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Viaggi pastorali in Italia

Ultimo Aggiornamento: 06/10/2012 20:47
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22/06/2009 01:46
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Discorso del Papa davanti alla Casa Sollievo della Sofferenza


SAN GIOVANNI ROTONDO, domenica, 21 giugno 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questa domenica da Benedetto XVI nell'incontrarsi con gli ammalati, il personale medico, paramedico e amministrativo, i dirigenti dell’ospedale e i familiari della Casa Sollievo della Sofferenza a San Giovanni Rotondo.

* * *

Cari fratelli e sorelle,
cari ammalati,

in questa mia visita a San Giovanni Rotondo, non poteva mancare una sosta nella Casa Sollievo della Sofferenza, ideata e voluta da san Pio da Pietrelcina quale "luogo di preghiera e di scienza dove il genere umano si ritrovi in Cristo Crocifisso come un solo gregge con un solo pastore". Proprio per questo volle affidarla al sostegno materiale e soprattutto spirituale dei Gruppi di Preghiera, che qui hanno il centro della loro missione al servizio della Chiesa. Padre Pio voleva che in questa attrezzata struttura sanitaria si potesse toccare con mano che l’impegno della scienza nel curare il malato non deve mai disgiungersi da una filiale fiducia verso Dio, infinitamente tenero e misericordioso. Inaugurandola, il 5 maggio del 1956, la definì "creatura della Provvidenza" e parlava di questa istituzione come di "un seme deposto da Dio sulla terra, che Egli riscalderà con i raggi del suo amore".

Eccomi, dunque, tra voi per ringraziare Iddio per il bene che, da più di cinquant’anni, fedeli alle direttive di un umile Frate Cappuccino, voi fate in questa "Casa Sollievo della Sofferenza", con riconosciuti risultati sul piano scientifico e medico. Non mi è purtroppo possibile, come pur desidererei, visitarne ogni padiglione e salutare uno ad uno i degenti insieme a coloro che di essi si prendono cura. Mi preme però far giungere a ciascuno - malati, medici, familiari, operatori sanitari e pastorali – una parola di paterno conforto e di incoraggiamento a proseguire insieme quest’opera evangelica a sollievo della vita sofferente, valorizzando ogni risorsa per il bene umano e spirituale degli ammalati e dei loro familiari.

Con questi sentimenti, saluto cordialmente voi tutti, a cominciare da voi, fratelli e sorelle che siete provati dalla malattia. Saluto poi i medici, gli infermieri e il personale sanitario ed amministrativo. Saluto voi, venerati Padri Cappuccini, che, come Cappellani, proseguite l’apostolato del vostro santo Confratello. Saluto i Presuli e, in primo luogo, l’Arcivescovo Domenico Umberto D’Ambrosio, già Pastore di questa Diocesi e ora chiamato a guidare la comunità arcidiocesana di Lecce; gli sono grato per le parole che mi ha voluto indirizzare a vostro nome. Saluto poi, il Direttore Generale dell’Ospedale, il Dottor Domenico Crupi, e il rappresentante degli ammalati, e sono riconoscente per le gentili e cordiali espressioni che essi mi hanno poc'anzi rivolto, permettendomi di meglio conoscere quanto qui viene compiuto e lo spirito con cui voi lo realizzate.

Ogni volta che si entra in un luogo di cura, il pensiero va naturalmente al mistero della malattia e del dolore, alla speranza della guarigione e al valore inestimabile della salute, di cui ci si rende conto spesso soltanto allorché essa viene a mancare. Negli ospedali si tocca con mano la preziosità della nostra esistenza, ma anche la sua fragilità. Seguendo l’esempio di Gesù, che percorreva tutta la Galilea, "curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo" (Mt 4,23), la Chiesa, fin dalle sue origini, mossa dallo Spirito Santo, ha considerato un proprio dovere e privilegio stare accanto a chi soffre, coltivando un’attenzione preferenziale per i malati.

La malattia, che si manifesta in tante forme e colpisce in modi diversi, suscita inquietanti domande: Perché soffriamo? Può ritenersi positiva l'esperienza del dolore? Chi ci può liberare dalla sofferenza e dalla morte? Interrogativi esistenziali, che restano umanamente il più delle volte senza risposta, dato che il soffrire costituisce un enigma imperscrutabile alla ragione. La sofferenza fa parte del mistero stesso della persona umana. E’ quanto ho sottolineato nell’Enciclica Spe salvi, notando che "essa deriva, da una parte, dalla nostra finitezza, dall’altra, dalla massa di colpa che, nel corso della storia si è accumulata e anche nel presente cresce in modo inarrestabile". Ed ho aggiunto che "certamente bisogna fare tutto il possibile per diminuire la sofferenza... ma eliminarla completamente dal mondo non sta nelle nostre possibilità semplicemente perché… nessuno di noi è in grado di eliminare il potere del male… continuamente fonte di sofferenza" (cfr n.36).

Chi può eliminare il potere del male è solo Dio. Proprio per il fatto che Gesù Cristo è venuto nel mondo per rivelarci il disegno divino della nostra salvezza, la fede ci aiuta a penetrare il senso di tutto l'umano e quindi anche del soffrire. Esiste, quindi, un'intima relazione fra la Croce di Gesù - simbolo del supremo dolore e prezzo della nostra vera libertà - e il nostro dolore, che si trasforma e si sublima quando è vissuto nella consapevolezza della vicinanza e della solidarietà di Dio. Padre Pio aveva intuito tale profonda verità e, nel primo anniversario dell’inaugurazione di quest’Opera, ebbe a dire che in essa "il sofferente deve vivere l’amore di Dio per mezzo della saggia accettazione dei suoi dolori, della serena meditazione del suo destino a Lui" (Discorso del 5 maggio 1957). Annotava ancora che nella Casa Sollievo "ricoverati, medici, sacerdoti saranno riserve di amore, che tanto più sarà abbondante in uno, tanto più si comunicherà agli altri" (ibid.).

Essere "riserve di amore": Ecco, cari fratelli e sorelle, la missione che questa sera il nostro Santo richiama a voi, che a vario titolo formate la grande famiglia di questa Casa Sollievo della Sofferenza. Il Signore vi aiuti a realizzare il progetto avviato da Padre Pio con l’apporto di tutti: dei medici e dei ricercatori scientifici, degli operatori sanitari e dei collaboratori dei vari uffici, dei volontari e dei benefattori, dei Frati Cappuccini e degli altri Sacerdoti. Senza dimenticare i gruppi di preghiera che, "affiancati alla Casa del Sollievo, sono le posizioni avanzate di questa Cittadella della carità, vivai di fede, focolai d’amore" (Padre Pio, Discorso del 5 maggio 1966). Su tutti e ciascuno invoco l’intercessione di Padre Pio e la materna protezione di Maria, Salute dei malati. Grazie ancora per la vostra accoglienza e, mentre assicuro la mia preghiera per ciascuno di voi, di cuore tutti vi benedico.

[© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana]






Incontro del Papa con i sacerdoti, i religiosi e i giovani a San Giovanni Rotondo


SAN GIOVANNI ROTONDO, domenica, 21 giugno 2009 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questa domenica da Benedetto XVI nella chiesa di san Pio da Pietrelcina di San Giovanni Rotondo, dove ha avuto luogo l’incontro con i sacerdoti, i religiosi e le religiose, e i giovani.

* * *

Cari sacerdoti,
cari religiosi e religiose,
cari giovani,

con questo nostro incontro si chiude il mio pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo. Sono grato all’Arcivescovo di Lecce, Amministratore Apostolico di questa Diocesi, Mons. Domenico Umberto d’Ambrosio, e al Padre Mauro Jöhri, Ministro Generale dei Frati Minori Cappuccini, per le parole di cordiale benvenuto che mi hanno rivolto a nome vostro. Il mio saluto si volge ora a voi, cari sacerdoti, che siete ogni giorno impegnati al servizio del popolo di Dio come guide sagge e assidui operai nella vigna del Signore. Saluto con affetto anche le care persone consacrate, chiamate ad offrire una testimonianza di totale dedizione a Cristo mediante la fedele pratica dei consigli evangelici. Un pensiero speciale per voi, cari Frati Cappuccini, che curate con amore questa oasi di spiritualità e di solidarietà evangelica, accogliendo pellegrini e devoti richiamati dalla viva memoria del vostro santo confratello Padre Pio da Pietrelcina. Grazie di cuore per questo prezioso servizio che rendete alla Chiesa e alle anime che qui riscoprono la bellezza della fede e il calore della tenerezza divina. Saluto voi, cari giovani, ai quali il Papa guarda con fiducia come al futuro della Chiesa e della società. Qui, a San Giovanni Rotondo, tutto parla della santità di un umile frate e zelante sacerdote, che questa sera, invita anche noi ad aprire il cuore alla misericordia di Dio; ci esorta ad essere santi, cioè sinceri e veri amici di Gesù. E grazie alle parole dei vostri rappresentanti giovani.

Cari sacerdoti, proprio l’altro ieri, solennità del Sacro Cuore di Gesù e Giornata di santità sacerdotale, abbiamo iniziato l’Anno Sacerdotale, durante il quale ricorderemo con venerazione ed affetto il 150° anniversario della morte di san Giovanni Maria Vianney, il santo Curato d’Ars. Nella lettera che ho scritto per l’occasione, ho voluto sottolineare quanto sia importante la santità dei sacerdoti per la vita e la missione della Chiesa. Come il Curato d’Ars, anche Padre Pio ci ricorda la dignità e la responsabilità del ministero sacerdotale. Chi non restava colpito dal fervore con cui egli riviveva la Passione di Cristo in ogni celebrazione eucaristica? Dall’amore per l’Eucaristia scaturiva in lui come nel Curato d’Ars una totale disponibilità all’accoglienza dei fedeli, soprattutto dei peccatori. Inoltre, se san Giovanni Maria Vianney, in un'epoca tormentata e difficile, cercò in ogni modo, di far riscoprire ai suoi parrocchiani il significato e la bellezza della penitenza sacramentale, per il santo Frate del Gargano, la cura delle anime e la conversione dei peccatori furono un anelito che lo consumò fino alla morte. Quante persone hanno cambiato vita grazie al suo paziente ministero sacerdotale; quante lunghe ore egli trascorreva in confessionale! Come per il Curato d’Ars, è proprio il ministero di confessore a costituire il maggior titolo di gloria e il tratto distintivo di questo santo Cappuccino. Come allora non renderci conto dell’importanza di partecipare devotamente alla celebrazione eucaristica e di accostarsi frequentemente al sacramento della Confessione? In particolare, il sacramento della Penitenza va ancor più valorizzato, e i sacerdoti non dovrebbero mai rassegnarsi a vedere deserti i loro confessionali né limitarsi a constatare la disaffezione dei fedeli per questa straordinaria fonte di serenità e di pace.

C’è poi un altro grande insegnamento che possiamo trarre dalla vita di Padre Pio: il valore e la necessità della preghiera. A chi gli chiedeva un parere sulla sua persona, egli soleva rispondere: "Non sono che un povero frate che prega". Ed effettivamente pregava sempre e dovunque con umiltà, fiducia e perseveranza. Ecco allora un punto fondamentale non solo per la spiritualità del sacerdote, ma anche per quella di ogni cristiano, ed ancor più per la vostra, cari religiosi e religiose, scelti per seguire più da vicino Cristo mediante la pratica dei voti di povertà, castità e obbedienza. Talora si può essere presi da un certo scoraggiamento dinanzi all’affievolimento e persino all’abbandono della fede, che si registra nelle nostre società secolarizzate. Sicuramente occorre trovare nuovi canali per comunicare la verità evangelica agli uomini e alle donne del nostro tempo, ma poiché il contenuto essenziale dell’annuncio cristiano resta sempre lo stesso, è necessario tornare alla sua sorgente originaria, a Gesù Cristo che è "lo stesso ieri e oggi e sempre" (Eb 13,8). La vicenda umana e spirituale di Padre Pio insegna che solo un’anima intimamente unita al Crocifisso riesce a trasmettere anche ai lontani la gioia e la ricchezza del Vangelo.

All’amore per Cristo è inevitabilmente unito l’amore per la sua Chiesa, guidata ed animata dalla potenza dello Spirito Santo, nella quale ognuno di noi ha un ruolo e una missione da compiere. Cari sacerdoti, cari religiosi e religiose, diversi sono i compiti che vi sono affidati e i carismi dei quali siete interpreti, ma unico sia sempre lo spirito con cui realizzarli, perché la vostra presenza e la vostra azione all’interno del popolo cristiano, diventino eloquente testimonianza del primato di Dio nella vostra esistenza. Non era forse proprio questo ciò che tutti percepivano in san Pio da Pietrelcina?

Permettete ora che rivolga una parola speciale ai giovani, che vedo così numerosi ed entusiasti. Cari amici, grazie per la vostra accoglienza calorosa e per i fervidi sentimenti di cui si è fatto interprete il vostro rappresentante. Ho notato che il piano pastorale della vostra Diocesi, per il triennio 2007-2010, dedica molta attenzione alla missione nei confronti della gioventù e della famiglia e sono certo che dall’itinerario di ascolto, di confronto, di dialogo e di verifica nel quale siete impegnati, scaturiranno una sempre maggiore cura delle famiglie e un puntuale ascolto delle reali attese delle nuove generazioni. Ho presente i problemi che vi assillano, cari ragazzi e ragazze, e rischiano di soffocare gli entusiasmi tipici della vostra giovinezza. Tra questi, in particolare, cito il fenomeno della disoccupazione, che interessa in maniera drammatica non pochi giovani e ragazze del Mezzogiorno d’Italia. Non perdetevi d’animo! Siate "giovani dal cuore grande", come vi è stato ripetuto spesso quest’anno a partire dalla Missione Diocesana Giovani, animata e guidata dal Seminario Regionale di Molfetta nel settembre scorso. La Chiesa non vi abbandona. Voi non abbandonate la Chiesa! C’è bisogno del vostro apporto per costruire comunità cristiane vive, e società più giuste e aperte alla speranza. E se volete avere il "cuore grande", mettetevi alla scuola di Gesù. Proprio l’altro giorno abbiamo contemplato il suo Cuore grande e colmo di amore per l’umanità. Mai Egli vi abbandonerà o tradirà la vostra fiducia, mai vi condurrà per sentieri sbagliati. Come Padre Pio, anche voi siate fedeli amici del Signore Gesù, intrattenendo con Lui un quotidiano rapporto mediante la preghiera e l’ascolto della sua Parola, l’assidua pratica dei Sacramenti e l’appartenenza cordiale alla sua famiglia, che è la Chiesa. Questo deve essere alla base del programma di vita di ciascuno di voi, cari giovani, come pure di voi, cari sacerdoti e di voi, cari religiosi e religiose. Per ciascuno e ciascuna assicuro la mia preghiera, mentre imploro la materna protezione di Santa Maria delle Grazie, che veglia su di voi dal suo Santuario nella cui cripta riposano le spoglie di Padre Pio. Di cuore vi ringrazio, ancora una volta, per la vostra accoglienza e vi benedico tutti, insieme alle vostre famiglie, comunità, parrocchie e all’intera vostra Diocesi. Grazie!





[© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana]





Nel pomeriggio l'incontro del Papa con gli ammalati, nella Casa Sollievo della Sofferenza, poi il saluto al clero e ai giovani


Il primo degli appuntamenti pomeridiani a S. Giovanni Rotondo porterà Benedetto XVI in visita alla “Casa Sollievo della Sofferenza”, conosciuto in tutto il mondo come l’“Ospedale di Padre Pio”. Alle 16.45 inizierà l’incontro del Papa con gli ammalati e il personale sanitario del nosocomio, inaugurato dal Frate di Pietrelcina il 5 maggio del 1956. Quello del Pontefice sarà un affettuoso abbraccio di solidarietà agli ammalati e c’è chi aspetta questo momento con particolare intensità. La signora Rosemary, 30 anni - accanto al figlio ricoverato nel reparto di Oncologia pediatrica - rivolge al Papa questa preghiera, al microfono della nostra inviata Debora Donnini:
R. - Che dia una benedizione a questi bambini, perché se lo meritano, sono molto bravi. Sono molto più maturi di noi, sanno sopportare le sofferenze, le affrontano con dignità. Sono loro che ci danno la forza. Il Papa deve stare vicino a tutti loro, deve pregare per loro, perché forse noi mamme in questi momenti siano talmente fragili che non riusciamo a farlo e allora chiediamo a lui di farlo per noi. Siamo fiduciose, ce la dobbiamo fare tutte quante.

D. - In questo ospedale penso che abbiate un aiuto nella fede. La vostra sofferenza è sostenuta dalla preghiera, anche verso i bambini. Lei lo avverte questo aiuto spirituale?

R. - Molto, molto. Qui si respira un’altra aria. Qui veramente la fede è tanta. Forse è un caso, ma mio figlio è nato lo stesso giorno di Giovanni Paolo II, l’ho chiamato Karol, è stato battezzato il giorno di Pasqua… Siamo legati a tutta una serie di circostanze che mi fanno dire: ci credo. Bisogna che ci crediamo tutti, è una cosa fondamentale, se no non si va avanti.
D. - Voi fate esperienza di questo sostegno da parte di chi presta servizio nell'Ospedale?

R. - Assolutamente sì. E’ magnifico da parte di tutti. Ho un bel legame con tutti, con le infermiere, le dottoresse, i dottori. C’è soprattutto una dottoressa, la dottoressa Miglionico, che è veramente magnifica. Quando sono arrivata qui non avevo più voglia di pregare - era la seconda volta mio figlio accusava il male - però la dottoressa mi da la forza di andare avanti. Io molte volte dico non ce la faccio e lei mi dice: prego io per tuo figlio, prego io per te, devi farcela, ce la dobbiamo fare insieme. Questa è una cosa bellissima, qui dentro c’è tanto amore.
In sintonia con l’intuizione del suo fondatore - che già mezzo secolo fa aveva ritenuto l’indagine medico-scientifica un’attività da sviluppare al pari di quella sanitaria - la “Casa Sollievo della Sofferenza” è considerato oggi uno dei maggiori Policlinici d’Italia, con più di 1000 posti letto. Oltre a svolgere attività di ricovero e cura, l’Ospedale si occupa anche di ricerca clinica, in particolare nel settore della genetica e delle malattie familiari di tipo ereditario. Isabella Piro ha affrontato questo aspetto con il prof. Bruno Dallapiccola, docente di Genetica medica presso l'Università "La Sapienza" di Roma e direttore scientifico dell’Istituto di cura di San Giovanni Rotondo: R. - Diciamo che la genetica per definizione si aggrappa a delle patologie che spesso sono rare e quindi le malattie geniche, noi siamo anche il riferimento nazionale per il più importante database che gestisce queste malattie rare e che si chiama "Orphanet", un progetto europeo che coinvolge oggi 37 Paesi, anche al di fuori dell’Europa. Oltre al problema delle malattie rare, ci sono settori che sono specificatamente complesse, come ad esempio il diabete. Siamo coinvolti poi nello studio di difetti congeniti, ad esempio le cardiopatie congenite,abbiamo un gruppo che lavora nell’ambito delle basi genetiche dell’invecchiamento e c’è anche un settore che fa una ricerca oncologica rivolta soprattutto ai tumori dell’intestino e a quelli della mammella.

D. - Si sente parlare spesso di deriva genetica, ma etica e ricerca non sono incompatibili?

R. – No, assolutamente no. Io penso che il medico dovrebbe essere, proprio per la caratteristica della sua professione, l’emblema di un comportamento giusto e leale, corretto, nei confronti del paziente. Certo, quando si incomincia a minare la vita fin dalle su origini, quando si incomincia a pensare che la persona anziana possa essere eliminata perché non è più adatta a prestazioni che vent’anni prima poteva fare, penso che questa non sia la medicina che noi vogliamo, che il medico non dovrebbe volere. Purtroppo, c’è una caduta straordinaria dei valori: l’abbiamo vista dal momento in cui la disponibilità di certe diagnostiche che si possono fare nella vita fetale stanno cercando di creare nelle famiglie il mito del nascere bello e perfetto. Oggi ho la sensazione che molto spesso la formazione nella Facoltà di medicina sia lontana dal riconoscere quelli che sono i valori fondamentali per l’uomo, quindi sicuramente, la ricerca che noi facciamo la trasferiamo al letto del paziente, ma un paziente che noi intendiamo in questa maniera: nel rispetto della persona in tutte le sue manifestazioni e in tutti i suoi momenti della vita.

D. - Come fare allora per dare un nuovo slancio al giusto rapporto tra scienza e fede dimostrando che non sono nemiche ma anzi sono complementari?

R. - Noi abbiamo bisogno di riformare la formazione dei nostri giovani. Nessuna università insegna l’etica, la deontologia non viene insegnata. Oltre a questo, certamente abbiamo bisogno di recuperare i valori fondamentali all’interno della famiglia, perché molto dei problemi della formazione nascono dal non riconoscimento dei valori fondamentali all’interno della famiglia. Inoltre, molto di ciò che grava oggi attorno la medicina è molto viziata dalle ideologie e dal "mercato" della salute.

D. - Quindi, il ricercatore per essere veramente degno di questo nome quali qualità deve avere?

R. – Direi che il ricercatore deve essere fondamentalmente una persona onesta, una persona non condizionata da principi ideologici, un ricercatore libero ma nel momento in cui si avvicina alla vita nascente e ai valori fondamentali della vita, la sua libertà deve essere vigilata. Il principio per il quale noi diciamo "no" alla ricerca sulle cellule staminali embrionali è perché noi sappiamo che essa attaccherebbe, l’uomo, la vita dell’uomo, e non possiamo permettere che ciò avvenga. E lo stesso "no" poniamo all’eutanasia, perché noi abbiamo il rispetto della persona anziana, della persona che ha delle disabilità, della persona che non è più in grado di fare quello che faceva qualche tempo prima.

D. - Cosa significa per lei e per la Casa Sollievo della Sofferenza la visita del Santo Padre?
R. - Io ho avuto la fortuna di incontrare in altre circostanze il Santo Padre e riporto ancora nel cuore, a distanza di molto tempo, l'emozione fortissima di incontrare questa persona straordinaria: è stato un qualcosa di indescrivibile. Io penso sia un’occasione per ritornare a riscoprire e a riflettere su quanto ci ha insegnato Padre Pio che ci stiamo forse dimenticando.



Benedetto a San Giovanni Rotondo: San Pio da Pietrelcina maestro nel combattere il male e guidare le anime


“Guidare le anime e alleviare le sofferenze: così si può riassumere la missione di San Pio da Pietrelcina”. Lo ha ricordato stamani Benedetto XVI nella celebrazione eucaristica che ha presieduto, davanti a una folla gioiosa e commossa di circa 50 mila persone, sul Sagrato della Chiesa di San Pio. Un pensiero ripreso anche negli incontri pomeridiani con malati e personale di casa Sollievo della sofferenza e in quello con sacerdoti, religiosi e giovani. Al termine della visita, il Papa ha ammirato i nuovi mosaici realizzati nella cripta della chiesa di san Pio dal gesuita padre Marko Ivan Rupnik. Ha poi benedetto la stessa cripta dove, hanno reso noto i frati cappuccini, saranno trasferite le spoglie di Padre Pio. In serata il rientro in Vaticano. Il servizio della nostra inviata Debora Donnini:

In sintonia con l’intuizione del suo fondatore - che già mezzo secolo fa aveva ritenuto l’indagine medico-scientifica un’attività da sviluppare al pari di quella sanitaria - la “Casa Sollievo della Sofferenza” è considerato oggi uno dei maggiori Policlinici d’Italia, con più di 1000 posti letto. Oltre a svolgere attività di ricovero e cura, l’Ospedale si occupa anche di ricerca clinica, in particolare nel settore della genetica e delle malattie familiari di tipo ereditario. Isabella Piro ha affrontato questo aspetto con il prof. Bruno Dallapiccola, docente di Genetica medica presso l'Università "La Sapienza" di Roma e direttore scientifico dell’Istituto di cura di San Giovanni Rotondo:
R. - Diciamo che la genetica per definizione si aggrappa a delle patologie che spesso sono rare e quindi le malattie geniche, noi siamo anche il riferimento nazionale per il più importante database che gestisce queste malattie rare e che si chiama "Orphanet", un progetto europeo che coinvolge oggi 37 Paesi, anche al di fuori dell’Europa. Oltre al problema delle malattie rare, ci sono settori che sono specificatamente complesse, come ad esempio il diabete. Siamo coinvolti poi nello studio di difetti congeniti, ad esempio le cardiopatie congenite,abbiamo un gruppo che lavora nell’ambito delle basi genetiche dell’invecchiamento e c’è anche un settore che fa una ricerca oncologica rivolta soprattutto ai tumori dell’intestino e a quelli della mammella.

D. - Si sente parlare spesso di deriva genetica, ma etica e ricerca non sono incompatibili?

R. – No, assolutamente no. Io penso che il medico dovrebbe essere, proprio per la caratteristica della sua professione, l’emblema di un comportamento giusto e leale, corretto, nei confronti del paziente. Certo, quando si incomincia a minare la vita fin dalle su origini, quando si incomincia a pensare che la persona anziana possa essere eliminata perché non è più adatta a prestazioni che vent’anni prima poteva fare, penso che questa non sia la medicina che noi vogliamo, che il medico non dovrebbe volere. Purtroppo, c’è una caduta straordinaria dei valori: l’abbiamo vista dal momento in cui la disponibilità di certe diagnostiche che si possono fare nella vita fetale stanno cercando di creare nelle famiglie il mito del nascere bello e perfetto. Oggi ho la sensazione che molto spesso la formazione nella Facoltà di medicina sia lontana dal riconoscere quelli che sono i valori fondamentali per l’uomo, quindi sicuramente, la ricerca che noi facciamo la trasferiamo al letto del paziente, ma un paziente che noi intendiamo in questa maniera: nel rispetto della persona in tutte le sue manifestazioni e in tutti i suoi momenti della vita.

D. - Come fare allora per dare un nuovo slancio al giusto rapporto tra scienza e fede dimostrando che non sono nemiche ma anzi sono complementari?

R. - Noi abbiamo bisogno di riformare la formazione dei nostri giovani. Nessuna università insegna l’etica, la deontologia non viene insegnata. Oltre a questo, certamente abbiamo bisogno di recuperare i valori fondamentali all’interno della famiglia, perché molto dei problemi della formazione nascono dal non riconoscimento dei valori fondamentali all’interno della famiglia. Inoltre, molto di ciò che grava oggi attorno la medicina è molto viziata dalle ideologie e dal "mercato" della salute.

D. - Quindi, il ricercatore per essere veramente degno di questo nome quali qualità deve avere?

R. – Direi che il ricercatore deve essere fondamentalmente una persona onesta, una persona non condizionata da principi ideologici, un ricercatore libero ma nel momento in cui si avvicina alla vita nascente e ai valori fondamentali della vita, la sua libertà deve essere vigilata. Il principio per il quale noi diciamo "no" alla ricerca sulle cellule staminali embrionali è perché noi sappiamo che essa attaccherebbe, l’uomo, la vita dell’uomo, e non possiamo permettere che ciò avvenga. E lo stesso "no" poniamo all’eutanasia, perché noi abbiamo il rispetto della persona anziana, della persona che ha delle disabilità, della persona che non è più in grado di fare quello che faceva qualche tempo prima.

D. - Cosa significa per lei e per la Casa Sollievo della Sofferenza la visita del Santo Padre?

R. - Io ho avuto la fortuna di incontrare in altre circostanze il Santo Padre e riporto ancora nel cuore, a distanza di molto tempo, l'emozione fortissima di incontrare questa persona straordinaria: è stato un qualcosa di indescrivibile. Io penso sia un’occasione per ritornare a riscoprire e a riflettere su quanto ci ha insegnato Padre Pio che ci stiamo forse dimenticando.


Radio Vaticana





Il Papa ai giovani disoccupati: “la Chiesa non vi abbandona”
Nel suo ultimo incontro prima di lasciare San Giovanni Rotondo



SAN GIOVANNI ROTONDO, domenica, 21 giugno 2009 (ZENIT.org).- "La Chiesa non vi abbandona. Voi non abbandonate la Chiesa!": è quanto ha detto questa domenica Benedetto XVI poco prima di congedarsi da San Giovanni Rotondo, nel parlare della piaga della disoccupazione che attanaglia il Sud Italia.

Nella serata di oggi, il Pontefice ha voluto concludere la sua visita pastorale con un incontro con i sacerdoti, i religiosi e religiose, e i giovani nella chiesa di San Giovanni Rotondo, dedicata al frate con le stigmate e progettata da Renzo Piano.

Nel suo discorso, in particolare, il Papa ha parlato del “fenomeno della disoccupazione, che interessa in maniera drammatica non pochi giovani e ragazze del Mezzogiorno d’Italia”, dove si riscontrano i dati più negativi legati al tasso di occupazione nazionale.

In base ai dati emersi dall’ultima rilevazione Istat sulle forze di lavoro, legati al primo trimestre del 2009, a livello nazionale si è registrata una forte contrazione. Gli occupati, infatti, sono diminuiti di 204mila unità, pari al -0,9% rispetto al primo trimestre del 2008.

Tuttavia, il calo complessivo è dovuto soprattutto alla flessione dell'occupazione nel Mezzogiorno con meno 114mila posti (rispetto all’ultimo trimestre del 2008, si rilevano, invece, 161mila occupati in meno).

In particolare, se la disoccupazione è cresciuta nel Sud solo in maniera marginale (2.000 persone a fronte delle 136mila nel Nord e delle 83mila nel Centro), sono invece diminuite in maniera consistente le forze di lavoro (-112mila unità), così che molte migliaia di persone scoraggiate sono direttamente uscite dal mercato.

"Non perdetevi d’animo! - ha detto il Papa - Siate 'giovani dal cuore grande'”, ed ha sottolineato: "La Chiesa non vi abbandona. Voi non abbandonate la Chiesa!" .

"C’è bisogno del vostro apporto per costruire comunità cristiane vive, e società più giuste e aperte alla speranza. E se volete avere il 'cuore grande', mettetevi alla scuola di Gesù", li ha incoraggiati, ricordando che "mai Egli vi abbandonerà o tradirà la vostra fiducia, mai vi condurrà per sentieri sbagliati".

"Come Padre Pio, anche voi siate fedeli amici del Signore Gesù, intrattenendo con Lui un quotidiano rapporto mediante la preghiera e l’ascolto della sua Parola, l’assidua pratica dei Sacramenti e l’appartenenza cordiale alla sua famiglia, che è la Chiesa", ha concluso.




Padre Pio, antidoto contro la secolarizzazione, secondo il Papa
Durante la Messa sul sagrato della chiesa di San Pio da Pietrelcina a San Giovanni Rotondo



SAN GIOVANNI ROTONDO, domenica, 21 giugno 2009 (ZENIT.org).- Questa domenica Benedetto XVI ha presentato l'eredità spirituale di San Pio da Pietrelcina come antidoto ai rischi della secolarizzazione, nel visitare il santuario nel quale visse il frate cappuccino.

“I rischi dell’attivismo e della secolarizzazione sono sempre presenti”, ha avvertito nell'omelia della Messa celebrata di fronte a cinquantamila pellegrini, sul sagrato della chiesa di San Pio da Pietrelcina a San Giovanni Rotondo, mentre le musiche sono state affidate al Coro e all'Orchestra sinfonica del Conservatorio di Musica “N. Piccinni”di Bari, diretto dal maestro Marco Renzi.

Nel palco allestito per l'occasione spiccavano l'effige di padre Pio così come l'altare completamente decorato con ceramiche realizzate da padre Marko Ivan Rupnik, autore degli splendidi mosaici che rivestono la Cappella Redemptoris Mater nel Palazzo Apostolico del Vaticano, ma anche di un ciclo di mosaici inaugurato questa domenica dal Papa e che decora la Cripta della nuova Chiesa del santo da Pietrelcina, dotata di un soffitto completamente coperto d'oro, ricavato dagli ex-voto lasciati dai devoti del frate con le stigmate.

Padre Pio continua ancora oggi a mettere in guardia contro “il rischio di trascurare la cosa veramente necessaria: ascoltare Cristo per compiere la volontà di Dio”, ha detto il Pontefice, che ha dedicato la giornata di domenica a visitare i luoghi che recano impressa la memoria del santo del Gargano (1887-1968), canonizzato da Giovanni Paolo II, il 16 giugno del 2002.

Per questo, il Pontefice ha voluto lasciate un consiglio ai fedeli: “Quando vi accorgete che siete vicini a correre questo rischio, guardate a Padre Pio: al suo esempio, alle sue sofferenze; e invocate la sua intercessione, perché vi ottenga dal Signore la luce e la forza di cui avete bisogno per proseguire la sua stessa missione intrisa di amore per Dio e di carità fraterna”.

I pellegrini, che hanno sfidato la pioggia delle prime ore del mattino pur di essere qui, provenivano da tutta l'Italia, ma anche da paesi come gli Stati Uniti o l'Irlanda, a riprova di come la profonda devozione per il santo del Gargano abbia travalicato i confini nazionali.

Infatti, il santuario di San Giovanni Rotondo, con più di sette milioni di visite ogni anno, è il terzo luogo più frequentato dai fedeli cattolici, dopo il Vaticano e la Basilica della Vergine di Guadalupe, in Messico.

Un fenomeno legato alla profonda forza attrattiva esercitata da padre Pio, “un uomo semplice, di origini umili", ha ricordato il Papa, che si lasciò conquistare da Cristo, che di lui volle fare “uno strumento eletto del potere perenne della sua Croce: potere di amore per le anime, di perdono e di riconciliazione, di paternità spirituale, di solidarietà fattiva con i sofferenti”.

Il Vescovo di Roma ha poi spiegato che seguire Cristo, come fece padre Pio, “non significa alienazione, perdita della personalità: Dio non annulla mai l’umano, ma lo trasforma con il suo Spirito e lo orienta al servizio del suo disegno di salvezza”.

Al termine della Messa, prima della recita dell'Angelus, Benedetto XVI ha affidato all'intercessione della Vergine Maria e di san Pio da Pietrelcina “in modo speciale l’Anno Sacerdotale”, che ha inaugurato lo scorso venerdì, nella Solennità del Sacro Cuore di Gesù.

“Sia esso un’occasione privilegiata per porre in luce il valore della missione e della santità dei sacerdoti al servizio della Chiesa e dell’umanità del terzo millennio!”, ha auspicato il Santo Padre.





Benedetto XVI: accogliere i rifugiati è un dovere
Ricordando la Giornata Mondiale del Rifugiato



SAN GIOVANNI ROTONDO, domenica, 21 giugno 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha ricordato questa domenica che l'accoglienza dei rifugiati è un dovere per tutti ed ha per questo invitato persone e istituzioni a moltiplicare gli sforzi per porre fine alle cause di questo fenomeno.

Le parole del Papa sono risuonate, all'indomani della Giornata Mondiale del Rifugiato, a San Giovanni Rotondo, dove si trova il convento che ospitò padre Pio da Pietrelcina per 52 anni fino alla sua morte.

Attualmente, secondo i dati forniti dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati e riferiti al 2008, sono 42 milioni in tutto il mondo le persone costrette con la forza ad abbandonare le loro case a causa di conflitti e persecuzioni.

Questa cifra include anche le 16 milione di persone rifugiate e richiedenti asilo e i 26 milioni di sfollati interni, ovvero quella parte della popolazione civile che fugge dalle proprie abitazioni e cerca riparo e protezione senza oltrepassare i confini del proprio paese.

Per l'80% ad accogliere i rifugiati nel mondo sono i Paesi in via di sviluppo.

Dopo la Messa celebrata di fronte a circa 50 mila persone, e poco prima dell'Angelus, il Papa ha chiesto di pregare “per la situazione difficile e talora drammatica dei rifugiati”.

“Molte sono le persone – ha osservato – che cercano rifugio in altri Paesi fuggendo da situazioni di guerra, persecuzione e calamità, e la loro accoglienza pone non poche difficoltà, ma è tuttavia doverosa”.

“Voglia Iddio che, con l’impegno di tutti, si riesca il più possibile a rimuovere le cause di un fenomeno tanto triste”, ha poi concluso.

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