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Viaggio apostolico in Inghilterra ed Scozia

Ultimo Aggiornamento: 26/09/2010 00:27
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17/09/2010 00:46
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Il Papa: sugli abusi, la Chiesa non è stata “sufficientemente vigile”
Durante la conferenza stampa concessa sul volo per la Scozia




EDIMBURGO, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- La Chiesa non è stata “sufficientemente vigile” nel prevenire e rispondere ai casi di abusi sessuali commessi da alcuni sacerdoti, ha riconosciuto questo giovedì Benedetto XVI sul volo diretto ad Edimburgo, prima tappa del sua visita di Stato nel Regno Unito.

Il Papa ha risposto ad alcune domande poste dai giornalisti presenti sul volo, che evidenziavano la perdita di fiducia dei fedeli nella Chiesa come consequenza degli scandali esplosi negli ultimi anni.

“Innanzitutto - ha confessato il Papa - devo dire che queste rivelazioni sono state per me uno shock. Sono una grande tristezza. E' difficile capire come questa perversione del ministero sacerdotale fosse possibile”.

“Il sacerdote nel momento dell’ordinazione – ha aggiunto –, preparato per anni a questo momento dice sì a Cristo nel farsi la sua voce, la sua bocca, la sua mano e servire con tutta l’esistenza perché il Buon Pastore che ama, che aiuta e guida alla verità sia presente nel mondo”.

“Come un uomo che ha fatto e detto questo possa poi cadere in questa perversione è difficile capire. E' una grande tristezza – ha commentato –. Tristezza anche che la autorità della Chiesa non fosse sufficientemente vigile e non fosse sufficientemente veloce e decisa nel prendere le misure necessarie. Per tutto questo siamo in un momento di penitenza, di umiltà e di rinnovata sincerità, come ho scritto ai Vescovi irlandesi”.

“Mi sembra che dobbiamo adesso realizzare proprio un tempo di penitenza, un tempo di umiltà e rinnovare e reimparare l’assoluta sincerità”.

Le vittime, primo interesse

Il Papa ha assicurato allo stesso tempo che “il primo interesse sono le vittime”.

“Come possiamo riparare?”, si è chiesto. “Che cosa possiamo fare per aiutare queste persone a superare questo trauma, a ritrovare la vita, a ritrovare anche la fiducia nel messaggio di Cristo?”.

La sua risposta è stata: “Cura, impegno per le vittime è la prima priorità, con aiuti materiali, psicologici, spirituali”.

I colpevoli

Benedetto XVI ha poi toccato la questione di come la Chiesa deve reagire nei confronti delle persone colpevoli, e a questo proposito ha indicato come priorità “la giusta pena” e l'“escluderli da ogni possibilità di accesso ai giovani, perché sappiamo che questa è una malattia e la libera volontà non funziona ove c’è questa malattia”.

“Quindi, dobbiamo proteggere queste persone anche contro se stesse e trovare il modo di aiutarle, di proteggerle contro se stesse, escludendole da ogni accesso ai giovani”, ha proseguito.

La prevenzione

Infine, il Papa ha toccato il tema della prevenzione degli abusi, sottolineando la necessità di una scelta sempre più accurata dei candidati al sacerdozio.

Occorre, ha detto, essere “così attenti che, secondo le possibilità umane, si escludono dei futuri casi”.

Infine il Pontefice ha rivolto un ringraziamento all’episcopato britannico “per la sua attenzione e collaborazione sia con la Sede di San Pietro, sia con le istanze pubbliche” e per “l’attenzione per le vittime e per il diritto. Mi sembra che l’episcopato britannico abbia fatto e faccia un grande lavoro, quindi sono molto grato”.






John Henry Newman, “dottore della Chiesa”, ricorda Benedetto XVI
“Ponte tra anglicani e cattolici”, dice ai giornalisti




EDIMBURGO, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha definito il Cardinale John Henry Newman, C.O. (1801-1890), teologo che beatificherà questa domenica al culmine del suo viaggio nel Regno Unito, “dottore della Chiesa” e “ponte tra anglicani e cattolici”.

Il Pontefice ha tracciato un profilo personale di questa figura di spicco del Movimento di Oxford durante la conferenza stampa che ha offerto ai 70 giornalisti che lo accompagnavano sul volo Roma-Edimburgo questo giovedì mattina.

Newman, ha detto, è un uomo moderno - “con tutti i dubbi e i problemi del nostro essere di oggi”-, un uomo di “cultura grande” - di “conoscenza dei grandi tesori della cultura dell’umanità” - e di “vita spirituale con Dio”.

Questi tre elementi, ha sottolineato, “danno a quest'uomo un'eccezionale grandezza per il nostro tempo; è una figura di dottore della Chiesa per noi tutti e anche un ponte tra anglicani e cattolici”.

Non era la prima volta che Joseph Ratzinger definiva così Newman. Il 28 aprile 1990, quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, in un discorso pronunciato in occasione del centenario della morte del Cardinale inglese aveva parlato di lui come di un “grande dottore della Chiesa”.

“È un uomo di una grande spiritualità, di un grande umanesimo, un uomo di preghiera, di una relazione profonda con Dio e di una relazione propria, perciò anche di una relazione profonda con gli altri uomini del suo tempo”, ha sottolineato il Papa.

Newman è soprattutto “un uomo moderno che ha vissuto tutto il problema della modernità, che ha vissuto anche il problema dell’agnosticismo, il problema dell’impossibilità di conoscere Dio, e di credere”.

“Un uomo che era in tutta la sua vita in cammino, in cammino di lasciarsi trasformare dalla verità in una ricerca di grande sincerità e di grande disponibilità, di conoscere meglio e di trovare e di accettare la strada che dà la vera vita”.

“Questa modernità interiore della sua vita implica la modernità della sua fede. Non è una fede in formule del tempo passato, ma una fede personalissima, vissuta, sofferta, trovata in un lungo cammino di rinnovamento e di conversioni”, ha concluso il Papa sottolineando quest'ultima parola al plurale.









Il Papa non è preoccupato per le critiche alla vigilia del suo viaggio
Spiega ai giornalisti durante il volo verso Edimburgo




EDIMBURGO, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI non è preoccupato per le critiche che hanno preceduto il suo viaggio nel Regno Unito ed è convinto della “grande storia di tolleranza” di questo Paese, come ha spiegato egli stesso questo giovedì durante il viaggio in aereo verso Edimburgo.

“Vado avanti con grande coraggio e con gioia”, ha confessato ai 70 giornalisti che lo accompagnavano e che hanno presentato delle domande scritte, scelte e lette da padre Federico Lombardi S.I., direttore della Sala Stampa della Santa Sede.

“Devo dire che non sono preoccupato, perché quando sono andato in Francia è stato detto: 'questo è il Paese più anticlericale, con forti correnti anticlericali e con pochissimi fedeli'. Quando sono andato nella Repubblica Ceca è stato detto: 'questo è il Paese più areligioso dell’Europa e il più anticlericale'”, ha osservato il Santo Padre.

“I Paesi occidentali, tutti hanno, ognuno nel loro modo specifico, secondo la loro propria storia, forti correnti anticlericali o anticattoliche, ma anche sempre una presenza forte di fede”, ha aggiunto in risposta alla prima domanda dei giornalisti.

“In Francia e nella Repubblica Ceca ho visto e vissuto una calorosa accoglienza da parte della comunità cattolica, una forte attenzione da parte di agnostici che tuttavia sono in ricerca, vogliono conoscere e trovare i valori che portano avanti l’umanità, e sono stati molto attenti”, ha ricordato.

“La Gran Bretagna ha una sua propria storia di anticattolicesimo, questo è ovvio, ma è anche un Paese di una grande storia di tolleranza – ha sottolineato –. Io sono sicuro che da una parte ci sarà un’accoglienza positiva dai cattolici e dai credenti, generalmente, attenzione da quanti cercano come andare avanti in questo nostro tempo, e rispetto e tolleranza reciproca dove c’è un anticattolicesimo”.

In riposta a una seconda domanda, nella quale gli si chiedeva se “si può fare qualcosa per rendere la Chiesa come istituzione anche più credibile ed attrattiva per tutti”, ha chiarito che “una Chiesa che cercasse soprattutto di essere attrattiva sarebbe già su una strada sbagliata”.

“Perché la Chiesa non lavora per sé, non lavora per aumentare i propri numeri, e così il proprio potere. La Chiesa è al servizio di un Altro, serve non per sé, per essere un corpo forte, ma serve per rendere accessibile l’annuncio di Gesù Cristo, le grandi verità e la grande forza di amore di riconciliazione che è apparsa in questa figura e che viene sempre dalla presenza di Gesù Cristo”.

“In questo senso la Chiesa non cerca la propria attrattività, ma deve essere trasparente per Gesù Cristo. E nella misura nella quale non sta per se stessa, come corpo forte e potente nel mondo, ma si fa semplicemente voce di un Altro, diventa realmente trasparenza per la grande figura di Cristo e le grandi verità che ha portato nell’umanità, la forza dell’amore”.

“La Chiesa non dovrebbe considerare se stessa, ma aiutare a considerare l’Altro, e essa stessa vedere e parlare dell'Altro e per l'Altro. In questo senso mi sembra anche che anglicani e cattolici hanno lo stesso compito, la stessa direzione da prendere”.

“Se anglicani e cattolici vedono ambedue che non servono per se stessi ma sono strumenti per Cristo, Amico dello sposo, come dice San Giovanni, se ambedue seguono la priorità di Cristo e non di se stessi, vengono anche insieme. Perché in quel tempo la priorità di Cristo li accomuna e non sono più concorrenti, ognuno cerca il maggior numero, ma sono congiunti nell’impegno per la verità di Cristo che entra in questo mondo, e così si trovano anche reciprocamente in un vero e fecondo ecumenismo”.







Elisabetta II sottolinea il contributo cristiano alla pace nel mondo
E si dice lieta per l'opportunità di approfondire i rapport tra anglicani e cattolici




EDIMBURGO, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- La Regina Elisabetta ha dato questo giovedì il benvenuto a Benedetto XVI nel Regno Unito ponendo l'accento sulla comune eredità cristiana e le condivise preoccupazioni globali.


Quest'oggi il Papa ha iniziato la sua visita di Stato di quattro giorni in questo Paese facendo la prima tappa ad Edimburgo, dove è stato accolto con una cerimonia di benvenuto presso il Palazzo di Holyroodhouse, la residenza estiva della famiglia reale.

La Regina e il Pontefice hanno avuto inizialmente un incontro privato, al termine del quale si sono recati insieme nel grande gazebo allestito nel parco sul retro del palazzo, dove hanno pronunciato i loro discorsi di fronte alle quattrocento autorità invitate, tra le quali anche rappresentanti del Parlamento scozzese.

Presenti, tra gli altri, il Primate anglicano Rowan Williams, il Vicepremier britannico, Nick Clegg e il Primo Ministro della Scozia, Alex Salmond.

Nel suo indirizzo di saluto, la Regina Elisabetta ha detto al Santo Padre: “la sua presenza qui oggi ci ricorda la nostra eredità comune e il contributo cristiano all'incoraggiamento della pace nel mondo e allo sviluppo economico e sociale dei Paesi meno prosperi del mondo”.

“In questo Paese – ha aggiunto – apprezziamo profondamente l'impegno della Santa Sede per migliorare in maniera straordinaria la situazione nell'Irlanda del Nord”.

“La Santa Sede – ha osservato ancora – continua a svolgere un ruolo importante nelle questioni internazionali, a sostegno della pace e dello sviluppo, e nell'affrontare problemi comuni quali povertà e cambiamento climatico”.

La Regina Elisabetta II ha quindi riconosciuto l'“apporto speciale” della Chiesa, in particolare, “grazie al suo ministero per i poveri e per i più deboli della società, alla sua sollecitudine per i senzatetto e all'educazione che offre attraverso la sua ampia rete di scuole”.

Ha poi evidenziato “il rapporto fra le differenti fedi” come “un fattore fondamentale nella cooperazione necessaria negli stati nazione e fra di loro”.

“Sono lieta per il fatto che la sua visita sarà anche un'opportunità per approfondire il rapporto fra la Chiesa cattolica romana, la Chiesa di Inghilterra e la Chiesa di Scozia”, ha detto la Regina sottolineando che “è di vitale importanza incoraggiare una comprensione reciproca e rispettosa”.








Il Papa ai giovani: “La Chiesa appartiene a voi”
Mette in guardia su ciò che non ha valore




GLASGOW, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- Celebrando questo giovedì pomeriggio la Messa al Bellahouston Park di Glasgow, in Scozia, nel primo dei quattro giorni di visita pastorale in Gran Bretagna, Benedetto XVI ha messo in guardia i giovani contro ciò che non ha valore nella vita, raccomandando invece di comprendere la propria dignità come figli di Dio e di vivere conformemente a ciò.

Il Papa ha rivolto un accorato appello ai giovani in un soleggiato pomeriggio scozzese, celebrando la liturgia nello stesso luogo in cui lo ha fatto il suo predecessore, Papa Giovanni Paolo II, nella sua visita in Gran Bretagna del 1982.

Mentre il Papa arrivava sul posto, una folla immensa lo salutava sventolando bandiere, molte delle quali vaticane. Il Pontefice si è fermato con la papamobile per baciare una bambina ed è poi giunto al luogo della celebrazione, che è stata preceduta da un lungo e sentito momento di raccoglimento.

Il Pontefice si è rivolto ai giovani dopo aver toccato, tra i tanti argomenti affrontati nella sua omelia, il bisogno di pregare per le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata.

“Vi esorto a vivere una vita degna di nostro Signore e di voi stessi”, ha detto ai “cari giovani cattolici di Scozia”.

Un vuoto scintillio

Benedetto XVI ha riconosciuto le “molte tentazioni che dovete affrontare ogni giorno – droga, denaro, sesso, pornografia, alcool –, che secondo il mondo vi daranno felicità, mentre in realtà si tratta di cose distruttive, che creano divisione”.

“C’è una sola cosa che permane – ha affermato –: l’amore personale di Gesù Cristo per ciascuno di voi. Cercatelo, conoscetelo ed amatelo, ed egli vi renderà liberi dalla schiavitù dell’esistenza seducente ma superficiale frequentemente proposta dalla società di oggi”.

“Lasciate da parte ciò che non è degno di valore e prendete consapevolezza della vostra dignità di figli di Dio”, ha esortato.

Il Pontefice ha ricordato che il Vangelo per la Messa del giorno, in cui si festeggiava San Ninian, uno dei primi evangelizzatori dei popoli celtici, includeva l'esortazione di Gesù a pregare per le vocazioni.

“Prego perché molti fra voi conoscano ed amino Gesù Cristo e, attraverso tale incontro, giungano a dedicarsi completamente a Dio, in modo particolare quanti fra di voi sono chiamati al sacerdozio e alla vita religiosa”, ha detto Benedetto XVI ai giovani.

“Questa è la sfida che il Signore oggi vi rivolge: la Chiesa ora appartiene a voi!”.

Esempi luminosi

Prima di rivolgersi ai giovani, il Santo Padre aveva rivolto un messaggio particolare ai Vescovi e ai sacerdoti, incoraggiando anche loro a pregare per le vocazioni.

Ai Vescovi, il Santo Padre ha detto di dare priorità ai sacerdoti e alla loro santificazione.

“Vivete in pienezza la carità che promana da Cristo nel vostro fraterno ministero verso i vostri sacerdoti, collaborando con tutti loro ed in particolare con quanti hanno scarsi contatti con i loro confratelli”, ha detto. “Pregate con loro per le vocazioni, affinché il Signore della messe mandi operai nella sua messe”.

Il Papa ha anche chiesto ai Vescovi di impegnarsi personalmente nella formazione dei sacerdoti, e di prendersi cura anche dei diaconi.

“Siate per loro dei padri e delle guide sul cammino della santità, incoraggiandoli a crescere in conoscenza e sapienza nel compiere la missione di annunciatori alla quale sono stati chiamati”, ha incoraggiato.

Rivolgendosi poi ai sacerdoti, ha ricordato loro la chiamata alla santità e a modellare le loro vite sul mistero della croce di Cristo.

“Predicate il Vangelo con un cuore puro ed una coscienza retta – ha concluso –. Dedicate voi stessi a Dio solo, e diventerete per i giovani esempi luminosi di una vita santa, semplice e gioiosa: essi, a loro volta, desidereranno certamente unirsi a voi nel vostro assiduo servizio al popolo di Dio”.










Benedetto XVI mette in guardia gli scozzesi sulla “giungla” autodistruttiva
Esorta i fedeli a difendere il contributo della religione




GLASGOW, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha esortato questo giovedì pomeriggio i fedeli scozzesi a levare la propria voce in difesa del diritto di vivere in una società che promuove il benessere dei suoi cittadini, non in una “giungla” di libertà arbitrarie.

Il Papa lo ha affermato durante la Messa celebrata all'aperto al Bellahouston Park, a circa tre chilometri dal centro di Glasgow, lo stesso luogo in cui Papa Giovanni Paolo II celebrò la Messa il 1° giugno 1982 durante la sua visita in Gran Bretagna.

Benedetto XVI ha iniziato questo giovedì una visita apostolica di 4 giorni nel Regno Unito che includerà la beatificazione del Cardinale John Henry Newman.

Nell'omelia della Messa, il Santo Padre ha affrontato temi che spaziano dal progresso nell'ecumenismo all'evangelizzazione della cultura, alla necessità di pregare per le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata.

Fratelli e sorelle

Circa il ruolo della religione nella società, il Papa ha sottolineato il suo contributo essenziale alla libertà e al bene pubblico.

“L’evangelizzazione della cultura è tanto più importante nella nostra epoca, in cui una 'dittatura del relativismo' minaccia di oscurare l’immutabile verità sulla natura dell’uomo, il suo destino e il suo bene ultimo”, ha osservato.

“Vi sono oggi alcuni che cercano di escludere il credo religioso dalla sfera pubblica, di privatizzarlo o addirittura di presentarlo come una minaccia all’uguaglianza e alla libertà. Al contrario, la religione è in verità una garanzia di autentica libertà e rispetto, che ci porta a guardare ogni persona come un fratello od una sorella”.

Il Vescovo di Roma ha quindi rivolto un appello ai laici a seguire la propria vocazione e missione battesimale e ad essere non solo “esempio pubblico di fede”, ma anche “avvocati nella sfera pubblica della promozione della sapienza e della visione del mondo che derivano dalla fede”.

La società odierna, ha constatato, “necessita di voci chiare, che propongano il nostro diritto a vivere non in una giungla di libertà auto-distruttive ed arbitrarie, ma in una società che lavora per il vero benessere dei suoi cittadini, offrendo loro guida e protezione di fronte alle loro debolezze e fragilità”.

“Non abbiate paura di dedicarvi a questo servizio in favore dei vostri fratelli e sorelle, e del futuro della vostra amata Nazione”, ha esortato.

Il Papa ha quindi fatto riferimento a un santo scozzese, San Ninian, uno dei primi evangelizzatori delle popolazioni celtiche, la cui festa si celebrava proprio questo giovedì.

Il santo, ha ricordato, “non ebbe paura di essere una voce solitaria”. “Sulle orme dei discepoli che nostro Signore aveva inviato davanti a sé, Ninian fu uno dei primissimi missionari cattolici a portare ai suoi connazionali la buona novella di Gesù Cristo”.

Ninian è stato seguito da molti altri santi, e “ispirati da loro, molti uomini e donne lavorarono per molti secoli, per far giungere la fede fino a voi”.

“Cercate di essere degni di questa grande tradizione! - ha raccomandato -. Sia vostra costante ispirazione l’esortazione di San Paolo nella prima lettura: 'Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera'”.










Il Papa esorta la Gran Bretagna a una leadership globale per il bene comune
Inizia la sua visita di Stato nel Regno Unito




EDIMBURGO, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha iniziato questo giovedì la sua visita di quattro giorni nel Regno Unito. In un incontro con le autorità statali, ha affermato il ruolo britannico di leadership nella storia, sottolineando anche le radici cristiane del Paese.

Il Papa è arrivato all'aeroporto di Edimburgo, dov'è stato salutato, tra gli altri, dal Principe Filippo, Duce di Edimburgo, dall'Arcivescovo Faustino Sainz Muñoz, Nunzio Apostolico in Gran Bretagna, e da Alex Salmond, Primo Ministro scozzese.

E' la prima visita ufficiale di Stato di un Papa nel Regno Unito, e avviene su invito della Regina Elisabetta II. L'ultima visita papale aveva avuto luogo nel 1982, con Giovanni Paolo II.

Al Palazzo di Holyroodhouse ha avuto luogo una cerimonia di benvenuto al Pontefice, che è stato accolto dalla Regina, con la quale ha avuto anche un incontro privato.

In seguito, nel parco del Palazzo, il Santo Padre si è rivolto ai leader politici, civili ed ecclesiastici della Scozia.

Nel discorso che ha pronunciato, il Papa ha sottolineato le “profonde radici cristiane che sono tuttora presenti in ogni strato della vita britannica”.

“Il rispetto dei vostri antenati per la verità e la giustizia, per la clemenza e la carità giungono a voi da una fede che rimane una forza potente per il bene nel vostro regno, con grande beneficio parimenti di cristiani e non cristiani”, ha aggiunto.

“Lungo tutta la storia della Gran Bretagna”, ha spiegato, “troviamo molti esempi di questa forza”.

“Attraverso figure come William Wilberforce e David Livingstone, la Gran Bretagna è direttamente intervenuta per fermare la tratta internazionale degli schiavi”.

“Ispirate dalla fede, donne come Florence Nightingale servirono i poveri e i malati, ponendo nuovi standard nell’assistenza sanitaria che successivamente vennero copiati ovunque”.

Il Papa ha anche ricordato il Cardinale John Henry Newman, che beatificherà durante questo viaggio, definendolo “uno dei molti cristiani britannici della propria epoca la cui bontà, eloquenza ed azione furono un onore per i propri concittadini e concittadine”.

Lotta alla tirannia

Benedetto XVI ha quindi ricordato “come la Gran Bretagna e i suoi capi si opposero ad una tirannia nazista che aveva in animo di sradicare Dio dalla società e negava a molti la nostra comune umanità, specialmente gli ebrei, che venivano considerati non degni di vivere”.

“Desidero, inoltre, ricordare l’atteggiamento del regime verso pastori cristiani e verso religiosi che proclamarono la verità nell’amore; si opposero ai nazisti e pagarono con la propria vita la loro opposizione”, ha segnalato.

Allo stesso modo, ha indicato come la Gran Bretagna abbia giocato “un ruolo essenziale nel forgiarsi del consenso internazionale del dopoguerra, il che favorì la fondazione delle Nazioni Unite e diede inizio ad un periodo di pace e di prosperità in Europa, sino a quel momento sconosciuto”.

“Negli anni più recenti la comunità internazionale ha seguito da vicino gli eventi nell’Irlanda del Nord, i quali hanno condotto alla firma dell’Accordo del Venerdì Santo ed alla devoluzione di poteri all’Assemblea dell’Irlanda del Nord”.

Il Regno Unito, ha proseguito il Papa, è una figura chiave a livello politico ed economico su scala internazionale.

“Allo stesso modo, poiché le loro opinioni raggiungono un così vasto uditorio, i media britannici hanno una responsabilità più grave di altri ed una opportunità più ampia per promuovere la pace delle Nazioni, lo sviluppo integrale dei popoli e la diffusione di autentici diritti umani”.

In questo contesto, ha esortato le autorità a non lasciar “oscurare il fondamento cristiano che sta alla base delle sue libertà”.

“Possa quel patrimonio, che ha sempre servito bene la Nazione, plasmare costantemente l’esempio del Suo governo e del Suo popolo nei confronti dei due miliardi di membri del Commonwealth, come pure della grande famiglia di nazioni anglofone in tutto il mondo”, ha auspicato.










Il Papa sorprenderà i britannici, annuncia l'ambasciatore Campbell
Intervista al rappresentante del Regno Unito in Vaticano

di Jesús Colina



ROMA, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI sorprenderà i cittadini britannici presentando “da cuore a cuore” il rapporto tra fede e ragione, sostiene una delle persone decisive per la realizzazione della visita pastorale del Papa, l'ambasciatore del Regno Unito presso la Santa Sede.

Nonostante i frenetici preparativi per l'arrivo del Pontefice in Scozia, Francis Campbell ha voluto offrire in un incontro con ZENIT una dettagliata analisi dell'impatto che avrà la prima visita di Stato di un Papa nel Regno Unito.

Campbell, nato nel 1970 nell'Irlanda del Nord, è stato segretario particolare di Tony Blair a Downing Street ed è rappresentante della Regina presso il Papa dal 2005.

Perché il Papa va nel Regno Unito?

Francis Campbell: Penso che ci siano due ragioni fondamentali: una religiosa, l'altra di Stato o diplomatica. Quella religiosa è essenzialmente il fatto che beatificherà il Cardinale John Henry Newman, una grande figura della Chiesa inglese e di quella universale. Il contributo di Newman all'insegnamento cristiano è immenso. Dal punto di vista diplomatico, il Regno Unito ha una relazione internazionale molto forte con la Santa Sede, centrata su un'ampia gamma di questioni, dallo sviluppo internazionale ai cambiamenti climatici. Dal comportamento politico degli ultimi anni si può vedere che il Regno Unito attribuisce grande importanza al rapporto con la Santa Sede. Negli ultimi sei anni abbiamo avuto cinque visite di Primi Ministri. Penso che solo Washington o Bruxelles abbiano avuto tante visite di premier britannici. Il motivo è il fatto che questo rapporto si concentra su molte questioni che per noi rivestono un'importanza fondamentale. Ci sono due modi di guardare alla Santa Sede. Alcuni restringono il loro sguardo a una piccolo Stato in Europa, ma le nostre relazioni non solo con il piccolo Stato, ma con la Santa Sede. Le nostre relazioni diplomatiche sono con la presenza globale della Santa Sede, che riguarda il 17,5% della popolazione mondiale. E quando si parte da qui si raggiungono molte aree globali come lo sviluppo internazionale, il disarmo, i cambiamenti climatici, la risoluzione dei conflitti, la loro prevenzione.

I mezzi di comunicazione in Gran Bretagna lasciano spazio alle critiche contro il Papa, e in alcuni ambienti del Regno Unito esiste una complicata storia di anticattolicesimo. E' preoccupato?

Francis Campbell: No. Distinguerei innanzitutto chi critica la religione, incluso il cattolicesimo, partendo da una posizione di autentico disaccordo razionale. La religione deve essere sempre aperta alla critica della ragione. Si può affrontare questa critica da numerose prospettive: alcuni possono voler vedere un cambiamento in un particolare insegnamento religioso con cui non sono d'accordo, altri possono essere in disaccordo con il fatto stesso di credere in Dio. Nel Regno Unito c'è una lunga tradizione di umanesimo. Il disaccordo nei confronti della religione non è confinato alla Gran Bretagna. La maggior parte dei critici si concentra in questo campo. Distinguerei, però, tra le persone che criticano la religione e la minoranza che può esprimere alti livelli di intolleranza che nega all'altro – in questo caso la persona di fede – una voce uguale. Abbiamo una tradizione di protesta – c'è una tradizione democratica di gente che protesta e presenta il proprio punto di vista –, ma abbiamo anche una tradizione di rispetto per permettere all'altro di essere ascoltato.

Penso che uno dei rischi sia il fatto che i giornalisti non britannici possano pensare che chi grida di più è quello che deve essere ascoltato. Sarebbe un errore estrapolare le voci più alte. A volte si dice che la Gran Bretagna è un Paese secolare. Non direi che sia così, direi che è un Paese pluralista. Nell'ultimo censimento, più del 70% della popolazione si è definito cristiano. Quando si dice che siamo un Paese secolare, penso che si debba guardare al ruolo della regina, perché la regina è la guida suprema della Chiesa d'Inghilterra. La cristianità vive attraverso il tessuto dello Stato, e la Chiesa d'Inghilterra in Inghilterra è la Chiesa ufficiale di Stato. In Scozia c'è una realtà diversa, come Chiesa di Scozia. E si arriva alla dimostrazione molto pratica per cui quasi un quarto di tutti i bambini britannici frequenta scuole di fede che sono allo stesso tempo scuole statali. Sono pagate dallo Stato ma seguono l'ethos di una Chiesa particolare; il 10% di tutte le scuole in Gran Bretagna è composto da scuole cattoliche. Abbiamo quindi uno dei sistemi scolastici basati sulla fede più favorevoli al mondo. Se una persona, se un cristiano, un anglicano, un cattolico o anche una persona di un'altra fede vuole educare il proprio figlio in quella fede, ha la possibilità di educarlo nell'ethos di quella fede e nel contesto statale. Penso che queste argomentazioni siano piuttosto forti e illustrino fino a che punto il Regno Unito ha una società pluralista in cui la gente di fede gioca un ruolo attivo nella società e la fede è valorizzata dal Governo e dalla società in generale.

Com'è la relazione personale di Benedetto XVI con la Gran Bretagna?

Francis Campbell: La stampa britannica mi ha posto questa domanda, e penso che sia probabilmente il Papa che negli ultimi secoli è più informato sulla Gran Bretagna da un punto di vista culturale. Perché? Perché la maggior parte dei suoi predecessori veniva da una società in cui tutti sono cattolici, mentre Papa Benedetto viene da una società in cui cattolici e luterani vivono fianco a fianco. E non solo; egli ha insegnato per la maggior parte della sua vita in un'università che aveva una facoltà di Teologia che era luterana e cattolica. Penso che sia un Papa che arriva in Gran Bretagna con una notevole conoscenza del protestantesimo. In Scozia abbiamo il presbiterianesimo, John Knox, collegamenti a Ginevra, e in Inghilterra abbiamo la Chiesa d'Inghilterra, che è una combinazione della tradizione apostolica e della tradizione della Riforma. E' già consapevole di queste cose. Questa è una dimensione, quella dell'hinterland culturale.

Quanto alla seconda dimensione, si sa che cosa intende quando parla di minoranze creative. Ora, si sa anche da dove deriva questo pensiero? Sì, se si leggono i suoi scritti. Si leggano il suo libro sull'Europa e i suoi scritti su questo continente, che riguardano il futuro dell'Occidente. Riporta l'affascinante dibattito del periodo tra le due guerre tra Oswald Spengler e Arnold Toynbee. Toynbee è stato una delle più grandi figure della vita britannica del XX secolo. Scrisse della storia della civiltà, e Benedetto XVI si mette dalla sua parte perché il dibattito tra Spengler e Toynbee è questo: Spengler dice che l'Occidente, come ogni altra civiltà, avrà un momento di crescita, di apice e di declino, Toynbee dice “No”. Dice che l'Occidente è diverso per via della cristianità. L'Occidente ha la cristianità, che agisce come una fonte costante di rinnovamento. E la cristianità è quella minoranza creativa al cuore di una civiltà. E' questa l'argomentazione ripresa da Benedetto XVI. Siamo quindi di fronte a una persona a cui è ben noto questo dibattito decisivo in cui è stato coinvolto uno dei nostri più importanti pensatori del XX secolo, così come gli è nota l'esperienza culturale britannica.

Il terzo aspetto, forse il più importante, è questo: una delle grandi priorità del pontificato di Benedetto XVI e della sua teologia è il rapporto tra fede e ragione e, oltre a questo, il ruolo della religione nella sfera pubblica. In Francia e negli Stati Uniti ha affrontato questo tema e ha parlato della separazione tra Chiesa e Stato, del perché è così e del perché è diversa nei vari posti, del motivo per cui la Chiesa e la religione dovrebbero avere una voce, non una voce preferenziale ma una voce che non dovrebbe essere emarginata. E ora si reca in Gran Bretagna. Se si guarda a tre figure importanti del cattolicesimo inglese - Thomas Beckett, Thomas More e John Henry Newman -, è tutto basato sulla fede e la ragione. E' molto diverso da alcune delle grandi figure continentali del cattolicesimo come Giovanni della Croce, Teresa d'Avila o Teresa di Lisieux, in cui c'è molta più mistica. Per molti aspetti, stanno decifrando la loro coscienza. E' la casa intellettuale di Benedetto XVI, in termini religiosi, perché l'illuminismo degli Stati Uniti, su cui gli Stati Uniti hanno basato la separazione tra Chiesa e Stato, è un illuminismo preso dall'Inghilterra e dalla Scozia, non è il modello illuministico francese.

Per queste tre ragioni penso che siamo di fronte a una persona che ha una grande familiarità con le basi e i toni culturali britannici.

Qual è la vera novità della visita di Benedetto XVI?

Francis Campbell: Per alcuni la visita di Giovanni Paolo II è stata più facile rispetto a questa di Benedetto XVI. La visita di Giovanni Paolo II, nel 1982, è stata come camminare in bilico su una stretta fune diplomatica. E' stata una delle più difficili visite diplomatiche che aveva avuto fino ad allora perché giungeva in un paese che era in lotta con un paese a prevalenza cattolica. E questo causò non pochi problemi alla Santa Sede in ragione della sua neutralità. Visitare un paese in lotta è stata una grossa sfida. La seconda grossa sfida per Giovanni Paolo II è stato il conflitto nell'Irlanda del Nord... La religione era infatti uno dei problemi. C'erano problemi enormi nelle relazioni tra la comunità cattolica nell'Irlanda del Nord e il governo a Londra. E quello era solo un aspetto. Benedetto si trova, invece, di frone a una situazione diversa. Non si trova a camminare su queste strette e alte funi diplomatiche, tuttavia la società è diversa così come la gente. Giovanni Paolo II lanciò appelli e comunicò attraverso le azioni; Benedetto lancia appelli con le parole. Sotto molti punti di vista – e intendo ritornare su questo punto - Benedetto risulta forse più vicino all'esperienza britannica proprio in ragione di quel legame tra fede e ragione, del suo impegno intellettuale e Newman ne è un degno esponente. Anche il volto della Chiesa cattolica in Gran Bretagna è cambiato nel corso degli ultimi 28 anni, dalla visita cioè di Giovanni Paolo II. Ci sono ora uno milione di cattolici in più in Inghilterra. La Chiesa è caratterizzata da una maggiore diversificazione razziale. Sono giunti qui immigrati dall'Asia, dall'India, dall'Africa subsahariana, dall'America Latina, dall'Europa continentale inclusa l'Europa orientale. La Chiesa è molto diversa rispetto a 28 anni fa. Penso che questo sortirà tuttavia degli effetti. Le persone sostengono che 28 anni fa non ci furono proteste. A dire il vero, ci furono delle proteste. Forse un tipo diverso di proteste, ma ci furono. Ma questa volta la maggior parte delle proteste giungono dai gruppi laicisti che si oppongono ad alcui insegnamenti in particolare della Chiesa. L'altro aspetto è che noi ora viviamo in una cultura dove i media diffondono notizie 24 ore su 24; 28 anni fa non era così. E la visita sarà molto diversa. Anche il viaggio del Papa negli Stati Uniti avveniva in un diverso contesto. E infatti le persone negli Stati Uniti si chiedevano: "Ce la farà?”. E alla fine il suo viaggio è stato qualcosa di realmente fantastico.

Gli inglesi rimmarranno sorpresi dal Papa?

Francis Campbell: Io penso che la sorpresa consisterà nel fatto che vedranno il Papa senza filtri. Alcune delle cose che vengono messe in bocca al Papa, in realtà non le ha mai dette. Ci sono dei miti che circolano sugli insegnamenti del Papa, come il fatto che abbia attaccato la nostra Legislazione sull'uguaglianza quasi scavalcando il Parlamento. E in realtà non lo ha fatto. Nel suo discorso ai vescovi inglesi ha piuttosto fatto riferimento al suo rammarico per alcuni fatti avvenuti in passato. Stava semplicemente rispondendo ad alcuni punti sollevati dai Vescovi. Lui non stava facendo riferimento all'attuale Legislazione. Non ha interferito nelle decisioni del Parlamento. Allo stesso modo, in passato alcune persone hanno manipolato alcuni dei suoi discorsi, facendogli dire cose che non aveva detto.

Credo che le persone scopriranno una persona calorsa e intelligente che sta venendo per una visita storica che riflette molti passi di riavvicinamento. Per me il momento più alto sarà quando alle cinque di pomeriggio di venerdì parlerà alla Westminster Hall, nel luovo dove Tommaso Moro è stato condannato a morte. Questo dimostra quanto ci siamo spinti in avanti come paese, perché io non penso che ciò sarebbe stato possibile 28 anni fa. Penso, anzi, che sarebbe stato molto difficile. E penso anche che quando gli inglesi lo ascolteranno si renderanno conto che non è soddisfatto del loro futuro. Che non è disimpegnato ma che è anzi stremamente impegnato. E questo scaturisce dalla sua infanzia. … Verrà qui un Papa che nella sua infanzia ha visto in prima persona i rischi di un regime totalitario e per lui la religione, il cattolicesimo, il cristianesimo sono un controllo del totalitarismo. Sotto molti aspetti la sua vita è una dimostrazione pratica del legame tra fede e ragione perché la ragione incontrollata può scadere nel totalitarismo. Ma ugualmente, una fede non controllata dalla ragione può divenire estremista e irrazionale. Tutto sta nell'interazione di questi due aspetti... E penso che lui riuscirà a stabilire un contatto, che mostrerà il suo impegno e attirerà le persone a sé perché tutto sta nell'ascoltare le sue parole e nell'assorbirle. Penso che troverà ad accoglierlo un abbraccio.

La beatificazione del Cardinale Newman può costituire una segno di unità tra cattolici e anglicani?

Francis Campbell: È molto interessante che lei chieda se può costituire un segno di unità... Io penso che lei stia ponendo una domanda molto importante. Una buona parte dei lavori di Newman risale a quando era un anglicano e lui è stato sia anglicano che cattolico. Fondò il Movimento di Oxford che riveste ancora un peso notevole e che è stata una voce forte all'interno nel suo tentativo di ricalibrare la tradizione apostolica dell'Anglicanesimo. Newman fu per buona parte della sua vita un membro della Chiesa anglicana. Non è una forza di divisione. I suoi insegnamenti sulla coscienza sono davvero qualche cosa di applicabile a ciascun cristiano ma anche a tutte le fedi e alle persone di buon volontà. Quindi ecco un formidabile pensatore cristiano. Qualcuno che, prima di qualsiasi catalogazione, è stato in primissimo luogo un pensatore cristiano. Io penso che Papa Benedetto sia interessato a lui perché è un pensatore post-illuminista e il suo sforzo è quello di guarire la frattura tra fede e ragione causata dall'Illuminismo intellettuale francese. Qui abbiamo una personalità che sta veramente colmando questa frattura. Quindi in questo senso, è una personalità, non solo per la Chiesa cattolica ma per tutto il Cristianesimo e per le persone di fede.

Cosa dirà al Papa quando metterà piede nel suo paese?

Francis Campbell: Probabilmente gli dirò: “Benvenuto”. O ancora più probabile mi chiederò: "dovrei parlargli in italiano oppure in inglese?”. Credo sia meglio parlargli in inglese perché sarà costretto a parlare in inglese per i prossimi quattro giorni. Sono entusiasta di questa visita, che è importante sotto molti punti di vista. Ma penso c'è ci sia una ragione fondamentale. E questa ragione risiede nelle nostre relazioni diplomatiche di lunga data. La Corona ha spedito la prima volta un ambasciatore nel 1479. Il primissimo ambasciatore britannico è stato infatti inviato a Roma. E tutto questo è riuscito a sopravvivere alla Riforma, alle diffidenze e alle dispute. La Regina è stata qui, molte volte. Più recentemente nel 2000. Ed è venuta qui nel 1951 come Principessa Elisabetta prima di divenire Regina. In seguito è giunta qui quasi per ogni pontificato ed è giusto ora ripagare le visite che abbiamo ricevuto nel corso degli anni.

L'onore più alto che la Regina può tributare al Papa è una visita di Stato e alla luce della nostra antichissima amicizia diplomatica molte persone potrebbe dire "che si sarebbe dovuto fare molto tempo fa". Io sono entusiasta che Papa Benedetto abbia accolto l'invito perché la diplomazia è tutta questione di amicizia ed i legami tra la Corona e il Papato non possono essere sottovvalutati. La famiglia reale Stuart è seppellita nella cripta di San Pietro e i rapporti tra la Corona e il Papato risalgono molto indietro nel tempo. Quando la Regina ha appreso che il Papa aveva intenzione di venire nel Regno Unito, ha scritto una lettera, invitandolo formalmente a venire, e lui ha accettato cortesemente. Per noi è un fatto unico che una visita di Stato cominci da Edinburgo con la visita alla Regina. Lui ha 83 anni di età, lei ne ha 84 anni. Hanno vissuto nella loro vita esperienze molto simili. Penso che sarà un incontro unico.











La Chiesa anglicana vede nella visita papale un ponte per l'unità
Parla il rappresentante dell'Arcivescovo di Canterbury a Roma

di Serena Sartini



ROMA, giovedì, 16 settembre 2010 (ZENIT.org).- Alla vigilia della visita di Papa Benedetto XVI nel Regno Unito, il reverendo canonico David Richardson, rappresentante dell'Arcivescovo di Canterbury presso la Santa Sede, direttore del Centro Anglicano a Roma, ha rilasciato una intervista a ZENIT per analizzare le ripercussioni che questa visita avrà sul dialogo ecumenico.

È la prima visita di Stato di un Papa nel Regno Unito. Pensa che promuoverà l'unità delle due Chiese, quella anglicana e quella cattolica?

David Richardson: Credo che questa visita abbia tutte le carte in regola per gettare ponti e aumentare la comprensione tra le due comunioni, quella anglicana e quella cattolica romana.

Il Papa beatificherà il Cardinale John Henry Newman. Pensa che sarà un atto di unione o di divisione tra anglicani e cattolici?

David Richardson: John Henry Newman è sempre stato una figura in qualche modo ambigua tra l'anglicanesimo e il cattolicesimo romano. Come anglicano aveva qualcosa di profetico e richiamava la Chiesa d'Inghilterra, quella parte dell'anglicanesimo che per lui era familiare, a una visione di sé che aveva perso o rischiava di perdere. I profeti in genere non sono onorati dalla propria gente e nel loro tempo, anche se normalmente sono attorniati da un energico gruppo di discepoli. Quando divenne cattolico romano non fu sempre accolto con calore dai suoi nuovi correligionari, e cambiò molto poco degli scritti che aveva pubblicato come anglicano. Con il suo modo di essere egli affermò quindi la possibilità di essere pienamente cattolico e al tempo stesso teologicamente ortodosso come anglicano. Ad ogni modo, Newman ritenne un passo necessario il diventare un cattolico romano.

Penso che potrebbero esserci possibilità di tensione per la beatificazione se si dovesse ignorare il fatto che Newman ricevette una formazione come anglicano e poi come cattolico romano riconobbe, nella sua Apologia, il debito che aveva con la Chiesa che lo aveva formato. Non credo, comunque, che questo aspetto verrà messo da parte.

Qual è la sua opinione sulla Costituzione Apostolica di Benedetto XVI Anglicanorum coetibus?

David Richardson: Non ho molto da dire sulla Anglicanorum Coetibus, e al momento non ci sono Ordinariati. Sarà interessante vedere che numeri e che tipo di persone saranno attratti da questa possibilità, e spero che sarà utile per qualcuno. Mi sembra una struttura un po' strana, prevista soprattutto come risposta pastorale a una serie di persone, non unite in alcun modo, che hanno abbandonato la Comunione Angelicana e quindi non hanno una casa storica. Mi ricorda ciò che ha affermato il Vescovo anglicano Charles Gore durante le Conversazioni di Malines degli anni Venti: “La Chiesa cattolica romana mostra un grado sorprendente di concessioni nelle questioni organizzative, ma è irremovibile su quelle dogmatiche”. Newman non ha avuto bisogno di una struttura simile: è semplicemente diventato un cattolico romano e ha riconosciuto la persona che era e che era stato, portando il suo anglicanesimo nel cattolicesimo romano.

A livello personale, come sono i suoi rapporti con il Papa?

David Richardson: Ho incontrato raramente il Santo Padre. L'ho visto privatamente due volte nel suo appartamento, sempre quando era presente l'Arcivescovo di Canterbury, e lo incontro alle liturgie, soprattutto di natura ecumenica. E' sempre cordiale e lo ammiro molto come teologo. Avere attualmente il Papa e l'Arcivescovo di Canterbury, due figure teologiche così importanti, significa, per chi ricopre un incarico come il mio, vivere un momento storico affascinante.

Che cosa pensa della possibile visita del Papa alle vittime di abusi sessuali?

David Richardson: Il Papa ha già incontrato alcune vittime di abusi, e spero che continuerà nel suo umile riconoscimento dei fatti per dare speranza quando se ne presenti l'opportunità. Si è dimostrato capace e desideroso di farlo.

Qual è la sua opinione sulle proteste che avverranno durante la visita del Papa nel Regno Unito?

David Richardson: Ci saranno delle proteste? Me lo aspetto, ma ricordo che quando il Papa è andato in Australia per la Giornata Mondiale della Gioventù era stata fatta ogni sorta di infausta previsione sulle proteste. Durante l'evento, la gente l'ha preso a cuore, sia i cattolici romani che chi non lo è. In base a quanto mi è stato detto, c'è stata una grande ondata di fede. Se quindi può essere vero in Australia, dove la società è famosa per il suo secolarismo, forse lo sarà anche nel Regno Unito.

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