monache trappiste; i canonici regolari lateranensi don Franco Bergamin e don Edoardo Parisotto, parroco e vice parroco della basilica di Sant'Agnese fuori le Mura; il rettore della basilica di Santa Cecilia in Trastevere, monsignor Marco Frisina; l'agostiniano Paolo Benedik, della Sagrestia Pontificia; Stefano Porfiri e Sergio Meccoli, custodi della basilica di San Giovanni in Laterano.
    Hanno partecipato al rito anche suor Francesca Wegierek e suor Helena Lipka, religiose della Sacra Famiglia di Nazareth, che si sono occupate di preparare gli agnelli per la cerimonia, e due monache del monastero di Santa Cecilia in Trastevere: la badessa Maria Giovanna Valenziano e suor Maria Letizia Bove, che con la comunità confezioneranno i palli. Al termine, due sediari pontifici, Roberto Stefanori e Carlo D'Eusebio, insieme con il decano di Sala, Augusto Pellegrini, hanno consegnato gli agnelli al monastero di Santa Cecilia.

    (©L'Osservatore Romano - 22 gennaio 2011)


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    La prima volta della questura di Roma dal Papa

    Disponibilità e fiducia per essere vicini alla gente

    "È la prima volta che il Papa riserva un'udienza per gli uomini e le donne della Questura di Roma, che ogni giorno si prodigano per garantire agli operatori economici, ai turisti e ai pellegrini, il diritto di sentirsi sicuri". Lo ha evidenziato il questore Francesco Tagliente nel saluto rivolto a Benedetto XVI all'inizio dell'incontro svoltosi venerdì mattina, 21 gennaio, nell'Aula della Benedizione.
    Prima che il Pontefice pronunciasse il suo discorso con un forte richiamo alla morale pubblica (ne pubblichiamo il testo in prima pagina), il questore ha presentato i 1.200 tra dirigenti e agenti - intervenuti con i loro familiari e un gruppo dell'Associazione nazionale della Polizia di Stato - che rappresentano i 7.500 operatori in servizio presso le divisioni, gli uffici, i reparti e i 49 commissariati di Roma. "Sono questi - ha detto - gli uomini e le donne che, insieme con l'Ispettorato di polizia presso il Vaticano e la Gendarmeria pontificia, concorrono a garantire la sicurezza di Vostra Santità e l'ordinato svolgimento delle celebrazioni liturgiche e degli incontri che lei presiede a piazza San Pietro e nel territorio della provincia, dove si trova anche la residenza di Castel Gandolfo".
    Sono gli uomini e le donne - ha aggiunto - "che garantiscono la sicurezza delle delegazioni dei Paesi accreditati presso la Santa Sede e dei dignitari esteri diretti in Vaticano. Ogni giorno - ha sottolineato - all'impegno per la prevenzione e il contrasto delle varie forme di illegalità, si affianca la loro dedizione per la tutela delle fasce deboli della popolazione. È proprio a queste persone che gli uomini e le donne della Questura rivolgono assistenza e supporto sia giuridico che morale".
    Quindi ha ricordato come in ciascuna delle attività che essi sono chiamati a svolgere l'obiettivo principale sia "quello di conquistare la fiducia della gente e far sentire la loro vicinanza, assicurando la piena disponibilità per dare risposte sempre più compatibili alle esigenze dei cittadini nelle situazioni più diverse: dal furto alla rapina, fino alle manifestazioni di piazza".
    Un compito non facile - ha spiegato Tagliente - "ma in ciascuna circostanza, ciò che orienta ogni singolo poliziotto è l'osservanza della legge, unita al senso dell'equilibrio che consente di rispettare nella loro dignità tutte le persone". Certo, il questore si è detto consapevole che "la dedizione e la passione con la quale ciascun operatore affronta quotidianamente il lavoro, purtroppo sottrae talvolta tempo ai congiunti"; per questo ha voluto ringraziare pubblicamente questi ultimi "per il supporto affettivo assicurato sempre a ciascuno di noi". E in proposito ha ricordato come ai familiari degli agenti sia stato dedicato lo scorso 19 dicembre il concerto di Natale con l'esibizione della banda musicale della polizia di Stato. "Ed è in questa stessa ottica - ha concluso - che il nostro cappellano, don Nicola Tagliente, si è impegnato per questo momento di riflessione e preghiera" della grande famiglia della Polizia di Stato.

    (©L'Osservatore Romano - 22 gennaio 2011)


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    PAPA: ITALIA A RISCHIO SE AVANZANO INDEBOLIMENTO MORALE E CRISI

    (AGI) - CdV, 21 gen.

    (di Salvatore Izzo)

    Vescovo di Roma e Primate d'Italia, Benedetto XVI vede avanzare nell'Italia di oggi "un senso di insicurezza, dovuto in primo luogo alla precarieta' sociale ed economica, acuita pero' anche da un certo indebolimento della percezione dei principi etici su cui si fonda il diritto e degli atteggiamenti morali personali, che a quegli ordinamenti sempre danno forza".
    E pur non citando direttamente l'inchiesta giudiziaria che coinvolge il premier Silvio Berlusconi - ma lo aveva fatto ieri il segretario di Stato Tarcisio Bertone, associandosi esplicitamente al "turbamento" manifestato dal presidente Giorgio Napolitano e alla sua richiesta di "chiarezza" - Papa Ratzinger ha deciso di lanciare con forza un allarme per il rischio che nel nostro Paese "le strutture alla base della convivenza non riescano piu' a funzionare in modo pieno" a causa del venire meno del "consenso morale".
    "Si affaccia in molti - ha denunciato - la tentazione di pensare che le forze mobilitate per la difesa della societa' civile siano alla fine destinate all'insuccesso". Occorre percio' "ritrovare una nuova risolutezza nel professare la fede e nel compiere il bene", ha affermato nel discorso a dirigenti e agenti della Questura di Roma, ricevuti oggi in Vaticano, che ha definito "testimoni privilegiati" dell'insicurezza che sta attraversando la societa' italiana in questa fase.
    "Nel pensiero moderno - ha denunciato il Pontefice - si e' sviluppata una visione riduttiva della coscienza, secondo la quale non vi sono riferimenti oggettivi nel determinare cio' che vale e cio' che e' vero, ma e' il singolo individuo, con le sue intuizioni e le sue esperienze, ad essere il metro di misura; ognuno, quindi, possiede la propria verita', la propria morale". "La conseguenza piu' evidente - ha osservato Papa Ratzinger - e' che la religione e la morale tendono ad essere confinate nell'ambito del soggetto, del privato: la fede con i suoi valori e i suoi comportamenti, cioe', non ha piu' diritto ad un posto nella vita pubblica e civile". Pertanto, "se, da una parte, nella societa' si da' grande importanza al pluralismo e alla tolleranza, dall'altra, la religione tende ad essere progressivamente emarginata e considerata senza rilevanza e, in un certo senso, estranea al mondo civile, quasi si dovesse limitare la sua influenza sulla vita dell'uomo".
    "Al contrario - ha spiegato il Pontefice nel discorso di questa mattina a dirigenti e agenti della Questura di Roma - per noi cristiani, il vero significato della 'coscienza' e' la capacita' dell'uomo di riconoscere la verita', e, prima ancora, la possibilita' di sentirne il richiamo, di cercarla e di trovarla. Alla verita' e al bene occorre che l'uomo sappia aprirsi, per poterli accogliere in modo libero e consapevole.
    La persona umana, del resto, e' espressione di un disegno di amore e di verita': Dio l'ha 'progettata', per cosi' dire, con la sua interiorita', con la sua coscienza, affinche' essa possa trarne gli orientamenti per custodire e coltivare se stessa e la societa' umana". "Le nuove sfide che si affacciano all'orizzonte esigono - ha scandito il Papa teologo - che Dio e uomo tornino ad incontrarsi, che la societa' e le Istituzioni pubbliche ritrovino la loro 'anima', le loro radici spirituali e morali, per dare nuova consistenza ai valori etici e giuridici di riferimento e quindi all'azione pratica".
    "Ai nostri giorni - ha riconosciuto il Papa - grande importanza e' data alla dimensione soggettiva dell'esistenza". Ma se "cio', da una parte, e' un bene, perche' permette di porre l'uomo e la sua dignita' al centro della considerazione sia nel pensiero che nell'azione storica", per Benedetto XVI "non si deve mai dimenticare, pero', che l'uomo trova la sua dignita' profondissima nello sguardo amorevole di Dio, nel riferimento a Lui". E' in forza di questo, dunque, che "la fede cristiana e la Chiesa non cessano mai di offrire il proprio contributo alla promozione del bene comune e di un progresso autenticamente umano". E finanche a chiedere agli uomini delle forze dell'ordine, come ha fatto oggi il Papa, di incarnare essi stessi "un buon esempio di positiva e proficua interazione fra sana laicita' e fede cristiana". "L'efficacia del vostro servizio - ha concluso - e' infatti il frutto della combinazione tra la professionalita' e la qualita' umana, tra l'aggiornamento dei mezzi e dei sistemi di sicurezza e il bagaglio di doti umane quali la pazienza, la perseveranza nel bene, il sacrificio e la disponibilita' all'ascolto".

    © Copyright (AGI)


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    Il Papa: la società e le istituzioni ritrovino la loro “anima”
    Nell'udienza ai dirigenti e agenti della Questura di Roma



    ROMA, venerdì, 21 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Di fronte a un generale indebolimento dei “principi etici” in Italia occorre che la società e le istituzioni pubbliche tornino a offrire valori di riferimento. Lo ha detto questo venerdì Benedetto XVI nel ricevere per la prima volta in Vaticano il personale della Questura di Roma.

    All'inizio dell'incontro il questore Francesco Tagliente ha presentato i 1200 tra dirigenti e agenti - intervenuti con i loro familiari e un gruppo dell'Associazione nazionale della Polizia di Stato - che, insieme con l'Ispettorato di polizia presso il Vaticano e la Gendarmeria pontificia, garantiscono la sicurezza del Papa e anche l'ordine pubblico durante le celebrazioni liturgiche in piazza San Pietro.

    Nel suo indirizzo di saluto Tagliente ha sottolineato il loro compito volto innanzitutto a “conquistare la fiducia della gente e far sentire la loro vicinanza”, sempre nell' “osservanza della legge, unita al senso dell'equilibrio che consente di rispettare nella loro dignità tutte le persone”.

    Nel prendere la parola Benedetto XVI ha accennato ai cambiamenti che hanno coinvolto Roma ed ha sottolineato come “questi mutamenti generano talvolta un senso di insicurezza, dovuto in primo luogo alla precarietà sociale ed economica, acuita però anche da un certo indebolimento della percezione dei principi etici su cui si fonda il diritto e degli atteggiamenti morali personali, che a quegli ordinamenti sempre danno forza”.

    L’impressione che se ne ricava è che il “consenso morale venga meno e che, di conseguenza, le strutture alla base della convivenza non riescano più a funzionare in modo pieno” e che di conseguenza “le forze mobilitate per la difesa della società civile siano alla fine destinate all’insuccesso”.

    Tuttavia, ha continuato, “di fronte a questa tentazione, noi, in modo particolare, che siamo cristiani, abbiamo la responsabilità di ritrovare una nuova risolutezza nel professare la fede e nel compiere il bene, per continuare con coraggio ad essere vicini agli uomini nelle loro gioie e sofferenze, nelle ore felici come in quelle buie dell’esistenza terrena”.

    Spostando poi l'accento sulla “dimensione soggettiva dell’esistenza”, il Papa ha notato che “nel pensiero moderno si è sviluppata una visione riduttiva della coscienza, secondo la quale non vi sono riferimenti oggettivi nel determinare ciò che vale e ciò che è vero, ma è il singolo individuo, con le sue intuizioni e le sue esperienze, ad essere il metro di misura; ognuno, quindi, possiede la propria verità, la propria morale”.

    Per questo non solo “la religione e la morale tendono ad essere confinate nell’ambito del soggetto, del privato”, ma anzi la fede “tende ad essere progressivamente emarginata e considerata senza rilevanza e, in un certo senso, estranea al mondo civile, quasi si dovesse limitare la sua influenza sulla vita dell’uomo”.

    Perciò diventa ancora più urgente, ha concluso, che “Dio e uomo tornino ad incontrarsi, che la società e le Istituzioni pubbliche ritrovino la loro 'anima', le loro radici spirituali e morali, per dare nuova consistenza ai valori etici e giuridici di riferimento e quindi all’azione pratica”.

















    Presentati al Papa i due agnelli la cui lana servirà per i Pallii
    Come ogni anno in occasione della Solennità di Sant’Agnese



    CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 21 gennaio 2011 (ZENIT.org).- In occasione della memoria liturgica di Sant’Agnese, sono stati presentati al Papa due agnelli benedetti questo giovedì mattina nella Basilica di Sant'Agnese sulla via Nomentana, la cui lana sarà utilizzata per confezionare i Pallii dei nuovi Arcivescovi metropoliti.

    Il Pallio, insegna liturgica d’onore e di giurisdizione indossata dal Papa e dagli Arcivescovi metropoliti nelle loro chiese e in quelle delle loro province, vuole simboleggiare la pecorella smarrita e ritrovata, portata sulle spalle dal Buon Pastore, e l’Agnello crocifisso per la salvezza dell’umanità.

    Inizialmente attributo esclusivo del Sommo Pontefice, venne poi accordato dal Santo Padre anche ai Vescovi che avessero ricevuto dalla Sede Apostolica una speciale giurisdizione: nel 513, infatti, Papa Simmaco lo concesse a Cesario, Vescovo di Arles.

    Come segno di speciale vicinanza alla Sede Apostolica, è collocato dai Vescovi intorno alle spalle, proprio a simboleggiare un agnello.

    Il Pallio è costituito da una fascia di lana bianca su cui spiccano sei croci di seta nera.

    Il Pontefice benedice i nuovi Pallii il 29 giugno, in occasione della Solennità dei Santi Pietro e Paolo. Essi vengono quindi riposti in un’urna di bronzo donata da Benedetto XIV e conservata nella cosiddetta “nicchia dei pallii” presso la Confessione di San Pietro.

    I due agnelli, in genere dono dei religiosi dell’Ordine dei Canonici Regolari Lateranensi, che servono la Basilica di Sant’Agnese fuori le Mura, sono allevati dalle religiose del convento romano di san Lorenzo in Panisperna.

    Dopo la tosatura, saranno le suore del Monastero benedettino di Santa Cecilia in Trastevere a provvedere alla confezione dei Pallii, in sottili bende.

    La benedizione degli agnelli ha luogo nel giorno in cui si commemora Sant’Agnese, per ricordarne la morte cruenta, avvenuta nel Circus Agonalis (attuale Piazza Navona), luogo dove sorge oggi la cripta a lei dedicata, e dove venne esposta e poi trafitta con un colpo di spada alla gola, nel modo in cui si uccidevano gli agnelli.

    Nata nel III secolo da nobile famiglia, a dodici anni Agnese consacrò la propria vita a Dio facendo voto di verginità.

    Dopo lo scoppio di una terribile persecuzione contro i Cristiani, venne denunciata in quanto tale dal figlio del Prefetto di Roma, che la ragazza aveva respinto per tener fede alla promessa fatta al Signore.

    Per questo motivo, e anche per un gioco di parole latine che lega il nome di Agnese all'agnus, l’iconografia raffigura spesso la Santa con una pecorella o un agnello, simboli del candore e del sacrificio.

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    Paparatzifan
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    PAPA: MATRIMONIO SOLO UOMO-DONNA, NON C'E' DIRITTO ALLE NOZZE

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 22 gen.

    "Non vi è che un solo matrimonio, il quale e' costitutivamente vincolo giuridico reale tra l'uomo e la donna, un vincolo su cui poggia l'autentica dinamica coniugale di vita e di amore". Lo ha ribadito Benedetto XVI nell'annuale discorso alla Rota Romana.
    "Nessuno - ha aggiunto - puo' vantare il diritto a una cerimonia nuziale". Infatti, il diritto che deve essere riconosciuto e' unicamente quello di "celebrare un autentico matrimonio", che non puo' essere esercitato "laddove fosse evidente che non sussistono le premesse per il suo esercizio, se mancasse, cioe', palesemente la capacita' richiesta per sposarsi, oppure la volonta' si ponesse un obiettivo che e' in contrasto con la realta' naturale del matrimonio". Nella visione cristiana, ha ricordato Joseph Ratzinger, "non esiste un matrimonio della vita ed un altro del diritto: il matrimonio celebrato dagli sposi, quello di cui si occupa la pastorale e quello messo a fuoco dalla dottrina canonica, sono una sola realta' naturale e salvifica, la cui ricchezza da' certamente luogo a una varieta' di approcci, senza pero' che ne venga meno l'essenziale identita'".
    Nella legislazione ecclesiastica, del resto, "l'aspetto giuridico e' intrinsecamente legato all'essenza del matrimonio", secondo "una nozione non positivistica del diritto", ha sottolineato ancora Benedetto XVI nell'allocuzione rivolta oggi a giudici e avvocati del massimo tribunale ecclesiastico (la Rota e' in pratica la Corte di Cassazione, terzo grado di giudizio sulle nullita' matrimoniali). Secondo il Papa teologo, dunque, "il diritto a sposarsi va visto in tale prospettiva. Non si tratta, cioe', di una pretesa soggettiva che debba essere soddisfatta dai pastori mediante un mero riconoscimento formale, indipendentemente dal contenuto effettivo dell'unione". "Il diritto a contrarre matrimonio presuppone - ha concluso il Pontefice - che si possa e si intenda celebrarlo davvero, dunque nella verita' della sua essenza cosi' come e' insegnata dalla Chiesa".

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    PAPA: LASSISMO CHIESA FAVORISCE I FALLIMENTI MATRIMONIALI

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 22 gen.

    Benedetto XVI e' tornato oggi a chiedere alla Chiesa Cattolica maggiore serieta' e grande severita' sia nell'autorizzare la celebrazione dei matrimoni canonici che poi anche nell'esame giudiziario di eventuali richieste di nullita': troppe volte, infatti, ci si sposa senza che ci siano i requisiti necessari, ma altrettanto spesso i requisiti c'erano e nella causa si cerca di sostenere il contrario.
    Sono due forme di lassismo che al Papa non vanno bene.
    Per questo, aprendo oggi ufficialmente l'Anno Giudiziario della Rota Romana, ha affermato che "bisogna adoperarsi affinche' si interrompa, nella misura del possibile, il circolo vizioso che spesso si verifica tra un'ammissione scontata al matrimonio, senza un'adeguata preparazione e un esame serio dei requisiti previsti per la sua celebrazione, e una dichiarazione giudiziaria talvolta altrettanto facile, ma di segno inverso, in cui lo stesso matrimonio viene considerato nullo solamente in base alla costatazione del suo fallimento".
    Nell'allocuzione alla Rota Romana, il Papa ha sottolineato prima di tutto l'importanza dei corsi prematrimoniali promossi nelle parrocchie, ricordando che "l'obiettivo immediato di tale preparazione e' quello di promuovere la libera celebrazione di un vero matrimonio, la costituzione cioe' di un vincolo di giustizia ed amore tra i coniugi, con le caratteristiche dell'unita' ed indissolubilita', ordinato al bene dei coniugi e alla procreazione ed educazione della prole".
    Sul tema dell'ammissione alle nozze, il Papa ha poi ricordato "l'esame prematrimoniale" obbligatorio per "accertare che nulla si opponga alla valida e lecita celebrazione delle nozze" e che non va ridotto a "un passaggio burocratico consistente nel compilare un modulo sulla base di domande rituali".
    "Si tratta invece - ha ricordato Benedetto XVI - di un'occasione pastorale unica, da valorizzare con tutta la serieta' e l'attenzione che richiede, nella quale, attraverso un dialogo pieno di rispetto e di cordialita', il pastore cerca di aiutare la persona a porsi seriamente dinanzi alla verita' su se stessa e sulla propria vocazione umana e cristiana al matrimonio". In questo senso, per il Pontefice, "il dialogo, sempre condotto separatamente con ciascuno dei due fidanzati, senza sminuire la convenienza di altri colloqui con la coppia, richiede un clima di piena sincerita', nel quale si dovrebbe far leva sul fatto che gli stessi contraenti sono i primi interessati e i primi obbligati in coscienza a celebrare un matrimonio valido". "In questo modo, con i vari mezzi a disposizione per un'accurata preparazione e verifica, si puo' sviluppare - ha scandito - un'efficace azione pastorale volta alla prevenzione delle nullita' matrimoniali".
    Su quest'ultimo aspetto, che e' il tema specifico del quale si occupa la Rota Romana, il Pontefice ha denunciato che "purtroppo permangono ancora posizioni non corrette, come quella di identificare la discrezione di giudizio richiesta per il matrimonio con l'auspicata prudenza nella decisione di sposarsi, confondendo cosi' una questione di capacita' con un'altra che non intacca la validita', poiche' concerne il grado di saggezza pratica con cui si e' presa una decisione che e', comunque, veramente matrimoniale". "Piu' grave ancora - ha spiegato - sarebbe il fraintendimento se si volesse attribuire efficacia invalidante alle scelte imprudenti compiute durante la vita matrimoniale".
    Infine, "nell'ambito delle nullita' per l'esclusione dei beni essenziali del matrimonio occorre altresi' un serio impegno perche' le pronunce giudiziarie rispecchino la verita' sul matrimonio, la stessa che deve illuminare il momento dell'ammissione alle nozze". "Bisogna resistere - ha chiesto Ratzinger a giudici e avvocati della Rota Romana - alla tentazione di trasformare le semplici mancanze degli sposi nella loro esistenza coniugale in difetti di consenso".

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    PAPA: MATRIMONIO CRISTIANO NON E' MESSAGGIO IDEOLOGICO

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 22 gen.

    Attraverso i corsi di preparazione al matrimonio "non viene rivolto alla coppia un messaggio ideologico estrinseco, ne' tanto meno viene imposto un modello culturale; piuttosto, i fidanzati vengono posti in grado di scoprire la verita' di un'inclinazione naturale e di una capacita' di impegnarsi che essi portano inscritte nel loro essere relazionale uomo-donna".
    Lo ha affermato Benedetto XVI nel discorso rivolto oggi alla Rota Romana. Pur preoccupato per la situazione attuale, caratterizzata da un grande numero di fallimenti matrimoniali, il Papa ha, pero', ricordato che "non sarebbe giusto ostacolare l'accesso alle nozze sulla base di presunzioni infondate, come quella di ritenere che, al giorno d'oggi, le persone sarebbero generalmente incapaci o avrebbero una volonta' solo apparentemente matrimoniale". Si tratta piuttosto di operare nella formazione, affinche' si arrivi alla maturita' umana necessaria. "In questa prospettiva - ha scandito - appare importante che vi sia una presa di coscienza ancora piu' incisiva circa la responsabilita' in questa materia di coloro che hanno cura d'anime".
    In definitiva, per favorire matrimoni validi e felici, occorrerebbe riconsiderare, ha spiegato il Pontefice, "il rapporto tra diritto e pastorale", oggi "spesso oggetto di fraintendimenti, a scapito del diritto, ma anche della pastorale". Una presa di coscienza che dovrebbe "favorire in tutti i settori, e in modo particolare nel campo del matrimonio e della famiglia, una dinamica - ha concluso - di segno opposto, di armonia profonda tra pastoralita' e giuridicita', che certamente si rivelera' feconda nel servizio reso a chi si avvicina al matrimonio".

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    00 23/01/2011 20:20
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    PAPA: OGNI DIVISIONE NELLA CHIESA E' OFFESA A CRISTO

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 23 gen.

    "Ogni divisione nella Chiesa e' un'offesa a Cristo".
    Lo ha affermato Benedetto XVI nel breve discorso che ha preceduto la preghiera dell'Angelus. "Ecco allora - ha spiegato - il richiamo sempre attuale del Vangelo di oggi: 'Convertitevi, perche' il regno dei cieli e' vicino'".
    Secondo il Pontefice, infatti, "il serio impegno di conversione a Cristo e' la via che conduce la Chiesa, con i tempi che Dio dispone, alla piena unita' visibile".
    E cosi' ha ricordato ai 50 mila fedeli presenti in piazza San Pietro che "solo rimanendo saldamente unita a Cristo, la Chiesa puo' compiere efficacemente la sua missione, malgrado i limiti e le mancanze dei suoi membri, malgrado le divisioni, che gia' l'apostolo Paolo dovette affrontare nella comunita' di Corinto", dove "erano nate discordie e divisioni". "E' forse diviso il Cristo", chiese Paolo ai Corinzi. E questa stessa domanda resta al centro, per il Papa, anche degli incontri ecumenici che in questi giorni si moltiplicano in tutto il mondo in occasione della Settimana di preghiera per l'unita' dei cristiani.
    "Qui a Roma, oltre ad essere presenti varie Delegazioni ecumeniche, iniziera' domani - ha annunciato - una sessione di incontro della Commissione per il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e le Antiche Chiese Orientali. E dopodomani concluderemo la Settimana di Preghiera per l'Unita' dei Cristiani con la solenne celebrazione dei vespri nella Besilica di San Paolo".

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    PAPA: E' TEMPO DI PROVE PER I CRISTIANI DEL MEDIO ORIENTE

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 23 gen.

    Benedetto XVI ha voluto ricordare nuovamente oggi "le prove che debbono affrontare i fratelli e le sorelle della Terra Santa e del Medio Oriente".
    "Il loro servizio - ha detto all'Angelus - e' dunque ancora piu' prezioso, avvalorato da una testimonianza che, in certi casi, e' arrivata fino al sacrificio della vita". "Ci stringiamo intorno ad esse - ha aggiunto - e questo diventa per tutti un ulteriore fattore di comunione".
    Il Papa ha spiegato cosi' la propria decisione di scegliere per la Settimana di preghiera per l'unita' dei cristiani attualmente in corso il tema "Uniti nell'insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera" proposto proprio dalle Chiese e Comunita' ecclesiali di Gerusalemme, "riunite in spirito ecumenico".
    "Accogliamo con gioia - ha concluso - gli spunti di riflessione offerti dalle Comunita' che vivono a Gerusalemme".

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    00 24/01/2011 00:46
    Il Papa: il cammino ecumenico si fonda sulla conversione
    Nel discorso prima della preghiera dell'Angelus



    ROMA, domenica, 23 gennaio 2011 (ZENIT.org).- “Il serio impegno di conversione a Cristo è la via che conduce la Chiesa, con i tempi che Dio dispone, alla piena unità visibile”. Lo ha detto questa domenica Benedetto XVI prima della preghiera mariana dell'Angelus riflettendo sulla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che si concluderà il 25 gennaio.

    Parlando dalla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Papa ha ricordato l'attualità dell'appello alla conversione contenuto nel Vangelo, “perché il Regno dei cieli è vicino”.

    In riferimento al tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani - “Uniti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera” (cfr. Atti 2,42) -, il Santo Padre ha quindi sottolineato quanto sia importante che esso sia stato proposto dalle Chiese e Comunità cristiane di Gerusalemme.

    “Sappiamo – ha detto – quante prove debbono affrontare i fratelli e le sorelle della Terra Santa e del Medio Oriente. Il loro servizio è dunque ancora più prezioso, avvalorato da una testimonianza che, in certi casi, è arrivata fino al sacrificio della vita. Perciò, mentre accogliamo con gioia gli spunti di riflessione offerti dalle Comunità che vivono a Gerusalemme, ci stringiamo intorno ad esse, e questo diventa per tutti un ulteriore fattore di comunione”.

    Benedetto XVI ha evidenziato poi che anche oggi, per essere nel mondo “segno e strumento di intima unione con Dio e di unità tra gli uomini”, i cristiani devono fondare la loro vita su quattro cardini: “La vita sul fondamento della fede degli Apostoli trasmessa nella viva Tradizione della Chiesa, la comunione fraterna, l’Eucaristia e la preghiera”.

    “Solo in questo modo – ha commentato – , rimanendo saldamente unita a Cristo, la Chiesa può compiere efficacemente la sua missione, malgrado i limiti e le mancanze dei suoi membri, malgrado le divisioni”, che già l’apostolo Paolo dovette affrontare nella comunità di Corinto,

    E proprio seguendo l'insegnamento di San Paolo - ha detto infine il Papa parlando ai pellegrini di lingua francese - siamo invitati “ad abbandonare lo scandalo delle nostre divisioni e a portare a tutti il messaggio di Cristo Risorto”.

    “Preghiamo Dio - ha concluso - di affrettare il giorno in cui la sua Chiesa sarà pienamente riunita”.














    Il Papa alla Roma Romana: non esiste un diritto assoluto a sposarsi
    Ribadisce l'importanza della preparazione al matrimonio



    ROMA, domenica, 23 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Non esiste un diritto assoluto a sposarsi che debba essere soddisfatto dai pastori mediante “un mero riconoscimento formale, indipendentemente dal contenuto”. E’ quanto ha detto sabato Benedetto XVI, ricevendo i componenti della Rota Romana per l’inaugurazione dell’Anno giudiziario.

    Durante l'udienza il Papa ha esortato a sviluppare un’efficace azione pastorale di preparazione e ammissione al matrimonio, che per la gran parte dell'opinione pubblica sono soltanto “adempimenti di natura esclusivamente formale”. Questo anche al fine di prevenire le nullità matrimoniali, così da “rompere il circolo vizioso” che porta a considerare nullo un matrimonio solo “in base alla constatazione del suo fallimento”.

    “Nell'ammettere le coppie al matrimonio – ha osservato il Pontefice –, i pastori dovrebbero procedere con larghezza, essendo in gioco il diritto naturale delle persone a sposarsi”. Allo stesso tempo, però, ha precisato che “il diritto a contrarre matrimonio presuppone che si possa e si intenda celebrarlo davvero, dunque nella verità della sua essenza così come è insegnata dalla Chiesa. Nessuno può vantare il diritto a una cerimonia nuziale”.

    A questo proposito, ha continuato, un serio discernimento “potrà evitare che impulsi emotivi o ragioni superficiali inducano i due giovani ad assumere responsabilità che non sapranno poi onorare”.

    Ecco perché l'esame prematrimoniale non va considerato come un mero “passaggio burocratico” ma quanto “un'occasione pastorale unica - da valorizzare con tutta la serietà e l’attenzione che richiede - nella quale, attraverso un dialogo pieno di rispetto e di cordialità, il pastore cerca di aiutare la persona a porsi seriamente dinanzi alla verità su se stessa e sulla propria vocazione umana e cristiana al matrimonio”.

    “In questo senso – ha concluso – il dialogo, sempre condotto separatamente con ciascuno dei due fidanzati - senza sminuire la convenienza di altri colloqui con la coppia - richiede un clima di piena sincerità, nel quale si dovrebbe far leva sul fatto che gli stessi contraenti sono i primi interessati e i primi obbligati in coscienza a celebrare un matrimonio valido”.

    L'origine del Tribunale della Rota Romana risale alla Cancelleria apostolica. Le sue competenze sono state fissate definitivamente da Benedetto XIV con la Costituzione Iustitiae et pacis nel 1747. A partire da Gregorio XVI (1834) la Rota divenne anche tribunale di appello per lo Stato Pontificio, mentre le cause pertinenti il foro ecclesiastico, venivano decise di preferenza dalle Congregazioni.

    Le norme vigenti sono state approvate e promulgate da Giovanni Paolo II il 7 febbraio 1994.

    La Rota Romana funge quindi da Tribunale di appello e giudica: a) in seconda istanza, le cause definite dai Tribunali ordinari di primo grado e deferite alla Santa Sede per legittimo appello; b) in terza ed ulteriore istanza, le cause trattate già in appello dalla stessa Rota o da un altro Tribunale ecclesiastico d'appello.

    Inoltre, è anche Tribunale d'appello per il Tribunale ecclesiastico della Città del Vaticano.

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    Papa: Social network sono opportunità, ma no a mondo parallelo

    Messaggio per Giornata comunicazioni dedicato a 'autenticità'

    Città del Vaticano, 24 gen. (TMNews)

    Le nuove tecnologie, e in particolare i social network come Facebook, rappresentano una "opportunità" ma presentano anche dei "rischi" secondo il Papa, che, nel messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (5 giugno) pubblicato oggi, mette in guardia i giovani dalla eventualità di "rifugiarsi in una sorta di mondo parallelo".
    "Il coinvolgimento sempre maggiore nella pubblica arena digitale, quella creata dai cosiddetti social network - scrive Benedetto XVI nel messaggio intitolato 'Verità, annuncio e autenticità di vita nell'era digitale' - conduce a stabilire nuove forme di relazione interpersonale, influisce sulla percezione di sé e pone quindi, inevitabilmente, la questione non solo della correttezza del proprio agire, ma anche dell'autenticità del proprio essere. La presenza in questi spazi virtuali può essere il segno di una ricerca autentica di incontro personale con l'altro se si fa attenzione ad evitarne i pericoli, quali il rifugiarsi in una sorta di mondo parallelo, o l'eccessiva esposizione al mondo virtuale. Nella ricerca di condivisione, di 'amicizie', ci si trova di fronte alla sfida dell'essere autentici, fedeli a se stessi, senza cedere all'illusione di costruire artificialmente il proprio "profilo" pubblico".
    "Le nuove tecnologie - scrive il Papa - permettono alle persone di incontrarsi oltre i confini dello spazio e delle stesse culture, inaugurando così un intero nuovo mondo di potenziali amicizie. Questa è una grande opportunità, ma comporta anche una maggiore attenzione e una presa di coscienza rispetto ai possibili rischi. Chi è il mio "prossimo" in questo nuovo mondo? Esiste il pericolo di essere meno presenti verso chi incontriamo nella nostra vita quotidiana ordinaria? Esiste il rischio di essere più distratti, perché la nostra attenzione è frammentata e assorta in un mondo "differente" rispetto a quello in cui viviamo? Abbiamo tempo di riflettere criticamente sulle nostre scelte e di alimentare rapporti umani che siano veramente profondi e duraturi? E' importante ricordare sempre che il contatto virtuale non può e non deve sostituire il contatto umano diretto con le persone a tutti i livelli della nostra vita".
    Per Benedetto XVI, "esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell'altro. Comunicare il Vangelo attraverso i nuovi media significa non solo inserire contenuti dichiaratamente religiosi sulle piattaforme dei diversi mezzi, ma anche testimoniare con coerenza, nel proprio profilo digitale e nel modo di comunicare, scelte, preferenze, giudizi che siano profondamente coerenti con il Vangelo, anche quando di esso non si parla in forma esplicita". Di conseguenza, i cattolici devono "essere consapevoli che la verità che cerchiamo di condividere non trae il suo valore dalla sua 'popolarità' o dalla quantità di attenzione che riceve. Dobbiamo farla conoscere nella sua integrità, piuttosto che cercare di renderla accettabile, magari 'annacquandola'. Deve diventare alimento quotidiano e non attrazione di un momento".
    Insomma, per il Papa, "come ogni altro frutto dell'ingegno umano, le nuove tecnologie della comunicazione chiedono di essere poste al servizio del bene integrale della persona e dell'umanità intera. Se usate saggiamente, esse possono contribuire a soddisfare il desiderio di senso, di verità e di unità che rimane l'aspirazione più profonda dell'essere umano". Ma "la verità che è Cristo, in ultima analisi, è la risposta piena e autentica a quel desiderio umano di relazione, di comunione e di senso che emerge anche nella partecipazione massiccia ai vari social network".

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    INTERNET: MONS. CELLI, PAPA PROPONE STILE CRISTIANO SU WEB

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 24 gen.

    Nel Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che sara' celebrata il prossimo 5 giugno, "si parla di uno stile cristiano di presenza: e' cio' che da' significato al titolo stesso: 'Verita', annuncio e autenticita' di vita nell’era digitale'".
    Lo afferma il presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, arcivescovo Claudio Celli, ricordando che, per il Papa, "la testimonianza di operatori cattolici non puo' esaurirsi nella semplice trattazione di temi religiosi, ma e' chiamata a manifestarsi sul piano della concreta testimonianza personale".
    "La coerenza di vita con il Vangelo - ricorda mons. Celli citando il testo - e' essa stessa una forma di annuncio; una comunicazione esplicita che rende credibile l’annuncio.
    Piu' che mai, l'esigenza di far conoscere il Vangelo nella sua integrita' deve manifestarsi come un segno distintivo dell'era digitale".

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    La presentazione nella Sala Stampa della Santa Sede

    Un Papa che usa la matita e fa i conti con la rete

    Il Papa non naviga in rete, non usa il computer e scrive con la penna, anzi preferibilmente con la matita. Ma il mondo di internet lo stupisce, lo affascina. E da uomo di studio, ma anche e soprattutto di dialogo qual è, auspica fortemente che nel mondo digitale si possa trovare e aprire uno spazio di dialogo e di confronto tra le culture del nostro tempo, un vero "cortile dei gentili aperto nello spazio cibernetico".
    Forse possono sembrare superflue queste notizie nel contesto della presentazione del messaggio del Papa per la quarantacinquesima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, avvenuta questa mattina, lunedì 24 gennaio, nella Sala Stampa della Santa Sede.
    Tra l'altro sono informazioni date dall'arcivescovo Claudio Maria Celli e da padre Federico Lombardi, per rispondere a una domanda posta da uno dei giornalisti presenti. Tuttavia, come ha fatto notare proprio il presidente del dicastero vaticano per le comunicazioni sociali, aiutano a capire meglio quali siano i motivi ispiratori del messaggio stesso, e soprattutto, quella parola "stupore" con la quale il Papa si pone di fronte alla straordinaria potenzialità della rete internet. Ma, allo stesso tempo, motivano il bisogno di comunicare la sua preoccupazione, affinché restino sempre inalterate la verità dell'annuncio e l'autenticità della testimonianza cristiana, pur nella variegata complessità ed eterogeneità del mondo digitale.
    Cambia, in sostanza, il modo di trasmetterlo, ma il messaggio del Vangelo è sempre lo stesso. Così come sempre uguale è lo stile cristiano della testimonianza, basata su una vita coerente e distintiva, capace di essere un "segno" anche nel mondo digitale. Questo il pensiero sotteso nel messaggio presentato questa mattina. Del resto, l'arcivescovo Celli nel suo intervento ha posto subito l'accento sulla questione più rilevante che mette in evidenza questo messaggio. Davanti alla sempre più evidente trasformazione culturale che l'era digitale, con le nuove tecnologie, impone alla comunicazione, diviene ancor più importante l'azione dei cristiani, affinché non vengano mai meno la verità dell'annuncio e l'autenticità della vita. Ed è proprio su queste idee che si riscontra lo sviluppo del magistero di Papa Ratzinger sulle comunicazioni sociali in questi ultimi anni, da quando cioè - come ha notato monsignor Celli - le nuove tecnologie hanno letteralmente stravolto le forme tradizionali della comunicazione. Per renderlo evidente il presule ha ricordato le tematiche degli ultimi messaggi per le "giornate mondiali": "I bambini e i mezzi di comunicazione: una sfida per l'educazione" (2007); "I mezzi di comunicazione sociale: al bivio tra protagonismo e servizio" (2008); "Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia" (2009); "Il sacerdote e la pastorale nel mondo digitale: i nuovi media al servizio della Parola" (2010), tematica quest'ultima frutto, non a caso, della discussione sviluppatasi durante i lavori del Sinodo sulla Parola, nel corso del quale, in verità, più volte era stata sollevata proprio la questione del rapporto tra diffusione della Scrittura e nuove tecnologie di comunicazione.
    Resta il fatto che, come ha precisato il presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, i progressi fatti registrare in questo settore sono estremamente positivi e rappresentano un'opportunità da cogliere. Usate saggiamente le nuove tecnologie possono "contribuire a soddisfare il desiderio di senso, di verità e di unità che rimane l'aspirazione più profonda dell'essere umano". Esse infatti offrono agli uomini grandi possibilità di incontro. Vanno al di là dei limiti dello spazio e della cultura di appartenenza, ma "oltre a dare adito a nuove amicizie - ha avvertito il presule - possono comportare inevitabili rischi". Importante dunque è l'atteggiamento con il quale ci si accosta a questo mondo: è necessario mantenere "la correttezza del proprio agire nonché l'autenticità del proprio essere".
    Un concetto chiaramente espresso nel messaggio. E l'arcivescovo lo ha fatto notare ai giornalisti intervenuti alla presentazione del documento. "Il Papa - ha detto - parla di uno "stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale", stile che conduce direttamente a una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell'altro". E ha posto l'accento proprio su quelle componenti di onestà e di rispetto per gli altri che devono caratterizzare la presenza cristiana nel mondo digitale. Anche perché comunicare il Vangelo "non è solo inserire contenuti dichiaratamente religiosi nelle varie piattaforme", ma è soprattutto testimoniare con coerenza scelte, preferenze e giudizi che siano in linea con gli insegnamenti del Vangelo stesso, anche se e quando non si parla direttamente di esso.
    Si tratta dunque di un "richiamo esplicito alla nostra responsabilità personale - ha notato il presidente del Pontificio Consiglio - sia nella costruzione del nostro io, sia nel confronto con gli altri", poiché, come scrive il Papa nel messaggio, "una persona è sempre coinvolta in ciò che comunica". Nasce da qui il concetto dello "stile cristiano" di presenza. "È ciò che - ha detto in conclusione l'arcivescovo Celli - dà significato al titolo stesso del messaggio, nel senso che la testimonianza degli operatori cattolici non può esaurirsi nella semplice trattazione di temi religiosi, ma chiama a manifestarsi sul piano della concreta testimonianza personale. La coerenza di vita con il Vangelo è essa stessa una forma di comunicazione esplicita che rende credibile l'annuncio. Più che mai, l'esigenza di far conoscere il Vangelo nella sua integrità deve manifestarsi come un segno distintivo dell'era digitale".
    All'incontro con i giornalisti, oltre al presidente, erano presenti gli altri responsabili del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, i monsignori Paul Tighe, segretario, e Giuseppe Antonio Scotti, segretario aggiunto, e il sotto-segretario Angelo Scelzo.
    Tra l'altro è stata data notizia della preparazione del nuovo portale della Santa Sede. "Un lavoro - ha detto il presidente - che ci sta impegnando moltissimo e che ci auguriamo possa giungere a compimento nel periodo della prossima Pasqua". Inizialmente sarà in italiano e in inglese; successivamente, in tutte le altre lingue più diffuse.

    (©L'Osservatore Romano - 24-25 gennaio 2011)


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    INTERNET: PAPA, CATTOLICI SIANO RISPETTOSE SENTINELLE DEL WEB

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 24 gen.

    Benedetto XVI esorta i cattolici a impegnarsi "affinche' il web non diventi uno strumento che riduce le persone a categorie, che cerca di manipolarle emotivamente o che permette a chi e' potente di monopolizzare le opinioni altrui".
    "Esiste - scrive il Papa nel Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comuncazioni Sociali - uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell'altro".
    "L'impegno per una testimonianza al Vangelo nell'era digitale richiede a tutti di essere particolarmente attenti agli aspetti che possono sfidare alcune delle logiche tipiche del web. Anzitutto - elenca Benedetto XVI - dobbiamo essere consapevoli che la verita' che cerchiamo di condividere non trae il suo valore dalla sua popolarita' o dalla quantita' di attenzione che riceve. Dobbiamo farla conoscere nella sua integrita', piuttosto che cercare di renderla accettabile, magari annacquandola".
    "Comunicare il Vangelo attraverso i nuovi media - si legge ancora nel testo - significa non solo inserire contenuti dichiaratamente religiosi sulle piattaforme dei diversi mezzi, ma anche testimoniare con coerenza, nel proprio profilo digitale e nel modo di comunicare, scelte, preferenze, giudizi che siano profondamente coerenti con il Vangelo, anche quando di esso non si parla in forma esplicita. Del resto, anche nel mondo digitale non vi puo' essere annuncio di un messaggio senza una coerente testimonianza da parte di chi annuncia. Nei nuovi contesti e con le nuove forme di espressione, il cristiano e' ancora una volta chiamato ad offrire una risposta a chiunque domandi ragione della speranza che e' in lui".
    La testimonianza cristiana in rete, insiste il Pontefice, "deve diventare alimento quotidiano e non attrazione di un momento". Infatti, "la verita' del Vangelo non e' qualcosa che possa essere oggetto di consumo, o di fruizione superficiale, ma e' un dono che chiede una libera risposta. Essa, pur proclamata nello spazio virtuale della rete, esige sempre di incarnarsi nel mondo reale e in rapporto ai volti concreti dei fratelli e delle sorelle con cui condividiamo la vita quotidiana". "Per questo - dunque - rimangono sempre fondamentali le relazioni umane dirette nella trasmissione della fede".

    © Copyright (AGI)

    INTERNET: PAPA, NELLA RETE CON FIDUCIA E CREATIVITA'

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 24 gen.

    Benedetto XVI invita i cristiani "ad unirsi con fiducia e con consapevole e responsabile creativita' nella rete di rapporti che l'era digitale ha reso possibile".
    "Non semplicemente per soddisfare il desiderio di essere presenti, ma perche' questa rete e' parte integrante della vita umana", spiega nel Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che sara' celebrata il prossimo 5 giugno con lo slogan 'Verita', annuncio e autenticita' di vita nell'era digitale'.
    Secondo Papa Ratzinger, "il web sta contribuendo allo sviluppo di nuove e piu' complesse forme di coscienza intellettuale e spirituale, di consapevolezza condivisa". Anche in questo campo, rileva, "siamo chiamati ad annunciare la nostra fede che Cristo e' Dio, il Salvatore dell'uomo e della storia". E anche in rete "la proclamazione del Vangelo richiede una forma rispettosa e discreta di comunicazione, che stimola il cuore e muove la coscienza una forma che richiama lo stile di Gesu' risorto quando si fece compagno nel cammino dei discepoli di Emmaus, i quali furono condotti gradualmente alla comprensione del mistero mediante il suo farsi vicino, il suo dialogare con loro, il far emergere con delicatezza cio' che c'era nel loro cuore".
    Per il Papa, "la verita' che e' Cristo, in ultima analisi, e' la risposta piena e autentica a quel desiderio umano di relazione, di comunione e di senso che emerge anche nella partecipazione massiccia ai vari social network.
    Le nuove tecnologie non stanno cambiando solo il modo di comunicare, ma la comunicazione in se stessa, per cui si puo' affermare - conclude - che si e' di fronte ad una vasta trasformazione culturale. Con tale modo di diffondere informazioni e conoscenze, sta nascendo un nuovo modo di apprendere e di pensare, con inedite opportunita' di stabilire relazioni e di costruire comunione".

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    INTERNET: PAPA, NON SOSTITUISCA IL CONTATTO UMANO DIRETTO

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 24 gen.

    "Il contatto virtuale non puo' e non deve sostituire il contatto umano diretto con le persone a tutti i livelli della nostra vita".
    Lo afferma Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che sara' celebrata il prossimo 5 giugno con lo slogan "Verita', annuncio e autenticita' di vita nell’era digitale".
    "Le nuove tecnologie - spiega Papa Ratzinger - permettono alle persone di incontrarsi oltre i confini dello spazio e delle stesse culture, inaugurando così un intero nuovo mondo di potenziali amicizie.
    Questa e' una grande opportunita', ma comporta anche una maggiore attenzione e una presa di coscienza rispetto ai possibili rischi".
    "Chi e' - si domanda il Pontefice - il mio 'prossimo' in questo nuovo mondo? Esiste il pericolo di essere meno presenti verso chi incontriamo nella nostra vita quotidiana ordinaria? Esiste il rischio di essere piu' distratti, perche' la nostra attenzione e' frammentata e assorta in un mondo 'differente' rispetto a quello in cui viviamo? Abbiamo tempo di riflettere criticamente sulle nostre scelte e di alimentare rapporti umani che siano veramente profondi e duraturi?".
    "Anche nell'era digitale, ciascuno - sottolinea il testo - e' posto di fronte alla necessita' di essere persona autentica e riflessiva. Del resto, le dinamiche proprie dei social network mostrano che una persona e' sempre coinvolta in cio' che comunica.
    Quando le persone si scambiano informazioni, stanno gia' condividendo se stesse, la loro visione del mondo, le loro speranze, i loro ideali".
    Ed oggi, "si prospettano traguardi fino a qualche tempo fa impensabili, che suscitano stupore per le possibilita' offerte dai nuovi mezzi e, al tempo stesso, impongono in modo sempre piu' pressante una seria riflessione sul senso della comunicazione nell'era digitale". Un progresso che risulta "particolarmente evidente quando ci si confronta con le straordinarie potenzialita' della rete internet e con la complessita' delle sue applicazioni".
    Ma, conclude il Pontefice, "come ogni altro frutto dell'ingegno umano, le nuove tecnologie della comunicazione chiedono di essere poste al servizio del bene integrale della persona e dell'umanita' intera. Se usate saggiamente, esse possono contribuire a soddisfare il desiderio di senso, di verita' e di unita' che rimane l'aspirazione più profonda dell'essere umano".

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    INTERNET: PAPA, GIOVANI FACCIANO BUON USO DEI SOCIAL NETWORK

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 24 gen.

    "Invito soprattutto i giovani a fare buon uso della loro presenza nell'arena digitale", che li pone "di fronte alla sfida dell'essere autentici, fedeli a se stessi, senza cedere, nella ricerca di condivisione, di amicizie, all'illusione di costruire artificialmente il proprio profilo pubblico".
    Lo scrive il Papa nel Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali rinnovando loro l'appuntamento per la Gmg di Madrid, in programma il prossimo agosto e "la cui preparazione deve molto ai vantaggi delle nuove tecnologie". "Soprattutto i giovani - rileva il Pontefice - stanno vivendo questo cambiamento della comunicazione, con tutte le ansie, le contraddizioni e la creativita' proprie di coloro che si aprono con entusiasmo e curiosita' alle nuove esperienze della vita".
    Nel testo, Papa Ratzinger ricorda che "il coinvolgimento sempre maggiore nella pubblica arena digitale, quella creata dai cosiddetti social network, conduce a stabilire nuove forme di relazione interpersonale, influisce sulla percezione di se' e pone quindi, inevitabilmente, la questione non solo della correttezza del proprio agire, ma anche dell'autenticita' del proprio
    essere". In questo contesto "la presenza in questi spazi virtuali puo' essere il segno di una ricerca autentica di incontro personale con l'altro se si fa attenzione ad evitarne i pericoli, quali il rifugiarsi in una sorta di mondo parallelo, o l'eccessiva esposizione al mondo virtuale".

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    INTERNET: MONS. CELLI, PAPA PROPONE STILE CRISTIANO SU WEB

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 24 gen.

    Nel Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che sara' celebrata il prossimo 5 giugno, "si parla di uno stile cristiano di presenza: e' cio' che da' significato al titolo stesso: 'Verita', annuncio e autenticita' di vita nell’era digitale'".
    Lo afferma il presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, arcivescovo Claudio Celli, ricordando che, per il Papa, "la testimonianza di operatori cattolici non puo' esaurirsi nella semplice trattazione di temi religiosi, ma e' chiamata a manifestarsi sul piano della concreta testimonianza personale".
    "La coerenza di vita con il Vangelo - ricorda mons. Celli citando il testo - e' essa stessa una forma di annuncio; una comunicazione esplicita che rende credibile l’annuncio.
    Piu' che mai, l'esigenza di far conoscere il Vangelo nella sua integrita' deve manifestarsi come un segno distintivo dell'era digitale".

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    00 25/01/2011 01:27
    Benedetto XVI: l'ecumenismo richiede dialogo e preghiera comune
    Riceve in udienza una delegazione della Chiesa Evangelica Luterana Tedesca



    CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 24 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Ricevendo questo lunedì mattina in udienza una delegazione della Chiesa Evangelica Luterana Tedesca (Vereinigte Evangelisch-Lutherische Kirche Deutschlands), Papa Benedetto XVI ha voluto sottolineare i due pilastri dell'ecumenismo: dialogo e preghiera comune.

    Rallegrandosi per il fatto che la delegazione luterana sia giunta a Roma a conclusione della Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani, che si celebra ogni anno dal 18 al 25 gennaio, il Pontefice ha affermato che in questo modo i rappresentanti tedeschi dimostrano “che tutto il nostro anelito all'unità può recare frutti soltanto se radicato nella preghiera comune”.

    “Nonostante le differenze teologiche che continuano a esistere su questioni in parte fondamentali – ha segnalato –, è cresciuto un 'insieme' fra noi, che diviene sempre più la base di una comunione vissuta nella fede e nella spiritualità fra luterani e cattolici”.

    “Quanto già raggiunto rafforza la nostra fiducia nel proseguire il dialogo, perché soltanto così possiamo rimanere insieme lungo quella via che in definitiva è Gesù Cristo stesso”.

    L'impegno della Chiesa cattolica per l'ecumenismo, ha spiegato il Pontefice, “non è una mera strategia di comunicazione in un mondo che muta, ma un impegno fondamentale della Chiesa a partire dalla propria missione”.

    “Anche se sorgono sempre nuove difficoltà, guardiamo con speranza al futuro. Anche se le divisioni dei cristiani sono un ostacolo nel modellare pienamente la cattolicità nella realtà della vita della Chiesa, come le è stato promesso in Cristo e attraverso Cristo, confidiamo nel fatto che, sotto la guida dello Spirito Santo, il dialogo ecumenico, quale strumento importante nella vita della Chiesa, serva a superare questo conflitto”.

    “Ciò avverrà, in primo luogo, anche attraverso il dialogo teologico, che deve contribuire a un'intesa sulle questioni aperte, che sono un ostacolo lungo il cammino verso l'unità visibile”, “e la celebrazione comune dell'Eucaristia come sacramento dell'unità fra i cristiani”.

    “Oggi il dialogo ecumenico non può più essere scisso dalla realtà e dalla vita nella fede nelle nostre Chiese senza recare loro danno”, ha proseguito Benedetto XVI, ricordando che nel 2017 ricorreranno i 500 anni dall'affissione delle tesi di Martin Lutero sulle indulgenze.

    “In quell'occasione luterani e cattolici avranno l'opportunità di celebrare in tutto il mondo una comune commemorazione ecumenica, di lottare a livello mondiale per le questioni fondamentali, non sotto forma di una celebrazione trionfalistica, ma come un professione comune della nostra fede nel Dio Uno e Trino, nell'obbedienza comune a Nostro Signore e alla sua Parola”, ha spiegato.

    “Dobbiamo attribuire un posto importante alla preghiera comune e alla preghiera interiore rivolte a nostro Signore Gesù Cristo per il perdono dei torti reciproci e per la colpa relativa alle divisioni. Di questa purificazione della coscienza fa parte lo scambio reciproco sulla valutazione dei 1500 anni che hanno preceduto la Riforma e che perciò sono a noi comuni”.

    Per questo, ha sottolineato l'importanza di “implorare insieme, in modo costante, l'aiuto di Dio e l'assistenza dello Spirito Santo, per poter compiere passi ulteriori verso l'unità agognata e non rimanere fermi ai risultati ottenuti”.

    Richiamando poi il tema della Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani di quest'anno, “Erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (At, 2, 42), ha segnalato che “in questi quattro atti e comportamenti i primi cristiani erano costanti, e quindi la comunità cresceva con Cristo e da essa scaturiva questo 'insieme' degli uomini in Cristo”.

    In questo contesto, ha concluso auspicando che “questa testimonianza, straordinaria e visibile al mondo, dell'unità della Chiesa primitiva” sia “anche per noi sprone e norma per il nostro cammino ecumenico comune nel futuro”.












    Il Papa: sì al social network, ma non sostituisca il contatto umano diretto
    Messaggio per la XLV Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali



    CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 24 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Le nuove tecnologie mettono a disposizione degli utenti un intero mondo di possibilità, ma il loro uso richiede maturità e consapevolezza e non deve portare a sostituire “il contatto umano diretto” con i rapporti virtuali.

    Papa Benedetto XVI lo afferma nel Messaggio che ha diffuso questo lunedì, festa di San Francesco di Sales, per la XLV Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che si celebrerà domenica 5 giugno.


    Nel testo, sul tema “Verità, annuncio e autenticità di vita nell'era digitale”, il Pontefice definisce il diffondersi della comunicazione attraverso Internet “un fenomeno caratteristico del nostro tempo”, e osserva che le nuove tecnologie “non stanno cambiando solo il modo di comunicare, ma la comunicazione in se stessa”.

    Per questo motivo, si può dire di essere di fronte “ad una vasta trasformazione culturale”.

    Con questo modo di diffondere informazioni e conoscenze, constata, “sta nascendo un nuovo modo di apprendere e di pensare, con inedite opportunità di stabilire relazioni e di costruire comunione”. “Si prospettano traguardi fino a qualche tempo fa impensabili, che suscitano stupore per le possibilità offerte dai nuovi mezzi”.

    Uso responsabile

    In questo contesto, si impone “in modo sempre più pressante una seria riflessione sul senso della comunicazione nell’era digitale”, sottolinea il Vescovo di Roma, indicando che “ciò è particolarmente evidente quando ci si confronta con le straordinarie potenzialità della rete Internet e con la complessità delle sue applicazioni”.

    Come ogni altro frutto dell’ingegno umano, infatti, “le nuove tecnologie della comunicazione chiedono di essere poste al servizio del bene integrale della persona e dell’umanità intera”.

    Interessati da questi cambiamenti nella comunicazione, ricorda il Papa, sono soprattutto i giovani, che li vivono “con tutte le ansie, le contraddizioni e la creatività proprie di coloro che si aprono con entusiasmo e curiosità alle nuove esperienze della vita”.

    Per loro e per tutti gli utenti, la presenza negli spazi virtuali “può essere il segno di una ricerca autentica di incontro personale con l’altro se si fa attenzione ad evitarne i pericoli, quali il rifugiarsi in una sorta di mondo parallelo, o l’eccessiva esposizione al mondo virtuale”.

    Rischi e sfide

    I punti critici di una comunicazione di questo tipo, sottolinea il Papa, riguardano sia la propria persona che il rapporto con gli altri.

    “Nella ricerca di condivisione, di 'amicizie'”, infatti, ci si trova innanzitutto “di fronte alla sfida dell’essere autentici, fedeli a se stessi, senza cedere all’illusione di costruire artificialmente il proprio 'profilo' pubblico”.

    Quanto ai rapporti interpersonali, l'uso delle nuove tecnologie porta a domandarsi “chi è il mio 'prossimo' in questo nuovo mondo”.

    “Esiste il pericolo di essere meno presenti verso chi incontriamo nella nostra vita quotidiana ordinaria? - chiede il Papa -. Esiste il rischio di essere più distratti, perché la nostra attenzione è frammentata e assorta in un mondo 'differente' rispetto a quello in cui viviamo? Abbiamo tempo di riflettere criticamente sulle nostre scelte e di alimentare rapporti umani che siano veramente profondi e duraturi?”.

    “Il contatto virtuale non può e non deve sostituire il contatto umano diretto con le persone a tutti i livelli della nostra vita”, dichiara.

    Stile cristiano

    Benedetto XVI sottolinea quindi l'esistenza di “uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale”, che si concretizza in “una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro”.

    “Comunicare il Vangelo attraverso i nuovi media significa non solo inserire contenuti dichiaratamente religiosi sulle piattaforme dei diversi mezzi, ma anche testimoniare con coerenza, nel proprio profilo digitale e nel modo di comunicare, scelte, preferenze, giudizi che siano profondamente coerenti con il Vangelo, anche quando di esso non si parla in forma esplicita”, indica.

    “L’impegno per una testimonianza al Vangelo nell’era digitale richiede a tutti di essere particolarmente attenti agli aspetti di questo messaggio che possono sfidare alcune delle logiche tipiche del web”, prosegue il Papa, esortando in primo luogo ad “essere consapevoli che la verità che cerchiamo di condividere non trae il suo valore dalla sua 'popolarità' o dalla quantità di attenzione che riceve”.

    “Dobbiamo farla conoscere nella sua integrità, piuttosto che cercare di renderla accettabile, magari 'annacquandola'. Deve diventare alimento quotidiano e non attrazione di un momento”.

    La verità del Vangelo, infatti, “non è qualcosa che possa essere oggetto di consumo, o di fruizione superficiale, ma è un dono che chiede una libera risposta”. “Pur proclamata nello spazio virtuale della rete, esige sempre di incarnarsi nel mondo reale e in rapporto ai volti concreti dei fratelli e delle sorelle con cui condividiamo la vita quotidiana. Per questo rimangono sempre fondamentali le relazioni umane dirette nella trasmissione della fede”.

    Per questo motivo, il Papa invita i cristiani “ad unirsi con fiducia e con consapevole e responsabile creatività nella rete di rapporti che l’era digitale ha reso possibile”.

    I credenti, conclude, “incoraggiano tutti a mantenere vive le eterne domande dell'uomo, che testimoniano il suo desiderio di trascendenza e la nostalgia per forme di vita autentica, degna di essere vissuta”.











    Dolore di Benedetto XVI per la morte di Tullia Zevi
    Ex presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane



    CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 24 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Papa Benedetto XVI ha espresso il proprio dolore per la morte, avvenuta sabato a Roma, della signora Tullia Zevi, ex presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.

    Un telegramma inviato dal Segretario di Stato vaticano, il Cardinale Tarcisio Bertone, afferma che il Papa “partecipa spiritualmente al lutto dei familiari e delle comunità ebraiche in Italia”.

    Il Pontefice, spiega il porporato nel testo, riconosce “l’alto profilo morale e l’autorevole contributo” della signora Zevi “alla crescita, nella società italiana, dei valori di democrazia, pace e libertà e del sincero e fecondo dialogo tra ebrei e cristiani”.

    Tullia Zevi, nata a Milano nel 1919, è stata uno dei leader storici delle comunità ebraiche italiane del dopoguerra.

    Scrittrice, giornalista e musicista, ha dovuto abbandonare l'Italia durante la II Guerra Mondiale.

    E' nota per aver seguito come corrispondente sia il processo di Norimberga che quello ad Adolf Eichmann a Gerusalemme.

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    00 25/01/2011 15:51
    L'annuncio del Vangelo, il servizio più prezioso della Chiesa al mondo
    Il Papa diffonde il suo Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale 2011



    CITTA' DEL VATICANO, martedì, 25 gennaio 2011 (ZENIT.org).- La diffusione della Buona Novella evangelica è il servizio più importante della Chiesa al mondo, sottolinea Papa Benedetto XVI nel Messaggio che ha scritto per la Giornata Missionaria Mondiale, che quest'anno si celebrerà domenica 23 ottobre.

    Il Pontefice inizia il testo, sul tema “Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi”, ricordando che in occasione del Giubileo del 2000 Papa Giovanni Paolo II “ha ribadito con forza la necessità di rinnovare l’impegno di portare a tutti l’annuncio del Vangelo 'con lo stesso slancio dei cristiani della prima ora'” (Lettera Apostolica Novo millennio ineunte, 58).

    Per Benedetto XVI, “è il servizio più prezioso che la Chiesa può rendere all’umanità e ad ogni singola persona alla ricerca delle ragioni profonde per vivere in pienezza la propria esistenza”, e per questo motivo “quello stesso invito risuona ogni anno nella celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale”.

    “L’incessante annuncio del Vangelo, infatti, vivifica anche la Chiesa, il suo fervore, il suo spirito apostolico, rinnova i suoi metodi pastorali perché siano sempre più appropriati alle nuove situazioni - anche quelle che richiedono una nuova evangelizzazione - e animati dallo slancio missionario”, osserva il Papa nel testo.

    Questo obiettivo, rileva, “viene continuamente ravvivato dalla celebrazione della liturgia, specialmente dell’Eucaristia”, perché “la liturgia è sempre una chiamata ‘dal mondo’ e un nuovo invio ‘nel mondo’ per testimoniare ciò che si è sperimentato”.

    Missione universale

    Destinatari dell’annuncio del Vangelo, prosegue il Pontefice, “sono tutti i popoli”, e la Chiesa “per sua natura è missionaria”, per cui “non può mai chiudersi in se stessa”, ma “si radica in determinati luoghi per andare oltre”.

    Il Vangelo, infatti, “non è un bene esclusivo di chi lo ha ricevuto, ma è un dono da condividere, una bella notizia da comunicare”, e “questo dono-impegno è affidato non soltanto ad alcuni, bensì a tutti i battezzati”.

    “Non possiamo rimanere tranquilli al pensiero che, dopo duemila anni, ci sono ancora popoli che non conoscono Cristo e non hanno ancora ascoltato il suo Messaggio di salvezza”, sottolinea.

    Accanto a questi, “si allarga la schiera di coloro che, pur avendo ricevuto l’annuncio del Vangelo, lo hanno dimenticato e abbandonato, non si riconoscono più nella Chiesa”, così come “molti ambienti, anche in società tradizionalmente cristiane, sono oggi refrattari ad aprirsi alla parola della fede”.

    “È in atto un cambiamento culturale, alimentato anche dalla globalizzazione, da movimenti di pensiero e dall’imperante relativismo, un cambiamento che porta ad una mentalità e ad uno stile di vita che prescindono dal Messaggio evangelico, come se Dio non esistesse, e che esaltano la ricerca del benessere, del guadagno facile, della carriera e del successo come scopo della vita, anche a scapito dei valori morali”, dichiara Benedetto XVI.

    Solidarietà

    Il Vescovo di Roma riconosce poi che l’evangelizzazione “è un processo complesso e comprende vari elementi”, tra i quali spicca la solidarietà.

    “Non è accettabile”, infatti, “che nell’evangelizzazione si trascurino i temi riguardanti la promozione umana, la giustizia, la liberazione da ogni forma di oppressione, ovviamente nel rispetto dell’autonomia della sfera politica”.

    “Disinteressarsi dei problemi temporali dell’umanità significherebbe 'dimenticare la lezione che viene dal Vangelo sull’amore del prossimo sofferente e bisognoso'”, indica il Pontefice citando l'Esortazione apostolica di Papa Paolo VI Evangelii nuntiandi.

    Attraverso la partecipazione corresponsabile alla missione della Chiesa, “il cristiano diventa costruttore della comunione, della pace, della solidarietà che Cristo ci ha donato, e collabora alla realizzazione del piano salvifico di Dio per tutta l’umanità”.

    “Le sfide che questa incontra chiamano i cristiani a camminare insieme agli altri, e la missione è parte integrante di questo cammino con tutti”, conclude Benedetto XVI. “In essa noi portiamo, seppure in vasi di creta, la nostra vocazione cristiana, il tesoro inestimabile del Vangelo, la testimonianza viva di Gesù morto e risorto, incontrato e creduto nella Chiesa”.












    “Ferma riprovazione” del Papa di fronte all'attentato di Mosca

    CITTA' DEL VATICANO, martedì, 25 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Papa Benedetto XVI ha espresso “profondo dolore” e “ferma riprovazione” di fronte all'attentato suicida avvenuto questo lunedì nell'aeroporto Domodedovo di Mosca, costato la vita a 35 persone.

    In un telegramma indirizzato al Presidente della Federazione Russa, Dimitri Medvedev, e firmato dal Segretario di Stato vaticano, il Cardinale Tarcisio Bertone, il Papa condanna questo “grave atto di violenza” e desidera “far giungere sentimenti di vicinanza spirituale e di vive condoglianze ai familiari delle vittime”.

    Il Pontefice assicura “fervide preghiere di suffragio per le vite stroncate e, mentre invoca dal Signore il conforto celeste a quanti ne piangono la tragica dipartita, invia il suo benedicente saluto, non disgiunto da un particolare pensiero a quanti sono rimasti feriti”.

    Lo stesso Cardinal Bertone, al termine del telegramma, si unisce al dolore della Federazione Russa.

    L'attentato ha avuto luogo nel terminal internazionale dell'aeroporto moscovita di Domodedovo ed è stato provocato da una donna terrorista che aveva con sé uno zaino carico di esplosivo. Per il momento, secondo il Ministero della Salute russo, le vittime sono 35 e i feriti 130.



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    Ratzinger dà lezioni di Facebook al mondo

    di Andrea Tornielli

    In principio era il Verbo. Era il 22 novembre 2001. Karol Wojtyla fece click sul tasto invio del suo pc portatile. Per la prima volta un documento pontificio, l’esortazione apostolica Ecclesia in Oceania, fu promulgato via e-mail alle diocesi del mondo. Quel giorno la parola viaggia verso il virtuale. Sono passati quasi dieci anni e ieri il suo successore, Benedetto XVI, alla giornata mondiale delle comunicazioni sociali, ha fatto i conti con la rivoluzione della grande rete.
    Non è strano che il Papa parli di «social network». Il Cristianesimo è parola, racconto, parabola, piazza, incontro. La sua forza, nei secoli, è la capacità di narrare la storia, unica e necessaria, di un Dio che si fa uomo. E questo è un discorso che va al di là della fede. Il web è un mezzo straordinario per raccontare. La parola all’inizio si è accontentata del frammento, delle frasi spezzate, di un linguaggio spot e telegrafico, un discorso interrotto e spezzato ma di massa.
    Non è stato facile orientarsi in questo mare. Non è semplice distinguere il vero dal falso. Le informazioni sono quasi infinite, i controlli random. L’ultima rivoluzione è la piazza virtuale. Non una piazza grande come il globo, ma tante piccole piazzette che si incrociano, si spostano, si rimandano l’una all’altra come un gioco di specchi esponenziali. Qui la parola è tutto. È carne. È identità. Benedetto XVI riconosce che questa rivoluzione sta cambiando il nostro modo di pensare, di percepirci, la nostra weltanschauung, la visione del mondo. «Le nuove tecnologie non stanno cambiando solo il modo di comunicare, ma la comunicazione in se stessa, per cui si può affermare che si è di fronte a una vasta trasformazione culturale. Con tale modo di diffondere informazioni e conoscere sta nascendo un nuovo modo di pensare, con inedite opportunità di stabilire relazioni e di costruire comunione».
    La piazza è comunione. È dialogo. È parola. Solo che qui, sul web, la faccia è indefinita. È appunto un avatar, una proiezione, qualcosa di meno artefatto di una maschera, ma che comunque resta rarefatta. È carne e anima. Ma in questa ambiguità rischia di superare il limite tra vero e falso. È verità e bugia. La domanda che i filosofi si pongono è quanto questa nuova dimensione sia umana. Lo è perché è un espressione dell’uomo, ma in qualche modo va oltre l’uomo. Il Papa entra in questa dimensione e fissa dei punti per orientarsi. Non è il Vangelo nell’era di internet. Non è una questione di fede. È qualcosa con cui l’uomo si sta confrontando.
    Cosa dice Ratzinger? Non mascheratevi. Non rinnegate il vostro avatar. Non create falsi profili. «Nella ricerca di condivisione, di amicizie, ci si trova di fronte alla sfida dell’essere autentici, fedeli a se stessi, senza cedere all’illusione di costruire artificialmente il proprio profilo pubblico». È Mefistofele in fondo che invita Faust a mascherarsi. È la perdita di se stessi il prezzo da pagare. Anche se poi tra i due quello più chiaro, quello che finge di meno, è proprio il povero diavolo. Mefistofele svela le sue intenzioni. Offre una merce e fissa il prezzo: l’anima. Quello che alla fine cambia le carte in tavola, l’ingannatore, è il furbo Faust. La tentazione di Facebook o di Second Life è diventare altro da sé. È il sogno, o la maledizione, di vivere sotto un’altra identità. Il peccato non è la menzogna. Non è l’inganno, ma l’alienazione.
    È il rischio di vivere un’altra vita, di rinunciare a tutto, di sacrificare la carne per realizzarsi completamente come avatar. Qualcuno dirà che queste cose le persone «sane» non le fanno. Non è mica poi così scontato. Ci stiamo abituando all’idea del verosimile. L’importante non è che la storia sia vera o falsa, ma che sia razionale o ben raccontata. Una storia è vera quando il narratore è bravo, quando ha successo, quando è un simbolo. Il Papa è più cauto: «Dobbiamo essere consapevoli che la verità che cerchiamo di condividere non trae il suo valore dalla popolarità». Il Verbo sul web non va alla ricerca di contatti. Non si maschera. La storia più vera non è quella più condivisa.

    © Copyright Il Giornale, 25 gennaio 2011


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    Paparatzifan
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    PAPA: LA CHIESA NON PUO' IGNORARE LE INGIUSTIZIE SOCIALI

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 25 gen.

    "Non e' accettabile che nell'evangelizzazione si trascurino i temi riguardanti la promozione umana, la giustizia, la liberazione da ogni forma di oppressione, ovviamente nel rispetto dell'autonomia della sfera politica".
    Lo scrive Bendedetto XVI nel Messaggio per la Giornata Mondiale Missionaria, che si celebrera' il prossimo 23 ottobre. "Disinteressarsi dei problemi temporali dell'umanita' significherebbe - sottolinea citando Paolo VI - dimenticare la lezione che viene dal Vangelo sull'amore del prossimo sofferente e bisognoso".
    Questo, spiega il Papa nel testo, "non sarebbe in sintonia con il comportamento di Gesu', il quale percorreva tutte le citta' e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il Vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e infermita'".

    © Copyright (AGI)

    PAPA: DOPO 2000 ANNI MOLTI POPOLI ANCORA NON CONOSCONO CRISTO

    Salvatore Izzo

    (AGI) - CdV, 25 gen.

    "Non possiamo rimanere tranquilli al pensiero che, dopo duemila anni, ci sono ancora popoli che non conoscono Cristo e non hanno ancora ascoltato il suo Messaggio di salvezza".
    Lo afferma Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale che sara' celebrata il prossimo 23 ottobre.
    "Si allarga - rileva il testo - anche la schiera di coloro che, pur avendo ricevuto l'annuncio del Vangelo, lo hanno dimenticato e abbandonato, non si riconoscono piu' nella Chiesa; e molti ambienti, anche in societa' tradizionalmente cristiane, sono oggi refrattari ad aprirsi alla parola della fede".
    Il Messaggio ribadisce che "l'attenzione e la cooperazione all'opera evangelizzatrice della Chiesa nel mondo non possono essere limitate ad alcuni momenti e occasioni particolari, e non possono neppure essere considerate come una delle tante attivita' pastorali: la dimensione missionaria della Chiesa - infatti - e' essenziale, e pertanto va tenuta sempre presente". Dunque, sottolinea il Papa, "e' importante che sia i singoli battezzati e sia le comunita' ecclesiali siano interessati non in modo sporadico e saltuario alla missione, ma in modo costante, come forma della vita cristiana".
    "La stessa Giornata Missionaria - conclude il Pontefice - non e' un momento isolato nel corso dell'anno, ma e' una preziosa occasione per fermarsi a riflettere se e come rispondiamo alla vocazione missionaria; una risposta essenziale per la vita della Chiesa".

    © Copyright (AGI)


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